UCCIO BANDELLO

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uCCio BandeLLo La voce della tradizione

Con scritti di

Tonio Bandello Sergio Blasi Luigi Chiriatti Flavia Gervasi Sergio Torsello


Si ringrazia la famiglia Bandello in particolare Tonio e Lina; antonio Melegari; Fernando Bevilacqua; Valerio daniele; l’unione dei Comuni della Grecìa Salentina e l’istituto diego Carpitella; tutti i cantori e i suonatori che hanno reso possibile quest’opera: antonio aloisi, Roberto angelelli, ugo Gorgoni, Giuseppe Luceri, antonio Melissano, Leonardo Vergaro. Questo volume è stato curato da Luigi Chiriatti.

edizioni Kurumuny Sede legale: Via Palermo, 13 – 73021 Calimera (Le) Sede operativa: Via S. Pantaleo, 12 – 73020 Martignano (Le) Tel. e Fax 0832 801528 on line: www.kurumuny.it mail to: info@kurumuny.it iSBn 978-88-95161-43-3 elaborazione grafica di copertina: alberto Giammaruco. Stampato presso Martano editrice – Z.i. Lecce. Le foto 4 e 8 sono di Luigi Chiriatti; le foto 12 e 13 sono di Fernando Bevilacqua; le restanti immagini sono state fornite dalla famiglia Bandello, che ha concesso la pubblicazione. L’editore si rende disponibile per eventuali richieste di soggetti o enti che possano vantare dimostrati diritti sulle immagini riprodotte nel volume.

© edizioni Kurumuny – 2010


indice

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Via Mantova Sergio Blasi

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Mio padre

Tonio Bandello 11

uccio Bandello ovvero la presenza la voce Sergio Torsello

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antonio Bandello: una voce per ripensare alla tradizione

Flavia Gervasi 23 27 62

uccio Bandello

Luigi Chiriatti

i canti Bandello e gli ucci: bibliografia

Sergio Torsello


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Via Mantova Sergio Blasi

e

ra di aprile quando la Fiat uno nera si mosse da Melpignano per raggiungere Cutrofiano: destinazione via Mantova. era lì che abitava uccio Bandello. era lì che la uno nera si sarebbe fermata. a guidarla chi l’11 agosto di quello stesso anno – il 1993– sarebbe diventata mia moglie. e la ragione di quel viaggio sino a via Mantova nel comune di Cutrofiano era proprio in questo non trascurabile dettaglio: proporre a uccio e i suoi amici di venire a suonare al nostro matrimonio. Quella sera di aprile, quella porta di via Mantova che si spalancava conteneva il nostro primo incontro di persona. Lo avevo sentito cantare tante volte, ma non lo avevo mai incontrato prima. uccio ci accolse con la cordialità semplice di un signore ormai anziano, dall’aspetto longilineo, signorile ed elegante. di chi, nel corso della sua vita ha molto visto, molto vissuto, a tratti molto sofferto. Ci portò lui stesso a contattare gli “altri della compagnia”: da Cutrofiano a Corigliano per mettere insieme gli ucci. Quella sera di agosto, la voce, limpida e dritta come una spada, di uccio Bandello si conficcò nel mio stomaco di “rocchettaro” per non lasciarmi più. accanto a me e a mia moglie sedevano Gianni Maroccolo e Giovanni Lindo 5


Ferretti: rapiti. Portati via da quel cerchio coperto di pelle e sonagli su cui “ballano i tarantolati stretti nello spazio senza tempo”. Maroccolo e Ferretti sarebbero partiti “in viaggio” l’indomani mattina per Finibusterrae dove avrebbero incominciato a scrivere e progettare Kodemondo l’album d’esordio dei C.S.i. Sarebbero partiti con le orecchie cariche della voce di uccio Bandello, di quel ritmo che “marcava” una terra. Quella lirica popolare che la voce finissima di uccio ci consegnava era un deposito di saggezza ma anche un portafoglio di soluzioni, a lungo considerate marginali e inutilizzabili, con le quali costruire una parte del nostro sviluppo. un modello di sviluppo autonomo e originale che non indossava la tuta mimetica di modelli che non ci appartenevano. Qualche sera dopo corsi a salutarlo sotto il palco de La festa te lu mieru a Carpignano. La sua signorile ed elegante cordialità si fece largo per salutarmi. Stava nascendo – per me – una storia.

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Mio padre Tonio Bandello

L

a pubblicazione di questo nuovo Cd con brani inediti rappresenta la continuazione di un percorso cominciato qualche anno fa allo scopo di celebrare i dieci anni dalla scomparsa di mio padre. Ho partecipato attivamente, insieme a mia sorella Lina, a tutte le fasi del programma fin qui svolto che ha portato all’organizzazione a Cutrofiano di un convegno di studi e memorie e di un concerto con i vecchi cantori suoi compagni di viaggio, e alla nascita del gruppo i Cardisanti, dove la voce femminile è quella di Lina, che con coraggio e caparbietà porta avanti la tradizione canora di papà. Quel sabato sera del 5 luglio 2008 c’ero anch’io sul palco. Ho voluto fare un regalo a mio padre che in vita aveva sempre cercato di coinvolgermi nella sua passione per il canto popolare senza mai riuscirvi. Con Lina abbiamo duettato cantando Una furtiva lacrima. Quel gesto, da me fortemente voluto, mi ha dato un’emozione immensa perché ho avuto la sensazione che mio padre fosse ancora realmente accanto a me. adesso il mio amico Luigi Chiriatti, che per i suoi percorsi di ricerca e di studio della musica popolare salentina è profondo conoscitore della voce e della persona di uccio Bandello, mi ha chiesto di scrivere su mio padre. Ho 7


accettato subito. Mi sono detto: sono tante le cose che voglio dire su papà. Questa è certamente l’occasione giusta per dirle e farle rimanere scritte per sempre. Mi sono illuso. Per alcuni giorni ho preso carta e penna. Ho scritto e strappato il foglio più di una volta. Solo ora mi sono reso conto di quanto sia difficile tramutare in scrittura i propri pensieri e le proprie considerazioni su chi hai amato e non c’è più. Papà aveva un grande rispetto nei confronti delle altre persone. era quasi impossibile vederlo arrabbiato o sentirgli dire qualche parolaccia. affrontava le situazioni, anche le più difficili, con molta calma e serenità anche se non mancava di determinazione. era molto legato alla sua famiglia e non solo a sua moglie e ai suoi figli. Voleva molto bene anche agli altri suoi parenti e in particolare ai nipoti che spesso, proprio per la sua puntuale presenza, vedevano in lui più di uno zio. nel periodo della sua sofferenza, e in particolare negli ultimi mesi della sua vita, hanno voluto dimostrare tutto il loro affetto attraverso una presenza continua, anche nelle ore notturne, al pari di noi figli, per tutte le necessità dovute allo stato di salute di papà. Papà era così anche nel sociale. aveva una grande capacità di comunicazione che lo portava a instaurare con facilità un buon rapporto umano con i suoi interlocutori. era sempre pronto, anche nelle situazioni più difficili, a rinunciare a qualcosa di proprio per venire incontro alle esigenze degli altri. Significativo è l’episodio avvenuto durante la sua prigionia e ricordato anche da Luigi nella presentazione di questo Cd. 8


Fu fatto prigioniero insieme ai suoi commilitoni e mandato a lavorare in miniera dove la fatica era tanta e il cibo era poco se non addirittura scarso. Lì riusciva, nonostante la gravosità del lavoro, a coltivare la sua passione per il bel canto. Gli inglesi, o forse i padroni della miniera come mi sembra di ricordare, gli proposero di esibirsi nel canto di qualche romanza di cui era finissimo conoscitore, in cambio di cibo. Lui rifiutò o meglio chiese e ottenne, in cambio delle sue canzoni, cibo e un migliore trattamento per tutti i prigionieri. Tutto questo era sicuramente frutto anche della sua forte religiosità: non mancava mai agli appuntamenti religiosi e in particolare alla messa. Ricordo quando, soprattutto durante il periodo estivo, c’era grande lavoro in campagna anche di domenica e lui lasciava tutto perché doveva recarsi in parrocchia per ascoltare la santa messa alla quale partecipava anche come componente del coro parrocchiale. Forse non ho soddisfatto le esigenze del lettore, certo è che per me questi piccoli ricordi servono a ravvivare, se mai ce ne fosse bisogno, i grandi e veri valori della vita nei quali lui ha fortemente creduto e che ha saputo con grande naturalezza trasmettermi e che convintamente ho fatto miei.

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2. 10


Uccio Bandello ovvero la presenza della voce Sergio Torsello

Gli aborigeni credevano che una terra non cantata sia una terra morta. Se i canti vengono dimenticati la terra ne morirà. Permettere che questo accada è il peggiore di tutti i mali possibili. Bruce Chatwin, Le vie dei canti

S

e c’è un’immagine che più di ogni altra nella mia mente si associa al nome di uccio Bandello questa è “la presenza della voce”. è un’“immagine” presa in prestito da un libro bello e straordinario scritto da Paul Zumthor ormai quasi venticinque anni fa. ecco, Bandello era la voce. La sua presenza immateriale, pervasiva, che riempiva l’aria. non so se Bandello sia stato – come in molti sostengono – il più straordinario interprete dell’ultima generazione di cantori popolari salentini. di molti abbiamo perso ormai ogni memoria. di certo, tra quelli di cui resta qualche testimonianza, Bandello appare non solo uno dei più dotati ma anche uno dei più consapevoli delle sue qualità, a dispetto del suo atteggiamento schivo, appartato, poco appariscente quando saliva sul palco. L’esatto contrario, per fare un esempio, del suo “gemello” uccio aloisi, l’anziano e acclamato “patriarca della taranta”, che a ottant’anni suonati è oggi l’icona venerabile del rinascimento della pizzica. avevano iniziato a cantare insieme nei primi anni 11


’70. Ma già negli anni Sessanta, Bandello si era segnalato come uno dei cantori più rappresentativi della sua comunità, Cutrofiano, un piccolo centro nel cuore di quella che un tempo fu l’enclave ellenofona salentina, terra di contadini e d’argilla che sin dall’etimo, kutra, rievoca antiche tradizioni cotimare. è un destino che corre a lungo in parallelo quello dei due: stesso luogo di nascita, stesso mestiere, una vicenda musicale lunga quasi trent’anni che li accomuna nell’esperienza degli ucci, un gruppo che raccoglieva quasi tutti i migliori musicisti tradizionali allora in circolazione. La storia della musica popolare, del resto, è costellata dalle figure di grandi coppie di interpreti: Bandello e aloisi nel Salento, andrea Sacco e antonio Piccininno sul Gargano, per fare solo un esempio. Sarà un caso, ma aloisi si rivela pienamente lo sfolgorante “albero di canto” che oggi tutti conosciamo solo dopo la morte di Bandello, quasi si fosse finalmente affrancato dal peso di una eredità ingombrante. e non è certo un caso che nell’eccezionale ensemble degli ucci, quasi un “supergruppo” popolare per dirla con il lessico del rock, uccio aloisi figurasse come tamburellista e seconda voce. il canto era lui: Bandello, classe 1917, morto nel 1998, proprio nell’anno in cui l’esplosione del revival della pizzica, lo avrebbe sicuramente consacrato come uno dei più importanti testimoni della cultura tradizionale del Salento. C’era un grande senso di rispetto tra i due, una profonda amicizia (la leggenda vuole che Bandello abbia acquistato un piccolo podere accanto a quello di aloisi per poter cantare insieme anche durante il lavoro), ma anche una forte rivalità, perché il timbro, l’estensione, l’esuberante vocalità di Bandello “oscu12


ravano” inevitabilmente ogni altra voce, ogni altro strumento che gli fosse accanto. Lo ricorda puntualmente proprio aloisi, nella sua immaginifica autobiografia, quando dice: «Bandello cantava, per carità, le cose mie sono belle e chiare, era l’immagine del canto, ma a me non mi prendeva per fesso. Perché per il controcanto a me non mi prendevano per fesso, potevi star tranquillo. anzi molta gente a Cutrofiano, intellettuali, dicevano di preferire la mia voce a quella di Bandello. Mi dicevano che avevo una voce più femminile, più cristallina». e ancora: «io per esempio stornelli ne posso fare cento, uno diverso dall’altro. Bandello ne poteva fare centoventi. Se anche non li sapeva li andava a prendere a casa di dio. era uno di quegli uomini veramente saggi che dovevano sempre sapere quello che facevano». ascoltare le esecuzioni di Bandello, in effetti, è come ascoltare un piccolo condensato della “grammatica” (e della poetica) della musica popolare salentina: i “modi” della tradizione, la particolare emissione del suono, la «varietà del colore vocale che va da un timbro ispirato quasi al “tenorile” quando canta in italiano, a uno molto intenso e lacerato, su registro acuto, “sporcato” da magnifici intervalli microtonali e da raffinati giochi melismatici quando interpreta i brani dialettali», osserva ignazio Macchiarella in uno dei rari scritti sulla sua figura, pubblicato nel libretto allegato a Buonasera a quista casa, «il più bel disco di musica popolare che io conosca», lo definì alla sua uscita un acuto osservatore della realtà salentina come Sandro Portelli. Ma ciò che in lui maggiormente colpiva era l’estrema consapevolezza del suo ruolo e della sua collocazione sociale. in una significa13



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