TE R NII - VI T ERN V I A D E FI L I S 7 VE E RE OSTR V EN NE RE - M MO STR A di minia mi nia tur e s u p er game n a di A N N A P L A C I D I
ASSOCI AZION E CULT AL E LA PA GINA A SSOC IAZ IO NE CU LT U R RAL Numero 96 - Giugno 2012 Mensile a diffusione gratuita di Attualità e Cultura
M i r a c o l o 3
Meglio non farlo
4
Professioni che vanno e che vengono
- P Fabbri
Il pomodoro santo
- F Patrizi
TECNO OFFICE
6
Benvenuti nel Neomedioevo!
7
Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia
8
CONSORZIO DI BONIFICA TEVERE NERA
9
CENTRO VETERINARIO LUNGONERA
10
Ternano del mese: FLORIO - R
11
FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO
12
A proposito di regole...
- S Marsiliani, P Pernazza
LE MASCHERE: Closer
- LB
- L Be l l u cci - C Colasanti
Be l l u c c i , E Ru f f i n el l i
13
I racconti del nonno
- V Grechi
14 ... 17
LICEO CLASSICO
- M D’Ulizia, C Troiani, D Bosi, V Amoruso, A Mannino
18 - 19
N U O VA C O M PA G N I A T E AT R O C I T T À D I T E R N I
20 - 21
A S S O C I A Z I O N E C U L T U R A L E L A PA G I N A
22
Iscriversi all’Associazione Culturale La Pagina Poste Italianeeee
- Quisque de populo
23
LABORATORI SALVATI
24 - 25
A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I
26
Centro Residenziale BAOBAB-S
27
N U O VA G A L E N O
28 ... 31
Alla scoperta di... NARNI SOTTERRANEA
32
AMARCORD TERNANA - M
33
MOSTRA CONVEGNO TRIONFO ROSSOVERDE
34
Il Conte Alfeo Massarucci-
35
CECILIA PIERSIGILLI
36 - 37
T E AT R O N U O V O D I T E R N I
38 - 39
GRAZIA CUCCO
40
C O . R E . I N . - B A RT O L I
41
ALFIO
42 ... 44
Astronomia -
45
ALLEANZA TORO
46
L’uomo e gli alimenti
47
GLOBAL SERVICE
48
SUPERCONTI
LA
To n d i , C S i l vest ri
- L Santini
Ba rc a ro t t i
F Neri
- R To mma s i
T Scacciafratte, P Casali, M Pasqualetti , TS, E Costantini
- L F Bianconi
PA G I N A
Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti
i n f o @ l a p a g i n a . i n f o
Direttore editoriale Giampiero Raspetti
0744424827 - 3482401774 w w w. l a p a g i n a . i n f o
Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. E’ vietata la riproduzione anche parziale dei testi.
Dove trovare
La Pagina
ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le Marconi; AMELIA SUPERCONTI V. Nocicchia; ASSISI SUPERCONTI S. Maria degli Angeli; CIVITA CASTELLANA SUPERCONTI V. Terni; MASSA MARTANA SUPERCONTI V. Roma; NARNI SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; ORTE SUPERCONTI V. De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI - Strada della Direttissima; PERUGIA SUPERCONTI Centro Bellocchio; RIETI SUPERCONTI La Galleria; ROMA SUPERCONTI V. Sisenna; SUPERCONTI V. Casilina 1674 (Grotte Celoni); SPELLO SUPERCONTI C. Comm. La Chiona; TERNI CDS Terni - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL - V. Tristano di Joannuccio; Cral Provincia di Terni; CRDC Comune di Terni; Edicola Bartolotti Paola P.zza Corona; Edicola F.lli Galli - V. Narni - Zona Polymer; Edicola La Meridiana - V. del Rivo; Edicola M&C - V. Battisti; INPS - V.le della Stazione; Libreria ALTEROCCA - C.so Tacito; SUPERCONTI CENTRO; SUPERCONTI Centrocesure; SUPERCONTI C. Comm. Le fontane; SUPERCONTI C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati; TUTTOCARTA - V. Maestri del Lavoro 1; TODI SUPERCONTI V. del Broglino; VITERBO SUPERCONTI V. Belluno; VITORCHIANO SUPERCONTI Località Pallone.
2
Te r n i !
Si erge carico di fiori il pesco, non tutti diventeranno frutto. Risplendono chiari come spuma rosata attraverso l’azzurro e la fuga di nuvole.
- A Melasecche
5
a
Davvero mirabile quello che sta avvenendo nella nostra Sala G, in Via De Filis. Molti giovani, alcuni più che ottantenni, sognando un mondo dove Buongiorno voglia davvero dire buongiorno, fanno amicizia tra di loro e si fidanzano con la cultura. Ruberanno le scope ai netturbini e potranno, così, volar via a cavallo delle stesse, verso quel paese immaginario che tanto desiderano. Il miracolo di Terni, come quello di Milano, è compiuto dagli uomini, da sempre unici artefici del proprio destino. Simili a fiori si schiudono i pensieri, centinaia ogni giorno, lasciali fiorire! Lascia a ogni cosa il suo corso! Non chiedere qual è il guadagno! La Sala G, in poco più di un mese di attività culturali è stata visitata da più di mille persone. Tutto quanto programmato si è realizzato con successo. Di alcune manifestazioni l’esito è stato addirittura straordinario. Ma questo è niente rispetto a quello cui potrete assistere da settembre in poi: creeremo eventi davvero eccezionali. Sento di dover rivolgere un cordiale invito a quei tanti lettori de La Pagina che, seguendoci da circa dieci anni, ora potranno, volendolo, starci vicini chiedendo la tessera di socio dell’Associazione Culturale La Pagina (30 euro l’anno che danno diritto a corsi gratuiti di ogni tipo, visite guidate nella nostra splendida provincia a prezzi irrisori, -mentre d’eccellenza saranno i luoghi che visiteremo e i pasti che consumeremo-, organizzazioni conviviali, mostre, conferenze... e tantissimo ancora. Per chi propugna forme dirette di democrazia e di responsabilità, è giunto il momento di impegnarsi in prima persona, anche finanziariamente, nella gestione personale della cultura e quindi di grandissima parte del futuro dei nostri figli. Sì, siamo degli inguaribili romantici, grondanti illusioni, ma è così bello sognare un mondo migliore, un mondo ove si dà e niente si prende, se non un sorriso! Intanto, lontani dal far prediche -i pulpiti sono ormai, con evidenza, tutti marciti e non più recuperabiliamiamo testimoniare (ricordate l’amatissimo Papa Giovanni XXIII: meno maestri e più testimoni!): senza soldi, né in tasca né in mente, cerchiamo di dar vita, apportando il nostro minuscolo granello di sabbia, a un mondo non corrotto, in cui tutti fanno politica, cioè cultura, gratuitamente, e non per risolvere vari accidenti personali. Sarebbe bello se non indugiaste nemmeno un attimo per stare con noi! Vi deve pur essere gioco e innocenza e dovizia di fiori, altrimenti per noi sarebbe troppo piccolo il mondo e la vita non un piacere. Piena fioritura, Hermann Hesse
Giampiero Raspetti
Sala G Terni, Via De Filis 7
Meg l i o non far l o Ci sono cose che non si devono fare. E questa non è certo una grande scoperta, visto che da quando esiste l’uomo esistono l’educazione e i regolamenti e visto che fin dalla più tenera età i genitori impiegano una gran parte della loro attenzione ai figli spiegando loro proprio ciò che non va fatto, più ancora che nell’insegnar cosa invece devono fare. Ed esistono gradi diversi di gravità, nel violare le regole. I giornali, in fondo, sono quasi solo una lunga denuncia di accadimenti accomunati proprio dalla sistematica violazione delle regole; ciò è del tutto evidente nel caso della cronaca nera, ma ormai (e da tempo) anche dal contenuto delle prime pagine: corruzione, furti, scandali, delitti. Dalla politica allo sport, dallo spettacolo alla grande industria. E, parallela all’esplosione dello scandalo, si ritrova anche la benemerita reazione allo scandalo: e per fortuna. Ma è necessario che anche i fustigatori si ricordino che è indispensabile essere precisi, esatti, nell’agitare la frusta e nell’incitare il popolo all’indignazione. Il terremoto che ha colpito l’Emilia non era prevedibile. Non lo era perché nessun terremoto è prevedibile: il suolo su cui viviamo è solo la superficie apparentemente calma di spaventosi sommovimenti del sottosuolo. La terraferma ha un nome illusorio: basta sfogliare le prime pagine d’un libro di geologia, o cercare su internet qualche voce enciclopedica tipo Tettonica a Zolle, o Formazione dei continenti, o Orogenesi, per vedere come la superficie del pianeta sia da sempre in devastante movimento. Cosa certo non facilmente riconoscibile nei tempi d’una vita umana, ma non per questo meno reale e presente. L’Oceano Atlantico quasi non esisteva, ai tempi dei dinosauri: e basta un mappamondo per capire, dalle loro forme, che un tempo Africa e Sudamerica erano unite; e l’India era grande quanto l’Africa, prima di infilarsi in una spaventosa collisione continentale sotto l’Asia, e lasciando come ricordo dello scontro quell’enorme corrugamento di terra che oggi chiamiamo Himalaya. Ma gli spostamenti sono lenti, lentissimi, nella scala di tempi degli uomini: le placche continentali accumulano l’energia del magma sottostante, si spingono vicendevolmente, e come due grosse pietre che si premono una contro l’altra ad un certo punto scivolano, cedono un po’ della tensione, scorrono una sull’altra. Non sono come le nuvole, che i satelliti dei meteorologi possono seguire nel loro moto nell’atmosfera: la loro velocità è misurabile, la dinamica dei fronti d’aria ragionevolmente nota e trattabile dai calcolatori, ed è per questo che si possono avere delle buone previsioni del tempo che farà, perlomeno per i prossimi -pochi- giorni. I tempi delle zolle, delle placche, delle faglie sono diversi: il materiale è diverso. Se si continua a premere una contro l’altra due pietre, ci si rende facilmente conto che l’energia aumenta, che le pietre scricchiolano, che piccoli movimenti e vibrazioni compaiono: ma non si riesce a prevedere quando finalmente la tensione si rilascerà, facendo scattare le pietre in un movimento deciso e sensibile. E le faglie, sottoterra, sono molto, molto più complicate di così. E se i sismografi rivelano uno sciame
sismico, un addensarsi di attività in una regione limitata, entrano in allarme, e capiscono che sotto sta succedendo qualcosa. Ma non possono predire nulla di certo: in parte, perché là sotto succede sempre qualcosa; la Terra non si ferma mai, ed è tutt’altro che raro che uno sciame rilevato solo dagli strumenti torni in placido silenzio nel nulla. In seconda e più importante parte, perché la sola cosa che potrebbero dire è che un sisma potrebbe forse avvenire (ma non si sa bene quando), in una certa zona (ma non si sa bene dove), con una certa intensità (ma non si sa bene quale). Questo tipo di informazione è ovviamente di validità nulla: ma è esattamente quella che ha reso famoso Giampaolo Giuliani. Giuliani, reso celebre per la voce, poi smentita da lui stesso, di aver previsto il terremoto del 6 Aprile 2009 a L’Aquila, predisse invece un sisma per il 29 Marzo dello stesso anno a Sulmona, sulla base di sue teorie basate sulla presenza del gas radon nel sottosuolo. Cosa sarebbe successo, se si fosse dato retta al suo allarme? Quale panico si sarebbe sollevato, quanti disastri, nell’evacuare una città di 25.000 abitanti? E quanti di questi si sarebbero magari davvero trasferiti a L’Aquila, almeno per un po’, abbastanza per finire in mezzo al terremoto tragicamente vero del 6 Aprile? Così dispiace molto vedere, con l’immagine dell’Emilia ferita ancora fresca, politici rampanti che danno spazio a Giuliani su blog e giornali. Dispiace molto vedere talk-show in cui Giuliani, ospite d’onore, lascia intendere che se si fosse dato retta a lui la catastrofe si sarebbe potuta evitare, e sentire commenti di giornalisti d’assalto che sembrano concludere che questa è una dimostrazione di come la ricerca scientifica italiana sia malata. Come se tutti i ricercatori d’Italia preferissero per pura tigna e invidia vedere morti sotto le macerie piuttosto che dare ascolto ad un genio incompreso. Sono cose che non si debbono fare: come non si deve far credere che esistono magiche cure per il cancro, perché sono argomenti delicatissimi, e sui quali la gente può investire un enorme patrimonio di speranze. È davvero meglio non farlo. Anche perché di scandali veri ce ne sono già abbastanza: quando crollano scuole recenti mentre case medievali restano in piedi, come a San Giuliano e L’Aquila, ad esempio, o quando si vedono capannoni industriali in Emilia che vanno giù come castelli di carte, mentre altri, lì accanto, restano in piedi. Piero Fabbri
3
Professioni che vanno e che vengono Cosa c’è di nuovo?
Alzi la mano chi, nel 2009, venendo a sapere di Ben Southall, l’inglese che si era aggiudicato il “miglior lavoro del mondo” non ha provato un po’ di invidia. Il 34enne assistente sociale era stato condannato a lavorare per sei mesi come custode su un’isola tropicale deserta al largo della barriera corallina in Australia. Non si è però trattato di una lunga e spensierata vacanza in quel paradiso terrestre, perché il “best job” non è stato privo di rischi: Southall è stato punto dalla medusa Irukandji, il cui pungiglione velenoso può essere letale. Però poi, da guardiano del reef, è stato promosso a “tourist ambassador” e adesso viaggia nelle aree interne più remote, semi-desertiche, del continente australiano; nella foresta tropicale o lungo la costa, per pubblicizzare il Queensland a livello internazionale. C’è da dire che, in un periodo in cui aumentano i disoccupati, avere un lavoro è già di per sé una fortuna, soprattutto quando si tratta di professioni che permettono anche di percepire retribuzioni elevate. Non mi riferisco solo ai cosiddetti white-collar workers, termine americano che identifica quei lavoratori che svolgono mansioni più concettuali che fisiche, tutt’altro, si parla, ad esempio, di addetti alle pulizie, di montatori di porte e finestre, di installatori di allarmi, di pavimentatori, etc. aree nelle quali le richieste di addetti rimangono spesso insoddisfatte. A questi si aggiungono le nuove professioni, con in testa il settore green/eco che senza dubbio ottiene il primato. Energy manager, sustainability manager, sono le figure del futuro, ovvero specialisti nelle tematiche delle energie rinnovabili, oppure energy auditor, specializzato in certificazione di bilanci degli
impianti energetici. Ma le novità non mancano anche in aree più tradizionali, come ad esempio il settore umanistico. Ai laureati in questo campo, ad esempio, viene oggi richiesto di gestire la reputazione di aziende e marchi on-line e sui social network, si parla quindi di social media manager e community manager. Novità anche per coloro che si laureano in economia e legge. Aumentano notevolmente le richieste di tutte quelle professionalità che si interessano di diritti d’autore, di tutela della proprietà industriale ed intellettuale con particolare riferimento al web. Figure queste destinate a lavorare molto, considerate le più recenti evoluzioni del panorama normativo. La buona notizia è che, nonostante la crisi mondiale e l’evidente flessione di molti e variegati comparti, si tratta di un mercato del lavoro che anche nel 2012 riuscirà a crescere. Con un milione e duecentomila nuovi posti di lavoro in più e un tasso di incremento del 5 per cento che permetterà di portare il numero totale degli occupati a 26,4 milioni. Rimane aperta, ed urge una soluzione, la necessità di far coincidere percorsi formativi specializzati e/o specialistici offerti a vario titolo e grado, con le effettive richieste del mercato, aspetto sul quale non sono stati ancora fatti significativi passi avanti nonostante le più o meno recenti riforme. Si parla, a livello europeo, di skill mismatch. E’ ormai evidente la progressiva eliminazione di molti tipi di lavori che sembravano essere un elemento permanente della nostra società, mentre le nuove professionalità richiedono competenze sempre più ampie e specialistiche. Ne consegue che è sempre più difficile per le aziende trovare “la persona giusta per il posto giusto” e, per i lavoratori, “essere la persona giusto al momento giusto”. La vera sfida non è solo quella di migliorare i livelli delle competenze, ma soprattutto far combaciare offerta formativa e occupazione! alessia.melasecche@libero.it
Il pomodoro santo Ricordo di un te le giornale miss i o n a r i o
La vecchina, gli occhi umidi di emozione, non poteva credere che fosse capitato proprio a lei, fuori dalla porta si era già formata una fila di comari, vicini, curiosi; e poi la televisione subito accorsa alla notizia, non una schiera di antenne ad inflazionare l’etere sopra quel paesino sperduto tra le montagne, bensì una solitaria emittente collegata in diretta per il miracolo più popolare, più umile, addirittura più vegetariano degli ultimi tempi: la comparsa del volto di Padre Pio all’interno di un pomodoro! Sì, un pomodoro raccolto nel campo dalla vecchia contadina per condire un’insalatina, lattuga, rucola e poco sale, per via della pressione alta… la donna stava tagliando gli ortaggi per il frugale pasto quando, con il coltello ancora in mano, aveva sentito cederle le gambe… mio Dio, mio Dio, perché proprio a me? L’odore di santità si era diffuso all’istante tra il sugo che bolliva e l’aroma del basilico ed aveva richiamato in tutta fretta la figlia, il genero e l’anziano coniuge, incallito bestemmiatore (ma trai campi, si sa, l’imprecazione passa come una forma burbera di devozione). Erano giorni febbrili, le tv e i giornali non facevano altro che parlare dell’ipotesi che il Vaticano riconoscesse la santità del frate di Pietrelcina. Fiumi di testimonianze illustri arrivavano da ogni dove: Lino Banfi, Anna Falchi, Giancarlo Magalli si accalcavano per raccontare come Padre Pio li avesse disarcionati sulla via di Damasco; e poi Gente, Oggi, persino Eva Tremila nelle sue edizioni più caste, regalavano ogni settimana dei Padre Pio in forma di magnete per il frigorifero, di tazza per la prima colazione, di statuina a pile con gli occhi luminescenti da tenere in corridoio quando ti alzi la notte per andare in bagno. Qualcosa era nell’aria e l’umile contadina se lo sentiva, finché quella
4
fatidica sera non ebbe la rivelazione: la linea disegnata dai semi, l’intreccio della fibra, le striature verdi, tutto l’interno del pomodoro tratteggiava inconfondibilmente quel profilo visto e rivisto durante quei giorni concitati. Ma perché, mentre le alte sfere del Vaticano si riunivano in concistoro, Egli aveva scelto di apparire in un insalataro oblungo? O forse si trattava di una psicosi collettiva? Queste domande le lasciamo agli esperti, ci spiegò il Direttore del tg, noi siamo qui per raccontare un fatto straordinario, c’è gente speranzosa, bisognosa e infelice che si è precipitata dai paesini limitrofi per chiedere la grazia, consapevole che un pomodoro maturo, benché santo, non è che si mantenga a lungo. Così quella memorabile diretta delle 19.00 irruppe sui nostri piccoli schermi a ricordarci quanto arcaica fosse ancora la devozione del popolo italico. Quel telegiornale sapeva scendere nei reconditi di un’Italia ancestrale e magica che credevamo scomparsa o relegata nei libri del professor De Martino. Con il tempo, questa esperienza mistica ha segnato il giornalista accorso sul posto, tale Paolo Brosio, il quale, dopo aver condotto una vita dissoluta e scriteriata, ha trovato oggi nella fede una nuova forza e una nuova fonte di ricavo: ogni anno, prima di Natale, pubblica un libro sui miracoli della Madonna di Medjugorje. Più irta di prove perigliose era invece la strada che la grazia aveva in serbo per quel Direttore del TG4: il disegno imperscrutabile del Signore aveva disseminato il cammino della Redenzione di verdi tavoli da poker, bianchi valichi svizzeri, danze discinte e lascive… Il servizio qui raccontato non ebbe repliche o ricadute su altre testate giornalistiche e, a chi lo vide in diretta, lascia il ricordo di un giornalismo missionario, che sapeva cogliere il sacro anche nel profano di tutti i giorni. Francesco Patrizi
5
Benvenuti nel Neomedioevo! L’ Italia della crisi, delle false promesse e del regresso No, questo no, non è l’inferno. Profetiche è dir poco, le parole della canzone di Emma Marrone, vincitrice dell’edizione 2012 del Festival di San Remo, una canzone destinata a ricordare questo anno come uno dei più neri della storia dell’economia e della politica. In questi giorni la canto sempre, come un mantra tibetano è entrata nella mia quotidianità e osservando il nostro Paese ci si rende subito conto che siamo proprio arrivati all’inferno. Stiamo affrontando una crisi spaventosa, un delirante momento di follia e degrado costituzionale. Negozi che chiudono, case in vendita, persone che non arrivano a fine mese, imprenditori che si danno alle fiamme, proprio come all’inferno. Lo scenario non è dei migliori e come se niente fosse il Governo aumenta le tasse, mentre il lavoro manca, il tasso di disoccupazione sale alle stelle e l’IMU fa il suo ingresso trionfale nelle case degli italiani come un ospite indesiderato. Una vita di sacrifici e cosa ti ritrovi? Le tasse sulla casa, i figli che sono disperati perché non hanno un lavoro, il mutuo da pagare con tassi incredibilmente elevati. È proprio il caso di dire che la flotta del popolo italiano sta affondando e la cosa più grave è che i segni di miglioramento non ci sono, ma è il non peggioramento che viene preso come indice di avanzamento del Paese. Abbiamo toccato il fondo? Ancora no, il giorno che non potremo più permetterci di uscire di casa per fare la misera spesa, allora sì che avremo toccato il fondo. Mai come in questi tempi c’è bisogno di una palingenesi totale, dove ad essere abbattuti dovrebbero essere non solamente i partiti politici che succhiano soldi alle casse dello Stato e quindi agli italiani, ma soprattutto eliminati per la loro inutilità. Troppi privilegi godono i nostri parlamentari, troppi benefici per il loro lavoro, che altro non è che tempo dedicato a se stessi e alla politica del “Bla, bla, bla”. Ma li sentite di cosa parlano? Sembra di essere arrivati nel teatro dell’assurdo, parole senza senso vuote e ridondanti che ormai per la loro stucchevole dialettica hanno annoiato tutti. Mario Monti racconta ai suoi connazionali che l’Italia è in fase di progresso, ma i fatti testimoniano il contrario: è il regresso a dominare la scena economica. Abbiamo un’Italia devastata dalle tasse, dalla corruzione, dalle spese inutili e dagli sprechi, un’ Italia violentata a livello sociale dove le numerose spese pubbliche inutili, hanno tolto sostegni alla gente oltre che la dignità. Un tempo si diceva: “Possono toglierci tutto ma non ci toglieranno mai il sorriso e la speranza!”, ora invece, a pensarci bene la situazione, senza voler rinunciare all’ottimismo che non fa mai male, è cambiata, sono riusciti a toglierci anche il sorriso. Gli attacchi alle sedi di Equitalia, le manifestazioni in piazza e il malcontento generale, sono il segno tangibile di uno spirito nazionale debole nei buoni propositi e sempre più propenso a una ribellione di massa, una rivoluzione collettiva. Lo scontento e il malessere sono le nuove piaghe che stanno stigmatizzando gli italiani. Si vocifera sui social network, nei blog e su ogni forma di aggregazione sociale che una rivoluzione potrebbe essere la chiave di svolta per mettere fine ad una politica anticostituzionale e sempre dalla parte dei più ricchi e potenti. Viviamo in un’epoca che per le sue peculiarità potrebbe chiamarsi del Neomedioevo, dove la società è tornata a vivere nel buio e nella malattia. La classe dirigente, invece di impegnarsi per il buon andamento della Nazione, si preoccupa di tutelare i propri privilegi, attingendo risorse economiche dai fondi pubblici per i propri interessi personali, gettando la ricchezza culturale e artistica del Paese in una latrina. La gente non ride più, il popolo soffre e un grido silenzioso da mesi fa eco nel cuore delle persone, vittime di inquietudini e confusioni ideologiche. La bellezza dell’Italia, unica e assoluta in tutto il mondo, si è spenta, per lasciare il posto alla cupidigia e all’insano egoismo, dove governare vuol dire fare i propri interessi. Non dobbiamo più domandarci se votare la Destra o la Sinistra, ma decidere di votare chi procura meno danni al Paese. È un’illusione credere che i partiti possano fare a meno del finanziamento pubblico. Ma per convincere i privati a versare contributi devono recuperare credibilità e dire addio ai loro tanto amati privilegi. Ma chi ci crede più a Babbo Natale? Lo sanno anche i bambini delle scuole elementari che è tutta una strategia per fregare gli italiani. La Nazione ha bisogno di un “messia”, di un nuovo governo, di una nuova repubblica, di un leader onesto e giusto, in grado di far risorgere dalle ceneri la nostra amata patria, che proprio un anno fa ha compiuto 150 anni dalla sua unificazione ed ora stanno facendo di tutto per sgretolarla. La politica deve tornare a splendere, la cultura a progredire, per garantire uno sviluppo umano degno ed equilibrato sul quale intervenire per far vivere bene tutta la società. Ma chi si farà portavoce di questo rinnovamento? Chi avrà il coraggio di prendere le redini in mano? Un tempo nell’Antica Grecia, c’èra lo stratega, incaricato proprio in momenti difficili di rimettere sulla retta via lo Stato e il potere della Polis. Ora il perfetto Pericle della situazione manca e cercare di resuscitare quello originale del V secolo aC non è possibile. Che si fa? Non ci resta che aspettare e vedere come si evolverà la situazione nei prossimi due mesi, sperando che il Signor Mario Monti trovi, nel minor tempo possibile, una soluzione a questa degenerata situazione politica che da qualche tempo sembra aver perso l’orientamento in virtù di una confusione generale, dove le parole non sono più in grado di dare risposte e soluzioni. Escludendo la scadente ed obsoleta demagogia, tanto cara a certi politici, di buono a livello socio-economico, resta ben poco a questo nostro Bel Paese e, come diceva qualcuno: È ora di fare i fatti non le pippe. w w w. l a p i a z z e t t a r i s t o r a n t e . i t Locale climatizzato - Chiuso la domenica Lorenzo Bellucci lapiazzetta.terni@libero.it Terni Via Cavour 9 - tel. 0744 58188 lorenzobellucci.lb@gmail.com
6
Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia: un’emozione unica! Dal 25 al 29 aprile Perugia si è trasformata in un vero e proprio “luna park” per giornalisti, ospitando per l’ottavo anno il Festival Internazionale del Giornalismo, durante il quale più di 200 speaker hanno preso parte agli incontri e quasi 200 volontari sono arrivati da tutto il mondo per dare una mano all’organizzazione e calarsi completamente in un’atmosfera da dimensione parallela dove davvero tutto era possibile. Era possibile incontrare per strada il Ministro della Giustizia; era possibile fermarsi a parlare con Beppe Severgnini; era possibile incrociare Vespa e Mentana che andavano verso il Teatro Pavone dove si sarebbero confrontati in un incontro tra matador oppure vedere Marco Travaglio o Michele Santoro arrivare l’ultimo giorno del festival per i due eventi conclusivi attesissimi da molti. Ma la cosa più bella era che fosse possibile incontrare gente da tutto il mondo portata là da una comune passione: quella del giornalismo, quel fuoco che arde nel cuore di molti e che rende possibile la conoscenza di fatti e avvenimenti che rimarrebbero appannaggio di un numero ristretto di persone. Un’altra cosa ancora più bella era potersi confrontare con loro e vedere che non tutto è davvero poi così perduto e ci sono anche professionisti del livello di Severgnini che incitano i giovani a continuare sulla strada della loro passione nonostante le difficoltà perché perseverando si arriva alla meta e i sogni di diventare giornalisti non sono poi tutti destinati ad infrangersi, anzi! Mi ha confortato non poco, dopo anni di incontri con persone “del ramo” che non fanno altro che distruggere i tuoi sogni di gloria e che, dopo averti fatto i complimenti per essere già una pubblicista iscritta all’Albo (iscrizione ottenuta con non poche difficoltà a “20 anni suonati”, come mi ha preso amabilmente in giro una mia amica), ti smontano, pezzo per pezzo, tutto quello che avevi faticosamente immaginato e preparato per il tuo futuro. Per carità, serve anche quello, ma se c’è una cosa che ho imparato da quest’esperienza al Festival e che ho sentito ripetere più e più volte è proprio questo: non mollare mai, per quanto possiate essere giovani, per quanto questo Paese non offra tutto quello che dovrebbe e potrebbe, per quanto siate sfiduciati e gli altri contribuiscano a questo sconforto... il mondo del giornalismo è enorme, assume molteplici forme e, in un momento di crisi come questo, ogni spunto può essere buono per essere un’arma di riscatto. Come mi sono segnata tra le bozze del cellulare durante l’incontro con Capovilla, il cantante della band “Il Teatro degli Orrori”, “l’apatia persiste, ma noi la stiamo combattendo! Chi,se non gli artisti, poi? Io credo nell’utopia: non me ne importa niente dell’irraggiungibilità della meta: fa parte del mio percorso di crescita personale, artistica e culturale!”. Ognuno di noi poi fa arte a proprio modo e c’è chi, nella vita, ha scelto di vivere la missione del “voler capire per poter spiegare”, come è stato detto durante l’incontro con Ettore Mo, che ha festeggiato proprio a Perugia, i 50 anni di carriera. Spero di essere riuscita a trasmettervi in queste poche righe almeno un decimo di tutto l’entusiasmo che ho accumulato in quei cinque giorni in cui non sono potuta essere presente ovunque, come è ovvio che sia, ma in cui sono riuscita ad accumulare esperienze da sogno, conoscenze, nozioni... ma soprattutto sorrisi, strette di mano, istantanee di volti sinceramente interessati a quello che stavi dicendo e persone che non si sono negate nemmeno nei momenti meno comodi, diciamo. Chiara Colasanti Un’esperienza fantastica che consiglio a tutti: l’edizione del 2013 è già in cantiere … siete ancora qui?
7
8
CENTRO VETERINARIO LUNGONERA Il Centro Veterinario Lungonera è una struttura operante sul territorio ternano da circa venti anni che ha saputo sempre rinnovarsi e dotarsi di attrezzature moderne e personale costantemente aggiornato. Nella nuova sede di Via Narni è in grado di offrire gran parte dei sevizi medici generici e specialistici necessari per la gestione della salute dei piccoli animali d’affezione, in particolare cani e gatti, il tutto arricchito da un’ottima dose di disponibilità e trasparenza. Il Centro mette a disposizione dei suoi pazienti, oltre alle quattro sale visita, un laboratorio analisi interno in grado di dare risposte in tempi brevissimi, due reparti degenza, un servizio di diagnostica per immagini comprensivo di ecografia, ecocardiografia (ecocolordoppler), radiologia digitale e videoendoscopia che affianca le attrezzate sale operatorie anche per interventi mininvasivi come, ad esempio, l’ortopedia in radioguida digitale, l’asportazione ecoguidata o video guidata di corpi estranei. Per qualsiasi necessità, per preventivi o per prenotare appuntamenti non esitate a contattarci al nostro numero fisso 0744 221044 o mobile 328 3299920 o alla mail lungoneravet@libero.it Per maggiori informazioni potete visitare i nostri siti web www.centroveterinariolungonera.com www.veterinarioterni.it Centro Veterinario Lungonera Dr. Marco Piantoni-Dr. Paolo Cortelli Panini-Dr. Marco Cozza-Dr. Matteo Neroni ricevono, preferibilmente su appuntamento, in Via Narni 210/i dal lunedì al sabato dalle 09:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 20:00 per emergenze S.O.S. 24h al 3283299920
C
L
L E I S H M A N I O S I . . . E ’ A R R I VAT O I L VA C C I N O . . . C H E FA R E ? La leishmaniosi è senza dubbio la malattia trasmissibile più diffusa e preoccupante nella nostra zona. È trasmessa dai flebotomi (noti volgarmente come “pappataci”), piccoli insetti ematofagi presenti prevalentemente nell’ambiente silvestre, soprattutto medio-collinare. La stagione dei pappataci inizia a primavera e dura fino a tardo autuno; questi, a differenza delle zanzare, non hanno bisogno di acqua per riprodursi, in quanto i loro stadi larvali si sviluppano direttamente nel terreno e sono attivi prevalentemente di notte, in particolare all’imbrunire e poco prima dell’alba. Date le loro piccole dimensioni (più o meno un moscerino) hanno un raggio d’azione piuttosto limitato e difficilmente riescono a portare a termine un pasto su un cane in movimento che, tra l‘altro, offre come zone esposte solo le aree prive di pelo, soprattutto il dorso del naso. Data questa premessa è facile dedurre che i cani più a rischio sono quelli che dormono all’aperto nelle zone medio collinari; tale considerazione è confortata dalla evidenza pratica di una percentuale molto bassa (praticamente nulla) di soggetti malati tra i cani d’appartamento. In base a tutto ciò appare ovvio che la migliore e più semplice difesa per i nostri amici sia quella di farli dormire in casa, o comunque al chiuso; altrettanto ovvio è che tale soluzione non è applicabile a tutti i cani. Cosa fare quindi per tutelare quelli “costretti” a dormire in giardino ? Ovviamente il primo obiettivo dovrebbe essere quello di evitare che vengano punti... non potendoli sottrarre alla presenza dei pappataci per renderli almeno “poco appetibili” ci viene in aiuto una serie di prodotti cosiddetti repellenti da applicare periodicamente nel periodo a rischio; tali prodotti, ovviamente, non escludono la possibilità del contagio, ne riducono solo le probabilità, anche se significativamente. Da quest’anno in Italia, al fianco di questi prodotti, per la lotta contro questa malattia, è scesa anche un’altra arma, attesa da anni: il vaccino. Purtroppo anche questo, nonostante gli entusiasmi suscitati, non offre una garanzia totale di protezione. Non avendo esperienza diretta con questo prodotto, che stiamo iniziando ad usare da pochissimi mesi, mi limiterò a riportarne un sunto della relazione destinata al pubblico dell’Agenzia Europea per i Farmaci: Che cos’è CaniLeish? CaniLeish è un vaccino disponibile sotto forma di polvere liofilizzata e solvente da mescolare per ottenere una sospensione iniettabile. CaniLeish contiene proteine escrete secrete (ESP) di Leishmania infantum. Per che cosa si usa CaniLeish? CaniLeish è usato per vaccinare i cani a partire da sei mesi di età per ridurre il rischio di sviluppare un’infezione attiva e la malattia clinica derivanti dal
contatto con Leishmania infantum. (…) CaniLeish è indicato solo nei cani “negativi alla Leishmaniosi”. Prima della vaccinazione è consigliata la ricerca di infezione da Leishmania mediante un test rapido di diagnosi sierologica. Il vaccino è somministrato ai cani con tre iniezioni sottocutanee; tra un’iniezione e l’altra deve intercorrere un intervallo di tre settimane. La prima iniezione può essere somministrata a partire da sei mesi di età (…) Quali studi sono stati effettuati su CaniLeish? La sicurezza del vaccino è stata osservata nel corso di due studi principali di sicurezza condotti in laboratorio su cani che risultavano negativi alla Leishmaniosi (sovradosaggio e somministrazione singola e ripetuta) oltre che in uno studio sul campo. (…) L’efficacia del vaccino è stata esaminata in uno studio principale sul campo, durato due anni (…) È stata inoltre presentata una serie di prove di laboratorio in cui i cani erano stati sottoposti a infezione sperimentale. Quali benefici ha mostrato CaniLeish nel corso degli studi? Gli studi hanno evidenziato che il vaccino è sicuro sia per i cani negativi alla Leishmaniosi sia per quelli infetti. (…) È stata osservata una diminuzione del rischio di sviluppare un’infezione attiva e una malattia sintomatica in seguito al contatto con il parassita nei cani negativi alla Leishmaniosi. Quali sono i rischi associati a CaniLeish? Dopo l’iniezione possono verificarsi moderate e transitorie reazioni locali, quali gonfiore, noduli (indurimento), dolore alla palpazione o eritema (arrossamento). Queste reazioni si risolvono spontaneamente entro 2-15 giorni. Si possono osservare altri segni transitori a seguito della vaccinazione come ipertermia (aumento della temperatura corporea), apatia (mancanza di vitalità) e disturbi digestivi della durata di 1-6 giorni. Reazioni di tipo allergico sono rare e in tali casi deve essere somministrato un adeguato trattamento sintomatico. Articolo completo: www.ema.europa.eu/docs/it_IT/...for.../WC500104955.pdf
Oltre alla mancata garanzia di copertura sicura, un limite all’utilizzo di questo vaccino è probabilmente anche il costo, piuttosto elevato, data anche la necessità di tre somministrazioni iniziali, soprattutto per chi possiede più di un cane... che consigliare quindi ai proprietari? Ovviamente di sentire il parere del loro veterinario di fiducia e discutere con lui l’opportunità di procedere o meno alla somministrazione del vaccino. Per quanto riguarda il mio parere, in attesa di esperienza diretta, non fruibile prima di uno-due anni minimo, la vaccinazione dovrebbe essere caldamente consigliata ai cani che dormono all’aperto, data la elevata probabilità di contrarre la malattia. Per quelli d’appartamento la scelta andrebbe lasciata al proprietario, in attesa di poter esprimere un parere basato anche sulla diretta esperienza sia degli effetti collaterali che dell’efficacia. Dr. Marco Cozza
9
l mes
e
T
O
de
NA
N
ER
Chi non ricorda a Vico Catina il laboratorio del calzolaio Zenobio Piastrella in arte Florio? Una piccola stanzetta con al centro il tradizionale deschetto dove erano posti gli strumenti e i materiali da lavoro. A fianco del deschetto, a terra, vi era il treppiede su cui veniva posta la scarpa durante le lavorazioni. Nelle scansie alle pareti c’erano le varie forme in legno, le scarpe in lavorazione, le pelli ed i cuoi per le suole. Pochi e semplici gli strumenti di lavoro di Florio: il trincetto per tagliare, la lesina per cucire, il particolare martello con la testa tondeggiante, le tenaglie, il barattolo della pece, alcuni pennelli, la pietra per battere il cuoio, la raspa e poi chiodi, brocche, spago, tinture e spazzole. Seduto al desco con le semenze in bocca e il martello in mano riparava ogni tipo di scarpa. La sua arte era il risultato di un lungo apprendistato iniziato in giovanissima età presso il laboratorio di Peppe Ciavatta poi perfezionato ed arricchito grazie all’entusiasmo che da sempre lo ha contraddistinto. Per oltre sessant’anni ha espletato con solerzia, pazienza e passione il suo lavoro, aggiustando scarpe, risuolandole, mettendo i soprattacchi, ricucendo le parti che via via si andavano sdrucendo. Di clienti ne aveva tanti perché qualche decennio fa, quando le scarpe si rovinavano, non si andavano a ricomprare, ma si aggiustavano finché si poteva, perché di soldi non ne circolavano molti. La sua bottega con gli anni era diventata un luogo d'incontro, di scambio di notizie, un variegato salotto di umanità. Ed è in questa bottega che nascono i primi versi di Florio, versi in vernacolo che trattano i temi dell’amore, della vita di tutti i giorni, con un linguaggio suggestivo e penetrante. La sua produzione poetica non si è mai esaurita, continua a scrivere, a raccontare soprattutto la natura, i sentimenti le passioni, il paesaggio e le tradizioni della sua città a cui è molto legato. Non mancano poesie nate da avvenimenti tristi accaduti nel corso degli anni. Mentre l’umanità viene logorata dalla quotidianità, vi sono uomini come Florio che da essa traggono forza per sollevarsi e farne addirittura poesia. Florio è anche un grandissimo collezionista. Hai bisogno di un documento, una foto, un giornale, un santino... chiedilo a lui! Le sue mostre, permanenti o temporanee, presso la Sala G di Via De Filis, ne sono alta testimonianza. Emanuela Ruffinelli
10
Venerdì 25 maggio 2012 presso la sala “Paolo Candelori” di Palazzo Montani Leoni, sede della Fondazione Carit, è stato presentato il volume San Valentino e il suo culto tra Medioevo ed età contemporanea: uno status quaestionis a cura di MASSIMILIANO BASSETTI – ENRICO MENESTÒ, Atti delle Giornate di Studio (Terni, 9-11 dicembre 2010). Il volume, edito dalla FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO DI SPOLETO, è stato voluto dalla DIOCESI DI TERNI-NARNI-AMELIA e sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, che ne ha finanziato quasi totalmente la stampa. Alla pubblicazione hanno collaborato storici, sociologi, archeologi, studiosi e accademici di elevata professionalità che, con le loro ricerche, hanno contribuito ad aprire nuovi e più ampi scenari su un argomento da tanti anni discusso e analizzato. Il libro si apre con una premessa di S. E. mons. VINCENZO PAGLIA, intervenuto anche alla presentazione con un’ampia ed approfondita relazione che ha interessato ed entusiasmato il nutrito pubblico che ha partecipato (oltre 150 presenze). Questi gli autori e i titoli dei saggi presenti nella pubblicazione: ENRICO MENESTÒ, Alla ricerca di san Valentino: il perché di uno status quaestionis; STEFANO DE LUNGO, “In suburbano empto terrae spatio”: forma del territorio, senatori e martiri tra la Lucania, Roma e l’Umbria meridionale dalla Tarda Antichità all’Alto Medioevo; CLAUDIA ANGELELLI, Roma o Interamna Nahars? Le più antiche testimonianze del culto di san Valentino e il problema della “priorità”; EMORE PAOLI, La “Passio sancti Valentini” (BHL8460); EDOARDO D’ANGELO, La Passio sancti Valentini martyris (BHL 8460-8460b). Un “martirio occulto” d’età postcostantiniana?; ANNA TORTI, L’immagine e il culto di san Valentino da Chaucer e Shakespeare; FABRIZIO MASTROIANNI, I canti liturgici per san Valentino; EUGENIO SUSI, Il culto di san Valentino di Terni in Italia Centrale nel Medioevo; RICCARDO BURIGANA, “Un santo in arrivo da Roma”. Le tradizioni su san Valentino nelle Chiese ortodosse in prospettiva ecumenica; ANDREA LIBERATI, Lettere d’amore a san Valentino: un epistolario mondiale; ROBERTO SEGATORI, L’uso sociale di san Valentino: dal profano al sacro e ritorno. Il volume è stato presentato da mons. Giovanni Carrù, Segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra di Roma, e dalla prof.ssa Letizia Pani Ermini, già ordinario di Archeologia Medievale all’Università “La Sapienza” di Roma. L’evento è stato organizzato e voluto da don Claudio Bosi, direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di TerniNarni-Amelia e condiviso dalla Fondazione, in omaggio all’ingegner Giuseppe Belli, vice presidente della Fondazione Carit dal 1996 allo scorso aprile 2012 per la passione profusa nel territorio e per l’attenzione rivolta negli anni alla Basilica di San Valentino e al culto del Santo Patrono. In oltre sedici anni di vice presidenza della Fondazione, l’ingegner Belli, nell’ambito delle sue funzioni e competenze, ha sempre promosso, con il sostegno del presidente, avv. Paolo Candelori prima e dr. Mario Fornaci poi, e di tutto il Consiglio di Amministrazione, iniziative di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico del territorio attraverso i settori di intervento previsti dallo statuto. In particolare si è occupato direttamente dell’attività di restauro di opere d’arte di notevole interesse storico conservate nelle chiese della Diocesi e in edifici pubblici della provincia. Ha seguito con passione, dedizione e professionalità tutte le fasi del restauro in collaborazione con la Soprintendenza e con tutti gli enti interessati, portando a termine diverse centinaia di interventi su beni che sono stati restituiti alla collettività nel loro antico splendore. Un grazie che la Fondazione Carit e tutta la cittadinanza hanno inteso rivolgere ad un uomo che, con la sua vasta professionalità, le sue competenze ed insegnamenti di vita, l’equilibrio e la giusta obiettività che lo hanno sempre contraddistinto, ha saputo curare e gestire come un padre di famiglia l’istituzione a servizio della comunità locale.
11
A proposito di regole... Durante questi anni, occupandoci di incontri tematici sulle regole negli asili e di prevenzione alla legalità dalle scuole primarie a quelle superiori, ci siamo rese conto che sono temi dei quali ci si dovrebbe occupare più spesso. Le regole, in fondo, sono qualcosa che orientano il nostro comportamento anche quando non sono esplicite e non sono oggetto della nostra riflessione. Anche i bambini molto piccoli si avvicinano alle regole attraverso le regolarità (es. variare delle stagioni, giorno e notte, respirazione, ecc.), per poi cominciare ad acquisire valori e regole condivise attraverso una negoziazione continua con gli adulti ed i pari. E’ necessario, quindi, far comprendere ai bambini quali sono le regole della loro famiglia, come nascono e a che cosa servono perché una delle funzioni fondamentali di tali regole è quella di orientarli e di dare loro sicurezza. Se pensiamo alle regolarità familiari spesso costituiscono i momenti di maggiore ribellione di un bambino, soprattutto quando non ci sono delle regole forti che tutelano il normale svolgimento di queste azioni. Il sonno ad esempio per il bambino può rappresentare un momento problematico, in quanto suscita in lui un senso di perdita determinato dal fatto che entra in uno spazio e in un tempo sul quale non ha molto controllo. L’atteggiamento dei genitori influenza le aspettative dei bambini nel passaggio dalla veglia al sonno; quando il sonno è strutturato attraverso delle regolarità si permette al bambino di reagire e di far fronte alla paura, acquisendo fiducia in se stesso. Leggere una favola, abbracciare lo stesso orsetto, il bacio della buona notte, sono tutti rituali rassicuranti in quanto permettono al bambino, attraverso la loro schematicità, di potersi anticipare gli eventi. Anche il mangiare spesso è un altro campo di battaglia in cui genitori e figli si scontrano ed è importante avere chiaro qual è il ruolo delle regole a tavola e come saperle trasmettere. Con i bambini molto piccoli (0-3 anni) è necessario essere flessibili sia sulla varietà che quantità di cibo ma è comunque auspicabile fissare dei ritmi che scandiscano i tempi dei pasti e una sorta di rituali ed abitudini familiari. Fissando dei limiti forniamo ai bambini un modello che li aiuterà a
L E M A S C HE R E
cavarsela quando si sentiranno sopraffatti; saranno sicuri del loro posto in famiglia e cominceranno a sviluppare le loro risorse. Le regole possono mandare i bambini su tutte le furie, perché sono vissute come restrizioni, ma l’adulto non può dimenticare l’essenza della loro funzione: Le regole sono cancelli che proteggono e fanno sentire al sicuro. Se immaginiamo un bambino che domina un adulto, non possiamo non vederlo in una posizione molto inquietante. Se chi deve prendersi cura di lui è sentito come più debole, da chi può trarre protezione? È importante sottolineare che il genitore perfetto non esiste: l’idea di poter soddisfare ogni bisogno del bambino e di risparmiargli ogni sofferenza, finisce in realtà con il produrre un individuo infelice e mal adattato, incapace a vivere in un mondo abitato dagli altri. Quasi tutti ricorderanno la storia del principe Siddharta: Il principe Siddhartha era stato risparmiato dai genitori dalla vista della sofferenza e della bruttura, rimanendo chiuso nello splendido palazzo di famiglia. Ma tutto il potere e la ricchezza dei genitori non bastarono a proteggerlo, perché un giorno egli andò nel mondo, scoprì la sofferenza degli altri e divenne il buddha… Ed anche de Il Piccolo Principe: …Se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio pane e il grano per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano... (Dal Piccolo Principe di Antoine De Saint - Exupèry). In fondo “diventare grandi comporta sempre delle limitazioni alla propria liberta”. Dott.sse Silvia Marsiliani e Paola Pernazza Psicologhe-psicoterapeute www.silviamarsiliani.it www.paolapernazza.it
La rubrica teatrale a cura di Lorenzo Bellucci
CLOSER: Il passionale dramma della seduzione torna in teatro dopo il grande successo al cinema Due uomini e due donne, protagonisti di un affascinante intreccio sentimentale, composto di sesso, seduzione e scambi di coppia. Closer è un suggestivo dramma psicologico concentrato tutto sulla rivalità conflittuale tra i due universi sessuali: quello maschile e femminile. Un’ opera del drammaturgo inglese Patrick Marber, andato in scena per la prima volta quindici anni fa, ambientato in una Londra contemporanea, non più fumosa ed evanescente come nella classicità della letteratura moderna, ma definita e nitida, dove ogni spazio ha una sua geografia precisa ed è memore di eventi passati che influiscono nel presente. Dan, un aspirante scrittore che si mantiene facendo il redattore di necrologi, per caso incontra Alice, una spigliata ragazza americana e se ne innamora. Un anno dopo, Dan conosce la fotografa Anna e perde la testa per lei. Per uno strano scherzo del destino, Dan combina un appuntamento al buio fra Anna e il dermatologo Larry, che finiscono per sposarsi. Ma per le due coppie sta per avere inizio una girandola di tradimenti. Uno spettacolo coinvolgente per la sua capacità di mettere a nudo, con ritmo incalzante, le debolezze e le paranoie dei quattro personaggi, tutti con una profonda incertezza emotiva nell’affrontare uno dei sentimenti più complessi della vita: l’amore. Gelosie e amarezza pervadono gli animi dei protagonisti che, incontratisi per caso, arrivano ad amarsi poi ad odiarsi per poi riamarsi come prima e più di prima. Una regia, quella di Marco Tassotti, minimalista come la scenografia, ma dal forte potere evocativo, grazie alla tagliente e immediata espressività degli attori, tutti diretti ad arte. Sapiente anche l’uso e la scelta delle musiche e l’organizzazione dello spazio scenico, dove l’assenza di sipario e proscenio, permette un semi abbattimento della quarta parete teatrale, offrendo allo spettatore la possibilità di essere quasi coinvolto fisicamente nella storia. Attraverso dei quadri scenici, l’intera vicenda, dalle atmosfere a volte fredde e crude, altre volte passionali e sensuali, rivela il mondo interiore dei personaggi, fatto di bugie e verità che si mescolano fino ad essere un’unica cosa, senza regole né compromessi. Il talento recitativo degli interpreti Alessandro Sena, Fabiana Lazzaro, Cristina Arnone e Danilo Vanella, è sorprendentemente equilibrato, anche se, forse per l’emozione della prima teatrale, in alcuni momenti, la recitazione si fa incerta, più concentrata nella formalità delle battute che nell’esprimerle veramente, causando qualche imprecisione stilistica. Ciò nonostante bravi. Closer appare come una pièce dal sapore agrodolce, dove il tormentato bisogno di avere certezze, per saziare la personale autostima e senso di compiacimento, porta i protagonisti a scontrarsi con delle convinzioni che non sono il reale stato delle cose. Le false suggestioni non rispecchiano la verità della vita, come quando Larry chiede insistentemente ad Anna se Dan a letto la fa godere di più ed Anna gli rivela che non è una gara e che gli uomini scambiano le illusioni con l’essenza. Attraverso un soggettivo credo sentimentale, i personaggi vogliono l’indipendenza affettiva, ma allo stesso tempo l’amore come rifugio e legame di sicurezza. In loro c’è la paura di smarrirsi e allo stesso tempo la voglia di farlo, combattuti tra una finta morale e il potere liberatorio dell’istinto, tutto espresso nella forza delle parole, anche quelle volgari legate al sesso. Tutti i personaggi nel bene e nel male subiscono un cambiamento, giungendo inevitabilmente ad una scelta definitiva. Uno spettacolo vivamente consigliato. Voto: *** BUONO LB
12
I racconti del nonno Quando il nonno andava a una fiera di merci e bestiame, specialmente nella zona di Poggio Bustone, nel reatino, tornava sempre con una bella incartata di porchetta dalla cotenna croccante. Insieme alla porchetta e alla vendita o all’acquisto di qualche giovenca, ascoltava e riportava a casa un sacco di storie. Una delle preferite era questa: in uno dei momenti di massimo consenso al regime, forse nella fase finale della guerra di Etiopia contro il Negus, Mussolini si era concesso una breve escursione di un giorno sulle nevi del Terminillo. Mentre tornava a Roma, dopo una giornata passata a sciare e ad abbronzarsi, rilassato e ben disposto perché quasi tutto sembrava andargli a gonfie vele, lo informarono che in mezzo alla strada, in lontananza, c’era un uomo che faceva grandi gesti per attirare l’attenzione. Stavano percorrendo la via Salaria e si trovavano nei pressi del bivio per Scandriglia quando tutte le auto del seguito, temendo un attentato, rallentarono e le guardie del corpo misero mano alle pistole. Il Duce invece, forse per spavalderia, dette ordine di accostare, zittendo perentoriamente il capo scorta che tentava di dissuaderlo. La fila delle auto fermatesi davanti a lui impressionò l’omino che forse tante insieme non le aveva mai viste. Era un tipico contadino o pastore della zona, vestito con abiti stazzonati, un berrettaccio in testa, nella mano destra un nodoso bastone per appoggiarsi e nella sinistra un fazzolettone a quadri, annodato, contenente pane e cacio per la cena. Il capo scorta in borghese (erano tutti in borghese per dare meno nell’occhio) balzò a terra e chiese bruscamente all’omino cosa volesse. Il viandante rispose che cercava un passaggio per andare a Roma a parlare con Musolino, perché il suo paese aveva bisogno di una strada vera e non di una mulattiera fangosa. Il capo sorrise rilassato girandosi verso le auto, perché il timore di un attentato sembrava fugato ma... un cenno perentorio del Duce, che sedeva dietro, quasi invisibile per l’oscurità, gli fece capire che dovevano caricare l’improvvido autostoppista. L’omino, ad ogni buon conto, fu incastrato tra l’autista e il capo della scorta e la carovana di mezzi ripartì verso la capitale. “E se Musolino non ti riceve?” - chiese in modo ironico il responsabile
della sicurezza. “Lo mando affanculo” rispose tranquillamente lo sprovveduto. Un silenzio freddo e gravido di pericolo accolse la sua frase e subito si pentì di averla detta, perché dietro di lui si misero a parlottare sottovoce. Mentre entravano nella Città Eterna il contadino rimuginava tra sé e sé la grande fortuna-sfortuna che aveva avuto: di andare a Roma in macchina invece che a piedi, ma anche di aver fermato un “pezzo grosso”, sicuramente un signorotto con tutte quelle auto e tutti quegli uomini che lo accompagnavano… sperava solo che non lo denunciassero come sovversivo. Giunti a piazza Venezia gli indicarono il Corpo di guardia del Palazzo e lo fecero scendere. Mentre l’auto dalla quale era sceso ripartiva, lui gettò uno sguardo furtivo al suo interno, illuminato dalle luci della città e, intravedendo il mascellone, ebbe la sensazione di averla fatta proprio grossa. Ormai era tardi per ripensarci e se non lo avevano ancora arrestato voleva dire che quello che aveva detto era giusto; con questa semplicistica convinzione entrò a Palazzo Venezia. Nel frattempo tutti erano stati avvertiti di far accomodare il postulante e di fargli fare qualche oretta di anticamera. Alla fine lo introdussero nello studio del Duce. Mussolini si era messo in divisa, attorniato da molti collaboratori, militari e civili, ed era tutto un battere di tacchi e di saluti a seguito degli ordini perentori che venivano dati. Quando gli fu dato il permesso di parlare, il povero malcapitato, col berretto in mano (il bastone, a buon bisogno, glielo avevano sequestrato) espose le sue richieste, mentre il Duce annuiva con atteggiamento severo e il segretario prendeva appunti. “E se non ti avessi ricevuto?” - chiese all’improvviso il Capo del Governo. “Ce lo siamo già detto sulla strada per Scandriglia”- rispose seraficamente l’incosciente. A questo punto del racconto il nonno si scatenava in una cascata irrefrenabile di fragorose risate. Vittorio Grechi
13
M e m o r i a t r i c o l o re Nel pomeriggio di sabato 12 maggio la nostra scuola ha aperto le porte al pubblico per mostrare quello che i ragazzi hanno prodotto per la celebrazione dei centocinquant’anni dell’Unità e, prima ancora, per il bicentenario della nascita di Mazzini (2005) e di Garibaldi (2007). Un bilancio e, al tempo stesso, un’occasione ulteriore per riflettere su un tema mai come oggi attuale. Prima il coro del liceo ha fatto echeggiare nell’Aula Magna Gialla i canti della tradizione risorgimentale, poi nell’Aula Magna Verde sono stati proiettati i video del laboratorio Cinema Giovani, prodotti con il concorso dei ragazzi della sezione di Arte – Musica – Spettacolo, che avevano collaborato a definire il soggetto, scrivere la sceneggiatura, effettuare le riprese, costruire il montaggio. Sul tavolo, in bella mostra, saggi e lavori di scrittura creativa, spesso premiati, di cui si offre qui un campione significativo. Tutto questo nell’intento di promuovere una conoscenza storica criticamente vigile che, pur non ignorando vizi e storture nel processo di formazione della nazione, sappia alimentare l’amor di patria, sottraendolo tanto all’agiografia imbalsamata e polverosa quanto al revisionismo iconoclasta, troppo incline a dissolvere il mito. Prof. M a r is a D ’ U liz ia
Oh mia patria, si’ bella e perduta? E’ trascorso quasi un anno da quel 17 marzo 2011, in cui l’Italia (quasi tutta) si è unita nel ricordo del centocinquantesimo anniversario della sua Unità. Ma oggi risulta difficile parlare di unità riguardo al nostro Paese. Si può più o meno ironizzare sulle differenze tra Nord e Sud, che al cinema fanno sorridere, e tuttavia sono innegabili le fratture profonde nella bella Penisola, rese ancor più drammatiche dall’insostenibile crisi economica. C’è anche chi sfrutta la situazione per dar forza ad un partito separatista come la Lega, da sempre fautrice del federalismo -se non della secessione- contro i ladri del Sud, e che neanche in occasione di questa importante ricorrenza si è astenuta dal mostrare la sua volgarità. Chissà cosa direbbe Giuseppe Mazzini, che nel 1831, data della fondazione della Giovine Italia, nella “Istruzione generale per gli affratellati” della nuova associazione segreta, aveva sostenuto con forza l’idea di una grande Nazione libera, indipendente e soprattutto unitaria. All’indomani della conclusione del Congresso di Vienna, dal quale era stato stabilito un nuovo assetto geografico e politico dell’Italia, si erano accesi, in conseguenza dei moti in Spagna, focolai rivoluzionari che incendiarono la penisola da Nord a Sud, portando una nuova idea di nazione e specialmente un’esigenza di rinnovamento, sulla scia dell’appena conclusa Rivoluzione francese. Si richiedeva ai monarchi restaurati di approvare una carta costituzionale di stampo liberaldemocratico, su modello della Costituzione di Cadice del 1812, richiesta che non lasciava indifferenti neppure gli strati popolari. E mentre Guizot auspicava la formazione di una classe borghese aperta, organica, che accogliesse i migliori sia dall’aristocrazia che dal proletariato, Mazzini affrontava la questione sociale auspicando l’interclassismo, una stretta collaborazione tra le classi, in vista di un bene superiore, funzionale alla nazione. Per questo suo progetto era indispensabile l’alleanza con le masse popolari, affinché tutti acquistassero coscienza patriottica, come è ribadito nell’opera Ai giovani d’Italia: “La Patria è prima di ogni altra cosa la coscienza della Patria.[…] ma se l’anima della Patria non palpita in quel santuario della vostra vita che ha nome Coscienza, quella forma rimane simile a cadavere senza moto e alito di creazione, e voi siete turba senza nome, non Nazione; gente, non popolo”. Ed è proprio in nome di questa fervente energia che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inaugurato le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia con un discorso che sottolinea il carattere prezioso della memoria, “per suscitare le risposte collettive di cui c’è più bisogno: orgoglio e fiducia, coscienza critica dei problemi rimasti irrisolti e delle nuove sfide da affrontare, senso della missione e dell’unità nazionale”. Una lezione che lega passato e presente, attraverso il ricordo del “plurisecolare cammino dell’idea di Italia”, un percorso graduale, duro e tortuoso, in cui non dobbiamo immaginare subito l’Italia come la grande potenza europea, ma, come tiene ad evidenziare il Presidente, come una nazione che negli anni precedenti alla sua unificazione non
14
aveva bandiera né nome politico, anzi era smembrata “in otto Stati, indipendenti l’uno dall’altro”, i quali, come ammetteva Mazzini in un documento del 1845, “ci fanno stranieri gli uni agli altri”. Centocinquanta anni dopo quel famoso 1861, molti giovani sono costretti, dal bisogno di trovare un lavoro, ad abbandonare questo Paese di eroi, senza la certezza di un futuro ritorno. La cosiddetta “fuga di cervelli” è una nota dolente nella società odierna, in quanto l’Italia è un paese arretrato, immobile, che non sa più garantire ai migliori un posto stabile, uno stipendio dignitoso; chi parte porta con sé nostalgia, amarezza e soprattutto rabbia. La corruzione della classe politica e delle istituzioni sta facendo sentire i suoi effetti più drammatici, tanto che, oltre alla pesante crisi economica e sociale, si deve subire pure la vergogna di essere italiani. Il marchio italiano, infatti, lungi dall’essere garanzia di qualità, è sinonimo di pigrizia, atteggiamento bonario e rilassato nei confronti della vita e scarsa professionalità, negligenza sul lavoro. Le bellezze naturali, il sole, la cultura gastronomica non sono sufficienti a soffocare il sentimento di rabbiosa impotenza che spinge sempre più italiani laureati a lasciare la loro patria, consapevoli di andare incontro ad un difficile riscatto. Scrive, anzi, twitta M. Cristina Camodeca, product manager attualmente a Parigi: ”Ho un rapporto di odio\amore con l’Italia. Mi manca l’odore del polline nell’aria, i tramonti, il cibo… Ma quando ci torno, mi ricordo perché l’ho lasciata: impossibile realizzarmi nel contesto attuale”. Sulla stessa linea, Pier Luigi Celli, l’attuale direttore della LUISS di Roma, scrive al figlio appena laureato: “Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.[…] la Società è divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili, di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l’affiliazione, politica, di clan, familistica.[…] Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito”. E voi adulti, cosa fareste al nostro posto? Chiara Troiani II IF
La Patria è la fede nella Patria Missione, dovere comune, anima, fede: sinonimi di patria? A partire dal 17 Marzo 1861 l’Italia con fierezza può dire di avercela fatta, ha lottato e conquistato la sua libertà. E gli Italiani? Anche loro festeggiano con emozione il traguardo raggiunto. Non più “Nave senza nocchiero in gran tempesta” ma “Donna di province”: l’Italia non più speranza, ma realtà. Le parole di Mazzini “Noi non abbiamo bandiera nostra, non nome politico, non voce tra le nazioni d’Europa, non abbiamo né centro comune, né patto comune, né comune mercato” vengono sostituite da quelle fiere di Cavour: “A partire da questo giorno, l’Italia afferma a gran voce la sua esistenza. Il diritto che le apparteneva di essere indipendente e libera, e che essa ha sostenuto nei campi di battaglia, l’Italia lo proclama solennemente oggi”. Questa eccezionale impresa storica si basa innanzitutto sul convincimento, espresso chiaramente dall’agitatore e rivoluzionario democratico Mazzini, che esiste una sola Italia, una sola nazione, un’unica patria. L’Italia per lui doveva essere repubblicana e unitaria e doveva propendere per la collaborazione tra classi, che avrebbe visto protagonisti tanto la borghesia, quanto il proletariato. La rivoluzione, e prima ancora l’insurrezione, avrebbero dovuto educare, smuovere la coscienza degli italiani al fine di procurare loro l’appellativo di popolo, non di semplice gente, di turba senza nome. Fu quindi la consapevolezza, come ha affermato l’attuale presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia, di basilari interessi e pressanti esigenze comuni che condusse all’impegno schiere di patrioti nelle battaglie per l’unificazione nazionale. Tuttavia, l’orgoglio e la fiducia di chi tiene accesa la speranza e non si arrende, il sangue di chi ama il suolo in cui è nato, il dovere di chi protegge la propria bandiera, oggi non ha lasciato spazio ad altro se non ad un quadro desolante e deprimente, che desta preoccupazione Una società “divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e onestà in cambio di un riconoscimento degli interessi personali” (Pier Luigi Celli nella lettera indirizzata al figlio). Le parole di Mazzini appaiono ormai così lontane, forse troppo, e il sangue di quei patrioti un sacrificio non apprezzato fino in fondo; forse che non riteniamo di dovere qualcosa a chi ci ha permesso di identificarci in una patria comune, di chiamarci Italiani? La crisi è talmente profonda e radicata che l’invito rivolto da Pier Luigi Celli di prendere la strada dell’estero, perché il Paese non merita giovani talentosi, è l’invito della maggior parte dei genitori, preoccupati per il futuro incerto dei figli desiderosi di realizzarsi e di farsi apprezzare per le loro qualità. “La fuga dei talenti, spiega il direttore dell’Irpss, è un fenomeno difficile da quantificare; a un anno dalla laurea specialistica ha un lavoro stabile il 48% degli Italiani all’estero, contro il 34% dei laureati rimasti in patria”. Amare purtroppo anche le parole di Maria Cristina Camodeca, una product menager, costretta ad emigrare per realizzarsi nel lavoro, quando dice di avere un rapporto di odio-amore con l’Italia: “Mi manca l’odore del polline nell’aria, il cibo... ma quando torno, mi ricordo perché l’ho lasciata: impossibile realizzarmi”. Ma se la patria è davvero la fede nella patria, fuggire da una realtà che apparentemente non offre nessuno stimolo, nessuna speranza, nessuna via d’uscita non è altro che un modo per ritardare una scelta: quella di provare a dare una svolta, restando nella ferma convinzione che la patria che abbiamo guadagnato ci appartiene. La rabbia, il motore; l’orgoglio, la motivazione; la fede, il punto di partenza. Desirée Bosi II IF
Risorga dalle sue ceneri la fenice Italia Lascia delusi e amareggiati, con il cuore oppresso, constatare a che segno abbiamo disonorato la nostra patria che oggi langue più che mai. Il 17 Marzo scorso, in onore del centocinquantesimo anniversario dell’Unità, celebrazioni e festeggiamenti hanno percorso l’Italia: trepidazione, orgoglio e ottimismo erano palpabili ovunque. Sarebbe però errato pensare che questi sentimenti siano radicati negli Italiani e congeniti alla loro natura. Al contrario, pare che gli Italiani di ultima generazione concepiscano tutto come “usa e getta” e non risparmino neanche i sentimenti più nobili. Così, quella fierezza, che infervorava gli animi in occasione del compleanno d’Italia, si è successivamente affievolita, fino ad esaurirsi del tutto, facendoci ripiombare in quel più consueto senso d’insoddisfazione e frustrazione che nutriamo nei confronti della nostra patria. Nella difficile fase che sta attraversando l’Italia, in un’epoca di profondo e incessante cambiamento della realtà mondiale, (…) la memoria degli eventi che condussero alla nascita dello Stato nazionale unitario e la riflessione sul lungo percorso successivamente compiuto, possano risultare preziose per suscitare le risposte collettive di cui c’è più bisogno: orgoglio e fiducia, senso della missione e dell’unità nazionale, suggerisce il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sarebbe effettivamente utile ricordare costantemente lo sforzo e i sacrifici a cui si sottoposero i padri d’Italia, prima di denigrare aspramente la nostra nazione. Basti solo pensare che “l’unificazione italiana ha rappresentato un’impresa storica straordinaria, per le condizioni in cui si svolse, per i caratteri e la portata che assunse”, per la lunga storia che aveva alle spalle. La genesi si situa nell’età della Rivoluzione Francese e dell’avventura napoleonica, quando si fanno largo idee di libertà e indipendenza, che presto compaiono anche in Italia, la quale più di ogni altra nazione forse avvertiva questi bisogni e che, preda di dominazioni straniere, ancora nel 1845 non aveva una bandiera, non nome politico, non voce tra le nazioni d’Europa, non centro comune, né patto comune, né comune mercato, come mise in luce Giuseppe Mazzini. È a lui che va riconosciuto il merito di aver sviluppato e diffuso, nel difficile contesto di un’Italia smembrata per effetto della Restaurazione, l’idea più alta di Patria, intesa come “Missione, Dovere comune” che si nutre dei princìpi d’indipendenza e libertà, a cui anela l’associazione mazziniana della Giovine Italia. Quest’ultima, sorta nel 1831, si proponeva di realizzare i virtuosi fini attraverso l’organica collaborazione di classi sociali anche diametralmente opposte, dalla privilegiata classe di proprietari di terre allo svantaggiato proletariato. In quale meandro dell’oblio si sono arenati nel corso della storia i suddetti princìpi di unità e cooperazione? Oggi, infatti, la nostra società appare ”divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende, di carriere feroci, fatte su meriti inesistenti”. E’ quanto dichiara senza indugi né edulcoranti Pier Luigi Celli, direttore della LUISS di Roma, al figlio, invitandolo caldamente a cercare fortuna e lavoro all’estero, perché il nostro Paese “non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio”. La stessa dose di delusione emerge dai messaggi inviati su Twitter da giovani italiani all’estero, fra i quali un ragazzo sentenzia lapidariamente che ”in Italia non si lavora, non si progredisce culturalmente e umanamente, la ricerca non esiste, le tasse pagano un sistema di stampo feudale”. In generale si dipinge un’Italia non stimolante, nell’agonia perenne di un relitto polveroso di “marmi e cenotafi”. È impossibile non condividere tali tesi, ma non dobbiamo fare l’errore di cullarci in questa consapevolezza senza agire né reagire. Ci serva, piuttosto, per riportare in vigore quell’idea forte di patria invocata da Mazzini, che giustamente proclama: Se l’anima della Patria non palpita in quel santuario della vostra vita che ha nome Coscienza, quella forma rimane, simile a cadavere senza moto e alito di creazione e voi siete turba senza nome, non Nazione; gente, non popolo” . Il Risorgimento fu il periodo storico che vide venire alla luce l’Italia, stretta nel nodo della Restaurazione e così, oggi che il nostro Paese langue, riponiamo la nostra fiducia in un nuovo Risorgimento e nella speranza che la fenice Italia risorga dalle ceneri di un presente deludente, che ha perso i suoi punti di riferimento -il rapporto con la tradizione e il passato- e recuperi il senso di patria, intesa in modo letterale come terra dei padri, a cui rivolgere la propria devozione, non il proprio sconforto. Valentina Amoruso II IF
15
Catania, 29 ottobre 1860
G ene ra l e Ga rib a l d i , vi scrivo a nome di tutti i nobili e i borghesi di questa nostra bellissima terra. Vi dico il vero: abbiamo temuto. La notizia della spedizione ci è piombata addosso inaspettata, quasi quanto la nera cenere dell’Etna. Ci siamo riuniti nei nostri palazzi e abbiamo discusso proposte, esaminato documenti, accolto ambasciatori. E poi, abbiamo deciso di aspettare. Le coste di Marsala vi hanno accolti: era l’undici maggio. Eravate in mille, un’ondata variopinta, una folla eterogenea con vecchi, bambini, addirittura una donna. C’erano medici, fabbri, falegnami, professori e soprattutto studenti, che speravano di non dover fare gli esami, convinti che la Patria, che di lì a poco sarebbe sorta, li avrebbe esonerati per esprimere la sua gratitudine. Mi hanno detto che il più giovane era un bambino di appena undici anni. Non vi abbiamo preso sul serio, all’inizio, e non possiamo essere biasimati: come potevate sconfiggerci? Come potevano sconfiggerci i bisturi dei vostri medici, i martelli dei vostri fabbri, i chiodi dei vostri falegnami, i libri dei vostri professori, le penne dei vostri studenti? Sono stati mandati contro di voi tremila uomini. Eppure il quindici maggio li avete battuti a Calatafimi, un nome, questo, che i Borbonici non dimenticheranno mai. La vittoria vi ha spalancato le porte, signor Generale. I contadini e i picciotti hanno preferito voltarci le spalle e seguire voi, che vi dichiaravate “dittatore in nome di Vittorio Emanuele II”. Avete promesso la terra, avete abolito dazi e tasse e loro, i contadini, hanno visto in voi il “Messia” che da tempo aspettavano: il biondo eroe, che, avvolto da un’aura mistica, raccoglieva uomini, donne e bambini e verso il quale accorrevano addirittura le suore, desiderose di baciarlo. Il trenta maggio la nostra bella Palermo è caduta; e con essa poi anche Milazzo ha ceduto. Quindi è iniziato l’inferno; già c’erano stati segni, indizi di turbini che ci avevano messo in allarme, ma mai come fino a quel momento.
V i a N a r n i 5 4 Te r n i 0 7 4 4 / 8 1 3 6 5 5 - w w. s i m a c a f f e . i t
Così come è impossibile frenare il fiume di lava che scendendo brucia e distrugge tutto ciò che incontra, allo stesso modo era impossibile fermarli: i contadini, indiavolati, inferociti, hanno assalito i nostri palazzi, hanno ucciso i nostri figli, stuprato le nostre donne, picchiato i nostri servi, e neanche i Santi e le croci li hanno fermati. Abbiamo assistito impotenti a questo agghiacciante spettacolo, mentre accorrevamo verso le nostre città. La loro furia non si è placata. Lava e contadini, forse, non sono poi così simili: perché il corso lavico dopo un po’ inesorabilmente cessa e dalle ceneri vulcaniche la natura rinasce rigogliosa e più folta. Ma, ditemi, Generale, pensate forse che dai colpi di scure e falce dei contadini possa rinascere qualcosa? Forse che i nostri cari, i nostri palazzi potranno risorgere dalle proprie ceneri, come le mitiche fenici? Credo proprio di no. E poi c’è stata Bronte: il solo pensiero mi fa rabbrividire. Era il quattro agosto: sotto il sole cocente d’estate, quel sole che ci martirizza per sei mesi all’anno, sei mesi torbidi, asciutti, aridi come nelle terre d’Africa, Bronte contadina si è levata. Ho assistito alla rivolta, ho cercato di placare quei demoni, ma quelli hanno continuato nella loro opera distruttrice. Ricordo solo un colore: il rosso. Non certo il rosso garibaldino, ma il rosso sangue, il rosso fuoco, il rosso rabbia, quella rabbia che vedevo bruciare nei loro occhi e che, unita ad un cieco furore bestiale, li spingeva ad ucciderci tutti. Sentivo il mio nome: il conte di Francalanza mi chiamava; mi chiamava anche Don Consalvo, ma li sentivo lontani, così come lontano mi giungeva l’eco del loro grido di dolore. E poi è sopraggiunto il silenzio. Mi hanno ferito. Sono stato riportato a Catania, nella mia bella città, nella mia casa e mi ci sono barricato. Gli Uzeda mi hanno fatto visita. Al mio petto stringevo mia figlia, la mia Agata, e mi rifugiavo nei suoi occhi neri e dolci, cercando un qualche conforto per sfuggire agli incubi che di notte mi facevano svegliare di soprassalto, sul cuscino bagnato di sudore, nell’ombra incerta della candela che mi ostinavo a tenere accesa. Vi ho considerato un traditore; e non mi hanno fatto cambiare idea neanche gli Uzeda, quando mi hanno riferito che le rivolte erano state represse con la forza da Bixio. Mi hanno assicurato che voi e i vostri soldati non eravate affatto interessati alla rivoluzione sociale. Ebbene: la cosa non mi ha sollevato affatto. Regalbuto, Randazzo, Centorbi, Castiglione e poi Bronte, sono tutti episodi che non sarebbero mai dovuti accadere. La nostra terra è stata sconquassata da torbidi inutili, il sangue di antichissime famiglie versato: per che cosa poi? L’unità? Ma perché, voi, Garibaldi, credete veramente che ai Siciliani importi questo? I contadini lo hanno dimostrato: essi, per parte loro, vogliono la libertà, una libertà che coincide con la terra. E ora, a unione compiuta, i governanti si aspettano la nostra partecipazione; temo che ci troveranno ostili. La vostra spedizione è stata per noi solo l’ennesima conquista. Siamo consci ormai di essere poco più di una colonia. Greci, Romani, Arabi, Normanni e poi Angioini, Spagnoli... non potevano mancare che i Piemontesi! E voi, Generale Garibaldi, vi siete prestato a questa opera di conquista: spiegatemi che cosa ne avete ottenuto. Non mi sembra Italia quella che si è formata: sì, formalmente, nel nome lo è; ma in concreto ci sono un Nord e un Sud, il nostro Sud, che è destinato a rimanere arretrato. I Piemontesi ci fanno grandi promesse: ferrovie, scuole, industrie, ma niente in questa terra si realizza mai. Siamo stanchi, corrotti e amareggiati. Ormai non possiamo essere che passivi e passivamente accoglieremo ciò che dall’alto ci è imposto. Non abbiamo più le forze per lottare. Noi nobili le abbiamo perse da tempo. C’erano ancora i contadini, ai quali fame e rabbia fanno da pungolo perenne. Li avete istigati e hanno reagito. Il nostro rancore non va contro di loro, perché versano nell’ignoranza e non conoscono altro che la forza. Vi ho visto una volta sola, Generale, con la vostra camicia rossa, il berretto nero, il poncho bianco, fiero e inorgoglito e vi dico la verità: non ho mai provato tanta avversione per un uomo. Sì, ce l’ho con voi: avete accresciuto la nostra amarezza e ci avete fatto annettere ad un territorio che non sentivamo nostro e che non ci sente suoi. Noi, gli abitanti della splendida isola ambita da tutti nei secoli, siamo stati e saremo nient’altro che sudditi. Il cuore pulsante della nostra terra ha smesso di battere; anche l’Etna sembra aver cessato ogni attività, partecipando al nostro lutto. Abbiamo perso nuovamente. Eppure, nonostante la nostra passività, la nostra indifferenza, il nostro abbandono, noi non saremo mai vostri schiavi e non lo saranno neanche i nostri contadini. Anche a questo Governo, sbarcato in armi come tutti gli altri del passato, continueremo ad opporre la nostra terrificante insularità d’animo. Conte Astolfo Bonaventura
16
Caprera, 30 novembre 1860
I l l ust ri s s i m o c o n t e B o n a v e n t u r a , a lungo ho cercato di non pensare alle dure parole che mi avete rivolto, ho ripercorso mentalmente ogni singolo momento, decisione, evento o azione da me e dai miei uomini intrapresi, ne ho discusso con i miei compagni … ed ecco che, contro la mia stessa volontà, mi trovo a rispondervi. La vostra non è la prima lettera di protesta che abbia ricevuto. Di certo non sono le accuse che mi spaventano; di avversari ne ho sempre avuti, così come tante sono state le critiche, aspre e perentorie, che i miei antagonisti mi hanno indirizzato contro ma niente mi ha mai scosso cosi profondamente come la vostra lettera. C’era qualcosa nelle vostre parole che mi ha disorientato, facendomi vacillare come se per un attimo mi fosse venuta a mancare la terra sotto i piedi. Le vostre accuse hanno preso forma davanti ai miei occhi e come fantasmi inquieti mi hanno perseguitato tutte le notti, per settimane. Nell’ombra ho creduto di assistere ai massacri di Bronte, Regalbuto, Randazzo, Centorbi e Castiglione: ero lì, a guardarli dall’alto, con il cuore in preda all’angoscia, soffocato dall’aria calda e pesante di questa vostra estate torrida, disgustato dall’odore di sangue, che mischiato alla terra si diffondeva ovunque. Credete che per me siano stati episodi piacevoli? Avete forse la benché minima idea di cosa abbia provato? Mi è sembrato che si sgretolasse, innanzi a me, tutto il duro lavoro mio e dei miei compagni. Ciò che più faceva male, però, era vedere che la mia venuta era stata fraintesa. Non ero giunto in Sicilia per portare distruzione e morte; credevo, anzi, che avrei dato alla vostra isola una nuova vita, credevo che, una volta unita alla Patria comune e grazie alla solidarietà di tutti gli Italiani, essa avrebbe prosperato, strappando finalmente alla morsa della miseria i suoi contadini. Quando ho deciso di abolire dazi e gravami fiscali o di distribuire terre, l’ho fatto perché volevo l’adesione di nuovi combattenti al mio esercito. Era anche, però, lo ripeto, la premessa di quelle riforme che non potevano non venire, in un Paese finalmente sottratto, dopo secoli, al servaggio straniero, unito nel sacro vincolo della fraternità e rigenerato. Non dico di non aver sbagliato: sono un uomo e, in quanto tale, un essere fallibile. La mia ingenuità mi è costata cara. Ma forse l’errore più grande è stato di non conoscere la vostra terra. È un mondo a parte. I vostri contadini mi hanno chiamato “liberatore”: ho accolto con entusiasmo il titolo che mi veniva attribuito, così come con il cuore pieno di gioia mi facevo largo tra i cori di giubilo che si levavano al mio passaggio. L’ho già detto: sono stato un ingenuo. Non avevo idea che per i contadini la libertà fosse il possesso della terra. Sì, io mi consideravo il “liberatore” perché ero convinto che ciò che volevano fosse la libertà dai Borbone, che anche loro
aspirassero a far parte dell’Italia. Non era mia intenzione alimentare questo equivoco, ve lo giuro con tutto il cuore. Non siete l’unico, conte, a ricordare il rosso della rabbia, del fuoco e del sangue: avete ragione nel dire che gli episodi che sono accaduti non avrebbero mai dovuto verificarsi. Man mano che vi scrivo, le idee diventano più chiare. Quel qualcosa che mi ha colpito della vostra lettera ora ho capito cos’è: è il dolore che provate, è la rabbia e l’orrore che vi tormentano, è il desiderio di conforto che cercate in vostra figlia, in ciò che vi è caro e vi appartiene. Vi sento vicino, nonostante tutto. Ho provato il bisogno impellente di difendermi dalle vostre accuse perché ho capito che esse non sono nate dall’arroganza di chi vuole ergersi a giudice o dalla brama di vendetta, ma vengono dal cuore. Vi apprezzo perché riconosco nell’intensità delle vostre passioni l’intensità delle mie, senza le quali mai avrei cominciato l’impresa di liberare la Sicilia, che molti all’inizio giudicarono folle. Accolgo tutto ciò che mi avete detto perché, se davvero sono, come dicono, un uomo generoso, devo saper accettare le critiche che mi vengono rivolte. Ma c’è una cosa che rifiuto e che mi ha amareggiato profondamente: l’accusa di essermi prestato a un’opera di conquista. Ho sempre seguito i mie ideali, i miei princìpi ed ho agito in nome di questi. Il mio sogno è sempre stato la creazione di un’Italia unita e indipendente, cosi come l’ha voluta anche Mazzini. Da lui però mi sono allontanato, appoggiando la monarchia sabauda, perché ho capito che, nelle circostanze in cui ci era dato di agire, la diplomazia di Cavour e l’esercito di Vittorio Emanuele avrebbero fatto la differenza. Perciò aderii alla Società nazionale che Pallavicino e La Farina (un Siciliano) avevano fondato a Torino nel 1857. Non ho mai voluto conquistare la Sicilia: ho creduto anzi che la mia spedizione avrebbe posto fine a ogni conquista. Io capisco pienamente la vostra amarezza, indiscutibile retaggio di secoli di vessazioni e abusi, ma voi dovete sforzarvi di comprendere la mia opera, spingendo lo sguardo verso il futuro. Non fatemi passare per vostro nemico. Se il mio errore è stato quello di inseguire il sogno di un’Italia finalmente unita, mi dispiace, ma è un errore che commetterei altre dieci, cento, mille volte. Mancano ancora Roma e Venezia: sono pronto a sbagliare di nuovo. Il mio spirito è inquieto e desideroso di avventura. Non mi spaventa niente e sono pronto ad affrontare anche il compito più difficile. Almeno per certi aspetti, siamo incompatibili, conte: io mi sento Italiano, voglio lottare, voglio l’unità mentre voi, di fronte al richiamo della vostra Sicilia splendida e terribile, cedete all’inerzia, all’abbandono, allo sconforto. E’ probabile che niente di quel che vi ho detto possa farvi cambiare idea, come niente di quel che avete detto la farà cambiare a me. La mia ferrea volontà di realizzare il mio sogno mi dà tuttavia un vantaggio enorme, che il vostro scetticismo vi nega: la speranza. Giuseppe Garibaldi Adele Mannino II IF Anno scolastico 2007/08
17
NUOVA COMPAGNIA TEATRO CITTÀ DI TERNI
AT T O R I , T E C N I C I , R E G I A Antonia Benedetti, assistente di palco; Paolo Bizzarri, attore; Giacomo Carotti, tecnico; Manola Conti, attrice; Daniela Cordidonne, attrice; Graziano Faina, attore; Paola Festuccia, trucco; Anna Maria Filipponi, costumista; Olga Fiorentini, attrice; Corrado Francia, attore-tecnico; Stefania Gentileschi, aiuto regia; Rosella Giammari, attrice; Ulderico Giamminonni, tecnico; Erika Giorgi, tecnico; Maurizio Gironi, aiuto regia; Maria Luisa Leone, aiuto regia; Silvano Locci, regia; Michela Magnati, attrice; Fosco Marcucci, attore; Maristella Marinelli, attrice; Daniele Martelli, aiuto regia; Maurizio Pesciaoli, tecnico; Stefano Pierbattisti, attore; Maria Romani, attrice; Claudia Rosati, attrice; Giampiero Strinati, scenografo; Francesco Valli, attore; Luca Venturi, attore; Alessandro Vitaloni, tecnico; Luca Lorenzoni, attore; Ilvia Meloni, attrice; Marco Perri, attore.
Organigramma della compagnia Presidente onorario Presidente V. Presidente Consiglieri
18
Francesco Valli Silvano Locci Manola Conti Graziano Faina Luca Venturi Michela Magnatti Stefania Gentileschi Maria Luisa Leone
La Nuova Compagnia Teatro Città di Terni nasce ufficialmente nel 2002 annoverando tra le proprie fila i migliori elementi delle compagnie che fin dal 1957 col nome di Brigata del Teatro Sperimentale e successivamente Piccolo Teatro Città di Terni, Li Bardasci Ternani e Compagnia del Teatro Sperimentale si erano cimentati con la nobile arte del dialetto per la sua salvaguardia e propagazione. Per volontà del Cav. Silvano Locci e di questi amatori si sono fissati gli elementi strutturali della Compagnia, dotandola di ciò che necessita per l’iniziale svolgimento dell’attività prevista dallo statuto. La promozione e pubblicizzazione del dialetto ternano è l’obbiettivo principale che la Compagnia persegue, insieme alla ricerca di testi inediti e di autori ternani emergenti. L’attività principale resta sempre quella teatrale, ma grazie alla collaborazione di insegnanti e presidi, si sono tenuti anche stages teatrali nelle scuole, a scadenza biennale, con conseguente pubblicazione di un cd interamente curato dagli studenti partecipanti ai corsi, con la supervisione della Compagnia. Oltre al repertorio dialettale classico che consta di pieces brillanti e due pieces musicali, per la maggior parte scritte da Renato Brogelli, Alighiero Maurizi, Oscar Di Maio, Peppino De Filippo, Italo Conti, Dario Fò e testi liberamente tratti dalla Compagnia stessa. Alcuni esempi: Focu de paja; Terni 29 in 3 minuti; Aria de cullina; Non è vero ma ci credo; Tira la martinicca; Lu fantasma de famiglia; T9 colpita e affondata; Lu paciarellu de Boccaporcu; ‘Ngillina; Lu fiju de parlinfaccia; Lu sdroligu de sant’Agnese; Non tutti i ladri vengono per nuocere. La Compagnia, da sempre impegnata nello studio delle nostre tradizioni e nel tramandare questo immenso patrimonio anche nelle scuole, ha ottenuto a livello regionale e anche nazionale numerosi riconoscimenti: per le scenografie curate nei minimi particolari; per la regia sempre attenta e innovativa; per gli effetti speciali curati direttamente dai nostri tecnici; per gli attori che hanno ormai ottenuto anche fuori regione l’apprezzamento per la professionalità acquisita. Da segnalare i premi recentemente aggiudicati. 2008 Luglio 1°premio a S. Eraclio Foligno riconosciuto alla migliore compagnia, al migliore attore protagonista, alla migliore attrice non protagonista, alle scene e 2° premio alle migliori attrici protagoniste e non protagoniste e alla regia; Novembre 2° premio al Festival nazionale del teatro dialettale Città di Spoleto riconosciuto alla compagnia e 1° premio alla attrice non protagonista; 2009 Giugno 1° premio a S. Eraclio Foligno riconosciuto alla migliore compagnia, alla migliore attrice protagonista, alla migliore attrice non protagonista, alle scene e 2° premio al miglior attore protagonista, al miglior attore non protagonista e alla regia; Agosto 1° premio al concorso nazionale del teatro dialettale a Montelparo Chiostro d’Oro - riconosciuto alla compagnia e 1° premio all’attore protagonista; 2011 Novembre 3° premio nell’ambito del concorso nazionale S. Fait, tenutosi a Laives (BZ). La Compagnia ha collaborato con varie associazioni per la raccolta di fondi a scopo benefico (Terni x Terni anch’io - Lotta contro il cancro - Associazione Chianelli Sordomuti...) A Natale 2003, con i pochi fondi rimasti, ha donato giocattoli ai bambini del Reparto Pediatrico dell’Ospedale di Terni. Nel 2011 e nel 2012 ha rappresentato spettacoli teatrali presso la Casa Circondariale di Terni.
FESTIVAL NAZIONALE DEL TEATRO DIALETTALE TERNI P re m i o R e n a t o B ro g e l l i R E N AT O B R O G E L L I Nasce a Piombino (LI) il 6 Marzo 1915. A quattro anni si trasferisce a Terni ove entra subito in simbiosi con l’ambiente che lo circonda. Prestissimo si interessa al Teatro e, in tal senso, svolge attività amatoriale. Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale partecipa attivamente a tutte le manifestazioni artistiche che sorgono finalmente a nuova vita. Nel 1944 scrive la sua prima commedia (Zitti ‘n bò!?) cui seguono tante altre, raccolte poi in due volumi dal titolo: Il mestiere di far ridere. Con Luciano Fancelli scrive numerose canzoni per il Cantamaggio ternano. Con Marini e Taviani, mosso dall’intenzione di rappresentare il meglio del teatro italiano e straniero, fonda la Brigata del Teatro Sperimentale, già Compagnia del Teatro Comico Ternano. Convinto assertore dell’importanza e della forza espressiva del dialetto, nel 1968 diventa l’anima e la guida del Piccolo Teatro Città di Terni. Da quell’anno nascono, una dopo l’altra, le commedie che hanno fatto divertire e ricordare migliaia di ternani e che, ancora oggi, tradotte ed interpretate in altri dialetti, sono l’orgoglio della cultura dialettale. Muore a Terni il 30 Ottobre 2007 Renato Brogelli - Le opere Zitti’n bò!?; Volemoce bene che pocu ce costa; La penzione de la sora Camilla; Martina la zitella e l’anima gemella; Tifu ‘n famija; Lu pangrattatu; Aria de cullina; Tira la martinicca; A li cunti facemo li pianti; Criole e palomme pè zi Valindinu; Lu paciarello de Boccaporcu; Focu de paja; Lu fiju de Parlinfaccia; A ‘gni morte de Papa; A casa dell’onorevole.
La Compagnia è impegnata in un ambìto progetto per commemorare Renato Brogellì, grande commediografo che ha dato dignità al dialetto e portato la cultura ternana nel mondo. La Rassegna, nata nel 2010 come regionale è diventata nel tempo, grazie ai consensi di pubblico e di artisti, Rassegna Interregionale fino a diventare, quest’anno, il III FESTIVAL NAZIONALE DEL TEATRO DIALETTALE TERNI - Premio Renato Brogelli. Le commedie di Brogelli sono state tradotte anche in siciliano e in molti altri dialetti. La Nuova Compagnia Teatro Città di Terni intende proseguire con i suoi insegnamenti e tramandare la tradizione del dialetto temano. Obiettivo primario dell’edizione 2012 è costruire nella nostra città una manifestazione culturale incentrata sul teatro dialettale, che consenta anche di valorizzare la città di Terni da un punto di vista turistico. L’evento è rivolto a tutti: ai grandi per ricordare e non dimenticare la città e le sue tradizioni; ai piccoli per capire dove vivono e quali siano i veri valori della città di Terni. Sono state intraprese anche iniziative mirate per la visita alla Cattedrale di San Valentino, alla Cascata delle Marmore, al Lago di Piediluco e nei limitrofi paesi medioevali. Numerose sono le Compagnie teatrali di altre regioni che hanno manifestato l’interesse alla partecipazione ed efficace il ritorno riscontrato sul territorio che ha coinvolto particolarmente gli operatori economici del ternano (bar, alberghi, ristoranti, tavole calde, fiorai, vendita targhe e trofei, tipografie, noleggio impianti, ecc.)
Applausi meritatissimi per l’esibizione di venerdì 25 maggio 2012 presso la Sala G dell’Associazione Culturale La Pagina, in Terni - via De Filis 7
19
Associazione Culturale La Pagina
Anna
Marcello
20
M
R I
A
C
O
L
O
Silv Marco
Mostra dei Sa Mostra dell’a Incontri filosofi Vari momenti d
Riccardo
T A
E
R
N
Associazione Culturale La Pagina
I Paolo
Angelo Francesco
Livio
via Valentina Maria Luisa Maristella
antini di Santa Rita artista Anna Placidi ici con Marcello Ricci del Cultural Cabaret 21
POSTE ITALIAANEEEE
È aperta l’iscrizione per i corsi (gratuiti) di: Arabo (Hassania Lakrad); Arte del disegno (Roberto Bellucci); Etologia-ornitologia (Ivano Mortaruolo); Greco antico e moderno (Pierluigi Seri); La chimica che non potete non conoscere (Vittorio Grechi); Fotografia (Salvatore Baiano Svizzero e Circolo Fotoincontro Terni); Matematica (per adulti - Giampiero Raspetti); Matematica (per studenti delle quarte e quinte elementari - Ivano Argentini, Paolo Casali, Giuseppe Giacinti, Giampiero Raspetti); Passaggio dal mondo etrusco a quello latino (Massimiliano Fantini). I corsi di Informatica si terranno, appositamente per i soci dell’Associazione, presso:
CENTRO STUDI SOCRATES via Curio Dentato, 25 - Terni 05100 Tel. 800.552.300 numero verde
Diventare soci
Per contribuire alla diffusione della cultura, alla valorizzazione delle bellezze del nostro territorio, per far conoscere le nostre radici e le nostre ricchezze, per educare e formare i cittadini. Quota associativa annuale 30 € Associatevi alla Associazione Culturale La Pagina presso la sede in Via De Filis n.7 a Terni, 0744.411870 o telefonando a: 3339983379 Angelo 3296170369 Emanuela 3465880767 Erica 3482401774 Giampiero 3284736925 Sauro 3292370863 Salvatore 3397647902 Vittorio
Avete visto che splendore, le Poste Italiane? Pavimenti pulitissimi, porte automatiche, prenotazione differenzia ta agli sportelli. E i colori? Scelti con gusto e sapienza eccezionali: il giallo che psicologicamente rappresenta e suggerisce solarità, ottimismo, efficienza (V. Test dei colori di M. Luescher, ed. Astrolabio, 1976), affettività attiva e rilassata. Insomma il giallo postale dice all’ignaro utente: vieni qua, caro, rilassati che di noi ti puoi fidare! Il grigio che al giallo s’accompagna, invece suggerisce (ibidem) il taglio col passato: le diligenze, i postiglioni, le strade di montagna? Tutto finito, carissimi! Ora siamo moderni, affidabili, rampanti. Parliamo inglese, anche se non sappiamo cosa vuol dire ciò che diciamo; promettiamo servizi di cui ancora nemmeno abbiamo idea di come si fanno. Quando si dice il progresso. Alle Poste ora puoi trovare occasioni d’investimento differenziate e personalizzate: basta avere quattrini, al resto pensano loro. E le cose che puoi comprare in qualsiasi ufficio postale, anche il più piccolo e sperduto? Libri, cd, ricette di cucina, biciclette, pentole e coperchi che nemmeno il diavolo che, come si sa, fornisce le prime, ma non i secondi. E il tutto in un’atmosfera raffinata, elegante, ovattata, sapientemente riscaldata d’inverno, oculatamente condizionata d’estate. E la posta? La posta?! Mica pretenderete che una simile organizzazione possa anche pensare alla posta, no? Mancherebbe altro: noblesse oblige (les autres)! Quisque de Populo
- Assistenza Ospedaliera - Assistenza Domiciliare - Baby Sitter - Istituzioni pubbliche e private - Ausiliare per case di riposo - Infermieri professionali - Assistenza a disabili e non autosufficienti
22
L’ANISAKIOSI: cos’è e come si evita L’Anisakiosi è una patologia parassitaria dell’uomo causata dall’ingestione di pesce crudo infestato, poco cotto o che ha subìto un trattamento insufficiente di marinatura, affumicatura, salagione o congelamento. Il parassita, Anisakis Simplex, è un Nematode presente nei mammiferi marini i quali, attraverso le feci, eliminano le larve (L3) che infestano il c.d. Krill (piccoli crostacei) che alimenta gli ospiti intermedi (varie specie di pesci); nei mammiferi marini che si alimentano di pesci parassitati le larve, giunte a livello intestinale, si trasformano in parassiti adulti ed il ciclo ricomincia. Nel pesce fresco parassitato, se questo non è il prima possibile eviscerato e refrigerato, le larve migrano dalla cavità celomatica ai muscoli e lì si localizzano incistandosi. Nell’uomo, una volta ingerito il pesce parassitato, le larve (forma invasiva) si possono impiantare sulle pareti di stomaco e grosso intestino. Per “sfuggire” all’attività dei succhi gastrici perforano le mucose potendo così determinare anche la formazione di granulomi eosinofilici, ascessi, reazioni flemmonose. La forma acuta di Anisakiosi insorge già poche ore dopo l’ingestione di alimenti parassitati con forti ed intensi dolori addominali, nausea, vomito e spesso febbre. La diagnosi sulla base della sintomatologia non è facile, al contrario lo è con l’individuazione diretta del parassita attraverso un esame endoscopico. Da segnalare anche una forma allergica (orticaria con angioderma o rinite, congiuntivite ed asma) alle larve di Anisakis in soggetti professionalmente esposti od anche in seguito a consumo di pesce parassitato. I trattamenti più efficaci di devitalizzazione delle eventuali larve presenti nei pesci sono la cottura ad almeno +72/75°C, il congelamento a -20°C almeno per 48h o a -10°C per 7/10 giorni; da evitare o limitare il consumo di semiconserve domestiche a base di pesce (per esempio le alici marinate). Infine un elenco, non esaustivo ed in ordine decrescente, dei pesci del Mediterraneo in cui si riscontrano in prevalenza larve di Anisakis: pesce sciabola, suro, melù, sgombro, nasello, san Pietro, rana pescatrice, totano, alice, triglia, sardina.
A cura del Settore AcquAriAlimenti accreditato ACCREDIA n. 0857: analisi microbiologiche su alimenti, acqua, aria; implementazione documenti di autocontrollo; corsi di formazione e aggiornamento sicurezza alimentare. 23
AZIENDA OSPEDALIERA
Chirurgia Gener Direttore
in c a r ic a to :
D r. Valerio Mecarelli Direttore Incaricato Chirurgia Generale e d’Urgenza Responsabile SS Interdipartimentale di Chirurgia d’ Urgenza
Azienda Ospedaliera “S. Maria” di Terni
IL TRATTAMENTO NON OPERATIVO NEI GRANDI TRAUMI Nel nostro reparto, da circa 2 anni, abbiamo messo in atto un Trattamento Non Operativo per i pazienti con trauma addominale e ciò ha permesso in molti casi di salvare organi importanti, quali fegato, milza etc, solo attuando una stretta monitorizzazione, senza sottoporre gli stessi ad un trattamento chirurgico invasivo che, in questi casi, presenta elevata morbilità e mortalità. Indicazioni Il trattamento delle lesioni traumatiche degli organi solidi addominali (fegato, milza, rene, pancreas) ha subìto, nell'ultimo ventennio, un importante mutamento: da un atteggiamento pressoché costantemente resettivo/ablativo si è infatti progressivamente passati a procedure sempre meno aggressive e demolitive, sino a prevedere l'astensione da qualsiasi atto di natura strettamente chirurgica (TNO). Ciò vale in misura assoluta per i traumi epatici, nei quali l'opzione di ampie resezioni parenchimali in urgenza non solo è oggi sconsigliata ma addirittura controindicata e per una larga quota di lesioni spleniche. Per certo ormai possiamo dire che l’indicazione al TNO nei grossi traumi non dipende dall’entità dell’emoperitoneo, né dal grado della lesione d’organo. Restano questi parametri di riferimento per definire eventualmente il protocollo di monitoraggio da adottare o per inquadrare i pazienti in gruppi omogenei su cui svolgere approfondimenti e/o studi clinici. Si è trattato di un processo di maturazione che è durato nel tempo ed ha interessato diversi specialisti (dal chirurgo al radiologo, dal medico di pronto soccorso al rianimatore) ed è stato condiviso grazie al continuo e costante confronto avvenuto a livello di Trauma Service e operativamente all’interno del Trauma Team. L’indicazione principale a considerare il TNO quale trattamento di scelta nei grandi traumi è definita dalla stabilità emodinamica del paziente. Generalmente circa il 70% dei pazienti con lesioni spleniche e fino al 90% di pazienti con lesioni epatiche, se emodinamicamente stabili, sono candidabili al TNO. Per contro un paziente con trauma chiuso toraco-addominale, che giunga in shock room e presenti una risposta emodinamica di tipo C, con una diagnostica di primo livello che dimostri la presenza di importante emoperitoneo, sarà certamente elegibile per un trattamento chirurgico emergente in assenza di qualsiasi altra diagnostica di secondo livello. Monitoraggio in corso di TNO Consta fondamentalmente di 3 parti: una parte clinica, una di pertinenza radiologica ed una laboratoristica. La collaborazione con i radiologi rappresenta forse l’elemento di maggiore impatto, anche in senso organizzativo, che è necessario sviluppare per definire un
24
protocollo efficace di monitoraggio di questi pazienti. Un altro elemento importante nel caratterizzare questo tipo di monitoraggio è rappresentato dal fatto che non è previsto altro che in casi particolari e, comunque su richiesta del radiologo, l’utilizzo della TC, ponendo di fatto un tale protocollo in disallineamento con quanto è di consuetudine se non mandatorio nei Trauma Centers americani. Abbiamo già accennato all’introduzione dell’ecografia con mdc nel monitoraggio radiologico dei TNO. In buona sintesi i vantaggi che si possono trarre riguardano sostanzialmente la possibilità di evidenziare lesioni altrimenti misconosciute o valutare meglio le lesioni ecograficamente rilevate. Altra possibilità è quella di evidenziare la presenza o meno di sanguinamento attivo o anche il solo dubbio nel focolaio traumatico. Infine la sostanziale innocuità del mezzo di contrasto ecografico consente controlli seriati nel tempo in modo più agevole e sicuro rispetto alla TC. Uno degli elementi che maggiormente influenza la qualità e l’efficacia del monitoraggio radiologico in corso di TNO è la refertazione delle ecografie eseguite in successione. Per quanto banale possa sembrare poter disporre di referti comparabili fra loro pur eseguiti da persone diverse in tempi diversi, non è sempre così agevole. In questi anni pur essendosi sviluppato un
A SANTA MARIA DI TERNI
rale e d’Urgenza D r.
Va l e r i o
Me c arelli
continuo feed-back con i colleghi radiologi, si è tentato di standardizzare una tipologia di referto, che però a tutt’oggi non è sempre adottata. In particolare una tipologia di referto idonea a monitorare questo tipo di pazienti dovrebbe comprendere 3 punti fondamentali: in primis l’evoluzione quantitativa dell’emoperitoneo, che potrà essere complessivamente aumentato, invariato o diminuito. In secondo luogo l’evoluzione del focolaio di lesione o dell’ematoma parenchimale che potrà apparire aumentato, invariato o diminuito quanto a dimensioni. Infine con l’ecografia con mdc non dovrebbe mancare il dato riguardante la presenza, il dubbio o l’assenza di sanguinamento attivo. Tutte queste informazioni possono andare perse qualora i referti si limitino a riportare misurazioni più o meno comparabili fra loro ma che senza l’interpretazione dell’operatore perdono molto della loro efficacia. C o nclu sion i Per tutte le considerazioni più sopra esposte ed in pieno accordo con la letteratura appare chiaro che il TNO deve essere effettuato in strutture in grado di garantire competenze specifiche e la disponibilità di sala operatoria e/o angiografia immediatamente agibile 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. È pertanto auspicabile, grazie ad una rete dedicata al trauma, prevedere il trasferimento dei pazienti candidabili al TNO presso strutture adeguate (HUB).
Il reparto di chirurgia generale e d'urgenza prima diretto dal Prof. Francesco Sciannameo ha da sempre prestato particolare attenzione ai pazienti traumatizzati o comunque che giungono in urgenza-emergenza, sia da un punto di vista clinico che scientifico e di ricerca. Tale compito fu affidato a me dallo stesso professore ed io ho continuato questa attività facendo attualmente parte della Società italiana di chirurgia d'urgenza e del trauma. La nostra casistica è costituita da migliaia di casi operati in emergenzaurgenza ed abbiamo organizzato molti congressi su questo tema, l'ultimo dei quali il 20/21 aprile 2012, presso la nostra azienda ospedaliera, che ha visto la partecipazione dei più esperti chirurghi italiani del settore. Il congresso da me organizzato era presieduto dal Prof. Ettore Mearini, capo dipartimento della chirurgia generale e specialità chirurgiche di Terni e dal Prof. Giuseppe Noya direttore della chirurgia universitaria di Perugia. I pazienti trattati con T.N.O. nel nostro reparto, da due anni a questa parte, sono stati sottoposti a controllo clinico dopo la dimissione con cadenza dapprima settimanale, poi mensile. Essi hanno praticato controlli fino a 6/12 mesi dalla dimissione. Il controllo prevede la visita, gli esami ematici e un’ecografia con mezzo di contrasto, esame che in questi casi ha un’alta sensibilità. La nostra casistica, pur recente, comprende 19 pazienti, di cui il 31,6% con trauma epatico, il 21,1% con trauma splenico e il restante 47,3% con traumi anche di altri organi (intestino e pancreas). La nostra esperienza è sempre confrontata con altri centri di riferimento italiani con i quali collaboriamo continuamente (Bologna, Cesena, Roma, Napoli) e dove spesso inviamo nostri specializzandi a praticare i necessari aggiornamenti in tale settore. Nella nostra regione, pur piccola, c’è una discreta incidenza di traumatologia (incidenti stradali, domestici, sul lavoro) che spesso crea problematiche sociali notevoli sia per ciò che concerne la ripresa precoce dell’attività lavorativa e soprattutto la qualità di vita di tali pazienti, che non vengono sottoposti ad ablazione parziale e totale di organi importanti quali milza e/o fegato, laddove possibile. Credo, perciò, che anche la nostra regione, visto il costo sociale di tali pazienti, debba essere stimolata a creare un centro regionale di riferimento (Trauma Center e/o Trauma Cervice). Dr. Valerio Mecarell i
St af f m e dic o
Staff infermieristico
Chirurgia Generale e d’Urgenza Dr. Maurizio Bravetti Dr. Marco Coccetta Dr. Angelo De Sol Dott.ssa Micol Sole Di Patrizi Dr. Daniele Giuliani Dott.ssa Veronica Grassi Dr. Paolo Ronca
Coordinatrice Ambra Proietti Stefania Barcherini Oriana Caiello Emanuela Cardoni Eleonora Colangelo Rita De Simoni Martina Dominicis Novella Leonori Stefania Lomuscio Daina Pietraforte Giampaola Rosella Sonia Sarrecchia Erica Valentini
Collaboratori radiologi Angiografia Dr. Roberto Argento Dott.ssa Benedetta Errico Ecografia Dr. Vincenzo Jaconis Dr. Mariano Quartini
Staff OSS Monica Cretaro Sabina Dominici
0744.205453 repa r t o 0744.205459 st ud i m e dic i
25
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA Scuola di specializzazione in neuropsichiatria infantile Azi en d a S an i t ari a L o cal e T E R NI U.O C omple ssa d i Neu ro p s i ch i at ri a In fan t i l e e d el l ’et à E v o l u t i v a D i ret t o re: Prof. G i o v a n n i M a z z o t t a Centro semiresidenziale BAOBAB - Terni, Viale 8 Marzo Tel. 0744/204515 – Fax 0744/204501 Coordinatore: Inf. Silvia Tondi
PRESENTAZIONE DEL LIBRO 21 giugno 2012 ore 21,15 - Sala G dell’Associazione Culturale La Pagina - Terni, Via De Filis 7 Il Centro di Accoglienza Semiresidenziale “Baobab”, è stato realizzato nel 2000 nell’ambito del Progetto Obiettivo “Tutela della Salute Mentale”. Nel Centro si realizzano interventi terapeuticoabilitativi nei confronti di minori con età compresa tra i 3 e i 17 anni, volti a garantire prevenzione e cura delle problematiche della salute mentale dell’infanzia/ adolescenza. Inoltre il Centro si dedica già da tempo alla cura dell’autismo; a tal fine tutti gli operatori del Centro hanno compiuto un percorso formativo dedicato all’uso delle “Tecniche A.B.A. nei minori con disturbo dello spettro autistico”. I bambini vengono supportati dagli operatori nello svolgimento dei compiti quotidiani, guidati nelle attività ludico-creative, sportive ed extraterritoriali (soggiorni estivi) e favoriti, quindi, nello sviluppo di competenze psico-educative e relazionali. Con il sopravvento della crisi e la diminuzione di risorse economiche per riuscire a garantire sia l’attività interne che esterne al Servizio, il Centro ha organizzato “momenti associativi”, recite, riuscendo a mantenere alta la qualità dell’assistenza. In tutte le occasioni la cittadinanza di Terni ci ha sostenuto e ci sostiene. Il Centro ha compiuto 12 anni di storia propria. Per noi era importante depositarla per consentirne una sua trasmissione a chi verrà dopo di noi, così è nato questo libro “Camera, cucina e un Baobab…”. Il libro è il documento, spunto di riflessione. Raccontarsi è desiderio di confrontarsi, di accogliere nel lavoro diversi punti di vista e altre percezioni degli eventi. Camera, cucina... perché nell’immaginario collettivo, la cucina è l’ambito privilegiato di una figura materna che prepara da mangiare, è il luogo dove ci si riunisce, dove si arriva e si sosta, è il luogo d’incontro tra generazioni e di trasmissione di sapere. È il luogo degli odori e dei sapori delle vita. Il Baobab ci auguriamo diventi per i nostri futuri adulti, una memoria educativa e terapeutica, vuole essere una semina che ci auguriamo dia buoni frutti, per noi, per il territorio ternano e per la nostra professione. Il libro si articola in quattro parti: - La Favola, favola come narrazione, vicinanza per rimandare i vissuti e le sensazioni degli operatori che negli anni sono saliti sul Grande Baobab, in un tempo ed uno spazio fiabesco, raccontandoci idee e concetti attraverso immagini di significato diverso rispetto al linguaggio di uso comune, per es. Grande Saggio per definire la figura del Primario, Casa dell’Apprendimento si intende la scuola…. - La Realtà, illustra la prassi operativa del nostro Centro, dalla sua nascita ad oggi, descrivendone gli spazi, il sistema di cura, la leadership e l’equipe, le attività proposte ai minori, l’inserimento e la dimissione. - Gli Aneddoti, raccontano storia vissuta dai bambini/ragazzi attraverso le emozioni che hanno suscitato negli operatori, da quelle che ci hanno fatto sorridere a quelle che ci hanno scosso, impaurito. - Le Testimonianze, si aprono con il contributo del compositore Mogol che ormai da tempo ha accompagnato e sensibilizzato “i piccoli ospiti” del Centro all’esperienza del canto, invitandoli presso il CET anche per altre esperienze ludiche e ricreative. Testimonianze dei minori, dei genitori, degli insegnanti, dei diversi professionisti che ci accompagnano nelle attività, dei volontari e dei tirocinanti, per dare voce a chi spesso non ha spazio, regalando al lettore diversi punti di vista rispetto alla qualità operativa offerta del nostro Centro. Tutti i contributi ci hanno emozionato e sono stati per la nostra equipe spunto di riflessione e di confronto, mettendo in evidenza i nostri punti di forza e le criticità, rimandandoci un immagine globale del Baobab. Silvia Tondi, Chiara Silvestri
26
Fisioterapia e Riabilitazione
NUOVA SEDE Zona Fiori, 1 05100 Terni – Tel. 0744 421523 0744 401882 D i r. S a n . D r. M i c h e l e A . M a r t e l l a - A u t . R e g . U m b r i a D D 7 3 4 8 d e l 1 2 / 1 0 / 2 0 11
La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico
Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di
Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.
Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa
Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.
Terni Zona Fiori, 1 Tel. 0744 421523 401882
- Riabilitazione in acqua - Rieducazione ortopedica - Riabilitazione neurologica - Rieducazione Posturale Globale - Onde d’urto focalizzate ecoguidate - Pompa diamagnetica - Tecarterapia
- Visite specialistiche - Analisi del passo e della postura - Elettromiografia - EEG - Ecografia apparato locomotore - Idoneità sportiva ... e molto altro
27
28
29
30
31
32
33
Il conte Alceo Massarucci: giovane milite dell’italica battaglia
Concittadini Chiamati al Municipale Regime, Noi sentiamo l’alta importanza dello affidatoci incarico: ma sicuri e concordi ci rechiamo a servire la patria nell’ora primiera e solenne della riconquistata sua libertà […]. Plaudiamo adunque all’Era novella in cui l’ingegno, le arti, le scienze, i costumi, i commerci, la vita civile e religiosa rifioriranno di luce sublime, immortale. Viva Vittorio Emanuele. Viva l’Unità Italiana. Fu con codeste frasi che alla cittadinanza si presentò la Giunta Comunale provvisoria, la quale, presieduta da Giuseppe Massarucci, era stata nominata dal Regio Commissario Sabaudo per la Provincia di Spoleto Conte Pompeo di Campello in seguito alla caduta del giogo pontificio in Terni, avvenuta il 20 Settembre del 1860. Quest’ultima data è per tutti noi fondamentale poiché rappresenta non solamente la vittoria in Umbria delle truppe piemontesi del generale Masi contro l’esercito straniero assoldato da Pio IX, bensì il compimento ultimo di un disegno politico che, nella nostra città, era andato configurandosi sin dal 1831 e che, dopo continue sconfitte, grazie all’ardente fede di chi lo sostenne nel corso degli anni, finalmente divenne nobile realtà. Non fu infatti sufficiente la sconfitta della Repubblica Romana nel 1849 a far rinunciare ai propri ideali ed alla propria battaglia i mazziniani ed i liberali di Terni, i quali, al contrario, con maggiore dedizione e con rinnovata passione guidarono la nostra città verso l’annessione al futuro Regno d’Italia, guidati dal conte Alceo Massarucci. Quest’ultimo, figlio del patriota da me precedentemente citato e della contessa Paolina Canale, nacque il 3 Novembre del 1823 a Palazzo Spada, appartenente alla sua famiglia sin dal 1800, per poi compiere i primi studi presso il collegio salesiano “della Sapienza” a Perugia. La sua avventura risorgimentale iniziò nel 1849, quando, non ancora diciassettenne, una volta aver ottenuto il consenso del padre, si arruolò nelle truppe che difesero la capitale costituitasi in Repubblica distinguendosi in numerosi combattimenti, continuando negli anni successivi, nonostante la sorveglianza della Polizia Pontificia, la propria collaborazione con il movimento democratico, i cui insuccessi lo spinsero a divenire dal secondo lustro degli anni cinquanta del diciannovesimo secolo un sostenitore della monarchia dei Savoia, prendendo quindi le redini di un comitato segreto composto dai maggiori patrioti ternani, fra i quali ricordiamo l’avvocato Giuseppe Capocci, Augusto Fratini, Odoardo Contessa nativo di Stroncone e Lorenzo Caraciotti.
Tale organizzazione aveva la propria sede in una locanda non distante da Ponte Romano, ed era in contatto con i gruppi di liberali presenti nelle altre città umbre e con le commissioni direttive di Genova, Torino e Firenze tramite numerose “trafile”, ossia persone di indubbia fedeltà alla causa, le quali si occupavano di consegnare le diverse missive cifrate. Una volta aver lasciato la direzione di codesto comitato a Giuseppe Capocci nel Giugno del 1860, il Massarucci assunse il comando di una delle due “Compagnie del Nera”, incorporate nei Cacciatori del Tevere il 12 Settembre del medesimo anno e, una volta giunte ad Orvieto, la liberarono e si diressero alla presa di Montefiascone, Viterbo, Civita Castellana e Poggio Mirteto. Maggiore ed in seguito comandante della Guardia Nazionale sino al discioglimento di quest’ultima e Cavaliere dell’Ordine Mauriziano, venne eletto consigliere comunale e provinciale, rappresentando inoltre la nostra città all’interno della deputazione che il 22 Novembre consegnò a Napoli a Vittorio Emanuele II i risultati dei plebisciti che sancirono l’annessione dell’Umbria e delle Marche al Regno di Sardegna, per poi assumere vari incarichi, come quello di Presidente del Comitato d’Emigrazione di Terni, di Maestro della Loggia Tacito, di gerente responsabile del giornale “L’Eco del Tevere” o di Presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso. Nel 1886 impiantò inoltre in Terni un tecnologico opificio per l’estrazione dell’olio dalla sansa grazie al solfuro di carbonio, mentre nel seguente anno contribuì ad organizzare e a finanziare la spedizione garibaldina che tragicamente si risolse a Mentana, riuscendo in seguito a farsi eleggere deputato nel 1870 ed a mantenere tale carica con interruzioni sino al 1885, e, appoggiandosi al partito della sinistra moderata allora generalmente al governo, ad ottenere di divenire Sindaco della città, nella quale il suo impegno politico continuò sino a due anni oltre il 1892, quando venne nominato Senatore del Regno da Umberto I di Savoia. Spentosi a Roma il 19 Gennaio del 1923, volle trovare sepoltura nella propria città nativa nel chiostro della chiesa situata nel cimitero, forse non amato ed onorato sufficientemente dalla Patria che, al contrario, egli in vita tanto amò ed onorò. Francesco Neri Scuola Media Leonardo Da Vinci - Classe II Sez. A
Montaggio porte da interni e blindate Opere in cartongesso Tinteggiature ALFREDO PALOMBI 3386989723 34
Cecilia Piersigilli Cecilia Piersigilli, nasce a Terni. Sin da giovanissima manifesta doti artistiche che la portano a frequentare, con curiosità e passione, le botteghe di noti artisti ternani. Con Ilaria Ciaurro e Nadia Valli impara e perfeziona varie tecniche. Lo studio e l’amore per la pittura la rendono un’artista poliedrica capace di confrontarsi con forme e contenuti. L’osservazione della natura la porta a riscoprire il trompe l’oeil, riscuotendo molto successo. Seguono anni di approfondimento dell’arte sperimentando tecniche e materiali diversi rimanendo però sempre fedele ad una raffinata esecuzione e delicata poesia dei soggetti e dei ritratti. Il suo percorso professionale continua con il Prof. Roberto Bellucci e successivamente nello studio del Maestro Mario Chiocchia, traendone notevoli suggestioni estetiche e rinnovata elaborazione tecnica. Una personalità dalla pittura spontanea che si accompagna ad una ricerca del particolare, del vissuto, del quotidiano, insomma del reale. Ha esposto in numerose mostre d’arte, ottenendo notevoli riconoscimenti dagli addetti ai lavori ma, soprattutto, l’apprezzamento del pubblico e della gente comune. Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private, in Italia ed all’estero, e pubblicate su riviste specializzate e su cataloghi internazionali.
L’artista Cecilia Piersigilli va in estrema sintonia con il progetto culturale che ha portato alla costituzione dello Spoletofestivalart, cioè in sintesi la costituzione di un festival internazionale sulle arti figurative finalizzato alla valorizzazione degli artisti e dell’arte contemporanea nella sua complessità ed eterogeneità, sintonia ed armonia che io voglio con questa mia piccola presentazione sottolineare ed enfatizzare. Infatti Cecilia Piersigilli è un’artista completa che conosce molto bene le tecniche pittoriche e le altre tecniche di esecuzione di opere di arte contemporanea in quanto proviene dalla scuola ternana con particolare riferimento ai noti artisti Ilario Ciaurro e Nadia Valli. La sintonia che l‘artista ternana rappresenta è fondata su una considerazione fortemente condivisa anche dal direttore artistico dello Spoletofestivalart il M° Prof Alessandro Trotti, cioè la cosiderazione che un artista non può essere creato per caso o in seguito al successo mediatico di una corrente artistica, oppure perché strettamente vicino a qualche critico ben introdotto; fare ed essere artista è ben altro. Significa che si deve sempre partire dalla conoscenza e dalla cultura, l’artista deve conoscere le tecniche di esecuzione delle opere, la differenza che esiste nell’eseguire, produrre e divulgare opere grafiche, conoscere le principali tecniche di scultura e di incisione, nonché i principali movimenti dell’arte contemporanea. Anni fa fui molto colpito quando venni a sapere che alcuni grandi artisti famosi per le loro correnti astratte come Fontana o Montanarini inizialmente erano degli amanti dei ritratti e del figurativo, ma sono arrivati all’astratto solamente a conclusione di un lungo percorso professionale ed artistico. Cecilia Piersigilli ha ottenuto numerosi riconoscimenti ed in particolare nel 2011 è stata prima assoluta nell’ambito del premio Rieti sul Risorgimento italiano e premiata nell’ambito del premio internazionale Spoeltofestivalart 2011, riconoscimenti che a mio modo di vedere rappresentano solamente le prime tappe di valorizzazione di un’artista che otterrà sempre più importanti riconoscimenti. Prof. Luca Filipponi Dal 04/06 al 30/06, presso la sala espositiva dell'ospedale S. Matteo degli Infermi a Spoleto, personale di Cecilia Piersigilli su invito e a cura della dott.ssa Stefania Montori presidente del CREEL e del Prof. Luca Filipponi presidente dello Spoleto Festival Art.
www.ceciliapiersigilli.it
A cura di Emanuela Ruffinelli
35
Delegazione di Spoleto
Teatro nuovo di Terni Aggiudicatane la costruzione delle opere murarie al Sig. Angelo Borzacchini per (scudi) 10.000,95 con scrittura privata del 18.marzo.1839
Verbale di collaudo Eseguito dai sottoscritti Ingegneri eletti dall’Assemblea degli Azionisti, tenuto il 29 genn 1844 deliberaz. comunicata con Dispaccio di questo Sig. Confaloniere del 19 febbraio 1844 n. 86. previe molte visite fatte alla fabrica, e replicati congressi. Fattane la misura per lo stato generale e finale assolutamente mancante. Piano di esecuzione del Nuovo Teatro di Terni secondo il progetto del sottoscritto
Parte Prima - Idea dell’Opera 1. Il nuovo teatro sarà sviluppato secondo i quattro annessi disegni. La prima tavola dimostra in tinta rossa il suolo che verrà occupato dalla nuova Fabrica nello spazio dei caseggiati destinati a tal scopo secondo il perimento, che si è ricevuto. Esso può rimanere quasi interamente isolato, condizione utilissima a questo genere di Edifici. La novella fronte, o prospetto ritirandosi dalla linea dei presenti fabricati (sic), lascerà nella via corriera una Piazza quanto sufficiente all’uopo, altrettanto necessaria all’uopo della fabbrica. I disegni furono depositati nella Segreteria Comunale. La fabbrica si è ampliata, sempre conservando la condizione di fabrica isolata. 2. La tavola seconda presenta il piantato del nuovo edificio, nella sua interna distribuzione sotto un pronato di sei colonne, si entra per mezzo di tre porte in un atrio dove a destra, e sinistra sono distribuiti quattro stanzini due dè quali sono da destinarsi alla dispensa dei biglietti e chiavi di palco, gli altri due, alla custodia, e guardarobba di ombrelle (sic), mantelli. A destra, ed a sinistra parimenti son collocati il Caffè e il Corpo di Guardia che nei sottoscale hanno altri gabinetti e piccoli locali necessari a queste due destinazioni. Eseguito con qualche cambiamento ordinato dall’appaltatore 3. Dall’Atrio si passa per mezzo di altre tre porte nella sala di trattenimento che i Francesi chiamano foyer, la quale dà adito a due ampie scale a campo aperto, che servono agli ordini principali. Esse mettono ancora ad altre tre o quattro sale disposte sopra gli ambienti fin qui descritti, le quali si sono destinate al Casino o all’Accademia edificio che oggi si desidera nelle principali Città d’Italia e che ne forma uno dei più belli ornamenti. Eseguito 4. Incontro alle tre porte ricordate nel paragrafo precedente, ne sono altre tre simili, che introducono all’Ambulacro, o Corridore del primo ordine ed alla Platea. Il quarto ordine si è tenuto centimetri 33 più basso 5. Il Teatro conta cinque ordini di palchi, il quinto e più elevato ad uso di Loggia, e lubbione il quale può anche disporsi a gradinate per contenere maggior quantità di spettatori, il che aggiungerà un effetto più spettacoloso al Teatro. Ogni ordine numera 21 palchi meno il primo, che ne conta 20 a cagione della porta d’ingresso alla Platea, talché si noveranno ottantatre palchi, a la loggia del Lubbione Eseguito 6. La scena che oggi si vuole molto vasta è risultata abbastanza spaziosa e comoda per qualunque genere di spettacolo vi si è praticata (sic) una grande porta nel lato che accenna in una piazzetta per introdurre Cavalli, carri ed altro che può esser necessario alle azioni teatrali. Nel fondo della scena sono ordinati in due piani diciotto gabbinetti (sic) per gli Attori, i quali volendo possono anche moltiplicarsi fino a 27, a trentasei accrescendo il numero de piani. Tale è la distribuzione generale del Teatro disegnato nella seconda tavola, da cui risulta essersi ricavato quanto di più utile e comodo, giustamente si BRAMA dalla odierna Civiltà. Eseguito con qualche cambiamento preventivamente concertato. 7. La tavola terza dimostra il prospetto al quale si è voluta dare una architettura semplice e grave, quel conveniente carattere o come si direbbe fisonomia (sic) di Teatro affinché non assomigli ad un Palazzo, od altro qualunque edificio quale comunemente si usa. La parte rotonda, che superiormente si eleva, copre il Teatro propriamente detto, e contiene il locale tanto necessario per dipingere le scene, il che giova eziandio, ad aggiungere espressione al carattere dell’edificio. Soppressa 8. La quarta tavola esprime la sezione di tutto l’edificio, e la decorazione dell’Atrio e delle sale del Casino. Per sfuggir poi quella barbara e goffa maniera dei palchetti comunemente in uso sebben da tutti disapprovata, che apparisce una tessitura di Alveari o tane d’animali, anzi che decenti loggie di Nobili spettatori si è adottata una decorazione tutta architettonica, quale si conviene alla natura di un Edificio. Questa figura un basamento, sopra cui è distribuito un colonnato sormontato da figure dipinte o di terra cotta o d’altra materia rappresentanti geni Teatrali. Eseguito in terracotta La soffitta, l’arco della bocca d’opera, le colonne i pilastri ed i parapetti, saranno coperti di stucco lucido: gli ultimi saranno in parte traforati di balaustri o griglie filettate d’oro, ed in parte lisci. Eseguito I parapetti lisci come la soffitta saranno dipinti in eleganti ornamenti a chiaroscuro, colori edori sparsi d’emblemmi (sic) Teatrali o ritratti d’Uomini illustri come si è accennato nel disegno, e come in seguito si dimostrerà, e si svilupperà più in grande in altri fogli. Gli ornamenti a stucco. Le pitture, Le dorature formano un’altra intrapresa 9. In questa sezione si veggono ancora le pendenze della platea, o del palcoscenico tutti quei meniani ed altri comodi necessari al movimento delle macchine e superiormente al Teatro il locale per dipingere le scene da cui per mezzo di un’apertura sopra la bocca d’opera potranno facilmente calarsi nel palcoscenico. Il locale per dipingere le scene si è soppresso. I Meniani sono due in luogo di tre stabiliti in disegno, e sono forniti di un solo ordine di parapetti 10. Il teatro colla Platea con 83 palchi e coi lubbioni (sic) li renderà capaci di circa mille spettatori. Esso sarà costruito tutto di materiali come si dirà ingresso. Le divisioni dei palchi saranno di mattoni in coltello i parapetti di salametti, le volte di camorcanna o di mattoni in foglio purchè si renda quasi incombustibile meno il tetto, che pur si potrebbe render tale col coprirlo di zingo (sic). Le divisioni de palchi insieme ai parapetti si sono eseguiti con mattoni detti salametti. Importo netto delle dette opere di tutte le indicate arti scudi 10000, 95 Importo di tutte le opere di decorazione scudi 1980 Totale importo del teatro scudi 11.980,95.
36
Si è trascritto un prezioso documento relativo al collaudo dello storico Teatro Verdi che unitamente alla foto ce ne illustra l’altissima qualità. L’augurio e lo scopo è quello di stimolare l’anastilosi e cioè una ricostruzione fedele, possibile in quanto si è in possesso di ogni disegno utile a compierla, culturalmente accettabile in quanto è percorso, da oramai molti anni, acquisito e da molte città e teatri storici attuato, per il quale non sussiste la necessità di affidarla a noti geni esterni al nostro territorio, né come oramai è evidente non può essere, come già si sapeva e più volte se ne è avuta riprova, positivamente curato dalla forza lavoro interna all’Amministrazione. Una sicura alternativa senza guardar sempre fuori, potrebbe essere garantita invece dall’affidamento ad un team di studi locali; si è certi infatti della presenza di una decina di soggetti operativi nella città del tutto idonei allo scopo. L’augurio e l’intento, da ultimo, ma non per importanza, per impedirne una terza distruzione e donare alla città un teatro: bello, capiente e funzionale. La pagina ha, da oggi, intenzione di aprire i suoi spazi ad un dibattito sul tema. Si pubblicheranno pertanto, nei prossimi numeri, i più costruttivi contributi.
L’amore per il teatro di una poetessa, ammirabile e sensibile donna oggi impiegata a Terni come dama di compagnia
n.b. Non si sono corretti gli errori di italiano perché il testo è ugualmente comprensibile, ma possiede così più forza e autenticità. Sono cresciuta in questa culla dell’industria petrolifera romena Moreni, distretto di Dambovita, con 20.000 abitanti, che nel 1.700 era la terza città al mondo in cui vennero estratti idrocarburi. Come tutte le bambine de 8-9 ani, l’estate, insieme alle mamme alle 4 de pomeriggio, se usciva dietro al palazzo dove abitavano per cucire, ricamare, lavorare a maglia, chiacchierare. Di solito ero molto obbediente, pero, come ho scoperto che alla radio, ogni giorno dalle 4 alle 4.30 era teatro radiofonico, trovavo motivi per rimanere dentro casa da sola, senza dire il vero motivo, perché radio consumava il curende, e come dentro casa se parlava sempre de risparmio, se ero scoperta, ero punita, menata. Però questo fascino de ascoltare teatro era troppo forte. Poi, a biblioteca, ho scoperto che erano anche i libri con teatro. L’inverno, come si faceva buio presto, per il stesso risparmio di curente, la sera, nella mia camera, mi mettevo vicino alla finestra, e alla illuminazione della strada legevo fino tardi. No mi potevo staccare de personagi, loro, nella mia imaginazione, prendevano vita, e io mi sentivo forte quando loro erano forti, altre volte ero stupita, ma anche sodisfatta che erano anche altri come me, con le debolezze, incertezza. Ero assetata di questo universo che volevo scoprire, che lo volevo copiare, era di “quelli grandi”. Era un mondo incantevole, era il cibo che mi nutriva per non sentire mancanza di quell’altro cibo che non bastava mai a tavola. Io mi sentivo ricca, con ogni pezzo di teatro che lo ascoltavo, o lo legevo. La vita è andata avanti, sono cresciuta, diventata adolescente, periodo guando potevo uscire da sola, per fare una passeggiata, e per andare a teatro. Era il tempo da conoscere da vivo la scena quel fascino di colori, i costumi, sipario visciola con ricamato. Però, era una problema, che la mia città era molto piccola, e quelle con un teatro erano poche. Allora, ho pensato che possa andare a teatro in una città vicina, Ploiesti, lontano 30 km. Ho deciso con una ex collega di Liem, che era disposto a accompagnarmi, di andare ogni fine settimana, se io pagavo biglietto a teatro, e il viaggio. Ho accettato le sue esigenze. Andavamo con il treno, perché costava meno e perché la notte si poteva tornare a casa solo con il treno, pulman non se ne trovava più così tardi. Una volta, successo che o visto una attrice che mi a ipnotizzato per tutta la sera. Era “prato con visciole” de A.P. Cechov, e attrice era Maia Morgenstern, all’epoca sconosciuta, mi a rimasta nel cuore questa attrice molto talentata. Fra ani e diventata molto famosa, e nel 2000 ha recitato “La Pasione di Cristo” di Mel Gibson nel ruolo di Maria, con lei a recitato anche Monica Bellucci. Io mi sento orgogliosa, che o riconosciuto il talento, prima di essere conosciuto. Oggi che representa il teatro, o un libro rispetto a Tv, o a internet??? Sono oasi minacciati, affascinante solo per pochi accaniti.
37
Gra Cuc I l su r r ealismo selvatico di G r a z ia Cuc c o (a cura di VITTORIO SGARBI) SGARBI Uno sguardo puro ma non innocente, per una visione che sarebbe improprio definire naïve e che invece compone le immagini e i sogni dell' infanzia con le illustrazioni di un' Italia da libro di scuola,con i monumenti più rappresentativi, dal Castel del Monte alla Cattedrale di Trani. E poi c'è la curiosità naturalistica per i fiori, le piante, i frutti, offerti alla nostra attenzione con disordine e selvatichezza. Grazia Cucco è nata ad Amelia e ha resistito alla facile suggestione del misticismo Francescano con una interpretazione non retorica, non favolosa, ma concreta, esatta, naturalistica, come di chi registra la verità del mondo contadino e conosce le piante e i frutti della terra, gli animali, restituendo verità ad un abusato cantico delle creature. I suoi risultati più insoliti, già ben riconosciuti, l'intuizione della sua immediatezza e della sua autenticità, da MOGOL, sono nella chiave onirica di un surrealismo non artificioso, non programmatico, ma legato agli incubi e alle scoperte dell'infanzia, in un mondo popolato di contadini e di suore, di animali e di insetti, dove le forme e le dimensioni sono arbitrarie e non corrispondenti alle misure convenzionali, così da consentirle una percezione del grande e del piccolo come quella di Gulliver, in una terra conosciuta e sorprendente. Ciò che nelle invenzioni della Cucco sorprende, invece, è l'originalissima sintassi che, alterando la misura delle cose, crea situazioni imprevedibili e offre del mondo un'immagine nuova, complessa e originale che avrebbe
Grazia Cucco nasce ad A soli tre anni, mentr materna, venne punta seppe descrivere, ma c un foglio, meraviglia riproduzione. Da quel momento ha c di crescita a liv all'interpretazione e al in tutte le sue forme e La sua produzione è committenti privati e prodotto opere a sogge Ha partecipato a mostr quali a Palazzo Piancia di Spoleto e a Salemi a
38
azia cco deliziato Max Ernst e Dorothea Tanning, senza alcun artificio o costruzione. Ciò che entra negli occhi ed esce dalla mente di Grazia Cucco è assolutamente originale e autentico, e presuppone una verginità dello sguardo che si incrocia con i turbamenti della psiche. Un esempio di surrealismo spontaneo, non elaborato, necessario. Una spiritualità umana, immanente, non mistica, e un'assoluta inedita, originalità. Toscolano 18 maggio 2010 (a cura di GIULIO RAPETTI MOGOL) MOGOL Una fantasia eroticamente furiosa chiusa in un rigore ecclesiastico. Inaccessibile come un cubo d'acciaio. Un'arte pittorica che riproduce l'esatto contrario dell'artista. Grazia Cucco. Pura come un animale, dominata dalle sue passioni vissute liberamente e dai suoi sentimenti vorticosi come un vento desertico è un meraviglioso anacronismo vivente. Quando aveva tre anni all'asilo fu punta da un insetto. Si rifugiò sotto le sottane di una suora, la quale le chiese chi fosse l'autore della puntura. Grazia lo disegno così precisamente che tutti riconobbero l'insetto. Non ho mai conosciuto nessuno più libero, più buono e più indifeso di Grazia. Nonostante sia assolutamente impegnativa, LA CONSIDERO UN DONO DI DIO
d Amelia, il 5 luglio 1965. re si trovava nella scuola a da un insetto che non che disegnò fedelmente su ando tutti per la perfetta
continuato il suo cammino vello artistico rivolto ll'esaltazione della natura aspetti. maggiormente rivolta a e religiosi per i quali ha etto sacro. re collettive, l'ultime delle ani nel 2010 per il Festival al collegio dei Gesuiti.
39
Via F. Malvetani, 6/22 (Z.I.) Vascigliano di Stroncone (TR) Amministrazione 0744 607867 Sede Operativa 0744 607964 Fax 0744 609053 www.coreinsrl.it
Una torre di raffreddamento è uno scambiatore di calore gasliquido nel quale la fase liquida cede energia alla fase gassosa, riducendo così la propria temperatura. Nella grande maggioranza dei casi la fase gassosa è costituita da aria o vapore d'acqua e la fase liquida da acqua di vario tipo. Lo scambio di calore può essere effettuato mediante contatto tra le fasi, ed in questo caso si parla di torre di raffreddamento "tout court", o a superficie in uno scambiatore di calore a tubi, piastre o altro, ed in questo caso si parla più sovente di batteria di raffreddamento. Nel nostro territorio si è specializzata nel settore in continuo sviluppo delle carpenterie per le torri di raffreddamento evaporative e per i gruppi di ventilazione la BARTOLI GIACOMO s.r.l., facente parte del gruppo aziendale della CO.RE.IN s.r.l. che ne ha acquisito nell'anno 2004 l'intero pacchetto azionario. La BARTOLI GIACOMO s.r.l. ha sede operativa nella località perugina di Gualdo Cattaneo e può contare su una struttura operativa coperta di 1.200 mq, che rappresenta un vero e proprio capannone industriale, oltre a una superficie scoperta per i piazzali di stoccaggio pari a 4.000 mq. Vanta anche un terreno esteso per 10.000 mq di cui 2.000 mq edificabili. Successivamente all'ingresso nel gruppo CO.RE.IN. s.r.l. il ramo della BARTOLI GIACOMO si è trasformato nella BTF, ampliando così il suo raggio d'azione nelle energie alternative e nello specifico sul recupero di idrocarburo da materiali plastici di rifiuto. Per realizzare tale processo si usa la pirolisi. Sono diverse le tipologie di torri di raffreddamento che vengono costruite e per ognuna c'è la garanzia della certificazione UNI EN ISO 9001 posseduta dall'impresa.
TAT a film o splash dispersion: Torri assiali con strutture saldate in acciaio verniciate Serie di torri realizzate con strutture in lamiere di acciao rinforzate ed irrigidite mediante nervature verticali e con forma piramidale del diffusore. Le saldature continue sono di assoluta qualità e a prova di tenuta idraulica, evitando di ricorrere ai sigillanti. Sono tra le più presenti sul mercato di processo e di condizionamento industriale e sono molto richieste per applicazioni nell'industria alimentare, per il raffreddamento di mosti e borlande delle distillerie e dovunque ci sia la presenza di acque contenenti solidi sospesi.
TAG: Torri assiali con strutture in acciao zincato a caldo I componenti e le applicazioni sono simili alle versioni TAT. La differenza si trova nella struttura in acciaio zincato a caldo per immersione con tamponamenti, indifferentemente, in VTR o lamiera grecata trattata. Le caratteristiche sono la leggerezza e la versalità della struttura e, per
40
BARTOLI GIACOMO s.r.l. Responsabile Tecnico Consuelo per.ind. COSTANTINI Mobile +39 3355493395 Ufficio +39 0742/91317 Fax +39 0742/91077 e-mail: costacons@yahoo.it
casi particolari, c'è la possibilità di assemblaggio in opera allo scopo di ridurre i volumi di spedizione. Con i tamponamenti facilmente rimovibili per manutenzione straordinarie, è possibilie rinnovare l'estetica e la funzionalità della torre che negli anni ovviamente si modifica.
TAX, TAW, TAZ, TAY, TAR: Torri assiali con strutture in acciaio inox-vtr-pulstruso Progettate per applicazioni particolarmente severe sotto il profilo dell'aggressività, i materiali strutturati impiegati consentono di ricorcolare acque aggressive e/o addolcite, utilizzando come componenti i medesimi previsti per le torri TAT e TAG.
TC: Torri centrifughe Le esigenze delle installazioni civili sotto il profilo del contenimento delle emissioni sonore, trovano soluzione in questa serie di torri caratterizzate da ventilatori centrifughi e ridotte dimensione di altezza. La costruzione è a "pannelli" in lamiera zincata, autoportanti, assiemati con bulloneria inox e tenute con mastici particolari.
TCC: Torri a circuito chiuso Questa particolare serie di torri trova applicazione dove la visibilità e l'azione del plume provocano rispettivamente controindicazioni ambientali e danni conseguenti alle ricadute del condensato al suolo. Viene utilizzata nella loro creazione un tecnologia sofisticata che consiste essenzialmente nel preraffreddamento dell'acqua a mezzo di scambio termico in batteria la cui aria, riscaldandosi e miscelandosi con quella della torre, rende meno visibile il plume.
A-TTP: Torri assiali indotte e forzate con strutture bullonate Tipica serie di torri per applicazioni genericamente di tipo industriale, realizzate con una struttura autoportante costruita da pannelli in lamiera zincata, ulteriormente trattata, assiemata con bulloneria inox e tenute costituite da mastic particolari. Le scelte sulle tipologie di tiraggio, indotto o forzato, sono suggerite dalle esigenze di spazio e di rumorosità.
TASN: Torri di innevamento programmato Il progressivo aumento delle temperature ambientali, che provoca la riduzione della cadute nevose per gli impianti di risalita, trova soluzione nelle torri di innevamento programmato, che utilizzano "cannoni spara neve" adoperando acqua di roggia preraffreddata. Protezione ai condotti, sistemi antighiaccio, scelte dei materiali particolarmente attente per impieghi alle bassissime temperature, schermature alle installazione mediante pannellatura in legno per un inserimento in armonia con l'ambiente, caratterizzano questa serie di torri. Sono previste anche colorazioni particolari che consentono l'inserimento di queste macchine nell'ambiente con modesti impatti visivi. Riccardo Tommasi
41
L’Orologio Solare dell’Istituto Tecnico Industriale di Terni Un’opera d’arte che presto inizierà a funzionare! Non necessita di particolari e sofisticati ingranaggi meccanici o di congegni elettronici l’Orologio Solare dell’Istituto Tecnico Industriale Statale di Terni L. Allievi per iniziare a scandire il trascorrere del tempo, ma solamente essere esposto ai raggi solari! Realizzato venticinque anni fa, non ha letteralmente mai visto la luce del sole. L’orologio, composto da due lastre quadrate di marmo, dalle dimensioni di mm 1800x1800 e dello spessore di mm 110, pesanti ognuna circa 900 Kg. con linee e gnomone realizzati in acciaio inox, è rimasto sempre sotto i tetti delle officine e laboratori dell’Istituto, attualmente sistemato su cavalletti metallici provvisti di ruote. Forse non si sa bene dove collocarlo? Niente di più falso. Affinché funzioni a dovere, dovrà essere posizionato assolutamente ai lati dell’ingresso principale della scuola, perché segnerà l’ora solare esatta solo su quella parete, così come progettato rispetto ai punti cardinali est/ovest. Una di queste lastre è l’Orologio Solare vero e proprio (Fig. 1), dove è possibile leggere l’ora solare, l’ingresso delle stagioni e il mezzogiorno solare, mentre l’altra mostra l’equazione del tempo (Fig. 2), ovvero le correzioni da apportare per ogni giorno dell’anno (correzioni dovute al fatto che l’orbita della Terra intorno al Sole non è perfettamente circolare, ma ellittica) per rapportare l’ora solare all’ora degli orologi. Progettista di questa pregiata opera artistica di elevato contenuto scientifico non può che essere stato il Prof. Stelio Mancinelli Degli Esposti, già insegnante presso lo stesso ITIS, esimio cultore di discipline come la matematica, fisica, chimica e astronomia, progettista e realizzatore di altre numerose Meridiane Solari dislocate sulle principali piazze di tante città italiane. Alla domanda perché quest’opera non sia stata mai inaugurata, il Prof. Mancinelli, con il suo atteggiamento troppo gentile, curvo sotto il peso di una venerabile età, lucidissimo, richiude il libro di letteratura russa che stava leggendo, si alza, va diritto alla sua fornitissima biblioteca e ne estrae alcuni volumi sulla costruzione di meridiane solari: Questo -mi dice- Questo qui, l’ha scritto un Ammiraglio, è il più completo e dettagliato libro per la costruzione di Orologi Solari…ma io, le equazioni necessarie, me le sono ricavate da solo... e mi mostra con orgoglio un quaderno dove le equazioni, zeppe di seni e coseni, sono talmente lunghe da essere scritte su più righe. Mi spiega, mi spiega, poi visto che stento a seguirlo, aggiunge in tono velato di malinconia: Non è stata mai inaugurata perché non si sono trovati i fondi necessari! Pongo la stessa domanda al Dirigente Scolastico dell’ITIS, nonché Dirigente Scolastico dell’IPSIA, Prof. Ing. Giocondo Talamonti, ed egli mi conferma che il problema principale è stato sempre e solo quello finanziario. Anche lui si alza, anche lui va verso la libreria, estrae una cartella e dispiega un progetto: Questo, è il progetto pronto da anni, elaborato dall’Ing. Irti docente di questo Istituto, e che ha visto l’approvazione sia dell’Amministrazione Comunale, sia della Provincia di Terni; da anni ci stiamo impegnando per il posizionamento di queste lastre, ma sistematicamente le risorse (sempre più esigue) vengono dirottate per risolvere problemi più urgenti. Ne discutiamo con passione: avere l’Orologio Solare in loco, oltre che essere un fiore all’occhiello per la città intera, è regalare alle future generazioni di studenti un mezzo in più per un arricchimento culturale, un altro tassello da aggiungere al Museo di Archeologia Industriale realizzato all’interno dell’ITIS. Posizionare due lastre sulla facciata dell’Istituto non è poi un’opera faraonica! Propongo di suddividere il lavoro in diversi fasi, di modesto valore economico, e trovare delle ditte specifiche, disposte ad effettuare il lavoro in forma gratuita a fronte di un ritorno di immagine. Una parte di questo lavoro può essere realizzata dai docenti ed alunni dell’ITIS stesso e -aggiunge l’Ing. Talamonti- sarebbe veramente una gran cosa se a partecipare a questa “cordata” fossero ex studenti dell’Istituto Industriale! Mi accompagnano due amici e soci dell’Associazione Ternana Astrofili, con i quali scambio un’occhiata di intesa. E’ chiaro che ci metteremo tanta volontà per portare a compimento questo lavoro, e non solo perché ci siamo diplomati all’ITIS, ma soprattutto perché amanti dell’Astronomia, questo orologio Solare lo sentiamo come parte di noi stessi. Tonino Scacciafratte Pre s ide nte A.T.A.M .B. - t oni sca@gmai l .com
42
Una soffitta sull’Universo
Mo’ ve ne dico quattro! Una... La Terra sicuramente è ttonna… perché s’era piatta, appena arzavamo l’occhi e guardavamo attornu la vedevamo tutta. Due... Ne lu giornu de lu compleannu de ognunu de noi, e anche pe’ ‘n bo’ de ggiorni llì vicinu, lu segnu zzudiacale propiu non se vede perché sta quasi dietro a lo Sole. Tre... Lu Zzenitte è lu puntu che ‘gnunu de noi cià sopra la capoccia su lu cielu... lu Nadirre è qquillu dall’andra parte. Quattro... Lo Sole passa a lu Zzenitte, o mmejo sopra la capoccia, solu a qquilli che stanno tra li tropici: a qquilli de lu Cancru je cce passa quanno che dda noi entra l’estate, a qquilli de lu Capricornu quanno che entra l’invernu e… a qquilli dell’Equatore ddu’ vorde, quanno che entra primavera e quando entra l’autunnu. Noi… anche se a vvorde lo Sole ce da su la capoccia… propiu sussopra non ce l’emo mai! paolo.casali48@alice.it
ASTROrime… ... Polare E’ una stella… la più nota … certo per la fissità… mentre tutto il cielo ruota… lei rimane sempre là. (rotazione impercettibile) Viaggiatori e marinai… sanno il ruolo che lei investe… ed orientano il viavai con il Nord… quel celeste. Non è stata e non sarà… (…per la precessione) certo sempre la Polare… e chi la sostituirà…(Alderamin, Deneb, Vega…) dovrà certo un po’ aspettare. (qualche migliaio di anni) PC
Ed in quale parte di cielo dobbiamo guardare per vederla? Come si fa a riconoscerla? Tutte le stelle che vedi fanno parte della Via Lattea e se guardiamo in certe zone della volta celeste ai nostri occhi essa si presenta come una lunga scia che solca il cielo, come un fiume di stelle fittissime e attraversa varie costellazioni. Tra le principali abbiamo, durante i diversi periodi dell’anno, Perseo, Cassiopea, Cigno, Aquila, Sagittario, Scorpione e Gemelli. Ma tutte le galassie hanno un nome? No Leo, esse vengono identificate con un numero e varie lettere, solo ad alcune viene assegnato un nome. Pensa che non si sa quante siano le galassie. Nel cosmo potrebbero essercene centinaia di miliardi e anche in questo momento se ne stanno formando di nuove in qualche parte dell’Universo. Wow! Hanno varie forme, a spirale, ellittiche o irregolari. Alcune possono essere più luminose ed altre meno. Ma, ad esempio, la nostra galassia quanto è grande? Supera ogni immaginazione mio giovane amico! Anche il jet più veloce del mondo impiegherebbe circa trenta miliardi di anni per attraversarla! Leonardo rimase a bocca aperta per questa rivelazione non riuscendo nemmeno ad immaginare quanto potessero essere lunghi 30 miliardi di anni! Ho sentito nominare un sacco di volte la Galassia di Andromeda, è come la nostra? Possiamo definirla una nostra “gemella”: è la più grande galassia vicina alla Via Lattea, ha circa la stessa età ed anche una forma simile, ma ha un maggior numero di stelle. Pensa che in una bella e limpida serata, in condizioni favorevoli, riusciamo a scorgerla ad occhio nudo nei pressi della costellazione di Andromeda come un batuffolino luminoso. Si pensa che possa aver inglobato altre galassie a causa del suo doppio nucleo. Si avvicina a noi con una velocità di 300 km al secondo ed un giorno potrebbe “mangiarsi” la nostra Via Lattea. Sono proprio curioso di vederla, sia con i miei che attraverso i tuoi occhi! Quella limpida notte Leonardo rimase incantato ad osservare la famosa Via Lattea cercando di immaginare quante stelle potesse contenere... la stima è tra i duecento e i quattrocento miliardi gli aveva detto Overlook, ma era una cifra che andava ben Michela Pasqualetti mi kypas78@vi rgi l i o.i t oltre il suo immaginabile!!!
Osservatorio Astronomico di S. Erasmo O sservazioni m e si di Giugno - Luglio - Agost o Nel riquadro soprastante, sono elencati tutti i giorni di apertura dell’osservatorio di questa prossima estate. Come potete notare ci sono tantissime occasioni per venire a prendere un po’ di fresco e dare una sbirciatina al cielo profondo con i due telescopi all’interno della cupola: il noto riflettore di 400 mm di diametro e il rifrattore da 150 mm. (donatoci dal negozio “Ottica Dragoni”). Cosa sarà possibile osservare? Saturno è senza dubbio il pianeta più spettacolare e sarà visibile per tutta l’estate. Il triangolo estivo formato dalle costellazioni della Lira, del Cigno e dell’Aquila domina il cielo allo Zenit; la Via Lattea sarà ben visibile da Cassiopea fino al Sagittario se la Luna non ci metterà lo zampino. Interessanti gli oggetti del profondo cielo che prenderemo in esame: gli ammassi globulari M13 e M5 e le nebulose M27 e M57. Il 12 di Agosto non mancheremo l’appuntamento con le famose Perseidi (Lacrime di S. Lorenzo). Osserveremo il cielo con la spiegazione di tutte le costellazioni visibili ed i relativi modi per orientarsi nella volta celeste. Quando presente, la Luna ci mostrerà mari, crateri e catene montuose. A completamento delle serate le simulazioni al computer con sofisticati programmi di astronomia. TS
LA SICUREZZA DEI TUOI INVESTIMENTI
Assoc iaz ione Te r nana Ast rof ili Ma s s imilia no Be ltr a me V i a M a e s t r i d e l L a v o r o , 1 - Te r n i tonisca@gmail.com
329-9041110
www.mpc589.com
L’o s s erv at o ri o as t ro n o m i co d i S . E r a s m o è a p e r t o gratuitamente p er i ci t t ad i n i l ’u l t i m o v en erd ì d i o g n i m e s e d a l l e o r e 2 1 , 3 0 .
43
Parliamo delLA LUNA Il 10 Ottobre 1959 il veicolo spaziale sovietico Luna 3 inviò sulla Terra le prime immagini fotografiche della faccia nascosta della Luna ed è per questo che la maggior parte delle strutture geo-morfologiche osservate su di essa vennero identificate con nomi sovietici. I primi uomini che però ebbero l’opportunità di osservarla direttamente furono i componenti dell’equipaggio dell’Apollo 8 che la sorvolarono il 24 dicembre 1968. In seguito a tali esplorazioni ed alle successive, si scoprì la notevole differenza morfologica esistente tra le due opposte superfici lunari. I crateri disseminati sulla faccia nascosta del nostro satellite sono notevolmente più numerosi e profondi di quelli esistenti sulla parte a noi visibile. La differenza è dovuta al fatto che l’emisfero lunare sempre rivolto verso l’esterno del sistema Terra-Luna sia maggiormente esposto al bombardamento meteoritico perché gode molto meno dell’effetto protettivo, gravitazionale, che la Terra riserva all’emisfero rivolto verso di essa. Questa, almeno, è l’opinione scientifica più diffusa. Altra differenza notevole è che la superficie lunare rivolta verso di noi è coperta da uno strato di sottile polvere vulcanica, mentre l’altro lato è caratterizzato dalla presenza di rocce dure e brillanti e dalla mancanza quasi totale degli estesi tavolati basaltici da noi chiamati mari. Il mare Moscoviense e il cratere Tsiolkovski sono le uniche strutture della faccia nascosta della Luna assimilabili ai mari che noi vediamo abitualmente sulla faccia rivolta verso di noi. Ma perché queste differenze? Si pensa che ciò sia dovuto al maggiore spessore medio che la crosta lunare ha sull’emisfero a noi opposto; di conseguenza, il magma effuso dall’interno del satellite in tempi remoti, non riuscì a raggiungere ed invadere la superficie, come avvenne sull’emisfero a noi visibile. La struttura più notevole della faccia oscura della Luna è il Bacino Polo Sud-Aitken che si presenta come una gigantesca depressione circolare estesa dal Polo Sud fino a lambire il cratere Aitken, tangente l’equatore lunare. Quest’ultimo è il maggiore cratere da impatto del sistema solare e si ritiene che abbia contribuito a determinare l’aspetto morfologico globale del nostro satellite. Un’altra struttura notevole dell’emisfero lunare opposto è il Bacino Orientale; esso è un notevole bacino da impatto circondato da quattro anelli montuosi concentrici che lo rendono simile ad un bersaglio o ad un gigantesco occhio. Enrico Costantini
Attività dell’Associazione: Giugno - Luglio - Agosto 2012 Su richiesta dell’Amministrazione Comunale ed in modo specifico per favorire i programmi di rilancio del territorio promossi dalla II Circoscrizione Nord, nell’ambito del progetto La Montagna Ternana e in collaborazione con la Pro Loco di Cesi e il suo Giugno Cesano, abbiamo dato la nostra disponibilità per numerose aperture straordinarie dell’Osservatorio Astronomico di S. Erasmo. Comunichiamo qui di seguito le date in cui l’osservatorio sarà aperto e fruibile gratuitamente da parte di tutti i cittadini: - Giugno martedì (5-19-26) e venerdì 29 dalle ore 21.30 alle ore 23.30 - Luglio venerdì 27 dalle ore 21.30 alle ore 23.30 - Agosto venerdì 10 (S. Lorenzo) - domenica 12 - venerdì 31 - dalle ore 21.30 alle ore 23.30 (il picco massimo delle Perseidi coincide con domenica 12) Inoltre, il 5 giugno, presso la Biblioteca di Terni il Prof Sergio Bacci terrà una conferenza sul tema: La radiazione cosmica di fondo: resti fossili del Big Bang. La conferenza si terrà presso la Biblioteca Comunale, al secondo piano, saletta adiacente il Caffè Letterario, alle ore 17.00
44
45
L’uomo e gli alimenti L’umanità attualmente è costituita da circa 7 miliardi di persone, delle quali centinaia di milioni vivono nelle zone intertropicali dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina; altre centinaia di milioni vivono nelle zone fredde continentali dell’Europa e dell’Asia centrale e nelle regioni polari, ancora altre centinaia di milioni (tra cui circa 58 milioni di Italiani) vivono nei climi così detti temperati dell’Europa e dell’Africa meridionale e del sud America. I climi contraddistinti nelle diverse zone sono ben differenti e per tale motivo questi milioni e milioni di persone che vivono in ambienti tanto differenti hanno dovuto mettere a punto, nel corso della loro storia, particolari strategie per ricavare dall’ambiente in cui vivono o hanno vissuto, tutti gli alimenti necessari per soddisfare i loro fabbisogni alimentari per l’organismo; energia per consentire la crescita di organi e tessuti e farli funzionare; proteine per creare nuovi tessuti e sostituire quelli vecchi; sali minerali per formare, come nel caso del calcio, l’impalcatura scheletrica, o per entrare nella struttura di alcune molecole essenziali al funzionamento dell’organismo; vitamine per regolare le funzioni metaboliche e così via. Le strategie messe in atto per ottenere i nutrienti e l’energia necessari erano e sono molto differenti poichè differenti sono le caratteristiche fisiche e socio-economiche degli ambienti di produzione. Infatti, gli alimenti, non si ottengono indifferentemente ovunque, né sono sempre disponibili per tutti, anche se presenti nei mercati. Non è perciò un caso che da circa 10000 anni sia iniziata la domesticazione del frumento in una zona temperata del medio oriente e non in una zona a clima freddo e, quasi nella stessa epoca, alla domesticazione del riso nelle zone irrigue dell’Asia o del mais negli altipiani dell’America centrale. Anche nelle zone di foresta equatoriale non è stato il caso che ha favorito lo sviluppo di colture come la manioca, la palma d’olio, la banana; queste colture infatti ricevono solo una scarsa quantità di radiazione solare ma si avvantaggiano del prolungamento del loro periodo vegetativo (300-400 giorni). Lo stesso discorso vale per alimenti di origine animale: il cammello nelle zone aride, le capre nelle zone fredde di montagna, i grandi bovini nelle pianure ricche di pascoli nelle zone temperate. Si può quindi parlare di una geografia degli alimenti che si trova alla base delle abitudini alimentari delle popolazioni, come si parla di una geografia fisica, riferendosi al modo in cui le popolazioni rispondono al clima, o di una geografia economica per i mezzi di sussistenza di cui esse dispongono o di una geografia politica quando si parla di nazioni, di leggi ecc... L’uomo è membro di una società che egli intende rispettare e dalla quale è condizionato, tra cui anche quelle che riguardano il comportamento alimentare. In questo senso possiamo parlare di cultura alimentare, cioè di una mediazione tra i bisogni dell’uomo e l’ambiente che deve fornire gli alimenti necessari a soddisfarli. Quando assume cibo, l’uomo risponde coscientemente o incoscientemente a due tipi di necessità: apportare con gli alimenti le sostanze nutritive necessarie al buon funzionamento dell’organismo ed esprimere la sua cultura attraverso quello che mangia. Ad oggi coesistono sul pianeta differenti tipi di economie alimentari che possono essere così individuate: economia di sussistenza, economia di mercato, economia mista, economia basata sulla caccia e sulla pesca, economia basata sulla pastorizia nomade ed economia dei cacciatori e raccoglitori. Man mano che la tecnologia avanza come componente dell’economia alimentare e l’uomo si distacca da antiche competenze acquisite in anni di cultura, diventa necessario non perdere di vista due aspetti: conoscere la composizione degli alimenti dal punto di vista nutrizionale e conoscere i bisogni nutrizionali dell’uomo. Lorena Falci Bianconi
SOLAREXPO: CON "ECO 100 CASA" GARANTITA MASSIMA EFFICIENZA ENERGETICA Si chiama "ECO 100 CASA" la nuova proposta di Punto Fotovoltaico per garantire all'abitazione la massima efficienza energetica, presentata in occasione del salone Solarexpo alla Fiera di Verona. Con questa novità, Punto Fotovoltaico, la prima rete dedicata all'offerta di soluzioni per il risparmio energetico, ha scelto di puntare sulla casa ecologica diversificando il proprio business fino ad oggi fortemente focalizzato su impianti fotovoltaici. Quello di "ECO 100 CASA" è un sistema integrato chiavi in mano che combina un mix di soluzioni impiantistiche progettate su misura (fotovoltaico, solare termico, pompa di calore, sistema di accumulo, climatizzazione, illuminazione a led) per assicurare benessere termico ed efficienza energetica all'abitazione. Si tratta di un sistema innovativo di ottimizzazione energetica modulare completamente plasmabile secondo le esigenze di ogni singola abitazione. Si parte dal check-up energetico dell'immobile esistente, nuovo o da ristrutturare, per individuare il sistema di soluzioni tecnologiche integrate su misura. "ECO 100 CASA" può essere abbinato o svincolato dagli impianti di riscaldamento convenzionali ed è una soluzione in grado di fornire un contributo al raggiungimento del famoso obiettivo 20/20/20 fissato dal Consiglio Europeo nel 2007, ma soprattutto un prodotto capace di garantire all'utente finale la massima efficienza energetica e un sensibile risparmio nei costi.
46
47