Maurizio Portaluri
Camici a Sud Sanità e salute all’epoca dell’austerity
Edizioni Kurumuny Sede legale Via Palermo 13 – 73021 Calimera (Le) Sede operativa Via San Pantaleo 12 – 73020 Martignano (Le) Tel e Fax 0832 801528 www.kurumuny.it • info@kurumuny.it ISBN 978-88-98773-05-3 © Edizioni Kurumuny – 2014
Indice 7
Prefazione di Gianluigi Trianni
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Prologo
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Cane non morde cane
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Intervista all’Assessore di Partenia
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Dieci anni di Sanità: ospedali chiusi e lunghe liste d’attesa
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Di politica e di poteri invisibili
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Dall’analisi al rimedio: la cultura dei quattro principi
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Nord chiama Sud
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Sud chiama Nord
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Perché siamo ancora una regione arretrata
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Perché hai voluto fare il dottore?
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La vera prevenzione: parliamo di Taranto e Brindisi
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Quando scienza e politica non coincidono
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I direttori generali: capri espiatori
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Medici demotivati
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Il paziente prima di tutto
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La comunicazione
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Il vero scandalo delle protesi
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I costi della corruzione
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Sempre a proposito di comunicazione
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Il Servizio Pubblico è ancora un bene comune?
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La mobilitĂ passiva
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Ma tu, che cosa hai combinato?
Prefazione
Dopo La Sanità malata. Viaggio nella Puglia di Vendola (Lecce 2008), Camici a Sud è il secondo pamphlet con il quale Maurizio Portaluri leva il suo grido di dolore sullo stato della sanità pugliese e con generosità – descritte le caratteristiche di quanto considera e denuncia come non congruo – evita di soffermarsi sull’imputazione delle responsabilità ed avanza, direttamente o indirettamente, proposte di possibili linee di intervento correttivo. Mi auguro che questo pamphlet susciti, almeno quanto il primo, dibattito nell’opinione pubblica pugliese e, più del primo, interesse e desiderio di intervento virtuoso, sia degli eletti amministratori della cosa pubblica regionale e comunale, sia dei professionisti. Gli sono stato vicino nel 2008, gli sono vicino oggi; comune ad entrambi, ma anche assolutamente diffusa tra cittadini, medici e professionisti della salute, è infatti la preoccupazione per lo stato attuale del Servizio Sanitario pubblico. In merito esprimo di seguito alcune considerazioni e proposte di massima. Il Servizio Sanitario Nazionale è, ad oggi, centrato su una sorta di holding pubblica a dimensione regio-
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nale, finalizzata alla produzione e committenza di servizi sanitari e sociosanitari. Non solo in Puglia, ma in ogni regione d’Italia – fatte salve la storia e le specificità di ciascuna – il Servizio Sanitario soffre nel perseguire la sua mission: l’attuazione della Costituzione. Articolo 32. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. […]
Il richiamo alla Costituzione non va visto come pedante e inutile giaculatoria, da ripetere con aria ispirata quando si debba conquistare la condiscendenza di un qualche pubblico di lettori o di discenti; al contrario, come propose Pietro Calamandrei nel celebre discorso pronunciato a Milano nel 1955: La Costituzione deve essere considerata, non come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico. La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo realizzare.1
Calamandrei P., La costituzione e la gioventù: discorso pronunciato da Pietro Calamandrei nel gennaio 1955 a Milano, a cura dell’ufficio stampa e pubbliche relazioni della provincia di Livorno, 1975 1
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In altro modo ed in altro contesto: I diritti fondamentali non solo costituiscono i principi supremi dell’ordinamento costituzionale, ma qualificano altresì la stessa struttura democratica dello Stato, la quale verrebbe sovvertita qualora questi fossero diminuiti, decurtati o violati.2
L’attuazione della Costituzione, e nello specifico dell’articolo 32, deve porsi come criterio primo e fondante dell’azione politica, che in tale dimensione va anche valutata; sia che si esplichi a livello nazionale e regionale, sia nella sfera d’azione dei comuni, i cui sindaci e le cui giunte non avranno funzioni di gestione diretta, ma senz’altro di rappresentanza politica degli interessi della polis. Questa prima considerazione vale a maggior ragione oggi, nell’epoca delle politiche neoliberiste di austerity imposte ed accettate in Europa ed in Italia, che additano la spesa sanitaria, così come quella per la scuola, l’università ed i servizi sociali, come fonte di un debito pubblico da abbattere per uscire da quella
2 I diritti fondamentali nella giurisprudenza della Corte Costituzionale. Relazione predisposta in occasione dell’incontro della delegazione della Corte Costituzionale con il Tribunale Costituzionale della Repubblica di Polonia, Varsavia 30-31 Marzo 2006. http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/STU185_principi.pdf
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crisi economica, in realtà generata dai gestori dell’accumulazione di capitali finanziari. Il tracollo finanziario di questi anni non è dovuto a un incidente di sistema: né tantomeno al debito pubblico che gli stati avrebbero accumulato per sostenere una spesa sociale eccessiva. È il risultato dell’accumulazione finanziaria perseguita ad ogni costo per reagire alla stagnazione economica di fine secolo. È indispensabile riportare la finanza al servizio dell’economia reale, innanzitutto creando occupazione: senza lavoro non c’è crescita. Non vale, invece, il contrario.3
Ben oltre l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse umane e materiali, si tratta di garantire a tutti i cittadini la qualità delle cure; principale elemento di quell’efficienza, cui fa obbligo non solo il dettato costituzionale, ma l’etica, e l’ordinaria sfida intellettuale e professionale dei manager pubblici dipendenti. Il richiamo alla Costituzione ha, infatti, anche un’altra dimensione: quella cui mi sono attenuto nel mio operato professionale, nel corso dei quarant’anni in cui mi è stato concesso di essere, con responsabilità gradualmente crescenti, professionista e manager di sanità pubblica – per quindici inebrianti quanto sofferti mesi anche a Lecce, nel 2005-2006.
Gallino L., Il colpo dei stato di banche e governi. L’attacco alla democrazia in Europa, Einaudi, Torino 2013
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Mi riferisco agli articoli 54 e 98 della Costituzione: Articolo 54. Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. Articolo 98. I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. […]
Intendo dire che la fedeltà alla Costituzione non riguarda esclusivamente l’azione politica degli eletti – termine che preferisco a quello in voga di “politici”, poiché richiama la funzione di rappresentanza degli interessi degli elettori e la responsabilità, sia essa praticata o inibita da condizionamenti mediatici o materiali, degli elettori nell’eleggerli; dev’essere criterio primo anche dell’azione professionale e manageriale dei professionisti pubblici dipendenti. Un rapporto diretto fra l’attività professionale dei dipendenti del Servizio Sanitario pubblico, medici e non, e la Costituzione, comporta per essi – prima che, ed in sinergia con, gli obblighi deontologici – l’obbligo di adoperarsi per l’attuazione del diritto fondamentale alla salute; non solo nel rispetto delle leggi, ma anche mettendo a disposizione il proprio sapere, la scienza,
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ed esercitando quell’autonomia professionale che sulla competenza tecnico-scientifica si fonda, senza condizionamenti da interessi terzi. L’arte e la scienza sono libere, dice la Costituzione. E devono esserlo. La cultura asservita a interessi politici ed economici tradisce il suo compito. Gli uomini di cultura devono guardarsi dalla più sottile delle insidie: mettersi al servizio in modo non volontario e quasi inavvertito.4
Purtroppo, nel Servizio Sanitario pubblico la maggiore delle insidie alla libertà, all’autonomia professionale ed alla fedeltà dei pubblici dipendenti alla Costituzione, è nel sistema stesso di selezione dei professionisti dirigenti: a partire dai direttori generali per arrivare, a cascata, ai direttori delle varie articolazioni organizzative delle aziende sanitarie. Illuminante, lucida, informata per esperienza vissuta, oltreché appassionata, è la testimonianza di un collega medico che Maurizio Portaluri raccoglie e riporta nel suo pamphlet: La nostra riforma sanitaria spartitocratica è, invece, un vero e proprio sistema feudale nel quale il politico (Presidente-Assessore) nomina
Zagrebelsky G., Fondata sulla Cultura. Arte, scienza e Costituzione, Einaudi, Torino 2014
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a propria assoluta discrezione i Direttori Generali, che nominano (sempre a propria discrezione) gli altri dirigenti generali, e così proseguendo fino alla base della piramide. Esisterebbe, in teoria, una responsabilità politica; una cosa da ridere, in un Paese di irresponsabili corrotti che, quando si è sull’orlo dell’abisso, delegano l’emergenza ai tecnici. Chi sbaglia non paga. Paga tutto il cittadino, tre volte: la mancata risposta ai propri bisogni, il dover risolverli emigrando o rivolgendosi al privato, e infine la necessità di ripianare il deficit che questa fabbrica di inefficienza ha creato. Si è selezionata di conseguenza, purtroppo non solo nella Sanità, una classe dirigente di yes-men, che più sono tali più vengono premiati.
È un’efficace rappresentazione della sofferenza, cui si accennava, dei sistemi sanitari pubblici regionali nel perseguire la loro ‘mission Costituzionale’: mettere al centro le persone, i cittadini, malati e non. Da tale situazione si può uscire, a mio modo di vedere, soltanto operando un riequilibrio di poteri tra eletti, cittadini e professionisti dipendenti, in quelle vere e proprie holding pubbliche che sono i sistemi sanitari regionali; bisogna aver cura di trovare opportuni equilibri, poiché: Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti [...].
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Perché non si possa abusare del potere occorre che [...] il potere arresti il potere.5
Da un lato, occorre perseguire e diffondere con tenacia il diretto coinvolgimento dei cittadini utenti e delle loro rappresentanze nelle attività di programmazione e controllo, tese a definire gli obiettivi ed i risultati di outcome in termini di salute, di output in termini di servizi prodotti, e di efficienza come esplicita dimensione del bilancio economico. Potremmo definire questo insieme di attività il “Bilancio di Missione” (costituzionale) sia del Servizio Sanitario pubblico regionale, sia delle singole aziende e delle loro articolazioni organizzative. Ciò presuppone, tra l’altro, una trasformazione del ruolo del Volontariato, o Terzo Settore: ad oggi erogatore di prestazioni assistenziali sostitutivo del Servizio Sanitario pubblico, il che costituisce di fatto una forma particolare di privatizzazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, con il correlato e già sperimentato costituirsi di potentati elettorali capaci di condizionare negativamente, per usare un eufemismo, il Servizio Sanitario pubblico. Il volontariato dovrebbe invece porsi come veicolo forte della partecipazione collettiva dei cittadini utenti e competenti, quale strumento per condizionare positiva-
Charles-Louis de Secondat Baron de Montesquieu, Lo spirito delle leggi, a cura di Sergio Cotta, UTET, Torino 2005
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mente il perseguimento della predetta ‘mission costituzionale’. D’altra parte, occorre intervenire sulla responsabilizzazione degli eletti e sulla ridefinizione degli equilibri tra potere politico ed autonomia professionale. A tal fine è necessario, a mio parere, operare su due direttrici, parzialmente alternative: 1. investire gli eletti, oltre che della responsabilità politica di cui debbono render conto agli elettori ad ogni scadenza di mandato elettorale, di una responsabilità sui risultati di gestione circa gli obiettivi di salute, di servizio e di bilancio economico della holding pubblica regionale. Intendo un controllo dei risultati che preveda la sanzione automatica della decadenza dal mandato elettivo, in caso di mancato conseguimento dei predetti obiettivi di gestione, valutati e certificati da organismi indipendenti di valutazione. Un modello di responsabilizzazione di questo tipo, ma non su tutta la materia, è stato introdotto con il Decreto Legislativo 149 del 20116; il quale prevede che il grave
6 D.lgs. 6 settembre 2011, n.149 “Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42. […] Articolo 2. (Responsabilità politica del presidente della giunta regionale) 1. La fattispecie di grave dissesto finanziario, con riferimento al
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dissesto finanziario, nelle regioni assoggettate ai piani di rientro della spesa sanitaria, comporti lo scioglimento del Consiglio regionale, nonché la rimozione del Presidente della Giunta regionale per responsabilità politica nel proprio mandato di amministrazione della regione, ove sia accertata dalla Corte dei Conti la riconduzione alla diretta responsabilità, con dolo o colpa grave. Si tratterebbe di ampliare e perfezionare tale meccanismo includendovi gli obiettivi di salute e di servizio a tutela
disavanzo sanitario, si verifica in una regione assoggettata a piano di rientro ai sensi dell’articolo 2, comma 77, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, al verificarsi congiuntamente delle seguenti condizioni: a) il presidente della giunta regionale, nominato Commissario ad acta ai sensi dell’articolo 2, rispettivamente commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009, non abbia adempiuto, in tutto o in parte, all’obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso; b) si riscontri, in sede di verifica annuale, ai sensi dell’articolo 2, comma 81, della citata legge n. 191 del 2009, il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, con conseguente perdurare del disavanzo sanitario oltre la misura consentita dal piano medesimo o suo aggravamento; c) sia stato adottato per due esercizi consecutivi, in presenza del mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro e del conseguente incremento delle aliquote fiscali di cui all’articolo 2, comma 86, della citata legge n. 191 del 2009, un ulteriore incremento dell’aliquota dell’addizionale regionale all’Irpef al livello massimo previsto dall’articolo 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68. 2. Il grave dissesto finanziario di cui al comma 1 costituisce grave
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del diritto fondamentale alla salute previsto dalla Costituzione; così da trasformare una legislazione che vincola le regioni ai tagli lineari, ed i professionisti della salute ad eseguirli pena l’esclusione dalle progressioni di carriera, in strumento virtuoso di ottimizzazione della spesa per il miglioramento conseguibile della salute dei cittadini. 2. deprivare gli eletti, i Presidenti delle Regioni cioè, della facoltà di nomina dei direttori generali, e
violazione di legge e in tal caso con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell’articolo 126, comma primo, della Costituzione, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale nonché la rimozione del Presidente della Giunta regionale per responsabilità politica nel proprio mandato di amministrazione della regione, ove sia accertata dalla Corte dei conti la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 e la loro riconduzione alla diretta responsabilità, con dolo o colpa grave del Presidente della Giunta regionale. Il decreto del Presidente della Repubblica è adottato previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere conforme della Commissione parlamentare per le questioni regionali espresso a maggioranza di due terzi dei componenti. Alla riunione del Consiglio dei Ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale interessato. 3. Il Presidente rimosso ai sensi del comma 2 è incandidabile alle cariche elettive a livello locale, regionale, nazionale ed europeo per un periodo di tempo di dieci anni. Il Presidente rimosso non può essere nominato quale componente di alcun organo o carica di governo degli enti locali, delle Regioni, dello Stato e dell’Unione europea per un periodo di tempo di dieci anni. […] http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/BI0410a.htm
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quindi del potere di condizionamento dei professionisti generato dal controllo della loro progressione di carriera. Occorrerebbe distinguere le responsabilità, affidando: – la gestione dei percorsi di affidamento delle responsabilità direzionali ad organismi autonomi, espressione dell’autogoverno delle professioni; – la funzione di indirizzo politico e amministrativo alle norme ed agli atti di programmazione delle Regioni, assunti con il concorso dei Sindaci, ed alle loro forme associative; – la verifica dei risultati ad organismi terzi ed indipendenti, comprese le eventuali decadenze dagli incarichi direzionali a seguito del mancato conseguimento di quegli obiettivi di salute, di servizio e di bilancio economico, nell’insieme precedentemente definiti “Bilancio di Missione”. Queste le mie considerazioni e proposte; ringrazio Maurizio Portaluri di avermi dato l’occasione di esporle anche al lettore di Camici a Sud.
Gianluigi Trianni
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Prologo
Nel 2008, ad un anno appena dalle mie dimissioni da direttore generale dell’Istituto Tumori di Bari, ritenni di dover far sintesi dell’esperienza di direttore di una ASL. Da medico pratico, quale ero stato sino a due anni prima, fui chiamato a dirigere una ASL, a seguito di un cambiamento politico che aveva portato alla guida della Regione Puglia una compagine di centrosinistra, dopo decenni di governi moderati e di destra. Scrissi le mie riflessioni in un libro1 che ebbe notevole successo e sollevò per molti mesi un diffuso dibattito. Qualche tempo dopo la sua pubblicazione esplose il cosiddetto “caso Tedesco”, un’indagine giudiziaria che portò alle dimissioni dell’allora assessore alla Sanità della Giunta Vendola, il socialista Alberto Tedesco. Nonostante il clamore della vicenda, la Sanità non raggiunse mai, nel dibattito politico, il livello d’interesse e di tensione che aveva avuto in occasione delle elezioni della svolta, quelle del 2005. Anche nelle elezioni del 2010, il tema resta assente dai confronti
1 Portaluri M., La Sanità malata. Viaggio nella Puglia di Vendola, Glocal Editrice, Lecce 2008. Disponibile solo la versione online http://www.glocaleditrice.it/record/dettagli.php?id_elemento=764
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elettorali; eppure il pachidermico Servizio Sanitario subiva dei notevoli cambiamenti. Al termine di quel libro scrivevo: La mia esperienza ha già una sua conclusione in carne ed ossa ed è la decisione di ritornare a fare il medico lasciando anzitempo il ruolo gestionale. E da questa conclusione non si può certo prescindere. Resa, sfiducia, disillusione? Forse anche un po’ di tutto questo. Ma la verità sta nel mio essere medico e nel fatto che in quei due anni ho continuato a ragionare da medico pur facendo il manager: gestire tenendo in mente quelle che mi sembravano le esigenze del malato. Le storie raccontate fin qui dimostrano chiaramente che questo modello gestionale ha sofferto sotto i colpi di taluni interessi in campo, quelli di certa politica e di certo modo di concepire le professioni. [...] Durante la mia esperienza gestionale non ho mai incontrato l’ammalato se non raramente ed a fatica: era nascosto da una ridda di persone e di interessi che pochissimo avevano a che fare con lui. Ora che sono ritornato nel ruolo mio proprio di curante, l’ho ritrovato e ho compreso che era necessario fare questo viaggio nella Sanità per capire che il sistema sanitario non sempre è a servizio del malato ma genera uno spettacolo paradossale dove si sente la voce di tanti tranne quella dell’attore principale. Questa, senza demagogia, mi sembra la
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distorsione – se così vogliamo chiamarla – più importante del sistema sanitario, ancora più pesante della impropria intrusione della politica, degli sprechi, dei ritardi, delle lentezze, della privatizzazione e di quant’altro viene pur giustamente fatto oggetto di censure da parte della pubblica opinione.” [...] Alla fine del mio viaggio manageriale nella Sanità pugliese ritorno quindi lì da dove ero partito, dal luogo dell’incontro più importante e più bello, quello col malato. Da questo punto è bene che riparta anche chi nel sistema ha ruoli differenti dal mio e coltiva la speranza di migliorarlo.
Un ritorno, dunque, alla ‘casa del malato’, da luoghi dove la sua centralità era sostanzialmente scomparsa. Durante questo tempo ormai prevalentemente dedicato all’assistenza del malato, non ho trascurato di appuntare riflessioni su quanto andava accadendo nella Sanità pugliese, emblematica della Sanità meridionale. Negli ultimi tempi il tema del rapporto tra politica e Sanità è ritornato all’attenzione dei media per l’avvio del “processo Tedesco”, in cui sono stato chiamato a testimoniare. Le regole della comunicazione prescindono spesso dalla reale cogenza degli argomenti trattati. Cerco in questo lavoro di mettere insieme accadimenti e riflessioni, spesso suscitati da
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proclami di gattopardesche innovazioni ed impossibili rivoluzioni. Non un saggio, quindi, ma la raccolta di vite vissute, di lettere, di pensieri, di indicazioni. Nessun ricettario e neppure un’innovazione episodica: si tratta di appunti, di esperienze diverse ma legate tutte dal filo della passione per la Sanità e della scelta di dare un nuovo contributo ai tentativi di riavviare un processo che punti alla sua rigenerazione.
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Ma tu, che cosa hai combinato?
–Hai lasciato il posto di direttore generale perché non ritenevi riformabile dall’alto il Servizio Sanitario, perché non credevi di poter agire sui macrosistemi; ma cosa hai realizzato nel tuo micromodello? È una domanda legittima da parte dei miei pochi lettori. E credo sia giusto tentare di rispondere. Ho cercato di rendere la vita dei nostri ammalati meno complicata possibile: accesso rapido, indirizzamento assistito verso altri specialisti, deburocratizzazione dei rapporti. Ci siamo dati un elenco di venti regole, che abbiamo chiamato “Icosalogo relazionale”, la prima delle quali è: “Ricordati che le persone sono più importanti delle carte”. Questo era nelle possibilità mie e dei miei collaboratori, e questo è stato fatto. Ci abbiamo rimesso in libera professione, e sicuramente guadagnato in serenità e buona coscienza! Il riconoscimento più importante? La stima degli ammalati. Il rovescio della medaglia? Un finanziamento del 2007 per un ampliamento edilizio, ed uno del 2011 per un rinnovamento tecnologico, ancora non si sono materializzati. Devo ammetterlo, in una azienda privata non sarebbe successo.
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In questi anni, ho accettato inviti – specialmente da parte di associazioni ambientaliste e di sodalizi di varia natura – per dibattiti e confronti sul tema della Sanità. Ho girato l’intera regione e conosciuto molte persone che fanno l’impossibile per fornire un servizio accettabile, superando ostacoli interni ed esterni. C’è il rischio che la passione per il tema della salute e della buona Sanità sia scambiato per protagonismo, che si incorra in incomprensioni ed accuse ingiuste; ma val la pena di continuare a percorrere il cammino intrapreso, per quanto difficile, nella consapevolezza di quanto esso sia necessario. Per questo continuo a scrivere di Sanità e di salute. È tempo, forse, di convincersi che né gli operatori né gli ammalati possono da soli evitare il tracollo di fatto del Servizio Sanitario pubblico. C’è bisogno di una risposta di popolo, da costruire con il dialogo, l’incontro e il confronto; soprattutto, allargando quanto più possibile il dibattito tra i cittadini, che pur essendo gli utenti delle strutture sanitarie, continuano a restarne molto lontani. C’è bisogno di un cambiamento di rotta: che l’interesse e la discussione sulla Sanità non sia limitata ai momenti di chiusura di qualche ospedale del luogo, ma interessi aree sempre più vaste di cittadini per esaminare ed affrontare il tema della salute in tutti i suoi aspetti e problemi. C’è bisogno di resistere ai settori corrotti della politica e della burocrazia; di disturbare i rapporti clientelari; di far comprendere ai giovani – quelli che
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rimangono – che vivere secondo regole condivise e trasparenti è meglio per tutti. Non bisogna stare al gioco; bisogna rifiutarsi di mentire. Come ci ricorda Emanuele Felice nel suo recente libro, bisogna essere come Lo straniero di Camus, che viene condannato a morte perché si rifiuta di mentire. Lo straniero dice sempre la verità, in ciò sta il suo essere diverso. Assomiglia questo personaggio, alla coscienza civile del Mezzogiorno, quale si è ‘incarnata’ di volta in volta nel corso della sua storia. È il cittadino che vuole cambiare le cose a partire dall’analisi razionale della società, ma che si ritrova inesorabilmente isolato: l’illuminista che cerca di riformare le istituzioni borboniche ma viene fermato dai baroni, il giacobino massacrato dal sanfedismo, il patriota vittima della gendarmeria di re Ferdinando, Pisacane ucciso dai contadini che vorrebbe emancipare; l’intellettuale del meridionalismo classico, vox clamantis in deserto, che inutilmente invoca la riforma agraria; il neomeridionalista che sogna l’industria moderna, ma si ritrova con l’economia assistita; il giudice palermitano che lotta contro la mafia fra l’ostilità dei colleghi e la diffidenza delle istituzioni (salvo diventare un eroe una volta che la mafia l’ha ammazzato e la verità non può più dirla!).26
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Felice 2014
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Luigi Chiriatti direttore editoriale Anna Chiriatti & Alessandra Avantaggiato redazione, editing, bozze Alessandro Sicuro progetto grafico e copertina Editrice Salentina stampa tipografica
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