Pierfrancesco Pacoda
TARANTAPATIA le lunghe notti della taranta
Affari Italiani Editore
Ringrazio tutte le persone incontrate in questi anni di Notte della Taranta, in particolare quelle che hanno scritto i contributi al libro, e la mia famiglia, senza la cui pazienza (e amore) questo libro non sarebbe stato possibile.
Edizioni Kurumuny Sede legale Via Palermo 13 – 73021 Calimera (Le) Sede operativa Via San Pantaleo 12 – 73020 Martignano (Le) Tel e Fax 0832 801528 www.kurumuny.it – info@kurumuny.it Affari Italiani Editore Via Eustachi 11 – 20129 Milano Tel 02 29403377 – Fax 02 29403378 www.affaritaliani.it ISBN 978-88-95161-90-7 Chiuso in stampa nel mese di luglio 2012. Progetto grafico di copertina: Lucio Montinaro. © Edizioni Kurumuny/Affari Italiani Editore – 2012
Indice
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Radici Angelo Maria Perrino
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Il ragno
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Parte prima La storia
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Parte seconda I protagonisti
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Parte terza Contributi
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La Notte che sarĂ
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Bibliografia
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Discografia
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Radici Angelo Maria Perrino
Che cosa meglio della taranta e della pizzica possono rappresentare quel che il sociologo della conoscenza dell’Università di Bari Franco Cassano, inventore del famoso pensiero meridiano, sostiene a proposito dell’immagine che il Sud ha di sé e della necessità di una sua riformulazione? Non più periferia degradata dell’“impero”, ma nuovo centro di un’identità ricca e molteplice, autenticamente mediterranea, dice Cassano. E non sono proprio la taranta e la pizzica i simboli migliori di questo riposizionamento in corso del tacco d’Italia? Canto e ballo di contadini e massari, prodotto genuino della campagna, del sole e del vento, del mare e della terra, il fenomeno antropologico-culturale che ribolle dietro ai tamburelli ossessivi, alle donne possedute dal morso e ai concerti organizzati e alle suonate improvvisate nelle masserie, il fenomeno esploso in Salento pochi anni fa ma già famoso in Cina e in America simboleggia perfettamente la summa e il succo di quella Puglia “ricca e molteplice” che si va facendo stile di vita, consapevolezza e progetto politico e sta facendo proseliti anche fuori dal suo territorio. Lembo geografico che sta al centro del centro dei punti cardinali d’Europa, crocevia equidistante tra nord e sud, est e ovest, crogiolo nei secoli di sbarchi e partenze, invasioni e fughe, la Puglia, terra della luce, è divenire continuo e cambiamento inesauribile. E porta come effigi e come stimmate, nel suo territorio e nella sua cultura, gli strati successivi di mille contaminazioni geografiche e socio-culturali. Che la rendono intrigante, affascinante, da scoprire e decifrare.
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La taranta è il suo canto, la sua colonna sonora, la voce insieme triste e volitiva, malinconica ma ironica e autoironica, di una terra che poco ha parlato nei secoli e molto “è stata parlata”, come mi ha sintetizzato con bella licenza poetica Davide Borrelli, sociologo dell’Università del Salento. Una terra, la Puglia, “dove c’è ancora molto da raccontare”, mi ha detto Carla Palone, giovane imprenditrice del Gelsorosso, una casa editrice che punta sulla cultura locale con libri curatissimi di qualità e rappresenta, insieme con molti giovani imprenditori, dalle Maci, della Cantina Due Palme di Cellino, ad Aldo Melpignano di Borgo Egnatia, la nuova Puglia che “tira”, ricca di idee, progetti, voglia di rischiare. E capace di competere sui mercati internazionali misurandosi senza complessi con la modernità. Pubblicando questo libro, scritto dal bravissimo musicologo e caro amico salentino Pierfrancesco Pacoda, Affaritaliani.it si associa all’idea, condivisa anche dai partner della casa editrice salentina Kurumuny, un altro gioiello della cultura locale, che la Puglia sia ancora tutta da raccontare. E offre, in sinergia con la propria sezione Pugliaitalia, lanciata online con grande successo da alcuni mesi, il proprio contributo a una rilettura critica della vicenda pugliese che superi gli stereotipi di certi personaggi di Abatantuono, “milanes al cient per cient”, e restituisca alla terra di Domenico Modugno e Aldo Moro, Paolo Grassi e padre Pio, Renzo Arbore e Michele Placido, la tennista Flavia Pennetta, il designer Fabio Novembre e gli stilisti Capasa di Costume National, la sua essenza e la sua verità misconosciute. La Puglia è musica ma anche arte e design, cultura e cinema, danza, letteratura e enogastronomia, architettura e biodiversità. È laboratorio politico, attraverso il presidente di regione con l’orecchino, il governarore Nichi Vendola, che ha esportato il suo
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modello green a Milano attraverso il sindaco Pisapia, ma anche a Genova e Cagliari. E ora vuole scalare i palazzi più prestigiosi della politica romana. Ma è anche la regione delle energie alternative e delle politiche giovanili e culturali più avanzate d’Europa. E, sebbene restino molti i problemi e i nodi irrisolti, dal grave inquinamento industriale di alcune aree come Taranto alla carenza storica di infrastrutture, alla presenza di aree di territorio controllate dalla criminalità organizzata, è un hub di lancio di idee e facce nuove, vitali per il futuro di un Paese seduto e con le pile scariche da troppi anni. E allora con grande soddisfazione vi invitiamo alla lettura di questo delizioso libretto, ideale approfondimento sinergico della copertura quotidiana di Affaritaliani.it dalle sei province pugliesi. Una soddisfazione doppia, oggettiva e soggettiva, privata e pubblica, personale e professionale, essendo la Puglia la terra di nascita del sottoscritto direttore ed editore di Affaritaliani.it. Andai via tanti anni fa dopo la maturità classica, conseguita da convittore presso i padri Scolopi del Calasanzio di Campi Salentina, dove studiò il grande Carmelo Bene e dove ho conosciuto e amato il grande padre e filosofo Ernesto Balducci. E come tanti pugliesi approdai a Milano, da dove non son più tornato indietro. Sotto la Madonnina mi sono laureato (in filosofia, per il contagio irresistibile verso la scienza del pensiero instillatomi dal mio professore del liceo, con la massima disapprovazione di mio padre, che mi aveva sempre sognato suo erede alla guida della farmacia di famiglia). A Milano mi sono sposato, ho messo su famiglia, mi sono affermato nel lavoro. Ma ora, dopo un congedo forse un po’ troppo sbrigativo e superficiale, le radici tradite, il ricordo, la nostalgia sempre più spesso si fanno sentire.
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E allora eccomi a studiare, riscoprire, accarezzare nel ricordo e nella lontananza e raccontare con diletto e passione profondissimi la mia amata terra. Un sentimento di amore e di forte trasporto, che descrivo prendendo a prestito le parole dell’incipit di un bellissimo libricino, Addio al Sud, di Angelo Mellone, giornalista e scrittore, dirigente Rai, un altro che come me tanti anni fa fece le valigie ed emigrò: «Ci sono giorni che le radici sorgono dalla terra e ti afferrano i gambi come ganci poderosi e ti immergono in una storia dimenticata in fretta. Quei ganci mordono le caviglie e porgono la foto della tua famiglia e ti ricordano che tu ovunque vada, qualunque cosa faccia, tu questo sei. Vieni da Sud [...] Tu, chiunque sarai, i vestiti e i profumi e l’accento che saprai sfoggiare, sempre da lì vieni». Con questo rimpianto e con questa fierezza, con la consapevolezza di possedere e condividere un grande patrimonio interiore che potremmo chiamare pugliesità, vi lascio al racconto fascinoso della taranta scritto con la penna illuminata e sonora di Pierfrancesco Pacoda. Ma anche con la speranza di poter concorrere alla diffusione della conoscenza e dell’amore per la Puglia. Affinché questa splendida regione, allegra e generosa, aperta e gentile, cresca e assuma quel ruolo di protagonista dinamico e battagliero che mostra di meritare. Un ruolo capace di traghettare tutto il Meridione fuori dalla depressione, dall’isolamento e dalla recessione e verso il riscatto e la riscossa. Ad maiora.
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Il ragno
Il ragno era ricomparso, trionfante, già nel 1992, impresso sulle rocce dei muretti a secco che cingevano gli spazi della Mantagnata. Esperimento solitario di laboratorio estivo dove il nuovo hip hop italiano ha definito il suo linguaggio che coniuga festa e consapevolezza. Salento profondo. Il tarantamuffin è, certo, un’invenzione letteraria dell’antropologo francese Georges Lapassade, che quei luoghi frequentava e che di quella scena è stato il “levatore di creatività”, ma è anche musica della terra, orgogliosa rivendicazione di quel parlare “chiaro” che farà del Sud Sound System l’interprete più amato e controverso di un neo folclore che esce per sempre dalla polvere delle accademie e dalla gelosa conservazione museale. Come era stato per l’Africa finalmente volgarizzata dell’hip hop del South Bronx, nel Salento si mischiano le radici e la tecnologia. E questo avviene, dove altrimenti, sulla pista da ballo. Nella dance hall anzi. E la danza, antica, rituale, arcana e terapeutica si chiama, nuovamente, pizzica. Da allora, la taranta affonderà per sempre il suo sentire convulso, malinconico e politico tra questa gente, che è poi la vera protagonista – ancora a tredici anni di distanza – del più imponente folk festival d’Europa, La Notte della Taranta. Melpignano, Salento, il grande spazio aperto che si schiude di fronte al rosone misterico del Convento degli Agostiniani. C’è attesa, febbrile come sempre, per una rappresentazione
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che va in scena dal 1998, da quando Sergio Blasi, allora giovane assessore alla cultura di quel paesino, chiese alla pizzica di ostentare, nuovamente, le sue doti taumaturgiche. Da lì sono passati Manu Chao e Iggy Pop, Giovanni Lindo Ferretti (che una notte lo solcò in sella a un cavallo bianco alla guida di un manipolo di poeti salentini) e Noa, solo per citarne alcuni. Molti, allora, nemmeno conoscevano gli studi di Ernesto de Martino, il saggio fondamentale La terra del rimorso. Nessuno dei ragazzini che riempivano la piazza aveva mai visto quelle immagini di donne in preda agli spasmi che chiedevano con devozione e cieco affidamento la grazia a santu Paulu, aggrappandosi come scimmie alle colonne e all’altare della cappella di Galatina. Loro, piuttosto, figli della MTV Generation, si nutrivano di Iron Maiden e pop. La Notte della Taranta, invece, ha modificato per sempre la percezione del consumo culturale: Stewart Copeland e Ambrogio Sparagna, Piero Milesi e Mauro Pagani, maestri concertatori, come vuole l’iconografia del festival, invitati a far dialogare la tradizione con le loro personalissime passioni. E, di pizzica, si sono tinti i versi immortali della Divina Commedia, “Nel mezzo del cammin”, cantati come fossero un mantra salentino da un ispirato Francesco de Gregori che ha diviso il palco con uno dei tanti talenti che lì si sono offerti al grande pubblico per la prima volta, la giovanissima reggae folk singer Alessia Tondo. Sino al “miracolo” dell’edizione 2009, forse la più dibattuta, ed emozionante sinora.
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Quando sul palco circondato da tattile sacralità (qualche decennio fa si sarebbe detto controcultura), è salita, timida, spaesata come non vogliono le regole della plastica televisiva, Alessandra Amoroso, salentina anche lei, trionfatrice di “Amici”. Che, lì, in quei pochi minuti, ha compiuto il miracolo (vedi, a volte, santu Paulu). Entrando in semplice, immediata sintonia con il cuore profondo, nero e africano di questa terra. Il battere iterativo di un tamburo che guarisce da tutte le malattie, l’ha trasformata, per il breve volgere della sua esibizione, in una soul sister che ritrovava il senso profondo di quei pellegrinaggi sotto il sole cocente di giugno a Galatina, in attesa estatica di una grazia che, ha spiegato De Martino, significava coniugare la “gioia” e la “liberazione”. L’appuntamento è ogni anno, sempre lì, ai confini di Melpignano nel cuore della Grecìa salentina, dove il grico, la lingua antica che i colonizzatori hanno lasciato nella terra delle tarante, è espressione della quotidianità.
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Parte prima
LA STORIA
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ISBN 978-88-95161-90-7
9 788895 161907