La Pagina Ottobre 2021

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1996 2021

YEAR ANNIVERSARY

Numero 188 Ottobre 2021

Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

Quale Futuro?

Fisioterapia e Riabilitazione

Zona Fiori, 1 - Terni - Tel. 0744 421523 - 0744 401882 www.galenoriabilitazione.it Dir. San. Dr. Michele A.Martella - Aut. Reg. Umbria DD 7348 del 12/10/2011


Ottobre 2021

La Città può diventare un'opera d'arte?

QUALE FUTURO? G. Raspetti

L.Santini

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni. Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Tipolitografia: Federici - Terni DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore editoriale Giampiero Raspetti Grafica e impaginazione Provision Grafica Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 3482401774 - info@lapagina.info www.lapagina.info Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

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Inquinare in Europa costa sempre di più A.Melasecche

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PENSARE A TERNI R. Ruscica, C. Santulli, G. Porrazzini, G. Piccioni

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3. BMP elevatori su misura 5. Edilizia COLLEROLLETTA 9. CMT 10. Arrivano i bimbi afgani! F. Patrizi 11. PIERA Salute e Bellezza 11. CI SENTI professionisti dell'udito 12. Creare Cultura La Penna Rossa 14. Un patto globale per salvare il Nostro Mondo E. Squazzini 15. Radiofrequenza dinamica vaginale G. Porcaro 16. Ottobre è il MESE ROSA L. Fioriti 17. Ozono terapia ecoguidata V. Buompadre 17. VILLA SABRINA - residenza protetta 18. CONVEGNO: Screening del paziente ipoacusico I-II-III-IV Rubrica Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni 19. NONNO ASCOLTAMI 27. VANO GIULIANO 27. LENERGIA 28. La Valle, il Nera, le Mummie, l'Abbazia A. Marinensi 29. Una passeggiata tra gli umani S. Raspetti 30. Femminicidio, crimine senza se e senza ma P.L. Seri 31. SIPACE Group 31. Le Persèidi P. Casali 32. Cecilia Piersigilli - DISSOLUZIONI 34. Le Mamme contadine di una volta V. Grechi 35. ARCI 36. CORSO OSS Le FOTO a pagina 1, 4, 6, 7, 21, 23, 24, 25, 26 sono di MARCO ILARI

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LA CITTÀ PUÒ DIVENTARE

UN'OPERA D'ARTE Loretta SANTINI

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COSA CI RACCONTA TERNI? Ci racconta di un passato glorioso che va dalle antichissime testimonianze della cosiddetta cultura di Terni con la sua vasta necropoli dell’età del bronzo e del ferro, allo splendido municipio romano di Intermna Nahars, alla città dalle cento torri. Ci racconta di nobili palazzi allineati lungo le strade dell’antico cardo e decumano con sale affrescate e per lo più sconosciute, di chiese abbellite da maestri della pittura che hanno lasciato la loro impronta indelebile. Ci racconta di case, torri e porte medievali che in parte sopravvivono nel centro storico. Parla di un reticolo di strade, quartieri e palazzi moderni espansi a dismisura fuori dell’antico centro storico. Ci racconta inoltre di fabbriche e ciminiere, di acqua e di fuoco, di acciaio, di industrie sorte nella seconda metà dell‘800, quelle che hanno prodotto una enorme trasformazione non solo economica, ma soprattutto urbanistica e sociale della città. Ma ci parla anche di una splendida valle incantata, quella tanto ammirata e amata dei viaggiatori del Grand Tour che sostavano a Terni per recarsi alla Cascata delle Marmore: una valle non solo paesaggisticamente bella, ma anche eccezionalmente fertile grazie alla ricchezza delle acque e per questo conosciuta e decantata anche dagli storici romani. Ci racconta, a seguito dell’industrializzazione, di incontri di genti provenienti da paesi e regioni diversi, di culture diverse che si sono comunque amalgamate divenendo tutti ternani. Quindi una città dall’identità molteplice e sfaccettata, complessa e unica, dove convivono antico e moderno in una commistione singolare, a volte audace ed anche geniale. Una storia antica e complessa che va conosciuta, approfondita, apprezzata, riscoperta e fatta riemergere

dall’oblio e dalla dimenticanza che per anni l’ha caratterizzata. Per molto tempo Terni è rimasta nell’immaginario collettivo come la città operaia. Senza disconoscere la grande rivoluzione apportata dall’industria, altrettanto bisogna riflettere che proprio la fabbrica ha fatto dimenticare quante bellezze, quante eccellenze, quante storie appartengono alla nostra città, eccellenze e storie di cui bisogna essere molto orgogliosi. erché ripeto per l’ennesima volta questo discorso? Perché c’è bisogno di conoscere il passato per pensare e progettare il futuro. C’è un bisogno condiviso ormai di ritrovare un proprio cammino, di liberarsi di scorie del passato che hanno emarginato una cultura e una storia che pure è stata importante e proficua. Tutti vogliamo una città bella, pulita, vivibile, orgogliosa, vivace. La vogliamo soprattutto intelligente (oggi si dice smart), ecosostenibile, vivibile. La città intelligente è quella che, partendo dalla conoscenza delle sue risorse, delle eccellenze e delle potenzialità che possiede, trova e mette in atto le strategie per la risoluzione dei problemi affrontando e risolvendo le situazioni di degrado, valorizzando il patrimonio esistente al fine di assicurare una migliore qualità della vita. Non basta imbellettare la città, bisogna strutturarla, programmarla, amarla, renderla emozionante. Bisogna prendere coscienza delle sue eccellenze e delle sue unicità se si vuole elaborare un progetto che ne valorizzi il grande patrimonio storico e culturale. Quando si impara ad andare in bicicletta ci si dice che non bisogna guardare la ruota ma la strada. Così è per la progettazione: bisogna guardare avanti e allora la nostra città potrà diventare non solo intelligente e vivibile, ma un’opera d’arte.


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Giampiero RASPETTI

QUALE FUTURO?

Una città come Terni, che sta perdendo quelli che sembravano essere dei solidi pilastri, che vede serrati molti suoi negozi, che si spopola lentamente e si impoverisce senza sosta (sconfortante e drammatico il mercato immobiliare!), è costretta, se vuole sopravvivere, a fare, ogni giorno, i conti con il suo passato, e, soprattutto, con il suo presente. Deve centuplicare gli impegni per la soluzione dei problemi e per affrontare dovutamente la digitalizzazione che non sembra poter fare sconti ad alcuno. Non serve cercare di ignorare che i problemi attuali di Terni, quelli veri, siano drammaticamente esplosi solo negli ultimi anni. Si tratta di problemi grandissimi, che nulla hanno a che fare con ruggini di un passato non certamente brillante, ma solo con la drammaticità galoppante del presente, con la connessione digitale, cioè. Si tratta del tema che più di ogni altro ha cambiato la scena in cui viviamo e, più ancora, cambierà quella del nostro futuro: un fenomeno trasversale e pervasivo, che ha evidentemente risvolti significativi sulla progettualità, sulla costruzione e sui processi di gestione, sull’architettura stessa della città. È infatti molto più pronunciata la differenza tra la vita di oggi e quella di dieci anni fa che tra quella di fine e di inizio del secolo scorso. Potrebbe addirittura accadere che lo stesso sentimento identitario di appartenenza ad un gruppo, ad un partito, ad una nazione, possa essere gradualmente sostituito dal sentirsi parte cosciente soprattutto del mondo della connessione digitale. Già adesso, in buona parte, ci si sente più cittadini del mondo intero che del proprio piccolo vissuto, del proprio appartato villaggio o della propria isolata città. Il concetto stesso di famiglia si amplia enormemente in nome di un amore più generale, più esteso, più delicato, più significativo, più completo.

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Un amore quello nostro, valentiniano e francescano, che banalizza e ridicolizza il sentimento propalato da popoli (anglosassoni) che niente hanno a che fare con la eccezionale, irripetibile tradizione culturale greca, umbra, latina, italiana: l’amore tra fidanzatini o tra innamorati, magari anche tra quegli innamorati praticanti che ufficialmente fanno parte però di coppie coniugali diverse. Né mancano numerose, profonde riflessioni su mistica e religione, almeno da parte di chi ama studiare, conoscere, dimostrare, ma assiste sbigottito ai ripetuti tentativi, passati e presenti, di ammazzare quelli che non adorano lo stesso dio dei loro assassini. Si entra, adesso, in sintonia ed empatia con chi si collega con te e con il quale senti di avere stesse idee, stessi sentimenti, stessi propositi ed anche, sovente, stesse pene. Potrà passare poco o molto tempo, ma questa evoluzione diventerà inarrestabile. Come sempre ci sarà l’uomo che si adeguerà e che, anzi, favorirà questo sviluppo evolutivo e chi, invece, dal basso della sua congenita e violenta ignoranza, seguiterà ad essere l’oppositore, il reazionario, l’ominide di sempre.


La pandemia accelera il futuro, un futuro dettato, in gran parte, dalla digitalizzazione, fenomeno abbastanza recente che, volenti o nolenti, rimodella usi e costumi, azioni e pensieri, mondo del lavoro e mondo sociale. Siamo sommersi da cellulari di ogni tipo, da personal computer, da tablet… ed è lì che i giovani trovano un mondo, inusuale ai tempi della mia gioventù, che li ricovera. Lì insolite e pericolose amicizie, inedite esperienze, nuovi legami e desideri inconsueti. Tutti noi trascorriamo moltissimo tempo on line, per scelta, per diporto, per necessità, per obbligo. Lavoro, acquisti, prenotazioni, comunicazioni, giochi: tutto ormai avviene prevalentemente davanti a uno schermo, sedendo o camminando, soli o in compagnia, ma sempre all’interno di una dimensione immateriale nella quale rimaniamo ormai, completamente ed irresistibilmente, avvolti e coinvolti. Ultimi vergognosissimi e bestiali elementi di cronaca, hanno fatto ben comprendere quanto conti, nel bene e nel male, la comunicazione sociale e politica. Molti dunque possono essere i pericoli rispetto alla tradizionale maniera di vivere e di concepire fenomeni e noumeni. Essendo infatti avviluppati nell’infosfera subiamo delle influenze nascoste e, se non si è vigili nell’adottare necessarie cautele, saremo soggetti a controlli e pressioni da parte di chi ci fornisce tecnologia, ma poi ci consegna a chi gestisce i nostri dati personali, in particolare orientamenti culturali, politici, religiosi, sessuali, simpatie ed idiosincrasie. Tutto questo, trasformato in Grandi Elenchi di Dati, è raccolto da aziende, istituzioni pubbliche e partitiche che, con immediatezza, ci sommergono di proposte, di fake news e di massicce dosi di oggetti da acquistare o

da idolatrare. La nuova tecnologia digitale modificherà le nostre strutture cerebrali, proprio per l’isolamento davanti a uno schermo, dove aumentiamo le esperienze virtuali, ma diminuiamo a dismisura quelle reali. Ci si intrattiene anche in variazioni sulle modalità d’amore comunemente esercitate, sostituendole con nuove alchimie virtuali! Il rischio è anche quello di perdere o fiaccare sentimenti come la solidarietà, la socialità, la comprensione reciproca, perché immersi in una rappresentazione dei fatti sempre più convenzionale e standardizzata. Il mondo sembra così essere tutto davanti a noi, ma le esperienze dirette si restringono, fino, a volte, a scomparire del tutto. Riusciremo a capire quello che sta avvenendo? Abbiamo tutti intelligenza e cultura tali da poter comprendere, fare inferenze, stabilire una gerarchia di significati, formulare concetti astratti, elaborare una visione del mondo articolata, complessa, critica? E, ancora, con riferimento particolare alla nostra città: cosa sarà del commercio? Come cambieranno mobilità e configurazione stessa di Terni? Sapremo misurarci con l’impresa verde, l’economia circolare, la transizione energetica? Avremo invero bisogno di un ambiente sano e di una città con meno rumori e più suoni, zero fetori e innumerevoli profumi. Una città che si estenda nella campagna e una campagna che penetri in città, e questo, impossibile per moltissime città, sarà meravigliosamente vero, invece, proprio da noi. Pensare ad altre faccenduole senza cercare di avviare a buoni esiti tutte queste problematiche significa soltanto giocherellare. Occorrerà invero interessarsi prima dell’anima e della mente della città futura. Poi verranno gli arti.

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INQUINARE IN EUROPA COSTA SEMPRE DI PIÙ N

Alessia MELASECCHE alessia.melasecche@libero.it

on tutti sanno che per contrastare i cambiamenti climatici in corso e conseguire la tanto agognata neutralità climatica (nell’Unione Europea entro il 2050), ovvero il punto di equilibrio tra le emissioni di gas serra e la capacità della Terra di assorbirle, è stato istituto, nel 2005, lo European Union Emissions Trading System (EU ETS). Si tratta di un sistema che monitora e interviene sulle emissioni di inquinanti e gas serra implementando pienamente il principio del “chi più inquina, più paga”. L’EU ETS riguarda diversi settori e tipologie di gas, e si concentra sulle emissioni che è possibile misurare e verificare con un elevato grado di precisione, come, ad esempio, l’anidride carbonica (CO2) derivante dalla produzione di energia elettrica e di calore, dai settori industriali ad alta intensità energetica, come raffinerie di petrolio, acciaierie e produzioni varie di metalli e cemento, calce, vetro, ceramica, carta, cartone, acidi e prodotti chimici, e molto altro. Già solo questo basta per far capire la dimensione del fenomeno. L’EU ETS è attivo in tutti i Paesi dell’UE, più Islanda, Liechtenstein e Norvegia, e limita le emissioni prodotte da circa 10.000 impianti, ed interessa circa il 40% delle emissioni di gas serra dell’UE. La partecipazione all’EU ETS è obbligatoria per le imprese che operano nei settori inclusi, ma in alcuni casi riguarda solo gli impianti al di sopra di una certa dimensione, quelli di dimensioni ridotte possono essere esclusi qualora le amministrazioni di riferimento mettano in atto misure fiscali o di altro genere che ne riducano le emissioni di un quantitativo equivalente. Ma come funziona in pratica? Il sistema EU ETS opera secondo il principio della limitazione (ovvero, viene fissato un tetto alla quantità totale di alcuni gas serra che possono essere emessi dagli impianti che rientrano nel sistema) e dello scambio delle emissioni. A fine anno le imprese coinvolte sono chiamate a restituire un numero

A maggio 2021 il prezzo della CO2 ha superato i 50€ a tonnellata, mentre prima della pandemia il costo era di circa 20€, e continuerà ad aumentare.

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di emissioni pari a coprire le proprie emissioni, pena ingenti sanzioni. Le aziende più virtuose, che riescono ad avere degli avanzi avendo già coperto le proprie emissioni, possono conservarle oppure venderle. Il tetto si riduce nel tempo di modo che le emissioni totali diminuiscano progressivamente, ed è proprio l’esistenza di questa limitazione a garantire che le quote disponibili abbiano un valore. A maggio 2021 il prezzo della CO2 ha superato i 50€ a tonnellata, mentre prima della pandemia il costo era di circa 20€, e continuerà ad aumentare di pari passo con l’abbassamento del tetto delle emissioni e il sistema arriverà a coinvolgere anche soggetti finora esclusi. E questo non farà altro che favorire gli investimenti sostenibili. Secondo gli esperti, infatti, una quotazione della CO2 superiore ai 100€ a tonnellata renderebbe le tecnologie a basse emissioni talmente tanto competitive rispetto a quelle inquinanti da determinare una svolta definitiva in termini di sostenibilità ambientale. Anno dopo anno l’EU ETS produce dei risultati interessanti: le realtà coinvolte hanno ridotto le proprie emissioni del 35% tra il 2005 e il 2019 e l’obiettivo a livello di Unione Europea è aumentare ulteriormente questa percentuale di risparmio.


ANCHE QUEST'ANNO SI RIPARTE IN SICUREZZA


Arrivano i bimbi afgani! L Francesco PATRIZI

a questione dell’accoglienza dei rifugiati afgani ha costretto alcuni politici nostrani a riformulare il proprio vocabolario. Chi gridava fino a ieri “aiutiamoli a casa loro”, dovendosi adattare all’onda emotiva suscitata dalle scene viste a Kabul, ha cominciato a dire: abbiamo il dovere morale di accogliere bimbi e mamme in fuga dai talebani. Qualcuno si chiederà: perché i bambini africani che sbarcano a Lampedusa sono minori, mentre quelli afgani sono bimbi? Minore è un termine burocratico, crea un distacco; se su un barcone di migranti arriva un minore, l’elettore di un certo schieramento non pensa subito ad un bambino, ma focalizza l’attenzione sul fenomeno migratorio, sul dato statistico, sulla notizia e quindi chiede che il minore venga respinto; se invece il minore viene chiamato bambino, la disumanizzazione burocratica si attenua e l’elettore accetta l’idea che il piccolo possa entrare in un centro d’accoglienza; ma non sempre è così, non basta dire che sono sbarcati “donne e bambini” per ammansire un certo elettorato, perché “donne e bambini” sono pur sempre delle categorie, non si pensa subito ad un nucleo familiare, anche le istruzioni sulle vie di fuga indicano “prima le donne e i bambini” senza specificare i nessi parentali. Questa volta, per ammansire chi è insensibile persino alla parola bambino, il politico ha dovuto trovare un termine che addolcisse la pillola, che facesse leva sull’emotività: è la parola bimbo, usata in modo improprio.

Bimbo si usa prima dello svezzamento e bambino dopo, ma proprio l’altro giorno Il Tempo titolava: Riccione: somalo accoltella un bimbo di otto anni. La sostituzione di bambino con bimbo non è dunque una svista anagrafica, ma una scelta prettamente strumentale. Quale sfumatura c’è tra i due termini? Il bimbo è innocente, fa le smorfie, gattona per casa; il bambino, come insegnano i romanzi di Dickens, può anche non essere innocente, non avere famiglia, può anche rubare e chiedere l’elemosina in strada. Il bimbo è paffuto, ha gli occhi grandi e profuma di borotalco; il bambino può anche essere sporco, portare le malattie e puzzare. Dettaglio ancor più commovente, questi bimbi scappati dai talebani sono arrivati con “le mamme”, non con “le donne” come gli africani. Il dovere morale di accogliere “bimbi e mamme” (in questo ordine) è dunque un appello al senso paterno dell’elettore maschio e maschilista. Qualcuno avrà notato che in questo ritratto di famigliola profuga non viene nominato il padre; basterebbe aggiungere la parola papà, ma la narrazione accuratamente studiata dal politico deve essere in linea con certi pregiudizi, deve pur restare l’idea che “quella gente là” è come le bestie, maltratta le donne, sfrutta i bambini, che quelli non sono mica papà come noi. Per far accettare l’accoglienza di “bimbi e mamme” bisogna immaginare che fuggano da uomini corrotti e incivili e che abbiano trovato rifugio presso uomini civili e caritatevoli, che abbiano trovato, qui in Italia, gente che sa fare il mestiere di padre, cioè dare protezione e trasmettere valori. Così il corridoio linguistico ha preceduto quello umanitario e nel cuore nero dell’elettorato si è aperto un varco (momentaneo, perché presto si accorgeranno che accogliamo anche i papà afgani!).

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CREARE CULTURA

AFGHANISTAN, LA STORIA SI RIPETE “Dalla Fallaci in poi, com'è cambiato il modo di raccontare la guerra” Esce la graphic novel della giornalista Rai Eva Giovannini, con i disegni di Michela Di Cecio, edizioni Round Robin. “Oriana Fallaci. Il Vietnam, l’America e l’anno che cambiò la storia”: a quindici anni dalla morte della giornalista.

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enti anni esatti d a l l e Torri Gemelle, quindici dalla Massimo COLONNA morte di Oriana. E nel bel mezzo della discussione mondiale sulla lezione che l’Afghanistan lascia (o meglio, avrebbe dovuto lasciare) in eredità. La nuova graphic novel della giornalista Rai Eva Giovannini, già disponibile in tutte le librerie e negli store online, entra dunque di diritto nei testi che meritano attenzione in questa fase storica. “Oriana Fallaci. Il Vietnam, l’America e l’anno che cambiò la storia”, edito da Round Robin con i disegni di Michela Di Cecio, è uno spaccato sull’esperienza della giornalista che presenta la Fallaci come esempio di coraggio e dedizione al lavoro, in un mondo, quello della “guerra del Vietnam”, molto differente da quello attuale. Differente anche nel modo di raccontare i conflitti. “Quando mi hanno proposto di presentare la storia di Oriana Fallaci tramite una

Titolo: Sembrava

bellezza

IO TI RECENSISCO!

Autrice: Teresa Ciabatti

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graphic novel -spiega la Giovannini a La Pagina- mi sono detta che forse raccontare tutta la sua biografia sarebbe stato impossibile. Allora ho deciso di perimetrare la storia, concentrandomi sugli anni del Vietnam. Proprio quell’esperienza sul campo ha consacrato la Fallaci sul palcoscenico mondiale del giornalismo, trasformandola in una icona che è ancora oggi un punto di riferimento”. In particolare il biennio ‘67-’69 è passato alla storia come uno dei più tumultuosi a livello sociale, per via dei tanti fatti di cronaca che hanno condizionato la storia negli anni a seguire. Non solo in Vietnam, con l’acuirsi degli scontri, ma soprattutto negli Usa. Si pensi all’uccisione di Martin Luther King e all’assassinio di Bob Kennedy. “E’ stato quello il periodo in cui si sono concentrati eventi e fatti che risulteranno poi decisivi per il futuro. Con un filo che arriva poi fino ai giorni nostri. Purtroppo, analizzando quanto successo in questi ultimi mesi in Afghanistan, viene da dire che la storia non insegna, visto

Editore: Mondadori Recensione: Maura Buzzini “Facendo un esame di coscienza, la mia vita va letta sotto la luce del desiderio di rivalsa. Ogni rapporto, dentro e fuori casa, ha preso la forma del torto da vendicare”. È quanto sostiene la protagonista in uno dei suoi monologhi, estremamente onesti. Di monologhi è fatto questo romanzo, dove la protagonista racconta al lettore se stessa, ripercorrendo la propria vita, dall’adolescenza in poi, grazie al ritorno improvviso di Federica, ex migliore amica di gioventù. Oggi la protagonista è una giornalista di successo, con un ex marito col quale ha tutto sommato un buon rapporto. La figlia invece vive a Londra e la odia, apparentemente solo perché le imputa la colpa della fine del matrimonio. In un continuo flashback, la protagonista racconta di quando arrivò a Roma dal paese insieme a sua mamma, molto “diversa” dalle mamme “di città” delle sue compagne.

Bruttina e grassottella, la sua diventa una continua lotta interiore per sentirsi all’altezza delle più belle della scuola: tra queste Livia, sorella di Federica. Sarà proprio Livia a prendere sempre più spazio nella vita della protagonista, quando però è tutto cambiato: Livia bellissima, bionda, abbronzata, corteggiata e fidanzata con il più bello della scuola, iper protetta da mamma e papà perché ribelle e incontrollabile. Livia prima e Livia dopo. Così Federica torna e riapre lo squarcio sulla sua vita di trent’anni fa, raccontando le debolezze di donna ora e le sue debolezze di adolescente prima. L’autrice con coraggio racconta episodi segreti, pensieri che spesso si confidano solo a bassa voce: paure e fobie radicate, idee impure e vergognose inconfessabili. Presente e passato uniti da un filo che parte da lontano. Il libro, dopo aver toccato corde intime, lascia importanti interrogativi. Quanto può ingannarci la memoria? O siamo più bravi noi stessi a ingannarci? Si può davvero soddisfare il nostro senso di rivalsa?


NOTIZIE DAL COMUNE

gli appuntamenti culturali

11- 14 ottobre Teatro Sergio Secci ore 21 Stagione di Prosa: La tragedia è finita, Platonov di Liv Ferracchiati che i venti anni di intervento su quei territori si sono conclusi con una frettolosa ritirata dell’esercito Usa, appoggiato come noto anche da altri governi occidentali, che ha lasciato il Paese ancora in mano ai Talebani”. A proposito di Afghanistan e intervento militare, la graphic novel mostra anche un lato diverso di raccontare la guerra. “Oriana Fallaci è stata forse la più importante giornalista che ha potuto scrivere sui conflitti da protagonista, accanto ai militari. E sono stati poi anche i suoi racconti a condizionare l’opinione pubblica in merito al Vietnam. Non a caso il governo Usa ha poi avviato la pratica dei giornalisti cosiddetti embedded, ossia al seguito dell’esercito e costretti a seguire determinati protocolli. Questo ha ovviamente ridotto il margine nell’interpretazione dei fatti del media”. Non è un caso forse, che proprio in questi ultimi anni sono cresciuti i casi di cosiddetti “leaks”, ossia le “fuoriuscite” di notizie dai circuiti ufficiali proprio in merito alle guerre. Si pensi ai casi Abu Ghraib o agli Afghanistan Papers. “Perché una graphic novel su Oriana? Mi piacerebbe che le ragazze conoscano la sua figura coraggiosa, curiosa ma soprattutto libera. Questo è importante: che ognuno conosca il suo modo di stare al mondo, e che poi ognuno scelga per la propria strada. Ma il suo insegnamento deve restare un punto di riferimento soprattutto per le giovani generazioni”.

11 ottobre, Bct ore 15.30-18.30 Campagna Nastro Rosa - Contro il cancro al seno 14 ottobre, Bct ore 17-18.30 Prima dello spettacolo: incontri su autori e testi della Stagione di prosa 14-17 ottobre, Bct Terni Digital week: incontri open e workshop dedicati a marketing e comunicazione digitale 15 ottobre, Bct ore 16.30 Conferenze del Gruppo Archeologico di Terni: Il sogno di Endimione 15 ottobre, Teatro Sergio Secci ore 21 Filarmonica Umbra Sinfonica abruzzese: Fabrizio Meloni - Concerto inaugurale 17 ottobre, Torre Orsina “Giochi e misteri nel Borgo” per Tradizioni Vive 20 ottobre, Bct ore 16.30 Horror fest. Gruppo Scrittori Sopravvissuti 20 ottobre, Teatro Sergio Secci ore 21 Filarmonica Umbra 21-23 ottobre, Bct dalle ore 10 alle 19 La via italiana alla filosofia del dialogo: anticipazioni e sviluppi moderni 21 ottobre, Teatro Sergio Secci ore 21 Stagione di prosa, L'anima buona di Sezuan di Bertolt Brecht 27 ottobre, Bct ore 16.30 Terni Horror Fest. Incontro con Gian Paolo Di Loreto, autore di Zona di Confine, Bertoni editore 2021, e Daniel Pisanu, autore di Il riflesso di un'ombra, Primago edizioni 2019 29-31 ottobre, Bct UmbriaLibri 2021 Lato - Donna incontri, presentazioni, dibattiti e reading sul ruolo delle donne nella letteratura 28 ottobre Un qualche onesto divertimento, ore 17-21 Visita guidata in forma di performance nei luoghi del teatro nel centro storico, per la regia di Marco Plini 29 ottobre, Teatro Secci ore 21 Stagione di Prosa, Opera Bianco JUMP! 31 ottobre, Teatro Secci ore 17.30 Filarmonica Umbra “Intelletto d'amore (E Altre Bugie)”

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Viviamo in un mondo che cambia

Un patto globale per salvare

IL NOSTRO MONDO I Enrico SQUAZZINI

valori dei parametri su cui si basa il regime delle interazioni chimico-fisiche dell’ecosistema planetario si vanno discostando sempre più da quelli in vigore fino ad alcuni decenni or sono determinando modifiche, più o meno profonde, nelle dinamiche del mondo in cui viviamo. Il complesso sistema Terra, rimescolando costantemente tali valori attraverso lo svolgimento dei fenomeni naturali, è in grado di garantire lunghi periodi di regime blando nel rapporto sinergico fra i due diversi stati della materia: vivente da un lato, non vivente dall’altro. Alimentandosi reciprocamente, questi mantengono una condizione generale in grado di sostenere anche il fenomeno vita, di cui attualmente costituiamo l’espressione più complessa. In tempi recenti il gruppo di viventi costituito dagli umani ha incrementato a dismisura l’impatto sull’ecosistema attraverso l’aumento costante della sua invasività dal punto di vista del numero di individui e dei consumi in termini energetici divenendo fonte di ampio squilibrio. Le immediate ripercussioni nel sistema Terra si sono materializzate in una fase di ricerca di nuovi equilibri energetici tesa ad armonizzare i valori fuori scala e riportarli ad un livello intermedio di equilibrio generale. Lo stato di crisi derivato non è imputabile all’incapacità di “assorbimento” del sistema Terra ma, piuttosto, al tempo in cui si distribuisce l’opera di armonizzazione. Tempo che non può essere determinato da noi ed è scarsamente compatibile con le nostre esigenze vitali. Il nostro contesto vitale, e tutti i parametri che lo delimitano, è come un mondo ritagliato all’interno di un altro mondo ben più ampio. I contesti ambientali tollerabili, per cui ci siamo sviluppati e adattati nel corso del tempo, sono compresi in un programma ristretto di un pianeta che, per definizione, dispone di una gamma infinita di programmi ambientali ognuno, ogni volta, basato su parametri diversi. La ristretta rosa di tipologie di ambiente a noi congeniale, rigorosamente questa, è la nostra finestra vitale. Il resto è totalmente o parzialmente incompatibile con le nostre esigenze naturali e, pertanto, potenzialmente ostile ad una condizione

Lo stato di crisi derivato non è imputabile all’incapacità di “assorbimento” del sistema Terra.

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di vita. Alcune attitudini tecnologiche possono costituire un mezzo, valido ma non infallibile, in grado di mitigare l’impatto ma questo dipende dall’uso che ne facciamo. Nel ristretto range di parametri vitali siamo profondamente interdipendenti dalla presenza degli altri organismi viventi e le loro reciproche interazioni e in loro assenza la nostra esistenza è impossibile. Quindi, siamo di fronte ad un bivio cruciale: una strada ci conduce verso una forma di autoannientamento, ovvero una condizione ambientale sempre più avversa ai nostri parametri vitali. Una seconda strada ci conduce verso la consapevolezza che l’approccio utilizzato finora è quello sbagliato, indirizzandoci gradualmente sulla prima strada. Edward O. Wilson, biologo statunitense interessato al rapporto fra l’uomo, l’ambiente e le altre specie animali, a fronte delle misure ipotizzate finora clamorosamente fallimentari, propone con tono provocatorio una soluzione proporzionale alla gravità del problema: destinare metà del pianeta a nostro uso e l’altra metà all’istituzione di un’inviolabile riserva naturale dedicata esclusivamente alle specie animali e vegetali. Tale proposta, con cui sono pienamente in accordo, non è un semplice giochetto mentale ma, se ancora non l’avessimo capito, è tesa a salvare il “nostro mondo”, poiché la Terra a salvare il “suo” ci pensa tranquillamente da sola e a prescindere totalmente dalle nostre volontà.


RADIOFREQUENZA DINAMICA VAGINALE VANTAGGI E RISCHI

La rigenerazione del tessuto vaginale è possibile con un trattamento senza anestesia generalmente indolore e non invasivo: la radiofrequenza dinamica vaginale, una tecnologia che mira a migliorare l’elasticità e la compattezza del canale vaginale stimolando la produzione di collagene e di acido ialuronico. Questo tipo di trattamento è indicato anche contro dispareunia (dolore durante o dopo l’atto sessuale) e forme lievi di incontinenza urinaria da stress. Nelle donne che conducono una vita sessualmente attiva questo trattamento può correggere la lassità vaginale e dell’introito che possono subentrare dopo uno o più parti per via naturale. Può correggere, inoltre, l’incontinenza urinaria da stress, prevenire l’insorgenza dei prolassi e trattare il lichen scleroso (infiammazione cronica-sclerotica di cute e mucose). Durante la menopausa la radiofrequenza vaginale può alleviare la sindrome genitourinaria (assottigliamento dei tessuti a livello della vescica e dell’uretra), l’incontinenza da urgenza, i prolassi fino al 2° grado, il deficit di lubrificazione vaginale da ipoestrogenismo (estradiolo plasmatico ridotto), la vestibolite (infiammazione della mucosa del vestibolo della vagina, ossia dei tessuti posti all’entrata della vagina), la dispareunia. In post–menopausa, infine, questo trattamento può curare l’atrofia vulvo-vaginale con tutti i sintomi correlati (irritazione, bruciore, prurito, infiammazione e dolore durante i rapporti sessuali). Il trattamento viene effettuato introducendo un manipolo in vagina (lubrificato) che emette radiofrequenza monopolare e bipolare a 360° e che determina una temperatura sulle pareti vaginali attorno ai 41°C. Ogni seduta dura all’incirca 20’ ed è indolore, anche se è importante ricordare che l’organo femminile è diverso da donna a donna e ciascun problema dovrebbe essere affrontato singolarmente dopo attenta valutazione ginecologica e con un Pap Test negativo. Il calore produce formazione di collagene reticolare con miglioramento della tenuta dei legamenti del pavimento pelvico. Nella stessa seduta, oltre la radiofrequenza si può eseguire l’elettroporazione, la somministrazione cioè di piccolissime quantità di farmaci e non (estradiolo, acido ialuronico, polinucleotidi) attraverso l’utilizzo di un campo elettrico. La radiofrequenza migliora inoltre la lubrificazione vaginale e induce la formazione di elastina con miglioramento dell’elasticità vaginale.

www.latuaginecologa.it DR.SSA GIUSI PORCARO Specialista in Ginecologia ed Ostetricia

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OTTOBRE è il "MESE ROSA" Il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno

Il tumore alla mammella nel nostro paese colpisce ogni anno circa 50.000 persone e rappresenta il cancro più frequente tra le donne. Benché possa colpire anche donne in giovane età, l’incidenza aumenta con il passare degli anni e la maggioranza dei casi viene diagnosticata nelle pazienti over 50. La sopravvivenza al tumore al seno, anche a lungo termine, è tra le più elevate in ambito oncologico: a 5 anni dalla diagnosi, essa si attesta quasi al 90% grazie al miglioramento delle tecniche diagnostico-terapeutiche e all’attenzione sempre più alta verso la prevenzione e le sue attività. FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE Le cause I FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI Solo il 5-10% di tutti i tumori al seno può essere ricondotto alla presenza di specifiche mutazioni del DNA ereditate da uno dei genitori (come avviene per i geni BRCA1 o BRCA2). Ciò significa che, in tutti gli altri casi, il tumore insorge a causa di una combinazione tra: • predisposizione genetica, ancora poco nota; • l’ambiente e i suoi effetti. Sicuramente per chi ha una storia familiare caratterizzata dalla presenza del tumore al seno o all’ovaio, che è un fattore di rischio non modificabile, è consigliato valutare con il senologo un eventuale approfondimento del rischio genetico e l’eventuale partecipazione a programmi di sorveglianza.

I FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI Sono fattori che riguardano nostri comportamenti ed abitudini.

raggiungere le donne over 70, dove il rischio di insorgenza, aumentando con l’età, rimane elevato.

CHE COS’È LA PREVENZIONE PRIMARIA La prevenzione primaria rappresenta il primo strumento che ognuno di noi, nella vita quotidiana, deve adottare. Infatti, questa modalità di prevenzione consiste nella modifica di quei comportamenti che possono essere considerati fattori di rischio. Come fare? Seguendo uno stile di vita sano! Ecco i consigli dell’esperto sul tema: • evitare il fumo • bere alcolici con moderazione • praticare attività sportiva regolarmente • tenere sotto controllo il peso • seguire una dieta equilibrata, ricca di alimenti vegetali.

Naturalmente, essa può e deve –in certi casi– essere associata all’ecografia, preferibilmente eseguita dallo stesso radiologo.

CHE COS’È LA PREVENZIONE SECONDARIA La prevenzione secondaria è l’altra forma di prevenzione che riveste un ruolo cruciale nella lotta al tumore al seno. Questa modalità preventiva si traduce nella diagnosi precoce tramite esami che, com’è dimostrato scientificamente, può ridurre la mortalità per tumore alla mammella. GLI ESAMI PER LA PREVENZIONE DEL TUMORE AL SENO Nelle donne tra i 40 e i 70 anni, la mammografia con cadenza annuale o biennale può ridurre la mortalità fino al 40%. La mammografia quindi è lo strumento di prevenzione secondaria più adeguato nelle donne dai 40 anni in poi, fino a

Per le più giovani invece, in assenza di familiarità, non è consigliata la mammografia; è suggerito invece praticare l’autopalpazione, dopo l’inizio delle mestruazioni, quando il seno è più valutabile. Nella fascia 30-40 anni, infine, è consigliabile iniziare a sottoporsi a controlli periodici, supportati dall’ecografia mammaria, con la cadenza suggerita dallo specialista in base alla tipologia del seno e alla storia familiare. Gli attuali apparecchi mammografici provvisti di tomosintesi hanno inoltre elevato l'accuratezza diagnostica. In conclusione la raccomandazione per tutte le donne è quella di controllare con l'autoesame il proprio seno ed affidarsi a professionisti esperti e dedicati.

Direttore Sanitario

Dott.ssa Lorella

Fioriti

Specialista in Radiodiagnostica, Ecografia, Mammografia e Tomosintesi Mammaria

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OZONO TERAPIA ECOGUIDATA In medicina l’ozono viene utilizzato sotto forma di miscela con l’ossigeno (O2-O3) a diverse concentrazioni prodotto da specifiche apparecchiature medicali; vari sono gli effetti documentati in ambito medico, quali: -miglioramento del microcircolo -azione antiinfiammatoria -azione antiedemigena -azione battericida e fungicida. In ortopedia l’O2-O3 terapia viene da molti anni utilizzata nel trattamento del dolore, soprattutto di origine vertebrale, sia esso dovuto ad un conflitto disco-radicolare acuto/subacuto da patologia discale (protrusione o ernia del disco), sia dovuto ad una patologia degenerativa della colonna da artrosi del rachide cervico-dorso-lombare. La letteratura scientifica riporta un’efficacia terapeutica significativa e una bassa incidenza di effetti collaterali. Metodiche di utilizzo: il trattamento è ambulatoriale. L’ozono viene iniettato tramite una siringa con aghi sottili nei tessuti muscolari paravertebrali (Fig. 1) oppure è iniettato all’ interno del disco intervertebrale o nel forame intervertebrale sotto controllo radiografico/ TAC con un ago da spinale. Più recentemente con la TECNICA D’INFILTRAZIONE PARAVERTEBRALE

IUXTA-FORAMINALE ecoguidata/assistita (Fig.2), con un ago da spinale sottile si inocula la miscela O2-O3 in prossimità del forame intervertebrale (l’ausilio del color-power-doppler permette di evitare i vasi durante la procedura - Fig 3). Grazie all’azione anti-infiammatoria eutrofica, analgesica e decongestionante le radici nervose, il dolore e le parestesie si riducono con pochi trattamenti nel 70-80% dei casi. La seduta di ozono-terapia è di breve durata e va ripetuta più volte in base al tipo e alla gravità della patologia. La procedura può essere effettuata solo da un medico, preferibilmente specialista. Le controindicazioni al trattamento sono: la gravidanza, l’ipertiroidismo, il favismo, le gravi malattie cardiovascolari-ematologiche-respiratorie in fase clinica di scompenso. La somministrazione di ozono è in genere ben tollerata; talora si può avere una sensazione di pesantezza locale e/o dolore di breve durata, in rari casi lo stimolo doloroso indotto dall'iniezione può produrre una crisi vagale (bradicardia, calo pressorio, sudorazione) che, per il carattere transitorio, il più delle volte non necessita di alcun intervento farmacologico.

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Fig. 1 L’ozono viene iniettato tramite una siringa con aghi sottili nei tessuti muscolari paravertebrali Fig. 2 Tecnica d’infiltrazione paravertebrale iuxta-foraminale ecoguidata/assistita Fig. 3 L'ausilio del color-power-doppler permette di evitare i vasi durante la procedura.

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PROGRAMMA

SCREENING DEL PAZIENTE IPOACUSICO prevenzione e interventi dalla nascita all’età adulta

ore 08:00 Registrazione dei partecipanti ore 08:30 Apertura dei lavori e saluto delle autorità ore 09:00 Screening uditivo e diagnosi dell’ipoacusia (Dr. Santino Rizzo) ore 09:30 L’ipoacusia in età pediatrica (Dott.ssa Federica Celi) ore 10:00 Indagini audiologiche dell’ipoacusia in età adulta (Dr. Fabrizio Longari) ore 10.30 Patologie causa di ipoacusia (Dr. Egisto Molini) ore 11:00 Procedure chirurgiche sull’orecchio medio (Dr. Antonio Giunta) ore 11:30 Prospettive terapeutiche dal bambino all’adulto (Prof. Giampietro Ricci) ore 12:00 L’approccio audio protesico nel bambino ipoacusico o audioleso (Dott.ssa Nadia Alunni e Dott.ssa Lucia Calzolaro) ore 12:30 Impatto psico-sociale del paziente ipoacusico giovane ed anziano (Dott.ssa Silvia Petrini) ore 13:00 Discussione interattiva ore 13:30 Conclusioni ore 13:45 Compilazione questionario ECM ore 14:00 Termine dei lavori RESPONSABILE SCIENTIFICO:

Dr. Santino Rizzo - Direttore del Dipartimento

di Chirurgia testa collo e dei tessuti molli e della S.C. di Otorinolaringoiatria dell’A.O. Santa Maria di Terni. SEGRETERIA SCIENTIFICA:

Dr. Antonio Giunta – Dirigente medico presso la S.C.

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CON IL CONTRIBUTO NON CONDIZIONANTE DI:

di Otorinolaringoiatria dell’A.O. Santa Maria di Terni. SEGRETERIA ORGANIZZATIVA:

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Rubrica

AZIENDA OSPEDALIERA SANTA MARIA DI TERNI INFORMAZIONI, SERVIZI E CONTATTO DIRETTO CON GLI UTENTI

PROFESSIONALITÀ PIÙ SOLIDARIETÀ: la formula vincente del Santa Maria

Pasquale Chiarelli, direttore generale Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni

P

er quanto possa essere accurata l’organizzazione del lavoro all’interno di un gruppo, non bisogna mai lasciarsi sfuggire l’opportunità di rimanere sorpresi dalla gratuità della solidarietà. In questi mesi, proprio con questo approccio, l’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni ha accolto le numerose donazioni che la comunità umbra e in particolare quella ternana hanno voluto destinare alle persone malate e ai loro familiari. Dal dono più semplice a quello più oneroso, dalla singola lettera di ringraziamento fino allo strumento di ultima generazione. A fornire il proprio contributo, anche

tutte le associazioni che ogni giorno lavorano all’interno del Santa Maria, a stretto contatto con i bambini e gli altri ospiti dell’ospedale, con i loro parenti. E in questo contesto, particolare importanza assume la donazione del sangue: diversi i momenti di sensibilizzazione organizzati dalle istituzioni locali, che hanno coinvolto anche il nostro ospedale, nell’ottica di promuovere l’importanza di un gesto del genere. Se durante la pandemia le donazioni hanno dovuto fronteggiare un calo fisiologico, oggi è fondamentale che ognuno comprenda che donare il sangue è un gesto, oltre che benemerito, che avviene anche nella massima sicurezza. Questo anche grazie all’opera di ogni nostro singolo professionista, il quale, ogni giorno, offre alla comunità il proprio contributo in questa sfida. E nei tempi di pandemia, che tutti noi abbiamo vissuto e ancora oggi viviamo, ecco che guardare al prossimo diventa un atto indispensabile per riuscire a costruire la rete della solidarietà. Una rete che, siamo sicuri, i ternani e gli umbri sapranno continuare a tessere, giorno dopo giorno, anche grazie ai professionisti del Santa Maria.

AVIS TERNI

verso i settant’anni di storia: oggi un grazie a duemila donatori di Mauro De Angelis

presidente Avis comunale Terni

L’Associazione Volontari Italiani del Sangue ha una storia secolare, essendo prossimo il 2027 nel quale celebreremo il centenario della fondazione. A Terni si ha notizia di una sezione Avis alla fine degli anni Trenta, ma non vi è alcuna memoria successiva fino al 1952, quando è documentata la nascita di un gruppo di donatori, oggi pari a circa duemila. Siamo quindi vicini all’organizzazione del 70° anniversario. Terni è la prima Avis nata in Umbria. Inquadrare i donatori non è mai stato facile, come ci hanno sempre dimostrato il primario Giampaolo Palazzesi e Carlo Coletti. Unendosi, migliora la qualità e la forza dell’associazione, si garantisce la condizione di salute dei donatori, in aderenza alle esigenze del Servizio Trasfusionale. Tre i momenti che determinano l’accesso a un Centro Trasfusionale: la motivazione interiore, lo stato di salute personale, la condizione igienico-sanitaria. Si dona quando le ragioni interiori convincono che la vita degli altri è anche vita propria. Occorre essere in condizioni fisiche ottimali. Compito dell’Avis è la promozione della donazione, la chiamata dei donatori, la loro tutela e la qualificazione del ruolo nell’ambito del Terzo Settore. Operiamo molto verso i giovani e collaboriamo con l’assessorato ai Servizi sociali del Comune di Terni, auspicando una sempre maggiore adesione al volontariato organizzato.

AZIENDA OSPEDALIERA SANTA MARIA TERNI

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CHI DONA IL SANG

dalla trasfusioni agli studi s

Direttore: Dr. Augusto Scaccetti S. C. di Immunoematologia e Trasfusionale Azienda Ospedaliera Santa Maria Terni

TERNI - Aumentare le donazioni di sangue e i donatori periodici è un obiettivo primario del nostro reparto e delle associazioni dei donatori. Purtroppo il territorio della provincia di Terni è storicamente quello con il più basso indice di donazione della regione. Le nostre raccolte non riescono a coprire le richieste e per questo dobbiamo sistematicamente ricorrere al reperimento di sacche dal Sit di Foligno e spesso da fuori regione. I VANTAGGI - Un vantaggio di donare il sangue per il donatore consiste nella possibilità di un check up periodico dello stato di salute (emocromo, chimica clinica, esami virologici e, su richiesta, test risposta al vaccino anti Covid-19). Si può donare per la prima volta dai 18 ai 60 anni e per i donatori periodici fino a 70 anni di età (previa valutazione medica del SIT). Il reclutamento di donatori avviene tramite le associazioni, che hanno questo compito insieme alla fidelizzazione del donatore. Il donatore che si presenta al SIT viene registrato e sottoposto ad un emocromo e successiva valutazione da parte dei medici del SIT della idoneità alla donazione. Il donatore viene accompagnato in sala donatori dove

II

viene prelevato l’emocomponente e successivamente accompagnato in sala ristoro. La distribuzione del sangue avviene in modalità programmata e urgente (H24), per i pazienti dell’Azienda Ospedaliera e per i domiciliari del comprensorio. La richiesta di sangue, valutata dal medico del SIT per l’appropriatezza, viene processata eseguendo i test pretrasfusionali (gruppo sanguigno, test di Coombs indiretto e diretto, prove di compatibilità). Il sangue viene assegnato al paziente e distribuito secondo una procedura che coinvolge il medico ed i tecnici di laboratorio. Al SIT inoltre vengono svolte procedure di aferesi produttiva da donatori tramite apparecchiature denominate “separatori cellulari”, per la produzione di plasma per uso clinico, per uso industriale per produzione di emoderivati e di piastrine. Si eseguono anche procedure di aferesi terapeutica in corso di patologie ematologiche, oncologiche, autoimmuni, neurologiche, nefrologiche. Si eseguono inoltre consulenze immunotrasfusionali su pazienti esterni per la produzione e l’utilizzo di plasma ricco di piastrine (gel piastrico) in campo ortopedico, dermatologico, oculistico e in chirurgia maxillofacciale; consulenze per supporto trasfusionale di emocomponenti. I TEST DEI LABORATORI - I laboratori di Virologia e di Biologia Molecolare si occupano delle analisi sierologiche e molecolari su campioni di sangue appartenenti a donatori. I test sierologici comprendono la ricerca con metodiche Combo di quarta generazione di anticorpi dei virus dell’HIV1/2, del virus dell’HCV, del virus dell’HBV e del Treponema Pallidum, agente eziologico della sifilide. La ricerca del WNV-RNA viene effettuata su tutte le donazioni della Regione Umbria, essendo quello dell’Azienda Ospedaliera di Terni l’unico laboratorio che effettua tale test per tutto il periodo

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di emergenza WNV. La Struttura Complessa di Immunoematologia e Trasfusionale è centro Hub regionale per il territorio della Asl Umbria 2. Il Laboratorio di Biologia Molecolare da marzo 2020 è inoltre impegnato nei saggi Covid Molecolari ed Antigenici per la ricerca dei geni target del Sars-CoV2 e dell’Antigene nucleocapsidico del virus. In questo contesto, nel 2020 sono stati analizzati 62.000 tamponi molecolari, mentre nel 2021 fino al 27-9 sono stati analizzati 58.920 tamponi molecolari e 94.524 tamponi antigenici. Le altre attività del Laboratorio di Biologia Molecolare, attualmente sospese a causa dell’emergenza Covid, riguardano la ricerca quantitativa dell’RNA del virus dell’HCV mediante Real Time PCR e l’identificazione dei genotipi HCV mediante Reverse-Hybridization, la


GUE DONA LA VITA

sul Covid, le attività del SIT ricerca quantitativa dell’RNA del virus dell’HIV1 mediante Real Time PCR, la ricerca quantitativa del DNA del virus dell’HBV mediante Real Time PCR e,

in ultimo, la tipizzazione HLA degli Antigeni di I e II classe per stabilire una correlazione significativa tra questi ed alcune Malattie Autoimmuni.

STRUTTURA COMPLESSA DI IMMUNOEMATOLOGIA E TRASFUSIONALE

Direttore: Dr. Augusto Scaccetti Medici: Gianluca Palmieri, Roberta Chiari, Cecilia Adami, Sara Valloscuro, Aldona Rina Biologi: Alessandra Pagnani, Monica Proietti, Ramona Lupi, Rosario Costanzo Capotecnico: Paola Gelosi

La Struttura Complessa si occupa prevalentemente di donazioni e distribuzione del sangue. Dalle ore 7:30 alle 8:30 è possibile effettuare la donazione con accesso diretto senza prenotazione dal lunedì al sabato. Dalle ore 8:30 alle 11:00 con prenotazione telefonica all’Avis Terni (per i soci) o al Sit (Servizio ImmunoTrasfusionale) di Terni al numero 0744-205679 dal lunedì al sabato dalle 10 alle 13. Con cadenza bimestrale la Struttura Complessa è aperta per le donazioni anche la terza domenica del mese. Altre attività laboratoristiche sono: esami per covid-19 (test molecolari ed antigenici), test per emostasi, immunoematologia, tipizzazioni linfocitaria e biologia molecolare per epatiti ed hiv. Attività ambulatoriali: visite immunotrasfusionali, trasfusioni di sangue, salassi terapeutici, infusione ferro endovena, prelievi sangue autologo per preparazione di gel piastrinico, aferesi terapeutiche. La SC è accreditata (DD n 10996 del 23-12-2014) dal 2015.

Un gesto semplice che può aiutare tante persone la testimonianza degli imitatori Aureli e Mezzancella

TERNI - “Un gesto semplice che può rivelarsi fondamentale per salvare una vita”. Prosegue la campagna di sensibilizzazione alla donazione del sangue promossa dalla Direzione regionale Salute e Welfare, da Avis Umbria e dalle Aziende Sanitarie e Ospedaliere umbre, con l’obiettivo di aumentare le scorte ematiche a disposizione degli ospedali. Un traguardo possibile solo promuovendo un incremento stabile dei donatori di sangue e plasma. In questa occasione, grazie al contributo dell’Azienda Ospedaliera di Terni e dell’Azienda Usl Umbria 1, è stata realizzata una video intervista a due professionisti dello spettacolo umbri, Emanuela Aureli, di Terni, e Antonio Mezzancella, di Perugia, entrambi imitatori, che si sono resi disponibili a dare il loro personale contributo alla comunità e ai territori in cui sono nati e cresciuti. Il video appello, pubblicato sui canali social istituzionali del mondo sanitario umbro, illustra i benefici e le modalità di svolgimento della donazione di sangue con un linguaggio chiaro e coinvolgente, grazie anche alla spontanea ironia dei due protagonisti che evidenzia in più tratti quanto sia importante per tutti e quanto in fondo sia facile donare il sangue.

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Lettere all Ospedale Ospedale di Terni, competenza e cuore senza limiti di Alessandra Paparozzi Io, quel pranzo di Natale di un 2019 difficilmente lo dimenticherò. Altrettanto potrò fare per quanto accaduto durante l’intero anno seguente. In quel pranzo di Natale, oramai ė chiaro, ti nasceva una nuova malattia e il cibo della festa proprio non andò giù né a te letteralmente, né a noi che non ci volevamo credere. Pochi giorni dopo la diagnosi fu chiara: linfoma a grandi cellule del rinofaringe. Chiara sì, ma certamente non semplice da ottenere né da spiegare. Fare una fibrolaringoscopia, biopsie del rinofaringe, risonanza magnetica, Pet, e poi mesi di chemioterapia e radioterapia a te, ragazzo mio, cognatino dolce, fragile ma forte e innamorato di tutto il genere umano, se da un lato ci ha spaventati tutti, dall’altro ha generato uno stimolo tra quei professionisti che hanno accettato la sfida. Il 10 marzo 2020 il Santa Maria ricoverava in rianimazione il primo paziente Covid in gravi condizioni. Si dava inizio alle prime ferree misure restrittive anti Covid. Quel 10 marzo tu ed io, che ti accompagnavo, ci trovammo in angiografia per posizionamento pic, in risonanza magnetica per l’esecuzione in narcosi dell’esame, per poi concludere, infine, l’intensa giornata in sala operatoria. Avvenne tutto. Non mancò nulla, grazie anche alla realizzazione di un attento cronoprogramma dei vari appuntamenti realizzato con la partecipazione del Centro Assistenza Disabili. Ci fu dedizione, professionalità, umanità e tanta paura. Una paura nuova che però non fermò nessuno. I ringraziamenti che seguiranno sono per sottolineare che nulla ė scontato, tanto più non lo ė stato in quel periodo di inizio pandemia, nei confronti di una persona fragile poiché gravemente disabile e terribilmente spaventato dai camici bianchi. Grazie dunque alla presenza costante del dottor Angelo Genua, direttore di oncoematologia, che fin da subito ha rapito il tuo amore, Massi, con eterna e pura riconoscenza. Un pensiero di grande riconoscenza va alla dottoressa Rita Commissari, responsabile di Anestesia e rianimazione, cosciente che ogni manovra medica o chirurgica di vario tipo avrebbe sempre avuto bisogno della sua ‘punturina magica’. Il dottor Santino Rizzo, direttore della clinica otorinolaringoiatrica, coraggiosamente e con piglio deciso e professionale, lo ha sottoposto a una laringoscopia diagnostica senza bisogno di anestesia. Il dottor Fabio Loreti, direttore della medicina nucleare e della Pet, sempre presente. Al dottor Fabio Trippa, direttore del centro radioterapia, è infine toccato l’arduo compito di praticare la radioterapia con maschera che immobilizza il paziente. Questa è stata più di altre un'esperienza forte per te, Massimino mio, posso assicurare che malgrado i vari Jeeg Robot, Star Trek che tanto hai amato, non sembravi digerire proprio l’idea di doverla indossare proprio tu. Le cure hanno portato i loro frutti e oggi possiamo davvero essere sereni e grati. Aggiungo un’ultima cosa a cui teniamo molto: che gli abbracci, le carezze, le accortezze, le preghiere del personale, hanno reso tutto spaventosamente realizzabile”.

IV

AZIENDA OSPEDALIERA SANTA MARIA TERNI

Grazie per le cure e la professionalità riservate a mio marito

La famiglia di Rossano Favorito ringrazia la Riabilitazione

“Gentilissima dottoressa Massetti, con la presente, io e mia figlia Ilaria, vogliamo ringraziare lei e tutto il suo staff per quanto fatto per mio marito in questi lunghi mesi di permanenza a reparto. Lei e tutti voi lo avete curato con grande professionalità, competenza e umanità. Inoltre vogliamo far giungere la nostra gratitudine a tutte le seguenti persone che, oltre a prendersi cura di mio marito, mostrando competenza e infinita pazienza, mi hanno dato la possibilità di essere istruita nel miglior modo possibile sul successivo percorso a casa. In particolar modo vorrei che il nostro ringraziamento giungesse alla dott.sa Petrignani, alla dott.ssa Grafeo, alla logopedista Francesca Graziani, alla fisioterapista Maria Cristina Poscia, ai fisioterapisti Stefano Massoli e Luigi De Luca, e a tutti gli altri che si sono alternati, la caposala Sarita, tutti gli infermieri e le oss (Gioia, Augusta, Federica, Milena, Loretta, Stefania, Luigi ecc ecc). Concludo dicendo che un buon lavoro si svolge con professionalità e umanità, qualità che fanno distinguere sicuramente il suo reparto e lo rendono un fiore all’occhiello dell’ospedale. Ancora infinite grazie”.



• PENSARE PER TERNI •

VERSO UN NUOVO

CICLO Roberto RUSCICA

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LA STORIA CI INSEGNA: IL “MODELLO TERNI” La nostra storia industriale è stata prototipale di un modello di industrializzazione intensiva decisa a tavolino e calata dall’alto, quando, nell’ultimo quarto dell’ottocento, Terni divenne oggetto dello sviluppo dell’industria bellico-siderurgica-energetica del nuovo stato sabaudo unitario. Un modello di eterosviluppo, completamente eterodiretto, che trasformò la città in un grande centro industriale, le cucì addosso una nuova e forte identità di città industriale, enfatizzata di modernità e dinamicità e la proiettò in una dimensione ontologica di isola dall’assetto socio-economico profondamente diverso dai territori circostanti. Un l’imprinting talmente forte e totalizzante -e comunque lungamente provvido di benefici- da annullare ogni altra vocazione ed accantonare la ricerca d’ogni altra opportunità. Il “modello Terni” di eterosviluppo, dopo qualche replica tra le due guerre, è stato estesamente applicato nel secondo dopoguerra a scala nazionale, soprattutto nel mezzogiorno, con le politiche di industrializzazione a tappe forzate realizzate da IRI, ENI, Enel e Cassa del Mezzogiorno, in partnership anche con grandi aziende nazionali, con effimeri e limitati successi. La globalizzazione liberista, scatenatasi tra gli anni ’80 ed i ’90, ha mandato in crisi il sistema produttivo italiano e soprattutto i territori dove questo modello di sviluppo si era più fortemente radicato, nei quali anche i sistemi economico-imprenditoriali erano andati asservendosi alle dinamiche legate alla sua materna presenza che demotivava la ricerca di altre strade, seguendone inevitabilmente il destino. Del nostro enorme asset storico resta un’Acciaieria fortemente ridimensionata e qualche altro frammento finito prevalentemente in mano a multinazionali. L’imprinting di un secolo e mezzo, con i suoi oggettivi privilegi, è stato talmente forte che la nostra comunità, ad onta delle evidenze, ha lungamente conservato quell’identità di isola industriale, non rivitalizzabile nelle dinamiche globali attuali.

Dopo la pubblicazione di “Terni città dell’oro” dello scorso anno, la nostra associazione ha continuato ad occuparsi del tema dello sviluppo del nostro territorio e sta per editare gli studi svolti con una seconda pubblicazione “La Terra Promossa” che stavolta ha allargato l’orizzonte dello studio ad un territorio più ampio della sola città di Terni. Lo scopo è sempre quello, puro, semplice e scevro da ogni altra velleità, di contribuire ad un dibattito sul futuro di una comunità e di un territorio che sembrano ancora languire di fronte a quello che sta accadendo in un mondo che sembra arrivato ad un punto di viraggio di quelli che faranno la storia e se non sapremo interpretarne criticità ed opportunità finiremo per scontarne le conseguenze.

Da isola industriale di progresso ad isola in palpabile regresso il passo è stato breve, ed il confronto è impietoso anche nel contesto di una regione che pure non brilla di salute. GUARDARE OLTRE LA CONCA, APRIRSI AL MONDO I modelli politico-sociali che pervadono questa fase storica, dal livello più modesto alla scala planetaria, rappresentati da bassa solidarietà ed elevata competitività, non faciliteranno la risalita. Le evidenti ragioni del nostro declino ci danno alcune certezze che possono contribuire alla formulazione di una visione prospettica. L’esperienza vissuta ci insegna anzitutto che non si può guardare al futuro con la mente ferma agli schemi del passato, stavolta siamo costretti ad essere noi stessi protagonisti attivi del nostro sviluppo; quanto ai livelli occupazionali, ricordiamoci che l’industria 4.0 è ben lontana dal garantire quelli di un tempo. Una seconda certezza è che oggi siamo più deboli di centoquarant’anni fa, perché oltre a gran parte del patrimonio industriale, abbiamo perduto o trascurato altre potenzialità del nostro territorio. La terza è che non è mai opportuno basare il proprio sviluppo su un unico settore e riconoscersi in quell’unica dimensione identitaria, perché tutti i sistemi di questo mondo prima o poi crollano, si ridimensionano o si trasformano. È indispensabile tenere aperto il proprio orizzonte di sviluppo su più fronti. La quarta è che non ci si può isolare, bisogna fare sistema in tutte le direzioni possibili, sviluppando un sinergico tessuto infrastrutturale, rapportuale, politico- istituzionale, a partire dal nostro più immediato circondario. Bisogna infine essere estremamente attenti ai fenomeni che accadono in un mondo sempre più piccolo, veloce, interdipendente, interconnesso: bisogna saper cogliere con tempestività i segnali di cambiamento e le opportunità che si aprono e raramente ritornano.


• PENSARE PER TERNI • PUNTARE SULL’AUTOSVILUPPO Uno sviluppo sostenibile. Il concetto di “sviluppo sostenibile” rappresenta un tema trasversale a buona parte delle tematiche e delle idee progettuali sviluppate nella pubblicazione di prossima uscita. Il modello di sviluppo che hanno conosciuto Terni ed il suo territorio per oltre un secolo, se vagliato alla luce del corrente concetto di sostenibilità nelle sue diverse angolazioni, non sarebbe oggi considerato sostenibile. Non lo è stato e non lo è ancor oggi sotto il profilo ambientale: ha consumato e deturpato paesaggio ed ambiente anche nei suoi luoghi più preziosi, sfruttato in modo esasperato le risorse idriche, aperto enormi cave ed un’enorme discarica, compromesso i suoli; ha prodotto e determina ancora emissioni a livelli notevoli in atmosfera. Sotto il profilo economico ha dato lavoro e benessere, ma ha ridotto o compromesso le potenzialità di sviluppo esistenti in tanti altri settori ed ammantato la città di una patina di grigiore. Sotto il profilo sociale, culturale ed identitario ha stravolto e spazzato via la Terni precedente, ha determinato lo sviluppo di una monocultura assoluta che ha fermato lo sviluppo delle altre potenzialità del territorio, ha distrutto la grande necropoli della Terni degli Umbri. Dobbiamo riparare questi danni ed evitarne di ulteriori con certe iniziative che qualcuno brama regalarci. Sviluppare una progettualità locale: da oggetto a soggetto. È apparso indispensabile proporre un più intenso rapporto istituzionale a partire dalla scala della Terni allargata onde sviluppare una progettualità ed una propositività propria e coesa per presentarsi più forti, perché uniti, ai tavoli regionali e nazionali. È apparso altrettanto opportuno allargare stavolta il nostro interesse ai territori confinanti che scontano come noi ritardi rispetto al centro-nord della regione, a cominciare dalla Valnerina, alla quale ci legano la geografia, il fiume, il paesaggio, la storia, le tradizioni, la cultura.

Riscoprire vocazioni dimenticate, sviluppare nuove identità. Si può puntare sull’autosviluppo perché abbiamo nostre oggettive potenzialità: il nuovo libro lo dimostra e siamo convinti di fornire diverse tracce che potrebbero essere utilmente raccolte. Il nostro territorio è ricco di specificità vocazionali e qualità non ancora valorizzate o scarsamente valorizzate in molteplici settori: storia, ambiente naturale, paesaggio, storia dell’arte, tradizioni, produzioni agricole e zootecniche, artigianato, enogastronomia, sport outdoor. Vanno sviluppate secondo soluzioni quanto più possibile originali ed innovative, costruendo reti tematiche basate su sinergie e complementarità. Le iniziative devono essere sistematicamente finalizzate a creare pre-condizioni di sistema atte a favorire l’innesco di un autosviluppo diffuso d’impresa alla portata della nostra comunità in termini di risorse, competenze, gestione, evitando il più possibile di ingenerare nuove situazioni di etero dipendenza. I nuovi orizzonti. Abbiamo altresì accuratamente approfondito i due temi cruciali legati alla transizione digitale ed a quella energetica, rilevando come in quest’ultimo campo, per noi estremamente delicato, il PNRR umbro abbia purtroppo trascurato esperienze e potenzialità specifiche di Terni per quanto in particolare riguarda l’utilizzo dell’idrogeno. Il settore della formazione rappresenta una base fondamentale dello sviluppo, sia per la creazione di adeguate risorse professionali che per le iniziative di ricerca in grado di contribuire, nei vari settori interessati, allo sviluppo del territorio. Perugia, che può avvalersi della propria Università, ha inserito nel PNRR umbro alcuni progetti estremamente interessanti. Se infine qualcuno vorrà investire nel nostro territorio crediamo debba sempre essere il benvenuto, purché si tratti di iniziative rispondenti a criteri di sostenibilità e compatibilità sotto il profilo ambientale, economico, socio-culturale e settoriale.

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TERNI,

tra il PRESENTE e il DOMANI

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Giacomo PORRAZZINI

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a conclusione della lunga trattativa per la vendita delle Acciaierie ad un gruppo industriale italiano può riaccendere una discussione, in realtà da tempo necessaria ed urgente, sul futuro della nostra città, stretta tra un declino evidente ed un futuro colmo di incertezze e pericoli. Infatti, il subentro dell’imprenditore siderurgico Arvedi ai tedeschi di Thyssen-Krupp, chiude una lunga fase di incertezze sul destino del Polo produttivo storico di Terni. Naturalmente saranno da valutare le proposte di Piano industriale che la nuova proprietà dovrà presentare, con precise indicazioni su volumi produttivi, livelli occupazionali, investimenti, quadro della sostenibilità delle produzioni nel medio lungo termine. Tuttavia, il segno di una svolta, di un passaggio positivo di fase c’è e consente di tornare a porsi in un contesto più chiaro due domande di fondo. La prima: cosa ne sarebbe della città senza la sua grande fabbrica, sia dal punto di vista della identità storica della comunità ternana, cresciuta con essa, sia per la centralità economica e sociale di un’industria di valore strategico nazionale, che sorregge un vasto indotto di piccole e medie imprese, che garantisce salari e reddito ad oltre 3.000 lavoratori e loro famiglie? Nessuno può dubitare che, ove vi fosse una chiusura dei cancelli di Viale Brin, Terni smarrirebbe se stessa, entrerebbe in una crisi drammatica e vedrebbe messo a grave rischio il suo futuro di media città italiana. La seconda domanda, speculare alla prima, ma che, tuttavia, dobbiamo pur porla a noi stessi ed alla comunità: quale sarebbe il futuro di Terni se il suo motore economico restasse solo o prevalentemente la produzione di acciaio speciale? Se, insomma, potesse contare solo sull’acciaieria? Non c’è chi non veda, in questo secondo caso, come la nostra fabbrica più che centenaria, pur rinnovata, da sola, non riuscirebbe ad assicurare benessere e lavoro alle famiglie ed ai giovani di Terni. Quindi non possiamo fare a meno dell’Ast, consapevoli però che non ci basta già oggi, tanto meno ci basterà in futuro. Non a caso, Terni è almeno da trenta anni che “si va cercando”, provando ad entrare in una dimensione diversa dalla Company Town, senza rinnegare la sua grande storia industriale, ma provando ad agganciare, proprio oggi, il nuovo della quarta rivoluzione industriale e della sfida epocale dello sviluppo sostenibile. Una riflessione profonda su cosa sia Terni, oggi, ed un lavoro per una visione complessiva ed integrata del suo domani, appaiono due passaggi obbligati, sotto l’aspetto culturale, sociale, politico ed amministrativo. La progettazione del futuro della città deve trovare un

suo contesto preciso, delle coordinate di riferimento; la prima è la conferma di una relazione di appartenenza, non geografica, ma economica, culturale e politica alla Regione dell’Umbria, mettendo fine alle suggestioni antiche e recenti di una città di Terni che “fa da sola”, nella dimensione interregionale e nazionale. Il punto, semmai, è un altro. Di quale Umbria Terni ha bisogno per il suo futuro? Non certo della regione attuale, in crisi evidente di modello, che sta arretrando da almeno venti anni, negli andamenti del PIL, della produttività, della demografia e che sta entrando nel gruppo delle regioni italiane ed europee in ritardo di sviluppo. Ma Terni, con le sue forze politiche e sociali, con le sue classi dirigenti, deve porsi anche il problema di quale contributo di idee dare per una nuova e feconda stagione del regionalismo, di nuovo policentrico, come alle origini, negli anni 70. Inoltre, Terni deve porsi, ormai, un ulteriore problema: come riaffermare il suo protagonismo nella regione, dopo l’affievolirsi del suo ruolo di capoluogo di Provincia, dovuto alla evaporazione istituzionale di quel livello storico del decentramento statale. Una possibilità di grande interesse può essere quella di svolgere una funzione di capo cordata, riscoprendo un ruolo territoriale di centro urbano di gravitazione, per un vasto territorio dell’Umbria sud; quello che le analisi dell’Istat definiscono “sistema urbano intermedio”, composto da 18 Comuni, aventi Terni come attrattore e con una popolazione di 180.000 abitanti. Una città grande organizzata come rete di municipalità. In questa parte dell’Umbria vive una collettività che condivide, per lavoro, istruzione, sanità, servizi ambientali ed amministrativi, una piattaforma comune, ma che non ha preso ancora consapevolezza di essere un sistema integrato, né, tanto meno, di doversi dare una visione comune dello sviluppo ed un programma capace di perseguirla. Serve insomma un passaggio da entità statistica e geografica a soggetto attivo della vita istituzionale, con la città di Terni capace di guidare, in questo percorso costituente, la creazione del sistema intercomunale “del ternano”. Il contesto in cui provare a darsi una visione ed elaborare un progetto di sviluppo è offerto anche dalla capacità di stare, per natura ed altezza degli obiettivi, dentro la fase attuale della emergenza climatica e delle grandi misure di correzione necessarie per fronteggiarla. Tale scelta, non solo perché a nessuno è dato, per ragioni morali, disertare da un tale impegno globale, ma, anche, perché sul terreno della sostenibilità andranno sempre più a concentrarsi le scelte strategiche, le misure di sostegno, le risorse, le nuove competenze, le


• PENSARE PER TERNI • nuove imprese ed il nuovo lavoro. Un campo che offrirà, pertanto, anche inedite opportunità di intrapresa e lavoro, nei prossimi anni. Dei 220 miliardi su cui si fondano le possibilità attuative del PNRR, circa 70 sono, non a caso, riservate agli investimenti ed alle misure per la sostenibilità dello sviluppo. Si tratta di opportunità straordinarie da non perdere, provando ad impostare su di esse un progetto di portata trasformativa del nostro modello economico e di specializzazione produttiva. Un modello che chiaramente e da anni arranca rispetto ai processi economici ed agli sviluppi tecnologici e di mercato di questo nostro tempo. Per capire se la città, con le sue istituzioni e forze sociali, sarà in grado di non mancare a questo appuntamento storico, cogliendo, con una adeguata capacità progettuale e d’iniziativa, le opportunità e non solo i rischi che oggi le sono davanti, occorre onestamente interrogarsi sulla consapevolezza delle classi dirigenti ternane e persino sul senso comune, oggi prevalente, in seno alla opinione pubblica locale. L’impressione è che il futuro di Terni sia posto, non in un disegno condiviso di sviluppo sostenibile, ma sia lasciato, episodicamente e senza una cornice di riferimento, nelle mani di interessi politici di parte e di interessi economici privati, privi di ogni capacità di dare spessore strutturante e trasformativo alle proposte d’investimento privato e misto, oggi sulla scena: stadio, clinica, ipermercato, ospedale avulso da ogni inquadramento nella medicina del dopo covid. Lavorare ad un progetto di sviluppo sostenibile per la città di Terni ed il sistema intercomunale ad esso collegato, a partire da Narni-Amelia, è una necessità storica ed un dovere per chi oggi guida le città del sistema ternano. Un progetto capace d’integrare economia buona, ambiente e clima, società solidale e dei diritti, democrazia partecipata. Un progetto capace di mobilitare tutte le forze sociali e culturali della città e di impegnare forze politiche ed istituzioni in un inedito sforzo di rinnovamento delle loro idee e piattaforme politiche ed amministrative. I temi sui quali incardinare una proposta di sviluppo sostenibile dovrebbero essere coerenti con gli assi del programma europeo “Next Generation EU”, ripresi dai PNRR nazionale e regionale. Ma occorre lavorare ad una proposta che vada aldilà della scadenza del 2026, proiettando le proposte trasformative almeno alla data del 2030, quando l’Europa e l’Italia faranno il punto sull’andamento

del processo di decarbonizzazione e poi di neutralità climatica al 2050, posto alle base di un modello di sostenibilità. Se ne potrebbero, tenuto conto della specificità della situazione ternana indicare i principali: 1. Anzitutto, occorre salvaguardare la tradizione locale di polo manifatturiero nazionale, portando pienamente siderurgia e chimica nell’alveo della economia circolare e della biochimica, sia al fine di ridurne l’impatto ambientale sia per promuoverne, nel tempo, con innovazioni di processo, la neutralità climatica. In tale prospettiva vanno promossi progetti ed investimenti per la raccolta differenziata e per gli impianti di riciclaggio dei rifiuti, sia solidi urbani che speciali. L’obiettivo è quello di dare impulso alla filiera per il trattamento e la trasformazione dei rifiuti in materia prima seconda, dando vita ad un polo industriale avanzato del trattamento e del riciclaggio della plastica, della carta, del vetro, dei metalli, della gomma. Un polo che porterebbe ad una diversificazione settoriale della piattaforma produttiva locale e che potrebbe contare sulle competenze distintive della realtà imprenditoriale di settore già attiva sul territorio. 2. Va ammodernata la infrastrutturazione di base del territorio, non solo avviando a completamento storiche opere stradali, ferroviarie e logistiche rimaste in sospeso per troppo tempo, ma puntando sulla copertura del territorio con infrastrutture di cablaggio di grande capacità, con cui supportare i processi di digitalizzazione; con paralleli interventi di trasformazione digitale di servizi, di formazione di massa, con particolare riguardo alla popolazione adulta, ancora da alfabetizzare al linguaggio del digitale. Lo sviluppo su vasta scala e pervasivo del digitale, appare, inoltre necessario sia come legame interno del sistema urbano intercomunale, sia per implementare, in modo efficace le relazioni di tale sistema locale con l’esterno, sia esso regionale o sovraregionale. 3. Va costruito, con un modello organizzativo non burocratico o pesante, il sistema urbano intermedio, sperimentando un modello di governance, adottando un programma base d’attività, aprendo un percorso di riconoscimento di tale nuova soggettività da parte della Regione dell’Umbria. Le convergenze e le alleanze, per la nascita di questo soggetto territoriale, non dovranno limitarsi alle istituzioni municipali, ma investire le forze

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economiche e sociali, coinvolgendole in un percorso di nuovo sviluppo idoneo ad offrire un valore aggiunto a tutti: nuove produzioni, nuovi servizi, funzioni condivise, nuova identità comune. Occorre ripensare il sistema sanitario regionale, anche alla luce della esperienza drammatica della pandemia, puntando sulla medicina preventiva e territoriale, sulle innovazioni tecnologiche come la telemedicina, le case della salute ed i servizi domiciliari, per salvaguardare non solo la salute dei singoli, in un sistema universalistico, ma anche la “salute pubblica” e la tenuta della stessa economia; come il covid ha drammaticamente evidenziato essere una necessità nazionale. Va affrontata con grande impegno la questione sociale, con i problemi delle nuove povertà, delle disuguaglianze crescenti, della progressiva perdita di peso, nella universalità e selettività delle prestazioni dei servizi del Welfare locale. Il covid ha drammaticamente accresciuto situazioni di sofferenza e di esclusione sociale, portando il numero ufficiale di poveri nella sola città di Terni a 5.000 unità. Istituzioni e forze del volontariato sociale debbono, insieme, provare a fronteggiare una emergenza che sta cambiando il volto e l’identità profonda della città, da sempre solidale ed attenta al valore della giustizia sociale, proveniente dalla scuola del lavoro e dal lungo periodo di guida della sinistra popolare e riformatrice. Affrontare, nella dimensione locale, la grande prova della transizione energetica del paese, in una realtà, come quella ternana che ha una lunga storia quale territorio forte produttore e consumatore di energia, con la sua grande industria pesante. Ciò vuol dire misurarsi con il tema delle energie rinnovabili, delle Smart Grid energetiche territoriali, con l’implementazione di una tecnologia di grande impatto futuro, come la filiera dell’idrogeno, per gli usi industriali e civili, oggi resi possibili dall’avanzamento tecnologico. Terni ha una storia di 70 anni e competenze consolidate nella produzione di idrogeno, dispone di fonti di energia rinnovabile per produrre l’idrogeno verde. La scelta della Regione di collocare altrove l’hub regionale dell’idrogeno, con attività di produzione e ricerca, appare fortemente penalizzante per Terni e le sue risorse in tale campo strategico. Rilanciare la presenza universitaria a Terni, individuando una vocazione distintiva dei corsi ternani, in direzione delle nuove competenze scientifiche connesse al tema della sostenibilità, di una organizzazione dipartimentale, interfacoltà e un maggior rapporto con il territorio e la sua progettualità volta alla

sostenibilità di una indispensabile fase di nuovo sviluppo. Anche l’estensione dei bilanci di sostenibilità alle piccole e medie imprese, per accrescerne la “reputazione ambientale” quale fattore di nuova competitività, potrebbe essere favorita da un più stretto rapporto fra ricerca e imprese. 8. Sperimentare nelle zone agricole più idonee, forme inedite di agricoltura rigenerativa, con l’obiettivo di ridurre là emissioni di CO2, fertilizzare i suoli e riportare il carbonio in eccesso nel terreno. Provare a mettere in sinergia agricoltura rigenerativa e recupero di materia organica dalla raccolta differenziata. 9. Darsi un programma per la decarbonizzazione di tutte le attività umane svolte nel territorio, con tappe di verifica quinquennale, in coerenza con gli obiettivi europei di dimezzamento della emissioni climalteranti al 2030 e di neutralità climatica al 2050. In tale programma dovranno trovare spazio e risposte non solo gli impatti climatici della grande industria, ma anche quelli delle altre attività economiche e civili; dalla mobilità urbana ai trasporti, dal riscaldamento di residenze ed uffici alla riforestazione urbana e territoriale. 10. In tale quadro, è possibile anche ripensare l’organizzazione spaziale della città, la distribuzione delle sue funzioni, al fine di contrastare i processi di densificazione delle residenze e delle attività, riscoprendo anche il ruolo equilibratore degli antichi borghi, oggi potenzialmente tornati centrali per effetto delle infrastrutture di cablaggio e della penetrazione del digitale in molteplici attività, a partire dallo Smart working. 11. Riprendere una ricognizione integrata delle emergenze del patrimonio naturalistico e storico del territorio, per poter impostare programmi di tutela e valorizzazione, a fini culturali e turistici. La Valnerina e il narnese-amerino, in particolare, sono ricchi di tali risorse, da mettere a sistema, sempre in un’ottica di uso sostenibile. 12. Riflettere e sperimentare nuove forme di democrazia dal basso, capaci d’integrare democrazia diretta e democrazia rappresentativa, partecipazione e sussidiarietà, nella progettazione dei driver e dei progetti del nuovo sviluppo. Non è infatti pensabile di promuovere concretamente nuovi modelli di comportamento e di consumo in linea con la sostenibilità, nonché di fare investimenti trasformativi del modello di città, senza un vero e grande coinvolgimento dei cittadini. Lo sviluppo sostenibile è fondato sulla integrazione fra economia, ambiente e società. Un processo così complesso ed impegnativo può essere portato avanti solo a livello territoriale ed urbano, nel vivo della elaborazione e realizzazione di un progetto di sostenibilità. Pertanto un equilibrio ed una sinergia fra “le due democrazie” è pensabile solo nella dimensione locale. Qui possono essere tentate nuove forma di governance, capaci di coinvolgere, per raccordarne le funzioni, i rappresentanti eletti, i social ben utilizzati e le forze vive ed organizzare del terzo settore. A questi dodici punti possono esserne aggiunti altri o trovare più pertinenti motivazioni. Ciò che, in questa sede, merita di essere sottolineato è il dovere civico di far entrare questi temi nel discorso pubblico della città, al fine di suscitare, sul tema cruciale della sostenibilità dello sviluppo, sia un doveroso impegno delle Istituzioni, oggi inadeguato, sia un impegno corale della comunità locale, per restituirle voce e farla di nuovo essere protagonista delle politiche di sviluppo, cioè del futuro dei giovani e dei cittadini, tutti, di questa terra ternana.

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PERIFERIA ed ECCELLENZE I

Carlo SANTULLI

n un suo articolo di qualche giorno fa sul Sole 24 Ore, Ezio Manzini ragionava lucidamente sulle “Risorse progettuali centralizzate per servizi più vicini ai cittadini”. Quindi, i poli sono due, le risorse ed i cittadini. Dove e come allocare (ed anche “collocare”) le risorse in modo che creino il massimo benessere per i cittadini? La risposta è spesso centralizzare o, almeno, oggi come oggi, è scandaloso ritenere che non si debba farlo. Il problema si pone per chi è, o si ritiene che sia, alla periferia del sistema. L’analisi di Manzini è pregnante, nel senso di interrogarsi sulle strutture che verranno create per garantire l’assistenza sanitaria sul territorio e come combinare centralizzazione e localizzazione, dopo decenni di tagli che hanno colpito sempre la dimensione locale. Con un’espressione che trovo molto bella, parla di “adattare questi metaprogetti alle specificità locali”. Nell’ambito sanitario, si parla spesso di “strutture di prossimità”. Ma cosa sono? Esistono davvero? Sono soltanto mega-ambulatori? E le specificità locali, le eccellenze, come per esempio quella riconosciuta qui a Terni nella cura dell’epilessia, lo dico per esperienza personale, che fine fanno in questo fumoso discorso sulla prossimità? Non soltanto nel sistema sanitario, ma anche nell’ambito universitario, che conosco meglio, è un po’ così: dopo un periodo nel quale si pensava di portare le strutture più vicine ai cittadini, ora la tendenza si è chiaramente invertita.

È un problema che angustia un po’ tutti noi che viviamo alla periferia di qualcosa, anche rispetto alla nostra Regione. Il centro fagocita e si ammanta di un certo alone di eccellenza non sempre giustificato. Questo oggi lo chiamano “efficientamento”, anche se non efficienta proprio niente, ma trasferisce solo i costi dal centro alle tasche dei cittadini periferici. Ma ammettiamo pure, per ipotesi, che le grandi strutture siano più efficienti, se non altro perché, in casi specifici, dispongono di apparecchiature più moderne e precise. Il nostro ruolo come cittadini diventa quello di ritrovare queste “specificità locali”, di cui parla Manzini, e quindi per prima cosa sapere che ci sono. Lo sappiamo davvero? Dicevo dell’epilessia, che colpisce oltre 500.000 persone all’anno soltanto in Italia, e siamo in molti anche qui. Ma sapete per esempio che a Terni ci si occupa anche di materiali ablativi, cioè quelli che il lancio di un satellite brucia salendo per entrare in orbita? E di satelliti abbiamo bisogno per le comunicazioni, per aumentare per esempio la copertura dei sistemi di orientamento, i GPS, di cui facciamo tanto utilizzo. Ma il discorso che mi interessava fare, è che molte volte le eccellenze sono ignote a noi stessi, e questo è un problema. Anche per questo non faccio nomi e luoghi delle strutture d’eccellenza, proprio perché è importante che le cerchiamo. E ce ne sono senza dubbio molte altre a me ignote, al lettore spetta di evidenziarle e, come meritano, di proteggerle. Perché a Terni in realtà succedono molte cose, ma sono più note fuori città che qui.

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LA PARTECIPAZIONE nei processi decisionali C Giulia PICCIONI

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ome ci ricorda il sociologo, Paolo Ceri, due sono i principali momenti in cui un cittadino è spinto ad avvicinarsi ai processi partecipativi: quando si sviluppano istanze sociali che rivendicano l’accesso e la possibilità d’azione in specifiche arene decisionali e quando chi dispone del potere ha l’esigenza di estendere ad altri l’accesso e la capacità d’azione. Nell’ambito del patrimonio culturale sono stati diversi i momenti in cui la partecipazione attiva dei cittadini ha iniziato a strutturarsi e, successivamente, a trovare conferma dagli strumenti giuridici nazionali e internazionali. Già negli anni Settanta del Novecento emerse la necessità, da parte delle popolazioni, di conservare e promuovere le peculiarità del proprio patrimonio e territorio mettendo in campo processi di partecipazione nati dal basso che andassero a scontrarsi con politiche standardizzate di gestione (Nascono così gli Ecomusei!). Ma questo sentimento ha condotto alla ridefinizione del concetto stesso di Patrimonio culturale allargandolo, attraverso le normative internazionali e non solo, alle categorie di Patrimonio materiale e immateriale e di Patrimonio naturale. La partecipazione della cittadinanza ai processi decisionali ha condotto, quindi, a grandi rivoluzioni sociali e giuridiche, permettendo l’integrazione tra un approccio locale e uno globale. Le associazioni e le cooperative di comunità, che si caratterizzano per una capillare presenza sui territori e per il livello di professionalità degli associati, perseguono gli interessi della comunità e le necessità del territorio in cui vivono, e per questo è sempre più importante stabilire un dialogo con loro. Capire quali siano i bisogni e le tensioni di una popolazione permette di mettere in campo azioni politiche più puntuali, più finalizzate agli interessi comuni, maggiormente condivise e sostenute, rendendo la missione dell’ente pubblico un insieme di obiettivi cui tende ciascuno di noi. A differenza delle convinzioni comunemente condivise, in Italia sono moltissime le esperienze da cui si può prendere ispirazione. A Sciacca, in provincia di Agrigento, una Cooperativa di comunità (composta da artigiani, commercianti, strutture ricettive, ristoranti, associazioni culturali e di categoria) si è resa portavoce dell’identità e della bellezza del suo territorio, dando vita ad un modello economico sostenibile con l’obiettivo di generare consapevolezza del proprio patrimonio storico artistico, paesaggistico, artigianale ed enogastronomico. Espressione diretta ne è il Museo a Cielo Aperto: Sciacca città dei 5 sensi.

A Fontecchio (AQ) in Abruzzo, nell’ambito della ricostruzione post sisma del 2009, l’amministrazione pubblica ha optato per un processo di progettazione partecipata favorendo la costituzione di una Cooperativa di comunità coinvolta nella ricostruzione del proprio futuro economico, sociale e culturale. Nasce così Casa&Bottega, un progetto di social housing, che mette in affitto abitazioni a prezzi calmierati, favorisce la creazione di occupazione e la nascita di nuove occasioni di sviluppo economico disponendo di botteghe, anch’esse concesse a prezzi sostenibili, e facendo leva su un uso etico del patrimonio pubblico. Potremmo andare avanti con gli esempi senza finire mai (esiste una letteratura sconfinata in materia che s’intreccia, fra gli altri, con il tema dei Beni comuni). Non è un caso se queste esperienze, pur con periodi di contrazione e crisi, hanno sempre più spesso un risultato efficiente ed efficace per il raggiungimento degli obiettivi di valorizzazione dei beni disponibili, salvaguardia e sostenibilità ambientale, incremento dell’occupazione e sviluppo sostenibile. Assumendoci una responsabilità attiva nei confronti dei luoghi in cui viviamo, ci autodefiniamo come soggetti portatori di fondamentale sostegno alle politiche di gestione, sviluppo e valorizzazione dei luoghi che incidono profondamente nella costituzione della nostra stessa identità.


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La Valle, il Nera, le Mummie, l’Abbazia Adriano MARINENSI

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'autunno tiepido, al pari della primavera, è la stagione delle gite fuori porta (le ottobrate: la primavera dei fiori, l’autunno dei colori. Quando il bosco mostra la grande bellezza della sua livrea rossa, verde e marrone insieme. E diffonde le voci del silenzio, insieme al fascino della quiete. È la natura che muta gradevolmente d’aspetto e il sole la indora. Per i ternani, amanti del creato, la prima meta è Piediluco, il paese con il lago più bello dell'Italia centrale. Sovrastato, come nelle pitture che lo ritraggono, dal castello fatto costruire dal Cardinale Egidio Albornoz, che, durante la Cattività Avignonese (1309 1377), venne inviato in Italia dal Papa Innocenzo VI per rimettere ordine e disciplina come vicario generale “terrarum et provinciarum romane ecclesie”. Ma, Terni è in Umbria e le scelte non mancano. Una variante suggestiva, a portata di mano, potrebbe essere il primo tratto della Valnerina, parte nobile della nostra regione; che -per dirla con Alfredo Oriani- “mena attraverso vaghe contrade, ai primi colli dell’Appennino”. Sono tanti qui i piccoli paesi intatti di rilevanza culturale, con gli anziani in maggior numero, rimasti a tutela dell'identità del territorio. Le pietre parlanti dei borghi e i cieli stellati che le luci delle città hanno oscurato. Sopra quei bassi colli, verdi di ulivi, ci sono i racconti di un vivere autentico. C'è l'edilizia dei vicoli con le dimore semplici, le scale sul muro, il ballatoio a ringhiera dinnanzi all’uscio. È l’Appennino che conta, forte e paziente, sentinella sempre attenta perché la modernità non rubi il passato. In Valnerina, a Ferentillo, c 'è un antro naturale sotto la Chiesa di Santo Stefano (1400), dove si può fare un incontro con testimoni dell'aldilà. Poco più oltre, a S. Pietro in Valle, è possibile un interessante ripasso dell’antica storia locale. Allora, in macchina e via, lungo il corso del Nera. S’io fossi poeta, oserei scrivere: Il fiume taciturno che, con il suo umido respiro, fa d’intorno la clamide d’erba dei prati mai riarsa. Rimatore non sono e perciò avanti, senza far mancare uno sguardo alla Cascata, vista con gli occhi di un poeta vero, George Byron: “Odi frastuono d'acque! Alto Velino con fulminea rapidità, luce, spumeggia, scuote l'abisso.” A Ferentillo, valicato il fiume, sta appunto la Grotta delle Mummie. Le quali, dall’alto della loro saggezza quasi pietrificata, avvertono: “Noi eravamo come voi siete, voi sarete come noi siamo”. Per quegli scheletri, il trapasso è remoto, però la mummificazione ha fatto da difesa.

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Lo sguardo è terreo, il corpo ridotto all'osso, tenuto eretto dalla pelle incannucciata. Secondo la narrazione orale, c'è il gobbo Severino insieme all'avvocato morto di coltello, i coniugi cinesi uccisi dal colera, il soldato napoleonico finito sul patibolo, la puerpera defunta durante il parto. Sul fondo della spelonca, ben allineate e sovrapposte, stanno diverse file di crani nudi, i turpi teschi dalle occhiaie cave (definizione questa che, al liceo, mi procurò un ottimo voto sul tema di italiano). Si dice fossero tratti dalle fosse funerarie, quando Napoleone Bonaparte emise l’Editto di Saint Cloud (1804), ufficialmente Decret Imperial sur les sepultures, diretto soprattutto ad evitare gli olezzi dei corpi in macerie, stipati sotto le Chiese; e imporre tombe uguali per tutti. Il famedio soltanto per trapassati incliti. Si arrabbiarono in molti per tale prescrizione, compreso Ugo Foscolo che espresse la sua contrarietà nell’ode intitolata “Dei Sepolcri”: All’ombra de’ cipressi e dentro l'urne confortate di pianto, è forse il sonno della morte men duro? Comunque sia, la Grotta delle Mummie sollecita il pensiero, la riflessione, la curiosità. E la domanda: Perché quei corpi esposti eretti dentro le teche, non si sono disfatti secondo natura? La ragione sembra da ricercare nelle particolari condizioni ambientali e nella presenza di microrganismi che ne hanno favorito la conservazione. Dunque, noi eravamo come voi siete, voi sarete come noi siamo. Ora, la gita fuoriporta prosegue lungo l'incantevole scenario della Valle. Vedo quel che altrove guardò ammirato ancora Oriani: il piccolo campanile svettante sopra le case, strettegli attorno con timida premura. Sembra il ritratto di Umbriano, grumo di spelonche rimaste senz’anime native, di fronte al quale sta austera l’Abbazia di S. Pietro in Valle, alle pendici del Monte Solenne. Su questa Abbazia c'è una narrazione intrisa di storia e leggenda. Sembra sia storia la sua fondazione, avvenuta nell'VIII secolo dC da parte del longobardo Duca di Spoleto Faroaldo II. Aggiunge la leggenda: San Pietro apparve in sogno al Duca e gli promise la remissione dei suoi tanti peccati (pro rimedio animae) se avesse fatto costruire un Cenobio in quel luogo. Così egli provvide e quando l’irriguardoso figlio Trasamondo lo costrinse a cedergli il ducato, Faroaldo si fece monaco nel Convento di San Pietro in Valle, dove morì e fu sepolto. La Chiesa, attigua al Monastero, conserva affreschi di buon pregio, attribuiti alla scuola umbra. C'è pure una coppia di sarcofagi di origine orientale, risalenti al II e III secolo dC. Dunque, in un pomeriggio, facendo poca strada, da Terni, abbiamo reso intelligente la gita fuori porta, visitando due dei tanti presidi che, lungo la Valle discesa dal Nera, hanno affidato ai posteri le memorie del passato remoto. Insieme ai castelli, alle torri, ai luoghi di culto, alle pievi, incastonati nello scenario tipico dell’Umbria. A Ferentillo, da Terni, ci saremmo potuti andare con il Trenino della Valnerina che non c'è più, "assassinato" insieme alla spettacolare ferrovia Spoleto-Norcia, considerata un ramo secco. Mentre il tranvetto ternano fu sacrificato per dare spazio al trasporto su gomma, considerato l’avvenire del traffico da burocrati e dirigenti di misere vedute, che non avevano capito una mazza.


UNA PASSEGGIATA TRA GLI UMANI

G

esti innati, gesti acquisiti e con essi gli umani comunicano anche i loro pensieri. Non sempre ne sono consapevoli abituati a ritenere che sia la parola il mezzo di comunicazione che trasmette sentimenti, affettività, decisioni, progetti futuri, ma anche rabbia, disperazione, dolore fisico e morale, contrasti ideologici, aspirazioni irrisolte. I pensieri creano azioni ed esse confezionano posture ed espressioni mimiche inequivocabili. Sorrisi, bronci, smorfie, ammiccamenti sono alcuni dei gesti non controllabili ed appartenenti a tutti. Nell’alterazione di un viso, l’attenzione cade sul sopracciglio corrugato, sulla mascella contratta, sul moto frenetico delle braccia e scompare il colore della pelle, il capello gretto, l’occhietto allungato. Provate a togliere l’audio quando in tv i politici si scontrano su una stessa tematica e riescono perfino ad oltraggiarla nella prorompente smania di prevalere. Il contorno del volto si dilata, la bocca diventa fauce, i denti sembrano più aguzzi, gli occhi si sgranano, le mani, oh le mani, artigli graffianti... e il segnale di minaccia è al completo. Che cosa blocca il balzo felino del predatore? L’ istintiva certezza che la preda, l’altro, è anch’essa un predatore: si sbranano a vicenda, ma non si colpiscono. La preda viene a mancare e con essa è avvilito, smembrato il ruolo del predatore. Quando l’asfalto si macchia di sangue, invece, i comportamenti risultano fortemente sbilanciati: l’umano intriso di rabbia animalesca colpisce l’altro perché, nell’apparente condizione di passività, egli appare, questa volta sì, una preda. Episodi in realtà piuttosto rari, ma quando accadono sono vissuti come sintomi di una società malata, non come normali reazioni di un primate, solo apparentemente evoluto, che esprime così il suo bisogno innato di sopraffazione Azioni innate, le stesse, presenti in ogni società, indipendentemente dalle diverse pressioni culturali. Il neonato cerca e trova nella mammella la prima fonte di vita, distende il volto nel sonno, lo corruga nel pianto seguendo stimoli biologici. Tutti gli uomini ridono, tutti gli uomini piangono: i segni, in entrambi i casi, sono inconfondibili Le culture non sono poi così diverse da come sembrano, se si cercano le differenze, certo si troveranno, ma se si vuole cercare le somiglianze se ne troveranno molte di più.

In una immaginaria passeggiata nel tempo e nello spazio si vedrà allora come emerga su tutto fin dagli albori dell’umanità un impulso latente e irrefrenabile: l’aggressività. Appartiene agli animali e agli uomini con apparente similitudine, ma in realtà con sostanziali differenze. Gli animali combattono, ma non fanno la guerra, combattono per stabilire un dominio, per difendere il territorio. La lotta è a livello individuale ed in genere è atta a mostrare i punti di forza dell’uno e dell’altro; non vanno oltre perché la conservazione della specie impone di fermarsi. Solo in condizioni di estremo sopraffollamento si oltrepassano i limiti e la lotta diventa cruenta. Anche l’uomo dunque come tutti i mammiferi è geneticamente attrezzato per difendere la specie, il territorio, ma non è giustificato l’impulso di distruzione di massa, la guerra fraticida, la vile violenza su donne e bambini. Nel diario di bordo, in giro per il pianeta, ho annotato sorrisi e abbracci, ho ritrovato negli altri, lo specchio di me stessa, ho comunicato con le mani e con gli occhi ricevendo in cambio le loro mani, i loro occhi. Dovunque ho trovato gli stessi emblemi culturali della mia terra, che si chiamino chiese, moschee, stupa, sinagoghe, mandir (tempio induista, sick). Dovunque questo uomo che si dibatte nella sua eterna precarietà, trova dei punti di salvezza nell’inchinarsi, nel prostrarsi in ginocchio: mani unite verso l’alto, occhi socchiusi verso il basso. Mercati, suk o bazar, eterna necessità di scambi: braccia gesticolanti, sorrisi accattivanti, ammiccamenti sornioni. Gesti innati, gesti acquisiti: non si sa dove finiscano i primi, dove inizino gli altri... che importa: è attraverso i gesti che l’umanità continua ad abbracciarsi.

Sandra RASPETTI

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FEMMINICIDIO

CRIMINE SENZA SE E SENZA MA

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Pierluigi SERI

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settembre 2021, una sera come tante, sto vedendo il tg e tra le molte notizie, tutte o quasi poco confortanti -ma ormai purtroppo ci si fa l’abitudine- ecco che arriva la mazzata. La notizia drammatica dell’ennesimo femminicidio. Stavolta a meno di cento chilometri di distanza dalla mia città. In un paese in provincia di Viterbo, un uomo di 64 anni ha ucciso a sangue freddo la moglie poi ha rivolto l’arma contro di sé uccidendosi. Il tutto sotto gli occhi della figlia trentenne, testimone impotente della terribile scena, ricoverata poi sotto chock. La mia mente è subito corsa indietro nel tempo ad altri fatti analoghi, confusi in mezzo a tante brutte notizie ormai diventate usuali nei vari tg. Barconi carichi di disperati, immagini strazianti dell’aeroporto di Kabul preso d’assalto da gente in fuga incalzata dal regime oscurantista dei talebani, il panorama desolante e disumano di profughi ghettizzati in campi di fortuna in Turchia, Libia, Bosnia dove manca di tutto. Non ricordavo con precisione, ma è bastata una breve navigazione su internet che subito la memoria ha trovato rifermenti precisi. Il giorno 17 sett veniva uccisa Doriana Cerqueni, il 15 A. Zorzin, il 13 addirittura due femminicidi Sonia Lattari e Giuseppina Di Luca, il 10 la nigeriana Rita Amenze. Solo nel mese di settembre 8 femminicidi. Basta, per carità! Se si va indietro con gli anni, arriviamo a cifre da capogiro! Ricapitolando, statistica alla mano, dal primo gennaio 206 omicidi, 86 donne, di cui 43 per mano dell’ex partner. Elenco sicuramente provvisorio destinato ad allungarsi, visto come vanno le cose. Un fatto quello di Viterbo, a dir poco orribile, che ha scosso come un terremoto la mia coscienza di uomo e di cittadino. Mi viene subito in mente una domanda semplice e scontata: come si può arrivare ad uccidere una persona che hai amato, con la quale hai fatto dei progetti, da cui hai avuto dei figli, con la quale hai condiviso parte della tua vita? Domanda scontata solo all’apparenza, i fatti provano che non lo è affatto. A tal proposito mi viene in mente un articolo scritto alcune settimane fa dalla giornalista Michela Murgia in cui lanciava la proposta provocatoria di assegnare la

scorta alle donne che denunciano per minacce e stalking gli ex compagni, proprio come succede per imprenditori e giornalisti minacciati dalla criminalità organizzata. La scorta non è solo protezione, ma anche certificazione di una situazione di pericolo che cambia completamente la vita di chi la subisce. Nessuno, all’infuori di pochi mitomani che la concepiscono come una sorta di status symbol, può desiderare una cosa simile nella sua esistenza. Quella della giornalista è solo una provocazione, il vero scopo è un invito alla ministra della giustizia Marta Cartabia a prendere sul serio dal punto di vista istituzionale il fenomeno della violenza patriarcale di cui il femminicidio è l’aspetto più eclatante. Dietro queste barbare uccisioni c’è la cultura del possesso che vede nella donna un oggetto e come tale trattatta, ma quando tale possesso è messo in discussione o se ne perde il controllo, allora scatta la molla della violenza prima verbale poi fisica, come rivendicazione di un bene di proprietà perduto. È proprio tale cultura che va trattata come forma di criminalità, non organizzata, ma certo sistemica. I meccanismi della legge, sebbene all’apparenza presenti, non garantiscono una reale protezione della vita delle donne che denunciano. Spesso i provvedimenti presi dalle autorità, tipo l’obbligo di non avvicinamento, possono implicare paradossalmente l’aumento del rischio di essere uccise prima. Indignarsi ogni volta come fosse il primo caso, non serve a nulla. Il problema che va affrontato dal punto di vista istituzionale è che la violenza domestica viene considerata solo come conflitto di coppia. Insomma non un reato nel vero senso della parola, ma solo un contrasto affettivo per cui i soggetti coinvolti partecipano in regime di concorso di colpa. Quindi entrambi i partner sono vittime, uno di violenza, l’altro di esasperazione. Secondo questa lettura altri reati inerenti alla violenza di genere come il porn-revenge e la violenza di branco rientreranno, in base ad una legge ancora allo studio, nella categoria tenue con pena minima che prevede anche un accordo tra imputato e pubblica accusa. Ma per un omicidio la tenuità del reato non sussiste. È un reato gravissimo per il quale non esistono forme di “concordato” o di “accordo” tra le parti in causa. La violenza di genere è un fatto culturale prima che giuridico. È sulla società che bisogna agire attraverso una saggia legislatura che sappia modificare e indirizzare nella giusta direzione certi comportamenti propri di una società primitiva, direi, tribale, non di una società democratica basata sul rispetto reciproco e regolata da un sistema di dirittidoveri.


LA GRANDINÀTA

L’andru ggiornu, durante ‘n tembu che ‘n promettéa gnènte de bbonu, t’ho ‘ncuntratu unu che mme paréa de conoscelu e… Cciào Pèppe… chi no’ mmòre s’arivéde… ???... No’ stéi ‘mboscatu su ppe’ lu cummune?... e issu… A pparte che mme jàmo ‘Ntòniu e ppo’ facéo lu metoròlugu!… ‘N sapènno più che ddi’ j’ho fattu... Ah... sì qquillu che ss’entènne de lu tembu!?... A ppropositu… sìndi che ttroni…sìndi nonnu ‘n carròzza come sta a bbaccaja’?...A mme mesà che ggira ggira e ppo’ ‘n fa gnente!... e issu… Guarda ‘n bo’ se cche nnùole nére… quelle so’ zzéppe de acqua… ‘n sìndi ‘gni tantu che ppiuìccica? Sa che scrosciu fra ppocu… arparàmoce llà ppe’ ssotto ‘lla pinzilìna…‘émo fattu

‘ppena ‘n tembu che… ssàrvete cèlu… certi chicchi de gràndina ch’honno ‘mbiancatu tuttu quantu!... Sìndi che mmusica… dicéi ch’era acqua e ‘ste bbricòcole ‘n do’stéono?... Déi sape’ che cce stonno certi cristallìtti de jàcciu che, cco’ lu ventu che ttira lassù, ‘n ffònno andru che ssali’ e scenne dentro ‘lli nuoloni… ‘ngrossànnose sempre de più… ‘nzomma se vestono a ccipolla!... Bbràu… stavòrda ciài ‘zzeccatu... e quanno pésono troppu scénnono ggiù a ppiù de cènt’all’ora… Aho… Libberàti je facéa ‘n baffu!… A ppijàlle su ppe’ la capòccia sa che sbrignòccole!?...Io te cunziju de proàcce… appena t’ho vistu me sì sembratu mezzu ‘ntronatu… potrìsti ‘nche mijora’!

Paolo CASALI

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Cecilia Piersigilli

DISSOLUZIONI La pittrice ternana dopo anni di numerosi cicli pittorici si avvia a nuovi percorsi che la stanno portando verso l'astrazione. Suggestive le sue opere materiche fatte di graffiti, simboli arcaici, tracce ancestrali, rifugi misteriosi di primitive memorie.

9-10 ottobre 16-17 ottobre 2021 STUDIO WATTS Via Gemine Astolfi,2 - San Gemini


CONCORSO MADONNA VALNERINA GIURIA FOTO

Cecilia Piersigilli (Presidente), Marco Barcarotti, Marco Ilari, Alberto Mirimao, Giampaolo Napoletti.

RITRATTO PITTORICO

Franca Calzavacca (Presidente), Roberto Bellucci, Loretta Santini, Mino Valeri, Nadia Zangarelli.

DOMENICA 17 OTTOBRE

Nel corso della mattinata Foto di alcuni Borghi della Valnerina, scattate da eccezionali fotografi con presenza di alcune modelle che hanno partecipato al concorso. Fotografi e modelle che volessero partecipare comunicheranno la loro presenza a: 3482401774 - info@lapagina.info

PREMIAZIONE

ore 15,00 presso sala della Fondazione Aiutiamoli a Vivere in Via XX Settembre n. 166

Grazie! Sono stato ospite, per quattro giorni, in “collina” per dover effettuare un intervento frequente per moltissime donne, ma speciale e rarissimo per gli uomini. Le statistiche indicano che si verifica un caso su 1000/1500. Si tratta di cancro alla mammella. Ho provato, nella fase propedeutica, un senso di spaesamento, forse dovuto anche alla mia timidezza, nel frequentare l’ambiente d’eccellenza dedicato alla tutela della Salute della Donna, sentimento che,però, è stato subito fugato dalla gentilezza e dalla disponibilità di tutto il personale, a partire dall’accoglienza ricevuta da quello medico e sanitario e dalla professionalità del responsabile del reparto e di tutta l’équipe. Un particolare ringraziamento va al giovane anestesista per la sua simpatia e per la battuta, rivolta alla portantina, che chiedeva se veramente fossi io, cioè un uomo, a dover

All'Ospedale Santa Maria di Terni entrare in camera operatoria. Una volta operato sono stato ospitato nel reparto di chirurgia che già aveva tutte le camere occupate ed anche delle pazienti in attesa del posto letto nel corridoio. Ho potuto qui considerare il grande e faticante lavoro degli infermieri e delle OSS che non avevano un momento di pausa, ma riuscivano a dare sostegno agli operati con la loro presenza qualificata, anche col sorriso, oltre che con la loro opera professionale. Nella fase post operatoria sono stato seguito costantemente dai medici del Centro che mi hanno messo al corrente dell’esito dell’operazione e delle fasi successive alle quali sarò sottoposto. Che altro debbo dire oltre che ringraziare? Forse ricordare che la sanità pubblica, seppure non sempre da tutti valorizzata, in questo caso, a Terni, si è resa molto efficiente. Spero anche di verificarne, a breve, l'efficacia. Lorenzo M.

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LE MAMME CONTADINE DI UNA VOLTA Vittorio GRECHI

I

o me le ricordo vestite di stoffa pesante (che dura di più e dove non c’entra il freddo non c’entra nemmeno il caldo), maniche lunghe e in quella di sinistra infilato un fazzolettino, “zinale” a proteggere il vestito e l’immancabile fazzolettone a coprire i capelli, legato dietro la nuca. Il fazzolettone era di due tipi, con disegni rossi o con gli stessi disegni in blu. Nel pollaio a prendere le uova ogni mattina non era consigliato andarci con in testa quello rosso. Il sospettoso gallo, quando vedeva la donna che abbassava il capo per prendere le uova nella cesta e metterle nel canestro per portarle via, scambiava quell’inchinarsi verso terra come un invito alla battaglia del “grande gallo” contro il “piccolo gallo” per contendersi l’harem. E allora erano graffi atroci in faccia con gli artigli e colpi di becco altrettanto dolorosi e pericolosi per gli occhi e per l’aspetto estetico dell’imprudente contadina. Col fazzoletto blu in testa, il gallo si mostrava molto meno aggressivo e bastava il tentativo di dargli un calcio per farlo allontanare. D’inverno portavano le calze lunghe di cotone o di lana, trattenute da un largo elastico a mezza coscia o almeno al di sopra del ginocchio e sulle spalle una mantellina di lana, il tutto fatto rigorosamente a mano. Andava ancora di moda la donna dalla pelle candida e quindi tutte a cercare di abbronzarsi il meno possibile, sostituendo il fazzolettone con un cappello di paglia a larghe falde. I vecchi portavano la maglia di lana anche d’estate, ma a mezze maniche, pantaloni lunghi, scarponi e camicie a maniche lunghe: se faceva caldo, si rimboccavano le maniche. C’era chi portava sempre appresso la giacca di velluto o di fustagno con la tasca passante dietro (la passatora) perché, se sudati o se scoppiava un temporale improvviso, se la infilavano, temendo altrimenti di prendersi una polmonite. La paura della polmonite era atavica e la messa in commercio della penicillina non aveva fatto diminuire le precauzioni. Le donne dovevano occuparsi dei

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bambini, seguirli nei compiti, governare e accudire gli animali da cortile, cucinare ben tre pasti al giorno, fare il pane una volta a settimana, fare il bucato e infine aiutare gli uomini nei campi in ogni fase dei lavori stagionali. Quindi è comprensibile il sollievo che provavano se uno zio che abitava a una mezz’oretta di distanza -mezz’ora per andare e altrettanto per tornare, sempre a piedi- passando a fare un saluto, chiedeva di poter portare uno dei tanti bambini a casa sua a giocare col figlio e poi lo avrebbe riaccompagnato lui. Questi spostamenti di bimbi non erano nuovi, anche se non privi di inconvenienti. Una quindicina di

giorni prima, a questo zio era sparita una papera in concomitanza della presenza di uno dei nipotini. Dopo quasi una settimana, andando a spillare il vino in cantina, sentì una specie di rantolo soffocato provenire da una botte vuota. Corse a vedere e trovò la papera messa in prigione dal bambino e dimenticata, mezza morta di sete e di fame, e la storia aveva fatto il giro di tutto il parentado con risate a non finire. Prese quindi un altro nipote, sperando in meglio e con la promessa di riportarlo dopo pranzo. Si sa che d’estate il dopo pranzo dura tantissimo e i bambini giocavano insieme che era un piacere vederli, e il tempo passava e nessuno se ne accorgeva. All’improvviso si sentì una voce alterata che chiamava il piccolo dalla strada romana più in alto e tutti si accorsero che il sole era vicino al tramonto. Il bambino impaurito salutò in fretta e si incamminò in salita verso la madre che lo stava aspettando con una bacchetta in mano. La donna era alterata dalla fatica giornaliera usuale, in più era stata rimproverata dal marito che non aveva trovato il figlio tornando a casa dal lavoro e inoltre era stata costretta, stanca com’era, a fare quella camminata col caldo per recuperare la prole. Il bambino superò la madre di corsa e si avviò verso casa tenendosi a distanza dalla lunga bacchetta di olmo, sfrondata dalle foglie, che sibilava come una serpe quando la donna sferzava l’aria spinta dall’ira. La mamma continuò a minacciargli frustate per tutto il ritorno non appena lo avesse raggiunto. Arrivati poco lontano dall’abitazione, il bambino si fermò e disse alla madre che se doveva picchiarlo era meglio che lo facesse subito lì dove non c’era nessuno, piuttosto che farsi vedere da tutta la famiglia e dai cuginetti picchiato e piangente. La donna, che non si aspettava questa mossa, scoppiò contemporaneamente a piangere e a ridere per la tensione nervosa e il figlio allora corse verso di lei, la abbracciò e si abbracciarono stretti mentre la bacchetta inutilizzata cadeva a terra.


Con Arci Puoi. Costruire, sognare, conoscere, crescere, ripartire. Queste le parole scelte da Arci per il tesseramento 2021-2022, per sottolineare le tante possibilità offerte da una realtà plurale e inclusiva, tra le più grandi centrali culturali della sinistra e, sicuramente, la più partecipata. Una realtà che oggi conta oltre 4.000 circoli in tutta Italia e oltre un milione di tesserati. Una campagna di tesseramento particolarmente significativa, quella del 2021-2022, per una comunità che, malgrado la grave situazione determinata dalla pandemia, è pronta a ripartire, con ancora più decisione, dall’impegno civile e dal dialogo. Convinti che non si possa superare questa crisi senza la presenza di presidi sul territorio così importanti come le nostre basi associative per le loro attività di prossimità. Per costruire con un lavoro culturale serio e capillare –grazie all’impegno e all’entusiasmo di Circoli, Comitati, volontarie e volontari, lavoratrici e lavoratori, socie e soci– ponti con tutta la sinistra e il centrosinistra, i movimenti e la società civile, per rafforzare la coesione e la giustizia sociale, all’insegna della partecipazione, della solidarietà e del mutualismo, della lotta alle disuguaglianze, alle discriminazioni, alla povertà educativa e culturale, al razzismo, all’odio e alle violenze. Per crescere insieme, da nord a sud, per confermare ancora una volta la nostra identità di grande associazione nazionale, il nostro ruolo di utilità sociale, senza lasciare indietro nessuno, rafforzando quegli spazi indispensabili dove cultura e relazioni contribuiscono al benessere dei singoli e delle collettività. Spazi di socialità diffusa, di promozione culturale, spettacolo e musica, fondamentali per i territori e le comunità, senza i quali saremmo tutti più poveri. Per conoscere e dare una risposta ai bisogni delle persone, perché siano pienamente affermati i diritti di tutte e di tutti e vengano approvate leggi di civiltà di cui si parla da anni, a partire dallo Ius soli e dal disegno di legge Zan contro l’omobitransfobia e la misoginia, per aprire canali di dibattito sulla tassa patrimoniale e sulle riforme necessarie a dare risposte concrete ai giovani. Per sognare e realizzare un futuro migliore. Puntando sempre verso nuovi e più ambiziosi traguardi. Perché Con Arci Puoi.

Per informazioni: www.arciterni.it


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