La Pagina Settembre 2021

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1996 2021

YEAR ANNIVERSARY

Numero 187 Settembre 2021

Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

TURISMO a Terni PROGETTI o CANZONI?

Fisioterapia e Riabilitazione

Zona Fiori, 1 - Terni - Tel. 0744 421523 - 0744 401882 www.galenoriabilitazione.it Dir. San. Dr. Michele A.Martella - Aut. Reg. Umbria DD 7348 del 12/10/2011


Settembre 2021

Ai miei tempi!

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Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni. Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Tipolitografia: Federici - Terni

AMELIA SUPERCONTI V. Nocicchia; ARRONE Marcello Frattesi, P.zza Garibaldi; ASSISI SUPERCONTI S. Maria degli Angeli; CASTELDILAGO; NARNI SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; NARNI SCALO; ORTE SUPERCONTI V. De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI - Strada della Direttissima; RIETI SUPERCONTI La Galleria; SPELLO SUPERCONTI C. Comm. La Chiona; STRONCONE Municipio; TERNI Associazione La Pagina - Via De Filis; CDS Terni - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL - V. Tristano di Joannuccio; BCT - Biblioteca Comunale Terni; COOP Fontana di Polo Via Gabelletta; CRDC Comune di Terni; IPERCOOP Via Gramsci; Libreria UBIK ALTEROCCA - C.so Tacito; Sportello del Cittadino - Via Roma; SUPERCONTI CENTRO; SUPERCONTI Centrocesure; SUPERCONTI C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati.

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A.Melasecche

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Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le Marconi;

G. Raspetti

LE SEEDBALLS DEL KENYA…

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore editoriale Giampiero Raspetti Grafica e impaginazione Provision Grafica Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 3482401774 - info@lapagina.info www.lapagina.info

DOVE TROVARE La Pagina

Turismo a Terni? L.Santini

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PENSARE A TERNI R. Ruscica, G. Porrazzini

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BMP elevatori su misura Ottica MARI CI SENTI PIERA Salute e Bellezza Da dove vengono i rom di Latina F. Patrizi CMT Dallo smart working non si torna indietro M. Colonna Creare Cultura La Penna Rossa Asteroide Sapiente E. Squazzini Collegati ma non connessi V. Iacobellis Ingrossamento dei linfonodi ascellari dopo vaccino Covid L. Fioriti Metodi contraccettivi: a ciascuno il suo G. Porcaro La lussazione della rotula V. Buompadre VILLA SABRINA - residenza protetta CONVEGNO: Malattia di Alzheimer e demenza senile Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni CONVEGNO: La Traumatologia della Strada Curarsi con la lettura dei gialli Carlo K. Bare VANO GIULIANO LA PAGINA LENERGIA LA DELEGAZIONE AICC di Terni compie 25 anni L'Aurora Caldo record, stregonerie e gli zombie di Valentano A. Marinensi LA TRIBÚ UMANA S. Raspetti Spenti gli incendi, andrà tutto bene? P.L. Seri SIPACE Group Le Persèidi P. Casali MADONNA VALNERINA D’estate facevamo le cartucce V. Grechi ARCI EC + PROVISION

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AI MIEI TEMPI! L

Loretta SANTINI

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a Pagina, che aveva chiuso i battenti con l’inizio dell’estate, riprende la sua attività di informazione: siamo sulla breccia, combattivi e determinati più che mai! Avrei voluto parlarvi del covid e delle vaccinazioni, del cambiamento del clima e quindi del caldo afoso, degli incendi e delle alluvioni. Avrei desiderato soprattutto trattare i tragici avvenimenti in Afghanistan. Ma lascio agli esperti questi enormi argomenti del resto ampiamente trattati sui social spesso con aspri contrasti e dissonanze di opinioni. Così ho deciso di parlare di una piccola cosa che riguarda la nostra città che, come succede ormai per tante altre questioni, ha scatenato critiche, fazioni, divergenze che rasentano il conflitto. Parlo del concerto tenuto all’anfiteatro di Terni il 29 agosto del cantante Sangiovanni, nome d’arte di Giovanni Pietro Damian, il giovane che a maggio 2021 ha raggiunto la finale nella trasmissione Amici, trionfando nella categoria cantanti e piazzandosi secondo nella classifica generale. Seguitissimo e amato dai giovani, vanta oltre un milione e mezzo di follower solo su Instagram. L’evento è stato organizzato dal Comune e i biglietti sono andati sold out in appena un’ora. Le polemiche più aspre si sono scatenate in merito al budget del Comune (troppo alto rispetto agli incassi previsti), al costo del biglietto (troppo esoso per i giovani e per le famiglie e definito per questo “assurdo”), alla possibilità di favorire l’accesso a tutti, forse in barba ai problemi di assembramento che si sarebbero creati. Critiche amare sono venute da parte di quelle associazioni che da anni si barcamenano per trovare i finanziamenti per concerti, festival e manifestazioni musicali di valore da fare a Terni, talvolta rese possibili solo grazie a sacrifici e al volontariato di chi le organizza. In merito alla questione finanziaria non entro nel merito se non per ricordare che i personaggi famosi, di qualsiasi categoria, si pagano proprio perché hanno la capacità di richiamare l’attenzione e coinvolgere più pubblico. Meno che mai mi esprimo sulle scelte operate dal Comune.

La questione su cui vorrei invece soffermarmi è un’altra. Sui social ho letto critiche molto discutibili che suonano più o meno così: “ma questa vi pare cultura?”; “ma si può far fare un concerto a un ragazzo stonato”; “ma si possono ascoltare canzoni così sciocche, melense, senza un contenuto e prive di musicalità?” Non è la prima volta che la scelta di tenere certi concerti è considerata controversa. Ricordo quelli di Vasco Rossi del 1987 nella zona di Cospea (famoso per la sassaiola con cui si concluse) e quello allo stadio nel 2005. Altri artisti di indiscutibile levatura culturale, quando si sono esibiti a Terni, non hanno avuto quell’attenzione o accoglienza che avrebbero meritato, nonostante la buona volontà degli organizzatori: ad esempio i Porcupine Tree (2001) e gli Afterhours (2004) hanno dovuto esibirsi all’interno di due squallidi parcheggi; i King Crimson si rifiutarono di esibirsi a Villalago; Peter Hammill ha suonato due volte a Terni, nel 2001 e nel 2017 (la registrazione di questo concerto è pure finita in un “live” ufficiale) eppure il pubblico era composto in buona parte da non ternani. Insomma, non è facile individuare criteri oggettivi a cui appellarsi per giudicare queste scelte. Penso solo che ognuno abbia i propri gusti musicali. Io, pur lontanissima da tutta la musica attuale, capisco i giovani perché vedo ripetersi quello che successe “ai miei tempi” quando i miei genitori si scandalizzarono perché mi entusiasmai quando al Festival di Sanremo Celentano si presentò con “24000 baci”, che fu una rottura rispetto alle canzoni di Claudio Villa, Nilla Pizzi ecc. Ognuno fa le sue scelte: chi ama l’opera, chi il jazz, chi il rock; altri amano i film, o il teatro o le trasmissioni televisive considerate commerciali; altri ancora le mostre d’arte e gli artisti di strada. Chi pratica sport, chi legge libri, chi dipinge, chi scrive poesie e romanzi. Tutte attività e passioni di pari dignità. Se vogliamo scomodare la parola cultura -una parola grossa usata spesso a sproposito- ricordiamoci però che la musica è cultura, non solo quella classica e paludata, ma tutta, dal rock, alla techno, al rap: sono linguaggi, emozioni, suoni e ritmi in cui i giovani di ogni generazione si riconoscono, si relazionano e cercano di costruire una propria identità, nuova o comunque diversa da quelle dei genitori. “Ai miei tempi” è un’espressione nostalgica e obsoleta, pretestuosa e limitante: essa nasconde un giudizio negativo sul presente e un elogio del passato. Ambedue, passato e presente, vanno confrontati sì, sviscerati nei loro aspetti negativi e positivi, ma vanno capiti, senza acredine, senza presunzione, senza quel poco e tanto di livore che spesso gli anziani e i vecchi ci mettono davanti a qualsiasi manifestazione attuale. Buon ascolto!



TURISMO A TERNI Giampiero RASPETTI

PROGETTI O CANZONI?

Moltissime le presenze turistiche nei deliziosi borghi della nostra Valnerina. Il numero di visitatori della Terni Cascata delle Marmore è sempre crescente, ma anche se tali aspetti soddisfano addetti al turismo e alcuni sindaci, credo si sia ancora lontanissimi da quanto questa stupenda terra meriterebbe. A Terni città, invece, di turismo nemmeno l’ombra, neanche si trattasse di una zona fantasma dove non si deve andare, come è per l’area 51 del Nevada. Là, dovendo lavorare su segreti militari relativi ad una tecnologia all'avanguardia (moduli lunari ecc.), si imponeva la massima segretezza, ragion per cui l'immarcescibile credulità ha fatto dilagare la voce che il top secret era causato dall'essere ivi in custodia extraterrestri ed ufo di vari colori, forme, mostruosità e gusti particolari. Di tutto questo quei furbacchioni erano certi e tacciavano il resto del mondo di essere o stolto o servitore acritico dei poteri forti. Da noi, in città, invece, non si pensa né al turismo, né agli ufo. Non si pensa proprio. Però anche qui, come nel resto del Paese, la dabbenaggine si ripete: si crede in cose che non stanno né cielo né in terra, ma di cui non si sa spiegare la più piccola virgola! Si crede ancora, ad esempio, in un San Valentino che non è mai esistito e nemmeno si sa qualcosa delle leggende (non italiane) che lo riguardano! Smettiamola allora con questa ignoranza pecoreccia e con chi la sfrutta politicamente! Credo sia opportuno riaffermare la frase di Solone: Ciò che non sai, non dirlo, cui fa eco, dopo due millenni e mezzo, la proposizione 7 del Tractatus LogicoPhilosophicus di Ludwig Wittgenstein: Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere. Non si può non aggiungere: Se sai dimostrarlo, dillo e dimostra, altrimenti taci e smettila di irretire il prossimo. Sappi, soprattutto, che chi favorisce pericoli mortali è un criminale! Cominciamo dunque ad impegnarci, accompagnati solo da coscienza e scienza! In Terni priva di visitatori è come se non esistesse alcuna politica a favore del turismo. Non si capisce, poi, perché si spenda tanto per opuscoli illustrativi (a volte recanti addirittura gravi errori o sviste) che rimangono a far polvere e muffa negli scaffali delle agenzie turistiche e che nulla hanno a che spartire con la promozione turistica. Nemmeno è esaltante, poi, fungere solo da passacarte delle richieste che arrivano negli uffici ed imitare così gli impresari teatrali (i quali, a onor del vero, rischiano soldi propri, non quelli degli altri) con l’organizzare spettacolini saltuari, ad capocchiam. Serve invece la Politica, inserire cioè ogni azione in un contesto progettato e confrontato. Altrimenti Terni non farà mai parte, come oggi evidente, del fantastico mondo che vivifica le sponde del Nera.

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Eppure, Città di Terni e Fiume Nera sono la stessa cosa, come tutti ormai sanno. Però, anche se a Terni Papigno si realizzasse la Città dei giovani e della scienza, con tanto di albergo, necessario soprattutto per i turisti (progetto del quale parlo nel libro La Terra Promossa di prossima uscita), ebbene gli stessi ospiti ben difficilmente farebbero visita a Terni Centro. Infatti, cosa si offre, quali eventi, quale idea, quale promozione? Occorrerà allora capire cosa e come fare perché la nostra città non solo possa essere in grado di accogliere parte di quel fiorente flusso turistico, ma, addirittura, in quanto città guida e volano della Terni dell’ISTAT, possa riuscire a potenziarlo. Sarebbe molto importante se ci fosse, nel merito, un confronto pubblico con gli addetti alla cultura e allo sviluppo turistico cittadino che, pur ricevendo emolumenti non disprezzabili, hanno sempre fornito risultati non pervenenti. L'incontro con me è ritenuto del tutto inutile, anche se coordino uno straordinario gruppo di validissimi ed onorati studiosi. Sicuramente non sono ritenuto all'altezza, infatti non ho mai ricevuto o riscosso niente da alcuno, anzi ho la disgraziata abitudine di pagare sempre di tasca mia qualsiasi progettazione, volta al bene della comunità, che organizzo. Ed ho anche la sfrontatezza (qualcuno potrebbe, temerariamente, parlare di coraggio e di onestà) di scrivere quello che va girovagando nella mia marginale mente, così che, di fronte agli scripta manent, ognuno possa liberamente schernire, abitudine invero consolidata, ma mai compiuta in mia presenza o in seduta pubblica alla quale, prima o poi, covid, alchimisti primordiali e stregoni analfabeti permettendo, si arriverà! Insieme agli intellettuali, pregiatissimi, che collaborano al progetto La Terra Promossa, mi onoro di incarnare il ruolo dei Senatori della città, come già descritto nel mio ormai datato libro. Il nostro comune agire non deve essere confuso con quelli di una variopinta pletora di candidati al Parlamento nazionale che già briga per procacciarsi, con i soldi degli altri, dei cortigani. I Senatori della città hanno già, tutti, dato mostra di idee e di progetti a favore della città, mentre gli aspiranti al vitalizio possono solo sperare di mettersi in fila, ben allineati, al servizio di qualche capitano di ventura. I primi colti, fieri e liberi, cercano il dialogo con tutti. I secondi fuggono il confronto come dalla peste. I primi progettano, indicano linee intelligenti per il futuro della città, gli altri si agitano solo per far veder che stanno facendo qualcosa. I primi sono pronti a dare senza chiedere, men che meno denaro pubblico. I secondi sanno solo accumulare mandati, emolumenti, complicità non chiare né ortodosse.


I Senatori della città si impegnano solo gratuitamente perché chi ha già dato ed è bravo e saggio non prende soldi dagli altri, per non ridursi a mercenario; non vogliono emolumenti o incarichi, perché già troppo impegnati, disinteressatamente, a favore del proprio prossimo. Propongo adesso, con un fil di voce, una mia semplice idea-progetto in merito a quanto si potrebbe elaborare per far sì che chi visita i borghi scelga anche di far tappa a Terni. La Terni Centro che descrivo nel libro, la Terni del nuovo Cardo e del nuovo Decumano, non conoscerà traffico motorizzato ammorbante; sarà profumata, verde e sempre in fiore, con i Musei che già abbiamo e con quelli (molti e di pregio assoluto) che realizzeremo, con botteghe artigiane, negozi di prodotti tipici o di articoli riguardanti le nostre tante ricchezze, San Valentino in particolare, e presenterà una ristorazione in funzione turistica, cioè eccellente, servita da addetti socievoli, sorridenti, seri. Terni dovrà soprattutto offrire quello che potrebbe essere difficile trovare nei piccoli centri, la possibilità cioè di assistere ad eventi culturali e a spettacoli di arte varia non solo nelle ampie Piazze, ma anche in luoghi molto spaziosi ed accoglienti, adatti, in particolare, per le serate estive, come l’Anfiteatro Romano, Piazzale Frankl, la Villa della Provincia, Carsulae. Un unico MANIFESTO che presenti, ogni anno, spettacoli di rilievo, pensato in particolare per Terni, pubblicizzato adeguatamente in un amplissimo territorio, creerebbe certamente sinergia tra le tante diradate manifestazioni e consentirebbe a molti turisti della Valnerina di trascorrere, anche nella nostra città, serate culturali di eccellente rilievo. Chi potrebbe realizzare questo, se non gli assessorati preposti che, per ufficio, devono non solo creare una prospettiva progettuale globale, ma anche coordinare lo stesso tessuto culturale territoriale? Non devono, di certo, fornire solo robette estemporanee di piccolissimo ed effimero cabotaggio. Si tenga, invece, nella dovuta considerazione la grande professionalità dei musicisti dell’Istituto Briccialdi e di valentissimi artisti come Riccardo Leonelli e Stefano De Majo ai quali affidare responsabilità di coordinamento.

Nel manifesto stesso occorrerebbe pubblicizzare anche un CALENDARIO DI MERCATINI PERIODICI (li vedo bene in Largo Frankl) dei prodotti tipici della Valnerina (dal vino all’olio, dal tartufo al pesce di fiume e di lago, dal pane alla pasticceria, dalle erbe ai legumi ai cereali alla frutta, accompagnando il tutto con coloratissimi angoli delle spezie o con mercati particolari di ottimo livello, confronti tra pani, tra vini, tra olii ecc. Anche di questo manifesto e di questo mercato cominciamo ad occuparci noi senatori visto che di idee eretiche ne abbiamo in abbondanza. Io stesso sto elaborando tale manifesto e, in collaborazione con una agenzia di promozione turistica della Capitale, cerco di far conoscere (ovviamente tutto a mie spese!) quanto di bello si stia facendo in parte della Valnerina e quanto si potrebbe fare in Terni. Volersi servire dei dieci ettari di Papigno per fare quel che può esser fatto in ambienti molto più limitati e, al contempo, mandare al macero quel tanto che già c'è, non è da dilettanti, è da teste pericolanti. Non c'è infatti alcun bisogno, oggi, di locali mastodontici per le scenografie: sono molti i casi per i quali non servono più grandi teatri di posa per girare le scene. Questo grazie alla possibilità di generare scenari virtuali, generati dal computer, in cui far muovere gli attori. Il Videocentro, ad esempio, può ancora servire benissimo per eventuali occorrenze. Ci sono, in Terni, grandi palazzi vuoti, da riempire con progetti e con idee, non certo con zucche vuote e broccoletti. Chi dunque, magari perché cortigiano degli immancabili benefattori esterni, non sapendo tenere in giusto conto la dirompenza della tecnologia digitale, puntasse ancora su progetti nati 30 anni fa e vecchi oggi di 300 anni, farebbe un danno enorme, soprattutto perché toglie risorse a progetti veri, assolutamente prioritari. Basterebbe invece avere una idea globale per il futuro della città, rispondere cioè all'interrogativo: quello che faccio, strade, segnaletica, luci, per quale città lo faccio? Per la città che non c'è più? Se, dunque, non si riesce ad essere realmente smart, si possono solo costruire cattedrali già morte. Non c'è più tempo per girovagare o per celiare.

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CONTRO L’EARTH OVERSHOOT DAY GLOBALE,

LE SEEDBALLS DEL KENYA…

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Alessia MELASECCHE alessia.melasecche@libero.it

’Earth Overshoot Day, ovvero il “Giorno del Superamento Terrestre”, in passato chiamato anche il “Giorno del Debito Ecologico”, è il giorno che segna l’esaurimento delle risorse rinnovabili che la Terra è in grado di rigenerare in un anno. Il calcolo si effettua dividendo la “biocapacità del pianeta” (stimata attraverso la quantificazione della superficie dei terreni ecologicamente produttivi che sono presenti all’interno dell’area in esame) in quell’anno, per “l’impronta ecologica dell’umanità” (ovvero la domanda dell’umanità per quell’anno) e moltiplicando per 365 giorni. È il Global Footprint Network che effettua il calcolo dell’impronta ecologica a livello globale per ciascun Paese. L’Italia, nel 2021, ha esaurito il suo “budget” molto presto, ovvero il 13 maggio, e da allora è in debito con la Terra per l’alimentazione (frutta, verdura, carne, pesce, acqua, etc.), l’energia (legna, combustibili, etc.) e molto altro. A quanto pare, l’Italia avrebbe bisogno delle risorse di 2,7 Terre per arrivare alla fine dell’anno! A livello globale non è che le cose vadano granché meglio, dato che ogni anno la data è sempre anticipata: nel 1971, per esempio, la giornata era stata individuata nel 22 dicembre, assumendo che nel 1969 e nel 1970 non vi fosse stato sforamento, e via via negli anni sempre prima. Dunque, il Pianeta, dal 29 luglio 2021 utilizza terreni, acqua, risorse minerarie, etc. dell’anno prossimo, sovra-sfruttandoli. Le stime prevedono che procedendo con questa velocità intorno al 2050 l’umanità consumerà ben il doppio di quanto la Terra sia in grado di produrre in un anno. Fortunatamente c’è anche chi lavora in controtendenza. Tra questi, vale la pena citarli, due imprenditori hanno progettato delle rivoluzionarie palline di carbone con un cuore di semi e concime per “riforestare” l’arido territorio del Kenya. Si chiamano seedballs, ovvero “palle di semi”. Il progetto è nato per combattere la grave deforestazione che sta colpendo il Kenya e prevede un metodo, tanto semplice quanto

Il Pianeta, dal 29 luglio 2021 utilizza terreni, acqua, risorse minerarie, etc. dell’anno prossimo, sovra-sfruttandoli.

innovativo, che permette di piantare un grandissimo numero di alberi in tutta sicurezza, basti pensare che sono sufficienti venti minuti per dar vita a ventimila nuove piante. Il segreto delle seedballs risiede proprio nell’involucro di carbone, che impedisce a insetti, uccelli e altri animali di mangiare i semi prima che si trasformino in piantine. Il guscio è progettato per proteggerli sino all’arrivo della prima pioggia, dissolvendosi al momento opportuno e lasciando germogliare la pianta. Tra i fattori di successo delle seedballs vi è anche il costo estremamente ridotto: per ripristinare un ettaro di terreno arido in Kenya, infatti, con i metodi tradizionali sono necessari 160 dollari, mentre con le seedballs ne bastano solo 8. I due ideatori hanno già stipulato accordi con le compagnie che noleggiano elicotteri e simili, per lasciare sacchetti di palline sotto i sedili di tutti i velivoli, in questo modo turisti e viaggiatori possono divertirsi a riforestare il territorio kenyota lanciando le palline fuori dal finestrino durante i vari sorvoli. Anche le scuole sono state coinvolte, con moltissimi studenti che si divertono a lanciare le seedballs con le tipiche fionde locali, i manati in swahili. Naturalmente a simili progetti si affiancano strategie di semina mirate e programmate e non solo in Kenya. Più attenzione al problema da parte di tutti e un maggior numero di progetti simili, saranno indispensabili affinché i futuri Earth Overshoot Day invertano la marcia ed inizino ad allontanarsi nel tempo.

GRAZIE per il vostro contributo volontario del 5xmille. Indicate sul vostro Mod. 730 / UNICO il codice fiscale

dell'Associazione Culturale La Pagina 01484960552.

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Da dove vengono i rom di Latina

Un ricordo di Antonio Pennacchi

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Francesco PATRIZI

n seguito alla bonifica dell’Agro Pontino ad opera del governo fascista, vennero create delle città per accogliere gli agricoltori che dovevano lavorare la terra, tra queste Littoria, oggi Latina, che venne popolata con l’esodo forzato di coloni veneti, friulani e ferraresi. Seguirono gli esuli giulianodalmati, a cui si aggiunsero negli anni i rimpatriati di Libia e Tunisia; l’ultimo flusso migratorio è stato quello proveniente dai paesi dell’est, dalla Polonia, dall’India, dal Pakistan e dal Bangladesh. Quando ancora c’erano le paludi, gli unici abitanti della zona erano i nativi dei monti Lepini e, a quanto pare, gli zingari che commerciavano animali. I rom di Latina sono più di 500, su una popolazione totale di circa 150 mila abitanti, dicono di provenire dall’Abruzzo, dove vendevano bestiame, mentre la loro leggendaria discendenza risalirebbe al 1400, quando regnavano in Egitto. La notizia ha un qualche fondamento storico. Nel 1422 si registra la presenza in Italia di tale Andrea, duca d’Egitto, cacciato dal re d’Ungheria insieme alla sua comunità (400 persone circa) con l’accusa di aver rinnegato la religione cristiana. Il duca era venuto in Italia con la sua truppa di accattoni chiedendo perdono al Papa; ottenuta una bolla di libera circolazione, era stato ospitato in varie città europee, dove il suo seguito non lasciò un buon ricordo. Questa abitudine a cambiare città continuamente caratterizzò la comunità, con problemi annessi che portarono, nel 1522, il governatore di Roma ad emanare un editto che proibiva loro l’ingresso in città. Lo storico Istvan Valyi, nel XVIII secolo, smentisce la provenienza della comunità dall’Egitto, forse si trattava dell’Epiro, situato tra la Grecia e l’Albania.

L’ipotesi di Valnyi è che, intorno all’anno 1000, questa comunità venne cacciata dall’India all’indomani dell’invasione afgana. La migrazione la portò in Persia e nel Caucaso, da lì in Romania e in Epiro, da loro chiamato Egitto e da cui deriverebbe l’appellativo egiziani-zigani-zingari. Un’altra ipotesi identifica invece il primo nucleo rom nella setta eretica degli Athinganoi, cacciati dall’impero bizantino nel VI-VII secolo con l’accusa di stregoneria. Questa millantata cacciata dall’Egitto non ha portato fortuna ai rom, che sotto il Nazismo hanno condiviso con altri esuli, gli ebrei, la stessa sorte. Di sicuro i rom, in Italia, commerciavano bestiame sin dal 1500 e frequentavano le paludi pontine. Quando un abitante di Latina esclama “ma perché ‘nzene vanno, sti zingari?”, bisognerebbe spiegargli che i rom ci stanno da molto prima di lui. Antonio Pennacchi, scrittore e studioso di Latina scomparso questa estate, autore del celebre romanzo Canale Mussolini, nel convegno La transumanza nel Lazio Meridionale (tenutasi il primo dicembre 2019) ha ricostruito questa vicenda; l’intervento è pubblicato nel numero 6/21 della rivista Limes.

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ANCHE QUEST'ANNO SI RIPARTE IN SICUREZZA


Diversificare e adattarsi, le regole per le startup

Dallo smart working non si torna indietro U

Massimo COLONNA

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na startup con il portafoglio clienti fuori Terni, una nuova impresa che punta forte sul locale. Visioni e strategie differenti ma che hanno un comune denominatore: la necessità di adattarsi velocemente a un mondo del lavoro in frenetico aggiornamento. In modo da ridurre i rischi d’azienda. Dopo aver intervistato il sindaco Latini e dopo aver ascoltato tre imprenditori con un’attività consolidata nel tempo, La Pagina propone i punti di vista sul prossimo futuro della città, sotto il profilo economico/commerciale, di due realtà avviate negli ultimi anni. Da un lato Bloom - Spazio Condiviso, il coworking in pieno centro (via Galvani) lanciato dalle imprenditrici Giulia Tamburrini e Melanie Gregori; dall’altro la RDPower, azienda che si occupa di ricerca e sviluppo per conto terzi, di Emilio D’Alessandro e Simone Arca. Versatilità - “Abbiamo aperto questo spazio condiviso -spiega Giulia, architetto d’interni- il primo febbraio 2021. Quindi in piena pandemia. Già in precedenza avevano avviato un’attività del genere e durante il periodo più difficile legato al Covid abbiamo visto che c'era comunque molta richiesta di un nuovo approccio all’operatività, da parte di aziende e professionisti. Tanti erano spaventati e magari non uscivano nemmeno di casa, ma tantissimi chiedevano informazioni su come poter lavorare da noi, senza andare in ufficio e in piena sicurezza. Questo ci ha fatto capire che le modalità di lavoro ormai sono profondamente cambiate: e siamo andate avanti per la nostra strada”. Insieme a Giulia c’è Melanie, designer di interni. “Da noi vengono professionisti, studenti, docenti per la Dad: abbiamo un pubblico eterogeneo e la nostra parola d’ordine è la versatilità. Capiamo che è fondamentale essere pronti, come azienda, ad adeguarsi a nuove esigenze, che possono concretizzarsi anche all’improvviso, come capitato con il Covid. Per questo offriamo diversi servizi a diversi clienti: chi vuole la scrivania, chi vuole l’open space, chi una sala riunioni e chi un ufficio tutto per sé. Abbiamo tutto. In questo modo

riusciamo ad ampliare il nostro portafoglio. E di una cosa siamo sicure: il mondo del lavoro non tornerà indietro. Lo smart working resterà un paradigma per tutte le aziende”. Un non luogo - La RdPower fa ricerca per altre aziende. “Per le imprese avere un reparto che si occupa di ricerca e sviluppo è molto dispendioso -spiegano D’Alessandro, pescarese, e Arca, ternanoe noi occupiamo quella casella. Ci occupiamo non solo di progettare software e programmi nel settore dello sviluppo, ma anche della realizzazione”. La Rd Power è una startup nata dieci anni fa sfruttando i percorsi individuati dalla Regione: oggi ha due sedi (Terni e Pescara), e proprio questo rappresenta un punto fondamentale per essere riusciti a fronteggiare il periodo del Covid (ma anche la crisi del 2008) senza troppi scossoni. “Ci occupiamo in particolare del settore petrolifero e farmaceutico, nonché di prototipazione, ottimizzazione di processo, system integration. Abbiamo clienti da tutta Italia e anche internazionali (di recente hanno realizzato un software per il controllo qualità per un’azienda sudafricana, ndr). La pandemia? Le nostre commesse non sono calate. Anche perché abbiamo strutturato il nostro lavoro in maniera efficace: il fatto di poter contare su due sedi, vicino alle nostre abitazioni, ci ha permesso di poter tranquillamente continuare a lavorare anche in azienda in maniera autonoma, soprattutto per la fase di progettazione e condivisione. Un esempio: conti alla mano, nel 2019 abbiamo speso circa 12mila euro per spostamenti, tra riunioni a Milano e incontri in giro per l’Italia. Queste spese si sono abbattute, ma la produttività no: tramite il lavoro da remoto tutto è stato ottimizzato, senza far scendere i livelli qualitativi. Nel prossimo futuro il mondo del lavoro non potrà tornare indietro: ormai è chiaro a tutti che l’ottimizzazione dei tempi, dei costi, della salute dei dipendenti, conviene a tutto il sistema, sfruttando a pieno le nuove tecnologie. La strada indicata è quella e noi ci siamo avviati lungo questo percorso”.


CREARE CULTURA

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reare cultura in due direzioni: da Terni oltre i confini regionali e da qualsiasi altro posto fino a Terni. Puntando in particolare, per adesso, su Roma. Questo il progetto portato avanti dall’associazione culturale “La Penna rossa”, nata nella capitale grazie all’impegno dell’antropologa romana Maura Buzzini e del giornalista e scrittore ternano Massimo Colonna. Promozione di libri (scrittori emergenti e non, stile classico o sperimentale, largo alle contaminazioni), organizzazioni di rassegne culturali e di eventi, interviste con gli autori, corsi di scrittura creativa: queste le principali attività che l’associazione culturale in questi mesi ha iniziato a organizzare e promuovere lungo l’asse Terni-Roma, andata e ritorno. Il tutto con la preziosa collaborazione dell’associazione culturale “La Pagina” del professor Giampiero Raspetti il quale, condividendo in pieno gli obiettivi, ha sin da subito deciso di ospitare “La Penna rossa” sulle pagine del proprio mensile (con una tiratura di quattromila copie mensili a colori, distribuite gratuitamente in Umbria, in tutta la provincia di Terni e a Perugia, e nel Lazio, in particolare su Roma e Rieti) sul sito web e sulle pagine social. Ogni mese spazio quindi a interviste, riflessioni, recensioni per gli scrittori, che avranno così l’opportunità di confrontarsi con realtà diverse in maniera diretta, anche partecipando agli eventi che di volta in volta verranno organizzati dall’associazione. Un nuovo canale quindi a disposizione del mondo culturale ternano, da sempre molto attivo e che spesso ha incontrato, e incontra tuttora a causa della pandemia, difficoltà a uscire dai propri confini, a confrontarsi con visioni diverse, perdendo così opportunità di farsi contaminare e quindi crescere. In questo primo appuntamento il nostro spazio “Io ti recensisco!”, dedicato alle recensioni di autori emergenti o affermati e altri approfondimenti culturali che meritano attenzione. In più, la presentazione del progetto Tre Sequenze, che parte da Roma e che a breve punterà anche su Terni. PER CHI FOSSE INTERESSATO, ecco i nostri contatti: lapennarossa.ac@gmail.com infomassimocolonna.it Instagram: lapennarossa_associazione Facebook: La Penna rossa_associazione culturale

IO TI RECENSISCO!

Titolo: Una rabbia semplice Autore: Davide Longo Editore: Einaudi Stile Libero Big (2021) Finalmente un detective imperfetto, con un cane a tre zampe che si trascina dietro, simbolo di tutto quello che lascia a metà: un matrimonio, un padre assente, un amico malato, una psicoterapeuta che definisce pazza. Un personaggio fantozziano per cui si finisce persino per provare tenerezza e riderne durante durante la lettura. Davide Longo in “Una rabbia semplice” ci porta in una nuova indagine del commissario Arcadipane, l‘alter ego piemontese di Montalbano, con qualche chilo in più e nessun balcone fronte mare. Anzi, Arcadipane si distingue anche in questo, dopo la separazione, vive in una stanza affittata nell’abitazione di una vecchina che lo sfama e lo controlla, ingaggiandolo in misteri condominiali. Un personaggio tutto da scoprire, che restituisce al giallo un personaggio quasi ridicolo e per questo unico nel suo panorama! Sara Dellabella

TRE SEQUENZE

Tre Sequenze: la rivista giovane che racconta la città di Lavinia Micheli

Vi è mai capitato di camminare per una città e infine di perdervi tra le sue strade? Il desiderio di perdersi alla maniera di Walter Benjamin, che lo intende come pratica dello smarrirsi in una città come lo si farebbe in una foresta, costituisce l’anima di Tre Sequenze. Questa rivista, nata nell’aprile del 2020, nel pieno della pandemia dovuta al Covid-19, è frutto dell’esigenza di raccontare spazi e luoghi secondo tre punti di vista, che si uniscono a formare una sorta di lente d’ingrandimento: il primo -il più inglobante- è quello della città; il secondo racconta le attività culturali che la animano; il terzo passa direttamente attraverso le esperienze degli abitanti che in essa vivono. La redazione è composta da giovani di età compresa tra i 25 e i 30 anni, che vengono da percorsi di studio diversi: dalla filosofia al design, passando per l’antropologia, la letteratura straniera e il cinema, il disegno. Il segreto della nostra rivista è un saldo spirito di gruppo e la prospettiva multilaterale con cui indagare la città e le sue storie. Oltre ad articoli ed interviste pubblichiamo poesie e racconti inediti, per questo siamo sempre aperti a collaborazioni esterne. A maggio 2021 è uscito il nostro primo documentario sul quartiere Ina Casa Tuscolano di Roma, indagato insieme a Clara Corsetti, giovane storica. «Noi siamo carne e geografia» come dice l’antropologo Franco La Cecla. Significa che lo spazio che abitiamo è lo specchio della nostra identità, per questo non vediamo l’ora di continuare a raccontarlo insieme a voi. LINK UTILI: Sito Web: Facebook: Instagram: YouTube:

www.tresequenze.com Tre Sequenze @tresequenze Tre Sequenze

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Viviamo in un mondo che cambia

L’Asteroide SAPIENTE L

Enrico SQUAZZINI

a distruzione legata all’impatto di asteroidi non è un fenomeno nuovo sulla superficie del nostro pianeta. Durante il suo passato geologico la Terra è stata letteralmente bombardata e con una frequenza praticamente impossibile da immaginare dato che le cicatrici sulla superficie solida, ossia i crateri, sono state obliterate dai processi erosivi. Del resto questi, prima o poi, spianano e cancellano tutte le forme superficiali precedenti rinnovando costantemente la geomorfologia. Se proprio vogliamo farcene idea possiamo dare un’occhiata alla superficie del nostro satellite naturale, la Luna, dove in assenza totale di erosione non esiste area che non sia occupata da crateri da impatto. Per la verità, sulla Terra si può avere contezza del fenomeno in modo indiretto, attraverso gli effetti che l’impatto di un corpo celeste è in grado di provocare sugli organismi viventi. L’esempio più famoso e che ormai tutti conoscono è quello che ha visto coinvolti i Dinosauri e molti altri gruppi di organismi, marini e continentali, alla fine dell’Era Mesozoica intorno ai 63/65 milioni di anni fa. Questi andarono incontro all’estinzione per una concatenazione di eventi ambientali fra cui la più suggestiva fu, appunto, l’impatto di un grande asteroide. È presumibile che le conseguenze dell’arrivo del corpo celeste costituissero soltanto il colpo di grazia nel quadro di una situazione che per molti gruppi, forse per tutti quelli implicati, era divenuta insostenibile a causa dei profondi cambiamenti climatici ed ambientali in atto già da tempo. Attualmente l’opera di monitoraggio di corpi celesti vaganti per il Sistema Solare, condotta costantemente da astronomi specializzati, non

L’opera di monitoraggio di corpi celesti vaganti per il Sistema Solare non evidenzia la possibilità che possano verificarsi impatti di vasta portata per il prossimo futuro.

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evidenzia la possibilità che possano verificarsi impatti di vasta portata per il prossimo futuro. Eppure noi, che amiamo non farci mancare nulla, nonostante non si intravedano all’orizzonte pericoli immediati siamo piuttosto bravi a procurarci i problemi con le nostre stesse mani. Non a caso, abbiamo imbastito una condizione la cui natura è del tutto diversa rispetto allo schianto di un “masso” spaziale ma che sta arrecando modificazioni così profonde all’ecosistema globale da potersi confrontare con gli stessi effetti provocati dalla caduta di un enorme corpo celeste, e forse anche di più. Siamo noi stessi, con le nostre molteplici attività, ad impersonificare la “roccia cosmica”. Non è tanto il numero di queste attività ma, piuttosto, sono i modi in cui le svolgiamo a deturpare l’ecosistema in modo irreversibile. Le concentrazioni anomale di gas ad effetto serra che continuiamo ad immettere in atmosfera ne modificano i parametri chimici e fisici destabilizzando lo stato di equilibrio dinamico in vigore fino ad oggi, tant’è che l’estremizzazione dei fenomeni climatici è solo una parte delle reali conseguenze che possono derivarne. Le modifiche che induciamo nell’ecosistema, fra occupazione di spazi vitali sottratti agli altri organismi, inquinamento che rende altri spazi invivibili perfino a noi stessi e modificazione della copertura vegetale, inducono anticipatamente molti gruppi sull’orlo dell’estinzione, senza considerare tutti quelli già estinti sempre per colpa nostra. Insomma, mi sembra piuttosto chiaro quale possa essere il giusto appellativo in grado di riflettere le ripercussioni indotte in seno all’ecosistema dalle nostre scellerate attività e nell’arco di appena qualche centinaio di anni. Un asteroide sapiente sembra proprio il termine adatto. Dovremmo interrogarci seriamente sul tipo di pianeta che intendiamo consegnare nelle mani delle giovani generazioni.


COLLEGATI MA NON CONNESSI

Colui che desidera assicurare il bene degli altri si è già assicurato il proprio.

CONFUCIO

I Valeria IACOBELLIS

n questa frase è racchiusa una grande verità: l’uomo non esiste senza l’interconnessione con gli altri. Noi oggi invece viviamo in un paradosso. Nell’era della digitalizzazione, degli smartphone, dei social, di internet che dovrebbe accorciare le distanze tra le persone, sperimentiamo invece, come mai prima d’ora, un grande vuoto, un profondo senso di solitudine e smarrimento, con tutto il bagaglio di paura e rabbia ancestrali che invadono il web. Siamo collegati fisicamente alla “grande rete”, possiamo raggiungere velocemente l’altro capo del pianeta, gli scambi sono facilitati, ma non siamo davvero connessi gli uni agli altri. La disarticolazione della società moderna genera individui isolati ed autoreferenziali, alla stessa velocità delle nuove tecnologie sempre più performanti. Abbiamo la disponibilità di una miriade di mezzi di comunicazione, ma ci stiamo impoverendo interiormente, perché quello che difetta è l’autentica connessione degli individui, prima di tutto con la propria interiorità, quindi con i propri simili ed infine con la Natura. Alexis De Tocqueville scriveva: “Senza idee comuni non c’è azione comune e senza azione comune esistono gli uomini, ma non un corpo sociale”. Oggi non solo sperimentiamo la sofferenza del corpo sociale a causa della profonda crisi delle istituzioni, quali la famiglia, la scuola, lo Stato, non più in grado di mantenere il ruolo di centri ispiratori dei valori e dei comportamenti collettivi. A questa profonda crisi del corpo sociale va ad aggiungersi la progressiva disumanizzazione dell’individuo, anche a causa dell’ipertecnologizzazione, tanto da sembrare un’involuzione dell’homo sapiens, che è soprattutto capacità di pensare, a homo faber, mero produttore e consumatore, in una logica di mercato unidimensionale ed omologante. L’unica via di salvezza per gli uomini è la riscoperta della politica nella sua autentica accezione, come teorizzata da Aristotele ed ancor prima da Platone con il mito della caverna. Non la visione realistica di politica imperante ai giorni nostri come mera conservazione del potere. Si dovrebbe recuperare il significato etimologico del termine politica: dal greco polis, città stato, quindi entità di governo dei cittadini, non solo sul piano sociale ed economico, ma anche e soprattutto etico-morale e culturale. In sostanza per politica dovrebbe intendersi un organismo educativo

collettivo nei confronti del singolo, finalizzato al bene comune. È chiaro quindi che prima ancora del bene comune andrebbe perseguita e riscoperta l’autentica educazione, mentre oggi sperimentiamo solo la forma pragmatica ed omologante dell’istruzione. In questo solo negli studi classici e nella filosofia posso scorgere il faro per risvegliare e guidare le coscienze verso la liberazione. Plutarco sosteneva che “la mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma, come un fuoco da ardere, ha bisogno solo di una scintilla, che la accenda, che vi infonda l’impulso alla ricerca e il desiderio della verità”. Ecco cosa manca ai giorni nostri: la scintilla che accenda le menti degli uomini per farli uscire dal loro ristretto guscio di bisogni individuali alla ricerca della verità. È proprio nella separazione della politica dall’etica che può essere rintracciata l’attuale incapacità di riconoscere e servire il bene comune. I progressi della scienza andrebbero letti non solo in chiave meramente pragmatica e quindi materialistica, ma in una dimensione per così dire spirituale. La nuova fisica quantistica ha rivelato l’unità dell’universo dimostrando che non possiamo suddividere il mondo in particelle indipendenti l’una dall’altra. La natura è interconnessione. Nel riconoscimento di questa semplice verità fisica sarà possibile recuperare il senso delle nostre esistenze, che assumono sostanza e significato solo attraverso la relazione, rendendo possibile il fondamento del nuovo autentico umanesimo, perché nascerà dall’interiorità dei singoli individui, in un processo di adesione spontanea ai valori fondanti della vita. Se questo è l’obiettivo siamo tutti arruolabili nel compito di fare politica, partendo dall’individuo, che continua a cercare, a studiare, a porsi domande con coscienza critica, alle famiglie che pur nelle molteplici difficoltà crescono i figli, coltivando la relazione fondata sui valori etici, agli insegnanti nelle scuole, che ancora credono nella centralità del ruolo educativo, ai medici e agli infermieri negli ospedali, che svolgono il loro compito come una missione e alle associazioni culturali e di volontariato, che operano per l’interesse comune, fino ad arrivare alle istituzioni dello Stato, che di questa base umana sono lo specchio. Non c’è bene proprio senza bene comune. Siamo tutti connessi. Nessuno si salva da solo!

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Ingrossamento dei linfonodi ascellari dopo vaccino Covid È stato provato che le vaccinazioni intramuscolari contro il coronavirus 2019 (COVID-19) potrebbero indurre reattività dei linfonodi ascellari omolaterali che può essere erroneamente attribuita a un'anomalia maligna, provocando interventi ingiustificati, o può essere erroneamente attribuita alla vaccinazione piuttosto che al cancro, ritardando potenzialmente la cura del cancro. Perché si ingrossano i linfonodi? L’adenopatia regionale si verifica in quanto i vaccini per il COVID-19 vengono somministrati per via intramuscolare nel muscolo deltoide, dunque l’adenopatia si riscontra nella regione ascellare e sopraclavicolare, lì dove gli antigeni attivati localmente migrano dopo essersi accumulati nel punto in cui viene effettuata l’iniezione. Nei linfonodi avviene una sorta di allenamento dei nostri linfociti e il riconoscimento degli antigeni, come la proteina Spike del virus SARS-CoV-2. I linfonodi sono, cioè, una sorta di primo accampamento delle nostre difese immunitari. Le proteine Spike che le nostre cellule cominciano a produrre dopo il vaccino, vengono raccolte e portate nelle zone germinali dei linfonodi, dove sono presentate ai linfociti B, che poi produrranno gli anticorpi specifici. Sulla base dei dati preliminari di alcuni studi, la comparsa della linfoadenopatia

si associa ad una risposta anticorpale più elevata in termini di immunoglobuline G (IgG) contro il virus: una sorta di segnale che l’organismo sta preparando la sua difesa contro il coronavirus. In conclusione individuare un linfonodo sotto-ascellare dopo la vaccinazione non corrisponde ad avere una neoplasia al seno. Al contempo, sentire un linfonodo sotto-ascellare subito dopo il vaccino non deve far sottovalutare quello stesso linfonodo ed è bene sottoporsi a un controllo, soprattutto se fino a quel momento non lo si è fatto. Inoltre ci sono dati relativi all’alterazione, temporanea e transitoria, del ciclo mestruale provocata dal vaccino. Ma questo non incide sulla fertilità né sul ciclo ormonale e ovulatorio. In conclusione, le reazioni legate al vaccino sono sintomi transitori che non corrispondono a danni biologici irrecuperabili.

Direttore Sanitario

Dott.ssa Lorella

Fioriti

Specialista in Radiodiagnostica, Ecografia, Mammografia e Tomosintesi Mammaria

Metodi contraccettivi: a ciascuno il suo Negli ultimi anni la contraccezione è cambiata sia nella scelta delle metodiche, sia nella disponibilità di nuove formulazioni sempre più vicine alle esigenze delle donne. Ne consegue quindi che la scelta del contraccettivo va fatta a misura di paziente e di coppia. TERAPIA ESTROPROGESTINICA È il metodo più sicuro e può essere effettuata tramite assunzione giornaliera di compresse orali o con sistemi a lento rilascio. 1.Pillola - sistema più sicuro e adatto a donne di qualunque età, anche per gli innumerevoli benefici extra-contraccettivi che la caratterizzano (per esempio, regolarizza i disturbi del ciclo ed ha un’azione positiva sull’epidermide in caso di acne e irsutismo). È però sconsigliata a donne forti fumatrici, di più di 35 anni o in caso di obesità, diabete e ipertensione; inoltre, è opportuno discutere con il ginecologo rischi e benefici della sua assunzione se in famiglia ci sono casi di trombosi o tromboembolismo venoso (TEV). 2.Cerotto - sistema a rilascio transdermico di un estrogeno e di un progestinico. Dopo l’applicazione, vengono regolarmente rilasciate piccole quantità dei due ormoni. Come la pillola, è molto efficace e presenta gli stessi vantaggi e controindicazioni. 3.Anello - anello flessibile che contiene estrogeno

malattie epatiche in atto, pregressi tumori maligni al seno o tromboembolie).

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e progestinico e che va introdotto in vagina, dove va lasciato per tre settimane, seguite da 7 giorni di pausa. Ha diversi pregi: difficile dimenticarselo, non dovrebbe dare nausea, salta il passaggio epatico, ha un basso dosaggio, ma un ottimo controllo del ciclo (spotting rari). SPIRALE È un contraccettivo meccanico che esiste in diversi modelli, con caratteristiche differenti. È ideale per le donne che hanno già avuto figli, per chi desidera un’azione contraccettiva di lungo termine e per chi soffre di intolleranze alimentari o disturbi gastrointestinali. È molto efficace e va sostituita dopo 3-5 anni. PILLOLA PROGESTINICA La pillola con solo progestinico ha una sicurezza contraccettiva inferiore rispetto alla pillola classica, ma è indicata anche per le donne che non possono assumere estrogeni (ad es. durante l’allattamento). Possibili effetti indesiderati sono lo spotting, cioè piccole perdite fuori ciclo, e la riduzione del flusso mestruale. L’amenorrea che può verificarsi è pienamente reversibile con la sospensione della terapia perché la donna continua a produrre gli estrogeni dalle sue ovaie. NB: Tutte le formulazioni ormonali vanno assunte sotto il controllo del ginecologo, che valuterà eventuali controindicazioni al suo uso (gravi

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LA LUSSAZIONE DELLA ROTULA La lussazione laterale della rotula è una comune patologia di adolescenti e giovani (Fig.1). Spesso il primo episodio è provocato da un trauma, mentre le recidive avvengono senza traumi o a seguito di traumi di modesta entità. Alla base di questa patologia vi è una predisposizione, rappresentata da una displasia della troclea femorale e/o della rotula (anomalia congenita) ed una iperlassità delle strutture capsulo-legamentose stabilizzatrici che possono favorire la fuoriuscita della rotula verso il lato esterno, in genere nei cambi di direzione della marcia nei primi 30° di flessione del ginocchio. Il trattamento del primo episodio è in genere conservativo; dopo la riduzione della lussazione viene applicato un tutore ortopedico e poi viene effettuato un programma riabilitativo. Necessita il trattamento chirurgico solo se è presente un distacco osteo-cartilagineo

della rotula. Nelle recidive della lussazione in un soggetto giovane andrà preso in considerazione il trattamento chirurgico, dopo un accurato studio del ginocchio (Rx, RMN, TAC). Varie sono le opzioni chirurgiche a seconda della gravità del difetto anatomico alla base della patologia, ma il trattamento più frequente attualmente è la ricostruzione del legamento alare mediale della rotula (Fig. 2) a cui può essere associato l'abbassamento della tuberosità tibiale. Il trattamento non è scevro da complicazioni.

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MEMORIAL

“LIDA PROIETTI”

18 SETTEMBRE 2021

PROGRAMMA

Auditorium Bortolotti complesso del San Domenico Narni ore 8.00 Registrazione dei partecipanti ore 8.30 Apertura dei lavori, saluto del Presidente ANLCC Giulia Guerrieri e delle Autorità ore 9.00 Relazione introduttiva: “Cure palliative nella malattia di Alzheimer” - Adiberto Favilli ore 9.30 Clinica, diagnosi e terapia farmacologica - Patrizia Mecocci ore 10.00 Terapia farmacologica BPSD Carlo Piccolini ore 10.30 “Diagnosi precoce e terapie innovative: lo stato dell’arte oggi” Paolo Maria Rossini

Con il contributo non condizionante di:

ore 11.00 Coffe Break ore 11.30 Demenze e parkinsonismi: quale relazione? - Carlo Colosimo ore 12.10 Problematiche psicosociali nelle demenze - Andrea Fabbo ore 12.40 Il ruolo del medico di famiglia Massimo Ceccobelli

PROMOTORE DEL CONVEGNO Associazione Narni Lotta Contro il Cancro www.anlcc.it

RESPONSABILE SCIENTIFICO Dr. Adiberto Favilli MODERATORE - Dr. Adolfo Puxeddu

ore 13.25 Question Time ore 13.40 Fine lavori e conclusioni ore 13.50 Compilazione Questionario ECM

PER ISCRIZIONI www.ec-comunica.it segreteriaconvegniec@gmail.com tel. 346 5880767 - 329 2259422


Una NUOVA RUBRICA dedicata al SANTA MARIA INFORMAZIONI, SERVIZI E CONTATTO DIRETTO CON GLI UTENTI Dal mese di settembre 2021 inizia una nuova rubrica dedicata all’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni. Uno spazio non soltanto per far conoscere i servizi, le attività sanitarie e i professionisti che operano all’interno dell’ospedale, ma anche per favorire il dialogo con i cittadini attraverso alcune segnalazioni, reclami ed elogi che giungono all’Ufficio Relazioni con il Pubblico e poi all’attenzione della direzione aziendale per le opportune valutazioni: laddove si riscontrino effettivi

disservizi o criticità, l’azienda si impegna a cercare soluzioni migliorative per facilitare l’accesso ai servizi e l’interazione medico-paziente. Le segnalazioni più comuni e rappresentative saranno rese note attraverso queste pagine, insieme alle azioni messe in campo per migliorare quando possibile le procedure, migliorare la comunicazione e ridurre i disagi degli utenti. Per segnalazioni: urp@aospterni.it

Salute della donna e di genere, al Santa Maria il riconoscimento dei Bollini Rosa

A

ll’ospedale Santa Maria di Terni gli ambiti Bollini Rosa. L’Onda, l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, dal 2007 attribuisce tale riconoscimento agli ospedali italiani “vicini alle donne”, ossia che offrono percorsi diagnosticoterapeutici e servizi dedicati alle patologie femminili di maggior livello clinico ed epidemiologico, riservando particolare cura alla centralità della paziente. Riconoscimento che anche quest’anno è stato assegnato all’ospedale di Terni. Tramite i Bollini Rosa, Onda conferma l’impegno nel “promuovere, anche all’interno degli ospedali, un approccio di genere nella definizione e nella programmazione strategica dei servizi socio-sanitari”, che è indispensabile per garantire il diritto alla salute non solo delle donne, ma anche degli uomini. Diversi gli obiettivi dell’iniziativa: creare un network di ospedali a “misura di donna”, sempre più all’avanguardia nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura delle patologie femminili; contribuire a una scelta consapevole da parte dell’utente attraverso un confronto diretto tra i servizi offerti dalle diverse strutture; dare voce alle pazienti sui servizi premiati. L’assegnazione dei Bollini Rosa (da uno a tre) avviene sulla base della valutazione dei servizi offerti dai reparti che curano le principali patologie femminili. E il riconoscimento è arrivato

anche per il Santa Maria di Terni. Nel corso di questi anni le attività e i servizi offerti dai Bollini Rosa si sono ampliati: 1 - (H)OpenDay, (H)OpenWeek, (H)Open Month: si tratta di giornate dedicate all'informazione e alla sensibilizzazione della popolazione femminile su una particolare patologia, avvicinando le pazienti alle cure, tramite l’offerta gratuita di servizi (visite, esami, consulenze) e l’organizzazione di altre attività (distribuzione di materiale informativo, Info point, convegni). 2 - Best Practice: un concorso per identificare e premiare le migliori prassi tra gli ospedali con i Bollini Rosa nell’ambito di una particolare tematica di interesse femminile. 3 - Customer Satisfaction: attraverso la ricerca della struttura più vicina, la possibilità di esprimere il proprio giudizio sui servizi premiati sulla base dell’esperienza personale. 4 - Progetti Speciali: iniziative che coinvolgono, a seconda della tematica, alcuni ospedali di riferimento per offrire alle pazienti informazioni più dettagliate. (H)Open Day - Ospedali a Porte Aperte In occasione di giornate mondiali o nazionali dedicate a diverse tematiche nell’ambito della salute femminile, Onda promuove delle giornate a porte aperte negli ospedali con i Bollini Rosa, durante le quali vengono messi gratuitamente a

disposizione della popolazione femminile servizi clinico-diagnostici (incontri, visite, esami strumentali) e informativi (convegni, divulgazione materiale informativo, allestimento info point, visita dei reparti), con l’obiettivo di informare e sensibilizzare la popolazione su una particolare patologia, avvicinando le pazienti alle cure. Il prossimo appuntamento in calendario è quello del 29 settembre, giornata della prevenzione dell’aneurisma dell’aorta addominale. Per l’occasione al Santa Maria sono previsti esami vascolari dedicati. Le modalità di accesso saranno rese note sui canali ufficiali del Santa Maria.

29 SETTEMBRE 2021

SERVIZI GRATUITI DEDICATI ALL’ANEURISMA AORTICO ADDOMINALE Visite e colloqui con gli specialisti, esami, info point, conferenze e distribuzione di materiale informativo per la prevenzione e la diagnosi precoce dell’aneurisma aortico addominale

Per conoscere i servizi offerti dagli ospedali visita il nostro sito www.bollinirosa.it e clicca sul banner “Consulta i servizi offerti”

Con il patrocinio di

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AZIENDA OSPEDALIERA SANTA MARIA TERNI

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AZIENDA OSPEDALIERA

Un TEAM al LAVORO l’APPROPRIATEZZA

Dott.ssa Ascani Alessandra Il fenomeno del sovraffollamento in ambito sanitario si verifica quando la domanda di prestazioni supera la capacità di fornire cure in tempi e modalità appropriate, provocando una risposta qualitativamente non adeguata da parte della Struttura. All’interno di un Ospedale, la conseguenza è il ricorso emergenziale e temporaneo a posti letto soprannumerari (“letti bis”, “appoggi” in altre UU.OO., “letti in corridoio”) che rappresentano una potenziale criticità influenzando negativamente la gestione complessiva delle attività e penalizzando in maniera significativa la qualità percepita da parte del Paziente. L’Italia fortunatamente è uno dei Paesi più longevi al mondo: tuttavia, l’aumentata durata della vita si correla all’incremento del numero di patologie croniche che coesistono nella stessa persona e all’incremento della complessità dell’assistenza. In questo contesto epidemiologico e demografico, il sovraffollamento che è la conseguenza di un’alterazione del regolare flusso dei pazienti che richiedono assistenza sanitaria, si è accentuato nel corso degli ultimi anni e interessa gli Ospedali, soprattutto DEA di 2° livello (come l’A.O. di Terni) su tutto il territorio nazionale:

II

tale fenomeno è condizionato da fattori culturali, strutturali e organizzativi. In particolare, si assiste frequentemente da parte dei cittadini, al ricorso direttamente all’ospedale, senza informare il proprio Medico di Medicina generale, con l’obiettivo di “trovare” soluzioni rapide e complete anche per bisogni di salute che otterrebbero una risposta più appropriata ed ugualmente efficace in percorsi assistenziali alternativi all’OspedalePronto Soccorso, come la Medicina Generale, la Continuità assistenziale (Guardia Medica), percorsi ambulatoriali, Centri di Salute. L’A.O. di Terni, nell’ambito della realizzazione di un ampio progetto organizzativo-gestionale finalizzato alla eliminazione/riduzione del fenomeno del sovraffollamento, sta adottando una serie di azioni, sia esterne, in sinergia con la ASL 2, sia interne, con un sistema di gestione dei flussi interni del Paziente, regolato da un team multiprofessionale e multidisciplinare appositamente formato: in una parola maggiore appropriatezza. La Fadoi (Federazione degli Internisti Ospedalieri) nel 2017 ha indetto presso l’Università di Genova il primo Master di 2° livello in tema di “Hospitalist”, prevedendo un Medico “gestore della complessità” che favorisca la migliore assistenza ai pazienti cronici e complessi. I risultati di una analisi su Organizzazioni che hanno adottato il modello “Hospitalist” (Annals of Internal Medicine, 2008) sono stati molto convincenti: l’applicazione di questo modello di lavoro all’interno delle strutture ospedaliere comporta una significativa riduzione del rischio clinico nella gestione dei casi più complessi, a partire dall’accesso del Paziente in Pronto Soccorso. Il Pronto Soccorso svolge infatti una fondamentale azione di “filtro” ai ricoveri inappropriati e di selezione del giusto setting per i ricoveri appropriati:

AZIENDA OSPEDALIERA SANTA MARIA TERNI

l’obiettivo deve essere quello di “curare“ il paziente giusto nel posto giusto al momento giusto, attraverso il sempre più necessario sinergismo tra i diversi Servizi, Unità Operative e Professionalità. Anche per questi obiettivi, sono stati recentemente introdotti nell’A.O. “S.Maria” di Terni, l’Hospitalist e l’Hospitalist Team che facilitano la presa in carico di alcuni pazienti internistici più “fragili” lungo il percorso di cura, dall’ accesso in Pronto Soccorso alla post-dimissione. In particolare, l’A.O. di Terni, tra le prime in Italia, su disposizione del Direttore Generale Dr. Pasquale Chiarelli, ha assegnato la Struttura Semplice di “Hospitalist del team diagnostico-terapeutico Area Medica“, al Dr. Sergio Catanzani.


SANTA MARIA DI TERNI

per MIGLIORARE dei RICOVERI L’Hospitalist Team, che risponde direttamente alla Direzione Sanitaria, Dr.ssa Alessandra Ascani e Dr. Massimo Rizzo, è un team multiprofessionale e multidisciplinare composto da elementi cruciali per il corretto funzionamento del “modello”: Dr.ssa Moira Urbani (per quanto riguarda la Logistica Sanitaria); Dr.ssa Maurizia Gambacorta, Clinical Governance; Valeria Carnassale e Tiziana Silvestri (infermiere assegnate al Bed Management); Anna Piccioni e Serenella Garbini (Ufficio Dimissioni Protette); Dr.ssa Monica Donati (SITRO). In particolare, l’Hospitalist realizza un “triage” interno all’ospedale verificando continuamente la disponibilità dei postiletto nelle varie unità operative, agendo in

modo coordinato con i medici di tutte le specialità. Con il supporto fondamentale del servizio di Bed Management, l’Hospitalist prevede il trasferimento interno dei malati presso il setting assistenziale più idoneo, suggerisce le modalità più adeguate per la gestione dei malati internistici in “appoggio fuori reparto”, contribuisce alla gestione dei flussi dei malati dall’area di Emergenza Urgenza (PS e Medicina d’Urgenza) verso le aree di degenza internistica. L’Hospitalist, di concerto con l’Ufficio Dimissioni Protette, contribuisce anche ad individuare e organizzare precocemente quello che sarà il setting assistenziale più idoneo e sicuro per il Paziente al momento della dimissione.

La pandemia da Covid-19 rappresenta un’ulteriore criticità del problema del sovraffollamento, sia in termini di riduzione di posti letto disponibili (necessità di riservare aree e percorsi separati), sia in termini di aumentato rischio clinico, connaturato all’eventuale sovraffollamento e alla conseguente difficoltà di rispettare le adeguate distanze tra Pazienti. La recente introduzione della figura dell’Hospitalist e di un Hospitalist team rappresenta un’azione importante adottata dalla Direzione Aziendale che rientra all’interno di un progetto più ampio e organico che l’A.O. “S. Maria” di Terni ha avviato per l’eliminazione/riduzione del fenomeno del sovraffollamento. In un’ottica di sistematizzazione delle risorse e di miglioramento continuo finalizzato proprio alla riduzione/ eliminazione dei letti “aggiuntivi”, l’Azienda di Terni si avvarrà infatti del suddetto contributo e dell’esperienza del personale dedicato al Servizio di Bed management e all’Ufficio Dimissioni Protette, anche attraverso l’innovazione tecnologica e la messa a regime di un software gestionale Visual hospital che faciliterà la gestione tempestiva della risorsa “posto letto”. Tra le principali azioni previste, alcune delle quali già avviate, si sottolinea la definizione e condivisione di specifici Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) col Territorio (USL Umbria2), il “rafforzamento“ della funzione di filtro del P.S. e della Medicina d’Urgenza, la definizione e la messa a regime di ulteriori percorsi alternativi al ricovero (ad esempio, Percorsi Ambulatoriali Complessi e Coordinati -PACC, percorsi ambulatoriali con agende dedicate al PS), la “valorizzazione“ dei percorsi intraaziendali del Paziente (sempre più trasversali alle unità operative) con il coinvolgimento delle diverse Aree di degenza e Servizi.

AZIENDA OSPEDALIERA SANTA MARIA TERNI

III


e l a d e p s O l l a e r e t t Le Al Santa Maria 158 volte “GRAZIE”!

M

i piaceva iniziare così questa lettera, con un numero che non scorderò mai più. Un numero che segna un periodo di sofferenza, di difficoltà, di tristezza per me e per tutta la mia famiglia, ma che oggi possiamo finalmente ricordare con il sorriso dopo aver superato la prova più dura di tutta la mia vita. 158 sono i giorni di degenza presso l’Ospedale Santa Maria di Terni, dopo che, a causa di complicazioni conseguenti al Covid 19, sono stata ricoverata il 15 febbraio 2021. Da quel giorno in poi la situazione è andata peggiorando fino al trasferimento in terapia intensiva l’8 marzo dove sono rimasta in coma farmacologico per un mese circa. Un periodo di inconsapevolezza durante il quale mi sono ritrovata a lottare contro il demone più oscuro, con il pensiero sempre rivolto ai miei figli, ai miei nipoti e a tutte le persone care che so per certo hanno pregato per me ogni giorno. Ma proprio quando sembrava spegnersi la luce ho capito invece che non era ancora giunto il momento. I lievi ma costanti miglioramenti mi hanno consentito di superare la fase più acuta e critica dell’infezione e riacquisire conoscenza verso la metà di aprile. Da quel momento in poi il processo di ripresa è proseguito, seppur nei grandi ostacoli quotidiani, ma tornare a parlare con i miei figli e i miei nipoti e poterli vedere in videochiamata mi ha dato quella forza per continuare a lottare fino alla dimissione dalla terapia intensiva il 25 maggio e il conseguente inizio di un periodo di riabilitazione. La consapevolezza di quello che era successo e la debolezza fisica e psicologica sono stati un ulteriore scoglio da superare. La difficoltà nello svolgere anche l’azione quotidiana più banale mette seriamente alla prova la stabilità e la tenuta mentale necessaria per continuare il lungo processo di riabilitazione. Ora sono a casa, dal 23 luglio, e l’emozione provata nel poter riabbracciare i miei cari 158 giorni dopo è stata indescrivibile. E allora grazie a tutti gli operatori del Reparto Covid 2, del Reparto Pneumologia, del Reparto T.I.P.O. Terapia Intensiva (Primario Dott. Ferilli e tutti gli altri operatori, con un riferimento speciale alla infermiera Lucia Speranza, esempio straordinario di Amore e Dolcezza) e del Reparto U.G.C.A. di Neuroriabilitazione (Primario Dott.ssa Massetti e la sua equipe e in particolare i fisioterapisti Filippo e Samantha). Un grazie a tutte le persone che ho incontrato durante questa terribile esperienza, a tutta la struttura ospedaliera del Santa Maria di Terni. Se oggi sono qua a raccontare la mia storia è soprattutto merito loro. Ma grazie anche ai miei figli, ai miei nipoti e a tutte quelle persone che mi hanno fatto sentire la propria vicinanza anche solo con un pensiero o con una preghiera. Mi sento infine di fare delle raccomandazioni a tutti coloro che leggeranno la mia storia. Non abbassiamo la guardia. Ognuno di noi può fare la propria parte per prevenire la diffusione del virus tramite l’utilizzo dei dispositivi corretti e soprattutto grazie alla vaccinazione. Facciamolo per noi, per i nostri cari, per tutte le persone che abbiamo intorno. È un dovere che non possiamo permetterci di mancare. Graziana Giulietti

Io, di MILANO, che ho scelto TERNI

A

nno 2020, già tutti noi pesantemente colpiti dall’anno sfigato pandemia Covid, cribbio, all’Ospedale Santa Maria di Terni mi viene diagnosticato un carcinoma mammario maligno, urgente intervenire tempestivamente. Ero a Terni per lavoro, che fare? Torno a Milano o resto. L’istinto dice: “Sei in ottime mani, resta.” E di fatto, in questo ospedale si trova un’eccellente Breast Unit (unità senologica, per noi non addetti), il Centro Salute Donna all’interno dell’ospedale, una realtà che contiene un alto livello tecnologico di strumentazione, di professionisti e l’innovazione nell’approccio personalizzato di presa in carico ed accesso unico e semplificato al percorso di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie femminili, per me una straordinaria unicità. Mi sono affidata quindi alle magistrali mani della chirurga Dott.ssa Marina Vinciguerra, del meticoloso Prof Alessandro Sanguinetti, responsabile del Centro Salute Donna, e a quelle del perfezionista esteta Dott. Stefano Chiumariello, che insieme a tutto il loro staff multidisciplinare, mi hanno accudita, confortata e curata, ma prima di tutto mi hanno fatto capire che erano al mio fianco pronti al combattimento con me nella prova più difficile della mia vita. Questi professionisti, inclusa l’oncologa Dott.ssa Jennifer Foglietta che mi segue tutt’ora, fanno ogni giorno la differenza all’interno della difficoltosa burocrazia sanitaria nota a tutti noi. Per loro il paziente è prima di tutto una persona da mettere al primo posto per contrastare la malattia e alleviare lo stress psicologico che deriva da queste infauste diagnosi. Questi professionisti sono accanto a noi donne nell’affrontare il tumore al seno, infondendo in primo luogo la tranquillità di essere seguite da un gruppo di persone specializzate e curate secondo i più alti standard europei, accompagnate nell’intero di tutto il percorso di malattia, la “buona sanità” esiste. Ringrazio l’ospedale Santa Maria e tutto lo staff del Centro Salute Donna che per me sono un’eccellenza, strategicamente posizionati al servizio di tutto il centro Italia: vanno assolutamente premiati e meritano di accedere alle migliori opportunità in termini di investimenti. La mia esperienza in questo difficile percorso della malattia mi ha insegnato che l’eccellenza la fanno soprattutto i dottori che ti seguono, e che sono determinanti nel processo di guarigione riqualificando la qualità della vita della persona che diviene malata, i professionisti dell’ospedale Santa Maria di Terni e del Centro Salute Donna mi hanno dato gli strumenti per combattere e rialzarmi. E sono in piedi da combattente non da malata. Grazie a tutti, a Voi auguro una vita serena come quella che avete garantito a me. Deborah Betti

MENSA, dalla segnalazione di un paziente al miglioramento del servizio Tutte le segnalazioni che arrivano all’U.R.P (Ufficio Relazioni con il Pubblico) vengono prese in carico e, dopo una prima valutazione, inserite in un protocollo che mira ad aumentare la qualità dei servizi. Come nel caso verificatosi di recente al Santa Maria: una segnalazione arrivata dal Day Hospital Oncologico metteva in evidenza alcune criticità per i pazienti in merito al servizio mensa. Il Santa Maria ha avviato così il protocollo previsto, organizzando anche una riunione tecnica a cui

IV

hanno preso parte i rappresentanti dell’azienda che cura il servizio di ristorazione, del servizio dietetico e del reparto di Oncologia. Al termine della riunione si è deciso per alcune modifiche al servizio, proprio in base alle indicazioni emerse nelle segnalazioni degli utenti. “Al fine di rendere più agevole il consumo al paziente, il pasto verrà consegnato su vassoi monoporzione multiscomparto con coperchio ad apertura agevole. I menù settimanali/stagionali sono stati, inoltre, opportunamente

AZIENDA OSPEDALIERA SANTA MARIA TERNI

validati dalle Dietiste e sarà possibile prenotare menù caldo o freddo”. “Contestualmente l’azienda ha predisposto una variazione sui menù autorizzati, inserendo anche pane tipo sandwiches piuttosto che pane casereccio. Inoltre, come già previsto nelle scorse settimane, sarà attivata la consegna della spettanza all’interno dei vassoi monoporzione multi scomparto con coperchio dedicato con l’obiettivo di migliorare la qualità percepita del pasto per i pazienti interessati”.


Segreteria

Con il patrocinio di

UB TERNI CL

TOMOBILE AU

Provider

La TRAUMATOLOGIA della STRADA dal 118 alla RIABILITAZIONE

02 OTTOBRE 2021 Sala Convegni Hotel Garden Viale D. Bramante 4 - TERNI

PROGRAMMA ore 8.00

Registrazione dei partecipanti

ore 8.30

Saluto delle autorità e apertura dei lavori. Interverranno:

ore 11.20

IL TRAUMA ADDOMINALE - Dr. A. Di Cintio

ore 11.40

IL TRAUMA DEL BACINO - Dr. S. Latini

ore 12.00 I TRAUMI DEGLI ARTI INFERIORI - Dr. D. D’Eramo

Avv. Leonardo Latini - Dr. Pasquale Chiarelli - Dr. Giuseppe Donzelli

ore 12.20 I TRAUMI DEGLI ARTI SUPERIORI - Dr. V. Pace

ore 8.50

LA TRAUMATOLOGIA STRADALE: L’INCIDENZA Dr. F. Lamperini

ore 12.40 LA RIABILITAZIONE DEL POLITRAUMA Dr.ssa M. A. Massetti

ore 9.10

ASPETTI GENERALI DI PRONTO SOCCORSO: LA GESTIONE DEL CODICE ROSSO - Dr. G. Parisi

ore 9.30

IL RUOLO DELL’ANESTESISTA DALLA SALA ROSSA ALLA RIANIMAZIONE e MANAGEMENT DEL DOLORE Dr.ssa R. Commissari

ore 13.00 SICUREZZA IN AUTOMOTIVE: DISPOSITIVI DI SICUREZZA SU VEICOLI PRESENTI E FUTURI - Prof. Tiziano Pagliaroli

ore 9.50

IL TRAUMA CRANIO-VERTEBRALE - Dr. C. Conti

ore 10.10 IL TRAUMA FACCIALE - Dr. F. Spallaccia ore 10.30 IL TRAUMA TORACICO - Prof. M. Ragusa ore 10.50 Coffee Break Con il contributo non condizionante di:

ore 13.30 Compilazione questionario ECM ore 14.00 Chiusura dei lavori Evento n. 9768-140 n. 6 crediti ECM per 100 posti Responsabile Scientifico: Dr. Sandro Latini Segreteria Scientifica: Dr. Fabio Lamperini

Segreteria organizzativa: 329.2259422 - 346.5880767 segreteriaconvegniec@gmail.com

DBS MEDICAL s.r. DBS MEDICAL s.r.l.


• PENSARE PER TERNI •

UNIVAL: UNIVERSITÀ della VALLE del NERA S

Roberto RUSCICA

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ono circolate, negli ultimi due anni, all’interno della Associazione Culturale La Pagina come in altri ambiti di discussione, diverse ipotesi, idee e proposte circa la possibilità di realizzare una struttura universitaria nel territorio della Valnerina. La nostra associazione, che lancia il suo sguardo anche oltre la città di Terni, ha ritenuto opportuno, di sua propria ed esclusiva iniziativa, contribuire ad una costruttiva discussione sul tema attraverso un primo studio atto a verificare se esistono spazi non occupati da altri atenei per dar vita ad una struttura universitaria di modeste dimensioni, ma centrata su concreti obiettivi di formazione professionale, ricerca e contributo allo sviluppo del territorio. Nella discussione all’interno del nostro gruppo di lavoro sono state condivise tre prime tesi di fondo. La prima è che non ha senso puntare sulla soluzione di uno-due corsi decentrati, perché il gioco non varrebbe la candela. La seconda è che le ipotesi devono nascere dal concreto del contesto territoriale, dai suoi problemi, dalle sue esigenze, dalle sue potenzialità attuali, consolidabili o, all’opposto, inespresse. La terza è che le ipotesi vanno ricercate e costruite negli spazi tra lo status attuale del settore universitario italiano e l’orizzonte, gli orientamenti e gli scenari del nuovo ciclo programmatorio nazionale ed europeo, puntando ad un progetto originale ed innovativo che non si ponga in concorrenza con gli atenei circonvicini, sul quale invece coagulare importanti alleanze, istituzionali e di settore. Sotto il profilo del metodo, questo nostro studio preliminare, ancora in corso, che potrebbe rappresentare soltanto un primo, piccolo passo, sta seguendo un percorso logico atto a: a) verificare se esistono, nel settore universitario nazionale, lacune e spazi per lo sviluppo di un’attività di formazione universitaria di carattere fortemente innovativo e legata alle connotazioni del territorio, altrimenti non avrebbe senso procedere oltre; b) esaminare se, alla luce della ricognizione, la Valnerina potrebbe costituire un ambito territoriale potenzialmente idoneo allo sviluppo di una nuova iniziativa universitaria; c) se sì, quali connotazioni strategiche dovrebbe assumere l’iniziativa per risultare competitiva nel campo dell’offerta formativa, della ricerca e del sostegno allo sviluppo; d) studiare le soluzioni didattiche ed organizzative più adeguate al fine di

perseguire il ruolo che si vuol ricoprire ed una sua idonea realizzazione; e) delineare una prima ipotesi di configurazioneobiettivo, sul medio-lungo termine, dell’assetto della struttura potenzialmente realizzabile. La Valle del Nera costituisce esempio emblematico e paradigmatico delle realtà dei territori montani ed interni della nostra penisola che, nell’ultimo secolo e mezzo, hanno vissuto una crescente marginalizzazione perdendo, mediamente, non meno di metà della propria popolazione. Per tale motivo, a differenza di buona parte del territorio italiano, stressato nel secondo dopoguerra, ben oltre la sostenibilità, da uno sviluppo intenso ed affrettato, questi territori, depauperati ma non stravolti, potrebbero offrire oggi spazio per avviare percorsi di sviluppo sostenibili, rispettosi sia di un ambiente naturale che va gelosamente preservato e dell’economia cui esso dà e può ulteriormente dare luogo, che della storia, della cultura, della tradizione locale e delle produzioni tipiche. Questi contesti potrebbero corrispondere a molte esigenze riscoperte ed a nuovi stili di vita che si stanno affacciando in quest’alba del nuovo millennio, perché in grado di conciliare tempi di lavoro, tempi di vita e umanizzazione della socialità meglio dei modelli urbani e metropolitani dell’ultimo secolo e mezzo. Opportunità rilanciate dalla pandemia che ha messo in maggior crisi i grandi centri urbani e dalle crescenti potenzialità dei sistemi di connessione in rete, in grado di abbattere tempi e distanze. Il recente PNRR italiano ha posto l’esigenza di aggiornare la visione del settore universitario potenziando e rimodellando l’offerta formativa onde affrontare temi trasversali non più rinviabili: tutela del patrimonio naturale, dell’ambiente e delle zone rurali, transizione energetica e digitale, alimentazione sostenibile, protezione degli stili di vita identitari, innovazione tecnologica nel segno della sostenibilità. Oltre al rinforzo dell’offerta formativa, si impone al settore un forte impulso ed un deciso sostegno all’innovazione, alla ricerca ed all’interazione con le imprese per il trasferimento di innovazione e di favorire l’accesso dei giovani alla formazione universitaria. Il PNRR ha affrontato anche il problema delle aree interne, ponendo obiettivi di riequilibrio, prospettando un miglioramento dei livelli e della qualità dei servizi sanitari, sociali e scolastici di queste comunità atto a recuperare il pesante divario attuale.


• PENSARE PER TERNI • Il capillare sviluppo della digitalizzazione costituirà un’infrastruttura fondamentale. Sarebbe però illusorio pensare che questo basti a determinare un’inversione di tendenza decisiva rispetto al passato ed all’ulteriore trend socio-economico negativo innescato dal sisma del 2016, di cui è fedele indicatore l’accelerato spopolamento che stanno subendo gli sfortunati comuni di questa meravigliosa terra. Per determinare anche solo una frenata od una pur piccola inversione di tendenza urge una cura da cavallo, con interventi di alto profilo, che possa contare su un deciso impulso dal livello nazionale e venga fortemente condivisa a livello regionale, con soluzioni proiettate sul breve e sul lungo termine. Come giustamente sostiene Luciano Giacché, non basta ricostruire, ma bisogna riabitare questi territori di opportunità di lavoro e di servizi civili (amministrativi, sanitari, educativi e di mobilità) rigenerando un tessuto socio-economico locale. In occasione degli eventi sismici del 1997 e del 2009 l’impegno s’è visto; qui ancora no. L’innesto di una struttura universitaria, piccola ma costruita su solide basi, costituirebbe un formidabile elemento rivitalizzante. Vanno ricordate tre precedenti iniziative direttamente finanziate dallo Stato: l’Università di Udine è stata fondata dopo il sisma del Friuli del 1976; l’Università della Basilicata a Potenza dopo il sisma del 1980; a L’Aquila l’attivazione della struttura di alta formazione post-universitaria del GSSI dopo il sisma del 2009. È peraltro lecito attendersi la collaborazione ed il sostegno di altri atenei, spessissimo verificatosi negli ultimi cinquant’anni nelle numerose occasioni in cui istituzioni e soggetti rappresentativi di un territorio hanno sviluppato il progetto di un nuovo ateneo. Ultimo dell’elenco, in ordine di tempo, quello delle università di Palermo e Catania per lo sviluppo dell’Università Kore di Enna, piccolo capoluogo della Sicilia più montana ed interna. Guardarsi intorno ed indietro aiuta ad essere fiduciosi. Gli spazi concessi dalla vigente normativa di settore sono esigui, in quanto frutto della visione chiusa e fortemente conservativa dello

status quo alla base del ciclo 2019-2021, antecedente questa nuova fase. Già lo scorso anno c’è stata una significativa riapertura nel settore sanitario, motivata dalla grave mancanza di risorse umane denunciata dalla pandemia. L’attuale crisi richiede oggi un nuovo e razionale impulso in questo settore. Serve una generazione nuova di professionisti e di funzionari pubblici, in grado di andare oltre la gestione ed affrontare con metodo e competenze il mare alto della stagnazione supportando le istituzioni e l’economia locale nel progettare e favorire una nuova fase di sviluppo del nostro paese, beninteso sostenibile, che stavolta deve includere anche i territori finora più svantaggiati. Va infine sottolineato che uno degli obiettivi principali dell’idea progettuale che si va definendo è quello di coinvolgere l’intero tratto montano della valle, incluso ovviamente il nursino. La dislocazione delle strutture consentirebbe un radicamento diffuso dell’ateneo e favorirebbe l’opportunità di utilizzare in forma appropriata e diffusa tutte le risorse esistenti; nei tanti centri della verdissima valle esistono strutture storiche di pregio architettonico che possono essere validamente riutilizzate e valorizzate. Questa università diffusa, redistribuita tra antichi borghi, rocche, castelli, abbazie, conventi, antiche dimore ed altre strutture, risulterebbe di una originalità e di una suggestione davvero unica. Dare un ateneo alla Valnerina non sembra, sulla carta, un’utopia. La soluzione che si va delineando, sulla quale si è iniziato a discutere con alcuni sindaci della Valle, è quella di dar vita ad una piccola università specializzata nella formazione e nella ricerca scientifica proprio su quei temi che questa valle vive, analogamente a molti altri contesti territoriali delle aree interne e montane d’Italia, al fine di contribuire ad un loro rilancio.

LETTURE CONSIGLIATE: Luciano Giacchè, Ripensare il terremoto, Scienze del Territorio n.7, 2019 Firenze University Press.

PRESENTAZIONE PROGETTO UNIVAL A CINQUE SINDACI DELLA VALNERINA Insieme a Roberto Ruscica e Giacomo Porrazzini, abbiamo consegnato, presso la sala del Consiglio Comunale di Santa Anatolia di Narco, a cinque Sindaci della Valnerina (Arrone, Polino, Scheggino, Santa Anatolia di Narco, Vallo di Nera), una prima analisi relativa alla nostra idea progetto UNIVAL, l’Università della Valle del Nera. Seguirà presto un incontro con altri cinque sindaci: tutti primi inter pares, ovviamente. I cinque amministratori hanno trovato splendida la proposta e faranno tutti parte di un costituendo consorzio per richiedere al Ministero dell'Università e della Ricerca l’ufficializzazione di tale Università diffusa, con lezioni in presenza e solo episodicamente telematici. Tale idea progetto farà parte, almeno nei suoi concetti generali e nei fondamenti essenziali, del libro di prossima uscita, La Terra Promossa, in cui definiremo, mettendo come sempre faccia e firma, il progetto globale per il nostro territorio.

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• PENSARE PER TERNI •

PEZZI di FUTURO in PERICOLO a TERNI L

Giacomo PORRAZZINI

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a città di Terni da molti anni è alla ricerca di un nuovo motore economico e di un riassestamento della sua struttura sociale, legata ad uno storico modello produttivo, ormai inadeguato per offrire un futuro di benessere, di lavoro, di compatibilità ambientale, d’identità proiettata nella modernità, con il pensiero alle nuove generazioni. Sappiamo che non possiamo fare a meno del nostro secolare colosso siderurgico, le acciaierie ternane, cui siamo tutti, anche sentimentalmente legati; la ragione ed i processi economici in atto in Europa e nel mondo, anche guardando alla crisi climatica in corso, ci dicono, però, che Terni non avrebbe futuro se restasse una company town e che la grande fabbrica di viale Brin, pur restando un pilastro essenziale della economia ternana ed umbra, da sola non è più in grado di assicurare, direttamente o indirettamente, la quantità di lavoro necessaria ad assorbire l’offerta di lavoro delle nuove generazioni, nonché la qualità occupazionale, oggi indispensabile, per articolazione e livello delle competenze, e per settori molteplici coinvolti, a promuovere la ricca articolazione del corpo sociale di cui una media comunità locale, come quella ternana, ha bisogno per reggere alle sfide di questo tempo: l’innovazione connessa alla nuova rivoluzione industriale, la sostenibilità climatica delle attività economiche e civili, la tenuta dei legami e degli equilibri sociali, entro un contesto sociale in profonda trasformazione. Per decenni, dai tempi dell’innesco della prima crisi siderurgica e della industria di Stato, quaranta anni fa, dalla grande conferenza economica dei primi anni 80 del secolo scorso, passando per i vari programmi incentivanti, volti alla reindustrializzazione ed al nuovo sviluppo, si è tentato di far nascere nuove iniziative, nuove imprese, nuovo lavoro, piu alte e diversificate competenze, a partire da quelle espresse dalla realtà universitaria. I risultati, pur esistenti, non sono stati pari alle esigenze ed alle aspettative; diversi poli di competenze ed innovazione sono addirittura andati perduti, come l’Isrim, l’Icsim, il Videocentro, il Parco scientifico e tecnologico, il centro sperimentale sulle cellule staminali, corsi universitari, gli studios cinematografici di Papigno, la base logistica, il Progetto strategico della Smart City, solo per citare i principali e più dolorosi. Anche il settore industriale tradizionale si è contratto ed impoverito, con la perdita del magnetico e del titanio nella siderurgia speciale e con la chiusura di molteplici produzioni chimiche legate alla filiera del propilene.

Perciò, in un siffatto contesto di declino produttivo, economico ed inevitabilmente anche sociale e culturale, ogni nuova iniziativa che porti il segno del nuovo, va considerata e trattata, da parte di tutta la comunità e di chi istituzionalmente la rappresenta, come una creatura rara e preziosa, come un nuovo nato in un paesino di montagna. In questo momento, aldilà delle incerte e sopravvalutate prospettive calcistico-sanitariecommerciali, legate alle iniziative della proprietà della squadra di calcio cittadina, due nuove opportunità strutturali sono rappresentate dalle bioplastiche della Novamont e da una, potenzialmente grande ed innovativa, piattaforma locale per l’idrogeno. Su entrambe tali opportunità per il futuro, incombono nubi che, se non disperse, rischiano di rendere ancora piu oscuro ed incerto l’avvenire della nostra città. Sulle bioplastiche compostabili della Novamont il pericolo viene, sorprendentemente, dall’Europa e dalla insufficiente reattività delle nostre istituzioni locali e centrali. Sembra, per di più, essere il frutto di un equivoco. L’Italia, da tempo, è il paese europeo che più ha creduto ed investito nella plastica biodegradabile e compostabile. Controlliamo, con le imprese italiane del settore, Novamont in testa, oltre il 60% del mercato, ed ora rischiamo di perdere centinaia di posti di lavoro. Le aziende coinvolte sono 280, per un fatturato di 815 milioni di euro e con 2.780 addetti, tra i quali i 122 dello stabilimento di Terni. Eravamo stati i primi in Europa, nel 2012, in particolare con l’innovazione della bio plastica Mater-bi, ad introdurre, sul mercato della plastica, gli shopper compostabili, biodegradabili in sei mesi. Questo prodotto altamente innovativo, ottenuto partendo da fibre vegetali, perciò dalla terra e che torna alla terra, come humus fertile, dopo l’uso, per effetto non solo di essere biodegradabile ma compostabile, verrebbe incluso, dalle Autorità europee, tra le plastiche da vietare, nel prossimo futuro; da vietare, al fine di ridurre il gravissimo impatto della plastica tradizionale, sull’inquinamento dei mari, con i fenomeni eclatanti delle isole di plastica galleggianti e della loro lenta degradazione in micro plastica che entra nella catena alimentare dei pesci e dell’uomo. Ma la plastica di Terni e di Novara della Novamont, ha una composizione chimica del tutto naturale, sia per componenti base, sia per tipo di legami chimici, tanto da ritrasformarsi, in poco tempo, in terreno fertile alla fine del suo ciclo di vita. Un perfetto esempio di Bioeconomia circolare, da premiare e non da


• PENSARE PER TERNI •

ostacolare, con miopi equiparazioni ed equivoci. Ci si deve attendere, da parte del Governo italiano e da parte dei deputati italiani al Parlamento europeo, il massimo impegno affinché la netta distinzione, ai fini della sostenibilità ambientale, fra le plastiche da idrocarburi e quelle totalmente biologiche e soprattutto compostabili, perché provenienti da materia prima vegetale, venga mantenuta dalla normativa europea. Ne va del futuro della biochimica italiana e della chimica innovativa di Terni. Anche le Istituzioni locali, Comune e Regione, insieme a forze politiche e sindacali, dovrebbero assumere una forte iniziativa per scongiurare questo grande pericolo che incombe su un pezzo importante della nuova economia ternana e sulla sua capacità di trainare tutto un settore di attività di trasformazione secondaria e commercializzazione, fino alla possibilità di creare, attorno a Novamont, un dinamico cluster delle imprese del settore. La seconda area d’attività su cui rischia di cadere un secchio paralizzante d’acqua gelata è quella della produzione ed uso diffuso dell’idrogeno, come fonte energetica neutra rispetto alla emergenza climatica, avente, perciò, una eccezionale prospettiva di sviluppo. La Germania ha deciso d’investire 10 miliardi di euro per la promozione della produzione ed impiego dell’idrogeno verde; quello prodotto con l’elettrolisi, usando energia da fonti alternative. L’Italia, invece, non sembra altrettanto convinta d’imboccare questa strada che conduce ad un domani sostenibile. In Umbria qualcosa si sta muovendo, ma non in senso favorevole alla nostra città. In questo caso, il pericolo viene da vicino, dalla Regione che, nell’ambito del PNRR regionale adottato, praticamente, senza una reale partecipazione dei soggetti portatori di interessi sulla materia, ha deciso di indicare come Hub regionale, cioè una piattaforma cruciale per la produzione dell’idrogeno, la cittadina umbra di Gualdo Cattaneo, dove è presente un centrale Enel da riconvertire. Terni, invece, vanta una storia di 70 anni nella produzione dell’idrogeno, anche se nella modalità grigio, cioè con emissioni di CO2 per produrlo. Del resto è difficile pensare che il percorso di transizione verso la neutralità climatica nella produzione dell’energia non debba passare per una prima fase con una prevalenza o compresenza significativa dell’idrogeno grigio. Terni, vanta inoltre un bagaglio di progetti di implementazione della produzione e distribuzione territoriale dell’idrogeno che risalgono a 40 anni fa, con la previsione di un idrogenodotto da Neramontoro a Terni e varie ipotesi di utilizzo a fini energetici e di mobilità pulita; proposte antiche, ma sempre valide, cui si aggiunge, oggi, il progetto HYDRA, cheFoto ha Marco visto fortemente impegnate le risorse di competenza Ilari della locale Federmanager. Nella conca ternana, inoltre, sono

abbondanti le fonti di energia rinnovabile e pulita, sia con lo storico idroelettrico, sia con il piu recente fotovoltaico; fonti, per le quali è pensabile, pur in un contesto di rete unitaria, un utilizzo finalizzato alla produzione di idrogeno verde. Anche il ritorno in casa Enel della Centrale di Galleto, potrebbe offrire l’opportunità di un impiego della energia idroelettrica prodotta, per fare idrogeno. A tali opportunità evidenti si potrebbe aggiungere la disponibilità, presso gli impianti fusori e di affinazione di AST, di rilevanti cascami termici, inutilizzati, che potrebbero trovare impiego per la produzione di energia finalizzata all’idrogeno. Anche le vaste superfici di copertura dei capannoni delle Acciaierie, potrebbero ospitare nuovi campi fotovoltaici da impiegare per l’energia pulita da dedicare alla produzione di idrogeno verde. La produzione di idrogeno troverebbe molteplici modi d’utilizzo, nel campo dei trasporti e della mobilità, sia stradale che ferroviaria, offrendo un’alternativa economica ai costosi investimenti per la elettrificazione delle linee tuttora non dotate. Non si può dimenticare la presenza a Terni di una facoltà universitaria in ingegneria, ed il lascito di competenze, con Ansaldo, nella produzione, purtroppo chiusa, di Fuell Cell; ovvero l’esistenza delle condizioni per dar vita ad un centro di ricerca per l’impiego di idrogeno, in svariati ambiti d’utilizzo. Sappiamo, inoltre, che la siderurgia da forno elettrico di Terni, per avere un futuro, oltre che su strategie produttive e commerciali della proprietà e del management, all’altezza delle sfide industriali di questo tempo di transizione, dovrà essere, sempre più, una siderurgia neutra, climaticamente, con la drastica riduzione delle 300.000 tn di CO2 emesse direttamente ogni anno in atmosfera, oltre ad altre 300.000 emesse indirettamente per la produzione termoelettrica della energia consumata. Una situazione che fa di Terni una città, non solo inquinata da polveri ed altre emissioni industriali, ma, anche, una località climalterante, ben lontana dalla neutralità cilimatica, con le sue emissioni complessive di oltre un milione di tn di CO2 all’anno. Insomma, per avere un futuro, quella di Terni, dovrà evolvere in una acciaieria circolare non solo perché riutilizzi e ricicli all’infinito rottami di acciaio, ma perché cessi di avere gli attuali pesanti impatti su ambiente, salute e clima. Il tema del maggior impiego di idrogeno, per fasi importanti del processo produttivo, nonché di sistemi passivi ed industriali di cattura e riutilizzo della CO2, è aperto ed investe pienamente il futuro della centenaria fabbrica di viale Brin, simbolo della nostra città. Terni, per respirare ha bisogno, come tutti, di ossigeno ed aria pulita e, perciò, anche, d’idrogeno. Una sfida ed una opportunità epocale che non possiamo perdere.

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CURARSI con la LETTURA dei GIALLI

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a tempo la “Book therapy” è riconosciuta come una valida pratica in situazioni di disagio psicologico e sociale oltre che come tecnica cognitiva in ambito psicoterapeutico. In Inghilterra è addirittura raccomandata dal National Health Service, il servizio sanitario inglese, come forma di auto-terapia. Nel loro database si contano già più di 100mila libri da prescrivere come fossero farmaci. Tra essi una posizione di rilievo è occupata dai romanzi gialli con autori come Arthur Conan Doyle e Agatha Christie. La lettura di un giallo infatti ha un ulteriore effetto benefico che lo rende simile ad una tecnica meditativa. Sostiene a tale proposito il filosofo Émile-Auguste Chartier: L’effetto certo dei mezzi di terrore e di pietà, quando li si adopera senza precauzione, è lo sgomento e la fuga dai pensieri, insomma una meditazione senza distacco, come nei sogni. Il concetto viene ripreso da quel grande giallista quale è Leonardo Sciascia che scrive: La lettura di un poliziesco è, nel senso più proprio della parola, passatempo: il tempo non è più portatore di pensieri, non è più scandito da condizionamenti, è come sommerso in una fluida

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e opaca corrente emotiva; e la mente diventa una specie di tabula rasa che passivamente registra tutti quei dati che soltanto la mente dell’investigatore sa e deve decifrare, coordinare e infine risolvere. Il divertimento, il passatempo, consiste quindi nella condizione di assoluto riposo intellettuale, di affidarsi all’investigatore, alle sue eccezionali capacità di ricostruire un crimine e di svelarne l’autore. A questi pareri si aggiunge il ragionamento, tra i più competenti, di Umberto Eco: Io credo che alla gente piacciano i gialli non perché ci sono i morti ammazzati, né perché vi si celebra il trionfo dell’ordine finale sul disordine della colpa. È che il romanzo poliziesco rappresenta una storia di congettura, allo stato puro. In fondo la domanda base della filosofia (come quella della psicoanalisi) è la stessa del romanzo poliziesco: di chi è la colpa? Per saperlo bisogna congetturare che tutti i fatti abbiano una logica, la logica che ha imposto loro il colpevole. Il consiglio è quindi rivolto a tutti: ogni tanto fa solo bene rilassarsi con la lettura di un buon giallo. Oltre a trascorrere qualche ora piacevole, ne gioverà la nostra salute mentale. Carlo K. Bare scrittore di gialli ternano

Carlo K. Bare

(pseudonimo di Carlo Barbanera) ha pubblicato il suo primo romanzo giallo Omicidi Infinitesimali nel 2009 con la casa editrice Nuova Ipsa di Palermo. Nel 2015 esce il suo secondo libro: Le Ombre dopo il delitto per la casa editrice Il Molo di Lucca, una raccolta di racconti noir. Escono inoltre alcuni suoi racconti gialli su siti specializzati. Quest’anno esce, sempre per la casa editrice il Molo, La comunione con il Diavolo, thriller ambientato a Roma. Il romanzo riceve il premio quale ‘miglior trama’ al GialloFestival di Bologna del 2020. La vicenda è ambientata intorno ad una basilica di Trastevere ed ha per protagonisti tre nuovi personaggi: don Luca Catena, prete gesuita, l’investigatore privato Giangi Sgringi ed il commissario Mauro Iaccolino del Commissariato Trastevere Primo.


PROSSIMA USCITA

LA TERRA PROMOSSA La Pagina si fa carico della elaborazione di un progetto per Terni, prossimo alle stampe, contenente elementi storici, scientifici, modernamente tecnologici che pensiamo risolutori per la terra che disegniamo, cioè La Terra Promossa. Sarebbe bello se i cittadini responsabili, indipendentemente dalla loro versatilità partitica, potessero confrontare con i nostri i loro progetti ed unire alla nostra la loro cultura. Noi tutti, per parte nostra, ci impegniamo per quello che dovrebbe fare ogni cittadino, ciascuno dovendosi sentire senatore e sindaco della città, attento al bene del luogo dove vive e dove cerca possano vivere bene i propri figli, solerte nel non delegare, agli altri o al fato, zelante nel voler seguire virtù morali e sedimenti culturali. Ci impegniamo incessantemente, senza chiacchiere velenose per eccitare gli animi, senza far parte di gruppi di potere, club privati o società di mutuo soccorso, senza arraffare soldi di altri né amministrare disinvoltamente ricchezze altrui, senza ringraziamento da alcuno, se non dalla nostra coscienza di uomini liberi, generosi e amanti adamantini del nostro territorio.

La Pagina disegna un possibile futuro per il territorio, in stretta osservanza con le risorse culturali ed ambientali presenti nella nostra terra. Con tale proposito iniziai il mio impegno editoriale, esattamente nel gennaio 2003. In questi 18 anni ho impiegato le mie sole, esilissime, risorse finanziarie, ma ancora oggi, tenacemente, insisto nel cercare di far fiorire la consapevolezza di quanta sia la ricchezza in nostro possesso e a quale felice futuro potremmo aspirare.

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LA DELEGAZIONE AICC di Terni compie 25 anni L’Associazione Italiana di Cultura Classica nasce nel 1897 a Firenze, per iniziativa di un gruppo di studiosi del mondo classico, tra cui il papirologo Girolamo Vitelli (1849-1935) e il filologo Felice Ramorino (1852-1929). Prende il nome di Società Italiana per la Diffusione e l’Incoraggiamento degli Studi Classici, che dall’anno successivo ha un suo Bullettino, la rivista Atene e Roma. Lo Statuto della Società recitava, all’art. 1: «si propone di diffondere e incoraggiare gli studi dell’antichità classica, in tutte le sue manifestazioni letterarie, artistiche e scientifiche, e nelle sue attinenze con le letterature e con la civiltà moderna» e, all’art. 2: «a) si adopera principalmente a propagare fra tutte le persone colte l’amore e il gusto della cultura classica, combattendo le contrarie tendenze; b) promuove e incoraggia il lavoro e le ricerche nel campo filologico, linguistico, storico e archeologico, contribuendo anche, secondo i mezzi, a raccogliere ed acquistare nuovi materiali di studio; c) prende in esame le questioni riguardanti l’insegnamento delle discipline classiche nelle scuole secondarie e superiori, e l’ordinamento dei vari istituti pubblici in quanto hanno relazione con la cultura classica». Nel 1948, l’Associazione entra nella Federation Internationale des Associations des Etudes Classiques, affiliata all’organizzazione culturale dell’Onu, l’Unesco. La Società Italiana per la Diffusione e l’Incoraggiamento degli Studi Classici nel 1950 cambia nome e diviene Associazione Italiana di Cultura Classica, con sede presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Artefice del cambiamento è l’archeologo Amedeo Maiuri (1886-1963), intorno al quale si raccoglie un gruppo di soci fondatori costituito, tra gli altri, da Concetto Marchesi, Massimo Pallottino, Giacomo Devoto, Giovanni Pugliese Carratelli. Gli ultimi decenni della vita dell’Associazione sono illuminati da due illustri figure di presidenti: il latinista Alessandro Ronconi e il filologo classico Marcello Gigante (1923-2001). Sotto la guida di questi due studiosi l’Associazione acquisisce un elevato prestigio e raggiunge moltissimi iscritti, facenti capo ad un numero notevole di delegazioni locali. Il presidente attuale è il papirologo Mario Capasso, che ha trasferito la sede nazionale a Lecce; tra l’altro, ha promosso l’istituzione della Giornata Mondiale della Lingua Latina e la Giornata Nazionale della Cultura Classica. Oggi, sul territorio nazionale, sono attive 77 Delegazioni; una Delegazione è presente anche nella Svizzera Italiana. A Terni, la Delegazione AICC nasce l’8 luglio 1996 per iniziativa della prof.ssa Doretta Amanzi Mauri, docente di Latino e Greco, che diviene la prima presidente. Nel 2009, la presidenza passa alla prof.ssa Annarita Bregliozzi, docente di Italiano e Latino e, nel 2018, al prof. Bruno Giancarlo, già docente di Latino e Greco; nello stesso anno,

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la Delegazione assume il nome di Marco Claudio Tacito, imperatore romano di presunte origini ternane. Nei suoi primi venticinque anni, la Delegazione di Terni ha organizzato cicli di conferenze incentrati su temi prestabiliti, concernenti autori, opere, generi letterari, temi e argomenti della classicità, sempre visti e trattati secondo il loro sviluppo storico e la loro permanenza nelle problematiche della cultura contemporanea. Ha promosso la cultura classica con iniziative rivolte al mondo della scuola, anche in forma di concorsi e di partecipazioni ad esperienze di percorsi per le competenze traversali e per l’orientamento. Ha collaborato con Enti pubblici e privati e con Associazioni culturali, mantenendo il partenariato con il Liceo Classico di Terni, sede dell’Associazione e supporto logistico nello svolgimento delle varie attività. Ha gestito corsi di aggiornamento professionale, riservati a docenti di Scuole Medie e Licei del territorio, con riconoscimento del MIUR, anche su piattaforma SOFIA. Ha partecipato con contributo organizzativo e scientifico al Certamen Taciteum, concorso nazionale di traduzione di brani di Cornelio Tacito, aperto agli studenti dei Licei italiani. È stata attivamente presente in grandi eventi celebrativi, come il Bimillenario della morte di Germanico e il Settimo centenario della morte di Dante Alighieri. Ha infine curato la presentazione di libri e di iniziative culturali di carattere locale e nazionale. Prof. Bruno Giancarlo, Presidente Prof.ssa Marisa D’Ulizia, Segretaria AICC - Delegazione di Terni “Marco Claudio Tacito”


L'Aurora N

on pensavo di fare, nel corso di questa estate, scorpacciate di pesce, sapientemente cucinato. Non avrei mai considerato, poi, di poterlo gustare in un luogo dove da tempo immemorabile ero solito mangiare, con piacere, solo prodotti tipici della montagna e dove si degusta la pizza, cotta al forno a legna, straordinariamente buona, a giudicare dalle centinaia di persone che si accalcano tutte le sere. Mi riferisco al ristorante L’Aurora di Sara Di Pietro, ai Prati di Stroncone, famoso non proprio come località marina. Questo luogo è diventato un centro attrattivo per il territorio, una vera perla che arricchisce e dona pregio ai Prati di Stroncone, luogo incantevole che si potrebbe valorizzare in maniera eccezionale, difficilmente considerabile da chi si affatica tremendamente quando gli capita di pensare. I Prati potrebbero costituire un importante centro di sosta anche per tutti i pellegrini che volessero percorrere la Strada di Valentino e Francesco, dalla Basilica di Terni alla Basilica del Presepe a Greccio, per ricongiungersi poi, attraverso il lago di Piediluco e la Cascata delle Marmore, al Cammino di Valentino, quello che congiunge Terni, Casteldilago, Ceselli, Norcia. Le capacità imprenditive della giovane Sara, madre della piccola Aurora, si sono evidenziate anche nella accettazione immediata ed entusiasta di un mio progetto. Si tratta di porre a dimora delle essenze arboree, un giorno l’anno, ogni anno, lungo la strada che congiunge Stroncone con i Prati, organizzando gruppi festosi di persone amanti del luogo, manifestazione che chiameremo Strada

fiorita per Valentino e Francesco. Tra i fiori la ginestra, il cui color giallo è lo stesso che rappresenta lo Stato del Vaticano e quindi evoca Francesco, mentre le delicatissime rose canine, le vere rose di Valentino di Terni, ricordano, di quest’ultimo, l’amore universale e incondizionato, antesignano di quello che trova poi il suo culmine in Francesco. La sponsorizzazione di Sara consisterà nell’offrire, proprio all’interno del suo ristorante L’Aurora, spaghetti e bevande per tutti; La Pagina si occuperà di pubblicizzare l’evento; l’Azienda Agricola Rino, di Rino Picchioni si occuperà delle piantine, di fiori e di essenze arboree. Ovviamente tutto dietro autorizzazione del Comune di Stroncone. C’è tanto da fare, un fare quasi magico grazie alle mirabili bellezze di cui disponiamo, per cui ogni evento, interessante e fruttuoso, può costare quasi niente. Serve solo amore per il territorio, sua conoscenza, cultura ed intelligenza. Auspico che il locale di Sara possa diventare, grazie a lei, caposaldo di una svolta turistica e sacrale per i Prati, luogo semplicemente stupendo! Mentre Sara era immersa nella lettura della bozza del presente articolo, un suo amico la saluta e si informa. Si tratta di Simone Frezza che si compiace immediatamente del progetto e chiede di partecipare per offrire vino a tutte persone che aderiranno. Buon segno! Allora, chi volesse sponsorizzare e chi volesse partecipare, non deve far altro che comunicarlo a Sara nei numeri qui riportati. Pensiamo di poter dare inizio appena si sarà sicuri che le piogge saranno a nostro favore. Nel numero di ottobre comunicheremo l’eventuale data della prima giornata. Grazie, gr.

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CALDO RECORD, STREGONERIE E GLI ZOMBIE DI VALENTANO

S Adriano MARINENSI

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iamo Campioni europei del calcio (a luglio) e del caldo (ad agosto). L’onda di calore ha posto l’asticella a 48 gradi e noi l’abbiamo bellamente scavalcata: 48,8, battendo il primato che apparteneva ad Atene dal 1977. Il record ottenuto a Florida, in Sicilia, nei pressi di Siracusa. Non solo nell’isola, anche in giro per l’Italia, il clima bollente ha imperversato: l’11 agosto, 80 stazioni di rilevamento hanno superato i 40 gradi. Per capire l’anomalia, pensate che sulle pendici dell’Etna, il termometro ha sfiorato i 32, a 1875 metri s.l.m. A queste temperature suona l’allarme rosso (fuoco) e gli incendi, seppure in gran parte dolosi (in galera i piromani e buttiamo via la chiave), diventano irrefrenabili. E i giorni pesanti da vivere. La sofferenza diventa pesante quando il sole è allo zenit e dardeggia. Bisogna stare in campana perché quel demonio di Lucifero, "tomo, tomo, cacchio, cacchio" (Totò), ti porta all’inferno, appresso a lui e manco te ne accorgi. Primati a parte, ormai è evidente che l'innalzamento delle temperature non è un'idea degli ambientalisti. La siccità sta provocando pericolosi fenomeni di desertificazione. La colpa è conseguente al ripetersi di attività umane contrarie alla vita sul Pianeta. E’ stato detto e ripetuto che occorre modificare al più presto i comportamenti che impattano sull'ambiente, altrimenti le difficoltà diverranno insuperabili. Per i nati all'inizio di questo secolo, quando si saranno fatti vecchi, giornate come quella dell'11 agosto 2021, diventeranno numerose. Per loro, l’estate, da bella stagione, si trasformerà in tormento. Il fascino dell’occulto dovrebbe essere irreprimibile, se alla fine del XX secolo, quando la scienza aveva già avviata la rivoluzione tecnologica, ancora una moltitudine di persone credeva nelle divinazioni di maghi e negromanti. L'incarnazione di quel fascino esoterico ha un nome: Gigliola Ebe Giorgini, titolare di una lunga carriera, che ha fatto da trama persino ad un film presentato alla Mostra di Venezia. Nome d’arte, Mamma Ebe, fondatrice della Pia Unione di Gesù Misericordioso. Prevaleva in lei e nelle menti dei creduloni, la qualifica di guaritrice (a scopo di lucro). Nel suo curriculum figurano arresti e condanne per abuso della professione sanitaria e altri reati connessi, come la truffa aggravata e l’associazione per delinquere. Fossimo stati nel Medio Evo, sarebbe finita sul rogo. I ternani con i capelli tutti bianchi

come i miei, ricorderanno Poldino che “faceva le carte”, la “magnirizzata” di Collescipoli (oggi, influencer), Giovannino di Giuncano, tutti “guru di mezza tacca”, capaci di buscarsi la pagnotta a base di salumi, caciotte e qualche pollastro. Ma eravamo, come si dice in vernacolo, al tempo di checco e nena, quando l’emancipazione culturale non era il primo pensiero delle classi operaie e contadine. Di questi tempi, i merlini di borgo non avrebbero battuto un chiodo. La santona di Carpineta invece di chiodi ne ha battuti eccome. Quando è morta, il 6 agosto scorso, a 88 anni -ormai Nonna Ebe- il Gesù della sua 'Pia Unione', di misericordia ne avrà dovuta usare tanta per trarla dall’inferno dov’era destinata. Quest'estate ci è mancato molto il simpatico clamore sul soggiorno di Matteo il Vecchio, al Papeete di Milano Marittima. Anche i selfie con le cubiste che ballavano al ritmo di Fratelli d’Italia. E le sequenze del figliolo suo che scorazzava per il mare a bordo di moto d’acqua della Polizia. Peccato! Mi erano parse quelle scene spassose, le immagini incorniciate di un modo di fare politica alla carlona, aspetti molto apprezzati da noi mediocri. E confacenti allo stile augusto degli uomini di Stato. Comunque, dal mondo della Lega un messaggio è venuto. Grazie ad un Assessore-pistolero (da saloon), il quale, spintonato da un selvaggio immigrato, gli ha piantato una palla in corpo e lo ha fatto secco. Fulgido esempio di futura giustizia fai da te. Per legittima difesa, si capisce! Ultimo cenno ad altro evento da colpo di sole, tratto dalla cronaca giornaliera. C'è stato a Valentano, in provincia di Viterbo, un rave party abusivo, con 10 mila giovani provenienti da chissà dove, accatastati, aggrovigliati, in un luogo molto affascinante della Tuscia. Meno affascinante lo spettacolo offerto dalla fauna promiscua, uomini con donne, donne con donne, uomini con uomini, grandi ammucchiate. Capelli colorati, tatuaggi totali, identità fasulle. Esternazioni di natura animalesca, musica plurima ad altissimo volume, udibile a distanze chilometriche. Un marasma igienico-sanitario in tempo di Covid. Droga a torrenti, birra a fiumi e rutto libero, alla Fantozzi. Punkabbestia e cani morti. Una invasione barbarica. Dice il proverbio: La madre dei cretini è sempre incinta. Nel caso di Valentano però ha esagerato, ne ha partoriti 10 mila!


LA TRIBÚ UMANA

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uindici miliardi di anni fa (miliardo più, miliardo meno) l’energia cosmica fece sentire il suo primo respiro. Tremila milioni di anni fa (milione più, milione meno) alcune cellule vibrarono, si animarono. Da allora ovunque arrivasse un raggio di sole, ovunque luce e calore penetrassero le tenebre, ovunque fu vita. Che io ora possa scriverlo testimonia lo straordinario percorso evolutivo che ha trasformato un atomo in un mammifero deambulante, con una capacità pensante di ampie dimensioni. Nella baraonda vorticosa del tempo, quest’uomo si è convinto di essere lui il padrone del suo e dell’altrui territorio. Ed è nel pezzo di terra inteso come spazio di appartenenza che l’uomo si gioca la sua animalità. Alla pari di un cane che segna i confini del proprio territorio, così l’animale umano alza simbolicamente la gamba su quanto ritenga di sua appartenenza a livello tribale, familiare, personale. Piccoli gruppi costituirono tribù e per migliaia di anni sopravvissero difendendo quel territorio di caccia che ogni gruppo aveva delimitato ritenendolo di sua proprietà. Simboli di appartenenza venivano registrati sul corpo di ciascun membro, danze di pace e di guerra cimentavano il gruppo sociale costituito. Poi la tribù divenne popolo, il territorio divenne città, nazione. I simboli cambiarono, ma sempre simboli restarono: i colori di guerra dipinti sul volto divennero divise, insegne, emblemi di guerra, il simbolo distintivo come un totem divenne una bandiera, un canto di guerra divenne inno nazionale, un suono di tromba, una marcia militare, uno squadrismo. I confini territoriali vennero costruiti: fortezze, torrette, filo spinato, muri eretti, ma anche solo barriere doganali. L’antico cacciatore tribale che si annida in ogni individuo ha ancora e sempre bisogno di sentirsi protetto in una realtà ristretta che richiami la tribù dei primordi perché l’agglomerato di milioni di individui disperde le certezze, scardina i confini, invade lo spazio personale. Lo straniero che sbarca, l’estraneo che ti sorpassa nella fila, l’automobilista che si intrufola nella tua area di parcheggio, sono invasioni del tuo spazio personale, anch’esso ben definito da paletti mentali. Così avviene in una sala d’aspetto, nei cinema, nei mezzi di trasporto

pubblici: una persona entra e si siede lontano dalla persona già seduta e così via finché si è costretti a sedersi accanto a qualcuno e la sensazione che ci pervade è di disagio, a volte di minaccia. Interessante è osservare la vacuità dei volti dentro un ascensore, in un autobus urbano: occhi fissi al soffitto, funzioni vitali rallentate come se diventare assenti possa proteggere il nostro spazio momentaneamente in pericolo per contatto obbligato con gli altri viaggiatori. Il richiamo alla tribù è incorporato, la spinta alla cooperazione è un atto di autoconservazione della specie, si formano gruppi più ristretti di individui, più vicini al modello antico: sindacati, partiti, gruppi sportivi, associazioni, club, ma anche bande di adolescenti, gruppi di protesta, organizzazioni criminali. La famiglia è la roccaforte dell’individuo e intorno ad essa si sbarrano cancelli, si erigono muri. È la rappresentazione più autentica della tribù: piccole dimensioni, autogestione, condivisione di fatti e misfatti. All’interno di essa tutto può succedere: famiglia come nucleo di affettività, solidarietà, libertà, ma anche gerarchia confezionata ad uso di qualcuno, in altre parole: membri dominanti, membri sottomessi. Ancora una volta, come sempre, da sempre, la forza muscolare riesce a cancellare lo straordinario cammino dell’evoluzione umana perché il maschio su di essa fa leva per ottenere e mantenere ciò che più conta: l’ inviolabilità del territorio, la bramosia di possesso nei riguardi della donna che donna non è, ma

Sandra RASPETTI

nella sua visione rimane femmina alla pari dell’animale cacciato per procacciarsi il cibo o da inseminare per perpetuare la specie. Meschinità di un’umanità dolente. Il corpo è sistemato, bene o male inquadrato in territori più o meno vasti, ma l’anima? Fu così che la tribù oltrepassò lo spazio fisico, trascese la materia, si inoltrò in uno spazio addirittura cosmico, la parte animica così imperante e prevalente in ciascun uomo volle il suo Dio. Dio che avrebbe dovuto essere unico e solo, creatore del cielo e della terra, che veniva venerato inchinandosi al sole dell’alba o temuto nel fragore di un uragano, venne di nuovo spartito e a secondo delle latitudini, delle tracce di materialismo persistenti, assunse modalità e rituali diversi. Anche l’anima aveva bisogno di campi ristretti e all’interno delle religioni nacque un’anagrafe spirituale. Di nuovo paletti che segnano l’appartenenza di un popolo (tribù) ad una cultura che trascende l’empirico, consola l’anima, soccorre, protegge, placa le paure, promette eternità. Ancora una volta, però, la voglia di potere, di sconfinare, di possedere, di sottomettere prevale e i paletti diventano violenze, castrazioni del corpo e dello spirito, animalità cieca e spietata. Ancora una volta la donna è l’agnello da immolare, la preda facile da sottomettere. È l’eterna lotta per la sopraffazione all’interno di un’unica specie: quella umana. Territorio da difendere... territorio da invadere. Vi rimando ai fatti di cronaca, ad uno sguardo sul mondo...la tribù è tutta lì. sanras@umbriainfo.com

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SPENTI GLI INCENDI, ANDRÀ TUTTO BENE? L

’estate del 2021 verrà ricordata come un’estate bollente in tutti i sensi. Primo, per gli incendi che stanno distruggendo il patrimonio boschivo di intere regioni, poi, per le alte temperature Pierluigi SERI che hanno messo a dura prova la salute fisica e psichica di buona parte della popolazione, specie anziana, già duramente provata dai lunghi mesi di lockdown. Anche il termometro della politica registra continui sbalzi né più né meno come la colonnina di mercurio, con un rincorrersi ormai di routine di dichiarazioni di fuoco, subito smentite il giorno dopo. Il Covid 19 arginato, ma non sconfitto con la famigerata variante Delta in aumento, nonostante l’incremento delle vaccinazioni. Per ultimo la disastrosa ritirata degli USA e della Nato dall’Afghanistan che hanno trasformato Kabul nella Saigon del XXI secolo con il paese consegnato nelle mani dei Talebani che hanno proclamato un Emirato islamico di medievale memoria e medievali sono le leggi ivi stabilite tipo la Sharia che relega le donne in casa e coperte dall’antistorico burqa. Dopo questa eloquente panoramica torniamo in Italia. La triste e odiosa stagione degli incendi è iniziata in Sardegna e dilagata a macchia di olio in Calabria, Sicilia e altre regioni con le immagini in diretta della devastazione paesaggistica in cui è chiaro il dolo dei piromani. Sono ovviamente scoppiate le solite polemiche che hanno subito interessato i vari anchormen di programmi-inchiesta che hanno preso la palla al balzo e c’era da scommetterci! Così abbiamo assistito, come nei mesi bui della pandemia, alla solita processione di tuttologi-tuttofare, di esperti o supposti tale. Interessante è a tal proposito la polemica scoppiata durante la trasmissione In onda tra Concita De Gregorio e il capo della Protezione civile Curcio in cui la giornalista faceva presente il disagio dei turisti che vedevano andare in fumo, insieme agli alberi, le loro vacanze, i loro risparmi, i loro sacrifici dopo mesi di lockdown. La domanda fu giudicata indelicata, se si pensa agli agricoltori e pastori sardi che hanno visto bruciare le loro aziende

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insieme al lavoro di generazioni. Premesso che né i sardi né i turisti sono ignifughi, interessante è la risposta di Curcio: Migliaia di ettari di terra bellissima sono bruciati, ma io non credo che quello che è successo debba necessariamente influire con il turismo. Il pensiero che si cela sotto questa frasetta apparentemente ovvia e scontata spiega il nostro atteggiamento davanti a quanto di catastrofico è avvenuto negli ultimi anni dalle alluvioni al Covid 19, dal riscaldamento globale all’inquinamento delle microplastiche. Nessuno è disposto a credere che quanto è successo debba assolutamente cambiare le nostre vite. Se è vero, come sosteneva Darwin, che in natura sopravvive la specie che meglio si adatta ai cambiamenti, proporre che la risposta giusta sia non cambiare affatto è un suicidio vero e proprio. Nonostante ciò ci stiamo credendo o, meglio, illudendoci di crederci. Molte persone pensano che tutto riprenderà come prima e che non cambierà nulla. Lo dimostrano gli affollamenti irresponsabili di alcuni concerti, sulle spiagge, nel tripudio per vittorie in eventi sportivi, nei cosidetti rave party ecc. Mentre in Sardegna andavano in fumo ulivi centenari e morivano centinaia di animali innocenti, a Napoli falliva l’ennesima conferenza internazionale sul clima in cui i ministri dell’energia e dell’ambiente dei paesi più industrializzati del mondo non sono riusciti a trovare un accordo per invertire la distruzione dell’ecosistema. Lo slogan tutto andrà bene come invito all’ottimismo diventa il mantra di tutto andrà come prima. Come se potessimo ignorare il contesto e rimuovere il fastidio che queste catastrofi causano nel nostro micromondo. Viaggi, lavoro, conviviali, comprare oggetti senza saperne la provenienza, mangiare cibo senza sapere dove e come è stato prodotto. Non ci rendiamo conto che, usando un banale esempio, un acquario sul cui fondo limaccioso è stato gettato un sasso, ci mette un certo tempo per ridiventare limpido, ebbene, nel nostro pianeta siamo noi il sasso che intorbida le acque!


LE PERSÈIDI Lu 10 agostu… la notte de le lagrime de Sallorènzu… io, ‘n amicu mia e le dorgi consorti ce semo ‘rtroàti ‘n mmezzu a ‘n campu tuttu scuru p’ammira’ le stelle cadenti. Senza voléllu ‘emo disturbatu ‘n brancu de vacche che ggintirménte se ne so’ ‘nnate da ‘n’andra parte. Ce semo ‘ccomodati e io… stémo ‘ttèntu a qquarche bbisogninu che cciànno dipositàtu ‘lle pòre bbestie… anche se ‘cciaccallu ce pòrta furtuna… e ll’amicu… ‘n ze vede gnente… speramo bbene!?... Sinti ‘n bo’… m’hanno dittu che, ‘lle strisciate luminose che sse vedono, so’ le luje de lu focu che cciànno bbruciatu Sallorènzu… speramo che ‘n ce cascono su la capòccia!… Guarda che sso’ ccome granelli de sabbia che ‘ttraversono l’attomosfera e cco’ l’attritu dell’aria se ‘nfòcono quanno cascono ggiù… èccone

una… quella è ‘na Persèide!... ‘Stu periodu, parecchie pàrono proveni’ da la costellazzione de Persèu e ssoprattuttu a Agostu la Terra, rotànno ‘ntorno a lo Sole, se cumbìna a ppassa’ ‘n do’ ce stanno ‘n saccu de ‘lli granelli che ccià lasciatu ‘na cometa… mo’ però ggustàmocele ‘n silènziu e ‘ppéna le vedemo‘sprimémo‘n disidèriu… èccola èccola… ‘n’andra llà… guarda quella che strisciàta ch’ha fattu… ce la semo ‘ggustata pe’ ‘n bellu pezzu e… aho... io ho ‘spressu ‘n saccu de disidèri e ttu?… bbèh io… tanta furtuna e ttanta serenità pe’ nnojàndri… e ttu?... Porca vacca!… Pe’ la serenità te ringrazziamo ma pe’ la furtuna, io e mmi’ moje, c’émo penzatu da suli… ce pareva ‘n cispuju d’erba morbidu morbidu ‘nvece mesà che cce semo ‘ssettati su ‘na squajòzza de vacca!?

Paolo CASALI

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VALCASANA - SCHEGGINO

Quella della Valnerina è, per i suoi problemi storici e per le sue inespresse risorse, una comunità che si cerca e che prova a costruire un futuro comune. Una grande operazione di identità e di progetto ha bisogno di una icona che ne simboleggi il significato più profondo, con un messaggio che, oltre alla ragione, sappia parlare al cuore, al sentimento, alla fantasia.

TEMA PER IL CONCORSO Il viso di chi rappresenterà, ogni due anni, la Valnerina sarà “orribilmente bello” e dovrà suscitare emozioni capaci di evocare la forza e lo spettacolo della Cascata delle Marmore, il silenzio e le suggestioni dei borghi medievali, l’incanto delle acque, la purezza della natura.

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Se non perdureranno difficoltà epidemiche, effettueremo, verosimilmente alla fine di ottobre 2021, la premiazione del concorso.

MOSTRA

Madonna Valnerina 24 Luglio - 5 Settembre 2021

La seconda edizione del Concorso MADONNA VALNERINA riserverà sorprendenti ed interessantissime sorprese!

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D’ESTATE FACEVAMO LE CARTUCCE N

Vittorio GRECHI

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egli anni ’50 del secolo scorso possedevamo tre fucili: una doppietta Hunter, un fucile a un colpo e una doppietta ad avancarica, tutti del calibro 12 e a cani esterni. La doppietta ad avancarica era detta in gergo “fucile a bacchetta”, in quanto munito di una bacchetta incastrata con appositi supporti tra le due canne e sotto di esse. Praticamente funzionava come gli archibugi ancora in uso per gli spari in onore di S. Antonio da Padova, patrono di Castiglioni di Arrone (Terni). Per andarci a caccia bisognava portarsi appresso il misurino per dosare la polvere da sparo e il piombo, la carta e gli inneschi. Prima si metteva la polvere nella canna del fucile, poi la carta che veniva pigiata fino in fondo con la bacchetta e infine il piombo con altra carta, anch’essa pigiata col medesimo strumento. Era il tipico fucile per la caccia da capanno. Le cartucce per i fucili a retrocarica si facevano d’estate, poi si mettevano al sole nella convinzione -e speranza- che poi fossero efficaci con qualsiasi clima. In genere, la mattina di Ferragosto era dedicata a preparare le cartucce per buona parte dell’anno, all’ombra del noce e sopra un tavolo di fortuna fatto con quattro tavole inchiodate e quattro pali conficcati nel terreno a sostenere il tutto. Dall’armaiolo si compravano le lattine di polvere da sparo granulare, tipo Acapnia o Universale, adatte a essere misurate con uno strumento volumetrico a 4 gradazioni e quindi senza bisogno di bilancino. Si comprava poi una scatola di cartucce con la base di ottone, con al centro della base l’apparecchio di innesco, detto in dialetto tobetto, poi i pallini di piombo numero dieci adatti per la caccia alla maggior parte dei volatili e infine i dischetti di carta robusta calibro 12, detti cartoncini, per separare i componenti. Si incominciava a caricare le cartucce già usate, si toglieva l’innesco vecchio e si metteva quello nuovo battendolo con un martelletto di legno tenero. Queste cartucce si caricavano a dosaggio 3 per passeracei, mentre quelle nuove si caricavano a dosaggio 4 per tordi e merli. Per la lepre e altre prede importanti come i colombacci si usavano cartucce più potenti, dette corazzate, che si

acquistavano direttamente dall’armaiolo. Una volta impostata la misura a 4, si riempiva il misurino colmo di polvere e si versava nella cartuccia, si metteva il cartoncino e lo si pressava con apposito bastoncino in legno, delle stesse dimensioni della cartuccia. Come borraggio (materiale inerte per riempire lo spazio tra la polvere da sparo e i pallini di piombo) si usava una manciata di semola di grano, altro cartoncino pressato e infine i pallini di piombo a 4, non colmi come la polvere ma pari, traguardando il bordo del misurino. Altro cartoncino sopra al piombo e poi, con apposito strumento a manovella, si faceva il bordo alla cartuccia in modo che trattenesse il suo contenuto. Fatto ciò, si scriveva sul cartoncino una sigla che identificava la polvere usata e la sua quantità, per esempio A4. Si diceva allora che quella cartuccia era di Acapnia a 4, curmu e pparu, intendendo colmo di polvere e pari di piombo, che era la dose già sperimentata con buon successo in tutti i climi. Poteva accadere d’inverno, con condizioni atmosferiche particolari, che la cartuccia fosse balisticamente non bilanciata, per cui le prede cadevano a terra vive e bisognava rincorrerle o affidarsi al naso del cane per ritrovarle. Allora gli esperti dicevano che il piombo era poco e sopperivano alla carenza di bilanciamento aggiungendo una pallina di terra umida sulla punta della cartuccia, prima di infilarla nella canna. Mentre si eseguivano queste operazioni ripetitive, si raccontava che un famoso maestro elementare, per non rovinare le cartucce e farle durare più a lungo possibile, non usava la macchinetta bordatrice, ma bloccava l’ultimo cartoncino con la cera fusa che faceva scolare da una candela accesa. Era il ricordo dell’Italietta risparmiosa che stava sparendo man mano che il boom economico si faceva avanti. Infatti, aumentando il benessere, incominciarono a diminuire i cacciatori che si fabbricavano le cartucce. Era più facile comprarle e c’era un’ampia scelta fra le polveri da sparo, non più granulari ma a lamelle, come Sipe (Società italiana prodotti esplodenti), Super Balistite e S4, che però dovevano essere pesate. Finita la preparazione, si liberava il tavolo per il pranzo. Intanto le donne avevano fatto gli gnocchi col sugo di capra e sulla grande graticola stavano arrostendo pomodori e braciolette, sempre di capra. Per il primo piatto c’era, però, un’eccezione: fettuccine all’uovo per zio Antonio che era stato prigioniero in Germania e odiava crucchi, rape e patate. Anzi, per le patate recitava sempre un proverbio: Beatu chi l’assotterra e tristu chi l’arcaccia.



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