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Collegati ma non connessi V. Iacobellis
COLLEGATI MA NON CONNESSI
Colui che desidera assicurare il bene degli altri si è già assicurato il proprio.
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CONFUCIO
Valeria IACOBELLIS In questa frase è racchiusa una grande verità: l’uomo non esiste senza l’interconnessione con gli altri. Noi oggi invece viviamo in un paradosso. Nell’era della digitalizzazione, degli smartphone, dei social, di internet che dovrebbe accorciare le distanze tra le persone, sperimentiamo invece, come mai prima d’ora, un grande vuoto, un profondo senso di solitudine e smarrimento, con tutto il bagaglio di paura e rabbia ancestrali che invadono il web. Siamo collegati fisicamente alla “grande rete”, possiamo raggiungere velocemente l’altro capo del pianeta, gli scambi sono facilitati, ma non siamo davvero connessi gli uni agli altri. La disarticolazione della società moderna genera individui isolati ed autoreferenziali, alla stessa velocità delle nuove tecnologie sempre più performanti. Abbiamo la disponibilità di una miriade di mezzi di comunicazione, ma ci stiamo impoverendo interiormente, perché quello che difetta è l’autentica connessione degli individui, prima di tutto con la propria interiorità, quindi con i propri simili ed infine con la Natura. Alexis De Tocqueville scriveva: “Senza idee comuni non c’è azione comune e senza azione comune esistono gli uomini, ma non un corpo sociale”. Oggi non solo sperimentiamo la sofferenza del corpo sociale a causa della profonda crisi delle istituzioni, quali la famiglia, la scuola, lo Stato, non più in grado di mantenere il ruolo di centri ispiratori dei valori e dei comportamenti collettivi. A questa profonda crisi del corpo sociale va ad aggiungersi la progressiva disumanizzazione dell’individuo, anche a causa dell’ipertecnologizzazione, tanto da sembrare un’involuzione dell’homo sapiens, che è soprattutto capacità di pensare, a homo faber, mero produttore e consumatore, in una logica di mercato unidimensionale ed omologante. L’unica via di salvezza per gli uomini è la riscoperta della politica nella sua autentica accezione, come teorizzata da Aristotele ed ancor prima da Platone con il mito della caverna. Non la visione realistica di politica imperante ai giorni nostri come mera conservazione del potere. Si dovrebbe recuperare il significato etimologico del termine politica: dal greco polis, città stato, quindi entità di governo dei cittadini, non solo sul piano sociale ed economico, ma anche e soprattutto etico-morale e culturale. In sostanza per politica dovrebbe intendersi un organismo educativo collettivo nei confronti del singolo, finalizzato al bene comune. È chiaro quindi che prima ancora del bene comune andrebbe perseguita e riscoperta l’autentica educazione, mentre oggi sperimentiamo solo la forma pragmatica ed omologante dell’istruzione. In
questo solo negli studi classici e nella filosofia posso scorgere il faro per risvegliare e guidare le coscienze
verso la liberazione. Plutarco sosteneva che “la mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma, come un fuoco da ardere, ha bisogno solo di una scintilla, che la accenda, che vi infonda l’impulso alla ricerca e il desiderio della verità”. Ecco cosa manca ai giorni nostri: la scintilla che accenda le menti degli uomini per farli uscire dal loro ristretto guscio di bisogni individuali alla ricerca della verità. È proprio nella separazione della politica dall’etica che può essere rintracciata l’attuale incapacità di riconoscere e servire il bene comune. I progressi della scienza andrebbero letti non solo in chiave meramente pragmatica e quindi materialistica, ma in una dimensione per così dire spirituale. La nuova fisica quantistica ha rivelato l’unità dell’universo dimostrando che non possiamo suddividere il mondo in particelle indipendenti l’una dall’altra. La natura è interconnessione. Nel riconoscimento di questa semplice verità fisica sarà possibile recuperare il senso delle nostre esistenze, che assumono sostanza e significato solo attraverso la relazione, rendendo possibile il fondamento del nuovo autentico umanesimo, perché nascerà dall’interiorità dei singoli individui, in un processo di adesione spontanea ai valori fondanti della vita. Se questo è l’obiettivo siamo tutti arruolabili nel compito di fare politica, partendo dall’individuo, che continua a cercare, a studiare, a porsi domande con coscienza critica, alle famiglie che pur nelle molteplici difficoltà crescono i figli, coltivando la relazione fondata sui valori etici, agli insegnanti nelle scuole, che ancora credono nella centralità del ruolo educativo, ai medici e agli infermieri negli ospedali, che svolgono il loro compito come una missione e alle associazioni culturali e di volontariato, che operano per l’interesse comune, fino ad arrivare alle istituzioni dello Stato, che di questa base umana sono lo specchio. Non c’è bene proprio senza bene comune. Siamo tutti connessi. Nessuno si salva da solo!