Distonia

Page 1



04 Collana di poesia ideaTa da

Milena Magnani



daniele BaRBieRi

disTonia


Edizioni Kurumuny Sede legale Via Palermo 13 – 73021 Calimera (Le) Sede operativa Via San Pantaleo 12 – 73020 Martignano (Le) Tel e Fax 0832 801528 www.kurumuny.it – info@kurumuny.it www.rosadapoesia.it Direttori di collana Milena Magnani e Sergio Rotino Coordinamento grafico Giovanna Battagin ISBN: 9788885863125 In copertina: “I segni del viaggio”, di Gabriella Bulgarelli © Edizioni Kurumuny – 2018




CaTeRina seRRa

noTe a MaRgine

Somiglia a una voce che arriva storta, stonata, come avesse perso forza e tono nel tempo della sua estensione. Come un’eco che distorce i nomi delle cose, nella ripetizione, nella sovrapposizione. Forse per questo la parola qui è più vicina a un suono. Qualcosa di musicale, ma non è nemmeno questo. Leggendo Distonia si fatica a trovare di cosa, non di come. Ci si confonde, ci si perde. Si cade nel vuoto. Ecco, forse è questa la sensazione. Di vuoto. Mentre si legge di un mondo che sembra usare le parole senza averne bisogno. Un mondo che le usa per parlare non per dire, per provare a se stesso che è ancora vivo, non per dare nome e senso alle cose. Non è tanto una questione di parole vuote, ma sgonfie, sgonfiate di significato, non chiamate a raccontare qualcosa oltre a se stesse, come se non stessero aspettando di essere messe in movimento dal pensiero e dal discorso. Come stessero lì e basta.

–9–


Parole piene di vuoto, dice Barbieri. E non c’è nulla di casuale, di involontario. Barbieri cade nel vuoto, sì, ma ci si è gettato lui. La sua discesa nel vacuo e fatuo di senso è del tutto intenzionale. Quasi compiaciuta, anche se non narcisistica. Ed è questo che tormenta nel cercare di capire la scelta di questo non dire. Perché non celebra la fine di senso, ne dà notizia, la annuncia. Non è una proclamazione, è piuttosto una cronaca di quanto succede lì fuori nel mondo, o dentro ogni relazione. Nel fondo di questa caduta di senso, c’è solo assenza, sembra dire, non mentiamoci. Non è che parlare senza dire sia tanto interessante. Sta succedendo, è successo, ma non facciamone una conquista: se è finita la ricerca di significato, è finito anche quel piacere originario di dare senso al mondo. Stiamo così, sullo sfondo di questa superficie, senza fondo. Non raccontiamoci niente, non diciamo più niente. Fingiamo di dirci parlando parole, non le usiamo, non ce ne serviamo, lasciamo che facciano loro, che ci avviluppino, ci avvincano, ci vincano, lasciamoci prendere, conquistare, sedurre. Da questo vuoto che ci svuota.

– 10 –


Parlare parlare e non dire niente, o, per non dire niente. Per far perdere valore alle parole, per far perdere corpo a sé. Senti come quando si dissolve la mia voce mi dissolvo. Rimane solo carne vuota, uno spettro di assenza.

E assenza è la parola che risuona, insieme a svanire, evanescente, dissolto, incomprensione, vuoto. Barbieri sembra dirci che forse non abbiamo le forze, gli strumenti, la voglia, il coraggio, di andare fino in fondo, al nocciolo di verità delle parole. E il senso di perdita che si prova in questo mondo distonico risuona nel mito di Ferecide di Siro, dove Zeus, il Cielo, sta per sposare la Terra. Zeus la vuole guardare, nuda, la vuole conoscere così, denudata, senza vesti, senza infingimenti. Ma così la Terra è scura, profonda, oscura, difficile vederne il fondo, difficile non perdersi nelle sue pieghe, scorgere le sue vene luminose nel buio delle sue cavità. Qual è la sua forma, quale il suo vero aspetto, di che bellezza è fatta, se all’apparenza è tutta interiore? Come coglierne la verità del suo essere così verticale senza doverla

– 11 –


cercare, sprofondando, abbandonandosi? La Terra così come la vede Zeus è Kton, questo è il suo nome, difficile perfino da pronunciare, spigoloso, duro, di gola. Allora Zeus capisce che per unirsi a lei senza dover sopportare l’orrore della sua natura oscura ha bisogno di qualcosa che la riveli ai suoi occhi senza che ne sveli il mistero. Allora la veste, la traveste per le nozze. E porta in dono un velo, un mantello ricamato di verde e di azzurro, di prati, montagne, mari e fiumi. E la Terra si riempie di colori, di fiori e alberi e stagioni. La Terra con la sua profondità si riempie di superficie. Kton si fa Gaia. La Terra è il Mondo. E in questa gaia leggerezza bellissima, e vuota, Zeus è in grado di guardare. In quella superficie non rischia più di cadere, non sprofonda nell’assenza, o nella sua essenza. Non si perde, mentre perde per sempre il senso profondo di Kton. Ora potranno parlare parlare parlare. Senza dirsi nulla. Conoscersi per parole che non dicono chi sono.

– 12 –




* ora, nell’ora dell’ora, di colpo guardarsi attorno, che non c’è nessuno, nella folla, che mi sia qualcuno, eppure sono qualcuno tutti, sono io nessuno, nell’adesso dell’adesso nessuno e qualcuno scorrono, nessuno vede qualcuno

– 15 –



1.

allegRo



*

se cerchiamo di capire il messaggio, eccoci di colpo persi eccoci nuovamente figure lontane, sintomi, allusioni a un’impressione di verità, se cerchiamo di comprendere il messaggio, di cogliere il gesto, eccoci improvvisamente persi, istantaneamente figure lontane, lontane, fragili, lontane figure fragili di incomprensibilità, quando cerchiamo di capire e non ci siamo, non siamo vivi non restiamo veri non viviamo, non restiamo nemmeno cerchiamo più quando ricerchiamo, eccoci di colpo persi, fragili e lontani e dimenticati

– 19 –


Nel dopo io non ci voglio pensare io non ci devo pensare io non ci posso non posso non posso pensarci devo trovare un ritmo diverso devo trovare quel ritmo che permette di negare il pensiero l’onda che torna il riflusso del sapere negare la mia coscienza che quello che non poteva non accadere è accaduto e siamo di là nell’altra sponda nel regno del dopo da negare da negare da costringere nel ritmo del tuo giorno dopo giorno che si apre

– 20 –


2.

andanTe Con MoTo



*

si sta sentendo svanire, intorno ci sono figure, non cose, non la parete dura di sasso e mattoni ma una quinta di colore evanescente, ecco che sale l’astratto della citta, soltanto percezioni umide tengono il posto del senso, si chiude il sipario, il teatro già vuoto

– 33 –


Il mio me il mio me era un bambino in un suo cerchio stregato di nuvole e di erba, stretto dentro l’ansimo di giugno che lo incalzava il profumo delle vacanze, vicino era fiorito là fuori il tiglio, e lui percepiva quale eternità d’estate gli si venisse annunciando il mio me non tollerava tanti perché, annusava e fremeva, si slanciava e nel mattino era vivo, e il mondo era tutto un tremito non si chiedeva dov’ero io, che cosa sarei stato io, che cosa avrei pensato io, quarant’anni più tardi, di quel mio me intento a vivere, di quel mio me dove io io non vivevo ancora

– 34 –


3.

sCHeRZo (allegRo non TRoppo)



*

fossero solo parole quelle che scrivo nei versi sugli schermi del computer, fossero solo diversi modi per formalizzare gli ondeggiamenti perversi del senso, fossero solo tracce di cuori dispersi in un viluppo invincibile di viscerali universi del dolore o del piacere, fossero nomi riemersi dalla palude dei visceri inconsci, fossero versi che ti parlano, che dicono proprio a te quel messaggio che altrimenti a te nessuno direbbe, fossero versi chiari, piani, di parole, non accenni controversi di sentimenti indistinti, non sentimenti dissolti nel lago del ritmo, colti vagamente di passaggio

– 53 –


Senza parole voglio scrivere poesie senza parole, voglio sciogliere versi nell’aceto, versi nel fango, voglio parlare senza aver nulla da dire, frasi magnificamente vuote, nuove, sole, nere o piene di silenzi grafici, piene di vuoto, voglio scrivere poesie di cui sia sottratto il senso, senza valore di verità, senza responsabilità, versioni vanagloriose del vento

– 54 –


4.

allegRo eneRgiCo e appassionaTo



Del, dal dimentichiamoci gli altri, disassociamoci dal mondo, ma divincolandoci asseriamo il corpo del trepido disassestato cuore, casa oscura del dolore, dispossessato fervore, dimentichiamoci i neri universi del cuore, le colonne del dolore, del cuore, disassociamoci dagli universi neri, da tutti i neri spaventi, dal disassesto degli altri, dal dispossesso fervente, dal cuore, del cuore, dal

– 63 –


Noi, qui noi, quando la sera azzanna il cuore, quando noi azzanna il cuore la sera, noi, che il cuore azzanna nella sera, quando le zanne del cuore azzannano la sera, e noi, qui, noi che il cuore è di zanne, noi che sul cuore la sera si fa sera, zanne, cuore, noi, quando le zanne azzannano le zanne, quando la sera azzanna il cuore, e noi, noi, noi

– 64 –


disTonia ospiTa

ida TRaVi



Ida Travi

Ida Travi ha pubblicato L’aspetto orale della poesia (20012007 III edizione, Selezione Premio Viareggio); Poetica del basso continuo: la voce, la scrittura, le immagini (2007), entrambi per Moretti&Vitali. Per lo stesso editore sono uscite le raccolte poetiche La corsa dei fuochi (2006), Neo/Alcesti (2009); TA’ poesia dello spiraglio e della neve (2011, Selezione Premio Viareggio); Il mio nome è Inna (2012); Katrin Saluti dalla casa di nessuno (2013); Dora Pal, la terra (2017). Per Baldini Castoldi Dalai ha pubblicato l’atto tragico Diotima e la suonatrice di flauto (2004). Nel 2015 ha ricevuto il Premio alla carriera “Città di Lugano”.

– 81 –



daniele BaRBieRi

RingRaZiaMenTi

Il grazie più grosso va certamente a Sergio Rotino, caro amico e migliore editor del mondo, capace di farsi odiare per la sua pignoleria, la quale sarebbe terribile se non fosse accompagnata da una serietà e competenza incomparabili. Verrebbe da definirlo “il miglior fabbro”, se questo non esponesse, me e soprattutto lui, a sospetti di eccessiva presunzione, e altro. Milena Magnani va giustamente ringraziata per avermi dato fiducia e avermi accolto in questa collana. E un grazie di cuore va ancora a Rita Galbucci, e soprattutto a Leila Falà, che hanno letto e commentato molte delle poesie contenute in questa raccolta. Queste poesie esistono anche perché Bologna, la città in cui vivo, da alcuni anni ospita un ambiente poetico molto vivo, che permette scambi e incoraggia a scrivere. Oltre a coloro che già ho nominato, sono tante le persone che, organizzando e partecipando a incontri, hanno favorito l’atmosfera. Devo perciò ringraziare i membri di alcuni gruppi di cui in qualche modo – un po’ riservato e marginale – faccio parte, come Versante Ripido, Le voci della luna, Bologna in Lettere. Queste poesie esistono infine anche perché mi trovo in

– 89 –


dialogo, polemico ma credo costruttivo, con l’ambiente della cosiddetta poesia di ricerca, in particolare attraverso il blog Nazione Indiana e chi ci scrive. Grazie poi a Ida Travi per aver accettato di comparire qui con me.

– 90 –


Daniele Barbieri

Vive quasi da sempre a Bologna, pur essendo nato non molto lontano, e insegna presso l’Accademia di Belle Arti. Ha pubblicato, oltre a tanti articoli, diversi libri di carattere teorico sulla semiotica, sul fumetto e la comunicazione visiva, sulla musica e anche sulla poesia: Valvoforme valvocolori (Idea Books 1990), I linguaggi del fumetto (Bompiani 1991), Questioni di ritmo. L’analisi tensiva dei testi televisivi (Eri/Rai 1996), Nel corso del testo. Una teoria della tensione e del ritmo (Bompiani 2004), Tensioni, interpretazione, protonarratività (a cura di, numero monografico di VS, 98-99, 2004), L’ascolto musicale. Condotte, pratiche, grammatiche (a cura di, LIM 2008), Breve storia della letteratura a fumetti (Carocci 2009), Il pensiero disegnato. Saggi sulla letteratura a fumetti europea (Coniglio 2010), Guardare e leggere. La comunicazione visiva dalla pittura alla tipografia (Carocci 2011), Il linguaggio della poesia (Bompiani 2011), Maestri del fumetto (Tunuè 2012), Semiotica del fumetto (Carocci 2017). Nel 2004 ha pubblicato la silloge La nostra vita, e altro (Campanotto). Un’altra, Canzonette, appare nel volume collettivo Emozioni in marcia (Fara Editore 2015). Le sue poesie si possono leggere settimanalmente sul blog ancoraunaltrome.wordpress.com. Altre info su di lui all’indirizzo www.guardareleggere.net.

– 91 –



Gabriella Bulgarelli

È nata e vive a Lagosanto, in provincia di Ferrara. L’acquarello è stato ed è ancora il modo in cui esprime le proprie emozioni. Da introversa qual è ha scoperto tramite un corso di Arte Terapia, l’importanza di liberare i propri stati d’animo. La pittura è diventata un efficace metodo terapeutico: più forti sono le emozioni, vissute, più queste lasceranno un’impronta di noi nello spettacolo della vita.

– 93 –


Rosada. Collana di poesia 01. Michele Bellazzini, Il modo in cui la luce. 02. Sergio Rotino, Cantu maru. 03. A. Donaera, D. Liviello, R. Grilli, Tetrakis. Tre voci per un traversare. 04. Daniele Barbieri, Distonia.




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.