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Femminicidio, crimine senza se e senza ma P.L. Seri

LA PARTECIPAZIONE

nei processi decisionali

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Giulia PICCIONI Come ci ricorda il sociologo, Paolo Ceri, due sono i principali momenti in cui un cittadino è spinto ad avvicinarsi ai processi partecipativi: quando si sviluppano istanze sociali che rivendicano l’accesso e la possibilità d’azione in specifiche arene decisionali e quando chi dispone del potere ha l’esigenza di estendere ad altri l’accesso e la capacità d’azione. Nell’ambito del patrimonio culturale sono stati diversi i momenti in cui la partecipazione attiva dei cittadini ha iniziato a strutturarsi e, successivamente, a trovare conferma dagli strumenti giuridici nazionali e internazionali. Già negli anni Settanta del Novecento emerse la necessità, da parte delle popolazioni, di conservare e promuovere le peculiarità del proprio patrimonio e territorio mettendo in campo processi di partecipazione nati dal basso che andassero a scontrarsi con politiche standardizzate di gestione (Nascono così gli Ecomusei!). Ma questo sentimento ha condotto alla ridefinizione del concetto stesso di Patrimonio culturale allargandolo, attraverso le normative internazionali e non solo, alle categorie di Patrimonio materiale e immateriale e di Patrimonio naturale. La partecipazione della cittadinanza ai processi decisionali ha condotto, quindi, a grandi rivoluzioni sociali e giuridiche, permettendo l’integrazione tra un approccio locale e uno globale. Le associazioni e le cooperative di comunità, che si caratterizzano per una capillare presenza sui territori e per il livello di professionalità degli associati, perseguono gli interessi della comunità e le necessità del territorio in cui vivono, e per questo è sempre più importante stabilire un dialogo con loro. Capire quali siano i bisogni e le tensioni di una popolazione permette di mettere in campo azioni politiche più puntuali, più finalizzate agli interessi comuni, maggiormente condivise e sostenute, rendendo la missione dell’ente pubblico un insieme di obiettivi cui tende ciascuno di noi. A differenza delle convinzioni comunemente condivise, in Italia sono moltissime le esperienze da cui si può prendere ispirazione. A Sciacca, in provincia di Agrigento, una Cooperativa di comunità (composta da artigiani, commercianti, strutture ricettive, ristoranti, associazioni culturali e di categoria) si è resa portavoce dell’identità e della bellezza del suo territorio, dando vita ad un modello economico sostenibile con l’obiettivo di generare consapevolezza del proprio patrimonio storico artistico, paesaggistico, artigianale ed enogastronomico. Espressione diretta ne è il Museo a Cielo Aperto: Sciacca città dei 5 sensi. A Fontecchio (AQ) in Abruzzo, nell’ambito della ricostruzione post sisma del 2009, l’amministrazione pubblica ha optato per un processo di progettazione partecipata favorendo la costituzione di una Cooperativa di comunità coinvolta nella ricostruzione del proprio futuro economico, sociale e culturale. Nasce così Casa&Bottega, un progetto di social housing, che mette in affitto abitazioni a prezzi calmierati, favorisce la creazione di occupazione e la nascita di nuove occasioni di sviluppo economico disponendo di botteghe, anch’esse concesse a prezzi sostenibili, e facendo leva su un uso etico del patrimonio pubblico. Potremmo andare avanti con gli esempi senza finire mai (esiste una letteratura sconfinata in materia che s’intreccia, fra gli altri, con il tema dei Beni comuni). Non è un caso se queste esperienze, pur con periodi di contrazione e crisi, hanno sempre più spesso un risultato efficiente ed efficace per il raggiungimento degli obiettivi di valorizzazione dei beni disponibili, salvaguardia e sostenibilità ambientale, incremento dell’occupazione e sviluppo sostenibile. Assumendoci una responsabilità attiva nei confronti dei luoghi in cui viviamo, ci autodefiniamo come soggetti portatori di fondamentale sostegno alle politiche di gestione, sviluppo e valorizzazione dei luoghi che incidono profondamente nella costituzione della nostra stessa identità.

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