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L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum Anno CLV n. 203 (47.041)
Città del Vaticano
lunedì-martedì 7-8 settembre 2015
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L’appello del Papa a comunità religiose, monasteri e santuari d’Europa
I Paesi europei ancora divisi sull’accoglienza
In ogni parrocchia una famiglia di profughi
Inerzia e miopia
Una famiglia di rifugiati in ogni parrocchia, comunità religiosa, monastero o santuario d’Europa. È l’appello che Papa Francesco ha lanciato domenica 6 settembre «di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita». All’Angelus recitato in piazza San Pietro il Pontefice ha ricordato che «il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi” dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Coraggio, pazienza!”». Da qui l’invito «a esprimere la concretezza del Vangelo» in prossimità dell’anno
Ai vescovi portoghesi
Proposte convincenti per i giovani PAGINA 7
giubilare della misericordia, attraverso un gesto di accoglienza nei confronti di una famiglia di profughi. «Mi rivolgo — ha scandito — ai miei fratelli vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che misericordia è il secondo nome dell’amore». Un appello che il Papa ha indirizzato anzitutto alla diocesi di Roma e alle due parrocchie pontificie (San Pietro e Sant’Anna) che sorgono nel territorio vaticano. Alla necessità di vincere la tentazione dell’indifferenza e della rassegnazione Francesco ha fatto riferimento anche nel messaggio inviato ai partecipanti all’incontro internazionale «La pace è sempre possibile» organizzato in questi giorni a Tirana, in Albania, dalla Comunità di Sant’Egidio. «Non dobbiamo mai rassegnarci alla guerra!» ha esortato Francesco, ricordando che «mentre mutano gli scenari della storia e i popoli sono chiamati a confrontarsi con trasformazioni profonde e talora drammatiche, si avverte sempre più
la necessità che i seguaci di diverse religioni si incontrino, dialoghino, camminino insieme e collaborino per la pace». Nel messaggio il Papa ha denunciato «le violenze, le persecuzioni e i soprusi contro la libertà religiosa», ma ha invitato a considerare che «è violenza anche alzare muri e barriere per bloccare chi cerca un luogo di pace». Ed è violenza «re-
di GIUSEPPE FIORENTINO
spingere indietro chi fugge da condizioni disumane nella speranza di un futuro migliore», come pure «scartare bambini e anziani dalla società e dalla stessa vita» e «allargare il fossato tra chi spreca il superfluo e chi manca del necessario». PAGINE 6
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Nella gestione dell’emergenza migratoria
L’O nu al fianco di Bruxelles NEW YORK, 7. «Siate la voce di chi ha bisogno di protezione». Con queste parole il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è rivolto oggi ai leader europei per chiedere un «approccio comune» e la netta opposizione a qualsiasi tendenza xenofoba nella gestione dell’emergenza migratoria. Ban Kimoon ha assicurato l’assistenza e la collaborazione dell’O nu. Collaborazione, questa, che si fa sempre più necessaria a fronte degli ultimi sviluppi: oggi sono stati segnalati almeno cinque dispersi nel naufragio di un barcone al largo della Libia, mentre prosegue la drammatica marcia di migliaia di migranti e rifugiati verso l’Austria e la Germania. Sono al momento 12.000 le persone entrate in Austria, anche se Vienna ha finora ricevuto soltanto trenta richieste di asilo. In Germania
sono arrivate invece ottomila persone, ma se ne attendono altre tremila nelle prossime ore. Due giorni fa Germania e Austria hanno deciso di aprire le frontiere per far entrare i migranti e i rifugiati. Da Vienna sono partiti convogli di attivisti — associazioni di volontari che si sono coordinati sui social media — per aiutare, con autovetture private, i migranti in marcia. Vienna in serata ha comunque annunciato un graduale ripristino dei controlli “a campione” alle frontiere. E oggi le forze antisommossa spagnole sono intervenute nel centro per stranieri (Cie) di Zapadores, a Valencia, usando anche proiettili di gomma, per reprimere la rivolta di alcune decine di immigrati. Intanto dal mondo politico arrivano segnali di una progressiva apertura nei confronti di una nuova solu-
Profughi siriani cercano di attraversare il confine turco (Afp)
zione dell’emergenza, in vista del vertice del 14 settembre. La Commissione europea ha chiesto a Germania, Francia e Spagna di accogliere più di 70.000 rifugiati nei prossimi due anni per alleviare la pressione dei Paesi in prima linea. «I profughi che scappano dalla guerra civile siriana hanno lasciato dietro di sé l’orrore» ha sottolineato in un’intervista il cancelliere tedesco Angela Merkel. «Per quanto riguar-
da la Germania, è bello constatare quanto grande sia la disponibilità all’aiuto nel nostro Paese: siamo di fronte a una sfida nazionale. La Repubblica federale tedesca, i suoi Länder e i suoi cittadini sentono la responsabilità comune e condivideranno gli oneri finanziari» ha detto Merkel, che sulla questione oggi ha avuto un colloquio con il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi.
e i Paesi europei avessero cercato serie soluzioni a conflitti come quello in Siria e se avessero dedicato tempo e risorse sufficienti per l’assistenza umanitaria all’estero, l’Europa non si troverebbe nella situazione attuale». Le parole di Lina Kathib, per un certo periodo a capo del Carnegie Middle East Center, un think tank basato a Beirut che cerca di favorire lo sviluppo politico ed economico della regione, sono riportate dall’«International New York Times» di domenica 6 settembre. Esse forniscono un originale punto di vista sull’emergenza che in questi giorni sta attraversando il vecchio continente, perché documentano come la questione dei profughi sia vista nella loro regione di provenienza. Regione che, vale la pena ricordare, sopporta già uno sforzo enorme di accoglienza a sostegno delle persone in fuga dalla guerra in Siria. Oltre quattro milioni di siriani sono infatti rifugiati nei Paesi vicini, distribuiti tra Turchia (che da sola ne ospita quasi la metà), Libano, Giordania, Egitto e Iraq. Secondo fonti accreditate, i profughi siriani che hanno avanzato richiesta di asilo in territorio europeo rappresentano solo il sei per cento del totale. È su questa percentuale, davvero esigua, che l’Europa continua a essere divisa. E il fatto, sempre tenendo presente un punto di vista mediorientale, appare abbastanza surreale. Proprio perché i Paesi che attualmente ospitano il maggior numero di profughi non possono certo dirsi ricchi come quelli europei, né altrettanto stabili. Basti pensare al fragilissimo Libano, alle prese con una lunghissima crisi politico-istituzionale che ancora lo priva di un capo dello Stato, o al poverissimo Iraq, che già conta tre milioni di sfollati interni. Cos’è allora, potrebbe domandarsi un osservatore mediorientale, che impedisce all’Europa di concordare una politica comune? Una risposta a questo interrogativo non è facile nemmeno per un osservatore europeo. In questi giorni fiumi di inchiostro sono stati versati per cercare di interpretare le diverse posizioni. Ne è venuto fuori un quadro a tinte fortemente contrastanti, diviso com’è tra la solidale e ammirevole apertura di Paesi come la Germania e l’Austria — senza dimenticare l’Italia che in tutti questi mesi è stata davvero in prima linea nel salvataggio di migliaia di vite umane — e l’egoistica chiusura di
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NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: l’Eminentissimo Cardinale José Macário do Nascimento Clemente, Patriarca di Lisboa (Portogallo), con gli Ausiliari, le Loro Eccellenze i Monsignori Joaquim Augusto da Silva Mendes, Vescovo titolare di Caliabria, Nuno Brás da Silva Martins, Vescovo titolare di Elvas, José Augusto Traquina Maria, Vescovo titolare di Lugura, in visita «ad limina Apostolorum»; le Loro Eccellenze i Monsignori: — António de Sousa Braga, Vescovo di Angra (Portogallo), in visita «ad limina Apostolorum»; — António José Cavaco Carrilho, Vescovo di Funchal (Portogallo), con il Vescovo emerito, Sua Eccellenza Monsignor Teodoro de Faria, in visita «ad limina Apostolorum»; — Manuel da Rocha Felício, Vescovo di Guarda (Portogallo), in visita «ad limina Apostolorum»; — António Augusto dos Santos Marto, Vescovo di Leiria-Fátima (Portogallo), con il Vescovo emerito, Sua Eccellenza Monsignor Serafim de Sousa
Ferreira e Silva, in visita «ad limina Apostolorum»; — Antonino Eugénio Fernandes Dias, Vescovo di Portalegre - Castelo Branco (Portogallo), in visita «ad limina Apostolorum»; — Manuel Pelino Domingues, Vescovo di Santarém (Portogallo), in visita «ad limina Apostolorum»; — José Ornelas Carvalho, Vescovo eletto di Setúbal (Portogallo), con i Vescovi emeriti, le Loro Eccellenze i Monsignori Gilberto Délio Gonçalves Canavarro dos Reis e Manuel da Silva Martins, in visita «ad limina Apostolorum»; — José Francisco Sanches Alves, Arcivescovo di Évora (Portogallo), con l’Arcivescovo emerito, Sua Eccellenza Monsignor Maurílio Jorge Quintal de Gouveia, in visita «ad limina Apostolorum»; — António Vitalino Fernandes Dantas, Vescovo di Beja (Portogallo), con il Vescovo Coadiutore, Sua Eccellenza Monsignor José João dos Santos Marcos, in visita «ad limina Apostolorum»;
— Manuel Neto Quintas, Vescovo di Faro (Portogallo), con il Vescovo emerito, Sua Eccellenza Monsignor Manuel Madureira Dias, in visita «ad limina Apostolorum»; — Jorge Ferreira da Costa Ortiga, Arcivescovo di Braga (Portogallo), con l’Ausiliare, Sua Eccellenza Monsignor Francisco José Villas-Boas Senra de Faria Coelho, Vescovo titolare di Plestia, in visita «ad limina Apostolorum»; — António Manuel Moiteiro Ramos, Vescovo di Aveiro (Portogallo), in visita «ad limina Apostolorum»; — José Manuel Garcia Cordeiro, Vescovo di Bragança-Miranda (Portogallo), con i Vescovi emeriti, le Loro Eccellenze i Monsignori António José Rafael e António Montes Moreira, in visita «ad limina Apostolorum»; — Virgilio do Nascimento Antunes, Vescovo di Coimbra (Portogallo), in visita «ad limina Apostolorum»; — António José da Rocha Couto, Vescovo di Lamego (Portogallo), con il Vescovo emerito, Sua Eccellenza Monsignor Jacinto Tomás de Carvalho, in visita «ad limina Apostolorum»;
altre Nazioni, che non molto tempo fa avevano invece potuto contare sull’aiuto dei loro vicini. Evidentemente si fa fatica a imparare la lezione della storia. Ecco allora l’erezione di barriere, la militarizzazione dei confini e il ripetersi di proclami basati su demagogiche valutazioni elettorali. In realtà, l’Europa che litiga su alcune decine di migliaia di persone da accogliere ha soprattutto peccato di inerzia e pecca ora di miopia, per lo meno in quella parte che si ostina alla chiusura. Inerzia perché quanto sta accadendo era ampiamente prevedibile, ma davvero molto poco è stato fatto per evitare la tragedia del popolo siriano. Sono anni che il responsabile delle operazioni umanitarie dell’Onu in Siria, Yacoub El Hillo, avverte che la crisi dovuta al conflitto avrebbe inevitabilmente condotto al collasso del sistema internazionale di aiuti, costringendo la popolazione alla fuga. «Il fallimento del sistema di soccorso è una conseguenza dello stallo strategico» ha dichiarato El Hillo. Uno stallo a cui l’Europa ha in parte contribuito, accettando un ruolo subordinato in uno scacchiere, come il Mediterraneo, che dovrebbe invece costituire un interesse primario. L’Europa priva di una seria politica estera non ha saputo scongiurare il protrarsi di sanguinose guerre e l’affermarsi del nuovo modello di terrorismo transnazionale del cosiddetto Stato islamico. Miopi sono invece quanti credono che l’emergenza dei profughi — come la più ampia questione delle migrazioni — sia risolvibile chiudendo le porte. Come è già stato rilevato, la pressione è destinata a crescere, soprattutto dall’Africa, continente da cui milioni di persone fuggono per scampare alla fame, oltre che alla guerra. Nessuna barriera fermerà mai chi spera in un futuro migliore per sé e per la propria famiglia. Come nessuna madre, se non costretta, esporrebbe i suoi figli ai rischi di un incerto viaggio per mare. Una risposta potrebbero essere delle vere politiche di partenariato dirette soprattutto ai Paesi africani. Politiche molto invocate, ma ben poco attuate.
Elisabetta
II
e il regno più lungo
Al lavoro come sempre NIGEL BAKER
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La Natività della Madre di Dio
— António Francisco dos Santos, Vescovo di Porto (Portogallo), con gli Ausiliari, le Loro Eccellenze i Monsignori António Maria Bessa Taipa, Vescovo titolare di Tabbora, João Evangelista Pimentel Lavrador, Vescovo titolare di Luperciana, Pio Gonçalo Alves de Sousa, Vescovo titolare di Acque flavie, e con Sua Eccellenza Monsignor João Miranda Teixeira, Vescovo titolare di Castello Jabar, già Ausiliare, in visita «ad limina Apostolorum»; — Anacleto Cordeiro Gonçalves de Oliveira, Vescovo di Viana do Castelo (Portogallo), con il Vescovo emerito, Sua Eccellenza Monsignor José Augusto Martins Fernandes Pedreira, in visita «ad limina Apostolorum»; — Amândio José Tomás, Vescovo di Vila Real (Portogallo), in visita «ad limina Apostolorum»; — Ilídio Pinto Leandro, Vescovo di Viseu (Portogallo), in visita «ad limina Apostolorum»; — Manuel da Silva Rodrigues Linda, Ordinario Militare per il Portogallo, con l’Ordinario Militare emerito, Sua Eccellenza Monsignor Januário Torgal Mendes Ferreira, in visita «ad limina Apostolorum».
Una veste tessuta di gloria
«La Madre di Dio» (XIII secolo, evangeliario siriaco) MANUEL NIN
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