La pagina maggio 2012

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Numero 95 - Maggio 2012

Mensile a diffusione gratuita di AttualitĂ e Cultura

Calvi dell’Umbria


La sala G, G casa delle idee e dei progetti 3

Undicimila sedie rosse

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AAA Pifferaio magico cercasi...

- P Fabbri - A Melasecche

Dal Marocco senza amore: il caso di Amina

- F Patrizi

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TECNO OFFICE

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COMUNE DI CALVI DELL’UMBRIA

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Gli errori nella toponomastica ternana

8

Le rivoluzioni hanno sempre punito le élite irresponsabili...

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ALESSIO FOCONI - R

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Televisione e letteratura - P Seri

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FO N D A Z IONE C ASSA DI R I SPAR MI O

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Alimentazione e salute

- W Mazzilli - A Pieralli

Bellu cci

- L F Bianconi

I significati nascosti nel cibo

- S Marsiliani, P Pernazza

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M O LI N O DE L DUC A C E SI

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LICEO CLASSICO

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Una storia sbagliata

17 - 18

PROGETTO MANDELA

19-20-.21

A S S O C I A Z I O N E C U L T U R A L E L A PA G I N A

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ELIA ROSSI PASSAVANTI

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LABORATORI SALVATI

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A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I

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L A S TA N Z A D E L S A L E

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N U O VA G A L E N O

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AMARCORD TERNANA - M

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CO. RE. IN. - Barriere fonoassorbenti

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U M B R I A WAT E R F E S T I VA L

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A l l a s c o p e r t a d i . . . LA CASCATA DELLE MARMORE

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Q uando i l male vince s ul bene

- G Marirossi, A Moriconi - L Santini

Ba rca ro tti - R Tommasi

- L Bellucci

L’avventura di un giovane fotografo contro il mostro ZTL 41

ALFIO

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Astronomia -

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L a z e c c a e l e r a d i c i i n d u s t r i a l i d i Te r n i

- LB

E Costantini, P Casali, M Pasqualetti , T Scacciafratte

Un incontro atteso da circa un anno ALLEANZA TORO

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Amianto... non è un vecchio ricordo!

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GLOBAL SERVICE

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SUPERCONTI

PA G I N A

- F Neri

- C o m itato quartiere CARDETO

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LA

- L Santini

Mensile di attualità e cultura

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti

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Da La Pagina, Settembre 2004 ... Apriamo l’epoca di un nuovo umanesimo, delle relazioni tra umani e della emarginazione dei disumani. Viviamolo con rispetto, facciamolo senza violenza. Il mio giornale si impegnerà per unire uomini liberi, colti, moderati per individuare con loro altre categorie della politica. Da La Pagina, Settembre 2008 ... Fiore di pesco. Sì! Un nuovo partito, figlio del tempo, perché virtuale, e di una intrepida speranza, perché avverso al dilagante tornaconto personale. E figlio dei fiori, naturalmente. Non interessato a fede ideologica, ma a ragione e a cultura. Un partito i cui simpatizzanti si riconoscono dal comportamento di tutti i giorni, non da quello dei dì di festa e non si accatastano come pecore per pietire privilegi. Noi del FdP non amiamo chi amministra alle spalle dei lavoratori, quelli che dicono di difenderli, ma non hanno mai lavorato. Disprezziamo coloro che si servono della politica per non andare in galera. La nostra politica è assiologica, dei valori, e reca con sé la presunzione che molti di questi siano condivisibili e che alcune nostre idee possano essere utili a futuri amministratori, qualsiasi sia la loro bandiera. Da Senatori della città, Febbraio 2011 ... Il mondo attuale non è certo mundus, pulito cioè, ma è stato trasformato dalla politica in un im-mundus tossico, prettamente utilitaristico, affaristico, velinistico-zoccolante giacché è stato sparso ad ampia mano, mediante esempi ributtanti, il seme del cazzisuismo ad oltranza... Riteniamo dovere comune quello di impegnarsi disinteressatamente per la propria terra, per la propria città, per il proprio paese. A tal fine proponiamo i Senatori della città. Si tratta di promuovere un volontariato a tutto tondo, da parte, in particolare, di quegli amministratori e di quei politici che, dopo aver espletato due mandati, se si credono ancora così importanti come da sempre fanno apparire, e lo sono davvero, inibiti tutti per legge, soprattutto morale, a qualsiasi ulteriore mandato politico, inizino a lavorare in maniera completamente gratuita ad esclusivo vantaggio dei giovani, qualunque sia l’orientamento partitico di quest’ultimi. I Senatori della città parlano con i cittadini, consigliano i giovani, mettono non solo la loro esperienza ma anche il loro sapere a disposizione degli altri. Cercano i talenti e le intelligenze tra i cittadini, seguono loro idee e loro progetti. Istituiscono corsi per futuri amministratori, corsi nei quali scambiare idee, promuovere progetti, ma, soprattutto, preparare alcuni cittadini ai saperi necessari ad un amministratore moderno. E tutto gratuitamente perché chi ha già dato ed è bravo e saggio non prende soldi dagli altri, altrimenti si riduce a mercenario e un mercenario ha a cuore solo i propri interessi... Scenderemo in campo anche noi di FdP, già autonominati Senatori della città, senza una lira in tasca, onesti però e ricchi nel cuore e nella mente. Senza padroni, saremo al servizio soltanto del territorio e del Paese ai quali daremo senza chiedere, ricevendone in cambio solo la serena consapevolezza di aver ben operato per i nostri figli e per i figli degli altri...

D a sempre lavoriamo lungo le direttrici sopra espresse. Oggi, con la Sala G, abbiamo anche un luogo fisico di incontro per tutti coloro che provano gioia nello stare insieme e desiderano condividere atmosfere lontane dai pettegolezzi, dal tifo, dalla violenza verbale, dagli intrighi, dal sottobosco partitico, dal veleno sociale. La Sala G è per chi ama la cultura, la discussione, l’arte, la scienza e, soprattutto, il nostro splendido territorio umbro, le sue tradizioni, la sua storia. È per chi si impegna a creare aspettative migliori per le generazioni future. È, dunque, per chi vuole fare davvero politica ed è nauseato da quella partitica che vede galleggiare tutti coloro che, incapaci e nullafacenti, molte volte con conti aperti con la giustizia, hanno massacrato il nostro Paese. Anche a quelli che fanno finta di essere puliti occorre domandare dove cavolo fossero quando il parlamento coniava leggi ad personam o imparentava per votazione Ruby a Mubarak o aumentava emolumenti e prebende a livelli vergognosi, o rinnovava il latrocinio dei rimborsi elettorali. Dove erano quando i loro tesorieri rubavano a quattro ganasse, quando si scodinzolava agli analfabeti che compravano lauree, quando si coniava il nomignolo di escort perché chiamarle zoccole sarebbe stato troppo sconveniente per il satrapo che le stuprava, quando si violavano i referendum dei cittadini, quando si facevano leggi porcellum contro la morale comune e la democrazia stessa, quando si spartivano torte con i compagnucci di merenda! Se non ci sarà sostituzione totale di tutti coloro che hanno partecipato a questo sfacelo, allora consegneremo il nostro Paese nelle mani dell’antipolitica, di gente che, pur partendo da alcune giuste motivazioni, poi, inesorabilmente, si fa facinorosa, irriverente, e innesca il rischio che si ripercorra il solco di barbarie già patite. N ella nostra sala G, casa delle idee e dei progetti, vogliamo vivere in armonia con cultura e amicizia e generare, così, un diverso modello anche per la politica che noi amiamo. Si tratta, pertanto, solo di dare, mai di prendere. Giampiero Raspetti


Undicimila sedie ro s s e

Memoria e conoscenza sono parenti strettissime, perché è impossibile riuscire ad ottenere una decente consapevolezza della vita e del mondo senza coltivare con attenzione i ricordi, specialmente quelli poco Ma è già qualcosa, perché altrove c’è la nebbia: il frantumarsi della Jugoslavia piacevoli, fastidiosi e faticosi da affrontare. Perché si ci ha insegnato nomi nuovi come Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia, Montenegro, dimentica con facilità irrisoria: gli organi di informazione, Kosovo, e una pletora di cognomi che terminano in “ic” che sono difficili da i libri, le chiacchierate tra amici, i nostri stessi neuroni ricordare. Si scoprirono differenze d’etnie, di religione, di nazionalismi e di tornano per inerzia solo verso certi fatti, rivestendoli minoranze, ma era tutto così complicato che era difficile capire, difficile schierarsi, d’importanza apparentemente assoluta, e per pigrizia e quindi era più facile dimenticare. Chiedete cosa sia successo in Jugoslavia o incapacità lasciano che altri concetti, spesso ben più vent’anni fa, e quei pochi che fondamentali per la nostra proveranno a rispondere, quasi coscienza, siano invece certamente interromperanno la riserenamente -e sopratsposta dopo poche parole con un tutto frettolosamentesorriso e l’inevitabile chiusa: cestinati nel dimentica“…ah, era proprio un gran toio. casino”. Lo scorso cinque Ed è vero, era proprio un gran Aprile la via principale casino. E i casini sono difficili da di Sarajevo e stata riemclassificare, ma generano facilpita da un fiume di sedie mente orrore e terrore: stupri rosse. Un rosso vivisetnici, fucilazioni di massa in simo, acceso, e non fosse comuni, assassinii diretti poteva essere diversasoprattutto verso i civili. mente, visto che il E l’Occidente impotente, che colore doveva ricordare restava a guardare. quello del sangue verSarajevo è città lunga e stretta, sato. Undicimilacinquecircondata da montagne. Capitale centoquarantuno sedie, della Bosnia e Erzegovina, molte delle quali di dienclave musulmana nell’Europa mensione più piccola, a L e 11 5 4 1 s e d i e r o s s e d i S a r a j e v o - a l c u n e p i c c o l e , p e r b a m b i n i cristiana, è stata per molto tempo ricordare i bambini che una città che proprio nell’essere sono annoverati in un crocevia interculturale aveva il suo fascino e la sua forza maggiore. Ma l’essere così spaventoso numero di vittime. Il fiume di plastica capitale d’uno stato d’una federazione disgregata (e per di più d’una religione certo rossa, il chilometro di sedie allineate e fitte ricordava non vista di buon occhio ad ovest del Bosforo) l’ha resa preda appetibile, e le al mondo che giusto venti anni fa, il 5 Aprile 1992, montagne attorno l’hanno resa esposta all’assedio. Proprio come quello che si studia iniziò il più lungo e assurdo assedio dei tempi moderni. nella storia antica: l’esercito attorno, la città all’interno, per più di tre anni. Non i Sarajevo venne stretta dalle colonne militari serbe in dieci di Troia, ma un’ottima approssimazione, alla fine del ventesimo secolo. E non quel lontano giorno di primavera, e i cannoni e i c’era Achille che chiamava Ettore a battersi fuori dalle mura, ma cecchini che cecchini avrebbero poi continuato a sparare per più di aspettavano che le persone attraversassero la strada per fargli saltare la testa: tre anni, fino al 29 febbraio 1996, contro la cecchini anche di sesso femminile, che sparavano con identica nonchalance ad popolazione civile d’una città che continuava a non adulti, vecchi, e bambini. credere che un orrore del genere potesse davvero Otto anni appena dopo la gran festa mondiale delle Olimpiadi. avvenire e durare per così tanto tempo, nel cuore Appena dall’altra parte dell’Adriatico, a davvero poche centinaia di chilometri da dell’Europa culla di civiltà. casa nostra, in linea d’aria. È davvero difficile spiegare a chi vent’anni fa non Nella ricca e civilizzata Europa. era ancora nato, o era troppo piccolo, cosa sia davvero Senza un nome per ricordare l’orrore, senza un briciolo di organizzazione nei ricordi successo in quegli anni nei Balcani. Ed è forse che ci aiuti a darci una spiegazione, è più difficile tenere a mente la dura lezione: davvero la nostra stessa memoria a tradirci: Sarajevo quella che ammonisce che la barbarie è sempre molto più vicina e possibile di rimane ancorata all’idea dell’assassinio dell’erede al quanto siamo soliti credere. trono d’Austria, al colpo di rivoltella di Gavrilo Se quelle undicimila sedie servono a farcelo ricordare anche solo per un istante, Princip che dette inizio alla Grande Guerra; forse saranno state utili. Utili a noi, non alle 11.541 persone che le hanno lasciate vuote. ritorna nelle menti degli amanti degli sport come sede di Olimpiadi Invernali nel 1984, prima che come sede P i e ro F a b b r i d’un medievale assedio che peraltro si è realizzato otto anni dopo quelle stesse Olimpiadi. Forse, la memoria ha davvero bisogno di semplificazioni, di agganci, e -purtroppo- di giudizi preconfezionati. La Guerra del Golfo ha un bel nome mnemonico, è facile da ricordare, anche se spesso molti dimenticano che di “guerre del Golfo” ce ne sono state due. L’Undici Settembre ha il carisma della data fatale e la coreografia delle immagini in diretta, tanto che è stata inchiodata come punto saliente nei libri di storia prima ancora che la polvere delle due torri si fosse del tutto posata. E poi Vietnam, Corea, Afghanistan: l’infinito scontro in Palestina, prolifico di nomi evocativi come “Guerra dei Sei Giorni”, “Guerra del Kippur”, e la prima e seconda Intifada. I nomi sono importanti, rassicurano il cervello: dal nome si risale facilmente all’evento (sempre semplificatissimo nei ricordi, ma comunque registrato) e dall’evento al giudizio (spesso ancor più preconfezionato e automatico, ma comunque presente), e ci sia accontenta di questa memoria schematica e approssimativa.

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AAA Pifferaio magico cercasi... Il Pifferaio magico, fiaba tradizionale tedesca trascritta dai fratelli Grimm, prende forma intorno al 1300 in Sassonia e racconta di questo personaggio che, non appena inizia a suonare, viene magicamente seguito da tutti i ratti che invadono la città di Hamlin, incantati dalla sua musica, fino a gettarsi nel fiume. Il Medio Evo è concluso da secoli, ma a Terni avremmo bisogno di un incantatore di topi, poiché da tempo si è rilevato un aumento esponenziale di roditori nel centro città. E’ un tema questo che esula da quelli di cui mi occupo normalmente ma, come cittadina e come madre di una bambina di 9 mesi, mi sembra doveroso sollecitare l’attenzione di tutti su questo problema. Ecco i fatti: pochi giorni fa in un condominio di Corso Tacito due topi di grosse dimensioni salgono per lo scalone fra le grida allarmate di una madre con un bambino in braccio. Domenica scorsa un residente in Corso Vecchio, a poche decine di metri di distanza, denuncia l’attacco di vari topi alla montagna di sacchetti di immondizia giacenti da qualche giorno per strada. Una settimana fa nell’androne dell’edificio in cui abito, stessa zona, due ratti fanno la spola tra i sacchetti depositati all’esterno del palazzo, in attesa di essere prelevati, e il locale da cui si accede alle cantine. Episodi analoghi in Via Aminale. Non stiamo parlando di colorati Mickey Mouse da cartone animato, né di piccoli topolini di campagna, che è più facile associare ai più casalinghi criceti, ma di animali di ben altra stazza e pericolosità. La situazione è allarmante tanto che alcuni amministratori di condominio si sono dovuti rivolgere a ditte specializzate nella derattizzazione. Ma si tratta di interventi del tutto parziali e temporanei, perché, fino

a quando la raccolta differenziata porta a porta non verrà gestita in modo diverso, soprattutto con il caldo, tale problema porterà a situazioni sia spiacevoli che pericolose. I cittadini tutti debbono osservare le regole prestabilite, ma Comune ed ASM debbono fare le cose molto più seriamente. La lettera inviata alle famiglie in data 6 giugno 2011 a firma congiunta Comune di Terni e ASM prevede ad esempio che il residuo, cioè i rifiuti indifferenziati non riciclabili (ove vengono gettati i pannolini per bambini) venga prelevato una sola volta la settimana obbligando quindi a conservarli per un periodo troppo lungo di tempo. Chiunque ha un bambino piccolo sa che ciò non è possibile. Inizia quindi un inevitabile peregrinare alla ricerca dei pochi bidoni superstiti ai margini dall’area interessata dal porta a porta. Non solo, il materiale organico ed umido, cioè i residui di cucina, debbono essere custoditi, altrettanto gelosamente in casa, dal lunedì, unitamente a quelli del martedì e del mercoledì per essere ritirati la mattina del giovedì, dopo abbondante fermentazione. In altre città la differenziata funziona perché i controlli sono puntuali, le sanzioni per i trasgressori sono convincenti, il ritiro avviene con maggiore frequenza, ma soprattutto sono state mantenute le isole ecologiche anche con cassoni interrati. A Terni c’è sicuramente una corresponsabilità tra un progetto attuato con pochissime risorse e l’inciviltà di coloro che abusano della situazione per lasciare ovunque, a qualunque ora, ogni genere di rifiuto, con i topi che s’ingrassano contenti di tanta abbondanza. Sarà sufficiente denunciare pubblicamente la situazione oppure le famiglie saranno costrette a portare i propri sacchetti a Palazzo Spada? alessia.melasecche@libero.it

Dal Marocco senza amore:il caso di Amina È stato del tutto inutile che Lachen, il papà di Amina, quindici anni appena, presentasse una denuncia ai danni del venticinquenne Mustafa, accusato di aver stuprato sua figlia. Sapeva già come sarebbe andata a finire. A Chourfa, un piccolo villaggio della costa atlantica settentrionale del Marocco, la voce si era subito sparsa, Lachen voleva ricorrere all’articolo 475 del Codice Penale, che punisce con il carcere lo stupro di una minorenne. In questi casi, la prassi vuole che il giudice intervenga in tempo prima che scoppi uno scandalo e che proponga una conciliazione tra le parti. Lo stesso articolo 475 prevede infatti che la pena sia annullata se l’aggressore sposa la vittima. Il giudice ha dunque fatto ragionare Lachen e gli ha prospettato l’unica soluzione praticabile per riparare al disonore di avere in casa una ragazzina non più vergine: se il processo avesse effettivamente provato l’avvenuta violenza, nessuno si sarebbe più avvicinato ad Amina e la famiglia avrebbe vissuto nella vergogna per intere generazioni. Lo stupro, nella cultura giuridica marocchina, non è un’offesa alla donna, ma un disonore per la famiglia, il padre della donna è considerato la vera vittima. Così, una settimana dopo, Amina è stata costretta dalla sua famiglia a concedersi in sposa al suo stupratore Mustafa; dopo le nozze, come usanza, è andata ad abitare a casa dei suoceri, i quali l’hanno accolta dicendole che era solo una prostituta che aveva sedotto e messo nei

guai il loro povero figliolo. Dopo pochi giorni, il 10 marzo scorso, la ragazzina ha ingerito dei barbiturici e si è suicidata. Il caso di Amina al-Filali ha indotto duecento donne a manifestare davanti al Parlamento di Rabat. Il Consiglio dei Ministri, riunito quel giorno, ha preso in considerazione l’eventualità di modificare l’articolo 475, anche se il problema non è tanto la revisione del Codice, quanto le modalità della sua applicazione. Di fatto in quasi tutti i processi per stupro, la donna, da vittima, finisce condannata per dissolutezza e l’uomo viene assolto. Nonostante la riforma della Moudawwana (Codice di famiglia) voluta dal sovrano nel 2004, il Marocco conserva un’impostazione giuridica e sociale fortemente arcaica e maschilista. Addirittura, come hanno raccontato alcune manifestanti, lo stupro viene praticato come estremo espediente per costringere una donna a sposare il suo spasimante quando questi viene respinto. I matrimoni nati dalla violenza rappresentano una maggioranza silenziosa e dolorosa e i figli nati dalla violenza non sono ben accetti dai genitori. Nadia stava per sostenere l’esame di maturità quando suo cugino l’ha violentata, la famiglia l’ha costretta al matrimonio per farlo uscire di carcere; quando è nata una bambina, il ragazzo l’ha riconosciuta, ma i due non vogliono saperne di stare insieme, aspettano solo di divorziare. F r a n c e s c o P a tr i z i Lui, per rifarsi una vita, lei no.

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COMUNE DI CALVI DELL’UMBRIA Calvi dell’Umbria è un antico borgo medievale, contornato da un paesaggio collinare che degrada fino alla valle del Tevere da un lato e da una cornice di monti dall’altro. La parte più alta del territorio è rappresentata dal Monte S. Pancrazio (1100 mt slm), dalla cui sommità è ben visibile tutta la valle Narnese-Ternana. Nelle giornate più limpide la vista si perde nelle vicinanze di Roma. Costituisce l’ultimo lembo dell’Umbria prima di fare ingresso nella Sabina. Per questo piace definirci la porta dell’Umbria. Il territorio è costituito da un parco della montagna e da terreni agricoli. Questi ultimi, ben coltivati con antichi criteri, danno frutti di straordinaria qualità. Vino, olio e cereali sono di grande pregio e vengono sapientemente utilizzati per la preparazione delle antiche ricette enogastronomiche in grado di offrire profumi, gusti e sapori d’altri tempi. Con grande orgoglio riconosciamo che Calvi è un paese prevalentemente agricolo e tramanda gli usi e costumi dell’antica civiltà contadina. Il centro storico di Calvi capoluogo è ricco di autentici scorci medievali, antichi palazzi e chiese. Nella piazza principale una facciata dell’architetto Pontificio Pierferdinando Fuga racchiude l’oratorio ove è conservato il Presepe monumentale in terracotta policroma del 1545 di Giacomo e Raffaele da Montereale (opera di grande pregio artistico) e la chiesa di S. Brigida. Dall’attigua via si accede al grande Monastero delle Orsoline, ora di proprietà comunale, che è divenuto anche interessante percorso museale. Racconta dal 1700 la storia di trecento anni di vita monacale di clausura. Dominante al centro del paese ed attiguo al monastero si erge palazzo Ferrini, dell’omonimo casato di origine romana, realizzato intorno al 1500. Le possenti mura, le maestose stanze, la bellezza architettonica lo fanno essere pregevole ed interessante sia sotto il profilo storico che funzionale. Proprio per queste sue caratteristiche di pregio è divenuto nel tempo sede municipale, archivio storico e sede del museo. Di recente, un’accurata ristrutturazione lo ha riportato al suo antico magnifico splendore. E’ stata colta anche l’occasione per riproporre un nuovo allestimento museale in grado di poter ricevere altre opere d’arte. Un ampliamento oltremodo utile perché l’Amministrazione ha ricevuto la donazione di una collezione di opere d’arte della prestigiosa famiglia romana Chiomenti-Vassallo. La stessa è costituita da oltre cento opere tra pittoriche e scultoree. Tra gli autori delle opere non passano sicuramente inosservati Bruegel, Reni, Torrigiani, Voet e tanti altri artisti illustri. E’ stato per noi un grande gesto di liberalità da parte del donante, Prof. Filippo Chiomenti, accolto a Calvi come benefattore della nostra comunità. L’arrivo delle opere è previsto i primi giorni di Giugno e l’inaugurazione avrà luogo il 9.06.2012 alle ore 16, 30. Può essere un’occasione per trascorrere una giornata a Calvi all’insegna della cultura. Il giorno successivo, invece, è possibile ammirare, nelle medievali vie del centro storico, la caratteristica infiorata del Corpus Domini. Alle persone che accoglieranno il nostro invito consigliamo di trascorre almeno tutto il fine settimana, approfittando degli agriturismi e dell’albergo centrale, ove è possibile degustare i prodotti tipici locali. Il Sindaco Silvano Lorenzoni

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Tel 0744/710119 Fax 0744/710159 sindaco@comunecalvidellumbria.tr.it www.comunecalvidellumbria.tr.it

INAUGURAZIONE 9 GIUGNO 2012 ore 16,30 PALAZZO FERRINI MUSEO CIVICO


Gli errori nella toponomastica ternana Nella denominazione delle vie cittadine sono presenti alcuni errori determinati sia da sviste dell’autore della lapidetta segnaletica sia da disattenzione degli Amministratori. Se ne presentano alcuni esempi, che sono stati posti all’attenzione del Comune di Terni, con l’auspicio, fino ad oggi disatteso, che si cancellassero gli errori. VIA EGIDIO ALBORNOZ Dopo il centro abitato di Piediluco, conduce al centro residenziale compreso tra Via V. Noceta e Via del Lago. Nella ex Circoscrizione Velino. L’odonimo (nome di strada) è attribuito con deliberazione della Giunta Municipale del 22 gennaio 1993. Gil (Egidio) Alvarez Carrillo de Albornòz (Cuenca [Spagna] 1310 ca. - Viterbo 1367), arcivescovo di Toledo, cardinale, uomo politico. Restaura il potere dello Stato della Chiesa in Italia, limitando le autonomie locali e signorili, e prepara il ritorno dei papi a Roma, dopo la Cattività avignonese (1308-77). L’attribuzione di questa denominazione è frutto di un’erronea lettura della storia locale. Si è voluta rinverdire la memoria del Cardinale ritenendo, a torto, che sia stato l’artefice della rocca di Piediluco. In realtà l’edificio è stato costruito nel XIII sec. dai Brancaleoni, Signori di Luco, ampliando una preesistente costruzione difensiva edificata dagli Arroni e che doveva risalire almeno al sec. X. In seguito la rocca di Piediluco è ingrandita da Blasco Fernandez da Belvis, rettore del ducato di Spoleto, signore del castello di Luco e parente del cardinale Albornoz. Blasco diventa proprietario della rocca, dopo averla acquistata dagli eredi dei Brancaleoni. Blasco, che è definito dal Sansi (1879: 244-5) “grande spogliatore dei popoli dell’Umbria”, è ucciso insieme al figlio Garcia in un agguato ordito a Piediluco. Lo storico ternano Merlino di Filippo riferisce che “il giorno 7 ottobre 1368 i Massari di Piediluco catturarono nel borgo Blasium de Belviso e che, dopo aver occupata la rocca, uccisero Blasco ed il figlio Garcia. Il papa Urbano V inviò un esercito al comando di Niccolò Orsini che occupò il borgo e il castello di Piediluco”.

Alla morte del duca segue la spietata rappresaglia del governo pontificio, perché cinquanta piedilucani sono giustiziati. Tenendo conto del numero esiguo degli abitanti del tempo, si può dedurre che tutti i nuclei familiari sono coinvolti nella strage. Attribuire, pertanto, al cardinale Albornoz una via di Piediluco non è solo un errore storico, ma rappresenta anche un’inopportuna esaltazione di una famiglia spagnola che ha arrecato lutti e devastazioni al paese. La Via Albornoz, che è esterna al centro storico di Piediluco, è di recente costruzione e ricalca un antico percorso, detto Strada di Colle Panetta, manomesso dopo la costruzione della variante esterna all’abitato di Piediluco. Sarebbe stato più opportuno rispettare la toponomastica storica e ripristinare la denominazione Strada di Colle Panetta. VIA AGOSTINO BERTANI Quinta laterale destra di Viale Brin; termina in Via del Raggio Vecchio. Nella ex Circoscrizione Tacito. Il Podestà, con delibera del 31 dicembre 1935, dedica ad A. Bertani la strada per ricordare il deputato che aveva caldeggiato la localizzazione a Terni della Fabbrica d’Armi. La lapidetta attribuisce erroneamente a Bertani il prenome Antonio. VIA GUIDO BACCELLI Prima laterale destra di Via L. Pasteur. Nella ex Circoscrizione Cervino. La denominazione è attribuita con delibera consiliare del 21 marzo 1983, “all’area di circolazione di un nuovo insediamento nei pressi di Strada del Cervino”, per ricordare un illustre medico. Tuttavia nella lapidetta fu assegnato erroneamente a Baccelli il prenome Gerolamo e non Guido. VIALE LUIGI CAMPO FREGOSO Il Consiglio Comunale, nella seduta del 10 marzo 1917, dedica a Luigi Campo Fregoso il Viale che “staccandosi dal Viale Benedetto Brin, dopo attraversato il ponte in ferro sul Nera, va a raggiungere l’antica Ferriera”, in memoria di una personalità che si era adoperata per lo sviluppo industriale di Terni. Tuttavia nella lapidetta i due cognomi sono stati fusi in Walter Mazzilli Campofregoso.

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Le rivoluzioni hanno sempre punito le élite irresponsabili. Puniranno anche quelle odierne Qualche tempo fa ho avuto il grande piacere di trascorrere per lavoro qualche giorno a Venezia. Un piacevole bocciolo di sole primaverile e un cielo e una laguna azzurri hanno accompagnato il mio peregrinare, a volte caotico, tra i calli e i sottoporteghi della Serenissima. Il mio incarico era oltremodo piacevole: visitare alcuni dei più bei musei locali alla ricerca di opere e di nuove relazioni per un futuro progetto su Casanova. Mentre mi aggiravo tra gli splendidi enormi saloni della fondazione Querini Stampalia, del museo Correro o dello stupendo Ca’ Rezzonico (ahimè troppo vuoti per i miei gusti di indefesso propagatore della Cultura), mi trattenevo ad ammirare i voluminosi ritratti dei grandi signori del passato. Si sa, la pittura del Settecento, il secolo in cui appunto visse Casanova, era ancora molto, oggi diremmo, filogovernativa. E allora eccoli pomposi e maestosi i dogi, i procuratori, i patriarchi e tutti gli altri alti rappresentanti di quella Repubblica Serenissima che durò per ben un millennio. Nei loro visi ho letto serietà, compostezza, consapevolezza del proprio potere e del loro ruolo, ma anche preoccupazione, a volte tristezza, forse pure paura. In una parola responsabilità. Tornato a Praga, mentre leggevo la mia rivista preferita, sono incappato in un interessante articolo dove si scriveva di questi grandi capitani bancari e delle remunerazioni principesche che ricevono nonostante la grave crisi finanziaria di cui sono responsabili. Seguiva una triste serie di foto con altrettanto tristi nomi: Jamie Dimon, Hank Paulson, Dick Fuld, Angelo Mozilo, Jimmy Caine. Provate a guardare le loro fotografie: nei loro occhi leggete solo avidità, compiacenza del potere, ignoranza, malcelato timore di perdere i propri privilegi. In una parola irresponsabilità. Quale abisso tra i ritratti dei nobili veneziani, dotati sì di potere

enorme, ma anche dell’onere della responsabilità, colti ed educati a governare, e questa sottospecie di avventurieri dalla calcolatrice facile, uomini banali e senza cultura, votati solo al denaro, disinteressati al destino delle persone la cui vita dipende dalle loro decisioni. Ma soprattutto mai imputabili di niente, comunque vada se ne escono con milioni di dollari di premi. Allora il vero problema di oggi non sono il debito pubblico, la disoccupazione o i limiti delle risorse, o altri tipi di problemi tecnici. La crisi che stiamo vivendo, economica, sociale, culturale, non è il risultato degli errori di qualche banchiere troppo poco prudente o di governanti poco affidabili. Sì, certo, è anche questo ma qui il vero cancro del sistema attuale è interno. Il bordo del burrone oltre il quale si apre il baratro sta appunto in questa dicotomia: il capitalismo moderno, nelle sue più svariate forme, ha progressivamente deresponsabilizzato il potere politico ed economico. Il potente di oggi non deve più rispondere a nessuna comunità. I suoi soldi li nasconde in qualche paradiso fiscale, se ci sono problemi può sempre comprarsi un qualche isolotto dove ritirarsi a fare la bella vita, spesso non conosciamo nemmeno l’identità delle persone che manovrano miliardi nascosti dietro società anonime e scatole cinesi. Questa è la grande differenza tra i secoli passati, quando il potere aveva un volto, una dinastia e un’effige ben precisi ed era controbilanciato dalla responsabilità, e l’epoca moderna dove il potere, svincolato da qualsiasi accountability, diventa mera liceità. Ma, come si dice, il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Se guardiamo al passato, infatti, notiamo che tutte le grandi rivoluzioni della storia, a partire da quella inglese, attraverso quella francese e poi fino a quella russa, avevano in comune un fattore importantissimo: le élite al potere avevamo completamente perso il contatto con la realtà, con la vita dei loro sottoposti. In una parola si erano deresponsabilizzati. E la Storia ha punito questo grave errore spazzandoli via per non aver saputo stare al passo con i tempi e non aver reagito in tempo ai grandi cambiamenti sociali ed economici che erano in atto. E se guardiamo alle élite odierne vediamo la stessa distanza siderale tra il mondo dei comuni mortali e questi faraoni intoccabili, percepiamo in loro quella stessa sensazione di sicurezza, di immunità, di tranquillità, succeda quel che succeda. In una parola di irresponsabilità. Le Rivoluzioni hanno sempre punito le élite irresponsabili, puniranno anche questa. La domanda non è se, ma Andreas Pieralli quando e come ciò accadrà.

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A l essi o Foc oni Nasce a Roma, il 22 Novembre 1989, da Franco e Patrizia. Con il maestro Giulio Tomassini cresce schermisticamente, nel fioretto, al Circolo Scherma Terni e, dal 2009, fa parte del gruppo sportivo dell'Aeronautica Militare, nonché della Nazionale Italiana Assoluta. Nel 2009 vince i campionati italiani under 23 e i campionati italiani giovani; nel 2012 è ancora campione italiano under 23. Nel 2010 conquista il terzo posto ai campionati assoluti di Siracusa. Consegue vari podii e piazzamenti in gare di coppa del mondo. Ad oggi è 22° nel ranking mondiale. Si è maturato al liceo Classico G. C. Tacito di Terni ed è iscritto all'Università La Sapienza di Roma, al corso di arte musica e spettacolo.

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TELEVISIONE e LETTERATURA Neotelevisione e Paralettura

Il termine Neotelevisione fu coniato da U. Eco nel 1983 in un articolo intitolato La tv, la trasparenza perduta in cui mette a confronto le caratteristiche della paleo televisione con quelle apportate dall’arrivo delle nuove emittenti private. Negli anni Settanta-Ottanta una serie di innovazioni tecnologiche rivoluzionarono la tv: il 2° e il 3° canale, il colore, l’elettronica, l’allungarsi sempre maggiore delle ore di trasmissione ecc., ma il vero terremoto fu rappresentato dall’arrivo della concorrenza delle tv commerciali e la conseguente perdita del monopolio Rai. L’avvento di queste ultime la costrinsero ad abbandonare il modello di tv pedagogica che aveva caratterizzato la paleotelevisione negli anni Cinquanta-Sessanta, prendendo molti elementi da quei programmi prima bollati come tv spazzatura e concentrandosi sullo spettacolo e sull’intrattenimento leggero. Trasmissioni come Pronto Raffaella?, Fantastico, Quelli della notte, Indietro tutta ne sono l’esempio. Proprio negli anni in cui la Rai tentava di fronteggiare la concorrenza sempre più agguerrita delle tv private venne coniata l’espressione mamma Rai, dicitura ipocrita che vuole in modo subliminare stuzzicare il mammismo dell’italiano medio, ma in realtà rappresenta un chiaro segnale di forte preoccupazione da parte dei dirigenti dell’azienda. Nella neotelevisione il telespettatore diventa protagonista dello spettacolo televisivo: interviene col telefono in diretta o gioca da casa sempre col telefono, vedi le trasmissioni Telefono giallo e Pronto Raffaella?. Si riduce la distanza tra telespettatore e presentatore: in trasmissione arrivano telefonate in diretta, ci si dà del tu anche non conoscendosi, dicendo solo nome di battesimo e paese di provenienza. Nella neotv vince l’informalità, nasce la tv salotto, espediente per creare più contatto con il pubblico a casa come Tappeto volante, Fatti vostri. La televisione si fa meta televisione, diventando autoreferenziale. Basti pensare a programmi come Blob che propone spezzoni delle ultime 24 ore di palinsesto. Cambia inoltre l’impostazione dei programmi: gli studi vengono riempiti di coloratissime scenografie, con grande ricorso a corpi di ballo, veline nel corso della trasmissione, in cui l’esotismo prevale sull’italianità, impiegando showgirl straniere, americane, brasiliane, slave ecc. La neotelevisione invade tutti gli spazi, non c’è ora del giorno o della notte in cui essa non lanci i suoi segnali, sottoponendo il pubblico ad un vero e proprio bombardamento senza lasciargli un attimo di tregua, né la possibilità di rielaborare le immagini che a valanga gli piovono addosso. A questo punto è giusto chiedersi: e la letteratura? La risposta è facile, addirittura scontata: le immagini hanno preso ormai il sopravvento. Per la tv si è ripetuto lo stesso copione del cinema, prima tenuto per mano da letteratura e teatro, poi si è verificato esattamente il contrario, ora sono questi ultimi ad inseguire il piccolo e il grande schermo. Molte volte infatti si è portati quasi per inerzia a confondere il film o la fiction con il libro da cui sono stati tratti. Spesso alla domanda se si è letto questo o quel libro, molti, specie giovani, rispondono candidamente che hanno visto il film! Tutto questo ha avuto una ricaduta sulla narrativa che è stata modificata nella forma e nei contenuti; è una letteratura che cerca visibilità, che vuole produrre testualità di flusso. La nuova narrativa è diventata eterogenea, trasversale, multimediale, mescolando registri sia della cultura alta che bassa.

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I linguaggi si fondono producendo uno stile ibrido. Brevità, sintassi veloce e spezzata, disinvoltura nello spaziare in diversi campi sono i caratteri predominanti. La scrittura romanzata si piega alla nuova percezione televisiva e alla sua struttura non lineare, quanto alla pluralità dei linguaggi gergali, come nei romanzi Fango di N. Ammanniti e Tutti giù per terra di G. Culicchia. A volte i personaggi della nuova letteratura vivono e pensano televisivamente, confondendo la propria esistenza con quella dello schermo. I feticci del consumo entrano a far parte della scena letteraria come nel romanzo di I. Santacroce Destroy o Woobinda di A. Nove. Il riciclaggio di materiale televisivo si lega spesso ad una posizione critica, tuttavia le strategie con cui i nuovi scrittori prendono le distanze dalla cultura di massa variano a seconda dei casi. Il mondo reale è completamente cambiato a causa della rivoluzione tecnologica e i giovani scrittori descrivono questo quadro societario nei loro romanzi dove si evidenzia lo sguardo disincantato di un protagonista che non accetta supinamente i valori propugnati dai mass media. Insomma i giovani scrittori si trovano irretiti in una grossa contraddizione perché da un lato vogliono offrire un’immagine critica della società contemporanea, dall’altro rimangono essi stessi prigionieri del piccolo schermo, moltiplicando le loro presenze nei programmi televisivi e assecondando strategie editoriali. E’ una letteratura in cerca di visibilità, quindi siamo ormai distanti anni luce dall’atteggiamento di diffidenza mostrato dagli intellettuali negli anni Cinquanta-Sessanta. La metamorfosi nel rapporto tra tv e letteratura è un fenomeno singolare che i critici definiscono Paraletteratura: si tratta di testi che costituiscono il prolungamento naturale di programmi televisivi di successo. Tale fenomeno implica la comparsa di personaggi televisivi di ogni sorta che si calano nei panni dello scrittore facendo leva sulla popolarità acquisita per garantire il successo editoriale. Si possono distinguere due correnti: una si sviluppa attorno allo spettacolo della politica e dell’attualità, l’altra alla satira e alla comicità; un mercato che si fa sempre più televisivo. A tal proposito vale la pena ricordare D. Luttazzi, L. Littizzetto e G. Gnocchi che con molta disinvoltura sono passati dallo spettacolo alla paraletteratura. Il giudizio sulla neotv è molto articolato: chi la giudica trash, chi invece la considera espressione del postmodern, ma comunque stiano le cose è una realtà della quale dobbiamo tener conto tutti i giorni e a tutte le ore. Pi e r lu i g i S e r i


Da Giovedì 10 maggio è esposta al CAOS la tomba n. 26 proveniente dalla Necropoli delle Acciaierie restaurata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni. La tomba venne ritrovata alla fine dell’800 nella Necropoli della prima età del ferro presso la collina di Pentima e suscitò da subito grande interesse e curiosità per l’anomalia di contenere due corpi, come testimoniato anche dalle annotazioni riportate nel diario degli scavi da Luigi Lanzi, il Regio Ispettore ai monumenti che diresse i lavori. La tomba conteneva, infatti, due scheletri stretti l’uno all’altro ed un piccolo corredo funerario rappresentato da materiali ceramici e metallici. Venne inizialmente prelevata in “pane di terra” e collocata in una teca di legno, dove rimase per svariati anni, fino all’attuale restauro, in una sala sita al piano terra di Palazzo dei Carrara. I due scheletri avevano perso parzialmente la loro posizione originaria e avevano subìto diverse rotture non presenti al momento del rinvenimento; anche i reperti ceramici erano completamente frantumati. Dopo un primo intervento di microscavo condotto a Palazzo Carrara, il restauro della tomba è stato effettuato nel laboratorio della restauratrice, Giulia Barella. Tutti i reperti (ossa e corredo) sono stati fotografati, numerati e puliti, rimuovendo anche le tracce di precedenti incollaggi, consolidati e, a seguito della ricerca degli “attacchi”, opportunamente rimontati. Oltre alle ceramiche, interessante il corredo in metallo: in bronzo due bracciali incisi, sei anellini interi, due anellini incompleti, una borchietta ed un bracciale in lamina frammentario; in ferro un filo frammentario e piegato, frammenti di filo a doppio capo ritorto. Nella tomba sono state rinvenute anche delle perline in pasta vitrea. Grazie all’intervento della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni la tomba è stata restaurata, gli scheletri ricomposti e collocati insieme al corredo in una nuova teca espositiva all’interno del Museo Civico Archeologico di Terni, nella sezione dedicata alla protostoria, dove sono esposti altri ricchi corredi della necropoli delle “Acciaierie”. Prima di procedere al restauro vero e proprio la Fondazione ha anche commissionato un approfondito studio antropologico condotto dalla dr.ssa Rosaria Olevano. Intorno a questa interessante tomba erano sorte difatti negli anni varie leggende tra cui quella di San Valentino della coppia Sabino e Serapia, lui un soldato romano e lei una cristiana. Lei si ammalò e morì; lui si recò dal vescovo Valentino e chiese la grazia di morire subito e di essere sepolto con lei. Il restauro è stato realizzato sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria nella persona della dr.ssa Maria Cristina De Angelis. In occasione della presentazione al pubblico della sepoltura restaurata, il Comune di Terni ha ritenuto utile organizzare una giornata di approfondimento riguardante non solo questa tomba, i risultati del restauro e delle analisi antropologiche effettuate sugli scheletri, ma anche il tema affascinante dei significati dei rituali che possono essere riconosciuti nelle necropoli, attraverso una rigorosa ricerca archeologica e antropologica.

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Alimentazione e salute Per molti anni dopo che i consumi e le abitudini alimentari hanno assunto nel nostro paese dimensioni e caratteristiche di massa, la fonte pressoché esclusiva di informazione sul cibo è stata la pubblicità. Si era chiusa definitivamente l’epoca della spesa indifferenziata, (vorrei due etti di biscotti, oppure vorrei un chilo di spaghetti, tre etti di marmellata, un etto di conserva di pomodoro, si diceva nelle drogherie) ed era nata, con l’industria di marca, l’informazione sui consumi. Così almeno si credeva. Poi, qualche decennio dopo, ci si è accorti che questa informazione, che era venuta via via assumendo le proporzioni di un vero bombardamento quotidiano, non aveva esattamente al centro le esigenze di tutti noi, ma piuttosto quelle di chi produceva gli alimenti, ed era quindi interessato a venderne la maggiore quantità possibile. A volte le esigenze degli uni e degli altri, produttori e consumatori, coincidevano. Altre volte proprio no. Un esempio fra i tanti: chi produceva e vendeva dolciumi, tentava di promuovere al massimo il consumo da parte dei bambini, ma non era affatto vero che fosse nell’interesse di tutti i bambini, con riferimento alla loro salute e al loro equilibrio nutrizionale, mangiare dolciumi in gran quantità. Si è constatato allora che tanta informazione sugli alimenti offerti dal mercato non produceva necessariamente educazione alimentare: e si è cominciato a chiedersi se essa non concorresse invece alla diffusa diseducazione nell’uso degli alimenti. Ci si è chiesto, quindi, se non fosse necessario che accanto all’informazione su cibi e bevande veicolata dalla pubblicità ve ne potesse essere una diversa, che si ponesse nell’ottica di soddisfare le esigenze e gli interessi di salute, nutrizionali ed economici, del consumatore. L’informazione sui consumi rivolta a diffondere i dati di conoscenza necessari per una corretta educazione alimentare è nata così, sulla base di un’esperienza non sempre positiva rispetto al contenuto dei messaggi indirizzati al pubblico su temi così delicati. Negli ultimi anni le iniziative in questo senso, nel senso di un’informazione sui consumi alimentari volta ad educare e non solo vendere, si sono moltiplicate in italia come in altri Paesi, visto anche l’elevato costo sanitario della gestione delle persone in sovrapeso o chiaramente obese, tra cui desta in particolare preoccupazione la fascia di età relativa all’infanzia e all’adolescenza. Nel corso di questa rubrica cercherò di curare gli aspetti dell’educazione alimentare che tanto ci stannno a cuore dopo essermi formata alla scuola di Specializzazione in Scienze dell’Alimentazione dell’Università La Sapienza di Roma e aver svolto numerosi anni di didattica relativa ai temi della salute nelle scuole superiori della mia città. L o re n a F a l c i B i a n c o n i

I significati nascosti nel cibo Una corretta nutrizione non avviene mai in modo meccanico: Essa è sempre il complesso risultato di un’armonia tra il corpo, il proprio vissuto, la cultura (Albisetti, 1936). Già al tempo di Socrate (IV sec. aC) il cibo comincia ad assumere il significato di valore materiale, i malvagi venivano classificati come coloro che vivono per mangiare e gli animi buoni come coloro che mangiano per vivere. Nella religione il cibo ha un alto valore simbolico, il pane e il vino sono alimenti sani per eccellenza, mentre i piaceri della gola sono legati sin dalle origini a quelli della sessualità (la mela tentatrice). Il rapporto con il cibo ha subìto continue trasformazioni nel corso della storia; prima dell’industrializzazione il cibo era sinonimo di benessere e di conseguenza il grasso era sinonimo di bellezza e ricchezza. Durante l’era industriale, invece, la lotta per la sopravvivenza è ormai superata, per cui è il corpo magro ad essere il segno di ricchezza e bellezza, simboleggiando il distacco dalla paura atavica della fame. Il cibo, inoltre, assume anche un significato relazionale: può essere considerato un sottosistema culturale contenente una struttura ed un codice. Esso è infatti un veicolo di scambi comunicativi che confermano o disconfermano significati e valori. Se ci riflettiamo, alla tavola di famiglia sono legati affetti e ricordi indelebili, inoltre essa rappresenta anche un importante spazio educativo. Se incorporare una cosa costituisce una forma arcaica di possesso della cosa stessa, come fanno i bambini mettendo in bocca le cose desiderate non conoscendo altre forme di controllo, allo stesso tempo anche il rifiuto del cibo è veicolo di messaggi. Sempre nella religione, per esempio, l’astinenza dal cibo significa penitenza, espiazione dei peccati e purificazione; nella politica invece il digiuno è uno strumento simbolico di protesta, di cui il massimo esponente nella storia è stato Ghandi. Se dopo questi brevi accenni storici, ci concentriamo sull’epoca attuale, è evidente come oggi la magrezza sia indice di successo. Ma cosa accade quando questo fattore socio-culturale viene elaborato in maniera complessa, dalla mente di un individuo, intrecciandolo in maniera patologica con aspetti individuali e familiari? Tra i disturbi alimentari più noti troviamo l’Anoressia Nervosa e la Bulimia Nervosa. Occorre sfatare, da subito, l’idea che la causa preminente di queste patologie sia da attribuire in maniera

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inequivocabile alla cultura della magrezza, sponsorizzata soprattutto dai mass-media. In realtà sono patologie molto complesse che non vanno lette attraverso una logica della linearità, quanto della multifattorialità. E’ importante capire questi aspetti per uscire anche dalla errata logica dell’attribuzione di colpe sia nei confronti di chi manifesta il sintomo, sia della famiglia. In chi soffre di Anoressia Nervosa ogni pensiero ed azione è finalizzato a controllare l’impulso a nutrirsi nel tentativo di non aumentare il peso corporeo. La patologia si sviluppa a partire da un’immagine distorta del proprio corpo che si percepisce come inadeguato e, in particolare, costantemente in condizioni di sovrappeso. E’ importante allora comprendere che l’anoressia è una risposta esteriore ad un profondo disagio interiore. Le persone affette da Bulimia Nervosa presentano, invece, abitudini alimentari gravemente anomale: sentono una forte necessità di riempire un buco, un vuoto che percepiscono dentro di sé quando vengono colte dalla pulsione alimentare e l’impossibilità di soddisfarla procura loro sofferenza. Il Disturbo del comportamento alimentare è il sintomo di una sofferenza più profonda della persona. Cosa comunica? Il sintomo non è la malattia, ma un aspetto che certamente fa soffrire creando disagio, però con una funzione sana che è quella di segnalare un disordine di qualcosa. La fame non è rivolta al cibo, ma è una insaziabile fame di amore, di rapporti autentici, di una vita più piena e ricca di significati. E’ auspicabile che persone affette da un Disturbo del comportamento alimentare arrivino ad accettare l’idea di intraprendere un percorso di cura il cui fine ultimo è il cambiamento: esso è un processo finalizzato alla costruzione di nuovi significati e alla scoperta di nuove alternative possibili. Il cambiamento comporta il recupero dell’autonomia delle persone intesa come capacità di utilizzare attivamente ed in modo responsabile le proprie risorse e competenze al fine di attuare scelte che siano efficaci e funzionali, in relazione ai propri desideri e al proprio specifico contesto. Dott.sse S i l v i a M a r s i l i a n i e P a o l a P e r n a z z a Psicologhe-psicoterapeute www.silviamarsiliani.it www.paolapernazza.it


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Gli uomini sono così necessariamente folli che il non esser folle equivarrebbe a esserlo secondo un'altra forma di follia. Blaise Pascal

Fo llia, o m b r a d i se st e ssa Follia: mancanza di raziocinio, prudenza, buon senso in modo totale e assoluto. Questa è la definizione codificata da Nicola Zingarelli nel vocabolario Zanichelli del 1971. Tuttavia, risulta troppo limitativo determinare una forza così travolgente mediante l’utilizzo di poche parole: la follia, per sua natura, è incline a superare i limiti imposti dall’ombra che cerca di serrarla e soffocarla entro i confini del proprio essere, la sua decodificazione, perciò, è da sempre oggetto di discussione e di numerosi dibattiti critici. Follia è oggi tutto ciò che circonda e definisce la dimensione del singolo individuo, è ciò che lo rende diverso in maniera determinante, è la stessa ombra personale dell’uomo, volta a modellarsi sul suo intimo essere. Questa riflessione ha impegnato intellettuali di ogni epoca, tuttavia uno dei periodi di massima speculazione su questa componente della vita umana è il risorgimento rinascimentale, in cui autori caratterizzati da un genio spiccato quali Ludovico Ariosto ed Erasmo da Rotterdam hanno dedicato momenti essenziali della loro esistenza al fine di diffondere una concezione folle della dimensione del reale e dell’uomo. Le abilità di tali scrittori che hanno dato vita ad opere di inestimabile valore sono evidenti, tuttavia è doverosa una precisazione sulle concezioni di scrittura: la concezione di questi autori di una follia intesa come fonte di saggezza e componente utile alla sopravvivenza umana è frutto di un disagio interiore o di un’analisi meditata ed approfondita della società in cui essi vivevano? A rigor di logica, risulta più condivisibile la concezione medievale dantesca di una follia intesa come mancanza di senno o di una forza produttrice di disordine nella vita e nella realtà umane, fortemente valorizzata nei secoli successivi dalla concezione shakespeariana? Grazie ad una meditata elaborazione scritta, questi geni rinascimentali sono stati in grado di fornire agli uomini del loro tempo e alle generazioni successive una chiave di lettura della realtà ardita ma fondamentale per la sopravvivenza all’interno della società: la follia è da accostare ad una forma di saggezza spiccata, che permette all’individuo di superare i limiti imposti dalle forze esterne con consapevolezza; per resistere alle difficoltà ed affrontare la vita con fermezza in ogni suo ambito è necessario essere pazzi, perché la potenza insita in questo fenomeno è talmente energica da risultare imbattibile, al limite del divino. Tra i maggiori autori rinascimentali che forniscono un’analisi cosciente della follia vi è Erasmo da Rotterdam: essendo entrato in contatto con le corti italiane, a causa dei suoi innumerevoli viaggi, lo scrittore ha avuto modo di valutare personalmente le condizioni di vita realmente esistenti, dando sfogo alle proprie impressioni nell’Elogio della Follia, capolavoro della letteratura rinascimentale. In questo testo è significativo l’approccio che la pazzia ha con i propri interlocutori: Erasmo decide di far parlare la Follia autonomamente, personificandola e rappresentandola nelle vesti di sofista, tessendo una sottile polemica nei confronti di tutti coloro che ritengono di essere saggi senza esser folli; questo contatto sottolinea la notevole aderenza tra saggezza e pazzia che non si presentano come entità divise bensì come manifestazioni dell’essere naturalmente unite in un’unica forma. Significativo nella presentazione elaborata è l’accenno alla discendenza della stessa Follia. Infatti il personaggio si identifica come figlio di Pluto, la ricchezza, e di Neotete, la giovinezza: il contatto poi con divinità quali Oblio, Pigrizia, Sonno ed Ebbrezza, unitamente alla suggestiva e folle nascita nelle Isole Fortunate, dove è esclusa qualunque forma di sofferenza, mette in risalto i legami che la Pazzia ha intessuto con altre entità e, di conseguenza, la configurazione della follia secondo la concezione dell’autore. E’ possibile intuire, perciò, che la follia per Erasmo deriva principalmente dalla ricchezza e che si manifesta nei giovani la cui immagine è per sua natura follemente attiva, dotata di una spiritualità ineguagliabile e concettosamente assoluta: le caratteristiche che si affiancano alla divinità rappresentano l’espressione meno evidente di questa modalità d’essere, ampliando il raggio di influenza della dea in questione. Grazie alle formule di riconoscimento che la Follia ha adottato è possibile confermare che questa caratteristica segna il traguardo che ogni uomo deve raggiungere, per affermare di essere saggio e per reagire al presente e alla società: Erasmo, che definisce la Follia come un valore positivo della vita contro ogni concezione medioevale, vede questa dea come chiave di decodificazione del reale e come intermediario tra uomo e felicità, perché in grado, così, di raggiungere l’autonomia che gli spetta dalla stessa vita associata. Le rappresentazioni prese in analisi sono caratterizzate da una sensibile creatività. Infatti, oltre all’elogio prima citato, è possibile portare ad esempio l’Orlando Furioso, in cui emerge un’originale rappresentazione della follia, unitamente, quindi, alla perdita del senno. Immaginando un viaggio sulla luna intrapreso da Astolfo, uno dei protagonisti del poema, Ariosto descrive il vallone lunare come luogo di ritrovo di tutti gli elementi che l’uomo ha irrimediabilmente perso, tra i quali assume particolare importanza il senno, presentato come liquor suttile e molle atto a esalar, se non si tien ben chiuso. Oltre a dipingere nitidamente l’originale immagine della ragione racchiusa in un’ampolla, l’episodio tende ad avvicinare il lettore ad un mondo di valori rovesciato: come afferma Ferroni, noto storico della letteratura italiana contemporaneo, Ariosto intravede nella follia un valore positivo, il senso della vita stessa, poiché tutto ciò che l’uomo compie è da identificare con la pazzia, intesa come manifestazione della propria volontà. E’ possibile dichiarare che Ariosto sia stato il propulsore di un’immagine nuova del mondo, elaborata sulla base dell’esperienza personale e sull’analisi della società rinascimentale, volta al riconoscimento del fine della vita: scoperta ultima di tale speculazione è l’identificazione della gioia di vivere, avvertita dallo stesso Ferroni come la più sentita esigenza umana raggiungibile unicamente mediante l’intervento di una saggezza folle. E’ evidente l’analogia col pensiero di Erasmo, che porta di conseguenza a riconoscere nella follia l’identificazione della saggezza e della vita. Alcuni critici, però, non sono ancora pronti a sostenere la positività della follia, appoggiandosi a concezioni medioevali ben consolidate di origine dantesca e successivamente riadattate da Shakespeare. La follia è assimilata alla ragione della punizione divina causata da questo superamento dei limiti e alla forza motrice di disordine e caos che mette in crisi l’uomo stesso. Analizzando il punto di vista del poeta fiorentino, i critici hanno identificato una concezione decisamente incline all’argomentazione religiosa: come Ulisse, cercando di superare i limiti imposti dalla divinità, per seguire l’indole umana era stato sommerso dalle acque, così è pazzo chi spera di poter svelare i misteri divini facendo unicamente uso della ragione. Se si considera l’accezione shakespeariana della follia, si rileva una concezione pessimistica della pazzia, vista come malattia mentale che conduce alla degenerazione degli eventi. Esempio lampante di tale procedimento è dato dalla tragedia Amleto, nella quale il personaggio principale, fingendosi pazzo per vendicare l’assassinio del padre, conduce alla morte gran parte delle persone a lui care e se stesso. Tale dinamica risulta essere d’impatto nella mente del lettore, dando vita ad un circuito d’immagini tragiche indissolubilmente unite, proiettate in due dimensioni parallele, ma antitetiche.

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Da un lato, è possibile scorgere il folle demone impossessatosi di Amleto che, dominando la scena, catalizza l’attenzione su ogni dettaglio della propria gestualità, sui contorti e innumerevoli sviluppi del pensiero che caratterizzano il protagonista; d’altro canto, risulta particolarmente interessante e psicologicamente vitale l’evoluzione di Ofelia: la malinconia fortemente provata dalla donna si trasforma con lentezza inesorabile in demenza, suscitando giustificati moti di compassione per una sorte che riflette una concezione della vita giunta al massimo grado di pessimismo. Le concezioni cui fanno capo i critici per giustificare l’assenza di un’accezione positiva della follia, però, non sono appoggiate dall’analisi delle condizioni sociali in cui si trovavano gli autori di tali opere: da un lato Dante, influenzato dal teocentrismo allora consolidato, dall’altro Shakespeare, venuto a contatto con il fermento prevalentemente scientifico dell’epoca, che tendeva ad associare la pazzia alla vera e propria insanità mentale, non presero in esame tale fenomeno con il dovuto distacco dalla società, influenzati dalle maggiori linee di pensiero dell’epoca. Ariosto ed Erasmo, invece, facendo leva sulla loro esperienza ed analisi oggettiva della società, mostrano una speculazione individuale molto precisa, motivata dall’ambiente antropocentrico che li circondava. Questi autori sono riusciti ad imperniare la loro ricerca attorno ad un punto ben focalizzato, estratto dalla dimensione reale: la follia diviene fulcro dell’indagine, protagonista assoluta della scena, una sorta di sofista dotata di spiccate capacità oratorie ed in grado di assorbire attenzione, essenza e ombra di ogni spettatore; d’altronde questa folle saggezza, ombra di sé e degli altri, è insita in ogni uomo, in ogni arcifolle degno di tale appellativo. G i u l i a M a r i ro s s i - II OR

F ollia: feli c i t à o a u t o d i st r u z io n e ? Uno dei temi largamente discusso durante il periodo rinascimentale viene identificato nella follia. Quest’ultima era concepita sia come malattia psicologica, sia come malattia fisica, che determinava il distacco dell’uomo dalla realtà. La follia era temuta dalla società, poiché in grado di mettere in pericolo la sicurezza e sovvertire il potere politico, generando ribellioni ed insurrezioni. Questo tema tuttavia venne adottato da numerosi scrittori come elemento di analisi della storia, della realtà politica e sociale, ma soprattutto come strumento di estraniazione da un mondo che non rispecchiava i loro ideali. Esempi illustri sono rintracciabili in autori della letteratura quali Ariosto, Erasmo da Rotterdam e Torquato Tasso ma anche nella letteratura straniera, primo fra tutti il celebre scrittore di tragedie Shakespeare. Ciascuno di loro fornisce una diversa interpretazione della follia, alcuni in chiave positiva, alti in chiave nettamente negativa. Un’ ipotesi interessante riguardo questa tematica viene offerta da Erasmo da Rotterdam e poi ripresa dallo stesso Ariosto. A giudizio di Erasmo, come si evince dal celebre saggio Elogio della follia, del 1511, lo stato di alienazione dalla realtà rappresenta uno strumento attraverso il quale l’uomo può raggiungere la felicità. Di certo, ad una mentalità moderna e non più cinquecentesca, una simile interpretazione appare sconcertante e priva di fondamenta, tuttavia Erasmo ha giustificato compiutamente la sua tesi, nei vari capitoli dell’opera. Egli imposta il saggio come un monologo della follia, che si rivolge ad un pubblico di ascoltatori, evidenziando immediatamente il ruolo essenziale che ella ricopre nella vita dell’uomo: Io solo sono a tutti prodiga di tutto. Erasmo, attraverso il monologo, rivela la sua visione del mondo e dell’uomo: costui non può raggiungere la felicità se non attraverso la follia, anche se frequentemente, per vergogna, non ammette di essere suo devoto. Secondo l’autore rinascimentale, quest’ultima è una diretta conseguenza dell’amore e, trascinando l’uomo in un delirio amoroso, gli concede di estraniarsi temporaneamente dalla realtà e di vivere un’esperienza quasi mistica, di cui non conserverà alcun ricordo al suo risveglio. Come afferma Platone in una sua celebre opera: Il delirio degli amanti è il più folle di tutti. Delle analogie sono riscontrabili nella concezione tipicamente ariostesca della pazzia, rappresentata nel canto di Astolfo, come un liquor sottile e molle raccolto in delle ampolle. Come rivela Salinari nel suo capolavoro, L’ identità del testo, Ariosto interpreta la follia come un valore positivo, in quanto diviene sinonimo dell’accettazione della vita stessa da parte dell’uomo, il quale può trascorrere un’esistenza felice, carica di esperienze memorabili e di passioni. A giudizio di Salinari, gli uomini vivono perché al continuo inseguimento di un’ illusione. Non è forse un esempio calzante l’episodio del castello di Atlante presente nell’Orlando furioso? I prigionieri del mago sono alla ricerca dell’oggetto dei loro desideri, ma non riescono mai a raggiungerlo, perché ciò che inseguono è solo un’ombra. L’Ariosto imposta la sua intera opera sulla trattazione di questo tema che, come riconosce lo stesso Salinari, diviene anche sinonimo di saggezza, intesa come la capacità di saper vivere riconoscendo i limiti. E’ proprio questo il cuore della concezione positiva che Ariosto ha della follia: l’uomo può raggiungere l’eudaimonia soltanto se diviene consapevole dei propri limiti e non tenta di oltrepassarli. Lo stesso Orlando viene meno a questa condizione e subisce come diretta conseguenza la perdita del senno. La follia inoltre, sia per Erasmo che per Ariosto, costituisce un elemento positivo, perché è uno strumento tramite cui l’uomo raggiunge la conoscenza di se stesso e del reale. Se i due autori rinascimentali divengono portavoce di un’interpretazione così sentita e appassionata, Tasso e Shakespeare rivelano una visione diametralmente opposta. Tasso, come afferma Ferroni, nella celebre opera Storia della letteratura italiana, non riuscì ad identificarsi in modo completo e felice con la realtà circostante, a causa del rapporto conflittuale che visse nei confronti della corte e del padre, una figura assente, verso cui Tasso nutrì un sentimento di competizione. Costui fu dunque portato, a giudizio di Ferroni, ad elaborare insoddisfazione, desiderio di fuga, di liberazione, di difesa e di giustificazione di ogni suo comportamento, stati d’animo che si ricavano dall’epistolario dell’autore. Tale disposizione negativa, nei confronti della vita e di se stesso, condussero Tasso a maturare un senso di malinconia, risolta poi in assenza di senno, che comportò la reclusione nell’Ospedale di S. Anna. Una visione altrettanto critica viene offerta dallo scrittore Shakespeare. Nelle sue opere, la pazzia conduce ogni singolo personaggio alla propria fine, che generalmente coincide con la morte, ma solo dopo un terribile percorso di distruzione e annientamento. Esempio calzante è il giovane Amleto, protagonista della tragedia omonima, che si finge folle, per vendicare l’ uccisione del padre, al caro prezzo di numerose vite. Altro personaggio emblematico è Lady Macbeth, che apparentemente ostenta un forte carattere, tuttavia è la prima a cadere preda della follia, che si manifesta attraverso l’ossessiva ripetizione del lavaggio delle mani sporche di sangue. La pazzia può anche manifestarsi in vesti di gelosia, come avviene per il giovane Otello, che uccide l’adorata Desdemona, ritenendola colpevole di tradimento. Nel corso del tempo sono state dunque molteplici le interpretazioni fornite dai vari autori riguardo questo tema. Alcuni lo leggono in chiave positiva, altri in chiave negativa; la verità sembra stare nel mezzo: la totale assenza di senno può infatti condurre l’uomo al conseguimento della personale felicità, trascinandolo in una realtà astratta e inconcepibile dalla ragione. Indubbiamente tuttavia ciò che conferisce gioia è anche in grado di arrecare dolore; la follia può amplificare le emozioni tanto da costringere il singolo ad errare sulla terra lacerato dalla propria sofferenza, come nel caso di Orlando, destinandolo all’autodistruzione. A mb r a M o r i c o n i - II OR

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Una storia sbagliata Non voglio fare una recensione artistica sullo spettacolo, non è il mio compito. Posso solo dire bravi bravi bravi tutti: regia, costumi, luci, testi, scenografia. Un caleidoscopio di emozioni in una serata divertente e seria. Voglio perciò raccontare queste emozioni e fare alcune considerazioni. Raccontiamo in breve “Una storia sbagliata”, spettacolo del Progetto 2012. Storia visionaria, surreale, fantascientifica. Ambientata nel 2345, racconta di una società completamente omologata, incasellata in schemi precostituiti, robotizzata. Il protagonista si sente a disagio e scopre che c’era, almeno 2/3 secoli prima, un mondo diverso. Comincia a pensare, a cercare nel passato e scopre un mondo non perfetto, con malattie, angosce, timori, dubbi. Scopre che un tempo c’erano i libri, la poesia, l’arte, la musica, persino il dolore. Ed ecco il messaggio attuale, prepotente e profondo che ne deriva. Ci dice: non omologhiamoci, pensiamo con la nostra testa, riguadagniamo la nostra identità, le differenze che ci fanno persone. Certo: usiamo i social network, mettiamoci al passo con i tempi e la tecnologia, ma non diventiamo robot. L’uomo faber -Faber è il nome del protagonista- è l’uomo artefice del proprio destino. Quello che pensa e agisce pur usando tutte le tecnologie più avanzate, ma rimanendo padrone di esse. Un uomo officina dove albergano passione, sentimenti, impegno civile e sociale, poesia, fantasia. Possiamo passare anche il tempo a mandare messaggini col telefonino o a giocare al computer (basta guardarsi intorno e capire che il 2345 è molto più vicino di quanto si immagini), poi però, come ci dice Machiavelli, rimettiamoci gli abiti curiali e torniamo in possesso del nostro io, stacchiamoci dal gregge, dagli schemi precostituiti. Ridiventiamo esseri pensanti e creativi. Sarà come sostituire il robot che si è impossessato della nostra mente. I ragazzi del Progetto questo hanno fatto e questo hanno voluto comunicare.

Qualcosa in più

Fo to di G abriele Po nzo

Il progetto coinvolge decine di giovani. Lo spettacolo non è solo quello che appare nelle serate di spettacolo: dietro le quinte lavorano ragazzi ai laboratori di scenografia, di costumi, di testi, di recitazione. Per non parlare poi di mostre, conferenze, ecc. I ragazzi, questi ragazzi che rinunciano per mesi ad andare a bighellonare per corso Tacito o nei luoghi deputati agli incontri tra giovani. Questi ragazzi che studiano e che, insieme, costruiscono lavorano pensano collaborano imparano.

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Soprattutto crescono perché si abituano a stare insieme gomito a gomito, perché muovono mani e bocche nel realizzare scene, costumi, testi, azioni teatrali. Questi ragazzi che spesso devono convincere i loro genitori che pensano che i loro figli vadano a perdere tempo. Ebbene: questi ragazzi stanno costruendo il loro futuro, non tanto come professione, ma come capacità di vivere insieme, progettare, imparare a rispettare il compagno, a costruire la società di domani, a lavorare. Lavorare con impegno, anche con semplicità e fantasia. Sì, perché c’è bisogno di lavorare con semplicità e fantasia, come c’è bisogno di riconquistare la capacità di comunicare sentimenti che non transitino solo attraverso il digitale (cellulari e computer), ma usando di nuovo il senso adamantino e profondo della parola. E l’entusiasmo dei ragazzi! All’inizio sono dubbiosi, a volte disorientati. Al termine di mesi di lavoro, sono profondamente cambiati: si sentono una grande famiglia. Leggete i commenti entusiasti di chi ha lavorato sul palcoscenico o dietro le quinte! Molti, anzi tutti, dopo la fine dei lavori, si sentono diversi e sperano e attendono di ricominciare di nuovo a stare insieme e impegnarsi. In 25 anni di Progetto, quanti giovani hanno partecipato e vissuto questa esperienza! Ebbene sono proprio quelli che avranno da insegnare qualcosa ai propri figli, sono un nucleo importante della società di domani perché potranno sempre trasmettere la gioia di stare insieme, di progettare, di impegnarsi sul piano sociale. Infine voglio spendere due parole rivolte a quei politici, purtroppo tanti, che nei loro discorsi, nei loro comizi, si riempiono la bocca di “dobbiamo lavorare per i nostri figli, dare un futuro ai nostri figli”. Essi non vedono che ci sono strumenti tangibili per costruire ciò. Uno è proprio il Progetto che ogni anno coinvolge decine di ragazzi, li fa lavorare e progettare: essi costruiscono una rete di rapporti sociali, un insieme di regole di convivenza e di rispetto, un modo costruttivo e anche divertente di stare insieme che rimarrà come modo d’essere della loro vita futura. Eccola la società di domani. Ne vogliamo tenere conto? La vogliamo incoraggiare? Ai nostri amministratori e a chi legge vorrei dire ancora un’altra cosa: ai ragazzi, alla società di domani, non bisogna elargire dall’alto insegnamenti, spettacoli, divertimenti, modelli ecc.: bisogna coinvolgerli negli spettacoli, nei divertimenti, negli insegnamenti, bisogna renderli partecipi. È l’unico modo perché possano interiorizzare la vita e diventare faber - artefici di sé stessi, officina della società. È anche l’unico modo per non far morire la creatività, la fantasia, la cultura. Loretta Santini


Quando un’associazione fa il bilancio della sua attività, elenca le iniziative, espone contenuti, sciorina numeri, ma tutto questo raramente riesce a comunicare la vera natura delle iniziative. Per raccontarvi ciò che è il Progetto Mandela per i tanti ragazzi che partecipano ogni anno a questa avventura, vogliamo farvi conoscere ciò che hanno scritto tra di loro su Facebook, spontaneamente, senza sapere che sarebbe stato reso pubblico (abbiamo chiesto il loro consenso, dopo). Ecco il loro racconto dell’esperienza, che si commenta da solo. Mi sono innamorata di voi! Ogni canzone che sento mi fa pensare a voi... Ogni parola mi riporta alla mente pezzi di battute dello spettacolo! E in certi momenti mi ritrovo a fissare il muro con un sorriso da ebete ripensando alla magia che abbiamo vissuto in queste settimane di simbiosi... Mi viene da piangere. Ma che mi avete fatto? Mi sembra di esser passato da una specie di paradiso, un ambiente etereo brulicante di ilarità e spensieratezza ma anche di rispetto e affetto reciproco ad un inferno costellato di stress e delusioni. In breve mi mancate... Un altro anno ricco di emozioni, risate, lacrime: un’esperienza che si ripete ma che rimane sempre unica. A voi che, come me, siete rimasti; a voi che, arrivati quest’anno, è come se ci foste sempre stati; a chi non c’era, a chi c’è stato e forse non ritornerà... a chi, come me, ha (ri)trovato una seconda famiglia a cui lascia un pezzo di cuore. Perché, in fondo, è “una storia comune per gente speciale”. GRAZIE Come ho detto… lunedì sera, c’è una sola cosa di cui mi pento: non aver partecipato al Progetto prima! Grazie a tutti voi. Solo in questi pochi, lunghissimi, emozionanti mesi ho davvero imparato cosa significa mettersi in gioco, buttarsi in un gruppo di persone sconosciute e uscirne come membro di una vera e propria famiglia. Ho imparato a far del palco un mezzo per relazionarmi con i sorrisi e gli occhi solari di ognuno di voi, esprimere me stesso e calarmi nei panni di un personaggio che farà parte di me per un lunghissimo periodo di tempo. Ho avuto la gioia di conoscere gente in gambissima, che sa cos’è lo spirito di squadra, il diventare uniti, sopportarsi in circostanze stressanti e sostenersi nei momenti di disagio... Ho davvero imparato molto da ciò che si vociferava fosse “solo un progetto scolastico” ma che si è rivelato poi un’enorme cupidigia di tesoro. Non saprò mai come ringraziare ciascuno di voi... vi voglio bene. Quest’anno, purtroppo, sono stata meno presente e mi dispiace non capite quanto, ma il Mandela non si smentisce MAI. Grazie VERAMENTE, per creare sempre quella strana sensazione alla bocca dello stomaco alla fine di ogni replica, del pranzo-cena (che non ha niente a che fare con l’assunzione smodata di alcool), di ogni abbraccio. Non vedo l’ora di rimetterci all’opera! Un bacione collettivo. Mi sembra di essere ritornata a casa da un viaggio e mi mancate tutti! Grazie, sono stati dei giorni meravigliosi e molto importanti, siete proprio delle persone stupende! Vi voglio bene! Visto che siamo in vena di ringraziamenti malinconici e sentimentali, anche io condividerò un Grazie a voi sul SocialNetwork. Grazie davvero a tutti, soprattutto a chi ci ha guidato e suo malgrado sopportato, grazie a tutti i nuovi che si sono mandelizzati precocemente qualche mese fa e che hanno creato un gruppo fighissimo che spero durerà molto ... ed un Grazie a chi ha creato Il Progetto. A presto! Grazie ragazzi, un’esperienza unica. Grazie… che rendete tutto ciò possibile e ringrazio anche tutti gli altri per aver passato tutti insieme dei bellissimi momenti tra agitazione e divertimento. Grazie. Spero di rivederci tutti quanti anche il prossimo e ripassare gli stessi momenti passati quest’anno tutti quanti insieme. Come dire che qualcosa di magico si è consumato e che siete tutti davvero tanto belli, non lo so. So che devo molto a tutti voi e che sarete un ricordo un sacco futuristico e futuribile. Noi nel 2345 c’abbiamo messo lo zampino insieme, chissà quanti altri possono dire lo stesso. Grazie a tutti voi, grazie ad Andrea che ci ha fornito materiale interessantissimo con cui viaggiare, grazie a Simone che ha costruito una macchina virtuosa con un anticonvenzionale e meraviglioso metodo di regia, grazie addirittura a Meschini che ha raccapezzato la navicella. Grazie a Irene in cabina di pilotaggio e grazie a Marcello che ci ha insegnato la strada. Vi porto un po’ con me anche oggi che non ci stanno convocazioni, almeno sulla carta...

2 5 a n n i e n o n l i di m os t r a . Le attività svolte da ottobre 2011 a maggio 2012

Nata 25 anni fa a Terni per unire la produzione teatrale e culturale in genere all’impegno civile e alla difesa dei diritti, l’Associazione “Progetto...”, che si esprime attraverso le attività del Centro per i Diritti Umani e del Progetto Mandela, ha messo in campo nella stagione 2011-2012 che si conclude a maggio, numerose attività dedicate alla diffusione di una cultura dei diritti, rivolgendosi in particolare ai giovani e proponendo iniziative a tutta la cittadinanza. Dal 18 ottobre 2011 al 10 aprile 2012, Auditorium di Palazzo di Primavera, Terni Lungo cammino verso la libertà Corso introduttivo alla conoscenza di Diritti Umani e delle loro violazioni, 24 incontri gratuiti aperti a tutti 200 iscritti. Pubblicazione e diffusione del libro L’avventura dei Diritti Umani - Realtà o Utopia? di Marcello Ricci. Lettura/spettacolo per la presentazione del libro: BCT Terni, Caos in occasione di Umbrialibri, Teatro Comunale di Narni. 27 e 28 gennaio 2012 Teatro Secci, Terni La gita Spettacolo prodotto in occasione della Giornata della Memoria dedicato allo sterminio nazista dei disabili visto da oltre 1000 spettatori. Consulenze e lezioni su Diritti Umani per varie scuole della Provincia. Anime salve: Laboratori di Drammaturgia, Recitazione, Scenografia, Costumi, Comunicazione rivolti ai giovani dai 16 ai 35 anni. (ca. 100 partecipanti) 12 puntate di Allarmi siam razzisti Trasmissione radio settimanale a Radio Galileo. Pubblicazione di articoli sul mensile LA PAGINA Laboratori di base presso i Centri giovanili di Terni nell’ambito di CreATE 16-17-18 aprile Teatro Secci, Terni Una storia sbagliata Spettacolo conclusivo dei laboratori di Progetto Mandela Staff 2011-2012 Direzione artistica: Irene Loesch Presidente: Marcello Ricci Coordinatori: Luisa Contessa, Donatella Calamita, Michele Meschini, Simone Mazzilli, Emilio Ortu Lieto, Andrea Virili Collaboratrici: Valentina Capati, Claudia Monti. Sede: Piazza delle Arti 2 Laboratori: Via Camporeali 1, Terni Telefoni: 0744431792; 3398519563 progetto.mandela@gmail.com www.progetto.tr.it

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Foto di G abriele Ponzo


L’Associazione per te! L’associazione si riferisce a coloro che provano gioia nello stare insieme e desiderano condividere atmosfere lontane dai pettegolezzi, dal tifo, dalla violenza verbale, dagli intrighi, dal sottobosco partitico, dal veleno sociale ormai seminato diabolicamente ad arte. È per chi ama la cultura, la discussione, l’arte, la scienza e, soprattutto, il nostro splendido territorio umbro, le sue tradizioni, la sua storia. È per chi si impegna a dare, non a prendere, e vuol creare aspettative migliori per le generazioni future. È vietata solo ai minori di due anni, se non accompagnati da un adulto. I programmi culturali attivati sono già vastissimi, ma altri ci attendono: quelli che progetteremo insieme. La nostra Sala G, G la sala delle conferenze, può ospitare circa 60 persone. La prima conferenza, la meno pubblicizzata, ovviamente, ha registrato il pienone. Consigliamo pertanto chi vorrà partecipare alle altre occasioni culturali di prenotare la sua poltroncina, al costo: loggione: un buonasera; 7a fila: un ciao; 6a fila: un sorriso; 5a fila: un saluto cordiale; 4a fila: una stretta di mano; 3a fila: un abbraccio; 2a fila: un caloroso abbraccio; poltrone Vip: un bacio ad Angelo.

15 martedì

Associazione Culturale La Pagina Diventare soci

Per contribuire alla diffusione della cultura, alla valorizzazione delle bellezze del nostro territorio, a far conoscere le nostre radici e le nostre ricchezze per la crescita di una comunità, per attrarre, educare, formare i cittadini e il pubblico alla loro fruizione. Perché l’AC La Pagina sarà un grande contenitore pieno di quelle figure professionali e artistiche che, grazie alla loro costanza e passione, saranno un punto di riferimento utile per confrontarsi e proporsi ad una comunità sempre più attenta e presente. Quota associativa annuale 30 € Vantaggi, sconti e servizi: - Incontri culturali, escursioni ed eventi - Viaggi e turismo culturale a condizioni agevolate - Convenzioni in tutti i settori commerciali - Possibilità di pubblicare libri, scrivere articoli ecc. - Partecipazione gratuita a corsi in diversi settori e discipline Associatevi alla Associazione Culturale La Pagina presso la sede in Via De Filis n.7 a Terni, o telefonando a: 3465880767 - 3482401774 3296170369 - 3356511243

P R O G R A M M A M A G G I O Presentazione Germogli. A cura di Giampiero Raspetti. Conferenza - Provincia di Terni, inquadramento storico. A cura di Loretta Santini. AMARCORD TERNANA video-storia ROSSOVERDE. Viaggio attraverso numerosi filmati per ricordare, nell'anno del 40° anniversario della storica promozione in serie A delle Fe re, re i momenti più belli della storia della Ternana. A cura di Marco Barcarotti, Lorenzo Pascarelli, Riccardo Tommasi. Apertura Mostra Santini Santa Rita da Cascia. Collezione Florio. La mostra rimarrà aperta fino a Domenica 27 maggio. CULTURAL CABARET 10 divertentissimi minuti per ogni Musa (dalla poesia lirica a quella epica, dal mimo alla danza, dalla storia al paesaggio, dalla commedia al canto, dall’astronomia alla divinazione) ed anche dall’etimologia alla prestidigitazione, dall’affabulazione alla matematica, dalla cucina alle tradizioni.

18 venerdì

ore 21,00 ore 21,25 ore 18,00

22 martedì 25 venerdì

ore 17,00 ore 21,15

29 martedì 31 giovedì

ore 21,15 ore 17,00

31 giovedì

ore 21,15

01 venerdì

ore 21,15

04 lunedì 05 martedì 08 venerdì 09 sabato

ore 21,15 ore 21,15 ore 21,15 ore 17,00

Conferenza - Alimentazione e salute: criteri per una sana alimentazione. A cura di Lorena Falci Bianconi. P R O G R A M M A G I U G N O Conferenza - Il cibo quotidiano e il cibo delle feste nelle tavole dei nostri nonni. A cura di Loretta Santini. Cena tipica su prenotazione. Conferenza - Rudimenti del buon bere: informazioni di base per capire il vino. A cura di Alberto Ratini. Conferenza - Germogli: La città di Terni. A cura di Paolo Leonelli. CULTURAL CABARET 10 divertentissimi minuti per ogni Musa (dalla poesia lirica a quella epica... Apertura Mostra Promozione della Ternana in serie A del 1972. A cura di Marco Barcarotti.

12 martedì 14 giovedì ... 15 venerdì 19 martedì 22 venerdì

ore 21,15 ore 18,00

Conferenza - Germogli: Toponimi ternani. A cura di Walter Mazzilli. AMARCORD TERNANA video-storia ROSSOVERDE. Viaggio attraverso numerosi filmati...

ore 21,15 ore 21,15 ore 21,15

Conferenza - Germogli: Terni, curiosità storiche. A cura di Angelo Ceccoli. Conferenza - Alla riscoperta dei sapori antichi: acqua e farina. A cura di Loretta Santini. Cena tipica su prenotazione. Conferenza - Le parole d’uso quotidiano: Terni e dintorni. A cura di Giampiero Raspetti.

A cura di Francesco Patrizi, Giampiero Raspetti.

Conferenza - Germogli: Aspetti geologici del nostro territorio. A cura di Pietro Rinaldi. Apertura Mostra Le miniature di Anna Placidi (artista insignita di innumerevoli premi tra i quali, per l’attività svolta, Leone e Maschera d’oro alle Rassegne d’arte di Venezia). La mostra rimarrà aperta fino a Mercoledì 6 giugno.

La mostra rimarrà aperta fino a Venerdì 22 giugno.

Mostra permanente IL CALZOLAIO. CALZOLAIO Dal lunedì al sabato dalle ore 17 alle ore 20. Di mattina su prenotazione. SPORTELLO DI SERVIZIO AL CITTADINO. A cura di Angelo Ceccoli: Informazioni sulla storia di Terni, visite guidate (gratuite) della città. Dal lunedì al sabato dalle ore 17 alle ore 20. Di mattina su prenotazione. È aperta l’iscrizione per i corsi (gratuiti) di: Arabo (Hassania Lakrad); Arte del disegno (Roberto Bellucci); Greco antico e moderno (Pierluigi Seri); La chimica che non potete non conoscere (Vittorio Grechi); Fotografia (Salvatore Baiano Svizzero e Circolo Fotoincontro Terni); Matematica (per adulti - Giampiero Raspetti); Matematica (per studeni delle quarte e quinte elementari - Ivano Argentini, Paolo Casali, Giuseppe Giacinti, Giampiero Raspetti).

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Foto di Enzo Chiocchia e di Salvatore Baiano Svizzero

Inaugurazione Sabato 4 Maggio 2012

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Associazione Culturale La Pagina

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LE INTOLLERANZE ALIMENTARI IMPARIAMO A NUTRIRCI RICONOSCENDO I SEGNALI DEL NOSTRO CORPO

Le intolleranze alimentari fanno parte di un vasto gruppo di disturbi definiti come reazioni avverse al cibo: si parla di intolleranza alimentare, piuttosto che di allergia, quando la reazione non è mediata da anticorpi IgE. I fenomeni associati alle intolleranze (oggi definite come allergie alimentari ritardate) sono vari e molto differenti da quelli tipici delle allergie alimentari in cui la risposta patologica si evidenzia entro breve tempo dall’ingestione del cibo responsabile. Gli alimenti maggiormente coinvolti nelle reazioni di intolleranza alimentare sono: uova, latte e derivati, soia, pesce, arachidi e noci, grano e derivati. I sintomi causati dalla ipersensibilità dell’organismo ai diversi tipi di cibo sono molteplici. I più frequenti sono cefalee, disturbi intestinali (gonfiori, stipsi o diarrea, colite, meteorismi, ecc.), dolori articolari, disturbi dell’umore (depressione, irritabilità), manifestazione cutanee (prurito, acne, eczema), mal di gola o bronchiti ricorrenti e molti altri. Il sospetto va posto quando un disturbo, anziché comparire in modo passeggero o saltuario, inizia a presentarsi sempre più frequentemente fino ad interferire con la vita “normale” della persona. In questi casi la ricerca di eventuali Intolleranze Alimentari può essere una delle strade da percorrere per affrontare la problematica.

Salvati Diagnostica srl negli ultimi anni ha voluto dare sempre maggior peso alla diagnosi delle intolleranze alimentari proponendo il Mediterranean Food IgG, un test diretto ad identificare e misurare la presenza nel sangue di anticorpi di classe IgG4 diretti verso 109 allergeni alimentari. La tecnologia di ultima generazione associata ad un metodo diagnostico molto sensibile permette un dato altamente accurato e preciso. Per eseguire questo tipo di analisi è sufficiente sottoporsi ad un semplice prelievo di sangue a digiuno. L’esito del saggio permetterà di evidenziare la presenza di uno o più alimenti non tollerati dall’organismo. Sarà competenza di un medico specialista indirizzare il paziente verso una dieta adeguata che permetterà di migliorare il suo stato di salute.

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AZIEN DA OSPE DA LI E RA

Dipartimento di Chirurgia dell’Appa D i re t t ore : D r. A

Dr. Amilcare Parisi Direttore Struttura Complessa Chirurgia Digestiva

Azienda Ospedaliera “S. Maria” di Terni

Da circa un anno abbiamo dato inizio, presso l’Ospedale S. Maria di Terni, alla chirurgia bariatrica per i pazienti affetti da obesità grave. Tale chirurgia si inserisce all’interno di un centro multidisciplinare, il CMO o C entro M ultidisciplinare per lo studio e la terapia della O besità. Si tratta di 10 strutture complesse, dirette e coordinate dal Dr. Giuseppe Fatati. Oltre alla componente chirurgica vengono inseriti tanti specialisti, che ruotano intorno al problema dell’ obesità, quali il dietista, il nutrizionista, lo psicologo, lo pneumologo, il cardiologo, l’endoscopista, l’anestesista e il genetista. L’obesità è divenuto uno dei maggiori problemi di salute del secolo e la diffusione nei paesi industrializzati ed in quelli in via di sviluppo sta crescendo rapidamente, con modalità di tipo epidemico. Nel mondo, riferiscono i dati ISTAT, ci sono attualmente 3 miliardi di persone in sovrappeso e 310 milioni di persone obese. In Italia ci sono 6 milioni e mezzo di pazienti obesi di cui 500.000 sono pronti per essere operati. C’è peraltro discrepanza tra il numero delle persone che devono essere operate e i centri che sono attualmente disponibili in Italia per curare chirurgicamente questi pazienti. Naturalmente per essere operati occorre rientrare in alcuni parametri. L’età, che va tra i 18 e i 60 anni, l’indice di peso di massa corporea, che si chiama BMI (Body Mass Index). Un paziente che ha un BMI superiore a 40 ha una indicazione ad essere operato; un paziente con 35 di BMI, ma con delle patologie associate, quali il diabete, l’ipertensione, ha ugualmente una indicazione ad essere operato; i pazienti invece senza comorbilità e al di sotto dei 35 di BMI attualmente non hanno ancora una indicazione chirurgica. Occorre tener presente, come già detto, che ci sono già 500.000 pazienti grandi obesi in Italia che dovrebbero o potrebbero beneficiare di un intervento di chirurgia bariatrica, l’unica terapia in grado di garantire una perdita del peso effettiva e prolungata nel tempo. Molto spesso questi pazienti si sottopongono a terapie mediche e terapie dietetiche. Possono dimagrire, ma altrettanto spesso riacquistano peso aumentando alcune volte il loro BMI. Quindi l’unica terapia in grado di mantenere la perdita di peso per un gran numero di anni è la chirurgia bariatrica, che noi oggi eseguiamo, sempre nello spirito del nostro reparto, in chirurgia mini invasiva. Anche per la chirurgia bariatica noi utilizziamo la chirurgia laparoscopica e la chirurgia robotica. La laparoscopica è meno invasiva per cui, attraverso piccoli fori che facciamo nell’addome di questi pazienti, riusciamo ad operarli e a fare tutti gli interventi senza aprire l’addome, con una qualità di vita post operatoria straordinaria. I principali tipi di interventi chirurgici che vengono effettuati in chirurgia bariatrica sono restrittivi, malassorbitivi e di tipo misto (malassorbitivorestrittivo): i restrittivi consistono negli interventi che determinano una capacità ridotta di assumere cibo, riducendo la capacità dello stomaco. Gli interventi malassorbitivi, con particolari tecniche chirurgiche modificano la capacità di assorbimento degli alimenti riducendo drasticamente le calorie assorbite e ottenendo una perdita di peso costante che si mantiene nel tempo.

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I principali interventi che oggi noi eseguiamo sono: - il bendaggio gastrico che consiste nel porre un anello intorno allo st dall’esterno per cui possiamo aumentare o ridurre la capacità gastric - la Sleeve gastrectomy che viene da noi eseguita come intervento di p di una sonda che viene inserita dalla bocca e asportando, con partico la capacità gastrica a circa 50 cc; - degli interventi malassorbitivi eseguiamo il bypass gastrico che cons alcune sostanze (zuccheri e grassi). Tutti gli interventi sono effettuati, tranne in casi particolari, in chirurg Questi pazienti hanno grande beneficio da questa chirurgia e inoltre so solo il problema del sovrappeso, ma l’obesità è associata ad altre comor respiratori e le artropatie. Così come è stato recentemente dimostrato da una ricerca condotta da risulterebbe essere di 8,3 miliardi di Euro, pari a circa il 6,7% della persona obesa di 75 anni, il costo sociale totale di un diciottenne obes aggiuntivi. Operarli significa non solo farli tornare a un peso normale, ma ridurre Nello studio e nella terapia di questa malattia, la parte psicologica rivest per comprendere i disturbi alimentari ed escludere da qualsiasi trattame che siano dediti all’alcoolismo o che facciano uso di sostanze stupefac Ecco la necessità di lavorare in una équipe multidisciplinare, perch maniera indispensabile da una serie di specialisti che rivestono un ruo bariatrica. Per il follow-up impieghiamo il “sistema Baros” che consiste con controlli dopo 15 gg, dopo un mese, poi ogni 3 mesi, ogni 6 mes peso (EWL), la riduzione delle comorbilità (ad esempio se il paziente e tale dosaggio). Da un punto di vista psicologico valuta l’autostima, il il gradimento del paziente per quanto concerne il cambiamento di vita


A S ANTA MARIA DI D I TER NI

parato Digerente e Gastroenterologia Ami l ca re Par is i

L’ attività del CMO si avvale di diverse figure professionali che entrano progressivamente nella valutazione e successivamente nel trattamento medico-chirurgico del paziente obeso. Le strutture che fanno parte del CMO sono: - SC di Diabetologia, Dietologia e Nutrizione clinica: Dr. Giuseppe Fatati - SC di Chirurgia Digestiva e Unità Fegato: Dr. Amilcare Parisi - SC di Psicologia Ospedaliera: Dr. David Lazzari - SC di Malattie dell’Apparato Respiratorio: Prof. Giuseppe Schillaci - SC di Anestesia e Rianimazione: Dr.ssa Lorenzina Bolli - SC di Cardiologia: Prof. Enrico Boschetti - SC di Endoscopia Digestiva: Dr. Anselmo della Spoletina - SC. di Chirurgia Plastica: Prof. Carmine Alfano - SC di Endocrinologia: Dr. Camillo Giammartino - SC di Neuroriabilitazione: Dr. Mario Marchili - SS di Angiologia: Dr.ssa Alessandra Ascani - Genetica del Gusto: Dr.ssa Elisabetta Manfroi

o stomaco riducendone la capacità. Tale bendaggio è regolabile trica in relazione all’esigenze del paziente; di prima scelta. In questo intervento si riduce lo stomaco sulla guida ticolari suturatrici, una manica di stomaco (circa 2/3 terzi) si riduce

consiste nel bypassare lo stomaco diminuendo il riassorbimento di

rurgia laparoscopica e robotica. e sono pazienti che hanno un costo sociale elevatissimo. Non c’è infatti morbilità che sono: il diabete, l’ipertensione, l’iperlipidemia, i problemi

a dall’Università Sant’Anna di Pisa, il costo annuo stimato dell’obesità ella spesa sanitaria pubblica. Ipotizzando una vita media attesa della beso rispetto ad un coetaneo normopeso è stimabile in circa € 100.000

urre o eliminare tutte le patologie associate all’obesità. veste un ruolo determinante. La valutazione psicologica è fondamentale amento chirurgico pazienti che abbiano disturbi psichiatrici importanti, efacenti. erché l’attività del chirurgo viene fortemente integrata e sostenuta in ruolo determinante per il follow-up dei pazienti sottoposti a chirurgia siste in una valutazione eseguita prima dell’intervento e post-operatoria mesi ed ogni anno. Il sistema valuta il BMI, la perdita dell’eccesso di nte era diabetico non ha più bisogno di fare insulina oppure se ha ridotto a, il reinserimento nelle attività lavorative e sociali, l’attività sessuale e vita attuato dopo l’intervento. Dr. Am ilca re P a r i si Direttore Struttura Complessa Chirurgia Digestiva

Gli specialisti coinvolti nel team multidisciplinare sono: • Dr. Fatati (dietologo) - Dr. Parisi (chirurgo) • Dr. Carloni (chirurgo) • Dr. De Ciantis (psicologa) • Dr. Scalercio (chirurgo) • Dr. Mirri (Dietologo) • Dr. Giamminonni (anestesista)

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La proiezione dati Istat-HFA 2008, stima, in Italia: - 20 milioni di soggetti in sovrappeso - 5 milioni di persone obese - 1,5 milioni di obesi patologici destinati alla chirurgia

BGR Be n d a g ggii o G ast ri r i co Regolabile Il Bendaggio Gastrico Regolabile, introdotto da Kuzmak nel 1986 è un nastro di silicone elastomero (biocompatibile) collegato ad un piccolo serbatoio, si introduce chirurgicamente attorno alla parte più alta dello stomaco, il serbatoio viene posto nello spessore della parete addominale. Lo stomaco assume una forma di clessidra, la parte superiore "tasca gastrica" è di volume molto ridotto circa delle dimensioni di una tazzina di caffè, la parte di stomaco al di sotto del bendaggio è più ampia. Per comprendere meglio, immaginate un cinturino d'orologio che vada a strozzare lo stomaco; si crea un meccanismo a tipo imbuto molto piccolo per cui il cibo ingerito si ferma al di sopra del cinturino e vi rimane finché non viene digerito. La persona in questo modo arriva a sentirsi sazia pur avendo mangiato poco. E' intuitivo che l'assorbimento del cibo resta lo stesso e quindi tutto dipende da quello che il soggetto ingerisce: si può facilmente comprendere che mangiando cibi semi liquidi ad alto contenuto calorico questi, una volta superato il “passaggio obbligato”, verranno interamente assorbiti come se nulla fosse. Per tale motivo, ai pazienti operati di bendaggio gastrico regolabile, si consiglia una dieta costituita prevalentemente da cibi solidi (proteine, carboidrati, e fibre innanzitutto). Il bendaggio gastrico fa parte degli interventi cosiddetti restrittivi basati su un comune principio "anatomo-funzionale": si procede alla creazione di una tasca prossimale di volume minimo che comunica con il resto dello stomaco, attraverso un canale inestensibile del diametro di circa 1,2 cm. In questo modo il volume dei pasti risulta meccanicamente ridotto e poiché lo svuotamento del serbatoio prossimale (tasca gastrica) è lento, si ottiene un allungamento dell'intervallo di tempo tra i pasti stessi. Viene quindi limitato l'introito alimentare attraverso la riduzione della capacità gastrica, che dà al paziente un senso precoce e duraturo di sazietà. Uno dei vantaggi più importanti del bendaggio gastrico regolabile nei confronti di altre procedure gastro-restrittive è la possibilità di regolare il diametro del canale di passaggio (stoma) tra la tasca gastrica creata e il resto dello stomaco. Si tratta di una procedura estremamente mini invasiva, in quanto nessun organo interno è sezionato. La regolazione avviene gonfiando o sgonfiando o semplicemente aggiungendo o togliendo soluzione salina dal serbatoio (port). Questa procedura è semplice, di rapida esecuzione e minima invasività per il paziente: si esegue con una siringa ed un ago che viene introdotto nel port sotto controllo radioscopico o digitale, viene calcolato il contenuto di soluzione salina già presente nel bendaggio, si inietta o si toglie soluzione salina sino ad ottenere un grado di restringimento sufficiente a condizionare un significativo rallentamento del transito del cibo.

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Segmentando la popolazione per fasce d’età, si nota un aumento rilevante con l’aumentare della stessa. Infatti, l’obesità coinvolge il 5,7% della popolazione nella fascia 25-44 anni, mentre aumenta tra i 45 ed i 64 anni arrivando al 14%. L’obesità infantile è in crescita e rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo dell’obesità in età adulta.

I costi sanitari dell’obesità I costi sanitari dell’obesità e del sovrappeso sono, ormai, più elevati di quelli derivanti da fumo, alcolismo e povertà. Le malattie obesità-correlate costituiscono buona parte del carico sanitario del mondo occidentale. Da stime effettuate negli Stati Uniti si è calcolato che negli obesi i costi dei servizi sanitari e farmaceutici sono più alti, rispettivamente, del 36% e del 77% rispetto ai normopeso. In uno studio del (2004) si è calcolato che ad ogni unità in più di B.M.I. (Body Mass Index) corrisponde un incremento del 2,3% del costo sanitario totale. Tutte le indagini epidemiologiche concordano nell’evidenziare come l’obesità incrementi, in modo significativo, la morbilità e la mortalità. Vi è, infatti, una serie di malattie per le quali è stato dimostrato uno stretto rapporto con l’obesità. Tra queste le più importanti e frequenti sono: il diabete mellito di tipo II, l’ipercolesterolemia, l’ipertrigliceridemia e l’ipertensione arteriosa; le vasculopatie e cardiopatie; le pneumopatie; le artropatie e la calcolosi della colecisti. Queste patologie migliorano sostanzialmente, e spesso guariscono, se il paziente riesce a riportare, stabilmente, il proprio peso negli ambiti della normalità o anche se riesce a ridurlo in modo significativo e persistente nel tempo. In mancanza di questo, il paziente deve essere necessariamente sottoposto a trattamenti farmacologici per tutta la vita e a controlli diagnostici e clinici ripetuti, tutti estremamente onerosi per il Servizio Sanitario Nazionale. Abbiamo, di fronte a questa grave e preoccupante emergenza, due assolute priorità: la prevenzione, con la diffusione di nuove abitudini alimentari e di un corretto stile di vita, e la cura efficace e duratura dei casi esistenti, soprattutto quelli più gravi. La terapia chirurgica è l’unica forma di trattamento che consente la guarigione duratura. I più recenti studi (Adams et al. NEJM, 2007; Sjöström et al., NEJM, 2007) con un follow-up adeguatamente prolungato, hanno dimostrato che, nel gruppo trattato chirurgicamente, c’è una significativa riduzione della mortalità e del rischio di sviluppare altre patologie associate, rispetto a trattamenti terapeutici, con conseguente riduzione dei costi sanitari e sociali, diretti o indiretti.


BIB B ioenter ics I ntr agas tr ic i c Ba l l o o n

S le e v e gast rect om y

La Laparoscopic Sleeve Gastrectomy (LSG), è un intervento di tipo gastrorestrittivo. Il suo scopo è quello di far raggiungere al paziente un precoce e duraturo senso di sazietà, inducendolo così ad assumere meno quantità di cibo con la conseguenza del calo ponderale. Il "tubo gastrico" ha una capacità di circa 100/150 ml. e viene realizzato sezionando ed asportando, in modo irreversibile, tutto il fondo e grande parte del corpo gastrico. Durante il pasto, il cibo entra nello stomaco e lo riempie per impilamento, rimane trattenuto all’interno dello stomaco e, una volta digerito, passa nel duodeno attraverso la valvola del piloro. La Sleeve Gastrectomy è una metodica chirurgica che può ottenere di per sé un buon calo di peso oppure può essere associata ad un secondo intervento di chirurgia bariatrica. Molti pazienti risolvono il problema obesità rientrando in una fascia di sovrappeso e più raramente di normopeso; per i pazienti che non riescono a uscire dall’obesità con questo intervento inizia la "seconda fase", la possibilità di associare un intervento malassorbitivo come la Diversione BilioPancreatica con duodenal switch. I motivi per cui si esegue nella prima fase la Sleeve Gastrectomy sono: - La Sleeve Gastrectomy è un intervento con meno complicanze e meno rischi operatori rispetto alle diversioni; - Alcuni pazienti in seguito ad una perdita di peso accettabile non necessitano della seconda fase. La Sleeve Gastrectomy viene inoltre impiegata come soluzione nei numerosi casi di recidività delle Diversioni con resezione gastrica. Spesso infatti accade che il paziente a distanza di tempo riprenda peso a causa della dilatazione della parte di stomaco rimasto dopo l'intervento di Diversione; essendo pazienti che assumono cibo in quantità libera spesso non sono in grado di controllare la fame derivante dall’aumento della capacità dello stomaco ed è necessario reintervenire chirurgicamente per ridurre tale dilatazione allo scopo di preservare la perdita di peso raggiunta con la diversione.

La ricerca tecnologica ha messo a punto un sistema endoscopico, concepito come ausilio alla dietoterapia: il palloncino intragastrico o pallone endogastrico. E’ una tecnica non invasiva della terapia chirurgica dell’obesità. Consiste nell’introduzione per via endoscopica (in sedazione leggera) di un palloncino intragastrico in silicone (BIB), riempito con 400/700 ml di soluzione fisiologica e blu di metilene, che permette ai pazienti di seguire un regime alimentare ipocalorico, non sentendo lo stimolo della fame. Il blu di metilene viene aggiunto per evidenziare eventuali perdite del BIB attraverso la colorazione blu delle feci e dell’urina. L’intervento ha una durata di circa 10-12 minuti. I possibili effetti collaterali, nausea e vomito, regrediscono nel giro di un paio di giorni. Il palloncino funge da corpo estraneo che si muove liberamente nello stomaco, riducendone la capacità. E' indicato per l'uso temporaneo, il BIB ha una durata di massimo sei mesi, in una terapia mirata al dimagrimento di pazienti che non siano riusciti a raggiungere e mantenere il peso con i programmi dietetici precedenti. E' richiesta una partecipazione attiva del paziente che si sottopone a BIB all'interno del programma di dimagrimento proposto; è necessaria quindi una buona motivazione psicologica. Il BIB viene rimosso sempre per via endoscopica; se non si è raggiunta una perdita di peso soddisfacente è possibile posizionare un altro BIB anche nella stessa seduta di rimozione. Il BIB è usato anche in pazienti obesi per i quali il rischio operatorio è troppo elevato al fine di normalizzare il loro stato di salute conseguente al calo ponderale fino a portarli all’intervento di chirurgia bariatrica.

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Fisioterapia e Riabilitazione

NUOVA SEDE Zona Fiori, 1 05100 Terni – Tel. 0744 421523 0744 401882 D i r. S a n . D r. M i c h e l e A . M a r t e l l a - A u t . R e g . U m b r i a D D 7 3 4 8 d e l 1 2 / 1 0 / 2 0 11

La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico

Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di

Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.

Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa

Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.

Terni Zona Fiori, 1 Tel. 0744 421523 401882

- Riabilitazione in acqua - Rieducazione ortopedica - Riabilitazione neurologica - Rieducazione Posturale Globale - Onde d’urto focalizzate ecoguidate - Pompa diamagnetica - Tecarterapia

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Barriere fonoassorbenti

Barriera fotovoltaica

Barriera integrata

Barriera con aggetto

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Nella vita odierna si è sottoposti a diversi tipi di inquinamento e tra questi quello acustico non è certo l'ultimo, sia per il livello che ha ormai raggiunto, sia per la pericolosità della sua azione sulle persone che ad esso sono esposte in modo frequente. La maggior parte dell'inquinamento sonoro in ambiente esterno è dovuto alla presenza dei mezzi di trasporto: automobili, motocicli e treni sono in genere le principali sorgenti di rumore a cui vengono sottoposte una molteplicità vasta di persone. Molto spesso anche gli edifici, sia pubblici che privati, sono esposti ad un elevato tasso di inquinamento acustico causato dalle principali vie di comunicazione terrestre, cioè dal traffico stradale e ferroviario, dalle attività produttive e da molteplici altri fenomeni. Eliminare il rumore non è certamente possibile ma cercare di attenuarlo portandolo a livelli considerati sopportabili e non dannosi all'udito umano è sicuramente fattibile. La CO.RE.IN. s.r.l. da anni ha affrontato e risolto con successo il problema del risanamento acustico mediante l’interposizione di un ostacolo tra la sorgente del rumore e la ricevente. Si parla quindi di barriere fonoassorbenti che, grazie ad un meccanismo "di scudo" proteggono le persone da eventuali danni dovuti a rumori eccessivi. Quando infatti un’onda sonora incontra un ostacolo, la reazione immediata che si ottiene è quella di ridurre l’intensità dell’onda stessa che pertanto si propaga con livelli minori e di conseguenza accettabili. Le barriere, costruite modularmente e in parte preassemblate, una volta montate non richiedono alcuna manutenzione e solo in seguito a forti collisioni si è costretti a ricorrere alla sostituzione. La CO.RE.IN. s.r.l. per il settore della progettazione acustica e della elaborazione dei modelli previsionali utilizza il programma MITHRA, realizzato dal C.S.T.B., un programma utilizzato anche nella progettazione dei sistemi autostradali e dell'Alta Velocità francese. Tale programma è riconosciuto oggi come uno degli strumenti più avanzati ed affidabili esistenti nella simulazione della propagazione acustica in ambienti orograficamente complessi. Nella realizzazione delle barriere antirumore si valuta con ugual criterio sia l’abbattimento dell’inquinamento acustico sia l’impatto ambientale che queste possono avere sul territorio circostante. Le barriere possono essere costituite da elementi in alluminio, in calcestruzzo, in pmma, in vetro, in acciaio e si possono utilizzare anche più materiali insieme per la stessa barriera. Grande valore a livello ambientale lo hanno poi le barriere acustiche fotovoltaiche che, oltre a mitigare l'inquinamento sonoro sono adibite, tramite dei pannelli, all'assorbimento e alla successiva trasformazione dell'energia solare. Riccardo Tommasi


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MAY BE THE DEVIL: Quando il male vince sul bene Terni – Parla con rabbia Chiara, racconta ogni cosa nei minimi dettagli e se non fosse per le lacrime che ogni tanto le bagnano il viso, le parole correrebbero più veloci di un treno. Due anni di silenzi poi la confessione a questa rivista, lei solare e bella, fidanzata fino a un mese fa con Fabio, giovane coetaneo di 29 anni che ricorreva a pratiche di magia nera, vere o no che siano, per far del male ai suoi amici, magari solo perché non erano simpatici o ancor peggio perché non facevano ciò che lui voleva. Tutto è incominciato 2 anni fa -racconta Chiara- quando una sera Fabio mi invitò a uscire per andare al parco di Colle Roletta, vicino Borgo Rivo. Aveva un’aria serena e felice, poi a un tratto dopo la terza sigaretta, tira fuori dal suo zaino una foto raffigurante il primo piano di una sua amica, Valeria, e un cero di media grandezza. Accese il cero e dopo aver detto delle parole a bassa voce, incominciò a trafiggere la foto con degli aghi disponendoli a incrocio e riducendo il viso nella foto pieno di buchi, poi con il cero accesso versò della cera sopra gli aghi. Inquietata dallo strano rito, Chiara chiese più volte il senso di tale gesto, ma l’unica risposta che Fabio le diede fu: Perché se lo merita, non mi vuole più bene. Spaventata e dopo aver più volte tentato di farsi dare spiegazioni, Fabio la minacciò, dicendole che non doveva parlarne con nessuno e che il male deve essere la risposta alle persone che non gli volevano bene. All’inizio non ho pensato -spiega Chiara- alla gravità della situazione; ho sbagliato a sottovalutare la situazione, ma non ho mai creduto a queste cose. Valeria era una sua amica che per motivi personali non lo cercava più da mesi così, per vendicarsi, malato forse di manie di grandezza, Fabio aveva incominciato a familiarizzare con questi mezzi di manipolazione delle coscienze. Mezzi pericolosi, spaventosi e senza senso, con l’intento di rovinare la vita alle persone. Immaturità, complessi d’inferiorità, disadattamento sociale o forse schizofrenia, potrebbero essere questi i reali motivi che hanno causato nel giovane il ricorso alla magia nera. Valeria comunque, a distanza di poco tempo, ha lasciato l’università, si è ammalata di depressione e con il ragazzo si è lasciata. Non è possibile sapere se ciò che è accaduto sono fortuite coincidenze o reali effetti della pratica demoniaca, ciò che è certo è il modo sbagliato con cui Fabio si pone con gli altri. Non si può essere amici di chi augura il male. Non si può voler bene a chi pensa di risolvere ogni problema recando dolore agli altri. Più volte, Chiara, ha provato a far ragionare Fabio, spiegandogli che non serviva a nulla ricorrere a certe pratiche esoteriche, ma in situazioni così delicate è difficile intervenire, anche per chi come Chiara, ha tenacia da vendere. Un anno prima -racconta sempre la giovane- Fabio era ricorso a un rituale simile, per far lasciare un suo amico (Antonio) dalla fidanzata (Claudia), nel momento in cui i due giovani, avevano deciso di andare a convivere insieme. Fabio non sopportava che Antonio si fosse fidanzato con Claudia, ragazza che amava anche lui, prima di fidanzarsi con Chiara e che riteneva troppo intelligente per Antonio. Accadde che Claudia, presa da forti attacchi d’ansia e insicurezza, decise di fare un passo indietro, mandando in fumo il loro progetto di convivenza. Un cambiamento repentino a pensarci bene, tanto da suscitare dubbi nei sentimenti di Antonio. Io sono rimasta malissimo -continua Chiara- quando ho iniziato a rendermi conto che il male esisteva sul serio. Per alcune notti non ho dormito e avevo paura di lui. Ho sempre cercato di sdrammatizzare, fino a quando mi sono resa conto di una cosa: vera o no che sia la magia nera, avere vicino una persona che augura del male ad altri, è straziante. Chiara si sentiva complice in qualche modo e aveva paura. Così adesso che ha lasciato Fabio, si sente meglio, pur nutrendo preoccupazione per il futuro del giovane. Ho tagliato tutti i legami e i rapporti anche con i suoi amici -sottolinea Chiara- mi dispiace non poterlo aiutare; ho parlato con lui in molte occasioni, ma è convinto di fare la cosa giusta. La mia decisione è maturata, quando ho capito che soffriva di un male troppo grande e il mio aiuto era inutile. Spesso Chiara è stata tentata di raccontare tutto ad Antonio, ma quando non si hanno prove concrete o comunque si parla di cose che non hanno fondamento scientifico è sempre difficile essere creduti, molto più facile passare da folli. Viene allora da pensare con quali mezzi efficaci può aiutarlo? È una buona idea parlarne in segreto con i genitori? Questa è una storia difficile, dove il male, almeno per questa volta, sembra aver vinto sul bene, e il diavolo, forse esiste veramente. Lorenzo Bellucci lorenzobellucci.lb@gmail.com

L’ avventura di un giovane fotografo contro il mostro ZTL Terni e lo ZTL: Un impianto di rilevazione degli accessi limitativo troppo “limitato” Terni – Non vado mai in centro con l’automobile e se lo faccio, è tre volte l’anno, sicuramente per motivi di scarico e carico merci, dove le merci sono materiali per l’allestimento di mostre fotografiche, organizzazione di eventi culturali e spettacoli. Una ventina di giorni fa, il Comune di Terni con esattezza l’Ufficio per i Servizi Contravvenzioni della Polizia Municipale, mi inviò una lettera, con all’interno un verbale di violazione al codice della strada, il giorno 10/02/2012 alle ore 13:02 in via Istria, Piazza Dalmazia, la mia auto circolava senza permesso ZTL. La verità non era la mancanza di un permesso ZTL, che avevo regolarmente fatto la mattina stessa, ma semplicemente avevo impiegato più tempo nell’allestimento della mostra fotografica LOVE EMERGENCY per gli Eventi Valentiniani, presso il locale Rendez Vous, ritardando di 45 minuti l’uscita della mia auto dalla zona a traffico limitato. Sarà successo anche ad altri, quando si lavora e si scaricano merci e magari si allestiscono mostre o si aspetta il proprietario di un locale per fare la consegna, capita nel 90% dei casi di ritardare l’uscita dalla zona a traffico limitato. L’impianto di rilevazione, non è una persona, non sa le nostre motivazioni, è un computer che registra con un sistema ottico le targhe e secondo un tempo prestabilito segnala chi supera l’orario consentito. Arrivata la multa, di ben 87 euro, ho pensato che la mostra mi aveva portato un bel guadagno: soldi spesi per le stampe, soldi spesi per l’allestimento, soldi spesi per l’inaugurazione, soldi spesi per il trasporto delle opere e per finire una bella multa. Il giorno dopo mi sono recato all’Ufficio per i Servizi Contravvenzioni della Polizia Municipale, ho fatto una fila di 15 persone, tutte infervorate per un altro problema: i sistemi di rilevamento della velocità Autovelox, fissi in alcune parti della città. Anche in quel caso non si è capito mai bene se sono in funzione o no e se sono tarati bene, fatto sta che la gente ne diceva di tutti i colori, soprattutto una signora che aveva preso ben quattro multe nell’arco di due settimane per essere andata a 56 km/h invece, che 50 km/h. Direi proprio che sono in funzione! Sarà il caso di rivedere anche quel sistema lì? Tengo a sottolineare che l’ufficio della municipale è aperto dalle 11 alle 12 dal lunedì al venerdì, ho pensato due cose: wow che fortuna! Non solo prendo una multa ingiustamente, ma devo anche fare una fila e perdere tempo, inoltre dal lunedì al venerdì non ci sono mai perché lavoro a Roma, ma poi un ufficio con quindici persone in fila aperto solo un’ora al giorno? Con tutte le multe che fanno! Arrivato il mio turno, ho spiegato le motivazioni alla responsabile presente in ufficio, che come me, ha concordato che lo ZTL giornaliero non solo non conosce le varie situazioni personali, ma non calcola gli imprevisti e il tempo che occorre per svolgere determinati lavori. Molto gentilmente la responsabile mi ha spiegato che avevo tutte le ragioni per fare un ricorso al Prefetto della città, sottolineando nella domanda di archiviazione del verbale le mie motivazioni. Ma un pericolo si nascondeva dietro il ricorso: se non veniva accettato ero costretto a pagare il doppio della multa, ben 174 euro. Ho deciso di rischiare, non tanto per spavalderia ma perché sapevo essere dalla parte del giusto e quando sai di essere dalla parte del giusto nessuno potrà mai controbattere. Così ho fatto. Il giorno dopo sono andato alla Prefettura e ho parlato con un altro responsabile dell’Ufficio relazioni con il pubblico. Molto gentilmente mi ha spiegato cosa dovevo fare per avviare il ricorso. Sono tornato il giorno dopo ancora, con tutte le fotocopie e il foglio della domanda del ricorso, consegnato a un’altra responsabile dello stesso ufficio. Dopo un’ora sono stato ricontattato dalla stessa, che mi rassicurava che la domanda era stata accettata, ma per certificare il tutto, occorreva un documento che ufficializzasse la mia partecipazione alla mostra svolta. Il giorno seguente sono ritornato alla Prefettura e ho consegnato il documento richiestomi: la brochure della mostra accompagnata dal foglio di presentazione del progetto, con indicato il mio nome, il locale dove si teneva l’evento, il patrocinio del Comune di Terni e il giorno con l’orario d’inaugurazione della mostra, tra l’altro lo stesso in cui mi avevano fatto la multa, più chiaro di così? Alla fine sono tornato a casa e, rassicurato dalle parole dell’ultima responsabile, ho tirato un sospiro di sollievo, giurando a me stesso che con il mostro ZTL non avrei più avuto nulla a che fare. L’intelligenza umana e la sensibilità delle persone non possono essere sostituite dai computer. Le intelligenze artificiali hanno preso a mio parere troppo piede nella nostra società, riducendo le persone ad essere loro stesse dipendenti del volere artificiale delle macchine. Il modo in cui sono state tarate, registrate o sincronizzate è del tutto sbagliato e andrebbe riveduto alla luce dei vari contesti reali, senza basare i vari monitoraggi su numeri, valori e orari scelti a caso. L’unica cosa che mi fa sperare in un miglioramento sociale, per quanto riguarda questo problema, è la gentilezza di tutti i responsabili che ho incontrato, sia della Polizia Municipale, sia della Prefettura, dipendenti pubblici veramente umani e comprensivi. In altre città, forse, davanti a una situazione del genere, anche le persone ragionano in maniera fredda e sistematica, proprio come i computer. LB

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Conferenze di Astronomia In collaborazione con la Biblioteca di Terni, dal mese di marzo la nostra associazione sarà presente con una serie di conferenze su temi astronomici, rivolte sia ai soci che a tutta la cittadinanza. Il 6 marzo scorso il Prof. Sergio Bacci Bacc ha trattato il tema: Supernovae e premi Nobel: la scoperta dell’accelerazione accelerata dell’Universo; il 10 aprile invece ha introdotto, alla luce di recentissime scoperte: La Via Lattea come un gigantesco gong: l’impronta della materia oscura nella nostra Galassia. Le prossime due conferenze saranno tenute sempre dal Prof. Sergio Bacci Bacc e si articoleranno nel seguente modo: 8 maggio - L’universo osservabile: fino a dove si spingono le nostre osservazioni 5 giugno - La radiazione cosmica di fondo: resti fossili del Big Bang. Le conferenze si terranno presso la biblioteca comunale, al secondo piano, saletta adiacente il Caffè letterario, alle ore 17,00.

Parliamo delLA LUNA Come descritto in precedenza, sulla Luna il paesaggio è caratterizzato da rilievi che si ergono da vaste aree pianeggianti chiamate mari. Gli impatti meteoritici, i movimenti tettonici, il raffreddamento, avvenuti nel tempo, hanno prodotto i panorami attuali. Possiamo distinguere le strutture montuose della Luna, in base alla loro tipologia, in: - Piccoli crateri: formazioni circolari con diametro inferiore al chilometro; - Crateri: con diametro fino a 20 Km, alcuni con picco montuoso centrale; - Formazioni anulari: da 20 a 100 Km di diametro; - Circhi montuosi: con diametro superiore a 100Km; - Domi: rilievi simili a piccoli vulcani a scudo, testimoni di passata attività eruttiva. I circhi montuosi più grandi si trovano sulla faccia anteriore della Luna (il Bailly ed il Clavius misurano rispettivamente 300 e 225 Km di diametro). Alcuni crateri sono circondati da formazioni rettilinee disposte a raggiera; sono il prodotto dell’eiezione di frammenti e materiali solidi, più chiari del colore di fondo preesistente, sollevati in seguito all’impatto del meteorite che ha generato il cratere stesso. Altre strutture geo-morfologiche rilevabili sulla superficie della Luna sono: - I solchi o rime: fessure di varie lunghezze e direzioni, larghe circa un chilometro, causate probabilmente dal raffreddamento della superficie lunare; - Le valli: larghe scanalature come ad esempio la valle delle Alpi, dall’aspetto di fossa tettonica; - Le muraglie: sono formazioni a gradino che si presentano come faglie dirette; di queste l’esempio più rilevante è dato dal Muro Dritto (Rupes Recta), nel mare Imbrium; è lunga 150 Km e alta 300 m. Oltre alle formazioni circolari, sulla Luna si osservano anche dorsali orografiche rettilinee, alle quali vennero attribuiti i nomi delle maggiori catene montuose terrestri. I Carpazi, gli Appennini, il Caucaso, le Alpi e il Giura sono tra le più conosciute e anch’esse fanno da cornice, per metà, allo stesso mare Imbrium. En r i c o C o st a n t i n i

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Li niutrini... più vveloci de la luce! L’andru ggiornu co’ Zzichicchiu e Spidi… ‘n amicu nostru che ‘ntartaja ‘n bo’ e cche ppe’ ‘nduvina’ quillu che vvòle di’… spessu tòcca a ‘nna’ a rrecchia… stavamo ffa’ ‘na passeggiata parlanno de quillu esperimentu ch’hanno fattu da lu Cerne de Ginevra a lu Gran Sassu. Spidi… pe’ non sintisse ‘sclusu cercava de partecipa’ a lu discorsu… Che…che… che sso’ ‘sti ne…ne…nené…nené… Pe’ ttojelu da l’imbarazzu ho fattu… Li niutrini… so’ li fiji de li niutroni… dico bbene Zzichi’?... A Lunardi’… te credéi d’èsse spiritosu ma quasi ciài ‘zzeccatu!? Lo sai che è statu lu fisicu Fermi che l’ha chiamatu niutrinu... ch’è lu diminutivu de niutrone ch’è ttantu più mmassicciu e ‘nvece quillu pare che ‘n pesa gnente e attraversa ‘ndisturbatu ‘gni cosa!… No’ lu ferma mancu ‘n mmuru de piombu spessu ‘n anno luce… Ecco perché allora se so’ mmissi a ffa’ a ccurre co’ la luce… je piacéa vince facile come su la pubblicità… E lu tu…tu…tutù… Intenni lu tùnnelle ch’hanno scavatu apposta pe’ ffacce curre li niutrini?… Ma mica è vvero che l’italiani hanno cuntribbuitu a ccustruillu… va’ a ccerca’ chi l’ha custruitu!?... E Zzichicchiu ‘n bo’ ‘sterrefattu… Ma che stai a ddi’ Lunardi’… ‘n’arcuminciassi pure tu!?... ‘N tunnelle… a lu Cerne… ce sta pure… ma è qquillu ch’è ssirvitu a ffa’ parti’ ‘n trenu de niutrini lungu ‘n chilometru… che sse so’ sparugati dappertuttu e qquarchidunu è ‘rrivatu pure sotto lu Gran Sassu ‘n do’ lu stevono a ‘spetta’… Ammappeli se cche ffiutu… e pperché se so’ mmissi a ‘spettalli sottoterra… Zzichi’?... Perché sapevono che ssolu quilli ce potevono arriva’ e ccucì no’ li confonnevono co’ andre particelle… E cche cciànno lu lasciapassa’!?… Me… me… memé… Spidi cià raggione… mejo suli che mmale ‘ccompagnati!... So’ più ve…ve…ve…vevé… Scì… hanno scopertu che sso’ annati più vveloci de la luce… Na…na… nanà…nu… Scì… de quarche nanusecondu!... A ‘llu puntu Zzichicchiu ‘nterrompenno ‘llu bbiloquiu tra me e Spidi… Quilli de ‘llu’esperimentu hanno ammissu che qquarchiccosa nn’ha funzionatu bbene… pe’ mme possono arpètellu ‘n saccu de vòrde ma… più vveloci de la luce… io so’ ccunvintu… che ‘n ce possono anna’. Se l’esperimentu non va a bbraccittu co’ la toria… questa è sbajata!… D’andru cantu ‘na toria non ze pòle conzidera’ mai ggiusta… ma sulu temporaneamente ggiusta… perché… quillu ch’è ggiustu mo’… po’ èsse sbajatu doppo!... A Zzichi’… tante vòrde… mica riesco a comprènne quellu che stai a ddi’!?… Cumunque ‘sti niutrini… che vojono sorpassa’ a ttutti li costi la luce… me stanno a ddiventa’ ‘ndipatici… stassero a ppostu loro e annassero come devono anna’… senza crea’ probblemi a Eistainne anche doppo mortu… A…a…llora… bi…bi…bibì…bi…bibì… A Spidi!?… Che stai ‘n fase de sorpassu pure tu?... E non facessi l’andipaticu! paolo. cas ali48@alice. it

LA SICUREZZA DEI TUOI INVESTIMENTI

Una soffitta sull’Universo

Mi fa piacere Leonardo! Alla base delle passioni che avrai da grande infatti sta proprio il divertimento di fare ciò che stai facendo e non perché qualcuno ti costringe. Tu ragazzo mio, per la curiosità che stai dimostrando nell’apprendere, ne farai davvero molta di strada! Ma Ora torniamo alle nostre galassie! O come piace chiamarle a me, “isole stellari!... E naturalmente alla Via Lattea!... Certo, dato che è quella che ci riguarda da vicino! Brevemente ti posso dire in generale che le galassie variano dalle più piccole che contengono poche decine di milioni di stelle fino alle più grandi che contano anche mille miliardi di stelle e probabilmente nell’universo osservabile ci sono oltre cento milioni di galassie… numeri enormi che spaventano solo a pronunciarli!... Già, hai ragione! Cifre a tanti zeri! Ma una volta il mio papà mi ha detto che nell’astronomia è proprio così…bisogna pensare…in grande!... Sai, ricordo che anche Giovanni e Margherita, il tuo papà e la tua mamma, stavano ore ed ore ad osservare il cielo, proprio come piace fare a te!... Forte! Vorrei proprio che anche loro fossero qui con noi…ma sono sempre impegnati con il lavoro e piano piano stanno abbandonando tutte le loro passioni. Il viso di Leonardo si era fatto un po’ triste pensando ai suoi genitori che per accontentare tutti i suoi capricci avevano iniziato a trascurare i propri interessi… Overlook si accorse dello stato d’animo del piccolo amico e si ripromise di fare qualcosa al più presto. Quello che poteva fare ora era rispondere alle curiosità di Leonardo… Passiamo alla Via Lattea!... Finalmente! Ma possiamo vederla?... Nelle notti chiare, quando si fa molto buio sì, è possibile vederne un pezzo. La nostra galassia infatti ha la forma di un disco con un rigonfiamento al centro, detto bulge, e le stelle che si trovano nella parte più piatta, cioè quella esterna, devi sapere che non sono sparse uniformemente, ma si riuniscono in masse o “bracci”. Questi bracci si muovono a spirale fuori dal rigonfiamento centrale: per questo si dice che le galassie come la nostra si chiamano a spirale… E noi dove siamo? Al centro del disco?... No Leonardo, noi siamo su uno dei bracci. Esse contengono una grandissima quantità di gas e polveri in cui le stelle nascono in continuazione, al contrario della parte centrale, quindi possiamo affermare che, in generale, le braccia contengono le stelle più giovani, mentre il rigonfiamento, quelle più vecchie. M i c h e l a P a sq u a l e tti m i k y p a s 7 8 @v i rg i l i o .i t

Assoc i az i one Te r nana Astrofi l i Mas si m i l i a n o Bel t ra m e V i a M a e s t r i d e l L a v o r o , 1 - Te r n i tonisca@gmail.com 329-9041110 www.mpc589.com

L’o sse rv a to rio a stro n o mic o d i S . Eras mo è aperto gratuitamente p e r i c itta d in i l’u ltimo v e n e rd ì d i o g n i m es e dalle ore 21,30.

Osservatorio Astronomico di S. Erasmo O sse r vaz i oni pe r i l gi or no ve ne r d ì 2 5 m a g g i o 2 0 1 2 Una bella coppia di pianeti è ben visibile e abbastanza vicina in direzione sud: Marte appena sotto il Leone e Saturno nella Vergine. Quest’ultimo, fasciato dagli anelli che si stanno aprendo sempre di più di mese in mese, è contornato da numerosi satelliti e quelli che sono alla portata del nostro telescopio, oltre al più grande Titano, anche altri quattro satelliti più piccoli: Dione, Tethys, Enceladus e Rhea. Osserveremo anche un grande ammasso globulare M5 nella costellazione del Serpente, composto da centinaia di migliaia di stelle e lontano 25000 anni luce. Come solito, osserveremo ad occhio nudo tutta la volta celeste e con il computer andremo a spasso per l’Universo! To n i n o S c a c c i a fr a tte

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La zecca e le radici i n d u s t r i a l i d i Te r n i Non possiamo. Non dobbiamo. Non vogliamo: fu con codeste parole che il Pontefice Pio VII, nella notte del 5 Luglio 1809, decise di porre fine all’epoca degli accordi, delle trattative, delle cessioni e delle umiliazioni inflitte dalla Francia giacobina e napoleonica ai successori di Pietro, i quali ritrovarono la propria perduta dignità grazie al rifiuto opposto al ricatto delle alte gerarchie francesi, che, rinnegando il Trattato stipulato nel 1801 con la Curia Romana, ordinarono non solo la violazione dei confini dello Stato della Chiesa, ma perfino quella di Roma e del Palazzo del Quirinale, ove era la residenza del Papa, in modo da costringerlo con la forza ad effettuare formale rinunzia al possesso del proprio potere temporale. Tale episodio storico da me descritto, tuttavia, fu solamente uno degli ultimi con cui si concluse l’epica battaglia non fra due princìpi secolari, bensì fra l’Europa cristiana e quella rivoluzionaria, la quale mirò la propria nefasta alba nell’ormai lontano 1789. Da quell’anno, infatti, essa venne combattuta con l’arma delle scomuniche, delle reciproche accuse, dell’attuazione di provvedimenti anticlericali, delle confische di beni e degli scismi, fino a quando, a quasi tre secoli di distanza dall’epoca di Francesco I Valois e di Carlo V d’Asburgo, le armi degli eserciti nemici si scontrarono e stridettero, per poi provocare la sconfitta di Pio VI, il quale, ancor prima di subire la deposizione e la morte in esilio, fu costretto ad accettare le più che umilianti clausole dell’armistizio di Bologna e della Pace di Tolentino. Tali accordi furono prostranti per il Pontefice poiché egli fu costretto ad inginocchiarsi di fronte al volere d’un governo che, avendo deciso la promulgazione della Costituzione Civile del Clero e la creazione del culto della dea Ragione, fu da lui stesso condannato negli anni precedenti, ma, ancor prima che al disonore, si dovette pensare a come soddisfare i numerosi e gravosi impegni contratti, come la cessione di Avignone, del Contado Venosino e delle legazioni di Bologna, Ferrara e della Romagna, ma soprattutto il pagamento di trentun milioni di lire, una cifra allora esorbitante. Il primo provvedimento attuato per far fronte a tale esigenza finanziaria fu la requisizione dalle chiese degli ori e degli argenti non indispensabili per le liturgie in modo da essere fusi, alla quale fu soggetta anche la nostra città, ma tale decisione non si rilevò sufficiente per raccogliere l’intera necessaria somma, quindi,

nonostante alcune iniziali esitazioni, venne ordinata la creazione di nuove zecche, le quali sorsero a Civitavecchia, a Matelica, a Pergola, a San Severino, ad Ascoli, a Tivoli e a Terni. Quest’ultimo centro urbano venne scelto principalmente per la presenza in esso di un’importante ferriera, di notevoli miniere e di un rilevante stabilimento per la lavorazione di lastre di rame, ed in esso la sua gestione venne affidata al Marchese Marcello Sciamanna e al Cavalier Paolo Gazzoli, ai quali, oltre che una retribuzione, venne riconosciuto anche il diritto di portare armi e di non dover comparire innanzi a nessun tribunale se non a quello di Monsignor Tesoriere Generale, nonché il possesso di una delle cinque chiavi che, insieme, aprivano un grande cassone ove erano i vari tipi di monete, le quali erano estratte in presenza del prelato sopracitato, del governatore, del gonfaloniere e di un notaio. Inizialmente vennero coniati solamente Baiocchi semplici, quelli da 2 e mezzo, i due baiocchi, i mezzi baiocchi e i quattrini, ma la concessione sovrana del 29 Luglio 1797 consentì anche la coniazione delle Muraiole da 6 Baiocchi, nelle quali tuttavia l’argento ammontava solamente al tre per cento. Fu infatti a causa della mancanza di valore intrinseco nelle monete che, al termine del medesimo anno, tale impianto venne chiuso, ma codesta esperienza, nonostante sia inserita in un periodo storico molto travagliato, rimarrà per sempre fondamentale per la nostra patria città, poiché essa testimonia la presenza in essa di secolari tradizioni industriali, nonché quella di un ceto dirigente locale che rese grande Terni, la cui assenza, nella nostra epoca, ha decretato la decadenza di quella che in un glorioso passato fu Interamna Nahars. Credo infatti che, se Terni volesse superare il momento di grave crisi che tutt’ora sta attraversando, sia innanzi tutto necessario che noi tutti iniziassimo nuovamente a credere nella grandezza della nostra città, investendo sul suo futuro, il nostro futuro, dimostrandoci orgogliosamente suoi figli. Concludo quindi questo mio articolo con la citazione delle parole di Francesco Angeloni, grande storico vissuto nel sec. XVII. Riscopro che Terni……è fra le più celebri e illustri città d’Italia, per cagione d’antichità, per dignità sua, p’è magistrati, per grandezza e nobiltà delle pubbliche fabbriche, per gli onori ricevuti e p’è grandi e santi uomini prodotti. Francesco Neri Scuola Media Leonardo Da Vinci - Classe II Sez. A

U n i n c o n t r o a t t e s o d a c i rc a u n a n n o

Nuove costruzioni al quartiere Cardeto

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Gli impegni concordati alla fine si sono concretizzati e dopo circa un anno i referenti della struttura della II Circoscrizione Nord ci hanno fatto incontrare il 15 Marzo 2012 le istituzioni nei locali della scuola Orazio Nucola nel quartiere Cardeto. Un incontro pacato in cui la Presidente Malafoglia ha chiarito con l’ausilio degli Assessori Ricci, Bencivenga e Malatesta tutti gli aspetti burocratici e tecnici che coinvolgono l’intera area, con l’impegno di aggiornarsi in tempi brevi per vedere gli sviluppi concreti della situazione. Pochi gli interventi dei cittadini, solo il Comitato di quartiere della zona Cardeto nella figura del consigliere Nardini e poi del Presidente Mastrogiovanni sono entrati direttamente nei vari aspetti pratici della discussione, che fa ben sperare in relazione ai chiarimenti e agli impegni presi gli Assessori. Il Comitato fa rilevare che è sempre attento alle soluzioni che vengono adottate per il quartiere, lo dimostra il fatto che ha enormemente apprezzato gli interventi relativi alla riqualificazione del parco e alla lotta alle zanzare che quest’anno è iniziata nei corretti termini tecnico temporali e che nella stessa giornata è stato ripulito nuovamente il laghetto del Parco. Questa è una dimostrazione che c’è nei confronti del luogo e nei confronti dei cittadini più attenzione. Come ha fatto osservare il Presidente del Comitato nel suo breve intervento, si spera che gli impegni presi vadano a buon fine per le tante criticità che vi sono nel quartiere. Aggiunge poi che non possiamo perdere la speranza di vedere la città più rimodernata, più vivibile, al passo con i tempi. Le nostre nuove generazioni ci osservano, ci scrutano e ci analizzano giorno per giorno per la verifica finale, quindi diamo loro più concretezza con i nostri proponimenti. Il Comitato di quartiere della zona Cardeto


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Amianto… non è un vecchio ricordo! A venti anni dalla legge 257 del 1992 che lo metteva al bando, l’amianto è ancora molto diffuso in Italia e tanti siti contaminati attendono di essere bonificati. L’eternit non rappresenta un rischio per la salute se rimane integro, ma diventa pericoloso se è in cattivo stato di conservazione, usurato o rotto. Il direttore dell’Istituto Superiore per la Prevenzione (ISPESL), stima che l’amianto provochi circa 4.000 decessi all’anno. L’amianto è intorno a noi. Questo è stato uno degli slogan con il quale l’azienda Iosa Carlo S.r.l. ha promosso, alla fine del mese scorso, una campagna di sensibilizzazione in occasione della giornata mondiale contro l’amianto ricorrente il 28 aprile di ogni anno ed è il concetto fondamentale con cui tutti noi, cittadini e lavoratori, dobbiamo fare i conti. Difficile fare una stima dell’amianto, ancora presente sul territorio nazionale, ma si parla di più di 20 milioni di tonnellate e, soprattutto, l’amianto è presente in una infinità di manufatti, nelle tubature, nelle coperture, nei pannelli fonoassorbenti di abitazioni e luoghi di lavoro. Lo smog, le piogge acide, le escursioni termiche, i raggi U.V., l’azione eolica, le vibrazioni, da soli o combinati assieme, determinano fenomeni di erosione della matrice inglobante (di cui è costituita per esempio la lastra di una tettoia) che favoriscono il rilascio delle fibre di amianto, con conseguente inquinamento ambientale e rischio per le popolazioni. Nelle coperture in cementoamianto, la liberazione di fibre avviene facilmente in corrispondenza di rotture delle lastre e di aree dove la matrice cementizia è corrosa. Le fibre rilasciate sono disperse dal vento e, in misura ancora maggiore sono trascinate dalle acque piovane, raccogliendosi nei canali di gronda o venendo diffuse nell’ambiente dagli scarichi di acque piovane non canalizzate. Sono migliaia le vittime dell’amianto ammalate e decedute per mesotelioma, tumore polmonare o tumori alla faringe e alle vie aeree e i numeri sono destinati a crescere perché il periodo di latenza del mesotelioma, principale causa di morte per esposizione all’amianto, va dai 25 ai 40 anni. E’ tragico e inevitabile, ma i medici si aspettano un picco di decessi fino al 2018. La situazione merita tutta l’attenzione, quindi da parte dei cittadini -e non solo per quanto riguarda quello che è successo nel passato, e di cui ora molti pagano le conseguenze- ma soprattutto per quanto concerne i danni che l’amianto ancora può causare oggi per la salute di tutti i cittadini. Il modo che elimina del tutto l’esposizione all’amianto è la rimozione: le operazioni devono essere condotte salvaguardando l’integrità del materiale in tutte le fasi dell’intervento evitandone la rottura. Dovranno essere affissi cartelli e nastri segnaletici che delimitino la zona della bonifica per allontanare il transito dei passanti; i lavoratori devono utilizzare indumenti protettivi e mezzi di protezione delle vie respiratorie. Infine deve essere predisposto un piano di lavoro riguardante le misure di protezione dei lavoratori e dell’ambiente da trasmettere, preventivamente all’organo di vigilanza. L’amianto rimosso e i materiali da esso contaminati dovranno essere correttamente confezionati, avvolti in film di polietilene di adeguato spessore o in big bag omologati, etichettati e, tramite un trasportatore autorizzato, verranno conferite in discarica autorizzata unitamente al materiale d’uso (tute, filtri, materiale aspirato), anch’esso insaccato e sigillato. Nella maggior parte dei casi la rimozione comporta la necessità di installare una nuova copertura in sostituzione di quella rimossa, a tal riguardo oggi la normativa agevola queste operazioni grazie agli incentivi che legano lo smaltimento di un tetto in eternit con l’installazione di un impianto fotovoltaico e le detrazioni fiscali previste per i privati che effettuano interventi di bonifica dall’amianto in esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici. L’azienda Iosa Carlo S.r.l. opera da anni nel campo delle bonifiche eternit in tutta Italia con professionalità, precisione e sicurezza e, grazie ad aziende partner che operano nel campo delle ricoperture e nel fotovoltaico, è in grado di fornirVi un servizio completo e a regola d’arte. C’è una novità anche per i privati che hanno nella loro proprietà delle piccole coperture o altro materiale in eternit per quantitativi fino a 50 mq. e/o di peso fino a 750 kg. e se l’amianto da rimuovere si trova entro i 3 mt. di altezza da terra. Se ricorrono questi presupposti è prevista la possibilità che la rimozione venga eseguita direttamente dal proprietario in sicurezza e con un elevato risparmio economico seguendo però le istruzioni che Vi daremo… e per questo contattaci o venite a trovarci nella nostra sede. Per eliminare l’AMIANTO… noi ce la mettiamo tutta!!!

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