Cantu maru

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02 Collana di poesia diretta da

Milena Magnani



sergio rotino

CantU MarU


Edizioni Kurumuny Sede legale Via Palermo 13 – 73021 Calimera (Le) Sede operativa Via San Pantaleo 12 – 73020 Martignano (Le) Tel e Fax 0832 801528 www.kurumuny.it – info@kurumuny.it www.rosadapoesia.it ISBN 9788898773893 In copertina: “Margherite” (particolare), di Gio.Batta © Edizioni Kurumuny – 2017




Caterina serra

note a Margine

La prima cosa che arriva è il suono, come se le parole puntassero all’orecchio senza rimandare a nient’altro che alla musica, un canto funebre che ha il ritmo di una processione, un piede dopo l’altro, le spalle basse, i visi dolenti di chi ancora non si rende conto. È la trenodia, musica per morte, una celebrazione, un inno, niente piagnistei e pianti a esibire il dolore. Sergio Rotino fa del lutto una perdita amorosa. E come nella visione d’amore, la lingua si spezza, nulla vedono gli occhi le orecchie rombano, e un fuoco leggero scorre sotto la pelle, come suggerisce il frammento di Saffo che dice tutto dell’amore-morte. E fuoco è l’unica parola che qui non viene usata per esprimere quella fiducia corporea che lega i corpi amati per sempre, anche quando se ne vanno e non restano più le parole. Ma il fuoco c’è, e passa per il dialetto. La lingua della terra, e quindi del fuoco, la lingua che avvicina i morti e i vivi, la lingua dei padri e delle

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madri, quella che tiene insieme le radici e gli sconfinamenti dell’esistenza di ciascuno.

a nui brucia n’ave bruciati a nui sta cosa ca stae sta cosa ca ni ugghia e stae intru e scura se façe stu scigghiu te cosa ca stae a noi brucia ci ha // bruciati a noi / questa cosa / che sta / questa // cosa che ci / rode e sta / dentro // e scura si / fa questa / confusione / di cosa che sta

E non può che essere il frammento la forma in cui il discorso poetico procede, lo strappo ogni respiro, l’incapacità di respirare a fondo. Il

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singhiozzo è quel che piÚ somiglia a questo verso. Eppure. Le parole che ricorrono a parlarci di una relazione finita, o interrotta, sono pietre, sangue, denti, terra, niente, e subito dopo fiori, bocca, vento, aria, come se a quel nulla duro e definitivo si contrapponesse, o stesse accanto, il pieno della vita nel suo fluire, nel suo rinascere leggero, di carne dopo il sangue, di bocca insieme ai denti, di aria insieme alla terra. Sembra che a celebrare la morte sia in fondo un canto di emancipazione dalla perdita, di superamento del dolore. A sapere accogliere la morte di qualcuno si arriva forse quando si riesce ad accettare tutto della sua esistenza, il male oltre al bene che ne abbiamo avuto.

comu lu sienti stu suenu stu suenu te cane ca r rrigna ca rungula intra lu rosetu e le c

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calle intru li suenni nesci li tienti te f fore tra sangu russu e lu jancu te lu fiuru come lo senti questo / suono questo / suono di / cane che d / digrigna che / ringhia dentro il / roseto e le c / calle dentro i / nostri sogni i // denti di f / fuori tra sangue / rosso e il bianco / del fiore

Per questo ogni poesia ha lettere lasciate lì, a chiudere e ad aprire al verso successivo, a finire e a cominciare, a legare insieme, a non darla vinta alla finitezza. Così la lettera “u”, scura e nera dentro o alla fine di quasi ogni parola risuona spesso come una “a”, aperta e chiara, come in Cantu e maru del titolo, l’una non è senza l’altra. La copertina-acquarello di Giovanna Battagin è un altro modo per dirlo: acqua su terra bruciata, fiori dalle ceneri, come a non finire mai, a non interrompere il legame tra chi di noi è ancora vivo e chi muore.

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a Piero Santi a Silvia Diamanti



Sono convinto che da qualche parte, dentro me, c’è un punto vulnerabile che chiunque, anche uno sconosciuto, può vedere e colpire. Eliminarmi con una parola. David Grossman, Che tu sia per me il coltello



* mai cu te basta cu te a tie mai cu basta a sempre picca ete quiddru ca sempre alli sempre a cine alli muerti se tae

mai che ti / basti che / ti a / te mai / che basti a // è sempre poco // quello che / sempre ai / sempre a / chi ai / morti si / offre

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* tienime tienime sangu sangu tienime sangu tienime nu me lassare nu me menare intra lu jancu ancora ancora nu picca spetta tienime spetta tienime ancora tienime sangu tienime

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ancora nu me lassare

tienimi / tienimi / sangue // sangue tienimi / sangue // tienimi non / mi / lasciare non / mi // gettare / dentro il / bianco ancora / ancora un // poco aspetta / tienimi / aspetta / tienimi / ancora tienimi // sangue // tienimi / ancora non / mi lasciare

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* e puru sangu simu e terra russa terra ca ca ni esse russa fore la ucca none chiui none mai arberi mai fronde mai chiui qua bbasciu mai chiati stamu sementi simu stati simu sementi fiacchi a

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nui fiacchi spundati

e siamo / anche sangue / e terra / rossa terra / che // che ci / esce // rossa // dalla / bocca non / più non // mai alberi / mai foglie mai / più qua / giù mai / trovati stiamo / semi siamo / stati // siamo semi / inutili a / noi inutili // spariti

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CantU MarU ospita

enZo MansUeto

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Enzo Mansueto

Enzo Mansueto (Bari 1965), poeta, critico letterario e musicale, operatore culturale. Nei primissimi anni Ottanta è stato voce e autore dei testi della band postpunk The Skizo, raccontata nel suo contributo a Lumi di punk (Agenzia X 2006). Vincitore del Premio “Laura Nobile”, nel 1995 ha pubblicato la prima silloge di versi, Descrizione di una battaglia (Scheiwiller 1995). Da anni è impegnato in sperimentazioni di poesia fonografica, col collettivo La Zona Braille, col quale ha realizzato l’audiolibro Scassata dentro (Edizioni d’if 2010).

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Toppare

Come quartieri lontani. Rifatti. Gentrificati dalla mano scura del lutto. Toppe a sbalzi di paura su ermi fatti. Buttate lì. Eleganti. Distanziate. Sottratte ad un giardino di cemento. Composizioni scure di un memento mori. Restate. E ciò che resta avanti è una finzione. Proietta sul presente l’intenzione. Reclama a vuote lettere attenzione.

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lo sCrigno di apollo CoMMento all’opera di Copertina

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Mino speColiZZi

aria

Quando un colore e una forma conquistano il nostro sguardo e i nostri sensi, viene da chiedersi come mai riprodurre ciò che in natura è già perfetto. E chissà se mai la vera grandezza di chi compie il gesto artistico sta nel diventare aria e sprigionare in questo modo il meglio delle forme e dei colori. Perché di aria noi viviamo. Terra santa verrebbe da dire quella che ha accolto lo sguardo e l’immaginazione di Gio.Batta Battagin, immortalando i petali nel momento in cui toccano terra; forse l’impollinazione c’è già stata, ma è lo sguardo dell’artista che ferma il colore in uno sfondo di rilassante luminosità a farci cogliere tre stami ocra pazienti del nostro osservare. ... e grazie alla primavera e ai fiori.

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sergio rotino

ringraZiaMenti

Pochi hanno letto questo lavoro prima che venisse pubblicato. Ma questi pochi hanno contribuito con i loro suggerimenti o il semplice incoraggiamento a portarlo verso la conclusione. Per questo ringrazio Milena Magnani, che si è entusiasmata e mi ha convinto a dare corpo a tutto il progetto. Grazie a Mino Specolizzi, perché suo è stato il primo complimento. Grazie ad Anna Giangreco, che mi ha letto e rassicurato sulla forma di alcune parole. Infine grazie a Daniele Barbieri, che non conosce il dialetto, questo dialetto, ma ha percepito il senso ritmico e tensivo presente nei testi. Lui era il mio banco di prova. Superato il suo giudizio, i miei sonni sono tornati più tranquilli. Grazie a Giovanna Battagin, per gli acquerelli, per la sua amicizia. Grazie infine a Enzo Mansueto che, assolutamente ignaro di questo progetto, quindi del dove sarebbe stato inserito con un suo testo, ha comunque accettato senza battere ciglio.

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Sergio Rotino

È nato a Lecce, vive a Bologna dove si divide fra editoria, docenza, radiofonia e organizzazione di eventi culturali. Ha curato varie antologie di narrativa e di poesia. Fra queste RZZZZZ! e 6000 raudi e 2mila paranoie (Transeuropa, 1993, 1996); Resistenza60 (Fernandel, 2005); Quello che c’è tra di noi (Manni, 2008); Magia dell’inganno, Voci narranti, Luce diversa e Coerenza del racconto (ogni uomo è tutti gli uomini edizioni, 2015). Nel 2009 pubblica il romanzo Un modo per uscirne (Abramo editore), nel 2011 esce la raccolta di poesie Loro (Dot.com press), poesie, nel 2013 Altra cosa da inventare (Isola). Dal 2010 al 2016 organizza la rassegna “Paesaggi di poesia”. Nel 2016 organizza “Riassunto di ottobre”, giornata di reading sulle scritture di ricerca in collaborazione con Marco Giovenale. Suoi testi appaiono in varie riviste e antologie, cartacee e in elettronico, e all’interno del progetto antologico “Parole sante”. Giornalista senza tesserino per sua scelta, ha collaborato con le pagine culturali di varie testate, fra cui i quotidiani «Il domani di Bologna», «L’informazione»,

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«Corriere della Sera-Corriere del Mezzogiorno Bari», «Liberazione» e il mensile «Stilos». Presta la voce alla redazione culturale di Radio città del capo – emittente bolognese con cui collabora dalla fondazione – per interviste, recensioni e interventi critici.

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Gio.Batta

Nata a Milano, abita a Bologna dal 1980. Ha iniziato la tecnica dell’acquerello nel 2009 con la maestra Emanuela Frassinella. Prosegue la conoscenza di questa tecnica partecipando a corsi e workshop di Adriana Buggino, Marina Cremonini e Stefano Faravelli. Inizia il suo percorso artistico sin dal 2009 partecipando a mostre ed estemporanee. Dal 2011 fa parte del gruppo di acquarelliste “Le temerarie” che dallo stesso anno ha avviato il blog “A zonzo in tre”. Blog personale: https://giobattablog.wordpress.com/

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