1996 2021
YEAR ANNIVERSARY
Numero 185 Maggio 2021
Fisioterapia e Riabilitazione
Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura
Zona Fiori, 1 - Terni - Tel. 0744 421523 - 0744 401882 www.galenoriabilitazione.it Dir. San. Dr. Michele A.Martella - Aut. Reg. Umbria DD 7348 del 12/10/2011
Maggio 2021
FERE CUORE D'ACCIAIO
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Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni. Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Tipolitografia: Federici - Terni
AMELIA SUPERCONTI V. Nocicchia; ARRONE Marcello Frattesi, P.zza Garibaldi; ASSISI SUPERCONTI S. Maria degli Angeli; CASTELDILAGO; NARNI SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; NARNI SCALO; ORTE SUPERCONTI V. De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI - Strada della Direttissima; RIETI SUPERCONTI La Galleria; SPELLO SUPERCONTI C. Comm. La Chiona; STRONCONE Municipio; TERNI Associazione La Pagina - Via De Filis; CDS Terni - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL - V. Tristano di Joannuccio; BCT - Biblioteca Comunale Terni; COOP Fontana di Polo Via Gabelletta; CRDC Comune di Terni; IPERCOOP Via Gramsci; Libreria UBIK ALTEROCCA - C.so Tacito; Sportello del Cittadino - Via Roma; SUPERCONTI CENTRO; SUPERCONTI Centrocesure; SUPERCONTI C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati.
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Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.
ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le Marconi;
G. Raspetti
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Intervista al Sindaco Latini
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore editoriale Giampiero Raspetti Grafica e impaginazione Provision Grafica Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 3482401774 - info@lapagina.info www.lapagina.info
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CAMBIAMENTI EPOCALI
L. Santini
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Progetto TERNI
M.Colonna
G-L. Petrucci, P. Leonelli, G. Porrazzini, A. Marinensi, M. Scarpellini, M. Virili
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BMP elevatori su misura Ottica MARI Quante parole inglesi!
A. Melasecche
PIERA Salute e Bellezza VIVO GREEN Le donne "cappone" peruviane
F. Patrizi
CNA Non ho tempo di pensare al tempo
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VILLA SABRINA - residenza protetta Liceo Classico La mollània e i bambini di una volta
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FERE CUORE D’ACCIAIO
Foto di Alberto Mirimao
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inalmente la bandiera rossoverde della Ternana appena promossa in serie B sventola sul pennone della fontana di piazza Tacito, come una volta, quando la Ternana andò in serie A: nel 1972/73 e nel 1974/75. Caroselli di macchine, sventolio di bandiere, nonostante il covid. E un corredo di canti e di inni, di espressioni dialettali, di slogan ed anche di sfottò. Sì, un momento di felicità e di ritrovato orgoglio cittadino. E non solo per i tifosi del calcio. Tutta la città -salvo poche rarissime eccezioni, i soliti burberi denigratori del calcio- ha ritrovato per un po’ gioia e allegria nel festeggiare il ritorno della Ternana in serie B. Addirittura con 4 giornate di anticipo! Una marcia trionfale la sua, con record europei di goal e di punti. Una gioia maggiore anche perché quest’anno, causa pandemia, nessuno ha potuto andare allo stadio, ma grazie all’intuizione e alla generosità del Presidente della Ternana Stefano Bandecchi, è stato possibile seguire le partite in televisione. La curva est non aveva i suoi freak brothers, gli accaniti tifosi che si sono dati questo nome ispirandosi ai protagonisti dell’omonimo fumetto, non di sinistra, (ma forse un po’ sì), né di destra. Non ultras, ma un po’ sì. Solo freak brothers, cioè fratelli fuori di testa appassionati anarchici. E allora la passione e l’entusiasmo di tutti sono esplosi comunque nelle strade. Per un po’ molti hanno dimenticato il distanziamento. Uno strappo alla regola, come era già avvenuto a Marzo per la partenza da Terni della corsa ciclistica Tirreno Adriatico a conferma che lo sport è sempre e comunque un momento di aggregazione e spesso riempie di passione e di orgoglio tutt’altro che malcelato. Chi è rimasto a casa ha comunque esposto alle finestre striscioni e bandiere e si è sentito partecipe di una gioia collettiva che da tempo mancava. La cosa che mi ha colpito è stato il documentario realizzato dal canale you tube inglese Copa90 (“The Working Class Goes to
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Loretta SANTINI
Heaven che dimostra come la squadra sia conosciuta nel mondo e come sia apprezzata per la sua storia, per i suoi colori, per la sua presenza attiva nell'ambito della solidarietà come a San Paolo in Brasile dove in un bar è esposta una sciarpa della Ternana. Per non parlare delle città italiane come Bergamo (con la squadra dell’Atalanta) e Caserta che sono gemellate con essa. Ternana cuore d’acciaio: la frase sembra retorica, ma va storicizzata. Un tempo, quando la Ternana giocava nel vecchio stadio, erano proprio gli operai dell’Acciaieria i maggiori tifosi che si recavano nel campo in viale Brin dietro la fabbrica per vederla giocare. Cuore d’acciaio: è in fin dei conti quello che ha dimostrato la squadra nel portare avanti questa avventura. Cuore d’acciaio per le sue qualità di gioco, ma cuore d’oro per le tante Iniziative solidali a cui hanno partecipato i giocatori a favore della gente bisognosa che in questo momento di pandemia da covid si trova in grandi difficoltà economiche. Anche questo ha di nuovo avvicinato la gente alla squadra. CURIOSITÀ Le fere è un termine dialettale con cui si indicano i giocatori della Ternana: significa fiera, belva, anche con riferimento al drago che è anche lo stemma di Terni. Deriva dall’espressione dei tifosi che quando la squadra vinceva dicevano: “Visto che fere!” I colori rosso e verde della maglia della squadra hanno origini lontane. Leggiamo nella Storia di Terni dell’Angeloni che il Magistrato che abitava il Palazzo Priorale vestiva in estate con “lunghi mantelli di zambellotto chermisino ad onda”, d’inverno “di scarlatto” e durante il periodo quaresimale di “colore paonazzo”. Tale autorità aveva una “onorata famiglia di trombetti e ministri per suo servizio, che vestono alla divisa della Città di rosso, fasciato di verde”. E allora, per una volta, spogliamoci dei panni paludati della cultura e intoniamo Forza fere!
Visione e postura Quando miopia, ipermetropia, astigmatismo e strabismo compromettono stabilità ed equilibrio del corpo. Con i problemi legati alla visione spesso è coinvolta anche la postura, così, dopo l’esame specialistico dal tuo oculista, sarà necessario eseguire dei test optometrici specifici per prescrivere adeguate correzioni con il ruolo fondamentale della giusta montatura e della perfetta centratura. Tecnologia 3D Rodenstock impressionist 3 Due telecamere in grado di determinare velocemente e con estrema accuratezza i parametri individuali. La precisione dei dati acquisiti consente la scelta di lenti veramente personalizzate, che tengono in massima considerazione le caratteristiche soggettive.
Ottica Mari, nella figura di Lucia e Fabrizio, ha conseguito il diploma di specializzazione in optometria.
CAMBIAMENTI EPOCALI Quanti e quali sono stati i cambiamenti epocali che hanno provocato rivoluzioni nel sistema vitale terrestre? Mi riferisco alle grandi evoluzioni, a quelle che in maggior misura sconvolsero e trasformarono tutto. Se, prima di 15 miliardi di anni fa, periodo il cui inizio è noto come Big Bang, sia esistito qualcosa, la dimensione tempo stessa, non sappiamo, né forse sapremo mai. Tutto ciò non stimola la mia sempre viva curiosità conoscitiva; certamente, però, spunterà un folto gruppo di buontemponi che, definendosi disinvoltamente conoscitori di tutta la verità, cercheranno, attraverso la logica baraccone da fiera, di spargere predicozzi sul periodo vuoto, proprio come un beduino del deserto detterebbe regole per catturare orsi polari. Circa 13 miliardi di anni fa, ci fu una prima rivoluzione, la formazione cioè di strutture che chiamiamo atomi (a-tomos, senza tomi, non suddivisibile), che formarono poi delle molecole. Per capire più in profondità, non necessita alcuna magia né l'intervento di qualche istrione, ma solo la presenza di un’altra disciplina amica, la chimica (chymia, dal verbo fondere, scorrere), liberata dai suoi inizi al-chemici (al, il, da cui il termine di origine araba). Una successiva rivoluzione, intorno a 4 miliardi af, durante la quale alcune molecole si combinarono venendo a formare strutture particolarmente complesse chiamate organismi. Moltissimo tempo dopo, circa 6 milioni af, ci fu una separazione tra scimpanzé ed umani e quest’ultimi cominciarono ad osservare il cielo, sede poi presunta, per millenni, di divinità varie, ma anche di oggettistica la più disparata, a seconda delle particolari inclinazioni degli inventori. Spuntarono anche qui dei figuri del tutto inclini a prendere per i fondelli la fascia più ignorante del cosiddetto homo sapiens, l’homo primordialis cioè. Si fanno chiamare astrologi, quelli che danno luogo a speculazioni ridicole e infantili intorno agli astri i quali, poveretti, assistono stupiti e stomacati! Ma, per fortuna, molti di noi hanno cominciato a capire ed amare l’astronomia (astron nomos, leggi relative al movimento delle stelle). Circa 300.000 af ci fu una importantissima rivoluzione: l’uso quotidiano del fuoco. Poi, intorno a 70.000 af, gli organismi appartenenti alla specie homo sapiens cominciarono a formare strutture molto elaborate chiamate culture, che apportarono grandissimi cambiamenti. La rivoluzione agricola partì intorno a 12.000 af e introdusse domesticazione delle piante e degli animali, dette luogo ai primi insediamenti permanenti, ad una catena inesauribile di attività e scoperte ed anche alla creazione di manifatture artigianali. Poi (5000 af) prime forme di scrittura, prime monete, prime religioni politeiste. La rivoluzione cristiana (2000 af), quella islamica (1400 af), 500 af la rivoluzione scientifica,
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Giampiero RASPETTI
200 af, quella industriale. Si può adesso chiaramente osservare come le cosiddette rivoluzioni adducano conseguenze durate, dapprima millenni, poi secoli, poi solo decine di anni. Attualmente il problema è molto diverso e, per tutti noi, drammaticamente accelerato! Adesso i cambiamenti si sviluppano e generano ripercussioni nei brevissimi periodi: un mese o, anche, solo qualche giorno! Se non saremo in grado di capire e di utilizzare bene, almeno in parte, la grandissima rivoluzione in atto, saremo destinati ad operazioni minime, di pura sopravvivenza. La vita reale niente ha a che vedere con le forme eterne, presenze di un mondo intelligibile che pretende di ridurre quello sensibile a copia di una esistenza che sta altrove. Platone (Timeo, V, 28a) afferma: Tutto quello che nasce, di necessità nasce da qualche cagione, perché è impossibile che alcuna cosa abbia nascimento senza cagione. Questo dogma (vera e propria tautologia) si cerca ancora di inculcare nella mente degli sprovveduti, anche se la scienza lo ha da tempo falsificato, dimostrando chiaramente come tutto possa nascere spontaneamente. Dobbiamo ad Aristotele, uno dei più grandi pensatori di tutti i tempi, la forma conoscitiva che l’uomo ha poi seguìto in tutto il suo corso vitale e in tutte le rivoluzioni che ha attraversato. Lo stagirita riporta sulla terra quello che il suo maestro aveva posto nell’iperuranio (iper, sopra - ouranos, cielo stellato) e indica come realtà vera quella che noi tutti percepiamo attraverso i sensi: Tutti gli uomini sono protesi alla conoscenza, ne è un segno evidente la gioia che essi provano per le sensazioni, giacché queste sono amate di per sé, e più di tutte le altre è amata quella che si esercita mediante gli occhi (Metafisica, A, 980). Oggi chi vuol capire quello che è avvenuto, ricorre ad una disciplina stupenda, la fisica (phýsis, studio della natura corporea), i cui inizi sono stati lungamente scritti proprio dal fondatore del Liceo. Socrate, Platone, Aristotele: quanto ho dialogato con loro! Ma ancor più con Pitagora, filosofo, matematico, astronomo, politico, profeta, taumaturgo, che non ha mai smesso di influenzare tutti e che oggi balza ancor più prepotentemente agli onori delle cronache mondiali. Pitagora (Pitius agorà, voce di dio, figlio di dio) ordinò tutto l’esistente sotto unica regìa, quella del numero. Tutte le cose conosciute posseggono un numero e nulla possiamo capire con la ragione senza di questo. L’Uno è il fondamento di tutte le cose (Filolao). Chiamò questo ordine numerico cosmos (cosmo, cosmetica). Ebbene sì, oggi qualsiasi pur piccolo elemento esistente (fenomenico o, come dirò, noumenico) è univocamente rappresentabile da numeri! Digitalizzazione è adesso il suo nome!
Non solo logica e analisi numerica compiono passi da gigante; un’altra disciplina, completamente libera da retaggi mistici o truffaldini, si impone sempre più. Mi riferisco alla biologia (bios logos, studio della vita) che oggi arriva a concepire gli organismi come algoritmi1 biochimici2, trasformando così, con il conforto della matematica, il mondo reale. Oggi la digitalizzazione (digit, cifra, da digitus, dito) riesce ad interpretare rigorosamente sia gli algoritmi biochimici sia quelli matematico-digitali. Micro e macro organismi, masserie e città, semplici idee o corposi teoremi rappresentano solo differenti oggetti, tutti rappresentabili numericamente e quindi omologabili come dati. È bene ricordare, al proposito, Leibniz: Quando sorgeranno controversie sarà sufficiente che due filosofi si dicano: calculemus! [non decidemus!] (De arte combinatoria, 1666). Fin quando l’empiria dei dati era controllabile, abbiamo ricavato conoscenza dai dati stessi, proprio come suggerito da Pitagora e da Aristotele e da tale conoscenza è derivata l'attività intellettuale che ha accresciuto benessere per l’umanità. Adesso però i dati sono tanti, troppi e, per effetto delle limitate possibilità cerebrali dell’uomo, si pensa possa essere quasi impossibile saperli governare tutti. Sta allora nascendo l’esigenza di affidare scienza e conoscenza ad algoritmi digitali, le cui capacità eccedono di gran lunga quelle del cervello umano. Chi muove la ruota dei cambiamenti concepisce ormai l'economia come una macchina per raccogliere dati, con particolare relazione alle necessità e ai desideri stessi, al fine di trasformare, questi dati, in decisioni operative. Dubbi e perplessità incalzano: saranno molti i centri di elaborazione e i relativi concessionari di conoscenza o ne resterà uno solo? È questo lo stesso problema che presenta la politica, la rivalità cioè tra chi sostiene più e chi meno Stato! Io propendo per una elaborazione dati distribuita in innumerevoli centri, non centralizzata: non sono con Orwell e il suo Grande Fratello. Sull'immenso problema però non si può far finta di niente. La separazione tra uomini e macchine si fa sempre più labile e sarà in grado di scompaginare la vita umana stessa! Per la crescita di un territorio, la cosiddetta banda larga e i livelli di connessione conseguibili, sono oggi comunque essenziali, al pari del bisogno stesso di ossigeno e del relativo abbattimento della CO2. 1 Algoritmo è un elenco di prescrizioni, una ricetta, se vogliamo. Questo nome è un enorme dono che abbiamo ricevuto da Leonardo Fibonacci allorché importò dall’Arabia (anno 1202) la numerazione posizionale (diffusa da noi solo 250 anni dopo, in quanto, provenendo dal coltissimo mondo arabo, non fu accettata, fino al limite del possibile, dal cattolicesimo) e l’algebra stessa (al giabr, il porre - nei due piatti della bilancia), insieme al ricordo del suo grandissimo autore, Abū Jaʿfar Muḥammad ibn Mūsā alKhwārizmī, matematico, astronomo geografo persiano, in onore del quale, si coniò poi, in Italia, la parola algoritmo, sostantivo oggi tranquillamente conosciuto e diffuso. 2 La biochimica studia le reazioni chimiche che danno origine alla vita, quindi indaga la struttura e le trasformazioni dei componenti delle cellule e la loro funzione all’interno degli organismi; descrive quindi alcune procedure per lo sviluppo della vita.
La digitalizzazione ci porterà verso un nuovo universo di condivisione generalizzata, come il commercio on line, il finanziamento collettivo, il coinvolgimento della folla per raggiungere un obiettivo comune ed anche verso nuove forme di creatività e di intelligenza collettiva. Ma, ancor prima che la rappresentazione digitale prenda totale sopravvento, occorre capire e, soprattutto, prevenire. C’è, in particolare, qui in Terni, da promuovere nuove attività lavorative ed assistere chi ancora cerca di operare in quelle che i nuovi tempi stanno dissolvendo. Serrande ultraserrate, aziende falliscono, aziende licenziano. E, ancora, negozi e attività varie in procinto di chiudere. Elargiamo ricchezza, molta, ad altre città per l’Università dei nostri figli che, acquisita la laurea, non troveranno mai lavoro in Terni. Negozi e appartamenti vuoti deprezzano tutto e ci procurano danni enormi, da anticamera di un fallimento totale. La situazione peggiorerà ancora, purtroppo, ma è certo che la digitalizzazione, a condizione che ci siano persone responsabili in grado di intuire il futuro e che, al contempo, non diano luogo a sciocchezze fuorvianti e a varie amenità, favorirà terre come le nostre in cui, accanto alla possibilità di rispondere degnamente ai nuovi lavori e alle nuove professioni, si ha la felice opportunità di vivere bene anche l’altra parte che ci distingue come esseri umani, la convivialità. Sono dunque molti i nuovi fronti sui quali intervenire, mentre i tempi e i prodotti dei datisti o digitaliani ci assediano. Dobbiamo, però, intervenire subito e insieme. Chi ha lana filerà, chi non ha lana filerà via, fatalmente e finalmente! La digitalizzazione sarà particolarmente utile per noi, proprio perché, grazie ad essa, potremo seguire lavoro e azienda, mentre respiriamo aria pulita, davanti a paesaggi mozzafiato o mentre cerchiamo funghi o tartufi. L’attrattività del nostro territorio assumerà dunque connotati pratici, che si aggiungeranno a quelli arcadici, paradisiaci, romantici. Ma si avrà ancora bisogno di cultura, socievolezza, sacralità, cordialità, buon cibo, tranquillità, proprio tutto quello che il generoso gruppo di studio e di ricerca che mi onoro di coordinare individua, classifica e disegna mentre elabora e prospetta il futuro di Terni e della sua terra, quella del vero Valentino. Proprio qui, nel nostro territorio, ci saranno i massimi effetti della digitalizzazione, perché qui si vive nel sole, contornati da ambienti incontaminati, quelli stessi che favorirono la presenza dei tanti monaci per formare la nuova Tebaide. E, se saremo in grado di capire l’assoluto pregio delle nostre ricchezze, assisteremo, proprio qui, nella rinnovata Valle Incantata, qui, nella terra di Valentino, ad una moderna immigrazione, non solo di amati fraticelli, ma di pregiatissime famiglie, intelligenti imprenditori, colti turisti. Che Valentino e la digitalizzazione siano con noi!
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“CHISSÀ PERCHÉ DOBBIAMO USARE TUTTE QUESTE PAROLE INGLESI?”
C Alessia MELASECCHE alessia.melasecche@libero.it
orre l’anno 2021, è il 12 marzo per la precisione, al centro vaccinazioni di Fiumicino, quando il premier Mario Draghi, dopo aver parlato di “smart working” e “baby sitting”, smettendo di leggere quanto preparato, alzando lo sguardo dal testo, ha pronunciato la fatidica domanda. Quesito spontaneo, esposto ad alta voce in difesa della nostra bellissima lingua, ma la cui risposta, va ben oltre le questioni meramente linguistiche. Purtroppo, infatti, non è solo necessariamente per poca attenzione all’italiano e neppure per darci un tono che usiamo tutte queste parole straniere. La verità è che le altre nazioni importano dalla nazione più all’avanguardia le attività e le innovazioni, e insieme a queste, anche la terminologia. In siffatto modo, la nazione all’avanguardia diffonde e fa conoscere anche la sua lingua nel mondo dato che nomina sunt consequentia rerum, ovvero i nomi sono conseguenza delle cose, citando Dante che a sua volta si rifà a Giustiniano. Dopo la II Guerra Mondiale, gli Stati Uniti d’America si sono imposti tra le nazioni più sviluppate dal punto di vista scientifico e tecnologico. In questi due campi la lingua di riferimento è l’inglese e questo è evidente, per citarne alcuni, nel settore dell’informatica e dei computer (mouse, scanner, modem, file, etc.) o dei trasporti aerei (terminal, jumbo, jet, etc.). Di esempi se ne possono fare a bizzeffe. Ad esempio, Internet: letteralmente vuole dire “rete di reti” perché collegava tra loro reti diverse, ma in italiano è rimasto Internet. Venti anni più tardi arrivava il “world wide web”, che ci siamo ben guardati dal tradurre con “la grande ragnatela mondiale”. Che dire dello smartphone? Inopportuno chiamarlo “telefono intelligente”. Se ad essere intelligente è l’apparecchio che dire di chi lo utilizza? Non proprio un riconoscimento al merito dell’intelligenza umana. La startup, non è “l’inizio di qualcosa”, ma una nuova impresa che presenta una forte dose di innovazione e che è configurata per crescere in modo rapido.
Come lo vogliamo dire in italiano? Startup, è facile e chiaro nell’identificare un fenomeno specifico, e per fortuna, sempre più ricorrente anche nel nostro Paese. Non solo l’inglese per la verità. Nel settore della moda e della cucina è molto presente la terminologia francese, perché la Francia vanta, nel settore, una certa fama. Ecco come si spiega il fatto che quando parliamo di moda e di bellezza (tailleur, foulard, collants, boutique, eau de toilette, etc.) o di cucina (champagne, omelette, chef, menu, dessert, brioche, etc.) è facile incontrare parole francesi. D’altra parte, gli inglesi e gli americani non sono in alcun modo turbati dal dover ordinare pasta e pizza, o dal chiedere un tiramisù al ristorante, ovviamente chiamarlo con il nome giusto non implica che anche il sapore lo sia! Non c’è solo la cucina ovviamente dalla nostra: il teatro, la musica classica e l’opera sono caratterizzati da moltissime parole italiane a cominciare dal “bravo” con cui il pubblico saluta gli interpreti o “maestro” e lo stesso per l’architettura (belvedere, chiaroscuro, etc.). Insomma, volendo provare a dare una risposta costruttiva, dovremmo dire: tutte queste parole straniere si riferiscono a “cose” che non abbiamo inventato noi, le abbiamo adottate, denominazioni comprese.
La verità è che le altre nazioni importano dalla nazione più all’avanguardia le attività e le innovazioni, e insieme a queste, anche la terminologia.
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Le donne “cappone” peruviane chiedono giustizia I
Francesco PATRIZI
l calvario di Maria Elena, una ragazza peruviana di 26 anni, è cominciato dopo il parto del quarto figlio; ha avuto dolori lancinanti al ventre, un forte squilibrio ormonale, attacchi d’ansia ed è caduta in depressione. Quando è andata dal medico del suo villaggio, ha scoperto che, a sua insaputa, i medici dell’ospedale in cui si era recata per partorire le avevano legato le tube rendendola sterile. Il marito non le ha creduto, l’ha accusata di essersi fatta operare per poterlo tradire e l’ha cacciata di casa insieme al neonato e agli altri tre figli. Maria Elena non lo sapeva ancora, ma era rientrata nel programma per il controllo delle nascite inaugurato nel 1996 dal presidente del Perù Alberto Fujimori. Secondo i dati raccolti da una commissione parlamentare, 346.219 donne, per lo più native di madrelingua quechua, sono state sterilizzate senza che avessero dato il loro consenso (sono stati sterilizzati anche 24.535 uomini). Vi sono prove evidenti che il personale medico aveva ricevuto pressioni per raggiungere determinate quote di sterilizzazioni e che tante donne, in stato di miseria e di ignoranza, erano state costrette ad autorizzare l’intervento in cambio di cibo e denaro; almeno 18 sono morte dopo l’operazione. Nei villaggi sulle Ande, le donne sterilizzate sono state soprannominate, in senso dispregiativo, “capponi”, hanno avuto problemi di salute, non sono più riuscite a lavorare nei campi né a stare
sedute al telaio, molte hanno contratto infezioni e sono morte dopo aver subito interventi di fortuna in sale operatorie improvvisate dove veniva loro somministrato l’anestetico per gli animali. Molte organizzazioni per i diritti umani si sono battute perché le sterilizzazioni forzate fossero considerate un crimine contro l'umanità, dopo una lunga battaglia, nel 2015 hanno ottenuto dal governo peruviano la creazione del Registro delle vittime (Reviesfo) in cui sono state iscritte almeno 7.000 donne, alle quali è stato promesso un sostegno psicologico e sanitario che in larga parte non è stato realizzato. L’ex presidente Fujimori, ultraottantenne, si trova attualmente in carcere per scontare una pena di 13 anni a cui è stato condannato per corruzione e crimini contro l’umanità; a gennaio 2021 c’è stata l’udienza del processo per le sterilizzazioni, ma per motivi di salute non ha partecipato, lo stato avanzato dell’età e le precarie condizioni fisiche lo hanno esentato, finora, dal portare la sua testimonianza. Nel 2018 Maria Elena ha fondato l'Associazione delle Vittime delle Sterilizzazioni Forzate (Avez) di Lima e Callao, ha raccontato in un’intervista ad Avvenire: "una delle mie associate è stata sterilizzata a 18 anni, aveva un solo figlio. Il marito l'ha lasciata e lei non ha più trovato un compagno perché non poteva dargli una famiglia. Non è solo quello che ci hanno fatto, ma quello che abbiamo dovuto vivere".
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Viviamo in un mondo che cambia
Non ho tempo di pensare al TEMPO N
Enrico SQUAZZINI
ell’era moderna molte nostre abitudini sono etichettabili come autentici paradossi. Tale sembra rivelarsi anche il modo in cui ci rapportiamo con il tempo. Ignoriamo cosa realmente il tempo sia. Prendiamo ad esempio due diverse situazioni che, probabilmente, solo in apparenza, si collocano agli estremi opposti. Da un lato esprimiamo il tempo in termini matematici per descrivere alcuni aspetti naturali del nostro mondo, dall’altro ne viviamo gli effetti direttamente sulla pelle nel corso dell’esistenza come condizione assolutamente insidiosa. Entrambi i casi esprimono rigidamente l’evidenza che tale misterioso elemento scandisce la nostra esistenza determinandone, in qualche modo, gli andamenti. Così avviene anche nel mondo in cui siamo immersi completamente. Aggiungerei che questo rapporto di dipendenza è particolarmente evidente da quando l’uomo è in grado di selezionare le proprie azioni influenzando i meccanismi naturali. In questa ottica il tempo diviene un elemento ancor più fondamentale per la nostra vita, risultando quelle azioni un anomalo “disturbo di fondo” in grado di alterare, di fatto, l’andamento generale anche del tempo. Pur ignorandone l’essenza, il nostro rapporto con il tempo si fa sempre più conflittuale nel tentativo di eluderlo in tutti i modi. Qualche esempio? Tentiamo di celare i chiari segni del suo trascorrere sul nostro aspetto fisico o sulle funzioni fisiologiche. Ci sforziamo di accorciare sempre più i tempi necessari a realizzare determinate cose per soddisfare talune esigenze, anche con la pretesa di piegare gli imprescindibili tempi dei meccanismi biologici nel tentativo di adattarli ai nostri scopi. Insomma, una gara sfrenata a bruciare le tappe nella pretesa di dettare una nostra versione del tempo, personalizzata, all’interno di un mondo completamente a nostra immagine. Ovviamente totalmente avulso dal contesto naturale. Ma perché insistere nello sforzo di eludere qualcosa di ineludibile?! Tale bizzarra pretesa è chiaramente percepibile anche nell’ambito dell’attuale fenomeno pandemico, nella gestione delle strategie di contrasto e, per certi versi, anche nell’agghiacciante gestione dei vaccini. Sta di fatto che in tutto il teatrino della tragedia pandemica il vero problema, ovvero il rapporto marcio con la gestione dei problemi ambientali sicuramente causa scatenante del fenomeno, persiste in un contesto di piena ed intenzionale sottovalutazione. Credo sinceramente che siamo al cospetto di atteggiamenti non più dal sapore paradossale bensì, molto più semplicemente, dettati da pura stupidità e cialtroneria. Ora è chiaro dove risiede il vero conflitto fra l’espressione della condizione umana e tutto il resto. Ci percepiamo convintamente come condizione esterna dal contesto naturale sentendoci totalmente fuori luogo e privi di una vera identità. Incapaci di riconoscere serenamente la nostra reale condizione di ennesima espressione, al pari di molte altre, di un complesso sistema naturale. Un vero mistero. In realtà, non ci manca il tempo di pensare al tempo, piuttosto siamo vittime della nostra disperazione nel far finta che esso non esista. Sembra cosa da niente, ma questo atteggiamento tende a minare, anche inconsapevolmente, le basi dell’esistenza biologica. Peraltro, dal lato psicologico, appare una condizione devastante. La vera notizia è che il tempo è sempre lì, implacabile, mentre si aggrava la difficoltà nel trovare una nostra dimensione la quale, distribuita nel tempo, ci consenta l’accesso ad un futuro più sereno nella nostra sempre più difficile avventura su questo sasso spaziale.
Il nostro rapporto con il tempo si fa sempre più conflittuale nel tentativo di eluderlo in tutti i modi.
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CITTADINI CREATIVI, AUTONOMI e SOLIDALI N
Valeria IACOBELLIS
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ella mia costante ricerca dei segnali della Nuova Superiore Civiltà all’interno della piccola realtà ternana, ho fatto la conoscenza con i volontari dell’Associazione Bruna Vecchietti. Mi ha colpito particolarmente, nell’operato di questi volontari, l’aspetto della solidarietà, come valore fondante della comunità, intesa come gruppo di persone autonomamente organizzate intorno ad un obiettivo comune di aiuto verso il prossimo, in aperta opposizione con l’attuale disarticolazione della società moderna, i cui individui, governati dalla sottocultura della paura e dell’odio per il diverso, sono sempre più separati dalla natura, dalla relazione autentica con i propri simili e quindi con se stessi e la propria essenza umana. Bruna Vecchietti era una donna speciale, un’avanguardista dell’emancipazione femminile. Negli anni cinquanta è stata una delle prime donne a Terni a guidare l’automobile. Era abituata a spostarsi in Vespa per la città. Rimasta vedova molto giovane prese in gestione la scuola di dattilografia/stenografia del marito, riconosciuta a livello locale come una delle prime scuole professionali e di formazione dedicata soprattutto alle donne in cerca di un’occupazione e di emancipazione. Ultimo desiderio prima di morire è stato quello di destinare il proprio patrimonio ad opere di bene a vantaggio della comunità ternana. I figli decisero quindi di fondare nel 2010 un’associazione di volontariato dedicata alla memoria di questa donna straordinaria, con l’obiettivo di promuovere svariate attività a supporto dei più bisognosi e contestualmente diffondere una
cultura di autentica solidarietà, lotta agli sprechi ed economia circolare. In primo luogo le persone da aiutare vengono accuratamente selezionate in modo imparziale attraverso l’esibizione di certificazione ISEE. A queste persone vengono assicurati aiuti di diverso genere, mediante la raccolta di generi alimentari di prima necessità o prodotti per l’igiene personale o indumenti. L’associazione attualmente conta circa 300 tesserati, i cui membri più attivi sono quasi tutti pensionati impegnati nell’aiuto ad individui e famiglie indigenti attraverso quattro diversi canali e varie ramificazioni. Uno dei primi canali attivati dall’Associazione per finanziarsi è stato quello della raccolta di materiali riciclabili (in prevalenza lattine e tappi di plastica e sughero), con il duplice scopo di promuovere la solidarietà e la tutela dell’ambiente. Infatti il ricavato delle raccolte di materiali è sempre utilizzato per l’acquisto di generi di prima necessità. L’associazione distribuisce i contenitori grandi e piccoli in attività commerciali specifiche, ma anche nelle scuole e presso le famiglie che ne fanno richiesta. Il secondo strumento dell’associazione riguarda la promozione delle raccolte alimentari presso i maggiori centri commerciali cittadini. Il terzo canale di finanziamento, che è anche connesso con il decoro urbano, spesso in collaborazione con i gruppi civici Mi Rifiuto e Retake per la pulizia delle aree, è il ripristino cittadino degli angoli abbandonati attraverso i murales. In molti avranno senz’altro notato il recupero di sottopassi grigi e sporchi, di edifici pubblici e scuole attraverso vere e proprie opere d’arte allegre e colorate, realizzate da una nota artista locale, Simona Angeletti, che ha anche il privilegio di essere la nipote di Bruna Vecchietti. L’associazione ci mette il progetto, che il Comune autorizza, i colori e la manodopera, in cambio di raccolte alimentari da destinare sempre alle famiglie indigenti. Infine il quarto strumento di sostegno è costituito dalla creazione di tre gruppi Facebook Te lo regalo se viene a prenderlo Terni (che conta circa 23 mila iscritti), Metti tu che metto anch’io e Chi cerca trova! Terni, con cui l’associazione si propone di diffondere la cultura del recupero, del riutilizzo, del riciclo delle cose o del semplice baratto, per scambiare indumenti od oggetti di qualsiasi tipo ed in buono stato con generi alimentari e di prima necessità da destinare agli scopi principali dell’associazione. Ringrazio con tutto il cuore questi cittadini creativi, autonomi e solidali, perché sono l’esempio tangibile di una civiltà superiore, su cui modellare i valori della nostra collettività in vista di un’auspicata Rinascita Culturale della nostra amata città.
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TERNI POST COVID Dinamica, digitale e green Intervista al Sindaco Latini Massimo COLONNA
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Nel prossimo futuro Terni dovrà affrontare l’onda lunga della pandemia, che porterà con sé effetti negativi anche sul fronte occupazionale e commerciale. Basti pensare che il 2020 ha contato, in base al Documento Unico di Programmazione comunale, seimila posti di lavoro persi. In questo contesto si inserisce anche la spinta alla digitalizzazione dei servizi, che investe ormai l’intera società. Di recente sono stati resi noti i progetti che il Comune punta a inserire nel Piano Nazionale Ripresa e Resilienza: è proprio il PNRR la base per il rilancio della città? Quali sono le strategie generali della giunta per affrontare il prossimo futuro? Il PNRR è sicuramente un’opportunità importantissima che abbiamo cercato di cogliere con grande impegno, presentando 23 progetti per Terni. Non si tratta però di idee e di progettualità nate dal nulla, o pensate esclusivamente per il Piano nazionale. Sono invece progetti che si inseriscono pienamente nella nostra visione di città. Una visione che stiamo portando avanti fin dall’inizio del nostro mandato: una città più verde, più intelligente e innovativa e, in generale, più dinamica e attrattiva. Chiaro è che l’effetto combinato del dissesto finanziario dell’ente, insieme a quello della pandemia, non ci stanno aiutando. Con il PNRR -confidando che le risorse arrivino- avremo modo di dare le gambe in maniera molto più rapida alle nostre idee. Non a caso tra i progetti presentati in Regione ce ne sono diversi in tema di digitalizzazione. Serviranno a migliorare i servizi della pubblica amministrazione, facilitando la vita a cittadini e imprese. La pandemia, tra tanti effetti negativi, ci ha insegnato infatti come possano essere utilizzate al meglio le nuove tecnologie. E su questo ci deve essere una grande accelerazione. Naturalmente, per sostenere i nostri progetti continuiamo a cercare strade anche oltre il PNRR, attraverso qualsiasi linea di finanziamento, regionale, ministeriale, europea. È il caso, ad esempio, del progetto Hydra per la mobilità pubblica a idrogeno. Ecco, in questo settore, come pure in quello della mobilità elettrica privata, Terni si è posta all’avanguardia, anticipando addirittura le linee del Governo. In generale una Terni più verde, secondo noi, significa non solo una città meno inquinata, ma anche una città con una migliore qualità della vita e quindi
più attrattiva. Una Terni più intelligente, cioè con più servizi innovativi, con più spazi per la ricerca, come il polo scientifico che stiamo progettando a Pentima, e più inserita nei grandi processi di transizione, dovrà essere, di nuovo, una città capace di offrire lavoro e opportunità per i giovani. Quale sarà il ruolo della Regione e degli imprenditori umbri per la ripresa economica e sociale del territorio umbro meridionale? Lei, signor Sindaco, ritiene che l’impegno della Regione sia sufficiente allo sviluppo di Terni? Con la Regione dell’Umbria c’è una interlocuzione costante. Ho apprezzato e continuo ad apprezzare il fatto che la presidente Tesei abbia dichiarato -e in molte occasioni dimostrato- che all’interno dell’Umbria ci debba essere attenzione per i territori e per le loro specificità. Il dialogo dunque continuerà, confidando che le esigenze del Comune di Terni, che purtroppo nel passato sono state spesso poste in secondo piano, possano invece essere considerate col giusto riguardo nell’agenda politica regionale. Anche perché il nostro territorio è fondamentale per l’intera regione. Dialogo e collaborazione caratterizzano anche il nostro rapporto con gli imprenditori locali, nazionali e internazionali che hanno interessi nel territorio ternano. A cominciare da Ast Tk, con il cui management continuiamo a collaborare su importanti progetti, ma che sarà chiamata a gestire a breve un passaggio di proprietà che ritengo abbia una rilevanza non solo nazionale, sul quale il nostro territorio deve far sentire le proprie ragioni. Considerata la situazione economica generale e quella dell’Ente, abbiamo puntato molto anche sulle opportunità derivanti dalla finanza di progetto, coinvolgendo imprenditori nella realizzazione di opere pubbliche, come il PalaTerni e -ci auguriamo- a breve il nuovo stadio Liberati. In generale stiamo cercando di porre le basi affinché Terni possa tornare ad essere una città nella quale investire. Tutto questo lo facciamo grazie anche ad un’altra fondamentale collaborazione: quella della Fondazione Carit, con cui condividiamo una visione per il rilancio di Terni. Ritiene che la nostra città, nell’ottica anche del modello di “policentrismo urbano”, possa finalmente affermarsi come centro culturale e turistico
dell’intero territorio? Mentre Perugia e Foligno promuovono progetti per la città della scienza e della cultura, Terni sta facendo il massimo per valorizzare il suo potenziale storico, artistico e culturale? Credo che il nostro patrimonio storico, artistico, culturale e naturalistico sia di enorme rilevanza. Una rilevanza troppo spesso trascurata. Credo pure che questo patrimonio abbia bisogno di un’attenzione innovativa. Doveva cioè essere valorizzato con gli strumenti e le opportunità che la contemporaneità ci mette a disposizione e con strategie al passo con i tempi. Per questo abbiamo puntato e punteremo molto anche sulla digitalizzazione del nostro patrimonio culturale e sullo sviluppo di prodotti innovativi per la sua promozione. Questo vale per i nostri musei, come per la promozione di San Valentino nel mondo. Al tempo stesso abbiamo migliorato i servizi della nostra più grande meta turistica, la Cascata delle Marmore. Stiamo poi cercando di collegare sempre più la città al suo meraviglioso territorio con nuove infrastrutture, per farla diventare attrattiva, ad esempio, per gli sport outdoor. Il trinomio sport-turismo-cultura è dunque un’altra delle idee sulle quali puntiamo, anche in ottica infrastrutture: le ciclovie per Narni e la Valnerina, l’ascensore della Cascata e i battelli per Piediluco, il PalaTerni, il nuovo teatro Verdi e -speriamo- il nuovo stadio Liberati. La natura del centro storico è fortemente legata a due fattori: accessibilità e commercio. Quali sono i piani del Comune per Aree pedonali e Ztl e come si pone l’amministrazione riguardo alla crisi dei negozi territoriali nei confronti dell’e-commerce? Anche in questo settore la pandemia ci ha insegnato come ci debbano essere nuovi modi per vivere gli spazi urbani, i loro servizi e l’offerta commerciale. Credo che una soluzione sia quella di dare grande attenzione alle esigenze di socialità delle persone, così compresse dalla pandemia, anche attraverso il ricorso alla mobilità leggera e alle bici, senza escludere possibilità
di transito veicolare. Penso dunque a un centro che torni a essere centro, attrattivo anche attraverso un rilancio della movida che è sempre stata un fattore trainante, se vissuta con gioia e partecipazione da parte dei giovani, magari con piccoli eventi culturali. Cultura, terzo settore e volontariato possono aiutare la ripresa economica e sociale del territorio. Anche il nostro magazine ospita e promuove condivisioni di idee riguardanti progetti di sviluppo della città. Quanto è importante il dibattito culturale e come l’amministrazione pensa di poterlo valorizzare al meglio? La nostra città, anzi la nostra comunità, è caratterizzata da una grande rete di associazioni e ha sempre visto una grande attività del terzo settore. Un attivismo che si è manifestato pienamente e positivamente nel corso della pandemia e che resta il collante principale del tessuto cittadino. Lo stesso vale per le tante associazioni culturali che, pur soffrendo le limitazioni di questo bruttissimo periodo, continuano ad alimentare il dibattito. Un dibattito al quale, come amministrazione, sentiamo forte l’esigenza e il dovere di partecipare, anche attraverso iniziative che potremmo realizzare a breve, nel post-pandemia, proprio in collaborazione con le associazioni. In ultimo, come immagina Terni nell’era post-Covid? Migliore o peggiore di quella attuale? Diciamo che la pandemia nel nostro territorio ha accentuato problemi già esistenti e una situazione di crisi generale che si trascina da anni. In questo senso, oltre a essere un problema sanitario ed economico, può essere interpretata anche come una scossa. Dobbiamo muoverci, per essere sempre più dinamici e innovativi. Terni ha già dimostrato di saperlo fare in passato, risollevandosi da situazioni ben più dure. Quindi, sì, nonostante tutto, mi aspetto una Terni migliore, anche se ci vorranno ancora lavoro, sacrifici e soprattutto idee. Magari anche un po’ più di coesione verso obiettivi che vanno nell’interesse generale della nostra comunità.
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TUMORI e SCREENING Il tumore più frequente tra le donne è quello della mammella, rappresentando il 30% di tutte le neoplasie, seguito da quello del colonretto (11,2%), polmone (7,3%), tiroide (5,4%) e dell'endometrio (4,6%). (Fonte: I numeri del cancro in Italia 2020)
La prevenzione dei tumori nella donna prevede l'esecuzione di 3 screening ed è una delle priorità del Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025. TUMORE DELLA MAMMELLA Ci sono diversi tipi di tumore al seno, che possono svilupparsi in diverse parti del seno. Una prima importante distinzione può essere fatta tra forme non invasive e forme invasive. Le forme non invasive, dette anche carcinoma in situ, si sviluppano nei dotti e non si espandono al di fuori del seno. Difficilmente questa forma dà luogo a noduli palpabili al tatto, più spesso viene identificata attraverso la mammografia. La più comune forma di carcinoma in situ è il carcinoma duttale in situ. Il cancro al seno invasivo ha la capacità di espandersi al di fuori del seno. La forma più comune è il carcinoma duttale infiltrante, che rappresenta circa i 3/4 di tutti i casi di cancro della mammella. Il cancro al seno può diffondersi ad altri organi, in genere attraverso i linfonodi. Raramente dà dolore. Spesso il primo sintomo riconoscibile è un nodulo o un’area ispessita nel seno. Per fortuna la maggior parte dei noduli, circa il 90% non sono forme tumorali.
TUMORE DELLA CERVICE UTERINA Il tumore è causato da una infezione persistente da papillomavirus umano (HPV), trasmesso per via sessuale e molto frequente soprattutto nelle giovani. La maggior parte delle infezioni regredisce spontaneamente; quando l’infezione persiste nel tempo, si formano lesioni nel collo dell’utero, che possono evolvere in cancro. Il rischio di cancro dipende fortemente da alcuni tipi ben identificati di virus HPV, ma è favorito da: scarso accesso alla prevenzione, numero di partner, giovane età di inizio dell’attività sessuale, stati immunodepressivi, fumo di sigaretta e contraccezione ormonale. In tutti i tre tumori l’arma più efficace è rappresentata dalla diagnosi precoce: Fare controlli clinici periodici e strumentali nel caso della mammella aderendo a programmi di screening organizzato (ogni 2 anni) o spontaneo ogni 12/18 mesi secondo il livello di rischio, fare la ricerca del sangue occulto nelle feci ogni 2 anni o la rettocolonscopia periodica nei soggetti a rischio, fare il PAP test o l’HPV DNA test ogni 3/5 anni secondo i fattori di rischio.
TUMORE DEL COLON-RETTO Il cancro del colon-retto rappresenta la seconda neoplasia nelle donne (11,2%) e la terza negli uomini (12%). (Fonte: I numeri del cancro in Italia 2020)
Il tumore è dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa che riveste l’ultima parte dell’intestino. La neoplasia è spesso conseguente ad una evoluzione di lesioni benigne (polipi adenomatosi) della mucosa dell’intestino, che impiegano un periodo molto lungo (dai 7 ai 15 anni) per trasformarsi in forme maligne. I sintomi iniziali sono rappresentati dalla presenza di sangue nelle feci e da una modificazione persistente delle evacuazioni intestinali.
Direttore Sanitario
Dott.ssa Lorella
Fioriti
Specialista in Radiodiagnostica, Ecografia, Mammografia e Tomosintesi Mammaria
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LA LESIONE DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE DEL GINOCCHIO
L
’articolazione del ginocchio è la più grande e complessa dell’arto inferiore. Alla sua stabilità contribuiscono numerosi muscoli e numerosi legamenti tra i quali i legamenti crociati, anteriore e posteriore, che ne costituiscono il fulcro centrale. Essa è, allo stesso tempo, l’articolazione più sollecitata del corpo umano e può frequentemente essere sede di lesioni a causa di eventi traumatici improvvisi o microtraumi ripetuti nel tempo, sia nella vita lavorativa che nelle attività sportive. La LESIONE del legamento crociato anteriore, ad esempio, è molto più frequente di quella del posteriore e si realizza per sollecitazioni in rotazione o iperestensione; questi meccanismi traumatici sono frequenti durante la pratica di alcuni sport quali il calcio, lo sci, la pallacanestro, la pallavolo. Una volta lesionato il legamento crociato anteriore non può guarire spontaneamente, questo favorisce la
lesione dei menischi, degli altri legamenti e della cartilagine e conseguentemente la progressiva usura dell’ articolazione. I problemi del ginocchio sono spesso diagnosticati e curati con l’ARTROSCOPIA, una tecnica che permette al Chirurgo Ortopedico di vedere chiaramente all’interno del ginocchio attraverso incisioni di 4 mm e di eseguire interventi. L’artroscopia viene effettuata in anestesia generale o spinale o locoregionale o locale. Il ginocchio viene dilatato con liquido sterile (soluzione fisiologica) in modo da permettere la valutazione dell’articolazione e di effettuare degli interventi. Successivamente il paziente effettua un programma riabilitativo che ha lo scopo di recuperare progressivamente l’escursione articolare, la forza muscolare e la coordinazione. La ripresa dell’attività sportiva è in genere possibile tra i quattro e i sei mesi.
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CICLO e CAMBIO DI STAGIONE Che non esistano più le mezze stagioni non è solo un modo di dire, perché i cambiamenti repentini di temperatura degli ultimi anni sono un dato di fatto e non bisogna certo essere meteoropatiche per risentire fisicamente dei cambi stagione. Uno dei segnali più frequenti di squilibrio fisiologico nelle donne è senza dubbio l’alterazione del ciclo mestruale, con variazioni temporali nella comparsa delle mestruazioni (in anticipo, in ritardo o addirittura con l’assenza per un intero mese). Ma è colpa del tempo? Ni. Il nostro corpo è un meccanismo particolarmente flessibile e capace di adattarsi alle situazioni ambientali abbastanza in fretta, ma è normale che più il cambio di “habitat” è drastico, più il sistema ne subirà le conseguenze. Durante periodi di debilitazione fisica o particolare stress (dovuti a problemi personali, situazioni lavorative difficili o anche -paradossalmente- vacanze molto ‘attive’), l’ovulazione può subire un ritardo o non avvenire affatto incidendo anche sui sintomi della sindrome premestruale, intaccando il ritmo sonno-veglia e con esso la mancanza di energia e gli sbalzi di umore. Dolori Mestruali e cambio di stagione Molte donne sostengono anche di percepire un complessivo aumento del
DR.SSA GIUSI PORCARO Specialista in Ginecologia ed Ostetricia
dolore mestruale durante i cambi di stagione. Per alleviare questo disturbo si possono adottare alcune piccole strategie: • Fare attività fisica, anche blanda, ma farla: le sostanze prodotte dal movimento rilassano le pareti dell’utero e contribuiscono a un complessivo senso di benessere. • Mangiare bene e spesso. Invece di grandi pasti meglio piccoli spuntini che aiutano la regolarità intestinale e l’equilibrio energetico. • Evitare il caffè e le bevande stimolanti che tendono a contrarre invece di rilassare. • Introdurre nella vostra dieta cibi ricchi di magnesio come spinaci, fagioli, frutta a guscio e carciofi, sostanza quest'ultima che aiuta a rilassare e a disinfiammare. STUDIO CAPALDI - Via I Maggio 40 - Terni (0744 405187) COMEDICA - Via Gabelletta, 147 - Terni (0744 241390)
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AZIENDA OSPEDALIERA S
IL SANTA MARIA PROGRAMMA LA RIPARTENZA CHIRURGIA AL 70%, I PROGETTI PER L’OSPEDALE DI NARNI All’evento hanno preso parte il dottor Pierluigi Marini, presidente Nazionale ACOI, il quale ha auspicato “un piano Marshall per la sanità, per ovviare ai danni prodotti dal Covid”, mentre per la Regione Umbria sono intervenuti il dottor Luigi Rossetti, la dottoressa Paola Casucci e la dottoressa Enrica Ricci. Presenti al webinar anche i direttori di Chirurgia Generale di Città di Castello, il dottor Maurizio Cesari, di Perugia, il dottor Paolo Baccari, di Orvieto, il dottor Massimo Buononato, e di Foligno, il dottor Graziano Ceccarelli. Dott. Marsilio FRANCUCCI Direttore S.C. Chirurgia Generale Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni
Come far ripartire a pieno regime le attività chirurgiche, abbattendo le difficoltà emerse durante la pandemia e rilanciando le intese sul territorio. L’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni parte da un dato: ad oggi gli interventi chirurgici sono ripresi al 70%. Il dato è emerso dal webinar del 16 aprile scorso intitolato “La chirurgia in tempo di Covid in Umbria: ostacoli da abbattere per riprendere la nostra attività”, organizzato dall’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (ACOI), in collaborazione con la Società Italiana Medici Manager. Il convegno, ideato e moderato dal dottor Marsilio Francucci, Coordinatore Regionale ACOI e direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Degenza BreveUnità di Day Surgery presso l’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, nonché direttore della Scuola Speciale ACOI di Chirurgia Ambulatoriale e Day Surgery, ha analizzato la capacità di resilienza del Sistema Sanitario Umbro a fronte del forte stress rappresentato dalla pandemia.
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I NUMERI - Alcuni dati emersi: in Umbria nel 2020 si è assistito a una riduzione complessiva dei ricoveri del 21.1%, riduzione che sale al 33.8% nei reparti chirurgici. I ricoveri in regime ordinario hanno subìto un decremento del 22%, mentre quelli in regime di Day Surgery del 38.2%. I ricoveri programmati si sono ridotti del 14% e i ricoveri programmati con preospedalizzazione del 37.6 %, mentre quelli in urgenza del 9.5%. La riduzione, pur se in maniera più contenuta, ha interessato anche la chirurgia oncologica ed, in particolare, il 19.2% per la chirurgia della mammella, il 23.6% per il carcinoma della prostata, con il 28.5% per i tumori del retto, il 17.1% per le neoplasie del polmone, il 35.3% per i melanomi e il 28.6% per i tumori della tiroide. I DIRETTORI GENERALI - Di notevole interesse la sessione nella quale i professionisti si sono confrontati con i direttori generali delle quattro aziende sanitarie umbre: il direttore del Santa Maria di Terni, Pasquale Chiarelli, ha condiviso la necessità di “tornare il prima possibile ad operare e per fare ciò bisogna essere agili,
procedere alle riconversioni dei posti letto in funzione dell’andamento della pandemia, come dimostra il recente ripristino posti letto no Covid -70 di degenza ordinaria e 15 di terapia intensiva, ndr- che ha permesso una ripresa dell’attività chirurgica di circa il 70%”. Chiarelli ha poi ribadito la necessità di sviluppare un lavoro comune tra Usl Umbria 2 e Azienda Ospedaliera “per creare servizi efficienti e favorire il bene dei pazienti e dei familiari”. A tale proposito ha ipotizzato un “percorso di condivisione tra le direzioni delle due aziende, con l’obiettivo di favorire setting assistenziali appropriati che prevedano la valorizzare del presidio ospedaliero di Narni-Amelia”. Il direttore della Usl Umbria 2 Massimo De Fino ha citato i dati dell’indagine realizzata
SANTA MARIA DI TERNI dall’Agenas, che hanno evidenziato una buona resilienza dell’Umbria facendola risultare tra le prime sette regioni d’Italia. “L’Umbria ha una vocazione chirurgica che è necessario valorizzare favorendo la condivisione di percorsi assistenziali e l’efficientamento delle sale operatorie”. Un elemento fondamentale è l’integrazione: a tale proposito è significativa l’esperienza sviluppata con reciproca soddisfazione tra l’azienda Usl Umbria 2 e il Santa Maria di Terni, con la messa a disposizione dell’ospedale di Narni per la chirurgia a media-bassa complessità, liberando risorse all’interno dell’azienda per valorizzare le eccellenze. Il direttore del Santa Maria della Misericordia, Marcello Giannico, ha affermato che il Covid “ha dato una seria lezione che non dobbiamo dimenticare: innanzitutto ha evidenziato la capacità delle aziende di effettuare adattamenti repentini, esasperando anche le debolezze del sistema sanitario". In più il direttore ha evidenziato “l’asimmetria tra la formazione universitaria e il fabbisogno reale di professionalità, dimostrato dalla carenza di alcune professionalità, come gli anestesisti”. Gilberto Gentili, direttore della Usl Umbria 1, ha posto l'attenzione sulla necessità di "recuperare il ruolo dei professionisti per lavorare insieme in rete, rivedere i percorsi e differenziare le funzioni degli ospedali. La definizione del nuovo piano sanitario regionale dovrà fornire l’occasione per mettere a sistema le esperienze maturate durante la pandemia". Al termine del confronto sono state prospettate possibili soluzioni e strategie per la ripresa e tra queste la necessità di destinare una parte delle assunzioni previste nel piano pandemico per potenziare i servizi di terapia intensiva postoperatoria, l'individuazione di score che definiscano nuovi criteri per le priorità di accesso alle cure sulla base delle evidenze scientifiche, la netta separazione dei flussi nell’ambito di una rete di ospedali distinti tra Covid e ospedali Covid Free.
SCUOLA SPECIALE ACOI - Durante il webinar si è parlato anche della Scuola Speciale ACOI di Chirurgia Ambulatoriale e Day Surgery, diretta dal dottor Francucci che, da oltre dieci anni, ha sede presso l’azienda ospedaliera di Terni. Si è parlato della possibilità di realizzare la parte pratica all’ospedale di Narni nel periodo in cui l’attività di medio-bassa complessità non viene svolta a Terni. Il dottor Claudio Nazzaro, coordinatore scientifico, ha ricordato gli obiettivi della Scuola, ossia stimolare l’adozione diffusa degli strumenti della clinical governance, e approfondire le tecniche chirurgiche ed anestesiologiche per le principali patologie trattabili in Day-Week Surgery, con particolare riferimento alla chirurgia delle ernie inguinali, della parete addominale ed alla colonproctologia. Allo stato attuale, la convenzione tra l’azienda ospedaliera di Terni e l’Usl Umbria 2 ha consentito l’avvio di una proficua collaborazione tra le équipe chirurgiche delle due aziende, presupposto fondamentale per consentire la frequenza dei discenti della Scuola in sala operatoria e nel reparto di degenza. L’OSPEDALE DI NARNI - Durante la pandemia l’azienda ospedaliera di Terni, essendo Dipartimento di Emergenza Urgenza e Accettazione (DEA) di secondo livello, ha gestito i pazienti Covid, garantito l’attività chirurgica ad elevata complessità (oncologica e non), il trattamento delle patologie tempo dipendenti, gli interventi in regime di emergenza/urgenza e quelli non procrastinabili, per i quali erano richiesti i servizi presenti solo in un DEA di secondo livello. Per questi motivi si è reso necessario sospendere gli interventi di medio/bassa complessità, rimodulare, fino a sospendere l’esecuzione delle attività chirurgiche non urgenti procrastinabili e chiudere temporaneamente l’Unità di Day Surgery, all’interno della quale afferivano tutte le altre Unità Operative chirurgiche. A seguito della convenzione stipulata con la Usl Umbria2 è stato sottoscritto un protocollo d’intesa con l’obiettivo di garantire la qualità dell’assistenza, condividendo percorsi assistenziali, evitando duplicazioni e migliorando la performance organizzativa dei servizi. Per far fronte alle aumentate richieste, l’ospedale di Narni si è impegnato a recuperare risorse strutturali ed umane, saturando tutti gli spazi operatori disponibili ed in tal modo ha consentito di effettuare parte degli interventi di mediabassa complessità non procrastinabil. Il potenziamento della collaborazione tra le due aziende potrebbe portare al trasferimento di gran parte della patologia di medio-bassa complessità all’ospedale di Narni, con la creazione di un centro di formazione a valenza nazionale e contestualmente decongestionare l’ospedale di Terni, che potrebbe dedicare maggiori risorse alla chirurgia ad elevata complessità. Tale soluzione consentirebbe di superare alcune criticità come la mancanza di posti letto o la carenza di slot operatori. Nello stesso tempo permetterebbe di valorizzare tutti i professionisti coinvolti sviluppando competenze specifiche e di assicurare al paziente un trattamento personalizzato (Tailored). L’ospedale di Narni potrebbe essere individuato come polo di eccellenza per alcune patologie di media-bassa complessità, come le ernie inguinali e della parete addominale, con il risultato di migliorare gli outcome, incrementare la qualità percepita con aumento della mobilità attiva regionale ed extraregionale.
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ORDINE PROFESSIONI
L'INFERMIERE N
ella drammatica emergenza provocata dal Coronavirus gli infermieri hanno avuto e hanno tuttora un ruolo di primo piano. Pur lavorando spesso in condizioni di sicurezza precarie, mai è mancata la professionalità e la grande umanità che da sempre li contraddistingue. L’assistenza infermieristica, nel corso della sua lunga storia, ha subìto notevoli e continue evoluzioni, passando dalle antiche credenze mistiche a tecnologie sempre più innovative: progressi, dunque, che hanno trasformato questa disciplina in una professione non solo scientifica, ma anche intellettuale. Fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna è Florence Nightingale, una giovane inglese di famiglia facoltosa, nata il 12 maggio 1820, data questa in cui si festeggia la Giornata Internazionale dell’Infermiere. Quest’anno per la celebrazione di questa giornata è stato scelto il tema “OVUNQUE PER IL BENE DI TUTTI - Infermieristica di prossimità per un sistema salute più giusto ed efficace”. Punto focale sarà l’assistenza territoriale che si è rivelata il tallone d’Achille del Paese al cospetto della pandemia da Covid – 19. L’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Terni si rivolge con questo articolo ai giovani maturandi che desiderano intraprendere questa professione. ANDIAMO A VEDERE CHI È L’INFERMIERE L’infermiere è il professionista sanitario laureato responsabile della pianificazione e della gestione dell’assistenza infermieristica. Il ruolo e le responsabilità dell’infermiere sono stabiliti dal D.M. 739 del 14 settembre 1994. L’esercizio professionale si basa sul Codice Deontologico, che contiene princìpi e impegni etici che guidano e orientano i comportamenti del professionista (ultima versione approvata il 13/04/2019, integrata con tutto ciò che riguarda leggi, regolamenti, nuove responsabilità nel passaggio da Collegi a Ordini, ora enti sussidiari dello Stato). L’assistenza infermieristica è di natura tecnica, relazionale ed educativa con funzioni di tutela della salute e prevenzione, di educazione sanitaria, di riabilitazione delle persone in tutti i momenti della vita, dall’infanzia alla vecchiaia, instaurando durante il processo di guarigione, un rapporto di empatia, di
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fiducia e di supporto psicologico. Una delle sfide attualmente in corso riguarda la gestione della popolazione anziana e delle patologie croniche ad essa correlata che richiederà un coinvolgimento sempre maggiore degli infermieri, non solo negli ospedali e nelle strutture territoriali, ma anche e soprattutto presso le case degli assistiti, anche attraverso l’affermazione di nuove figure come l’infermiere di famiglia, come nel 1889 affermava Florence Nightingale: Secondo me la missione delle cure infermieristiche in definitiva è quella di curare il malato a casa sua… Intravedo la sparizione di tutti gli ospedali e di tutti gli ospizi… Ma a che serve parlare ora dell’anno duemila? COME SI DIVENTA INFERMIERE? Per diventare infermieri è necessario conseguire la laurea di primo livello in Infermieristica o in Infermieristica Pediatrica (L/SNT1) presso la facoltà di Medicina e Chirurgia. Il corso è a numero programmato, pertanto è subordinato al superamento di un test d’ingresso composto da domande di cultura generale, di ragionamento logico, di fisica, matematica, biologia e chimica. La prova di selezione si svolge solitamente a livello nazionale, nel mese di settembre, in un’unica data e vi possono partecipare tutti coloro in possesso del diploma di scuola media superiore. Un’alternativa è offerta dalle università private, che fissano il test d’ingresso in date diverse rispetto alla data unica nazionale (Università Cattolica del Sacro Cuore e Campus Biomedico di Roma). La formazione di un infermiere si basa su una solida sinergia tra teoria e pratica. Tale approccio è finalizzato alla definizione di un professionista che possieda conoscenze scientifiche ben definite, accompagnate da un codice deontologico e da una profonda cultura professionale. Il triennio di studi si conclude con una prova finale che ha valore di esame di Stato. Il superamento dell’esame e l’acquisizione del titolo accademico di Dottore in Infermieristica o Dottore in Infermieristica Pediatrica autorizza a svolgere la professione di infermiere, nelle strutture sanitarie private e pubbliche, previa iscrizione al relativo Albo Professionale.
INFERMIERISTICHE TERNI LA FORMAZIONE POST BASE. La formazione dell’infermiere non si conclude al termine del percorso formativo obbligatorio, ma prosegue con una formazione continua e costante nel tempo. L’evoluzione tecnico scientifica richiede ai moderni professionisti un continuo aggiornamento per poter garantire un’assistenza di qualità. L’infermiere stesso è impegnato in prima persona in percorsi di ricerca e formazione. I risultati di questa ricerca sono inoltre diffusi a livello globale, andando a modificare il modus operandi a livello internazionale. L’immagine convenzionale dell’infermiere esecutore di “punture, pasticche e medicazioni” si è arricchita di competenze scientifiche, relazionali e tecniche avanzate, rendendolo uno dei professionisti più impegnati nella rete dei servizi a favore della persona e della collettività. La laurea di primo livello dà la possibilità di continuare gli studi e scegliere di frequentare master per acquisire competenze specifiche in determinate aree di specializzazione, quali coordinamento, sanità pubblica, area acritica, psichiatria, sala operatoria, solo per citarne alcune, ma le specializzazioni sono assai numerose. È possibile iscriversi anche al corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche (a numero chiuso e con accesso tramite test di selezione) e al Dottorato di ricerca per acquisire le abilità necessarie a ricoprire specifici ruoli di direzione, coordinamento, docenza e consulenza nell’area clinico-assistenziale avanzata, nella gestione, nella formazione e nella ricerca. DOVE LAVORA UN INFERMIERE? L’infermiere può esercitare la professione in strutture ospedaliere e ambulatoriali sia pubbliche che private in qualità di dipendente. Alle strutture pubbliche si accede tramite concorsi che periodicamente vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. È possibile trovare occupazione presso i servizi ospedalieri (in tutte le unità operative) e di emergenza territoriale (118), nei servizi domiciliari, territoriali, ambulatoriali oppure presso strutture per lungodegenza, residenze sanitarie assistite, centri di riabilitazione, centri di assistenza per disabili, hospice. È anche presente nelle Industrie, nei centri vacanza, nelle navi da crociera, oltre che nei ministeri, nelle scuole, nei penitenziari ed in altri enti o istituzioni. Un’alternativa è il lavoro da libero professionista con partita Iva in forma individuale o attraverso cooperative ed associazioni.
UNA RISORSA PER LA SOCIETÀ Il lavoro dell’infermiere non ha effetti positivi soltanto sugli assistiti, ma anche sui loro cari, soprattutto quando le patologie di una persona sono tali da impattare sulle condizioni di vita dell’intera famiglia. PASSIONE E COMPETENZA Se la passione fornisce la motivazione di base per intraprendere e per continuare a svolgere un lavoro impegnativo come quello di infermiere, altrettanto importante è la preparazione che viene conseguita con tanti anni di studi universitari. E NON SI FERMA MAI La formazione continua e le esperienze di ogni giorno, a volte bellissime e altre volte dolorose, rendono l’infermiere sempre più preparato e pronto per affrontare le quotidiane sfide di una sanità in rapida evoluzione, che richiede un costante aggiornamento professionale.
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EMERGENZE SOCIALI
bullismo, cyberbullismo e Corona virus
C Pierluigi SERI
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osa spinge un giovane a comportarsi da bullo sia nella vita sociale che sul web? Come si diventa sua vittima? Il confinamento a casa, la limitazione nelle relazioni sociali a causa della pandemia hanno messo a dura prova il sistema nervoso di tutti, in particolare quello dei giovani, spingendoli ad assumere atteggiamenti aggressivi ed esasperati che, in moltissimi casi, trovano nei soggetti più deboli la loro valvola di sfogo. È inutile nasconderlo, si tratta di una vera e propria emergenza sociale. Il bullismo consiste in una serie di comportamenti aggressivi, fisici e psicologici, nei confronti di soggetti che non sono in grado di difendersi. Si basa su tre presupposti: intenzionalità, persistenza nel tempo, relazione asimmetrica. I comportamenti violenti consistono in offese, insulti, derisione per l’aspetto fisico, diffamazione, fino ad arrivare a vere e proprie aggressioni fisiche. La diffusione capillare di apparecchi elettronici sempre più sofisticati, dai computer agli smartphone, ha fatto sì che tali atteggiamenti aggressivi dai corridoi e dai bagni degli istituti scolastici si siano trasferiti sui social, dove il bullo può mantenere l’anonimato, ha un pubblico più vasto e può controllare le informazioni personali della sua vittima. Le statistiche parlano chiaro: due ragazzi su tre dichiarano di aver avuto esperienza diretta o indiretta di cyberbullismo (dati della polizia di stato). Cosa spinge il giovane a diventare bullo? Per converso come si diventa vittima? In ambo i casi un ruolo importante lo gioca l’autostima. Il bullo ha un’alta opinione di sé cui si accompagnano narcisismo e manie di grandezza. Spesso però usa l’aggressività per emergere nel gruppo, per compensare il vuoto che sente dentro di sé. Infatti, dietro tale atteggiamento spavaldo si celano complessi di inferiorità, carenze affettive, incapacità di confrontarsi con gli altri che lo portano ad una bassa tolleranza delle frustrazioni. Egli è, per usare una metafora azzardata, una pecora travestita da lupo, (non per questo meno meno pericolosa). È fondamentalmente un frustrato che per coprire le proprie carenze interiori adopera l’arroganza strafottente e cerca vigliaccamente appoggio e copertura nel branco composto da ragazzi con la sua stessa problematica. Le vittime del bullismo hanno una storia pressappoco simile: poca fiducia
nell’amicizia, pochissimi amici, scarsa autostima, difficoltà nell’esprimere emozioni. Chi si chiude in casa, chi rifiuta i contatti, chi diventa bulimico, chi anoressico, chi arriva all’autolesionismo o anche al suicidio. La cronaca nera è purtroppo piena di storie di ragazzi vittime di cyberbullismo che hanno avuto esiti drammatici. Recenti studi hanno dimostrato che nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta tali vittime presentano disturbi come agorafobia, ansia, atttacchi di panico, psicosi, depressione. È possibile intervenire positivamente? Certamente sì. Il ruolo di insegnanti e genitori può fare la differenza. Fondamentale è la relazione umana. Occorre che i genitori trascorrano più tempo con i loro figli in modo da captare eventuali cambiamenti di comportamento al fine di prevenire eventuali devianze pericolose per loro stessi e gli altri. Esistono dei centri specializzati che effettuano corsi di recupero per bulli e vittime, centri che insegnano a gestire le emozioni attraverso il confronto e il dialogo in modo che il bullo impari ad incanalare la rabbia e apprenda il rispetto degli altri e la vittima a superare il senso di colpa molto difficile da esprimere a parole. Situazione quindi complicata di per sé e ulteriormente resa problematica dal distanziamento sociale imposto dall’emergenza Covid 19 che obbliga i ragazzi a stare in casa e a trascorrere molte ore al computer. Verità e giustizia per G. Regeni! Patrick Zaki libero!
ARRIVEDERCI in CALIFORNIA L
Sara CAMUZZI
eggo nella cronaca di questi ultimi giorni che per festeggiare la promozione in serie B della Ternana Calcio, di cui siamo tutti tifosi, si è proposto di demolire un’opera d’arte contemporanea, l’Hyperion di Agapito Miniucchi, e sostituirla con una scultura del Drago di Terni. Naturalmente, essendo amante dell’arte, sono contraria a tale scelta non solo per il valore artistico dell’opera, ma anche perché è ormai un simbolo della nostra città, conosciuto con il nome di Benvenuti in California. Concordo con l’erigere sculture alla nostra Fera, ma tale obiettivo si può raggiungere anche in altri siti magari con nuove opere d’arte, imitando quello che hanno fatto a Berlino dove, l’Orso simbolo della città (Berliner Bären), è diventato occasione di splendide opere di Urban art e Street art. Terni ha avuto un progresso lento e graduale nell’impadronirsi di questa nuova arte che, nel resto del mondo, ha preso il sopravvento velocemente. È nato qui, spontaneamente, negli anni Settanta e Ottanta del XX secolo con due opere significative: Cile e il graffito Benvenuti in California posto sull’Hyperion. La prima viene realizzata nel 1975, dalle Brigate Pablo Neruda in occasione di un Concerto degli Inti Illimani. Si tratta di quattro murales all’ingresso dello Stadio di Terni, ispirati al Cile degli anni ’70 oppresso dalla dittatura di Pinochet (colpo di stato anno 1973). I ragazzi della Brigata Pablo Neruda che avevano sostenuto l’avventura al governo di Salvador Allende e della sua Unidad Popular, raccontano con i murales il Cile che sognavano: libero, egualitario e antifascista. Questa è la prima opera che ho trovato tra quelle riconducibili, in città, alla Street art. Ma la prima vera opera di un writer, oggi perduta, è stata una scritta provocatoria posta proprio sulla scultura Hyperion, ubicata nella grande rotonda del Piazzale dell’Acciaio all’ingresso della città di Terni, visibile da chiunque provenga dal raccordo autostradale Terni-Orte. Sin dalla fine degli anni Ottanta, questo monumento all’industria era stato
sporcato da un graffito in vernice gialla, definito da alcuni critici e autori locali, la cosa più bella che c’era in città. Mi riferisco alla frase: Benvenuti in California. La scritta non era rivolta al monumento, ma alla grande strada megagalattica, con svincoli, viadotti e rotatorie, realizzata dal Comune che sembrava portare in qualche grande realtà metropolitana mentre invece, oltre c’era solo una piccola città di provincia. La scritta, nonostante numerosi tentativi di cancellazione, a cui seguivano altrettante reiscrizioni della stessa frase, rimase per molti decenni diventando uno dei simboli della città. Recentemente (2020) il Comune di Terni ha indetto un concorso per la realizzazione di murales che dovevano sviluppare il tema di “Terni e il suo territorio, eccellenze ambientali e tradizioni”, andando ad abbellire ed impreziosire l’arredo urbano della città di Terni. I vincitori sono stati: Rosk con l’opera intitolata “Monumento ai lavoratori e alle lavoratrici di Terni” proposta dall’associazione Jonas Club nel sottopasso di Viale Cesare Battisti; la Pro Loco Marmore con “La leggenda di Nera e Velino” dell’artista Ester Grossi in Via Pietro Montesi; GN Media affiderà l’esecuzione all’artista internazionale “Uno” in Via De Filis 3 ed infine, Giulia Ceccarani, ternana, con l’opera “Sapere è una continua avventura” presso l’Istituto Comprensivo Oberdan. Nello stesso anno, in piena pandemia, il Comune di Terni, in collaborazione con il progetto artistico GemellArte, che coinvolge le città gemellate di Terni e Saint-Ouen, ha visto la pittrice francese Caroline Derveaux vincere e realizzare, nel centro urbano di Terni, due murales: Renaissance (via dei Castelli, angolo del Tribunale) e Naissance (via Giotto) legati al concetto della rinascita e della rigenerazione degli animi prima e dopo il tremendo clima della pandemia e del lockdown mondiale. A Terni sta prendendo finalmente piede il fenomeno del momento, per valorizzare e rigenerare spazi cittadini pubblici altrimenti inutilizzati o ignoti. La Street art non è quindi un’arte spazzatura come molti la definiscono, ma costituisce un patrimonio culturale variegato e in alcuni casi di grande valore artistico.
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SINERGIE e SVILUPPI Gian-Luca Petrucci
Professore emerito del Conservatorio Santa Cecilia di Roma
Sala Accademica del Conservatorio Santa Cecilia di Roma
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a volontà di fare di Terni un articolato centro di sviluppo, sia culturale sia economico, sta impegnando da sempre, e ora ancor più, date le numerose problematiche createsi con la pandemia, un gruppo di volenterose e ben motivate persone coordinate dal Professor Giampiero Raspetti. Il senso dell’azione è indirizzato a programmazione e organizzazione di concrete idee atte a mettere in moto meccanismi capaci di produrre non solo arricchimento culturale, ma anche sviluppi economici diffusi. Uno di questi è, ad esempio, la fattiva proposta legata al prestigioso riconoscimento ottenuto dall’Istituto Briccialdi di Terni. È necessario sapere che dalla fine degli anni Sessanta e fino a tutti gli anni Settanta i Conservatori di Musica italiani ricevettero una particolare attenzione da parte del mondo politico, sia locale sia nazionale, ed ebbero una crescita esponenziale avvenuta sia per gemmazione (sedi staccate), sia per statalizzazione (scuole comunali), sia per fondazione ex novo di Conservatori. Venendo ai nostri giorni, l’ultima riforma ha elevato ope legis a livello universitario il comparto relativo ai Conservatori che ora rilasciano “Diplomi Accademici di primo e secondo livello”. A Terni, attraverso un capillare, faticoso e articolato lavoro durato molti mesi da parte del Presidente e del Direttore dell’Istituto Briccialdi, si è raggiunto un successo straordinario che ha visto riconoscere all’Istituto musicale della città un alto livello di produzione consentendo la statalizzazione e la prestigiosa denominazione di Istituto Superiore di Studi Musicali.
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Quello che deve essere ben compreso è che a Terni adesso esiste, a livello ufficiale, una importante Scuola musicale di livello Universitario e che la nuova organizzazione della storica Scuola Musicale della città è potenzialmente capace di raccogliere studenti non solo residenti in città, ma anche dall’Italia e dall’estero e questa reale risorsa può rappresentare un obiettivo primario per l’amministrazione, specialmente considerando nel tempo tutte le positive implicazioni di ospitalità che potrà comportare. Altro elemento importante è il concreto lavoro svolto dal gruppo cui accennavo all'inizio del mio articolo e finalizzato allo stabilire una sinergia con il Conservatorio Santa Cecilia di Roma per disporre degli allievi in esubero a Roma utilizzando il Conservatorio di Terni creando, in tal modo, un flusso virtuoso di studenti, molti dei quali orientali, che potrebbero trasferirsi a Terni. I rapporti e i contatti con i dirigenti di Roma sono avviati e, non appena la situazione relativa alla pandemia andrà verso una normalizzazione organizzeremo, di concerto con esponenti del Conservatorio e anche del Ministero dell’Università, un incontro de visu per ratificare l’avvio della sinergia didattica fra i due Conservatori che, oltre una vicinanza territoriale e di collegamenti ferroviari, hanno una comunanza al più alto dei livelli attraverso la storica figura del grande musicista ternano Stanislao Falchi che fu, dal 1902 al 1916, Direttore del Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Inoltre, e ciò è di grande importanza strategica, nel 2022 sarà l’anniversario dei cento anni dalla scomparsa di Stanislao Falchi e non esiste miglior festeggiamento se non operare per far divenire il Briccialdi fulcro culturale della città.
RIDOTTO sotterraneo? SI ANNULLI, prego!
Paolo LEONELLI
C
he nella nostra città ci siano e ci siano stati molti amministratori veneranti topi e ipogei non è fatto nuovo. In più di una occasione, infatti, sono stati proposti progetti finalizzati alla valorizzazione del sottosuolo trascurando, invero e fin troppo, pressoché tanti, se non tutti, gli spazi esterni. Ritornando agli ipogei non si può non rammentare la via sotterranea che doveva collegare la stazione di Terni con piazza della Repubblica; l’offesa a piazza Tacito, con annose varianti, spero non a nostro danno, per visitare il locale della pompa; l’inutile sottopasso dell’Annunziata in fondo al C.so del Popolo; da ultimo, il famoso ridotto del teatro Verdi che, ne sono certo, se si volesse realizzare, comporterebbe sprechi, costi irreali ed anni di esecuzione. Questa amara constatazione deriva evidentemente, come ribadisco, dalla recente previsione del ridotto del teatro Verdi da eseguire a sei/sette metri al di sotto del livello stradale. Sull’argomento non è da scartare la più che probabile ipotesi che l’imposizione del ridotto (classico foyer adiacente, in genere, a una sala teatrale, dove gli spettatori hanno la possibilità di intrattenersi durante gli intervalli), sia assurdamente giustificata come sala prove. L'ingente somma occorrente la si potrebbe invero utilizzare per una diversa opera di utilità. È questa una realizzazione che non possiamo permetterci considerando anche la molteplicità di locali esistenti nella zona, del tutto veri, e con più o minore funzionalità d’uso. Il mio appello è pertanto quello di avere il coraggio di annullare il ridotto del Teatro Verdi e di scegliere come sala prove, proprio come avviene in tutto il mondo, il teatro stesso (mi illudo possa essere ancora quello Polettiano). Posti per prove, volendo, ce ne sono tantissimi. La carrellata fotografica qui esposta ne ricorda solo una parte.
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IL FUTURO DI UNA COMUNITÀ CHIEDE PARTECIPAZIONE E COERENZA
U Giacomo PORRAZZINI
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n programma di sviluppo locale, se deve preparare un futuro migliore, o semplicemente possibile, per la comunità, non può che avere come stella polare la sostenibilità, capace d’integrare ambiente e clima, economia e società. Con un processo partecipativo e decisionale democratico ed espressione dell’interesse generale. C’è un documento fondamentale cui riferirsi, a tal fine: l’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile. Si articola in 17 obiettivi generali e in 169 misure di dettaglio. Ciascuna realtà territoriale, a qualunque scala dimensionale, dovrebbe, anzitutto, condurre una autoanalisi sul grado della propria, attuale, sostenibilità confrontando i propri indici con gli indicatori universali dell’Agenda ONU 2030; su tale base scientifica si possono meglio valutare le proprie aree di ritardo o criticità ed avere preziose indicazioni sulle misure da adottare. Nessuna verifica di questo tipo risulta sia stata fatta in Umbria, quale base conoscitiva del PNRR. Sarebbe stato necessario misurare, in base ad indici validati internazionalmente, il grado attuale di sostenibilità della realtà umbra, sia insediativa che economico-sociale, al fine di stabilire quali risorse manchino o siano carenti, per raggiungere la soglia di sostenibilità, e come individuare strategie d’implementazione di quelle esistenti e di attrazione di quelle mancanti, ivi comprese le risorse di competenza. Compiuta tale operazione, si potevano creare le condizioni più favorevoli per promuovere una discussione pubblica su una visione ed un nuovo paradigma dello sviluppo locale: sostenibilità integrata (economia, ambiente, società, Istituzioni), un nuovo modello di specializzazione, con innovazione industriale e maggiore articolazione settoriale merceologica, con focus su economia circolare e bioeconomia, materiali speciali; Università di formazione e ricerca, ma, anche, economia civile e generativa per far crescere la qualità delle relazioni sociali. Individuate in tale modo le scelte di fondo, si poteva passare a discutere di quali politiche pubbliche, locali e di rango superiore vi sia bisogno per perseguirle concretamente, insieme ad una contestuale riflessione sul tipo di impegno sociale necessario, da parte delle componenti vitali della
società locale; in tale quadro si poteva anche provare a mettere in relazione sinergica le misure pubbliche e le espressioni operative dell’impegno sociale, per mezzo di forme originali e dedicate di governance, comprensive di una nuova contrattualità per lo sviluppo sostenibile, da considerare “bene comune” primario. Una volta definito questo quadro d’insieme e le coordinate generali del nuovo sviluppo, si poteva cominciare ad affrontare temi ed obiettivi specifici: - come rendere trasparente e come gestire il nesso salute-ambiente, tenuto conto che la salubrità e la sicurezza sanitaria, essendo indici essenziali di qualità della vita di una comunità, sono fattori costituitivi di base dell’attrattività del territorio verso risorse umane e d’investimento esterne; - come ripensare, in una visione di sostenibilità, la struttura e la qualità del sistema insediativo, sia nella sua organizzazione a rete interna, sia per i collegamenti esterni con la dimensione regionale umbra ed interregionale, con particolare riguardo alla fascia adriatica incentrata su Ancona, all’area metropolitana di Roma, all’alto Lazio, lungo la direttrice che va da Rieti a Viterbo, sino a porto di Civitavecchia; - come ridefinire, in tale prospettiva d’inserimento, in reti più ampie del territorio ternano, come sistema intercomunale di area vasta, la maglia delle infrastrutture di mobilità e comunicazione, di logistica, sia tradizionali sia innovative, legate alla tecnologia digitale; - come compiere un’analisi dei flussi infraregionali e interregionali, di persone, merci, servizi e dei livelli di condivisione delle funzioni alte; nonché dei livelli e degli assi principali dell’internazionalizzazione. Per capire quali siano i confini, mobili ed a geometria variabile, dei sistemi che si comportano come realtà connesse e riconoscibili da una produzione e fruizione comune di funzioni; sistemi per la cui gestione abbia senso la messa in comune di visioni e progetti di sviluppo e la sperimentazione di inedite modalità di governance; - come individuare i soggetti protagonisti e le modalità per la loro interrelazione ed i temi e gli obiettivi prioritari per un progetto di sviluppo sostenibile ed insieme di ripresa e resilienza.
www.lenergia.eu - info@lenergia.eu
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Non sempre il 17 porta SFORTUNA L
Adriano MARINENSI
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a notizia dalla quale partire è questa: Diciassette Comuni presenti nel territorio della provincia ternana (manca la Valnerina) hanno stretto un patto -Terre dei Borghi verdi- per promuovere il turismo cosiddetto lento e sostenibile. A capofila si sono posti Terni, Narni, Acquasparta, Amelia e Montecastrilli; testimonial di riguardo Giulio Rapetti, in arte Mogol, il quale ormai da molto tempo, ha scelto il piccolo centro di Toscolano come suo ambiente di vita. Si tratta di massimizzare il valore di tutti gli elementi attrattori (così favellano quelli dal linguaggio più sofisticato del mio) che possano far decollare la cultura dell’accoglienza, utilizzando, in maniera coordinata e programmata, un ricco patrimonio ambientale e storico, presente in questa zona dell’Umbria meridionale. E, proprio da queste parti, votate principalmente verso altri interessi, quando si parla di promozione turistica, diventa d’obbligo offrire positiva attenzione. Alcuni tentativi, nel passato, non hanno prodotto risultati di rilievo in termini di sviluppo socio-economico. L’iniziativa dei 17 mi è parsa una cosa seria. Sembra presente la volontà di mettersi insieme e capace di fare da volano per raggiungere obiettivi importanti, ad esempio. Questa landa periferica ha urgente necessità di risolvere alcuni
problemi di fondo. Due per portare l’esempio: i piccoli borghi demograficamente retrocessi, i vecchi casolari abbandonati. Sulla perdita sociale legata proprio alla decadenza dei casolari di campagna, ricordo una iniziativa presa, più di 30 anni fa, dall’Amico Sandro Boccini: per denunciare il triste fenomeno, prese la macchina fotografica, girò in lungo e in largo parte della campagna Sabina prossima all’Umbria e con allestì con le immagini una mostra ch’ebbe successo, soprattutto come denuncia del degrado di valori umani, legati ad un lungo tratto di storia civile delle nostre zone agricole. Quelle immagini parvero la metafora di una rinuncia legata al modernismo d’assalto. E i fotogrammi mostrarono lo svilimento del territorio provocato dalla metropolizzazione (scusate il termine). Non si trattò affatto di visione nostalgica, quanto invece di preoccupato segnale d’allarme, legato, peraltro, alla proposta di nuovo futuro di Boccini, innamorato di natura e tradizioni locali. E del socialmente autentico presente proprio nelle comunità piccole dove la solidarietà è ancora sentimento dell’anima, concretizzato nelle condivisioni interiori e nel mutuo soccorso. Antidoti efficaci per curare la più grande povertà delle megalopoli: la solitudine. Come detto poc’anzi, tra i traguardi dei 17, dovranno
essere la trasformazione del turismo di passaggio nell’altro, di maggiore interesse, meditato e sostenibile. Cioè, quello che nobilita la cultura dell’accoglienza e arreca anche benefici economici. E dà ristoro a quanti sono stanchi delle frenesie urbane e cercano, nella quiete del borgo, la risposta allo stress quotidiano. Tanti anni fa -ha detto Mogol, testimonial di riguardo della manifestazione- vivevo a Milano. Poi mi sono chiesto perché. La risposta è stata il trasferimento in Umbria, laddove natura, bellezze e storia -ha aggiunto- sono tutt’uno con i suoi abitanti. Caro Mogol, tanta Umbria è così. Con le minuscole comunità, molte appollaiate sopra i colli, in mezzo al creato affascinante, custode di preziose testimonianze d’arte: facciamoli essere protagonisti di un risorgimento umano, in grado di favorire la liberazione dalle oppressioni urbane. Chissà che alcune delle certezze (e delle speranze) perse nel trambusto di cemento armato non si possano ritrovare vivendo la quiete del borgo e, in giro per l’Umbria, ammirando i castelli, le Cattedrali, le Pievi, il sacro e il profano, collocati dentro un quadro d’assieme che sa di allegoria dell’essere e molto meno di fregola dell’avere. Se qualcuno dovesse porre l’interrogativo: l’Umbria dov’è più verde? Creerebbe nella risposta l’imbarazzo della scelta. L’Umbria morbida, quasi soave che offre sensazioni di fiducia nelle sue atmosfere, è un po’ dovunque. Si mischia con i colori pittoreschi dei boschi e dei laghi. E il suo aspetto identitario può diventare ancor più palese proprio nel fare squadra, per tradurre le proposte e le idee in atti di pubblica amministrazione. Per il progetto Terre dei Borghi verdi, appena nato, forse
sarebbe il caso di prevedere, da grande, un avvenire utile e di ampie prospettive. Questo buon esempio di polo d’aggregazione dovrà guardarsi attorno, trovare i giusti raccordi con altre realtà omogenee e cercare l’inserimento negli itinerari turistici di Roma capitale, della provincia Sabina (la Valle Santa e il Terminillo, molto vicini ora con la Terni-Rieti ultimata), l’ambito perugino delle città d’arte e l’offerta culturale già consolidata. Mettendo in armonia il lodevole disegno promozionale di Terni e degli altri federati con i meccanismi di sviluppo già esistenti. Occorreranno strutture organizzative adeguate alla strategia di rilancio di molti borghi, che palesemente necessitano -faccio un altro esempio- di interventi edilizi di recupero e riqualificazione, magari con efficacia antisismica, di innovazione tecnologica, di rilancio civile. Visto lo stato dell’arte, si tratta di uno sforzo tenace e di un impegno gravoso, comunque lodevole. C’è da tener d’occhio anche il confronto (per favore, che sia operativo!) apertosi di recente tra le regioni del Centro Italia che occorrerebbe forse ricondurre alla regola del parlare di meno e realizzare di più. Nel convincimento generale che il tempo dei convegni e degli intellettuali teorici sia passato e che sia indispensabile un approccio concreto nell’affrontare i problemi. Ha detto, in proposito, il prof. Giuseppe De Rita: Non è il momento dei grandi pensieri. Il fuoco sacro collettivo, mancato in passato, non potranno riaccenderlo le discussioni intellettuali. Insomma, occorre mettere in campo progetti esecutivi e finanziamenti adeguati per costruire strumenti che facciano da moltiplicatori dello sviluppo. Creatore di ricchezza in loco.
RIÈCCO MAGGIU Paolo CASALI
“Cara mia fatte coraggiu tu lu vidi come stò tòcca ‘rméttelu ‘stu maggiu no’mm’ardi’ che nun ze po’. Ho ‘llungàtu ‘n bo’ lu collu e mmo’ penzo po’ bbasta’ pe’ rrièsse ‘n bo’ satollu troppu tembu je déo arda’. Mitti scusa lu penziero... che ssì stracca pure ‘n bo’ ma se ddéo di’ ch’è vvero quistu propiu no’ lo sò! Ciò ‘na fame moje cara no’ nné pòzzo propiu più me cce vòle la cucchiàra doppo a’rcòjete ‘n bo’ su”.
“Ciai raggione... che ccoràggiu me cce vòle a sta’ co’ tte tu co’ mme armitti maggiu ma lu ‘rmetto io co’ tte? Hai ‘llungàtu... ch’ hai ‘llungàtu che tte pozzino guasta’… è dda quanno t’ho sposatu che mme déo ‘ccontenta’. Datu che mme cciai jiamatu mo’ me déi da spiega’ dici sempre sì ‘rrazzàtu ma li fatti chi li fa? Troppe vòrde me cojoni e ppo’ io... a scucchiara’... ma pe’ ffatte zzabbajoni chissà quanti nun ze sa!”
Quistu scrittu ‘ssai scurrìle stòna ‘n bo’ su ‘stu menzìle… io me scuso co’ i lettori e… tutti e ddui li direttori… ‘n ogni versu sottintesu.. vojo divve benintesu… se sso’ statu io villanu no’ ‘mpersono ‘gni ternanu!
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TOCCATO IL FONDO POSSIAMO RINASCERE?
L Mauro SCARPELLINI
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a città di Terni e i Comuni della sua provincia e della parte meridionale di quella di Perugia esprimono una sensibilità alle crisi economiche molto significativa. Lo spiegano i dati dell’ISTAT, è sufficiente leggerli. La crisi mondiale esplosa nell’agosto 2008 produsse danni ovunque nel mondo. Alcuni effetti rilevanti si ebbero anche qui. Uno di quelli prodotti a Terni e nei Comuni limitrofi fu la fuga di molti cittadini verso altre città per cercare lavoro. Infatti, arrivati gli effetti della crisi, la popolazione di Terni calò in un solo anno di circa 8.000 residenti ai quali vanno aggiunti coloro che si trasferirono di fatto, ma non cambiarono residenza, forse sperando di rientrare al miglioramento delle possibilità di lavoro. Dopo una breve ripresa nel 2013, il calo è riapparso senza interruzione. Un altro effetto è il
crollo del 65 % delle nascite in un solo decennio. Un terzo indicatore conseguente al precedente è il numero degli studenti. Il gruppo più numeroso di giovani è nato nel 2007, circa 2.100 ragazzi; poi via via i nati negli anni successivi decrescono nella numerosità e ci stiamo avviando al quasi dimezzamento. Il numero di immigrati di rimpiazzo arrivati a Terni non è servito neanche a pareggiare i conti, benché alcune comunità appaiano organizzate a giudicare dalla loro percentuale di presenza sul totale degli immigrati: 35,8 % sono provenienti dalla Romania, 9,2% dall’Albania, 6,3% dall’ Ucraina. Oltre ciò, il territorio ha perso sedi di lavoro e di indirizzo pubbliche. Soppresse le sedi ternane della Banca d’Italia, dell’ARPA, dell’ATER e dell’Ente che gestiva le aree naturali protette del parco
fluviale del Nera. Abolite a Terni l’Azienda di promozione turistica, due Comunità montane, l’autonomia della Camera di Commercio. Alcuni privati hanno chiuso l’attività prima della pandemia dovuta al virus covid-19 ed altri imprenditori durante la pandemia. Le multinazionali non hanno fatto mancare il loro contributo negativo quale, ad esempio, quello a danno della Treofan, del suo personale, del prezioso bagaglio di conoscenze posseduto, in una vicenda speculativa che non è ancora conclusa nell’ipotesi di salvataggio della produzione e dell’occupazione e suscita forte apprensione. A questa fotografia possiamo e dobbiamo assegnare poche parole per definirla: crisi e decadenza di un territorio. Abbiamo toccato il fondo. La reazione a questo stato di fatto avrebbe dovuto vedere una sintonia progettuale e realizzativa dei soggetti che a vario titolo e ruolo sono coinvolti negli interessi economici, negli interessi e nei doveri sociali, privati e pubblici. Non esistono sintomi di questa sintonia. Sintonia significa che esistono idee e progetti raccordabili. Se non esistono progetti e non si conoscono idee non può esistere sintonia. Esiste il vuoto. Questa constatazione non evita che alcuni imprenditori possano mantenere le loro posizioni di mercato e mantenere i livelli di occupazione. Ce ne sono nel ternano e meno male che ci siano. Non sappiamo se siano mai stati coinvolti in una collaborazione a supporto di idee di sviluppo da parte delle istituzioni che hanno un compito di sollecitazione e di sostegno. Mi riferisco alla Regione e ai Comuni. Poiché la proprietà privata e, quindi anche le imprese, hanno una “funzione sociale” (articolo 42, secondo comma della
Costituzione), il chiamarle ad una sinergia progettuale e programmatica da parte degli Enti Regione e dei Comuni sarebbe il minimo da fare. Analogamente importante è consultare le rappresentanze sindacali, per il loro ruolo negoziale oltre che di sollecitazione e indicazione generale. Ci sono leggi che possono aiutare gli insediamenti e l’occupazione anche con la partecipazione delle organizzazioni sindacali e delle singole imprese. Insomma, manca la mano di promozione, di coordinamento, manca una visione di recupero dell’economia del territorio. Eppure, questo territorio ebbe una storia tutta inversa. Dalla fine del 1800, lo sappiamo, le industrie siderurgica, chimica ed elettrica furono l’origine di accoglienza di italiani dalla più diversa provenienza geografica. Si racconta che i dialetti fossero così tanti e tra loro incomprensibili che la lingua di mediazione e di intesa fosse solo l’italiano. Si può tornare ad essere accoglienti e a non far più scappare i nostri giovani. Il Centro studi de La Pagina lo sta invocando da tempo. Nel nostro territorio abbiamo risorse non sfruttate, naturali, archeologiche, religiose, che sono preziosissime per il turismo. Abbiamo imprenditori che esportano i loro prodotti, quindi vi sono capacità qualificate. Abbiamo giovani che vorrebbero studiare e lavorare qui e non essere costretti ad emigrare. Esamineremo quanto la Regione ha proposto al Governo per l’utilizzo dei fondi europei. Sappiamo che quanto ha presentato non ha avuto approfondimenti effettivamente studiati e condivisi con le parti sociali e la nostra preoccupazione sull’esito esiste. Dobbiamo recuperare modalità e contenuti perduti nell’interesse generale, di ogni categoria, di ogni soggetto, di ogni cittadino.
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Progetto ALTERFALLS Valorizzazione del Parco Campacci e dell’Opera della Cascata delle Marmore
I Miro VIRILI
l nome AlterFalls, ovvero l’Altra Cascata, preso in prestito dall’ultimo progetto della Pro Loco di Marmore, bene esprime il concetto che esista un’altra cascata dietro la vista spettacolare che si vede da Piazzale Byron. Molte persone credono infatti che si tratti di un bene naturalistico, ma, in realtà, è un’opera artificiale costituita da un grande sistema di beni culturali materiali e immateriali. Un patrimonio invisibile che costituisce un Paesaggio culturale unico al mondo che nessuno conosce. Oggi l’area della Cascata delle Marmore è articolata in due parti distinte: la parte inferiore di Collestatte Piano (Piazzale Byron, Viale Giuseppe Vasi e piazzale Felice Fatati) e di Papigno (vocabolo Ponte Naturale e vocabolo Toro) inclusa all’interno dell’area naturale protetta Parco fluviale del Nera e dell’Area attrezzata della Cascata; la parte superiore che comprende il Parco dei Campacci, il centro abitato di Marmore (via Montesi, via Faggetti, ecc…), Vocabolo La Fossa, Vocabolo Cor delle Fosse e Vocabolo Mazzelvetta. Nella parte inferiore sono concentrati praticamente tutti i servizi turistici e culturali strategici dell’area: l’Info-point biglietteria con il museo dei Plenaristi; la stazione degli autobus; il grande parcheggio di piazzale Felice Fatati con il Camper service; il CEA (Centro di Educazione Ambientale); l’Orto Botanico presso vocabolo Ponte Naturale con il nuovo bar punto ristoro; il museo Magalotti del CIAV (Collestatte Centro Storico); il Tourist Shop e altre strutture commerciali (bar, ristoranti, ecc…); quasi tutti i sentieri di visita (Sentiero 1, 2, 3, 4 e 6) e i belvedere di Piazzale Byron e Pennarossa. Nella parte superiore, a Marmore, sono presenti, per il piano turistico, solo il Tourist Shop, la biglietteria, pochi e insufficienti parcheggi (Campacci e Mazzelvetta); esisteva il Campeggio dei Campacci, (oggi chiuso definitivamente dal comune di Terni) alcuni sentieri di
Foto Giuliana Pitti
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visita (arrivo sentiero 1, sentiero 5 e partenza sentiero 6). Paradossalmente nella parte superiore di Marmore, nonostante gli scarsi servizi, sono presenti molti dei beni culturali della Cascata delle Marmore, legati sia alle bonifiche storiche che all’archeologia industriale. Tra gli altri ricordiamo: a) I resti dei manufatti legati alle Bonifiche antiche e Rinascimentali (Cava Paolina, Cava Curiana e Clementina con il ponte regolatore, Cava Reatina, Cor delle Fosse, Pozzo Sapora e Piscina, La Fossa, ecc...) pregevoli esempi di archeologia dell’acqua; b) La Specola di Pio VI, uno dei luoghi simbolo del Grand Tour, costruita nel 1781 dal Comune di Terni: è considerabile come la prima opera di arredo turistico del territorio; c) Importanti reperti di archeologia industriale (le opere di presa, i canali e le vasche delle centrali idroelettriche dismesse di Rieti, Terni, Spoleto, Papigno, ecc…); d) Le opere industriali ancora funzionanti, capolavori dell’ingegneria del XIX e XX secolo (Canale motore delle Acciaierie con le opere di presa e il laghetto della Terni, la diga Stoney e il canale di Galleto); e) Esempi di architettura e monumenti di grande interesse storico artistico (Il Casone Nuovo, Villa Morandi con il suo parco privato sulla cascata, Casa Lina, il monumento a Pio VI presso il ponte regolatore, la Rocchetta medievale di Monte Sant’Angelo, ecc…); f) Complessi di archeologia industriale dismessi e abbandonati (Cava Bernardoni a “Cor delle Fosse”, Cava di Monte Sant’Angelo e gli acquedotti monumentali della Centrale di Papigno); g) Edifici pubblici come la stazione della ferrovia, l’ex scuola elementare, l’ex Croce Rossa e la scuola materna costruita dal Comune di Terni negli anni novanta con un intero piano seminterrato in cui sarà allestito il museo multimediale sulla Cascata Hydra; h) Il Parco urbano dei Campacci sulla riva destra del Velino con le attrezzature per il verde e lo sport (Campetto), gli spazi per il tempo libero, il laghetto della Terni (ex Fossa di Collestatte) e il sentiero panoramico di archeologia industriale (Sentiero 5); i) Il grande patrimonio ipogeo (per lo più sconosciuto), oltre 300 grotte tra naturali e artificiali, i canali sotterranei, le gallerie delle centrali idroelettriche dismesse e delle antiche condotte, sito di interesse paleontologico. Tutti questi beni costituiscono un evidente patrimonio culturale, storico e artistico, testimonianza della cultura dell’acqua e dell’identità industriale della nostra città. Il sito dei Campacci è un bene giacente all’interno del sistema turistico della Cascata delle
Foto Miro Virili
Marmore, nonostante l’inconfutabile qualità dei beni sopra descritti e le immense potenzialità della zona. Il sito di Marmore è un nodo strategico per lo sviluppo turistico dell’intero comprensorio ternano e reatino e si propone naturalmente come anello di congiunzione tra la Valnerina (Parco fluviale del Nera), la Conca ternana, il lago di Piediluco e la Valle del Velino. Marmore ha quindi a disposizione infrastrutture strategiche e, assurdamente, per nulla sfruttate per lo sviluppo turistico, come la ricordata Stazione Ferroviaria Terni-Rieti-L’Aquila, il porto sul Velino (attualmente abbandonato) e la presenza di importanti sentieri escursionistici (la via di Francesco) e ciclabili (Green Way). Il Comune di Terni è proprietario, oltre che degli edifici pubblici già citati, anche di notevoli estensioni di terreni, sia ricadenti nel Parco dei Campacci, sia nelle zone circostanti (Usi civici del Monte Sant’Angelo e di Monte Voto – Penna dei Cocchi) che potrebbero essere sfruttati in diversi modi (escursioni guidate, birdwatching, selviturismo, ecc). Nella zona di Marmore, e nei territori circostanti (Papigno, Collestatte, Torre Orsina, Arrone, Casteldilago e Piediluco), operano numerose associazioni che, insieme alla Pro Loco, potrebbero costituire una rete di associazioni culturali, imprese locali, operatori economici e professionisti, intenti tutti ad un’idea di sviluppo turistico-culturale-territoriale. Esiste anche una copiosa progettualità elaborata negli anni passati dalle comunità del territorio, dalle associazioni, dagli imprenditori, dalla ex Circoscrizione Velino, dagli enti locali (Comune di Terni, Provincia, ex DIT, ecc...) su questa area e mai realizzata. Espongo qui solo una piccolissima parte dei tanti progetti ufficiali: a) La proposta di riprendere la candidatura della Cascata come patrimonio dell’Umanità (UNESCO) nata nel 2013 attraverso diverse iniziative come mostre, convegni, conferenze e presentazioni dal titolo «Dal Velino al Nera, l’acqua e gli uomini» promosse dall’Archivio di Stato di Rieti, dall’Archivio di Stato di Terni, dalla Biblioteca Comunale di Terni, dall’AIPAI, dall’ICSIM e dall’ISUC; b) Il Piano di Marketing Terre di San Valentino del Comprensorio Ternano promosso dalla Camera di Commercio di Terni presentato a settembre del 2017 e concluso nel maggio 2018; c) Le proposte contenute nel Piano dell’Area naturale protetta
regionale Parco fluviale del Nera e i Piani di Gestione dei siti natura 2000 di Marmore e Piediluco in particolare per Marmore quello della ZPS IT 5220025 “Bassa Valnerina, M. Fionchi – Cascata delle Marmore”; d) Il Progetto WATERWAY, interventi di valorizzazione dell’Opera della Cascata attraverso un sistema intermodale di Mobilità dolce: Piazzale Byron - Marmore - Lago di Piediluco; Collegamento fluvio-lacustre dal Parco Campacci a Piediluco; Collegamento meccanico Piazzale G. Vasi - Parco Campacci; Eliminazione barriere architettoniche negli spazi e servizi pubblici, promosso dall’impresa Giunio Marcangeli; e) Il Progetto ALTERFALLS per il censimento dei beni culturali materiali e immateriali dell’Opera della Cascata delle Marmore proposto dalla Pro Loco di Marmore finalizzato anche ad una pubblicazione divulgativa sia cartacea che multimediale allo scopo di far conoscere il grande patrimonio della Cascata delle Marmore e dare un contributo a riprendere la Candidatura della Cascata nel patrimonio mondiale UNESCO come “Paesaggio Culturale vivente” insieme a diversi Partner del territorio. Con il magazine La Pagina, sempre in prima linea nel dare risonanza alle iniziative delle associazioni culturali locali, cerchiamo di valorizzare la Cascata delle Marmore ed anche i territori delle antiche Municipalità che costituiscono una Corona di perle per Terni. Si vuole così valorizzare la nostra città e dare sviluppo sostenibile all’intero territorio, in un momento di grande crisi non solo economica, ma anche di identità. Ottima quindi la proposta di un progetto AlterFalls, ed ottime anche le iniziative come quelle della pro Loco di Marmore che cerca di unire le diverse associazioni per operare insieme intorno ad un progetto comune. Ad esempio, l’idea di aderire alla Festa delle Acque, evento della Pro Loco di Piediluco, in modo che coinvolga non solo il lago, ma la Cascata stessa delle Marmore e l’intera Valle del Nera intorno al tema dell’acqua (lago, fiume Velino, cascata e fiume Nera). Un tema che su scala più vasta La Pagina ha prodotto con tante iniziative (Giochi della Valnerina, Madonna Valnerina, Valnerina illustre -Virgilio Alterocca, Università delle Terre del Nera, Cammino di Valentino -da Terni a Castel di Lago a Scheggino, Valentino Patrono della Valnerina) ed elaborato in un grande progetto che abbiamo chiamato Interamnopolis.
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Gli studenti del Tacito partecipano alle OLIMPIADI di FILOSOFIA 2021 Anche quest’anno il Liceo Classico Tacito di Terni ha partecipato con i suoi studenti alle Olimpiadi di Filosofia. Si tratta di una competizione nazionale e internazionale, promossa dal Ministero dell’Istruzione in collaborazione, tra altri, con la Società Filosofica Italiana e giunta alla XXVIII edizione, al fine di promuovere, incoraggiare e sostenere le potenzialità didattiche e formative della filosofia. Il progetto prevede tre fasi di selezione: d’istituto, regionale e nazionale, riservate agli studenti che frequentano la scuola secondaria superiore. Nei giochi olimpici della filosofia gli studenti, in ciascuna delle fasi di selezione, devono scrivere un saggio filosofico, sviluppando una di quattro tracce di diverso ambito (gnoseologico-teoretico, politico, etico, estetico), a partire da brani di filosofi. Nella produzione occorre procedere ad una preliminare interpretazione, proseguire poi la ricerca e la riflessione a partire dal testo, confrontarsi con il discorso di partenza per svilupparlo attraverso un percorso argomentativo e critico. Nella prova il candidato deve quindi mettere insieme, nel modo più efficace, la capacità di problematizzare e argomentare, costruendo percorsi autonomi di pensiero, di utilizzare appropriate conoscenze filosofiche provenienti dalla tradizione, sebbene attualizzandone le tematiche, nonché di padroneggiare gli strumenti linguistico-espressivi. Il saggio filosofico può essere scritto in italiano o in una lingua straniera. Il Liceo Classico Tacito partecipa per il settimo anno a questa competizione e può vantare un prestigioso risultato conseguito nella fase nazionale, svoltasi a Roma il 4, il 5 e il 6 aprile 2018, quando la studentessa Micol Curatolo si classificò al terzo posto per il canale in lingua italiana. Già in passato, del resto, altre studentesse erano state ammesse alla fase nazionale: nell’anno scolastico 2014/2015 Camilla Bernardinangeli in lingua straniera, nell’anno scolastico 2015/2016 Sofia Fabrizi in lingua italiana e Beatrice Giuli in lingua straniera, nell’anno scolastico 2016/2017 Miriam Borgia in lingua straniera... Per gli alunni le Olimpiadi di Filosofia rappresentano da anni una grande occasione di approfondimento e di confronto, un’esperienza unica di incontro con docenti di filosofia e coetanei presso il proprio istituto scolastico e le sedi universitarie dove sono organizzati, per l’occasione, incontri e attività. Nel contesto della emergenza sanitaria e delle misure di contenimento in atto, purtroppo, le attività così come le prove si sono svolte a distanza e quindi sono risultate limitate le modalità di incontro e di scambio, ma non certo l’efficacia di un indispensabile esercizio di riflessione critica, che tutti gli anni ottiene successo presso i giovani. Al termine della prova di istituto, svolta in modalità online sincrona nel mese di febbraio del corrente anno scolastico, dove gli studenti hanno avuto l’opportunità di argomentare a partire da autori come Russel e Bauman, Sen e Pareyson, la commissione interna ha selezionato quattro elaborati: i saggi in lingua italiana di Matteo Zelli e Valeria Ippoliti e quelli in lingua inglese di Simone Benedetti e Valeria Porcacchia. I vincitori hanno poi sostenuto la selezione regionale che si è svolta in un unico giorno, il 31 marzo 2021, in modalità online sincrona sulla piattaforma Philolympia, con prova eguale per tutti gli studenti e per tutte le Regioni italiane. Ancora una volta un ragazzo del nostro liceo, Matteo Zelli è stato selezionato per partecipare alla competizione nazionale, prevista per il 28 aprile. Si propone qui la lettura dei due saggi in lingua italiana che hanno superato le fase d’istituto. Prof.sse Loretta Calabrini e Marisa D’Ulizia
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ESERCIZIO DELLA LIBERTÀ E RICONOSCIMENTO DELL’ALTRO. Un rapporto ben bilanciato tra individuo e comunità. Nel dipinto “La Liberté guidant le peuple” del pittore romantico Delacroix, la luce e l’attenzione nella scena sono focalizzate sulla personificazione della Libertà, vestita d’oro e in contrasto con il caotico grigio della Rivoluzione e della città sullo sfondo. Quest’immagine rappresenta pienamente un carattere proprio dell’uomo sin dai primi secoli della sua storia: l’insistente e continua ricerca della libertà per combattere la necessità da cui è oppresso. È opportuno, pertanto, comprendere quale sia l’effettiva natura della libertà, in che senso l’uomo si relazioni con questo principio e quale sia il rapporto tra libertà, necessità e giustizia. In primo luogo, la libertà è un ideale che l’uomo ha il compito di perseguire e conoscere in modo quanto più completo: come afferma Weil, infatti, l’uomo non può conoscere e raggiungere la libertà nel suo massimo grado di perfezione ma, chiarendo a se stesso quale sia la natura di tale principio, può elevarsi ad una condizione meno imperfetta di quella iniziale. Poiché, però, l’uomo è immerso in una società e in un sistema che lo rendono minima articolazione di un corpo più grande, è necessario prendere coscienza del fatto che la libertà ha un limite nei confronti della giustizia: una libertà che non riconosce l’esistenza dell’altro, e ne lede pertanto questo suo diritto, infatti, non può definirsi essenzialmente tale, secondo quanto asserito da Albert Camus. La vera libertà dell’uomo, di conseguenza, è definibile come “libertà con”, prima che “libertà da” e “libertà di”. Per essere effettivamente libero, infatti, l’uomo deve trovare un equilibrio tra individualismo e collettivismo, così da poter esprimere e manifestare la propria persona, esercitando il suo diritto di esistenza, senza però danneggiare la medesima condizione altrui. Ricœur parla in questo senso di un genere di libertà che permette al singolo di compiere scelte in maniera autonoma, rendendolo pertanto protagonista della propria esistenza; la più completa manifestazione di tale libertà, tuttavia, si ha, secondo il filosofo, soltanto nel rapporto con l’altro, e solamente attraverso il chiarimento dei propri doveri nei confronti della società l’uomo può ritenersi effettivamente libero. Poiché la vera libertà parte quindi dalla comprensione della propria condizione e del proprio rapporto con essa e, pertanto, da un atto proprio della sua essenza di organismo pensante, è possibile confutare la tesi
spinoziana sull’esistenza di una causalità immanente e necessaria che annulla il libero arbitrio umano: le cause delle azioni e delle scelte vanno cercate soltanto nella ragione e nella volontà di chi le compie e non sono da ricercarsi in un principio regolatore esterno. È possibile, inoltre, evincere da questo argomento che non tutti gli uomini sono liberi, nonostante chiunque abbia la possibilità di esserlo: sebbene possa sembrare che ognuno si trovi in una condizione di ἐλευθερία, molti vivono in una condizione di libertà illusoria, che o lede quella altrui, o addirittura, perché troppo concentrata su quella collettiva, danneggia la propria libertà individuale. È evidente, quindi, che la libertà può essere raggiunta solamente a partire da un primo passo necessario, cioè il riconoscimento dell’equilibrio tra individuo e società. Questo bilanciato rapporto che lega libertà e necessità, di conseguenza, confluisce in una giustizia conforme alla natura dell’uomo e alle sue aspirazioni: politiche e legislazioni che tengano conto di questo suo carattere sono le uniche in grado di poterlo far progredire; secondo quanto affermato da Grozio e dal giusnaturalismo, infatti, è necessario che la legge umana rispetti la natura dell’uomo e che si basi proprio su di essa. Inoltre, proprio dalle parole di Camus è possibile comprendere come il progresso parta dall’equilibrio tra individualismo e collettivismo. In questo senso, una politica che si occupi del mantenimento di una condizione in cui una maggioranza di uomini è libera è senz’altro più favorevole allo sviluppo del singolo e dell’intera società. Questo processo diventa necessariamente bilaterale e continuo: la libertà, basata sul riconoscimento di sé e dell’altro genera progresso, producendo così un circolo virtuoso che giova allo sviluppo dell’uomo. Il raggiungimento di questa condizione, infine, permetterebbe all’uomo di far allentare la presa all’oppressione della necessità. Quanto afferma Simone Weil è infatti condivisibile solo in parte: è vero che l’uomo non può liberarsi dalla morsa della necessità, tuttavia una condizione in cui egli vive liberamente, come singolo e come parte di una società, è sicuramente utile a scalfire tale morsa e ad alleggerirne il peso. Matteo Zelli
LO SGUARDO ALTERNATIVO DELLA FILOSOFIA Ciò che rende incredibile il genere umano risiede nell’innata curiosità di noi mortali che ci fa tendere a qualcosa che non si può conoscere in maniera assoluta. In tal senso dunque la filosofia appare la dottrina che in modo più compiuto può esplorare il materiale umano di cui ognuno di noi dispone, orientandoci in una direzione intellettualmente incomparabile: l’insaziabilità gnoseologica. Di fatto, il progresso umano verificatosi nel tempo è nient’altro che il frutto di un’indagine totalizzante e cioè che ha investito tutti i campi del sapere; per questo motivo la ricerca umana nell’ambito scientifico ha comunque di fondo una sagacia intellettuale, tipica del pensiero filosofico. Ne è dimostrazione evidente il fatto che i primi filosofi furono quelli della physis: la fisica, cioè lo studio della natura, appare teoreticamente una scelta dell’indagine, e non il meccanismo propulsore, che invece è il pensiero. Inoltre la scienza, i cui capisaldi sono diventati più solidi con la rivoluzione scientifica del XVII secolo, ha affermato di poter coniugare sapere e potere, che sono da sempre categorie di analisi del processo filosofico. Per di più la superiorità della filosofia rispetto alla scienza è individuabile in un fatto indiscutibilmente vero e storico: la scelta di porre l’uomo al centro del mondo fu elaborata dapprima dalla filosofia, e la scienza si è regolata di conseguenza elaborando, per secoli, la dottrina geocentrica. Emerge dunque che alla base di qualunque tipo di pensiero ci sia un sostrato di indubbia matrice filosofica. Il fascino di tale speculazione è testimoniato dal modus operandi di Socrate, che merita realmente l’appellativo di filosofo. Ciò che ci ha insegnato costui è come poter imparare a vivere con noi stessi: solo conoscendoci in modo approfondito potremo diventare in futuro ciò che siamo. Non esiste alcun tipo di verità certa, universalmente valida e perentoria, e proprio per questo vive in
ciascuno di noi in maniera differente. Ne consegue che le differenti speculazioni filosofiche offerteci nel corso del tempo dai vari filosofi esibiscono un panorama fitto di diversi tipi di genialità umana e, come afferma Bertrand Russell, suggeriscono «molte possibilità che espandono i nostri pensieri e li liberano dalla tirannia dell’abitudine»; la filosofia, nella sua versione migliore e autentica, spinge quindi l’uomo a cercare una verità alternativa a quelle già fornite. Dal resoconto di queste congetture, che investono molti aspetti della conoscenza, è martellante la presenza del tentativo umano di innalzarsi ad una dimensione ontologicamente superiore alla sua, e cioè a Dio. L’osservazione che fa in merito Kant è forse la più interessante: a prescindere da qualunque tipo di interpretazione storica delle religioni, che invece verrà condotta in seguito da Hegel, ciò che può essere detto con certezza è che la metafisica è un bisogno umano. La metafisica, pur essendo la branca della filosofia più critica e complessa, credo che dimostri in modo tangibile la potente funzione della filosofia, che ci fa avvicinare a quelle che lo stesso Kant chiama “idee metafisiche” e che, pur non essendo spiegabili razionalmente, sono necessarie. Non è giusto quindi attribuire alla filosofia, che etimologicamente significa “amore per il sapere”, significati diversi e teoreticamente in disaccordo con le premesse con cui nacque spontaneamente. Non è senno quello di chi paragona la filosofia alla Nottola di Minerva, la quale, iniziando il suo volo al crepuscolo, ha metaforicamente una pura funzione esegetica della realtà. Non è infine questo il tipo di modestia che un filosofo dovrebbe avere in cuor suo, giacché, amando la conoscenza, e quindi il dialogo intellettuale, non dovrebbe, per questioni etiche, usufruire del consenso per confondere il suo pensiero con una dottrina univoca del sapere. «Il sapere del cuore -dice giustamente Jung- non si trova nei libri, né in bocca ai maestri, ma cresce da te, come il verde frumento dalla terra nera». Valeria Ippoliti
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LA MOLLÀNIA E I BAMBINI DI UNA VOLTA L Vittorio GRECHI
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a mollània è il nome dialettale dell’Albero di Giuda (cercis-siliquastrum) in uso in alcune zone della Valnerina. Secondo la tradizione si chiama “Albero di Giuda” perché una leggenda medioevale, nata per spiegare l’apparire dei fiori sulla nuda corteccia prima ancora delle foglie, racconta che sotto questo albero Giuda Iscariota diede il bacio a Gesù e più tardi, travolto dal rimorso per averlo tradito, vi si impiccò. È una pianta molto bella quando fiorisce ed è stata pure molto utile ai contadini fino agli anni CinquantaSessanta del secolo scorso. Dopo la fioritura, e prima che i fiori si trasformino in baccelli, la pianta si ricopre di foglie cuoriformi, larghe da 5 a 10 cm. Questa caratteristica era sfruttata per fare delle corone con i rami pieni di foglie. E cosa ci facevano i contadini con queste corone? Abbiamo raccontato più volte che non c’era acqua corrente nelle case e quindi era necessario trasportarne in quantità per l’alimentazione dei maiali e degli animali da cortile, oltre a quella prelevata dalle donne con conche di rame o brocche di terracotta per uso umano. Questo trasporto avveniva con bigonce di legno caricate su barrozze, traglie o in groppa all’asina. Per evitare che con il movimento e i sobbalzi l’acqua si perdesse per strada, si metteva una corona di rami di mollània sopra il pelo del liquido in modo che le onde venissero frenate dall’intreccio fra rami e foglie. Anche quando era ora di pompare gli ulivi o la vigna col verderame si usavano queste corone a copertura sommaria delle bigonce. E i bambini di una volta cosa c’entrano? C’entrano perché, uscendo da scuola, molti di loro dovevano attraversare boschi e campi coltivati a ulivi, vigne e piante da frutto, lungo mulattiere in salita, con la borsa pesante e magari pure un ombrello, prima di poter raggiungere la propria casa. “Portatelo, non si sa mai! Se viene giù un acquazzone ti bagni e poi ti viene la febbre”, insistevano le mamme al rifiuto di prendere l’ombrello con quel bel sole! Allora ai primi caldi la fatica si faceva sentire e veniva anche sete e non c’erano fontane lungo il tragitto. Però c’erano molte piante di mollània, sia nel bosco che ai lati dei viottoli, e allora per dissetarsi piluccavano i bellissimi fiori dai rami più bassi e li masticavano con grande piacere. Nessuno pensava che in futuro i migliori cuochi li avrebbero usati per preparare sfiziosi manicaretti. Molto più semplice era
strappare da terra fiori di viole, ciclamini o una manciata di erba acetosella e masticarne specialmente i gambi, pieni di liquido acidulo. E se c’era un mandorlo pieno di frutti acerbi, ma molto gustosi al palato dei bambini, essi ne facevano razzia fin dove potevano arrivare con le mani. E altrettanto facevano con l’albicocco, col ciliegio, col susino e perfino col fico: anche quei piccoli frutti appena formati erano dissetanti, ma molto lontani dal sapore che avrebbero avuto dopo, una volta arrivati a maturazione. Anche un bel campo di fave poteva essere utile con i suoi freschi baccelli e, se non c’erano orti o frutteti, erano le viti a offrire di che dissetarsi. Bastava prendere e masticare i virgulti nati lungo il tronco o, se era giugno, i germogli (le “femminelle”) che crescevano tra foglia e tralcio. Anche questi erano pieni di acqua e avevano quel sapore un po’ acidulo, simile alla frutta acerba, che tanto piaceva ai bambini. Oggi i bambini non gustano più questi sapori perché tornano a casa con lo Scuolabus, mentre le mulattiere percorse dalle precedenti generazioni sono state riassorbite dalla vegetazione. Anche le piante non gioiscono perché lo spazio lasciato libero dai ragazzini è stato occupato dai cinghiali, ben più numerosi e distruttivi.
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