Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004
Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00
L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum Anno CLIV n. 244 (46.786)
Città del Vaticano
sabato 25 ottobre 2014
.
Il Papa parla del suo prossimo viaggio in Turchia
Massiccia offensiva dei talebani nella provincia di Kunduz
Al servizio dell’unità
Polveriera Afghanistan Il Pakistan smentisce di aver fornito armi ai ribelli
Nel segno del legame tra Roma e Costantinopoli
Durante il prossimo viaggio in Turchia il Papa incontrerà il patriarca Bartolomeo per testimoniare il «profondo legame che unisce le sedi di Roma e di Costantinopoli» e ribadire la volontà di «superare, nell’amore e nella verità, gli ostacoli che ancora ci separano». Lo ha confermato lo stesso Francesco nel discorso rivolto ai membri della Orientale Lumen Foundation, ricevuti in udienza nella mattina di venerdì 24 ottobre, nella Sala dei Papi. Ribadendo che «non vi è un vero dialogo ecumenico senza la disponibilità a un rinnovamento inte-
riore e alla ricerca di una maggiore fedeltà a Cristo e alla sua volontà», il Pontefice ha ricordato in particolare il «grande contributo» offerto da Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II allo «sviluppo di rapporti sempre più stretti tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse». E ha chiesto ai presenti di pregare perché anche lui possa svolgere il ministero di vescovo di Roma «al servizio della comunione e dell’unità della Chiesa». PAGINA 8
KABUL, 24. Era considerata una delle province più sicure dell’Afghanistan, ma ora sta cedendo ai talebani. Si fanno sempre più intensi i combattimenti nella provincia settentrionale afghana di Kunduz: le formazioni talebane stanno rapidamente guadagnando terreno contro le forze di sicurezza di Kabul. Uno scenario che sembra ripetere quello iracheno, dove il ritiro della coalizione internazionale ha lasciato spazio al dilagare della violenza e del terrorismo. Secondo quanto riporta il «New York Times», due distretti di quella provincia sono già totalmente sotto controllo talebano, e tutte le previsioni lasciano pensare che i miliziani nei prossimi giorni continueranno ad avanzare. L’ultima volta che la provincia aveva avuto problemi di sicurezza fu nel 2008, quando le forze Nato concentrarono la loro azione nella zona sud orientale del Paese. La situazione si era poi stabilizzata nel 2010, dopo l’invio da parte degli Stati Uniti di alcune migliaia di soldati a presidiare l’area. In alcuni distretti nel nord — dicono fonti di stampa — i talebani hanno instaurato un Governo parallelo. Ma con una nuova strategia: invece di chiudere le scuole, ad esempio, le hanno lasciate aperte e si sono messi a distribuire anche penne e quaderni, proprio come facevano le forze Nato. Hanno lasciato aperte anche le scuole femminili, una volta obiettivo principale della violenza sotto il regime talebano. I residenti — dicono le stesse fonti — hanno favorito l’avanzata talebana anche dal punto di vista della gestione della sicurezza: sarebbero stanchi dei continui abusi da parte delle forze di sicurezza. In questo
modo, dalla scorsa estate i talebani si sono impossessati di circa venti checkpoint. Ma le violenze non riguardano soltanto la provincia di Kunduz. Questa mattina un uomo armato ha
aperto il fuoco contro un veicolo nella provincia di Nangahar, uccidendo cinque persone. Secondo la ricostruzione della polizia, si sarebbe trattato di un attacco di matrice talebana.
Combattenti talebani (Reuters)
L’Olp auspica una tempestiva ripresa dei negoziati con Israele
Piano palestinese per la pace in Vicino Oriente
y(7HA3J1*QSSKKM( +&!=!z!$!,!
TEL AVIV, 24. Tornare al tavolo dei negoziati con Israele in tempi brevi, implementare la riconciliazione con Hamas tramite una tornata elettorale, andare al Consiglio di sicurezza dell’Onu per esigere una risoluzione sui confini. Questa la nuova strategia che la dirigenza palestinese ha annunciato, a pochi giorni dalla ripresa del dialogo indiretto tra Hamas e Israele, il 27 ottobre al Cairo, per rafforzare la tregua nella Striscia di Gaza. Il capo negoziatore dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina), Saeb Erekat, ha illustrato i punti principali della nuova strategia ieri, a Ramallah, in Cisgiordania, parlando alle maggiori agenzie di stampa internazionali. Erekat ha smentito le indiscrezioni della stampa su una possibile dissoluzione dell’Autorità palestinese (Ap) o un «rinvio di due mesi» per la richiesta al Consiglio di sicurezza della risoluzione sul riconoscimento della Palestina come Stato autonomo e indipendente con i confini del 1967. Il negoziatore capo ha quindi sottolineato la volontà della leadership palestinese di portare avanti il negoziato con Israele, lanciando tuttavia un avvertimento al premier Benjamin Netanyahu: «Se pensa che l’Ap possa essere un’entità senza autorità, se pensa di poter avere un’occupazione a costo zero e mantenere lo status quo, è meglio che se
lo scordi». Questo stato di cose «non durerà oltre il novembre 2014, non siamo disposti ad accettarlo» ha proseguito Erekat, riferendosi in particolare alla spinosa questione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Il negoziatore ha confermato che il segretario di Stato americano, John Kerry, sta spingendo per una riapertura del tavolo negoziale tra israeliani e palestinesi in vista della soluzione dei due Stati.
Agli occhi dei palestinesi — ha voluto sottolineare Erekat — «l’ebraismo non rappresenta una minaccia. L’ebraismo è pari alle altre grandi religioni, come quella cristiana e l’islam. Questo non è un conflitto religioso: la religione non dovrebbe esserne parte». A Gerusalemme, intanto, a meno di ventiquattr’ore dall’attentato alla fermata del tram nei pressi della Collina delle Munizioni, resta alta
la tensione tra israeliani e palestinesi. Nuovi incidenti sono stati segnalati ieri pomeriggio: un gruppo di «palestinesi mascherati» hanno lanciato pietre verso una struttura scolastica ebraica nella parte est della città. E sempre ieri si sono svolti i funerali della piccola di tre mesi, Haya Zizzel Braun, rimasta uccisa nell’attentato. Alle esequie, insieme a una folla di centinaia di persone, hanno preso parte il presidente
In 26 anni la campagna dell’Onu ha salvato la vita di dieci milioni di persone nel mondo
La sfida della polio
I miliziani dell’Is tentano un’altra offensiva contro la minoranza irachena
Yazidi di nuovo sotto attacco PAGINA 3
israeliano, Reuven Rivlin, e il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat. «Assistiamo — ha accusato Rivlin — a un crescente incitamento alla violenza nelle strade arabe e a Gerusalemme. Incitamento che sfortunatamente riceve appoggio dai leader arabi». Dal canto suo, il premier Netanyahu ha promesso «una risposta durissima» a qualsiasi futuro attacco: «Ridaremo pace e sicurezza a Gerusalemme».
Dottore somministra il vaccino antipolio a un bambino pakistano a Peshawar (Afp)
NEW YORK, 24. Ogni giorno, da 26 anni, circa mille bambini vengono protetti da una grave disabilità grazie allo sforzo globale per debellare la poliomielite. La campagna, realizzata su scala mondiale, ha immunizzato milioni di bambini in aree del pianeta che prima non erano mai state raggiunte. A fare il bilancio di questi risultati è l’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, in occasione della Giornata mondiale contro la poliomielite. Senza l’impegno degli operatori sanitari coinvolti nella campagna, dieci milioni di persone in più nel mondo avrebbero sofferto la paralisi da polio. Un milione e mezzo di bambini hanno avuto salva la vita grazie alla somministrazione di dosi di vitamina A, azione che viene condotta abitualmente nel corso delle sessioni di vaccinazione antipolio. In questo modo il numero annuo di casi è crollato dai 350.000 del 1988 ai 416 nel 2013. E nel corso del 2014 quelli registrati finora sono stati appena 243: un calo straordinario di oltre il 99 per cento. Tutti gli Stati del mondo tranne Afghanistan, Nigeria e Pakistan hanno eliminato il virus. «Nel 1988 la polio era la prima causa di disabilità infantile» ricorda il direttore dell’Unicef, Anthony Lake. «Da allora, liberando un Paese dopo l’altro, una generazione di bambini è cresciuta senza più lo spettro della polio».
Si fa dunque sempre più complessa la partita della pace in Afghanistan, dopo il travagliato periodo post-elettorale e a pochi giorni di distanza dall’ultima videoconferenza tra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il presidente afghano, Ashraf Ghani, e il premier Abdullah Abdullah. In quell’occasione, il capo della Casa Bianca aveva ribadito l’intenzione della sua Amministrazione di sostenere il Governo di unità nazionale. Il confronto sul tema della sicurezza in Afghanistan non è stato mai facile, vista la complessità della situazione politico-tribale e gli interessi in gioco. Due importanti accordi tra Washington e Kabul e tra la Nato e Kabul sono stati firmati lo scorso settembre, ma solo al termine di lunghe e complesse negoziazioni fin dal 2012. Il primo consente agli Stati Uniti di mantenere in terra afghana 9.800 soldati dopo la fine dell’anno per una missione di addestramento e di consulenza delle forze di sicurezza di Kabul, lasciando aperte alcune basi nel Paese. In base al documento, il personale militare americano non può essere soggetto alle leggi afghane per eventuali reati. In quell’occasione il presidente Obama aveva parlato dell’addestramento delle forze di sicurezza afghane definendolo «una missione cruciale» per Washington. Nel frattempo, sempre sul piano internazionale, riesplodono anche le croniche tensioni regionali con il vicino Pakistan. Islamabad ha smentito di essere coinvolta in forniture di armi ai talebani afghani, come aveva sostenuto pochi giorni fa il ministro dell’Interno di Kabul, Umar Daudzai. Questi — ricorda l’agenzia di stampa Pajhwok — aveva affermato nel suo intervento in una riunione a New Delhi del Munich Security Conference Core Group che «il Governo pachistano fornisce materiale bellico ai seguaci del Mullah Omar che combattono in Afghanistan». Reagendo a questa accusa, Tasnim Aslam, portavoce del ministero degli Esteri pachistano, ha assicurato che «il Pakistan non sta appoggiando alcun gruppo in Afghanistan e le sue forze di sicurezza sono impegnate in un’azione decisiva contro tutti i gruppi militanti». E dunque, «non c’è ragione di sostenere un gruppo in particolare fra questi», ha concluso, dato anche che «il nostro Governo appoggia risolutamente» la nuova amministrazione del presidente Ghani.
Il film su Leopardi nelle sale cinematografiche italiane
Mica tanto favoloso EMILIO RANZATO
A PAGINA
4
NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale George Pell, Prefetto della Segreteria per l’Economia; Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Augustine Kasujja, Arcivescovo titolare di Cesarea di Numidia, Nunzio Apostolico in Nigeria; Osservatore Permanente della Santa Sede presso la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale.