La Pagina Settembre 2017

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elevatori su misura Numero 147 settembre 2017

Fisioterapia e Riabilitazione

Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura

NUOVA SEDE - Zona Fiori, 1 - 05100 Terni Tel. 0744 421523 - 0744 401882 Dir. San. Dr. Michele A.Martella - Aut. Reg. Umbria DD 7348 del 12/10/2011


LA FIGURA DEL TERZO RESPONSABILE E DEL MANUTENTORE NEGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO CONDOMINIALI Già da ben venti anni, è nata la figura giuridica del Terzo Responsabile per gli impianti termici condominiali. Ma chi è il Terzo Responsabile? Il Terzo Responsabile è colui che assume, su incarico dei condomini, la responsabilità dell’esercizio, la conduzione, il controllo e la manutenzione dell’impianto termico e del rispetto delle disposizioni di legge in materia di efficienza energetica dell’impianto. In sostanza è quella figura che deve occuparsi della gestione e manutenzione dell’impianto termico centralizzato ai fini della sicurezza, della messa a norma dell’impianto, ove fosse necessario, e della corretta manutenzione al fine del contenimento dei consumi energetici e delle emissioni in atmosfera.

Il Terzo responsabile/manutentore viene nominato dalla assemblea dei condomini (proprietari degli appartamenti), che sono i primi responsabili, e dall’amministratore, che è il secondo responsabile; nel valutare e prendere poi la decisione di nominare una o l’altra ditta, è molto importante che il condomino venga a conoscenza di alcuni aspetti molto importanti a volte del tutto sconosciuti. Bisogna sapere anzitutto che il ruolo di terzo responsabile di un impianto è incompatibile con il ruolo di venditore di energia per il medesimo impianto e incompatibile con le società a qualsiasi titolo legate al ruolo di venditore, in qualità di partecipate o controllate.

Per essere più chiari, il terzo responsabile, che deve gestire l’impianto in modo da ottimizzare e ridurre i consumi, che interesse avrebbe a fare tutto ciò se contemporaneamente fornisce e fattura combustibile (metano o gasolio) al condominio stesso? Si assisterebbe ad un plateale conflitto di interessi! Purtroppo però spesso questo avviene e molte multinazionali, triangolando con ditte costituite appositamente, riescono a raggirare il cittadino ignaro di tutte queste interazioni. Quindi il condomino che non vuole farsi gabbare, deve chiedere conto all’amministratore (secondo responsabile) degli estremi delle due ditte e verificare che non ci siano collegamenti fraudolenti! Ora che abbiamo un po’ chiarito il ruolo e l’importanza di questa figura Vi invitiamo a scegliere con attenzione il Vostro manutentore/terzo responsabile.

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Settembre

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Luglio 2017: senza Raffaela, siamo tutti più poveri.

8 Estate rovente Loretta Santini

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L'Italia che funzione Giampiero Raspetti

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Tipolitografia: Federici - Terni DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore editoriale Giampiero Raspetti Grafica e impaginazione Francesco Stufara Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 3482401774 - info@lapagina.info www.lapagina.info Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

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Estate Rovente Cambio della guardia

Loretta Santini

È abbastanza curioso che una rovente, delle prime asserzioni Siamo stati investiti dal caldo africano, asfissiante si sentono i giovani quando affrontano le basi con oltre 40° di che giorno e più diripetere 30° di notte. Finora sono sette ondate, della politica sia quella che li avverte che la democrazia così ci dicono i meteorologi, ci ripetono i telegiornali e, soprattutto, non è un sistema perfetto, ma che è il migliore che si sia abbiamo vissuto nostra pelle. Inoltre non piove da sette finora trovato. C’èsulla in questo ammonimento una somiglianza con i mesi. primi Dunque dunque scientifica: agricolturanon in ginocchio. approcci siccità; alla conoscenza ci vuole molto a capire, per uno studente di Estate anche per scientifico gli incendi: anzi un annus scienza,rovente che la forza del metodo non sta nell’esaltazione della capacità di conoscere, delimitare certo con esattezza i confini horribilis, una piaga ogniquanto annonelrinnovata, favorita dalle dell’ignoranza. Cerchiamo di capire bene i limiti delle nostre conoscenze, condizioni climatiche come il caldo secco, la mancanza di piogge e sembrano ripetersi gli scienziati: è attraverso questa ripetuta azione di ilriduzione vento. Ache volte accidentale o dovuta a distrazione, ma più spesso potremo essere ragionevolmente intenzionale, dolosa, dalla pazzia dell’uomo o dagli certi che quel che rimane scaturita sia vera conoscenza. interessi di qualcuno. A questo proposito si è parlato di stagionali nel Nell’organizzazione delle società, la forma democratica ha radici antiche, ma fronde e frutti di trovare nuove aree campo dei forestali, della volontà di contadini solo ilmolto recenti. È inevitabile citare le città-stato edilizia e, non ultima, per pascolo o l’agricoltura, di speculazione dell’Antica Grecia, Atene su tutte, come seme l’onnipresente mafia. ma A questa estate rovente si associano tutte le storico della democrazia, nella giusta esaltazione considerazioni possibili sul clima: si dice “il clima è cambiato”, “il clima e riconoscenza che si deve ai padri fondatori si è tropicalizzato”, sciogliendo”, “la temperatura spesso di dimentica dii ghiacciai ricordare si chestanno anche quella era una si democrazia suffragio globale è alzata diembrionale, 2°”, “effetto con serra”. Riviste scientifiche ed esperti limitato a cittadini maschi, inche una “l’influenza società dove -oltre del settore affermano dell’uomo sui cambiamenti a non considerare degne di parità le donneclimatici è indiscutibile” ricordando come l’inquinamento dovuto vivevano schiavi e altri che erano ben lontani alla combustione gas e petrolio, dall’avere il diritto di di carbone, voto. E, soprattutto, che industrie alimentari, ne sia era la causa principale. Da anni molti quella una democrazia diretta, in cui tuttistati gli del mondo cercano di aventi diritto ad esprimere trovare rimedi a questaun’opinione situazioneentravano che rischia di divenire tragica. comodamente la piazza città.di Parigi del 2015 che ha Ricordo solo nell’agorà, la conferenza suldella clima Gli stati democratici veri e propri sono prodotto un accordo firmato il 22 aprilemolto del 2016 nella sede Onu di più recenti. Appena un secolo fa, l’Europa che veniva New York dai capi di Stato e di governo fatta a brandelli dalla Prima Guerra Mondiale di era195 paesi (ultimamente Trump si è defilato) che hanno adottato un piano d’azione globale, un continente pieno zeppo d’imperi più o meno per limitaree ilgliriscaldamento globale al di sotto dei 2ºC. Il futuro assolutistici, stati che potevano a buon diritto dichiarare avere unadalla costituzione della terradidipende volontàparlamentare dell’uomo e, soprattutto, da chi ci e democratica erano davvero molti. governa. Nonnon vorrei essere catastrofica, ma mi chiedo, siamo ancora Oggi, i giovani che sentono l’ammonimento in tempo? a considerare la democrazia come un sistema buono, ma non perfetto, sono in genereEstate Siamo stati investitidemocratico dagli immigrati africani: stupiti rovente. dalla limitazione. L’aggettivo è connotato da una questione altrettanto Per questo problema userò un senso sempre positivo, perchébollente. è inevitabilmente paragonato ai suoi opposti storici: l’autocrazia, la dittatura, In che senso, allora, morti, si può parole ormai divenute tragicil’assolutismo. ritornelli: gommoni, sbarchi, considerare solo migliore, e non più semplicemente clandestini, extracomunitari, profughi, rifugiati,perfetto? espulsi, trafficanti, In genere, si spiega che il difetto della democrazia sta nel fatto che fuga, fame,devono paura, povertà, accoglienza, integrazione, asilo, le minoranze subire la volontà della maggioranza: per sua natura, il tolleranza/intolleranza, cittadinanza, ius soli, ius sanguinis, ius meccanismo democratico prevede che una parte di cittadini non vedano culturae, ong, … Ricordo, per dovere chedella l’Italia è tra gli esauditi i propri desideri. Tant’è vero chedilacronaca, perfettibilità democrazia si misura in genere sullo sforzo che uno stato fa ha nelvisto cercare di salvaguardare, stati europei che in quest’ultimo decennio il più alto numero

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persbarchi quanto di possibile, anche diritti e la qualità di immigrati. Ho ipensato che nel clima arroventato delle della vita delle polemiche cheminoranze. ogni giorno dilaniano l’Italia e anche l’Europa, questa In questi tempi,sia però, c’è un altro preghiera di Erriultimi De Luca, il miglior tributo alla sofferenza di difetto proprio dei sistemi democratici che comincia questa gente, alla pietà cristiana, alla dignità a venire alla luce: e anche questo è inevitabile, dell’uomo. ineliminabile. Un difetto che discende direttamente dalla massima virtù ovvero dalla i confini Mare nostro chedella nondemocrazia, sei nei cieli e abbracci suadell’isola caratteristica di rispecchiare e del mondo la volontà del popolo. Perché in democrazia la maggioranza vince sempre, il tuo sale e sia benedetto il tuo fondale masia nonbenedetto è garantito che la maggioranza abbia sempre accogli le gremite imbarcazioni senza una strada sopra le tue ragione, che per volontà divina sappia sempre optare per la scelta migliore. Ciò onde non di meno, lo spirito democratico non i pescatori usciti nella notte le loro reti può che essere sacrosantamente quantitativo, tra leetue che tornano mattino noncreature può imporre criteri selettivialall’origine: veramente democratico con lal’unico pescasuffragio dei naufraghi salvati è quello universale. La democrazia si fonda sulla speranza che le parti contrapposte Mare siano nostro che non seiragionevoli, nei cieli mediamediamente all’alba sei colore delmediamente frumento civili, e su mente tolleranti, queste basi premia che raccolgono al tramonto dell’uva diquelle vendemmia maggiori consensi; al fine di ridurre il che abbiamo seminato di annegati più di qualunque età malcontento, proprio come il metodo scientifico cerca di ridurre l’ignoranza. delle tempeste Ma in tempi di crisi, di povertà, di intolleranza, premesse dicieli ragionevolezza, Mare nostro chelenon sei nei tolleranza e civiltà possono venir meno, e tu seinon più c’è giusto dellaLa terra ferma resta il rimedio. democrazia pure quando ondepossibili, a muraglia migliore sollevi dei sistemi e quando si ammala non resta altro che sperare che poi le riabbassi a tappeto guarisca presto. Gli uomini sono custodisci le vite, le visiteanche cadute come sul viale imperfetti, e talvolta cattivi: sefoglie lo fai dadiventano autunnoin per loro maggioranza, non si può far altro che confidare nel tempo, nella da carezza, da abbraccio educazione, che il vento cambi. da bacio in frontee sperare di padre e di madre prima di partire. Per questo uno degli elementi cruciali dei sistemi democratici è il mandato a termine, la predefinita scadenzaUn’estate rovente per i terremotati dei tanti paesi dell’Umbria, dei poteri. Perfino Roma, che democratica non era, sapeva bene che un mandato che dà potereMarche. Vorrei ricordare della nostra cara Valnerina, del Lazio e delle deve avere un termine, e che tanto potereburocratiche dà, la ricostruzione troppo lenta (lepiù pastoie spesso fanno tanto più breve deve essere la permanenza in carica. danni come il terremoto) se i paesi sono ancora cumuli di macerie. I due consoli restavano in carica un anno, il dictator, Vorrei renderedaomaggio a tanti sindaci coraggiosi, alla protezione che governava solo, soltanto sei mesi. civile, aiIl volontari e a tutti quellinon che si sono rimboccati le maniche cambio ai vertici del potere garantisce per una di vita e di attività economica che possa cheriprendere il successore siaparvenza migliore del predecessore: la maggior parte delle persone del mondo, dare un senso al loro restare su quei luoghi disastrati, per ritrovare probabilmente, avrebbe preferito avere terzogenius loci che ancora li quella identità che apparteneva loro,unquel mandato presidenziale per Barack Obama lega alla loro terra. entrare Se può alla dareCasa una Bianca speranza per il futuro, vorrei piuttosto che veder ricordare comema paesi come Sant’Anatolia Donald Trump: il principio sacrosanto deldi Narco, Vallo di Nera, Borgo (solo per citarnefondamentale, alcuni) siano risorti a nuova vita cambio Cerreto della guardia resta un pilastro per il il buon funzionamento democratico. dopo terremoto del 1979 e abbiano ritrovato una riqualificazione anche su scala davvero piùè piccola, urbana,Eeconomica e sociale che stata indicata come esempio infinitamente più piccola, il ricambio è necessario di progettualità, di coinvolgimento della popolazione e come e benefico. E nel constatare che questo è ormai il valorizzazione di scritto antichiper centri storici. Poiché in questi giorni vi è centesimo articolo questo giornale, e stato un terremoto che con questo mesea Casamicciola si completa un(isola interod’Ischia), ricordo quello decennio di collaborazione con La Pagina, anchenel 1883 facendo oltre che sconvolse la cittadina e tutta l’isola l’estensore di queste note ritiene opportuno 2000 vittime. Riporto la testimonianza di eBenedetto Croce, unico necessario smettere di sua occupare questo“Rinvenni spazio sopravvissuto della famiglia: a notte alta, e mi prezioso su queste pagine. trovai sepolto fino al collo, e sul mio capo scintillavano le stelle, Se mi è concesso, in quest’ultimo paragrafo, eparlare vedevo intorno il terriccio giallo, e non riuscivo a raccapezzarmi in prima persona, dirò che vivo lontano da Terni, per questo scrivere qui fatto sentire un su ciòeche era accaduto, e mi miha pareva di sognare. Compresi dopo un po’ piùevicino mia città natale: di questo poco, restaialla calmo, come accade nellesono grandi disgrazie. Chiamai molto grato per a questo giornale. Ma, appunto, al soccorso me e per mio padre, di cui ascoltavo la voce poco i rinnovamenti sono spesso salutari, e sempre lontano; malgrado ogni sforzo, non riuscii da me solo a districarmi. indispensabili; ed è per questo che serenamente saluto Verso la mattina, fui la cavato da duedisoldati e steso su una e ringrazio chi ha avuto voglia fuori e la pazienza barella P i e ro F a b b r i leggermiall’aperto…” in questi dieci anni.


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L’Italia che funziona Giampiero Raspetti

Martedì 8 agosto, ore15, Crocemicciola di Stroncone, pineta: divampa un incendio che sarà completamente debellato nel corso della notte tra giovedì 10 e venerdì 11. Gli interventi per spegnerlo, per assicurare protezione e collegamenti necessari sono stati super tempestivi. Le chiome dei pini sovrastanti le fiamme non sono più, oggi, di un bel color verde, ma di un triste marrone ruggine; un piccolo ritardo, un casuale disservizio e avrebbero preso fuoco, con difficoltà poi enormi, se non insormontabili, per lo spegnimento con idranti. Conosco bene i fatti avendoli seguiti istante per istante, di giorno e di notte, poiché l’incendio si è sviluppato a 20 metri da casa mia, divenuta base di molte operazioni di spegnimento e di bonifica. Abbiamo cercato, io e mio figlio, di collaborare, per quel poco che potevamo fare, con loro: Vigili del Fuoco eccellenti (squadre di Terni, Amelia, Assisi), Protezione Civile di Stroncone altrettanto super, Carabinieri, Polizia Comunale di Stroncone, Guardia Forestale. Circa quaranta persone, tutti uomini, tranne Vanessa, validissima protettrice civile. Tutti impegnati in un lavoro unito, concorde, che spegne le fiamme, ma illumina le menti e offre pretesto per ragionare di costume, società e politica. Ma prima di inoltrarmi nella riflessione sento di dover ringraziare: Bruno Nannini, assessore al Comune di Stroncone, che ho visto a lungo spegnere fiammelle in pratica a mani nude o con frasche di recupero; Alberto Falcini, sindaco di Stroncone, alla ricerca continua di informazioni anche direttamente al mio telefono fisso (per il cellulare, purtroppo, non c’è campo a Crocemicciola!) e tutti gli altri, tantissimi, tenaci, risoluti, instancabili, determinati, capaci, forti: l’Italia che funziona! La Protezione Civile ci protegge impegnandosi gratuitamente e gli stipendi di tutti gli altri soccorritori sono risibili, del tutto adeguati al significato della parola latina stips (da cui appunto stipendio) cioè monetina, elemosina. Per loro il Paese non prevede laute mensilità, forse perché i soldi sono riservati a molti altri, quelli dell’Italia che non funziona! E sono tanti i saccheggiatori, sempre l’un contro l’altro armati, devoti quasi esclusivamente agli interessi della loro famelica famiglia. I nostri della Protezione Civile o del Corpo dei Vigili del Fuoco sono unitissimi per raggiungere lo scopo e per famiglia hanno l’intera umanità. Non ha alcuna importanza come ognuno di loro la pensi partiticamente: non c’è bisogno di dividersi in fazioni per risolvere i problemi. Lo spirito che li anima è quello del volontariato, vero motore della società. Umili, ma preziosissimi, dimostrano quotidianamente quello che valgono, risultando esattamente agli antipodi di quelli che, e non sono pochi, eletti ad esempio consiglieri o nominati assessori, non avendo mai prima, al di fuori della partitica, combinato qualcosa di buono, all’improvviso si mettono in mente di sapere, fare, saper produrre progetti o, al limite, di essere intelligenti! Volontario è il cittadino che liberamente ispira la sua vita a fini di solidarietà. Adempiuti i suoi doveri civili, si pone a disinteressata disposizione della comunità, promuovendo una risposta creativa ai bisogni emergenti dal territorio, con attenzione prioritaria verso i poveri, gli emarginati, i senza potere, i giovani. Il terreno della crescita del volontariato è quello dello sviluppo di una democrazia più larga, di nuove istituzioni che possano essere animate anche da soggetti non partitici, del concorso alla creazione di formazioni che attuino una rigenerata politica. Considero (l’ho già pubblicato nel mio libro Senatori della città) il volontariato come uno tra i pochi soggetti in grado di dar vita alla vera politica. Ogni volta che i cittadini si fanno carico di un problema collettivo o di un bisogno sociale affermano la 8

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propria volontà di riappropriarsi della polis. Una forte collaborazione fra settore pubblico e terzo settore equivarrebbe allora a costruire una politica attenta ai bisogni di tutti i cittadini, una politica che abbandona le nasse delle ideologie e delle partitocrazie e si rigenera come politica dei comportamenti, dei valori, dei progetti. Venga dunque prima il volontariato culturale e progettuale poi, al suo servizio, la politica! La politica è stata caratterizzata, nei tempi, da relazioni di antagonismo fra due parti contrapposte (Patrizi-Plebei, GuelfiGhibellini, Whigs-Tories, Conservatori-Democratici). Tali aspetti dicotomici non sono estranei alla concezione metafisica del mondo naturale (dio-demonio, luce-tenebre, ordine-caos, vita-morte), all’analisi geometrica euclidea-cartesiana (destra-sinistra, colonne d’Ercole in Gibilterra-colonne sull’Indo, sopra-sotto, positivonegativo), alla pervasione elettronica (uno-zero, on-off, accesospento). La politica e la vita nascono, fin dagli albori, dalla madre di tutte le diadi: uomo libero-cultore di privilegi. Una diade è formata da due polarità opposte e contiene concetti antitetici e complementari. Concetti reciprocamente esclusivi, nel senso che nessuna dottrina può essere contemporaneamente tanto in un polo quanto nell’altro. In pillole: un uomo onesto non può, secondo la concezione diadica, convivere nella stessa fazione in cui militano anche uomini disonesti. O si cacciano quest’ultimi o è l’onesto a dimettersi: tertium non datur. Se ciò non accade, e questo, purtroppo, si verifica non di rado, siamo semplicemente in presenza di un aggregato di ipocriti, attori e mestieranti, appunto. La politica alla quale mi riferisco è dunque quella dei valori, assiologica, estremamente più seria e onesta di quella assiale. Acioj (axios) è parola greca che significa degno di onore, valore condiviso, da cui la parola italiana assioma che è spesso presente nella scienza matematica dove però non assume il significato di verità assoluta, precipuità questa di Giove o, razionalmente, di un teorema inconfutabile. Verità degna, sì, ma fino a quando? Fin quando, dopo aver correttamente applicato le regole della deduzione logica, non si giunga a conclusione lampantemente falsa o errata! In tal caso tale verità non si ritiene più degna, ma... nessun anatema, non dà luogo a scomuniche o a tradimenti; semplicemente non serve più, viene sostituita! Nella vita ordinaria esiste l’analogo: credi a certi ideali fin quando si mostrano coerenti con i tuoi princìpi etici, questi sì chiaramente ed intimamente noti a te stesso! Non appena però si accerta un qualche singolo comportamento indegno od anche la presenza nel gruppo direttivo del tuo partito, ad esempio, di disonesti, anche di uno solo, la coerenza morale (alter ego della deduzione logica) pretenderebbe che il partito stesso, prima, molto prima dei tribunali, cancelli, senza se e senza ma, quel comportamento o denunci immediatamente il disonoratore. Diciamo meglio: invece di arroccarti in una difesa corporativa delle zozzerie che infamano il tuo credo, dovresti chiedere di cancellare la direzione del partito stesso perché non più degna, coerente cioè con i princìpi ispiratori ai quali hai aderito (o abboccato!). In realtà questa operazione di moralità assoluta la eseguiamo costantemente, ma solo nei confronti dei nostri avversari partitici, palesando chiaramente ipocrisia ed innescando un comportamento che fa ricorso ad una sorta di becero machiavellismo pronto a giustificare azioni sconce, ma essenziali per il mantenimento della parrocchietta. Dapprima si faccia dunque pulizia nel proprio campo, poi, molto poi, si pensi a quello avverso. Nella politica assiologica centro è l’atollo in cui si concentrano valori condivisi; estremo, né a destra né a sinistra e nemmeno a nord-ovest di Paperino, è l’atollo di quelli opposti. Si tratta di un bipolarismo cristallino: da una parte o dall’altra, sì, ma rispetto a comportamenti netti, solari, a categorie fondamentali condivise da molte persone, qualunque sia la loro ex appartenenza partitica. Nella vita vera, quella diadica, la scienza è in opposizione alla fanfalucheria (non può, per dirne una, iniziare la giornata affidandosi agli oroscopi chi amministra il bene comune), la ragione alla mistica, i ragionamenti


scientifici a quelli a pene di segugio, la vita vera alla partitica. La politica è l’immagine speculare della vita, ça va sans dire. Elettori non adamantini promuovono, senza vergogna alcuna, candidati non candidi ben sapendo che le azioni di un big della politica influenzano e modificano molti comportamenti sociali. Se, ad esempio, nelle zone apicali della politica dovessero annidarsi corruttori, falsari, puttanieri, spergiuri, profittatori… allora i loro misfatti si rifletterebbero sulla popolazione, deteriorandone e corrompendone i comportamenti, diventando addirittura, nelle menti dei più indifesi, normali ed accettabili (ma se lo fa anche lui…?!). Per fortuna il nostro bel Paese non corre di tali rischi: da noi, come ogni cittadino ragionevole e timorato di dio ben sa, tutte le madri e tutte le mogli sono illibate, se non addirittura asessuate, e tutti i politici sono onesti, se non addirittura purificati per il solo fatto di appartenere ad un partito, ad una conventicola, ad un club riservato: tutta gente d’onore. In varie parti d’Italia si uniscono ai Vigili del Fuoco dei volontari, alcuni dei quali trovati poi ad appiccar fuoco per introitare 10 euro l’ora di retribuzione. Detto che sono volontari, ma non Vigili del Fuoco, occorre subito chiarire che appena scoperti sono cacciati via e messi regolarmente in galera. Non avviene così per tutti gli scabrosi casi di malaffare che vedono protagonisti i politicanti, non appena uno di loro è scoperto a delinquere. In questi casi i cultori di privilegi non si indignano, non lo prendono a legnate, ma scodinzolano, esaltano, proteggono, si fanno addirittura complici per l'approvazione di leggi che lo lascino a piede libero. Di poi cominciano a straparlare di giustizialismo e di garantismo, ma non cacciano via nessuno, rimangono sempre empaticamente uniti. Molti parlamentari lavorano al più 3 giorni alla settimana (alcuni addirittura sono sempre assenti!), producono confusione, nulla sanno di vita vera, di politica, di matematica, filosofia, scienze varie; millantano lauree, le acquistano in itinere o sono in possesso di lauree di secondo o terzo ordine; si dànno importanza sol perché, aprendo bocca, emettono suoni articolati, coltivano rapporti cordialissimi con centri di potere e grandi sponsor, percepiscono emolumenti tali da costituire un vero, immondo saccheggio a danno del popolo italiano. Ci sono degli analfabeti che già alla scadenza del mandato non solo non subiscono cattura, ma percepiscono pensioni faraoniche, loro che niente hanno mai saputo fare nella loro insignificante vita! E pensare che la parola

emolumento (emolere, da cui mola) è la somma pagata per macinare il grano, quindi una parola nobile, dignitosissima. Ma, uno che accetta emolumenti smisurati può essere considerato degno? No, è semplicemente un cultore di privilegi! Detto alla francese: uno scialbo cazzisuista! Per lui ben s’addice la parola paga che, provenendo da pacare, placare, significa mettere d’accordo, tranquillizzare. E lui si tranquillizza, infatti intasca compensi che potremmo definire appannaggi (dal francese apanage) cioè rendita per sovrani, anche se i sovrani europei intascano meno della metà dei nostri nababbi! A loro dunque non diamo monetine, ma una sorta di subdola, pelosa tangente. Qualcuno di loro percepisce, da decenni, dei mensili addirittura superiori ai 30.000 euro. Non siamo di fronte a degli uomini liberi, anche per il solo fatto che non solo accettano una ruberia del genere, ma piagnucolano che senza quei soldi non saprebbero come campare. Intanto all’Italia di cui abbiamo bisogno, quella che lavora e che funziona, si fa mancare molto. Si aumenta a dismisura il numero dei privilegiati; siamo pieni di parlamentari, di consulenti, di clientes, ma sull’orlo del baratro per mancanza di quegli eccellenti scienziati e formidabili uomini di cultura che costringiamo ad emigrare. Mancano in maniera impressionante i geologi di stato: preferiamo i giochi immondi dell’abusivismo che dispensa mazzette; mancano, e siamo a bomba, i Vigili del Fuoco. Lavoriamo ininterrottamente da mesi -ricorda il sindacato dei Vigili del fuoco- in ragione degli eventi che hanno colpito nel corso di quest’anno il nostro Paese, registrando però soltanto chiacchiere e pochi fatti. È urgente e non più rinviabile adottare misure a favore del Corpo, più volte promesse, ma mai arrivate. I Vigili sono sotto organico di 3.500 unità, con mezzi e attrezzature da ripristinare, sottopagati; dal 2009 il contratto dei vigili del fuoco è bloccato. Ma non basta. A chi diamo altri soldi? A quelli che rubano disinvoltamente, ad esempio. Si sa ufficialmente che dai cellulari (401.839 a carico dello Stato) in dotazione alle amministrazioni pubbliche sono partite migliaia di chiamate verso numeri non proprio istituzionali, con un danno di quasi 8 milioni di euro. C’è di tutto, ovviamente a carico di noi contribuenti: abbonamenti a siti porno, scommesse online, video hard casalinghi, Serie A Tim, Dillo alle Stelle, Pronto a tavola, televoto di Sanremo e Miss Italia, chat erotiche e per ricevere materiale pornografico. Quel che sconcerta non è che questi nostri benemeriti numi tutelari si iscrivano o partecipino a tali sconcezze: da loro non mi aspetto altro. Quello che non è possibile accettare è che nessuno tra tutti quelli che hanno "governato e amministrato" finora abbia mai rinunciato agli emolumenti che in qualsiasi altro paese riterrebbero solo pura ruberia. A tali dessi, oltre alle mostruosità economiche da rapina che si approcacciano, assegniamo anche un telefonino per il quale, oggi, con meno di 30 euro mensili, chiunque ha tutto illimitato. Costoro, si capisce benissimo, non potranno mai essere uomini liberi! Pur tuttavia li manteniamo a vita, loro e i loro parenti più prossimi. Ma che paese è questo? Un paese che crea bande di gente inutile o dannosa ed emargina quelli che lo fanno funzionare. Non occorre certo essere dei Catoni o dei Savonarola per sdegnarsi orribilmente. Basta essere uomini liberi! Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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Andavamo a letto col prete

Influenzando...

Alessia

D’inverno faceva freddo, molto più freddo di quanto non faccia adesso e tale Melasecche sensazione, nei primi decenni dopo la seconda guerra mondiale, era aggravata dal fatto che la maggior parte delle abitazioni non aveva impianti di riscaldamento. alessia.melasecche@libero.it L’unica fonte di calore era il camino situato nella stanza più spaziosa, cioè nella cucina. nternet si presta alle più svariate campo. L’influencer, a sua volta, si “lega” basta un passo falso, una marca o un Accanto al camino c’era il fornello, munito di griglia metallica per sostenere le braci che venivano sperimentazioni: nuovi modi di ad una o più determinate aziende, per abito “sbagliato” e i like diminuiscono mantenute roventi agitando un ventaglio fatto con penne di tacchino. comunicare, nuove forme di business… incrementare la propria notorietà o velocemente. Tutti sarebbero molto volentieri a queste fonti tema di calore l’alto dei recita il e nuove figure stati professionali. Tra queste accanto l’attenzione ad unodue specifico o più ma, Nondato è tutto oro numero ciò che luccica, componenti della famiglia media di allora, ciò nonperché era possibile. Alcompenso massimo proverbio, rientrandoinfatti in casa, uno si diverse ultime, di particolare tendenza è quella banalmente ne riceve un recentemente poteva avvicinare al da fuoco le mani Quest’ultimo infreddolite,varia facendosi largocelebrities tra i vecchi e i bambini dell’Influencer, tanto dareper vita stiepidirsi ad una economico. in funzione sono state raggiunte da lettere vera e propria branca del marketing, del seguito che è in grado di generare di moral suasion da parte dell’Antitrust piccoli che presidiavano il focolare. l’influencer marketing, per l’appunto. (numero di follower, visualizzazioni, che si sta occupando del fenomeno Poi c’erano le donne che, preparando la cena, dovevano attizzare il fuoco sotto il caldaio per poter cuocere Volendo scomodare la teoria, il marketing like, commenti, etc.), ma anche della dell’influencer marketing nei la pasta e aggiungere ogni tanto un po’ di carboni accesi al fornello per mantenere il sugo in ebollizione.social media, d’influenza, come lo si declina in italiano, sua capacità di originare conversazioni, chiaramente a tutela degli internauti/ Comunque, vuoi per le legna che bruciavano, vuoi per il consistente numero di persone, nella cucina si stava deriva da un classico della comunicazione in rete e non, determinando così un consumatori. L’obiettivo è dare uno stop benino, fatta eccezione i Felix concreto coinvolgimento del pubblico. Ad alla pubblicità occulta! Il vestito regalato come The People’s Choice per di Paul piedi e gli stinchi, soggetti Lazarsfeld ed Elihu Katz, agli uno studio esempio, Chiara Ferragni, al sesto posto dalla nota casa di moda, il vino sulla spifferi freddi del 1940, ben che prima venivano della nascita di tra gli influencer più attivi al mondo, nella tavola omaggio del ristorante, etc., tutto Internet, comunicazione politica, in recente classifica stilata da HopperHQ (un ciò che è sponsorizzato, va dichiarato dalla porta,sulla sia quando si apriva, cui si afferma che la maggior parte perché entrava qualcuno, sia delle servizio online a pagamento che permette anche sui social network. Ogni volta che personeera sono influenzate da le dicerie e di programmare la pubblicazione dei un influencer “gode di un vantaggio”, siano quando chiusa, perché opinion leader. post su Instagram), con i suoi 10 milioni essi prodotti regalati, servizi omaggio ante non combaciavano bene. Le aziende, e non solo, infatti, per di seguaci su Instagram, incassa 12mila o contratti pubblicitari, pubblicando un Studiare o fare i compiti incrementare la loro notorietàine quindi dollari per ogni post sponsorizzato. prodotto o un marchio, ciò deve essere questo ambiente, senzasifinire coi a un La strategia è, nelle intenzioni, win-win, chiaramente specificato ai follower/ le proprie vendite “legano” piedi gelati, era possibile personaggio pubblico e/o solo autorevole, ovvero entrambe le parti soddisfano consumatori, tramite l’uso di apposite in grado di orientare il comportamento i propri interessi o raggiungono i loro diciture, sotto forma di hashtag del tipo stando in ginocchio sulla sedia di acquisto. L’influencer è infatti un obiettivi. Sembra tutto molto facile, ma #sponsorizzazione, #spot, #pubblicità, impagliata, onde evitare il brautente con migliaia di follower sparsi nella realtà dei fatti non lo è. Per avere #advertising, #prodottofornitoda o ciere sotto il tavolo che spesso sui vari social network, principalmente successo è necessario saper intercettare simili. Si tratta infatti di comunicazione faceva venire il mal di testa. uno YouTuber o un blogger, ma anche in tempo reale i gusti del pubblico, o commerciale e non di un consiglio Perpersonaggi la confusione non c’era dello spettacolo o più in meglio di quella parte di pubblico a cui spassionato. rimedio. Tutti parlavano a voce per la si è “interessati” e avere ben presente Cari internauti, valutate con attenzione di generale persone riconoscibili altaloro nelle case contadine, autorevolezza in un determinato che i trend cambiano piuttosto in fretta: chi fidarvi! abituati com’erano nei campi a gridare ordini agli animali da lavoro. C’era poi sempre qualche vicino o vicina che, dopo cena, si aggiungeva ai già tanti per scambiare quattro chiacchiere, contribuendo all’aumento della cacofonia. Un momento di quasi silenzio poteva verificarsi se qualcuno si arrotolava una sigaretta. Dopo averla accesa e fatte un paio di tirate la passava al vicino e così via finché era possibile tenere il mozzicone fra le dita. Il problema del freddo tornava prepotente al momento di andare a letto. Le camere erano così fredde che al mattino poteva capitare di trovare croste di ghiaccio sull’acqua del lavabo. Solo al pensiero di doversi spogliare in un baleno per infilarsi tra le lenzuola gelate, sovrastate da coperte e imbottita, poteva anche bloccarsi la digestione. Se però era stato messo il prete nel letto, la prospettiva diventava quasi rosea. Il prete non era altro che il nome malizioso di una incastellatura porta-braciere in legno, usata per riscaldare il letto. Al mattino, quando la donna rifaceva la camera, infilava tra le lenzuola questo marchingegno, sicché sembrava, a letto rifatto, che qualcuno molto grosso fosse ancora a dormire. Appena cenato la moglie infilava diligentemente nel prete un recipiente metallico con le ultime braci del camino, scegliendo quelle che non facevano più fumo. Infilarsi nel letto dopo aver estratto il prete con molta circospezione per evitare incendi, era un grande piacere goduto dalle generazioni del dopo guerra. Ora quasi tutti stiamo al calduccio d’inverno senza farci troppo caso e i grandi piaceri si vanno a cercare Vittorio Grechi nelle polverine o nell’alcol.

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Francesco Patrizi

Seduto su una panchina davanti al mare, Stephan si fa sfoltire i ricci capelli da John, sud sudanese come lui. Magrissimo nella sua canottiera gialla, sbuffa per il caldo africano che lo ha seguito fin quassù; è diretto in Germania o in Svezia o forse in Danimarca, è lo stesso, l'importante è uscire dalla zona rossa di Ventimiglia, con due bracciate potrebbe arrivare a Nizza, ma non sa nuotare e poi la costa è pattugliata giorno e notte. John estrae dal taschino della camicia il rasoio elettrico, a differenza degli altri non è un migrante appena sbarcato in Italia, a Ventimiglia c'è arrivato da solo, in auto dall'Olanda, dove vive con la sua ragazza. Quando ha saputo che suo fratello Diba si era imbarcato per l'Europa, è corso qui a cercarlo, ha parcheggiato vicino al porto e si è intrufolato nella zona rossa... a dire il vero non sapeva dell'esistenza della zona rossa, non ha con sé documenti né patente, tanto in Olanda non te li chiedono mai, dice, per questo ora si trova intrappolato in questo limbo. John faceva il barbiere nel Sud Sudan, il più

Il barbiere di Ventimiglia

giovane stato africano nato dalla lunga guerra civile che ha visto il Sudan scindersi tra lo stato del Nord, arabo musulmano, e quello del Sud, cristiano animista. Dal 2013 la giovane nazione, ricca di petrolio, è dilaniata però da un'altra guerra etnica fomentata dall'avidità che contrappone il presidente del paese e il suo vice. La notte in cui John ha deciso di fuggire, il piccolo Diba lo ha seguito di nascosto, ma il viaggio era troppo pericoloso per un bambino così gracile e denutrito, i due fratelli si sono stretti in un abbraccio e John gli ha promesso che si sarebbero rivisti presto. Diba ha seguito la jeep fino a quando il buio non l’ha inghiottita. L'ultima volta che John è riuscito a parlare con sua madre, ha saputo che Diba era scomparso da sei mesi, indossava una maglietta della nazionale di calcio dei Paesi Bassi di due misure più grande. Attraverso un tortuoso giro di telefonate, ha scoperto che il nome di suo fratello risultava sulla lista di un barcone salpato dall’Egitto a fine maggio. Nella foto che li ritrae insieme il ragazzo non

dimostra più di dodici anni, ora dovrebbe averne circa quindici (nel villaggio non c'è l'anagrafe). John ha mostrato la foto al ras che gestisce il bivacco alla stazione di Ventimiglia, dove i migranti, ammassati sul pavimento dell’atrio, attendono la distrazione degli agenti per saltare su un treno qualsiasi. L’ha mostrata a quelli che stazionano sugli scogli pronti a tuffarsi non appena scende il sole. Ormai sono tre settimane che John taglia i capelli a tutti i nuovi arrivati sperando di avere qualche notizia. Non è neanche sicuro che Diba ce l'abbia fatta a raggiungere l'Italia. Questo blocco prima o poi dovrà finire, dice al giornalista Marco Tuzzi, così potrò fare questi 200 metri e raggiungere l'auto oltre le transenne. Tornerò dalla mia ragazza, da quando sono partito non ha avuto più notizie di me. Se Diba ce l'ha fatta, saprà trovarmi. Dei volontari italiani gli portano qualcosa da mangiare e una batteria per ricaricare il rasoio elettrico. Stephan si alza in piedi per pagare, guarda la foto e scuote la testa, dice che pregherà per il ragazzo.

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Ogni anno, circa sette milioni e settecentomila contribuenti affidano ai Consorzi di bonifica la sicurezza dei propri patrimoni immobiliari e quella personale, garantite da interventi di salvaguardia idrogeologica del territorio e dalla costante manutenzione della rete idraulica e di irrigazione. Lo ha reso noto Francesco Vincenzi, Presidente dell’ANBI, che ha aggiunto: “Il tributo versato ai Consorzi è l’unico vero esempio di federalismo fiscale. Le risorse vengono impiegate nei luoghi da cui provengono ed il corretto utilizzo delle stesse può essere facilmente controllato dai cittadini. Parliamo di una risorsa aggiuntiva rispetto alla fiscalità ordinaria, finalizzata a preservare l’ambiente”. I Consorzi di bonifica, organi di autogoverno con forte espressione di sussidiarietà, sono attivi su oltre la metà della superficie territoriale italiana. Vi rientrano le pianure, la maggior parte delle colline ed una porzione, seppur minore, di aree montane. Fortemente ridotta l’operatività di Province e Comunità montane, gli enti consorziali risultano fondamentali per le attività svolte, assumendo, di fatto, la funzione di preziosi enti intermedi. “Tale ruolo –afferma Vincenzi– sopperisce alla scomparsa di quelle guardie ecologiche volontarie, rappresentate dalle aziende familiari e dai piccoli imprenditori agricoli. Soprattutto in quelle aree interne del Paese (la dorsale appenninica), idrogeologicamente tra le

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EMERGENZA

Interventi per fronteggiare la scarsità di

più fragili”. La Commissione Agricoltura della Camera ha recentemente approvato alla unanimità una risoluzione riguardante gli “Interventi per fronteggiare la scarsità di risorse idriche ad uso irriguo”, riconoscendo che “al fine di massimizzare l’impiego delle risorse idriche, il servizio Irriframe fornisce tutte le informazioni per un uso oculato ed efficiente dell’acqua, migliorando la produttività delle colture”. Il documento riafferma l’indispensabile

completamento delle infrastrutture dedicate all’irrigazione, esaltando il ruolo svolto dai Consorzi di bonifica e di irrigazione. Diffusi capillarmente sul territorio i Consorzi realizzano, in termini di sussidiarietà ed autogoverno, una pluralità di azioni finalizzate alla sicurezza territoriale, alimentare ed ambientale. La risoluzione parlamentare impegna il Governo ad istituire una cabina di regia presso il Ministero delle politiche agricole.


IFICA TEVERE NERA

SICCITÀ

risorse idriche ad uso irriguo Questa dovrà lavorare sul rinnovamento delle infrastrutture irrigue. Occorrerà monitorare l’attuazione del piano di interventi, coordinare e programmare i fondi destinati all’emergenza irrigua (circa 700 milioni di euro), definendo altresì le priorità per un nuovo piano di investimenti. Risorse aggiuntive dovranno destinarsi per: zz la realizzazione di interventi infrastrutturali mirati a raccogliere l’acqua in eccesso ed a conservarla per il periodo primaverile/estivo; zz accelerare le procedure necessarie al tempestivo utilizzo delle risorse

finanziare già disponibili per il settore irriguo; zz indirizzare specifiche risorse alla progettazione e realizzazione di tecniche innovative per la gestione dell’acqua a fini irrigui, attualmente nel patrimonio conoscitivo e progettuale dei consorzi di bonifica. Quanto approvato dalla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati è l’ulteriore passo verso una nuova cultura della responsabilità idrica. Soddisfazione per l’unanime riconoscimento dato ai Consorzi di bonifica, in virtù dell’opera svolta.

VINCENZI,CONFERMATO PRESIDENTE ANBI Il Consiglio ANBI (Associazione Nazionale Consorzi Gestione Tutela del Territorio ed Acque Irrigue) ha confermato Presidente Francesco Vincenzi, 39 anni, imprenditore agricolo nel modenese. Dal 2011 è Presidente del Consorzio di bonifica Burana (Modena). “All’orizzonte -ha indicato Vincenzi- c’è la fase operativa del Piano Irriguo Nazionale, cui seguirà quella dei finanziamenti del Fondo Sociale di Coesione per interventi sulle infrastrutture per l’irrigazione. Ci attiveremo in Europa attraverso “Irrigants d’Europe”, alleanza fra i Paesi irrigui del Sud Europa, per delineare nuove politiche comunitarie sull’acqua”.

Orario di apertura al Pubblico Lunedì – Venerdì dalle ore 8,30 alle 12,00 Mercoledì dalle ore 15,30 alle 17,00

INVIO DEGLI AVVISI DI NOTIFICA Il Consorzio di bonifica Tevere Nera è impegnato nella sua attività per la difesa idraulica del territorio e l’irrigazione. Si evidenziano gli interventi per la messa in sicurezza dei canali e dei corsi d’acqua, oltre alle manutenzioni e sistemazioni idrauliche degli stessi. Nel 2017 tra lavori eseguiti, in esecuzione e programmati, il Consorzio conta di investire circa 3.500.000 euro. L’impegno del Consorzio è fortemente concentrato sull’attività irrigua. Le scarse precipitazioni atmosferiche hanno indotto il Consorzio Tevere Nera ad anticipare l’inizio della stagione irrigua al 3 aprile, posticipandone il termine al 15 ottobre 2017. Ciò al fine di prevenire danni al settore agricolo, volendo salvaguardare le coltivazioni e le semine in atto. Tale intervento riguarda sia il Fiume Nera che il Tevere. Con tale decisione l’Amministrazione Consortile ha inteso sostenere concretamente il mondo agricolo. Nel giugno scorso è stato inaugurato l’impianto fotovoltaico di Graffignano in provincia di Viterbo. Un’opera che esalta la impostazione “green” del Consorzio, attento alla sostenibilità ambientale ed al contenimento dei costi. Tutta questa attività si finanzia con il pagamento del contributo da parte dei consorziati. I circa 5.000 avvisi di notifica inviati ad altrettanti contribuenti morosi, sono un atto dovuto da parte degli amministratori del Consorzio che, responsabilmente, hanno avviato un’azione di recupero delle somme dovute. Le sentenze delle commissioni tributarie nei diversi gradi, respingendo i ricorsi presentati, hanno legittimato l’azione del Consorzio. L’invito pertanto è a pagare da parte di quei contribuenti che hanno ricevuto l’avviso di notifica, al fine di non incorrere nella ingiunzione di pagamento, con aggravio di ulteriori spese dovute per il recupero. Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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Viviamo in un mondo che cambia Sulle rive di un grande lago Enrico Squazzini Centro Ricerche Paleoambientali di Arrone

P

iù di 40 tronchi, tutti collocati nella medesima posizione che avevano quando erano in vita e completamente inglobati all’interno di sedimenti in prevalenza argillosi ed, in minima percentuale, sabbiosi. Questo è quanto emerse, a partire dal 1980, nelle campagne di Dunarobba, presso Avigliano Umbro, nel comprensorio di Terni. Man mano che dal piano di cava si asportava l’argilla, destinata ai forni di cottura per la fabbricazione di mattoni a scopo edilizio, i tronchi aumentavano di numero andando a coprire un’area sempre più ampia. Ciò che si delineò alla fine fu l’immagine, inequivocabile, dei resti di un’antica foresta che emergevano letteralmente dalle profondità del tempo. Siamo nel ramo occidentale del Bacino Tiberino e la Foresta Fossile di Dunarobba è oggi da considerarsi un’autentica perla paleontologica, di estrema rarità date le caratteristiche, il numero di esemplari vegetali individuati in un’area così ristretta e le loro modalità di conservazione. Questi elementi, insieme, già forniscono uno scorcio paleoambientale importante nel quadro della conoscenza delle varie fasi evolutive del nostro territorio. Secondo i paleobotanici, il genere di conifera a cui apparterrebbero gli alberi emersi a Dunarobba è Glyptostrobus, mentre a livello di specie si tratta di una forma estinta. Risulta simile ad una pianta attualmente vivente in ristrette aree della Cina meridionale e del Vietnam centrooccidentale che, conosciuta come Cipresso cinese delle paludi, è qui adattata a vivere in zone palustri, cioè con elevata presenza di acqua al suolo ed in condizioni climatiche di tipo sub-tropicale umido. Tali elementi oltre a costituire un’indicazione dal punto di vista paleoambientale ne forniscono una anche in merito all’antico regime climatico, suggerendo che al tempo della foresta nel nostro territorio vigeva un clima più caldo e umido rispetto ad oggi. Dal punto di vista scientifico, i dettagli più interessanti sul sito di Dunarobba ed anche quelli che forniscono un quadro paleoambientale alquanto dettagliato, provengono dall’analisi sedimentologica e dei rapporti che intercorrono fra i sedimenti e gli alberi inglobati al loro interno. Fra gli aspetti più significativi emerge che le basi degli alberi non poggiano tutte sulla medesima superficie stratigrafica. Ciò

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indica, evidentemente, che non si è di fronte ad un’unica foresta ma, piuttosto, ad una condizione ambientale prolungata nel tempo in cui un certo numero di associazioni vegetali si sono sovrapposte e sviluppate per un periodo tutt’altro che breve. Mentre gli alberi crescevano venivano gradualmente seppelliti dal fango che, nel frattempo, li preservava. I giovani alberi che nascevano andavano a sovrapporsi ai precedenti, ormai morti e completamente ricoperti. In effetti i tronchi della Foresta Fossile di Dunarobba risultano inglobati e conservati in posizione di vita fino a 9 metri della loro altezza. Ciò, oltre all’eccezionalità del caso, presuppone condizioni geologiche particolari che prevedono, da una parte, un notevole e continuo apporto di fango e, dall’altra, una graduale subsidenza dell’area, cioè un lento ma continuo sprofondamento per cause tettoniche. Il sito di Dunarobba è un sistema molto complesso e i dati disponibili non sono facilmente interpretabili. Perciò, al di là dei tecnicismi, vediamo di tradurre in un’immagine semplificata quanto perviene dall’analisi scientifica. Nello specifico, le caratteristiche dei sedimenti che ricoprono i tronchi, ad iniziare dalla granulometria che indica la presenza complessiva di materiali fini, già di per sé suggerisce il tipo di ambiente in cui avvenne l’accumulo delle particelle fangose. In più, i caratteri geometrici della sedimentazione, cioè l’alternanza di lamine più o meno parallele talune composte da sabbie molto fini e altre da argille più o meno limose, si collocano bene in un ambiente di acque pressoché stagnanti. Spesso le lamine di sedimento appaiono lievemente ondulate o deformate. Alcuni straterelli sono costituiti da accumuli di foglie disposte parallelamente alla superficie di deposizione. Alla luce di una tale sequenza sedimentaria si può ragionevolmente ritenere che si trattava di una palude. Le condizioni generali, quindi, suggeriscono una lamina d’acqua di pochi centimetri di profondità sul cui fondo decantavano gradualmente le particelle fangose in

sospensione nel mezzo idrico, mentre i livelletti deformati rappresenterebbero disturbi alla decantazione localizzati, a causa della caduta di rami, del passaggio di un animale, della crescita di una radice, o quant’altro. A poca distanza dal nostro sito sono stati osservati sedimenti di chiara origine lacustre. Questi sono stati intercettati anche in profondità al di sotto della Foresta, attraverso perforazioni esplorative. Ciò evidenzia che esiste un rapporto diretto, nello spazio e nel tempo, fra i depositi del lago e quelli della palude. L’immagine paleoambientale che ne scaturisce è quella di una foresta impostata nelle acque stagnanti e paludose dei margini di un lago che si estendeva fra le aree di Todi e Sangemini. Non è ancora noto per quanto tempo perdurò l’ambiente di foresta. Tuttavia, la sua comparsa è testimoniata da una transizione graduale da depositi di lago aperto a depositi palustri, cioè una diminuzione della profondità del lago favorì l’impaludamento dell’area dove ebbe modo di impostarsi la foresta. La sua scomparsa, invece, sembra coincidere con la presenza di un livello sedimentario testimone di un’emersione prolungata, cioè di un cambiamento sostanziale delle condizioni ambientali che, probabilmente, non furono più adatte alla vita di questo tipo di piante. Oggi i tronchi della Foresta Fossile appaiono inclinati di circa 25° verso Est. Poiché anche il prisma sedimentario che li contiene presenta la medesima inclinazione, ciò indica movimenti tettonici di evoluzione del Bacino Tiberino avvenuti successivamente alla scomparsa della Foresta. Molte questioni rimangono ancora irrisolte. Finora non è possibile dare un’età alla Foresta Fossile di Dunarobba. Tuttavia, in base ad una serie di dati scientifici molto significativi provenienti da ricerche condotte in siti paleontologici intorno alla Foresta, si ritiene che la sua presenza possa ragionevolmente collocarsi in un arco di tempo compreso fra 2,5 e 2,2 milioni di anni fa.


Fuori tutto/dentro tutti! Quante cose abbiamo in casa o in cantina, rotte, vecchie o in attesa di essere buttate? Con “Fuori tutto/dentro tutti!” Arci Terni ha aperto un nuovo punto d’incontro e di scambio, al piano terra dello storico “Palazzone” di Viale Brin, più precisamente in Via Menabrea. Uno spazio dove recuperare, aggiustare, rivalorizzare e scambiare vestiti, mobili e oggetti; per donare loro nuova vita e nuove funzioni. La Ricicleria è stata inaugurata Venerdì 23 giugno all’interno delle iniziative organizzate per la Giornata Internazionale del Rifugiato, una ricorrenza che oramai è entrata tra le feste abituali della nostra città, una data importante sia per ricordare i problemi e le sofferenze di chi lascia il proprio paese e i propri cari, sia per valorizzare e fare il

punto sui processi d’integrazione in atto. Con la Ricicleria abbiamo messo insieme i ragazzi dei nostri progetti e i cittadini ternani che donano indumenti, oggetti e tramandano le loro capacità manuali. Descriverla solo come un “magazzino” è riduttivo, “Fuori tutto/dentro tutti” è uno spazio aperto, una fucina dove ogni giorno nascono nuove idee e progetti. Potete trovare libri, vestiti, mobili, pezzi di ricambio ma anche imparare l’arte del cucito e della falegnameria, scambiare quattro chiacchiere e soprattutto dare una mano a chi ha più bisogno e all’ambiente, evitando che tante cose ancora utilizzabili finiscano troppo presto in discarica. Veniteci a trovare, portate le vostre idee e il vostro entusiasmo per migliorare questo progetto!


Medicina & Salute

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TEST Genetici

ono stati messi a punto alcuni test genetici, metodiche complesse in grado di stimare il rischio di contrarre un tumore sulla base del corredo genetico. Uno dei tumori per i quali esiste la possibilità di sottoporsi a un test è quello del seno, il tumore più frequente nelle donne. È stato infatti dimostrato che chi ha una madre o una sorella con questa patologia, soprattutto se contratta in giovane età, corre un rischio maggiore di svilupparla nel corso della vita rispetto a chi non ha mai avuto casi di tumore del seno in famiglia. I geni BRCA1 e BRCA2 predispongono a questo tipo di cancro (e anche a quello dell'ovaio): ciò significa che, analizzandoli attentamente, nel caso di tumore si troveranno probabilmente mutazioni non presenti nelle cellule sane. E questa mutazione, se il tumore è ereditario, sarà la stessa nei vari membri della famiglia. Una volta stabilita la necessità di sottoporsi al test, mediante un colloquio con un genetista medico e un oncologo, si procede con un banale prelievo di sangue dal quale verrà estratto il DNA da controllare. Il risultato potrà essere positivo o negativo, cioè si potrà sapere se la mutazione è stata effettivamente ereditata oppure no.

La maggior parte dei tumori è di origine "sporadica" ovvero si manifesta senza nessun tipo di legame con la trasmissione ereditaria dei geni, ma in alcuni casi (non più del 10% di tutti i tumori) si può parlare anche di cancro "ereditario", legato, cioè, alla trasmissione da parte dei genitori di un gene mutato.

È importante sottolineare che avere ereditato la mutazione non significa essere certi di contrarre prima o poi la malattia, piuttosto equivale ad avere un rischio più elevato rispetto a chi non ha la mutazione. Il test genetico non è dunque uno strumento di prevenzione nel senso classico del termine, ma si limita a fornire informazioni sul rischio di ammalarsi di tumore nel corso della vita e deve essere svolto solo in caso di reale necessità, dopo una consulenza con il genetista medico. In base al risultato del test, il genetista medico e l'oncologo sapranno creare un piano di prevenzione individuale basato su controlli più frequenti e attenti che permetteranno di gestire al meglio il rischio e di individuare un eventuale tumore nelle sue fasi più precoci. Al momento attuale, tranne che per il seno e l'ovaio, non esistono test genetici disponibili per gli altri tumori femminili.

Dott.ssa

Lorella Fioriti Specialista in Radiodiagnostica, Ecografia, Mammografia Digitale Diretta

HPV TEST: COS’ È E QUANDO ESEGUIRLO L’infezione da papilloma virus umano (HPV) è la più diffusa tra le malattie sessualmente trasmissibili (MST). La maggior parte delle persone è portatrice del virus senza saperlo. Siamo a conoscenza di circa 100 tipi diversi di papilloma virus, di cui 13, definiti ad alto rischio, sono correlati in modo stretto con l’insorgenza del tumore del collo dell’utero. Altri tipi di HPV, quelli a basso rischio, sono i responsabili della comparsa delle verruche genitali. Gli studi epidemiologici effettuati finora hanno dimostrato la fortissima associazione tra infezione da HPV ad alto rischio oncogeno (Human Papilloma Virus) e carcinoma della cervice uterina, dovuta alla persistenza del virus. Tale infezione è molto comune tra la popolazione femminile ed è trasmissibile prevalentemente per via sessuale. La maggior parte dei pazienti affetti dal papilloma virus non presenta né sintomi né problemi di salute ad esso collegati: nel 90 per cento dei casi il sistema immunitario distrugge l’HPV naturalmente nel giro di due anni. Una parte della popolazione, tuttavia, non elimina il virus e l’infezione diventa persistente. La sua persistenza, associata ad altri fattori di rischio, favorisce lo sviluppo di lesioni precancerose che, qualora non trattate,

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possono, nel tempo, evolvere in carcinoma della cervice uterina. L’esecuzione dell’HPV test consente di accertare l’eventuale presenza del virus a livello delle cellule della cervice. Tecnicamente, l’HPV test consiste nel prelievo di una piccola quantità di cellule dal collo dell’utero, successivamente analizzate per verificare la presenza del DNA del Papillomavirus. Le modalità dell’esecuzione sono analoghe a quelle del Pap-test, dunque si tratta di un esame non doloroso che si può effettuare ambulatorialmente in pochi minuti nel corso di una visita ginecologica. L’American Cancer Society (ACS) e l’American College Obstetricians & Gynecologist hanno recentemente rivisto le linee guida per lo screening della patologia cervicale, includendo, per le donne di età superiore ai 30 anni, la combinazione HPV TEST più pap test come un’alternativa al solo pap test. Come screening primario l’HPV viene eseguito nelle donne con età superiore a 35 anni e qualora negativo viene ripetuto dopo 5 anni. L’HPV test viene consigliato, inoltre, se il risultato del Pap-test è anomalo o per eseguire il follow-up di pazienti sottoposte a trattamento per lesioni precancerose della cervice uterina, associate a infezione da HPV.

È molto importante sottolineare che un test positivo all’HPV non necessariamente è sinonimo di tumore della cervice uterina. La positività al test consente, però, di individuare quali siano le donne a rischio di sviluppare eventuale displasia della cervice uterina che necessitano di maggiori controlli o che debbano eseguire test di II livello.

DR.SSA GIUSI PORCARO

Specialista in Ginecologia ed Ostetricia USL UMBRIA 2 – Consultorio Familiare di Orvieto CENTRO ANTEO – Via Radice 19 – Terni (0744- 300789) BIOS – Via Linda Malnati 15 - Terni (0744 403904)


Medicina & Salute

Un ambulatorio per il pavimento pelvico Sempre più negli ultimi anni si sente parlare di pavimento pelvico. Si tratta di un traguardo importante che sembra mettere in evidenza la salute delle donne, a discapito dei tabù che per anni ne hanno ostacolato il benessere. Questa complessa ed importantissima regione del corpo, difatti, caratterizzata da muscoli (e non solo) sotto il nostro controllo, partecipa a funzioni di fondamentale importanza, la cui compromissione può inficiare fortemente la qualità di vita delle donne. QUALI PATOLOGIE È POSSIBILE TRATTARE?

L’incontinenza urinaria è la problematica con maggiore incidenza (in Italia si stima colpisca il 60% della popolazione, maggiormente le donne) e che riscontra certi benefici dal percorso riabilitativo. Questo è anche una valida alternativa negli stadi iniziali del prolasso, nel dolore pelvico, nelle disfunzioni urinarie e fecali (tra cui incontinenza fecale e di gas, o la stipsi).

CHI SONO I SOGGETTI PIÙ A RISCHIO?

Sicuramente la gravidanza e il parto rappresentano dei momenti di enorme stress per il pavimento pelvico, sia per il peso maggiore che si trova a fronteggiare che per le modificazioni posturali e i fenomeni del parto. Eventuali lacerazioni ed episiotomie, o parti operativi sono aggravanti. La menopausa, per le variazioni ormonali e la maturazione dei tessuti, è un altro momento estremamente delicato. A ciò si sommano gli interventi chirurgici uro-ginecologici e proctologici, infezioni recidivanti e lo sport, nella fattispecie quello che sollecita fortemente la muscolatura addominale o che costringe il perineo (come ciclismo o equitazione). Ovviamente esistono anche

altri fattori, come l’elevato peso corporeo o abitudini scorrete che, giorno dopo giorno, indeboliscono la salute della pelvi.

COSA FARE IN PRESENZA DI SINTOMI O FATTORI DI RISCHIO?

La possibilità di una consulenza si rivela uno strumento prezioso: questa difatti può essere organizzata in relazione alla necessità di ogni singola donna. E’ fondamentale sottoporsi ad almeno una visita pelvica eseguita dallo specialista, perché si possano apprendere delle basi preventive per evitare l’insorgere di disfunzioni. In caso queste siano già presenti, il colloquio verte a conoscere se la Riabilitazione può rivelarsi efficace, ed eventualmente a pianificare un programma terapeutico.

scomparsa. Questo avviene generalmente attraverso delle sedute ambulatoriali, con o senza l’ausilio di macchinari, a cui si affianca la possibilità di percorsi di gruppo. Ha un grande valore il rapporto terapeutico, l’esserci sempre, garantendo continuità ed intimità nel trattare una sfera tanto delicata.

COME FUNZIONA L’ITER TERAPEUTICO?

Nonostante ci siano delle “tappe obbligatorie” è impensabile trattare ogni donna allo stesso modo. Il percorso è personalizzato e prevede una moltitudine di strumenti per modificare lo stile di vita, favorire la consapevolezza e il controllo pelvico e lavorare sul sintomo fino al suo alleviamento, o preferibilmente alla sua

Dr.ssa Jessica Li Gobbi

Ostetrica, specialista in Riabilitazione del Pavimento Pelvico A Terni la Dott.ssa Jessica Li Gobbi riceve presso lo Studio Medico Anteo in via L. Radice, 19 e presso lo Studio in via del Rivo, 110 Info e prenotazioni: 393 0924006 - jessicaligo91@live.com

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AZIENDA OSPEDALIERA CLINICA MEDICA E TERAPIA MEDI Direttore Prof. Stefano Coaccioli

Clinica Medica Reumatologia e Terapia Medica del Dolore

Azienda Ospedaliera "S. Maria" di Terni

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a Clinica Medica Reumatologia e Terapia Medica del Dolore è una Struttura Complessa a direzione universitaria presente all’interno dell’Azienda Ospedaliera “Santa Maria” di Terni fin dal 1974. Sotto la guida del prof. Fausto Grignani fino al 1982 e poi del prof. Adolfo Puxeddu fino al 2009, la struttura dal 2010 è diretta dal prof. Stefano Coaccioli, che per 9 anni ne era stato stato Vicedirettore f.f., in ordine al fatto che il prof. Puxeddu ricopriva la carica di Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Ateneo perugino. L'attività della Clinica Medica si inserisce nella convenzione vigente fra l'Università degli Studi di Perugia e l’Azienda Ospedaliera di Terni e si suddivide, per motivi istituzionali, in tre parti: attività assistenziale, attività didattica e attività di ricerca.

L’ATTIVITÀ ASSISTENZIALE

La Clinica Medica si occupa di pazienti affetti da patologie di interesse internistico, cioè quelle malattie e quelle sindromi che colpiscono gli organi, i sistemi e gli apparati interni. L'attività si divide nel Reparto di degenza ordinaria, in Ambulatorio e in Day Hospital. Attività Clinica. L'attività clinica provvede all'assistenza in ricovero ordinario di oltre 1500 pazienti ogni anno, con particolare riguardo alle sindromi edemigene (scompenso cardiaco, sindrome nefrosica e cirrosi epatica scompensata), alle patologie polmonari, renali, cerebrovascolari e cardiovascolari in genere, alle malattie reumatologiche e del sistema muscoloscheletrico (artriti, artrosi, connettiviti, osteoporosi primitiva e secondaria), alle malattie ematologiche, immunologiche ed autoimmunitarie, alle patologie oncoematologiche, ai disordini del metabolismo (diabete mellito). I dirigenti medici afferenti alla Clinica Medica si distinguono per particolari competenze in alcune attività cliniche specialistiche, che sono in grado di “coprire” tutto lo spettro delle Malattie Internistiche, sia sul piano generale sia a livello specialistico. Il dottor Di Cato e la dottoressa Panaccione sono specialisti in Reumatologia, la dottoressa Pennacchi in Medicina Interna ed Ematologia, la dottoressa Basili in Pneumologia, il dottor Mecarocci in Medicina Interna e Oncologia Medica, la dottoressa Di Loreto in Oncologia Medica. Da oltre 15 anni inoltre la Clinica Medica

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rappresenta un punto di riferimento per la Medicina del Dolore. È stata infatti insignita della qualifica di Centro Europeo per la Medicina del Dolore dalla Lega Europea contro il Dolore con sede a Zurigo, mentre è sede della redazione della rivista on line Pain Nursing Magazine (www.painnursing. it). In questo particolare ambito i campi di attività assistenziale sono rappresentati dalla Medicina del Dolore in senso ampio, ma con particolare riguardo ai seguenti: dolore cronico degenerativo (es. artrosi e osteoporosi), dolore cronico infiammatorio (es. artriti e connettiviti sistemiche), dolore neuropatico (da lesione del sistema nervoso centrale e periferico), dolore funzionale (es. fibromialgia, dolore muscoloscheletrico cronico diffuso, sindrome regionale dolorosa complessa) e dolore oncologico (primitivo, legato alla neoplasia, e secondario a chemio -e radio- terapia). Attività Ambulatoriale. Alla Clinica Medica afferiscono due Ambulatori per pazienti esterni (che accedono tramite prenotazioni CUP): uno di Reumatologia e Terapia Medica del Dolore (responsabile il dottor Luca Di Cato, con la collaborazione dalla Dottoressa Anna Panaccione) ed uno di Ematologia (responsabile la dottoressa Manuela Pennacchi). Attività in Day Hospital Medico. L'attività di DH è

rivolta ai pazienti affetti da malattie reumatologiche del connettivo e dell'apparato muscoloscheletrico per la somministrazione di terapia per via parenterale - che non può essere eseguita a domicilio. La Clinica Medica svolge inoltre attività di consulenza per la Medicina Interna e per la Medicina del Dolore nell’Ospedale di Riabilitazione Intensiva “Santa Rita” di Cascia (Perugia).

L’ATTIVITÀ DIDATTICA

La didattica si svolge su due livelli. Il primo è rappresentato dalle lezioni accademiche in aula e da seminari pluridisciplinari. Le prime riguardano gli insegnamenti della Semeiotica Medica per gli studenti del IV anno e della Medicina Interna per gli studenti del V e del VI anno. I secondi sono rivolti a tutti gli studenti del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia nella Sede ternana dell’Ateneo perugino. In Reparto e in Ambulatorio, invece, si svolge attività didattica pratica presso il letto del paziente in ordine alla preparazione pratica medica professionalizzante. Questa attività pratica è rivolta gli studenti dei Corsi di Semeiotica Medica e di Medicina Interna, così come ai Medici Specializzandi in Oncologia Medica e in Medicina Generale. La Clinica Medica svolge inoltre attività di docenza


SANTA MARIA DI TERNI REUMATOLOGIA CA DEL DOLORE

della rivista online Pain Nursing Magazine (www.painnursing.it); rappresenta l’Italia nella European Pain Federation (EFIC www.efic.org); è stata fondatrice della European League Against Pain (EuLAP www.eulap.org), dalla quale è stata recentemente insignita del titolo di Centro Europeo per la Medicina del Dolore; è sede del PresidenteEletto dell'Associazione Italiana per lo Studio del Dolore (AISD www.aisd.it) ed è stata fondatrice del Centro Internazionale per lo Studio del Dolore Animale (CESDA cesda@unipg.it). Inoltre, la Clinica Medica è componente attiva di numerose Società Internazionali Accademiche e di Ricerca tra cui si citano: New York Academy of Sciences (NYAS); American Association for the Advancement of Science (AAAS); Italian Association for the Study of Pain (AISD); World Institute of Pain (WIP); European Pain Federation (EFIC); European League Against Pain (EuLAP); Italian Society of Rheumatology (SIR), Italian Society of Internal Medicine (SIMI); Paolo Procacci Foundation (PPF) e fa parte del Board Editoriale, anche con compiti di referee, di numerose riviste scientifiche internazionali.

L’ÉQUIPE Direttore: Prof. Stefano Coaccioli Dirigenti Medici: Dr.ssa Maria Cristina Basili Dr. Luca Di Cato Dr.ssa Valentina Di Loreto Dr. Danilo Mecarocci Dr.ssa Anna Panaccione Dr.ssa Manuela Pennacchi (con una Cattedra Ordinaria di Medicina Interna e Reumatologia) presso i Corsi dell'Università LU.de.S a Lugano (Svizzera) e a La Valletta (Malta), ed è stata invitata, infine, a tenere relazioni e letture accademiche in oltre 400 Congressi nazionali ed internazionali.

L’ATTIVITÀ DI RICERCA

La ricerca svolta dalla Clinica Medica è incentrata sulle malattie autoimmuni e reumatologiche, sui disordini del metabolismo e sul dolore nelle sue varie forme: acuto, cronico, infiammatorio, oncologico, neuropatico. Pubblicazioni scientifiche. Solo negli ultimi 20 anni la Clinica ha pubblicato oltre 300 lavori scientifici, suddivisi in articoli originali, libri e capitoli di libri, rassegne e case report, che sono stati editi in numerose prestigiose riviste internazionali. Risultati scientifici ottenuti. È stata definita per la prima volta una forma di artrite reumatoide, denominata artrite reumatoide dell’anziano, che mostra caratteristiche cliniche ed immunologiche che sovrappongono l’artrite reumatoide alla polimialgia reumatica. È stato documentato il primo caso di miastenia gravis (non indotta da farmaci) in una paziente con artrite reumatoide e, sempre nell'artrite reumatoide, è stato rilevato come l'aterosclerosi

carotidea non correla con la colesterolemia, ma è espressione dell'infiammazione cronica e quindi dell'aterosclerosi "accelerata". È stato studiato longitudinalmente lo stato del metabolismo osseo in giovani atlete professioniste e, per la prima volta, è stato dimostrato come l'architettura ossea sia capace di variare in modo repentino in relazione all'intensità dell'attività fisica. È stato dimostrato che l'immunità cellulare non appare coinvolta nella patogenesi della retinopatia diabetica, e sono state studiate, per la prima volta, le sottopopolazioni linfocitarie nei giovani pazienti diabetici all'esordio della malattia. È stato realizzato il primo studio epidemiologico completamente italiano sulla prevalenza e sulle caratteristiche del dolore cronico e sono state scritte le linee guida per la terapia di numerose patologie caratterizzate da dolore cronico e per la depressione secondaria al dolore cronico. È stato studiato l'effetto della meditazione buddhista sull'intensità del dolore cronico, così come le raccomandazioni internazionali sulla terapia multimodale per il dolore cronico infiammatorio e degenerativo. È stato pubblicato infine, il primo Codice Etico per la Medicina del Dolore. La posizione nello scenario accademico nazionale e internazionale. La Clinica diretta dal prof. Coaccioli è sede della Direzione Editoriale

Personale Tecnico-Amministrativo e di Laboratorio: Gioiosa Scarano (Segreteria Universitaria) Nadia Barbetta (Tecnico di Laboratorio Biomedico) Medici Specializzandi in Oncologia Medica: Dr.ssa Sara Manglaviti Dr.ssa Valeria Palmieri Dr.ssa Chiara Santini Infermieri Professionali ed Operatori Socio-Assistenziali Caposala: Luigina Almadori IP con funzioni amministrative: Marisa Taddei Infermieri Professionali turnisti: Valentina Bacchi, Elena Burchi, Monica Fornara, Elena Ginebri, Ilaria Giovannelli, Cristina Mariut, Roberta Menciotti, Camilla Micheli, Domenico Rosi, Maria Angela Vannaroni Infermiere Professionale diurnista: Mauro Barbaccia Operatori Socio-Assistenziali: Sabrina Biagetti, Milena Farnè, Valeria Pirrami. Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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Medicina & Salute

L’ INSTABILITÀ DI SPALLA Dott. Vincenzo Buompadre Spec. Ortopedia e Traumatologia Spec. Medicina dello Sport -Terni

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L'articolazione della spalla è la più mobile del corpo umano per permettere di spostare agevolmente la mano nello spazio intorno a noi. L'ampia escursione articolare espone la spalla a problemi di stabilità. ANATOMIA DELLA SPALLA. L'articolazione della spalla è formata da due capi articolari: la testa omerale e la glenoide della scapola. I due capi ossei sono uniti dalla capsula articolare che è rinforzata nella parte anteriore e inferiore da tre legamenti gleno-omerali. La congruenza tra i due capi articolari è migliorata dalla presenza del cercine glenoideo che rende la superfice glenoidea più continente. Altre strutture anatomiche fondamentali per la stabilità della spalla sono i muscoli e relativi tendini della cuffia dei rotatori. L'instabilità della spalla può essere di tipo post-traumatico, cioè, dopo un evento traumatico, si può avere la perdita completa o parziale (sublussazione) dei rapporti articolari tra testa omerale e glenoide, o di natura idiopatica cioè dovuta ad un'eccessiva

elasticità-lassità delle struttura capsulolegamentose su base costituzionale. Su questa un trauma di modesta entità o microtraumi ripetuti possono provocare la perdita della stabilità. La sintomatologia della instabilità è di tipo doloroso, ma soprattutto di tipo funzionale, infatti l'instabilità comporta il verificarsi di nuovi episodi di lussazione o sublussazione, molto dolorosi ed invalidanti per il paziente. Negli sportivi si può realizzare un tipo di instabilità definita "microtraumatica" dovuta alla ripetizione di un gesto atletico ai gradi estremi dell'escursione articolare che, nel tempo, provoca delle piccole lesioni delle strutture stabilizzatrici articolari che provocano una micro-instabilità che rende la spalla inefficiente ad eseguire il gesto atletico ai massimi livelli. L'approccio terapeutico all'instabilità di spalla è in primis riabilitativo. Se questo risulta inefficace trova indicazione il trattamento chirurgico che si propone di riparare le lesioni intra-articolari che più spesso interessano il cercine, i legamenti e la capsula, meno frequentemente l'osso della glenoide. Il trattamento chirurgico viene effettuato in artroscopia. Solo quando le lesioni articolari sono particolarmente estese ed interessano l’osso della glenoide si rende necessario il trattamento chirurgico a cielo aperto.

In artroscopia si ha il vantaggio di una minore invasività, poiché l'intero intervento avviene tramite tre piccole incisioni di 4-5 mm, evitando danno ai muscoli sottoscapolare e deltoide ed alla capsula articolare che vengono in parte violati negli interventi a cielo aperto. Durante l'intervento viene anche valutato lo stato dei tendini della cuffia dei rotatori, che possono talvolta lesionarsi nei soggetti con storia di più lussazioni e di età superiore a 45 anni. Dopo l'intervento al paziente viene immobilizzata la spalla per circa tre settimane. La fisioterapia inizia con progressione già dall'immediato post-operatorio. Il ritorno alle attività quotidiane avviene dopo 40-50 gg, mentre la ripresa dell'attività sportiva necessita di 4-6 mesi, a secondo del tipo di disciplina.

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Il BULLISMO AI TEMPI DI INTERNET

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e ne è parlato molto, anche per le note e tragiche vicende che hanno visto adolescenti togliersi la vita a causa della diffusione in rete di immagini o commenti lesivi della loro dignità. E così spinti dall’onda emotiva di vicende oggettivamente terribili, il nostro legislatore, come spesso accade, ha messo mano ad una nuova legge. Non che il fenomeno avesse bisogno di essere regolamentato, tuttavia, in questo caso, pare davvero che la montagna abbia partorito il topolino. Vediamo perché. La L. 29 maggio 2017 n. 71 è entrata in vigore il 18 Giugno 2017 e ha ad oggetto “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyber bullismo”. La legge si snoda su due binari principali: quello della prevenzione, che vede coinvolte le scuole (con un’auspicabilissima attività di promozione di educazione digitale, ogni scuola deve nominare un referente che si occupi della tematica) e quello della riparazione con l’introduzione di una procedura volta alla rimozione dei contenuti lesivi pubblicati on line. La normativa è incentrata su elementi di carattere preventivo e non ha rilievo penale. Ogni reato realizzato mediante la diffusione di contenuti digitali rimane, pertanto, perseguibile secondo la normativa già in vigore. Diversi disegni di legge precedenti avevano previsto uno specifico reato per reprimere il fenomeno del cyberbullismo oppure una specifica circostanza aggravante collegata al noto reato di stalking.

Il Cyberbullismo viene definito all’art. 1 comma 2 della legge come “qualunque forma di pressione, aggressione, ricatto, molestia, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale o predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”. Come è facile constatare dalla semplice lettura dell’articolo, la norma non brilla in chiarezza e rigore, ma anzi inserisce condotte meramente fattuali seppur gravi, e condotte già dotate di rilievo penale come la diffamazione, la molestia e l’ingiuria. Spiace constatare che il nostro legislatore legiferi dimenticando la sua precedente attività, nello specifico inserisce il reato di diffamazione dimenticando di averlo depenalizzato. Oltretutto, la norma sembrerebbe voler censurare solo quelle condotte poste in essere allo scopo di isolare un individuo o un gruppo escludendo così dal novero normativo tutte le altre condotte parimenti lesive ma finalizzate ad altri obiettivi. Inoltre l’abuso deve essere serio. Ma come ne è di un abuso non serio ma che viene seriamente subito? Quando si verifica un atto di cyberbullismo il minore che ha superato i 14 anni di

Avv. Marta Petrocchi

età, il genitore o chi esercita la potestà genitoriale, possono chiedere al gestore del sito la rimozione o l’oscuramento di qualsiasi dato personale Qualora il gestore del sito destinatario della richiesta non ottemperi nel termine di 24 ore oppure non sia possibile la sua individuazione, la richiesta può essere rivolta al Garante dei dati personali il quale deve rimuovere il contenuto lesivo nel termine di 48 ore, così come stabilito dal Codice della Privacy. Anche questo è un aspetto della legge che forse meritava una maggiore attenzione. I tempi previsti sono infatti esageratamente lunghi. Una notizia, un’immagine, che rimane in internet e viene rimossa dopo 72 ore ha già cagionato tutto il danno che era in grado di provocare. L’art. 7 della legge stabilisce che sino a quando non sia stata presentata denuncia querela per i reati commessi, ossia minaccia diffamazione da minorenni di età superiore ai 14 anni nei confronti di altro minorenne, può essere applicata la procedura di ammonimento così come prevista e disciplinata nel reato di stalking. In questo caso il Prefetto convocherà il minore che accompagnato dai genitori sarà ammonito in merito alla sua condotta.

Io a ccolazzione...

Paolo Casali

So’ ppiù de quarant’anni che mme so’ ‘bbituatu a ffa’ sempre la stessa ‘dentica colazzione… li stessi ‘ngridienti e lu stessu cerimoniale. L’orariu è ccompresu tra le sei e otto de madina tranne quarche vvorda causa de forza maggiore. M’arzo prestu… e qquesta è la cosa più ‘mportante… non tantu lu prestu quantu l’arzasse! Li soliti bbisogni fisiologgici, ‘na sciacquatina a lu musu perché tantu

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me so’ llavatu la sera prima e ppo’ pijo lu spazzolinu e schiaffànnumelu quasi ggiù ppe’ lu gargallozzu m’arpulisco bbene la lingua perché dice che dde notte ce se posa ‘na pàdina ch’è mmejo leva’. Me faccio ‘ddu’ bboccacce davanti a lu specchiu pe’ stiramme le ganasse… me metto a ssede’ e ‘ncumincio a bbéveme ‘n bicchiere d’acqua appena calla ddove ciò spremutu più dde mezzu limone sugosu… dice che ffa bbene pe’ li reni… ppo’ ‘n andru bbicchierozzu de jogurte che ppreparo pure quillu tutte le madine da più dde quarant’anni… pe’ lu cargiu su ll’ossa. Doppo lu bbée… pe’ pprimu me magno ‘n bo’ de frutta de staggione… perché ho lettu che ccucì no’ mme se ‘mpantana dentru lu stommicu dietro a ll’andru magna’ co’ la probbabbilità de gonfiamme la panza. Bbrustolisco tre ffette de pane… una e mmezza me serve pe’ ffa’ la panzanella co’ ddu’ pummidori e ‘nbo’ d’ojo e… ssu ‘n’andra una e mmezza ce sparmo la marmellata ch’ho fattu io e la ‘nzuppo dentro a ‘na tazzona de latte co’ lo caffè d’orzo. Doppo ce ‘ntigno pure ‘na

fittina de bbiscottu o qquarche andru dorge ch’ha fattu mi moje… se ‘n ce sta… quarche bbiscottinu dentro che cassittu se pòle sempre armedia’. Se po’ di’ che cco’ ‘n’oretta ho ffinitu tuttu… mettennoce pure l’arpuli’ de li piatti bbicchieri cucchiaj e ccazzerole ch’ho sporcatu ‘n modu da lascia’ tuttu lindu e ppintu…, ccucì mi moje no’ mme fa rimponne ‘stu simposiu. Me scordavo che ddentro l’orzo… che mme faccio io tutte le madine co’ ‘n pendolinu d’acqua bbollente e ‘n cucchiaju de orzo “bbimbu”… ce metto anche ‘n cucciajnu de mèle e ‘n bellu cucchiaju de semmola… dice che ppe’ l’intestinu so’ ‘na mano santa. Quarcunu m’ha dittu ch’è mmejo sinti’ ‘n dietolugu… tuttu sto’ magna’ ggiù lu cricile pòle fa’ a ccazzotti. Ma sintite ‘n bo’… co’ lu fattu che ttutte le madine ‘ngozzo le stesse cose m’è vvinuta ‘na memoria de ferro che mm’aricordo anche quillu ch’ho mmagnatu a ccolazione quarant’anni fa e ppo’ a mme ‘sta co… co…coco… co… coco… aho ‘n sarà mica l’effettu de la semmola che mmagnono anche le galline!?


Medicina & Salute

Intervista con la Dott.ssa Eleonora Teodori BIOLOGA NUTRIZIONISTA

L’importanza di una corretta alimentazione è oggi un argomento di grande interesse. Già Ippocrate nel trattato “Antica Medicina” affermava che il cibo che ingeriamo può essere medicina o veleno a seconda di come e quanto mangiamo. Scopriamo insieme alla Dott.ssa Teodori qual è il lavoro del nutrizionista e perché farsi seguire da questa tipologia di specialisti. Dott.ssa Teodori, come ha iniziato il suo percorso di studi? Perché si è approcciata a questa branca? Il mio percorso di studi comincia con una laurea magistrale in Biotecnologie Mediche, Molecolari e Cellulari conseguita presso l’università “La Sapienza” a Roma. Ho sempre avuto una grande passione per la biologia quindi i miei studi da subito si sono concentrati con estrema dedizione verso la professione di Biologo Nutrizionista. Ho poi intrapreso una carriera da ricercatore universitario che mi ha portato fino a Londra, presso l’Imperial College e presso la prestigiosa Università americana di Boston, Harvard (Publich Health), dove ho svolto parte del mio Dottorato di Ricerca in Patogenesi Molecolare, il più alto grado di carriera universitaria. Tutto ciò è stato fonte di grande ispirazione per il mio lavoro e, tornata in Italia, ho voluto proseguire gli studi con un Master Specialistico in Nutrizione Umana a Roma. Attualmente sono iscritta regolare all’ONB

Che lavoro svolge quindi il nutrizionista? Nello specifico lei di cosa si occupa? Ogni alimento induce nel nostro organismo un processo metabolico ben preciso nonché delle reazioni biochimiche specifiche: il nutrizionista, dopo aver parlato con il paziente e scoperto la sua storia medica e le sue abitudini di vita e di alimentazione, elabora dei piani dietetici personalizzati, affinché il paziente possa di nuovo sentirsi a proprio agio con il suo corpo. Eventuali malattie presenti nel paziente, con la giusta alimentazione prescritta dal nutrizionista, possono essere tenute sotto controllo o addirittura regredire (come nel caso delle condizioni di dislipidemia o di ipertensione arteriosa ecc...). Il segreto sta proprio nell’imparare a mangiare correttamente al fine di prevenire la maggior parte delle patologie di interesse nutrizionale. Il mio lavoro ha anche l’intento di promuovere uno stile di vita sano e attivo, che, unito ad una corretta alimentazione, consente ai pazienti di recuperare la forma fisica più giusta. (Ordine Nazionale dei Biologi) che mi consente di poter ricevere i pazienti in uno studio privato e offrire consulenze nutrizionali e piani dietetici personalizzati in qualsiasi condizioni fisiologica e patologica accertata, nello sport amatoriale e agonistico, sia per Onnivori che per Vegetariani.

Ringraziamo la Dott.ssa Teodori per la Sua diponibilità e ricordiamo che: la Dottoressa riceve presso il suo studio a Corso Vecchio, 54 (Terni) Per appuntamenti il numero è: 329/0726818 (eleteodori@libero.it)

La società nasce a Terni il 13 dicembre 2016 dalla voglia irrefrenabile di un gruppo di arcieri e dei loro genitori, di vivere il tiro con l’arco in un ambiente sereno, dove condividere, oltre alle esperienze sportive, momenti di vera aggregazione sociale e di crescita umana. Affiliata ufficialmente alla FITArco nel gennaio 2017, l’A.s.d. Arcieri Thyrus si colloca nel proprio territorio come una nuova realtà arcieristica al fine di incrementare i numerosi risultati sportivi ed organizzativi che, negli ultimi anni, hanno portato Terni ad essere una delle città più importanti d’Italia per il tiro con l’arco. Dislocando l’attività arcieristica nei vari punti del territorio, sarà sempre più possibile conoscere ed accedere a questo bellissimo sport, uno sport, senza ombra di dubbio, adatto a tutte le età. Specialmente per le classi giovanili, il tiro con l’arco rappresenta un’attività sportiva che non è soltanto “di mira”, ma che educa alla presa di coscienza, all’interiorizzazione e alla corretta gestione del proprio corpo. Un intervento mirato al giusto utilizzo del corpo come mezzo di espressione, comunicazione e relazione, rappresenta infatti la soluzione migliore per una crescita psico-fisica e relazionale naturalmente sana. L’obiettivo principale del tiro con l’arco non è tanto rappresentato dal “fare centro”, quanto dall’imparare a conoscere i propri limiti fisici, decisionali, di concentrazione e di disciplina, con lo scopo di migliorarli attraverso l’esercizio, il sacrificio e la volontà. Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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I GIOCHI DELLA VALNERINA 2017 I Giochi della Valnerina, ideati da Terni Progetta in stretta rispondenza con gli umani e sacrali valori che la terra del Nera emana, con la purezza dei suoi ambienti e lo spirito socievole e sereno che i suoi abitanti trasmettono, sono aperti a chiunque desideri tranquillamente e gioiosamente partecipare: giochi della mente e del corpo. Giochi sportivi, in particolare, tutti in stretta dipendenza dalle caratteristiche appena dette e quindi proposti ed eseguiti in maniera gioiosa e serena, liberati dalla sfrenata competizione ed ispirati più alla aggregazione che alla esclusione, più alla partecipazione che alla vittoria costi quel che costi. Lo sport, che è regola, disciplina e fierezza del proprio adamantino agire sarà, nei Giochi, soprattutto pratica che educa ai più alti valori: dignità, integrità morale, spirito di sana competizione. Protagonisti saranno gli appartenenti al genere umano, uomini e donne, giovani e meno giovani, italiani e non, diversamente abili e normodotati. È così che pensiamo di onorare la nostra terra, fecondata da umili monaci e da grandi santi e resa celebre nel mondo anche dai continui appelli alla pace ed al rispetto dei diritti umani che trovano appunto nella nostra Regione il centro mondiale di riferimento e nella Valnerina la sua splendida perla. Cercheremo allora di mostrare e di esprimere valori fondamentali: cultura, progettualità, solidarietà, amore per la nostra terra, per i suoi figli e per i figli di tutti; passione per lo sport puro, che unisce e aggrega; particolare devozione e dedizione per i meno difesi: giovani, meno giovani, diversamente abili.

FINALITÀ zz Far conoscere la Valnerina zz Indirizzare al mondo intero un ulteriore, grande segno di pace, di integrazione culturale, di solidarietà sociale, di fratellanza mondiale zz Magnificare l’idea che lo sport è PER tutti zz Coinvolgere in unica manifestazione Comuni e Pro Loco della Valnerina zz Ampliare la conoscenza delle risorse culturali e storiche, quindi della identità delle singole comunità, e far sì che tale memoria diventi quanto più possibile collettiva zz Esaltare le peculiarità di borghi, paesi, città ed evidenziare tradizioni, usi, costumi per farne una risorsa comune zz Educare e dare avvio alla pratica delle attività sportive zz Potenziare sentimenti favorevoli verso i campioni NEL mondo (cioè i partecipanti ai nostri Giochi) piuttosto che verso i campioni DEL mondo zz Constatare come, nella realtà, siamo tutti diversamente abili e quindi cercare di ridurre la distanza culturale e sociale corrente tra cosiddetti normodotati e cosiddetti diversamente abili.

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FERENTILLO

SABATO 30 SETTEMBRE 2017

9,00 - 19,30 CONCORSO FOTOGRAFICO* Emozioni dei Giochi della Valnerina1 16,00 - 19,00 DIMOSTRAZIONE/SELEZIONE PER TORNEO DI SCACCHI 15,00 - 19,00 A cura della Federazione Italiana Bocce Comitato Regionale Umbria TORNEO DI PÉTANQUE ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE "G. FANCIULLI" 9,00 - 12,00 A cura della animatrice teatrale Silvia Imperi Creiamo insieme il nostro spettacolo 9,00 - 12,00 A cura delle pittrici Cecilia Piersigilli e Nadia Zangarelli Laboratorio di pittura per bambini 9,00 - 12,00 A cura del micologo Enrico Bini Informazioni di base di micologia 15,30 - 16,00 I CANTORI DELLA VALNERINA 16,00 - 17,00 GIOCHI POPOLARI* Tiro con lu schioppittu (elastico e rondella) - Pallina in buca (dentro il barattolo) - Tiro alla fune 17,00 - 17,30 SPETTACOLO DAL VIVO Noi attori 17,30 - 18,20 CRUCIVERBA CULTURALE* Conosci la Valnerina? 18,20 - 18,40 GIOCHI DI MAGIA 1 BY ZERO REALTÀ con Tommaso Vergine e Claudia Gaia Rossberg 18,40 - 19,15 GIOCHI POPOLARI* Corsa dei sacchi - Il gioco della noce 19,15 - 19,30 SALUTI DEL SINDACO DI FERENTILLO - ARRIVEDERCI A NARNI

NARNI

SABATO 7 OTTOBRE 2017

9,00 - 24,00 CONCORSO FOTOGRAFICO* Emozioni dei Giochi della Valnerina 9,30 - 12,30 Passeggiata PASSI D’UMANITÀ Partenza dal Ponte di Augusto 20,00 - 24,00 DIMOSTRAZIONE/SELEZIONE PER TORNEO DI SCACCHI VIA TUDERTE Piazzetta GIOCHI DELLA VALNERINA 16,00 - 16,10 Dalla civiltà dei molini a quella delle centrali idroelettriche Giuseppe Fortunati 16,10 - 16,20 Passi d’umanità Giampiero Raspetti 16,20 - 17,30 Conferenza Lo sport è per tutti Relatori Francesco De Rebotti Sindaco di Narni Luca Pancalli Presidente Nazionale Comitato Italiano Paralimpico Francesco Emanuele Presidente Regionale Comitato Italiano Paralimpico Moderatore Benito Montesi 18,30 - 19,00 I CANTORI DELLA VALNERINA 19,00 - 19,40 GIOCHI POPOLARI* Dischetto in porta - Rubafazzoletto - Acchiappamela con i denti in acqua 19,40 - 20,40 CRUCIVERBA CULTURALE* Conosci la Valnerina? 21,40 - 22,10 I CANTORI DELLA VALNERINA 22,30 - 23,30 GIOCHI POPOLARI* Corsa dei sacchi - Cucchiaio ed uovo 23,30 - 23,50 SALUTI DEL SINDACO DI NARNI E ARRIVEDERCI A TERNI 24,00 LANTERNE CINESI

Passi d'umanità

La manifestazione Passi d’umanità propone i sensi più autentici dell’amore: per il genere umano, per la natura, per la cultura, per l’arte, per le attività e le passioni dell’uomo, per i grandi ideali di solidarietà tra popoli, per la pace, per i diritti umani. Essa unisce idealmente tutti coloro che, nelle varie epoche, hanno esaltato ed esaltano il rispetto per l’uomo e per la natura, a prescindere dalla personale concezione religiosa o da propri convincimenti filosofici. I Santi dell’amore Valentino e Francesco rappresentano, non solo per i cristiani, uno straordinario esempio di amore totale ed incondizionato. L’unione tra i due Santi, enorme patrimonio spirituale ed esclusiva caratteristica del nostro territorio, costituisce un naturale primum movens per l’intero progetto. Ogni anno ci ritroveremo lungo il Cammino di Valentino (da Narni a San Valentino di Ceselli ove il Cammino si incontra con la Via di Francesco). Saranno presenti gli appartenenti al genere umano, uomini e donne, giovani e meno giovani, italiani e non, diversamente abili e normodotati. Chi in carrozzella, chi con accompagnatore perché non vedente. Ognuno con l’oggetto fonte del proprio amore e della propria passione: chi con il compagno o la compagna, chi con i libri, chi con gli strumenti musicali, chi con il fido cane, chi a cavallo. E ci sarà anche un camminare insieme tra politici e amministratori con idealità diverse, ed anche squadre sportive che si riconoscano solo per meriti sportivi ed educativi, non per un estremo, esasperato tifo. Sarà presente l’umanità, nelle sue varie forme e nei suoi diversi linguaggi.

1 Per partecipare al Concorso fotografico occorre iscriversi (gratuitamente e in qualsiasi momento nel corso delle 3 manifestazioni) presso i rappresentanti delle rispettive Pro Loco ai quali il concorrente consegnerà poi, entro il 30 ottobre 2017, un numero minimo di 10 e un numero massimo di 20 foto. Seguirà, nel depliant illustrativo, il regolamento ed i particolari della premiazione.


TERNI

SABATO 14 OTTOBRE 2017

9,00 - 20,00 CONCORSO FOTOGRAFICO* Emozioni dei Giochi della Valnerina CHIESA DEL CARMINE 15,00 APERTURA MOSTRA FOTOGRAFICA Le Biodiversità della Valnerina 15,30 - 17,00 Conferenza I fiori della Valnerina Relatori Enrico Bini Presidente Centro Iniziative Ambiente Valnerina Roberto Venanzoni Docente di Biologia agraria - Università di Perugia GIARDINI DELLA PASSEGGIATA 9,00 - 12,30 A cura di Fabrizio Luciani, Alessandra Moret, Maria Rita Proietti, Ambra Scarpanti, docenti del Liceo Artistico "O. Metelli" GARA DI ORIENTEERING 9,00 - 12,30 A cura degli ARCIERI THYRUS SCUOLA DI TIRO CON ARCO 9,00 - 19,00 A cura di: Bocciofili dei Giardini della Passeggiata, CONI, CIP TORNEO COPPIE MISTE DI PÉTANQUE E TORNEI DI BOCCE 15,30 - 17,30 A cura della animatrice teatrale Silvia Imperi Creiamo insieme il nostro spettacolo 16,00 - 16,30 I CANTORI DELLA VALNERINA 16,30 - 17,10 A cura degli STEELERS ESIBIZIONE FOOTBALL AMERICANO 17,10 - 18,30 GIOCHI POPOLARI* Tiro alla fune - Gioco bendato al barattolo appeso Acchiappamela con i denti in acqua - Corsa dei sacchi Pallina in buca (dentro il barattolo) - Cucchiaio ed uovo 18,30 - 19,15 CRUCIVERBA CULTURALE* Conosci la Valnerina? 19,15 - 19,30 I CANTORI DELLA VALNERINA

TERNI DOMENICA 15 OTTOBRE 2017 9,00 - 20,00 CONCORSO FOTOGRAFICO* Emozioni dei Giochi della Valnerina 10,00 - 12,00 15,00 - 17,30 A cura delle pittrici Cecilia Piersigilli e Nadia Zangarelli Laboratorio di pittura per bambini 14,00 - 20,00 TORNEO DI SCACCHI* Il fuoco nella mente CHIESA DEL CARMINE 17,00 - 18,30 Conferenza Lo Sport è cultura Relatori Leopoldo Di Girolamo Sindaco di Terni Roberto Fabbricini Segretario Generale CONI Moreno Rosati VPresidente Nazionale Federazione Italiana Bocce Moderatore Stefano Lupi Delegato Coni Terni GIARDINI DELLA PASSEGGIATA 9,00 - 12,00 A cura di Fabrizio Luciani, Alessandra Moret, Maria Rita Proietti, Ambra Scarpanti, docenti del Liceo Artistico "O. Metelli" GARA DI ORIENTEERING PER FAMIGLIE 9,00 - 12,00 A cura degli ARCIERI THYRUS GARA DI TIRO CON ARCO 11,00 - 12,00 SFILATA BICI D’EPOCA 12,00 - 17,30 A cura della Associazione Culturale “Ponte degli Artisti - Terni” RICICL'ARTE2 E FUMETT'ARTE3 12,00 - 17,30 Coordinata dalla pittrice Alessandra La Chioma, Presidente dell'Associazione Culturale “Ponte degli Artisti - Terni” PERFORMANCE DI PITTURA E DISEGNO 16,30 - 17,00 I CANTORI DELLA VALNERINA 16,30 - 17,20 Continuiamo a creare insieme il nostro spettacolo 17,00 - 17,30 GIOCHI DI MAGIA 2 BY ZERO REALTÀ con Tommaso Vergine e Claudia Gaia Rossberg 17,30 - 18,00 SPETTACOLO DAL VIVO Noi attori 18,00 - 18,30 I CANTORI DELLA VALNERINA 18,30 - 19,00 PREMIAZIONI 19,00 - 19,20 SALUTI DEI SINDACI - ARRIVEDERI AI GIOCHI DEL 2018 19,19 - 19,25 AMORE SCESE DAL CIELO INDOSSANDO UN ROSSO MANTELLO *Partecipa al punteggio per graduatoria finale

Giochi della

Valnerina Silvia Imperi

Cecilia Piersigilli

Alessandra La Chioma

Nadia Zangarelli

Alessia Zazza

Michele Antonio Pasquariello

Fabrizio Luciani, Alessandra Moret, Maria Rita Proietti, Ambra Scarpanti.

Organizzazione A.S.D. Scacchi Terni gli "Orlandi Furiosi" (www.terniscacchi.it) e Scuola di scacchi O' Rey (www.scuolascacchioreyterni.it)

Tel. 347/3154178

CIRCOLO SCACCHI TERNI

2 Laboratorio di produzione, sperimentazione e creazione di manufatti ottenuti con materiale riciclato carta, cartone, alluminio, plastica, tetrapak, colori acrilici, filati… Responsabile Laboratorio Alessia Zazza. 3 Laboratorio rivolto a bambini, ragazzi ed adulti che hanno il piacere di sviluppare le loro affinità creative nel disegno, sia classico che fumettistico. Responsabile Laboratorio Michele Antonio Pasquariello.

“Orlandi Furiosi” Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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PER NORMA E REGOLA Avv. Paolo Crescimbeni

Maggiore trasparenza tra avvocato e cliente in ordine ai costi della causa. La figura dell’Avvocato che dà al Cliente una “paccata” sulle spalle quando questi gli chiede il prevedibile conto di un’azione giudiziaria sta, per fortuna, sparendo. In precedenza l’Avvocato era tenuto, infatti, solo a seguito di specifica richiesta del Cliente, a fornire esatta indicazione di tutti i prevedibili oneri della azione giudiziaria; il così detto preventivo come qualcuno lo chiamava con un’espressione forse più adatta ad altri contesti. Oggi è questo un atto sempre dovuto e non solamente a richiesta. La legge 4 agosto 2017 n. 124, impone, infatti, all’Avvocato di comunicare in forma scritta al Cliente la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo tra oneri, spese, anche forfettarie, e compenso professionale e se non lo fa egli rischia una sanzione disciplinare. Una piccola rivoluzione volta a dare maggiore trasparenza ai rapporti Cliente-Avvocato. Una diffusa obiezione: come si fa a prevedere tutto ciò che occorrerà fare? Magari in risposta ad una iniziativa avversaria oggi solo eventuale? E’ chiaro che sarà opportuno che vengano emesse delle direttive, se non dei veri e propri decreti ministeriali, volti a definire questi aspetti del problema, in modo da mantenere la più totale trasparenza dei rapporti, pur nella naturale mutevolezza di una vicenda giudiziaria.

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Il licenziamento per scarso rendimento e le precedenti sanzioni disciplinari Il licenziamento per scarso rendimento, configurabile come licenziamento disciplinare, non può derivare della sommatoria, sic et simpliciter, delle precedenti sanzioni (la classica goccia che fa traboccare il vaso), in quanto quei comportamenti sono già stati sanzionati e verrebbero così puniti una seconda volta. E’ tuttavia consentito tenerne conto in una luce ed in una finalità diverse e complessive, che sono appunto quelle che danno luogo allo scarso rendimento, cioè del non raggiungimento dei risultati previsti, di una negativa incidenza nell’organizzazione del lavoro, ecc. Tali comportamenti pregressi potranno quindi essere riconsiderati in una dimensione collettiva e utilizzati come tasselli di una nuova e più grave mancanza. In sostanza, quei comportamenti, già causa di autonome e singole sanzioni, possono venire valutati in modo globale ed unitario, in maniera tale da determinare la fattispecie di esonero definitivo per scarso rendimento.

L’accordo tra cliente e consulente fiscale volto a frodare il fisco comporta un diritto del cliente a farsi risarcire dal professionista? Certamente no, afferma il Tribunale di Firenze. Il cliente che richiede al professionista di commettere nel suo interesse un illecito (evasione fiscale), se è stato edotto delle sanzioni cui potrebbe andare incontro, non ha diritto ad avanzare con successo pretese risarcitorie nei confronti del professionista. E ciò in quanto non si tratterebbe di danno ingiusto in quanto deriva pur sempre da un accordo, per quanto fraudolento, intercorso tra cliente e consulente. Tuttavia, è da tener presente che in precedenza la Corte di Cassazione ha ritenuto il consulente fiscale responsabile anche civilmente per aver egli agito in violazione di norme deontologiche. La questione è aperta, ma la conclusione è una sola, il fisco, con accordi fraudolenti o meno con il proprio consulente, non si evade, e chi lo fa, è giusto che ne paghi le conseguenze.

Danno patrimoniale del convivente more-uxorio La vicenda connessa alla uccisione dello stilista Gucci ha consentito ai giudici di Milano e poi alla Corte di Cassazione la affermazione di un principio spesso controverso da parte della nostra giurisprudenza. Il principio è quello della spettanza al convivente more uxorio del risarcimento dei danni patrimoniali subiti per l’uccisione del partner quando si sia dimostrato che l’ucciso contribuiva significativamente al mantenimento della convivente e che vi era una ragionevole aspettativa che questa situazione di fatto si sarebbe protratta nel tempo se non fosse stata drammaticamente interrotta. E’ tuttavia doveroso ricordare che questi provvedimenti vengono adottati alla luce di princìpi generali del nostro ordinamento in mancanza di una normativa organica in proposito che disciplini il regime giuridico delle coppie di fatto.


È ora di "fare il pomodoro" Vittorio Grechi

Con questa frase apparentemente innocua ma insidiosa per la fatica che comportava, le donne di casa di una volta lanciavano a settembre l’avvertimento a tutti i membri della numerosa famiglia: era arrivata l’ora di fare la conserva di pomodoro, che doveva essere sufficiente per tutto l’anno successivo. Era l’autarchia che continuava, anche se la guerra era finita da qualche anno. Le piantine di questa specie di solanacee, nate dai semi selezionati l’anno precedente dai frutti più belli, erano state messe a dimora verso la fine di aprile, in solchi paralleli ripieni di letame maturo. Ogni delicata piantina era stata sorretta da un paletto di legno -ricavato in genere dalla potatura dei lunghi pioppi- e ad esso legata con i morbidi fili delle ginestre, mano a mano che cresceva in altezza e si appesantiva con i grappoli dei pomodori. I paletti dei solchi paralleli, una volta conficcati nel terreno, erano stati inclinati leggermente uno verso l’altro, in una specie di inchino, e poi legati in cima affinché potessero sorreggersi a vicenda resistendo meglio al vento di un improvviso temporale estivo. Si era venuta così a formare col passare del tempo una specie di tunnel verde che d’estate, al momento giusto per la raccolta, era diventato rosso-verde per i frutti maturi che occhieggiavano nascosti tra le foglie. Questa coltivazione aveva richiesto molte cure, come è ben noto a chi si dedica ancora a questa tradizione orticola, vuoi per interesse economico o per sapere esattamente cosa sta mettendo nel proprio piatto. A raccogliere i pomodori partecipavano un po’ tutti secondo le proprie capacità. I bambini si sentivano importanti e chiedevano di continuo alla mamma o alla zia se quel pomodoro che toccavano con mano era maturo al punto giusto da dover essere raccolto. Una volta riempita la canestra di vimini, ogni donna se la metteva sulla testa appoggiandola in precario equilibro sul cercine (involto di panno a forma di cerchio, usato da chi porta pesi sul capo; a volte si usava il grande fazzoletto che copriva testa e capelli) e via di buon passo verso la non vicinissima abitazione. Bisognava poi lavare i pomodori, tagliarli togliendo le parti più dure o rovinate, poi macinarli con apposito strumento a manovella. Alla fine tutto il macinato veniva messo a scolare in un sacco di cotone. Dopo qualche tempo si travasava in un grande recipiente, si pesava e si aggiungeva un grammo di acido salicilico per chilogrammo di salsa. In dialetto si diceva: fare il pomodoro “co lu salicidio”. Poi si mescolava accuratamente e quindi si riempivano capaci recipienti di vetro col collo largo onde poterci infilare un mestolo

per estrarre la conserva. Questo accadeva intorno agli anni ’50-‘60 del secolo scorso. Le proprietà di quest’acido erano note fin dall’antichità, infatti questa sostanza si ricavava dalla corteccia del salice bianco (Salix alba) e gli antichi lo utilizzavano come blando antipiretico e antiinfiammatorio. Ha ricoperto questo ruolo per un certo periodo, per poi cadere in disuso in quanto ritenuto troppo irritante per la mucosa esofagea e gastrica. Nelle conserve di pomodoro veniva usato per la sua azione antifermentativa e antisettica, atta a impedire la formazione delle muffe. Questa aggiunta, relativamente innocua (come altri derivati salicilici poteva scatenare allergie e ridurre la coagulazione del sangue), alterava un po’ il sapore delle conserve, ma l’alimento trattato con acido salicilico si conservava anche per parecchi giorni dopo l’apertura del vaso. Tale caratteristica era molto importante data l’assenza di frigoriferi nella maggior parte delle abitazioni, specialmente nelle campagne. La sterilizzazione però sostituì validamente l’acido salicilico perché non alterava i sapori e manteneva intatte le migliori caratteristiche. Però un conto è dirlo, un conto è farlo. Il procedimento era sempre lo stesso fino al travaso in un grande recipiente. A questo punto erano necessarie diverse cose: molte bottiglie di vetro pulite, altrettanti sugheri, un attrezzo a due leve per infilare a pressione i sugheri nelle bottiglie e una matassa di spago per legare saldamente ciascun sughero al collo della bottiglia. I lavori venivano così suddivisi: una o più donne riempivano le bottiglie tramite un imbuto, un mestolo e una bacchettina di legno per facilitare la discesa della salsa di pomodoro. Riempita la bottiglia, il bambino più piccolo vi infilava una foglia di basilico. Nel frattempo i sugheri erano stati messi in acqua a bollire ed erano aumentati di volume ammorbidendosi. Allora un adulto forzuto infilava un sughero nell’apposito attrezzo, poneva l’attrezzo sopra la bottiglia poi abbassava le leve permettendo lo schiacciamento del sughero e la sua penetrazione a metà nel collo della medesima. Adesso bisognava fare l’ultima

importantissima operazione: legare con lo spago il sughero. Bisognava essere capaci di fare una legatura ancorata al collo della bottiglia e a croce al di sopra del sughero, per impedire la sua fuoriuscita durante l’ebollizione. Una volta espletati tutti questi passaggi, le bottiglie venivano messe in un grande caldaio di rame pieno d’acqua e fatte bollire per circa un’ora per avere una buona sterilizzazione. Poteva capitare che il bambino più grandicello (ce n’erano tanti allora) fosse ansioso di imparare quest’ultima operazione con lo spago e, dopo aver guardato attentamente più volte i movimenti esperti dell’adulto, si cimentasse a provare su una bottiglia. A quel punto poteva accadere che lo smaliziato nonno si avvicinasse al nipote con fare sornione, bisbigliandogli all’orecchio: “Impara l’arte e mettila da parte… ma non dire niente a nessuno che lo sai fare, altrimenti ti comanderanno di farlo”. Il ragazzo ascoltava distrattamente perché tutto preso dal pezzo di spago e dai movimenti che bisognava fare per ottenere una legatura perfetta. Una volta raggiunto lo scopo, dimentico dell’avvertimento ricevuto, non poteva non esultare balzando in piedi: “ Ce l’ho fatta! Guardate che legatura!” Più o meno come la gallina che non è capace di trattenersi dal gioire dopo aver fatto l’uovo. Allora poteva accadere, e accadeva, che tutti gli facessero i complimenti invitandolo poi a legare qualche bottiglia per dare una mano. Orgoglioso del risultato ottenuto e della aumentata considerazione dei grandi nei suoi confronti, si metteva di buona lena al lavoro. Dopo aver legato una decina di bottiglie, la delicata pelle delle mani, bagnata anche dal succo di pomodoro che inevitabilmente scolava lungo il vetro, era tutta dolorante perché segnata dallo spago teso con forza per fare la legatura stretta. Gli tornava allora in mente che il nonno lo aveva messo in guardia e lui per pavoneggiarsi non gli aveva dato importanza. Ormai non poteva fare marcia indietro senza perdere la faccia; allora continuava stancamente maledicendosi di non essere stato capace di tenere la bocca chiusa. Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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La Città del Sole LA MIGLIORE TERNI L'Associazione Culturale “La Pagina” persegue da sempre la conoscenza del territorio del ternano, soprattutto sotto l’aspetto culturale e quello “del fare”. Su questi aspetti intende fare “politica”, non partitica, per permettere a tutti di accedere alla cultura del territorio ed alle tante eccellenze che sono presenti, attraverso, anche, le conoscenze storiche ed attuali. In queste pagine si vuole dare spazio alle positività che si presentano sul territorio in contrapposizione alle tante negatività, vere o presunte, che vengono troppo spesso messe in evidenza con un certo disfattismo. Le positività sono presenti e vanno evidenziate perché rappresentano il fare positivo di associazioni, gruppi di persone o singole, che onorano con le loro iniziative proprio il nostro territorio. Ogni mese quindi questo magazine ospiterà, anche su iniziativa e proposta dei lettori stessi, uno o più eventi degni di nota sotto questi aspetti. Buona lettura.

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Adalberto Sisalli

Benito Montesi

La Via Francesco Angeloni, una delle più brevi e caratteristiche di Terni, mercoledì 21 Giugno scorso (solstizio d’estate) è statateatro di un'ottima iniziativa sociale, che ha visto la partecipazione di circa 150 persone, con in testa i commercianti e gli abitanti che gravitano su tale via. Organizzata dalla Associazione “LET’s AMORE”, si è tenuta una “CENA GITANA ALL’APERTO IN STRADA”, che è risultata una festosa testimonianza di gioia ed allegria. Eleganti ragazze hanno servito le vivande sui tavoli egregiamente addobbati, piatti piacevoli alla vista e gustosi al palato. La serata è stata allietata da musica dal vivo ed il ricorso alla danza è stato d’obbligo! Una serata nel segno del sociale, della conoscenza, della partecipazione completa dei commensali presi per mano dall’evento che ha permesso quel necessario scambio di pareri, di opinioni, di aspirazioni, di confidenze, che la veloce vita moderna ha alquanto limitato nei confronti dei vicini e dei semplici conoscenti. Un po’ il ritorno alla festa paesana, del rione, in strada. Commercianti e abitanti hanno palesato una larga soddisfazione per la iniziativa, partecipando con entusiasmo e grande soddisfazione e con grande apertura sociale. Si è trattato di un eventoesempio che merita l’attenzione per lo spirito sociale che ha ottenuto risonanza nella vita cittadina. Da evidenziare che la stessa Associazione Let’s Amore ha organizzato altre notevoli iniziative come la lettura di poesie e uno scambio di libri, mentre i commercianti e gli abitanti hanno provveduto

alla piantumazione di nuove piante ornamentali in sostituzione di quelle morte. Un modo per dimostrare che se si vuole si può costruire sul piano sociale e sul “fare” per amore del proprio territorio! Le foto qui riportate, scattate dalla bravissima fotografa Agnese Cascioli, mostrano alcuni aspetti dell’evento. Foto di Agnese Cascioli


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Estate ed autunno nell’arte Franca Calzavacca

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n questo periodo la Biennale di Venezia, giunta alla 57a edizione, offre l’attualità delle arti visive così come si esprimono nel mondo, dentro e fuori la sede tradizionale della manifestazione ai Giardini e all’Arsenale. Tutta la città lagunare sia nell’intricato reticolo di calli, campielli e sestieri, di palazzi aggettanti sui canali sia nelle isole più distanti da san Marco, ariose e popolari, offre punti d‘appoggio al vastissimo panorama dell’espressione estetica così come ogni territorio con la sua storia e la sua fantasia ha segnato le sue capacità. Il tempo per renderci conto di quanto si verifica fra pittura e scultura e ben oltre i margini della tradizione non manca. Superando l’autunno la rassegna raggiunge fine novembre, permettendoci di realizzare ogni programma di vacanza culturale. Il tema generale è “Viva Arte Viva” ed è stato curato da Christine Macel. Dall’Umbria la mostra si può raggiungere comodamente perciò consigliamo di non perderla per chi ancora non si fosse deciso all’aggiornamento ampiamente offerto. È per noi scelta doverosa partire dalla presenza italiana selezionata da Cecilia Alemani. Con le loro opere Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey, nati in Italia fra la metà degli anni ’70 e degli anni ’80, rappresentano i modi complementari e distinti di fare arte da noi oggi. I loro linguaggi sono globali ma profondamente legati alla cultura del nostro Paese. Il progetto attuato non cerca di rappresentare uno sguardo completo su tutta l’arte italiana ma vuole osservare in profondità il lavoro di tre artisti dando loro spazio, tempo e risorse per offrire un progetto ambizioso che ci proponga un’immagine dell’Italia “attuale

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e cosmopolita”, con entusiasmo e capacità critica. Ma prima di passare oltre nella illustrazione della rassegna, ricordiamo l’assegnazione del Leone d’0ro per la migliore partecipazione nazionale alla Germania (Anne Imhof) ed una menzione speciale al Brasile (Cinthia Marcelle). Il Leone d’Oro per il migliore artista è andato a Franz Erhard Walther, il Leone d’Argento, come giovane artista promettete ad Hassan Khan. Infine due menzioni speciali agli artisti Charles Atlas e Petrit Halilaj. Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia, ci ha ricordato come si sia soliti definire la Biennale un luogo di ricerca che ha come metodo il libero dialogo fra gli artisti ed il pubblico. Il concetto della manifestazione è dunque chiaro e non è venuto mai meno nel corso degli anni. Di conseguenza nella mostra definita “Il mondo magico” si sta realizzando un programma di attività educative rivolto agli studenti delle Accademie di Belle Arti italiane, promosso dalla Direzione Generale Arte ed Architettura contemporanea del MiBACT. Intorno a tutti gli eventi la città continua a vivere aggiungendo alla già intensa attività turistica gli effetti della Biennale non solo per l’ospitalità ai visitatori ma anche per i benefici rapporti che si creano con le istituzioni culturali veneziane. È perciò opportuno tracciare un panorama essenziale dell’esposizione: 85 le partecipazioni nazionali distribuite fra gli originari padiglioni ai Giardini dell’Arsenale ed il centro storico della città. Quattro sono i paesi presenti per la prima volta: Antigua e Barbuda, Kiributi, Nigeria, Kazakistan (per la prima volta da solo). L’incontro e il dialogo aumentano e vengono facilitati da un percorso che si

sviluppa intorno a nove capitoli o “famiglie” di artisti dall’Arsenale al Giardino delle Vergini. Centoventi partecipanti provenienti da 51 paesi; di questi 103 sono presenti per la prima volta nella mostra internazionale. Una mostra ispirata all’umanesimo, che celebra le capacità dell’uomo attraverso l’arte, un umanesimo nel quale l’atto artistico è a un tempo “atto di resistenza, di liberazione e di generosità”. Una Biennale dunque “con gli artisti, degli artisti e per gli artisti”. Un’energia positiva rivolta soprattutto ai giovani che ha dedicato anche una nuova attenzione agli artisti troppo presto scomparsi oppure non conosciuti dal grande pubblico nonostante l’importanza delle loro opere e dell’influenza che possono avere sulla società contemporanea. Molte le iniziative collaterali tra cui il padiglione delle Arti Applicate gestito in collaborazione con il Victoria and Albert Museum di Londra e un progetto speciale collegato al Teatro La Fenice di Venezia. Nel tempo della durata della mostra sono previsti importanti impegni: citiamo l’11° Festival Internazionale della Danza Contemporanea diretto da Marie Chouinard, il 45° Festival del Teatro diretto da Antonio Latella, la 74a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica diretta da Alberto Barbera, il 60° Festival Internazionale di Musica Contemporanea diretto da compositore Ivan Fedele. Molte di queste iniziative hanno spazio all’Arsenale nei luoghi stessi dell’Esposizione internazionale di Arte Visiva. Come ha concluso il presidente della Biennale, Paolo Baratta, “tutte le Biennali fanno corona alla Biennale”. Non si può mancare a queste sollecitazioni, non trovate?


Notte da Campioni S

econda classe, in treno direzione Riccione. Il cigolio delle ruote culla i miei sogni di diciottenne, il calore della notte estiva scalda l’emozione di sentirsi Campione del mondo. Eh sì! L’11 luglio 1982 ci siamo sentiti tutti dei Campioni. Finalmente l’Italia del calcio ci regalava una soddisfazione immensa. Stazione dopo stazione ancora non ci credo: l’urlo di Tardelli, Dino Zoff che alza la Coppa, Sandro Pertini scatenato tifoso, le bandiere al Santiago Bernabeu, i tedeschi in ginocchio sotto un pesante 3 a 1. Ho da poco lasciato i festeggiamenti in una Terni avvolta dal tricolore per afferrare la mia prima vacanza in solitaria, accompagnato dall’amico Sergio. Impazzito di gioia saluto gli amici del Bar Minerva con i quali ho vissuto la finale, per inseguire la mia estate. Vorrei proseguire i festeggiamenti ma, come spesso capita, i treni vanno comunque presi. D’altra parte non immaginavo che l’Italietta pallonara potesse sconfiggere potenze calcistiche come l’Argentina di Maradona od anche il Brasile di Zico. Nessuno lo credeva, soprattutto dopo aver pareggiato le prime tre partite del girone contro Polonia, Perù e Camerun. Solo una “papera” del portiere N’Cono ci permise l’accesso alla fase successiva. Nessun italiano sensato, compreso Enzo Bearzot, avrebbe mai scommesso una lira anche solo sul fatto di arrivare ai quarti di finale. Partivamo nettamente sfavoriti! Il calcio italiano era appena uscito dal più grave scandalo della sua storia: partite truccate, scommesse, squadre retrocesse o penalizzate. La cronaca giudiziaria si allungava sui terreni di gioco, proiettando una sinistra ombra di discredito

sulla nazionale azzurra. Il calcio come si sa, persegue vie tortuose e misteriose, trovando ragioni colà dove spesso non vi dovrebbero essere. E’ così che, dopo trentacinque anni, ho ancora in testa il tormentone di Nando Martellini alla fine della partita: «Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo». La sua commozione ed incredulità è quella di una intera nazione presa ormai da un delirio collettivo. Era accaduto l’inverosimile, avevamo vinto il campionato mondiale di calcio. Era anche successo dell’altro –pur inconsapevoli– iniziavamo a diventare un Paese diverso. Un po’ come stava succedendo a me, nel passaggio dalla giovinezza ad una prima incosciente maturità. Il brutto anatroccolo si era trasformato in cigno: prima vinciamo con l’Argentina campione del mondo nel 1978, poi 3 a 2 al Brasile – i Carioca avevano già prenotato l’albergo a Madrid– quindi battiamo 2 a 0 la Polonia. In finale ci siamo noi e la Germania. La vigilia dell’11 luglio è carica di timore e tensione emotiva. Giorgio Terzaroli, proprietario del mitico Bar Minerva a Terni, nostro punto di incontro, allestisce il televisore all’aperto con sedie e tavoli. Avevamo inghirlandato con buste tricolori lo spazio antistante il locale. Le bandiere sono pronte. In fondo ci crediamo. Vincere con i crucchi sarebbe una doppia soddisfazione. Quelli della mia generazione erano vissuti nel ricordo sbiadito di Italia-Germania 4 a 3 a Città del Messico nel 1970. Una intera nazione cerca ora una qualche conferma da questa finale. La partita del Bernabeu è un evento collettivo a cui assistono tutti. Ciascuno si sente parte di un pezzetto di

storia comune. Pronti, via! Davanti al bar una folla, noi e tanti altri clienti occasionali che si fermano per vedere la partita. Il gol di Paolo Rossi arriva al 57’. Negli anni successivi in giro per il mondo in quanti ci hanno chiamato confidenzialmente Paolo Rossi. Al 68’ arriva il raddoppio di Tardelli. La tensione non si allenta. Il terzo gol è di Spillo Altobelli, a nove minuti dal termine. «Non ci prendono più», dice il Presidente Pertini scattato in piedi in tribuna. La rete di Breitner, all’83’non ce la ricordiamo neppure. E’ finita! Le vie si riempiono di gente. L’Italia riscopre la gioia di sventolare il tricolore. Ci sentiamo uniti e migliori guardando i nostri ragazzi, mister Bearzot e l’altro “ragazzo” di oltre ottanta anni Sandro Pertini che è riuscito a prender per mano un Paese e farlo sentire una Nazione. Saltiamo sul camion di un inconsapevole “cocomeraro” e ci dirigiamo in centro: Piazza Tacito. La fontana è stata chiusa per impedire “bagni battesimali”. Tanto li avevamo già fatti dopo la vittoria con l’Argentina. Il conducente strombazza felice a tutto andare. Le bandiere sventolano ed i cocomeri … pure. Giunti in piazza ci attendono “secchiate” di acqua da cui ci si difende lanciando pezzi di anguria. Come si sa, in questi casi, tutti i salmi finiscono in gloria. E’ tardi devo andare, ho il mio treno. Sono poche le date che ricordo. L’11 luglio 1982 ed i nomi di quei giocatori li rammento benissimo. Mi piace pensare che siano stati il portafortuna della mia vita, forse perché ci hanno insegnato a vincere. E’ l’alba. Arrivo alla stazione di Riccione, prendo lo zaino e scendo ... ma questa è un’altra storia.

Stefano Lupi Delegato Coni Terni

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Con Ulisse sul mare color del vino Vite parallele: personaggi a confronto. Concorso dell'AICC - Delegazione di Terni

IL RICHIAMO DELL’EFFIMERO Il piccolo spazio a disposizione nel bagno del pub era quasi opprimente mentre mi appoggiavo ansimando e sudando alla porta lurida, offuscata da giramenti di capo e allucinazioni. Nello stesso tempo in cui svuotavo il mio stomaco da ogni traccia della cena, mi balenavano in mente, a scatti, le scene delle ore precedenti. L'uscita azzardata con i ragazzi e le ragazze del liceo, il nuvolone di fumo in cui mi avevano trascinata e persino le pillole bianche che mi avevano costretto a ingoiare. Avevano detto che non sarebbe stato nulla di grave, mi avevano assicurato che esisteva di peggio e mi avevano fatto assistere alle conseguenze di sostanze ancor più dannose. Ogni minimo rumore mi rimbombava nella testa come amplificato, mentre mi schermavo inutilmente il capo credendo che così sarebbe finito tutto. Ero come in un continuo conflitto con me stessa, come se discutessi animatamente con una voce interiore. Ero sempre stata piuttosto debole anche se non lo avrei mai ammesso e mi ostinavo continuamente a cercare di apparire forte. Forse era per quello che avevo seguito senza pensarci due volte quelle ragazze che apparivano ai miei occhi tanto affabili e attraenti; forse era solo perché mi ero lasciata illudere dalle loro parole, dal loro continuo e quasi ossessivo ripetermi che ero una ragazza forte per la mia giovane età e che un po' di divertimento adolescenziale mi avrebbe fatto sembrare più grande e più sicura di me. Probabilmente mi ero illusa che in quel momento, con gli occhi pesantemente marchiati di nero, le ciglia arcuate e le labbra lucide mi sarei distinta meglio dalla massa. Ancora, era possibile che fossi convinta che indossare abiti vistosi, tacchi alti e bigiotteria sfavillante mi avrebbe fatto accettare dal resto della comunità. Non ero molto aperta e socievole. Ero impetuosa e competitiva sì, ma non socializzavo facilmente. Spesso, quando mi trovavo in un gruppo, mi sentivo come una goccia d'olio in un bicchiere d'acqua. Non avevo considerato però che, pregiato o no, fresco o rancido, l'olio non è solubile in acqua e quasi sicuramente l'unica soluzione conveniente era tentare di non essere olio. Sentivo la voce acuta e penetrante dei ragazzi, alterata dalla follia. Non sapevo cosa fare. Ero consapevole che sarebbe stato più sicuro andarmene, tornare a casa. Come avrei affrontato, però, le critiche altrui? Per me il giudizio degli altri aveva molto peso, era inutile negarlo. Nessuno riesce a restare completamente indifferente alle critiche. Restare a rovinarmi lì, tuttavia, non era affatto una buona idea. Chissà cosa altro mi avrebbero spinto a fare i ragazzi in quel momento in cui non ero al culmine della lucidità. La luce del bagno, seppur debole, appariva accecante ai miei occhi. Uscii da quella stanza sudando, gli spazi ridotti non contribuivano per nulla a farmi prendere una decisione. Diedi un rapido sguardo alle ragazze con le quali ridevo pochi minuti prima. Chissà come sarebbe stato più facile farsi accettare, avere delle amiche ed essere popolari se fossi stata come loro: bella, accattivante, spensierata, divertente. Spesso la via dell'ignoranza sembra quella più semplice, quando in realtà essere ignoranti è come restare all'oscuro dei problemi; questo non ti esenta comunque dal doverli affrontare, prima o poi. Mi guardavano sorridendo affabilmente mentre mi incoraggiavano a raggiungerle e a brindare con loro. Mi girava la testa e avevo continue e forti allucinazioni. Mi appoggiai a una colonna di marmo, spossata. Alzando lo sguardo, le ragazze mi apparvero con la parte inferiore del corpo da volatile, il profilo sinuoso come di sirene, il volto magnetico. Sembravano risplendere, immergendo tutto ciò che le circondava in una sorta di oscurità. Nella mia testa risuonava un canto irresistibile, delicato e malinconico che sembrava uscire dalle loro labbra carnose. Scossi la testa e l’allucinazione si dissolse: erano di nuovo liceali accattivanti. Riuscii a non muovermi e restai impassibile. La leader del gruppo gesticolò come per scacciare via le mie resistenze e ripeté l'invito. Avrei voluto abbandonarmi al divertimento sfrenato, ma la parte di me ancora lucida, mi disse che non dovevo lasciarmi

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abbindolare, non di nuovo. Mi sentivo come legata all’albero maestro di una nave, mentre passavo davanti a miriadi di tentazioni. Esitai, cercai di ragionare. Sarebbe stato facile slegarsi dai nodi che mi tenevano stretta al palo della nave, raggiungere le ragazze attraenti e le amiche che tutte le mie coetanee desidererebbero. Avevano occhi chiari e splendenti, venati da un leggero grigio cupo, magnetici e ammalianti. I loro capelli fluenti svolazzavano con grazia, appena visibili sotto il nuvolone di fumo che le circondava. La tentazione si presenta come un richiamo irresistibile: anche se nei punti più remoti della mia coscienza ero consapevole dell'errore, mi imponevo di convincermi che fosse assolutamente giusto e naturale. No, non dovevo seguirle. In fondo mi portavano solo a stare male, come confermava l’esperienza appena vissuta, anche se sembrava una cosa spassosa. E questo lo rendeva ancor più patetico. Per una volta dovevo pensare solo a me stessa e non alle opinioni altrui, allontanandomi e proseguendo a testa alta per la mia strada. Così feci; avanzai barcollando leggermente e facendomi strada fra i ragazzi sbronzi ed euforici, verso casa. Maddalena Rivelli Primo premio per la scuola secondaria di primo grado classe II H dell’I.C. “A. De Filis” di Terni

MENTRE L’INTOLLERANZA LI SFREGIAVA Mentre l’intolleranza li sfregiava, l’ora della morte li avvolse, le anime volarono via dalle membra e se ne scesero nell’Ade, rimpiangendo il loro destino, lasciando la forza e la giovinezza. Intanto il mondo era illuminato da un sole cremisi, 12 giugno 2016. Ma loro non avrebbero mai più potuto vedere la luce, per quanto sanguinosa e primordiale. Avrebbero solamente vagato tra ombre e polvere, per l’eternità. Quarantanove anime si ritrovarono nel buio, tutte con gli stessi occhi ormai inevitabilmente concavi, vuoti come il nulla che inghiottiva ognuna di loro. -E’ finita- disse uno. E il terribile pensiero che li accomunava, divenne una triste certezza appena queste due semplici parole penetrarono nell’aria fitta e pesante che li soffocava. Morti. Eddie, ricordando l’ultimo urlo straziante della madre, ebbe il coraggio di versare una lacrima sul suo viso violato dall’odio. Gli altri lo imitarono. Un pianto ultraterreno si levò dall’Ade e arrivò sulla terra, serpeggiò tre le esistenze leggere degli uomini e con il dolore riuscì a renderle lacerate, estremamente vulnerabili, divine. Aiace si stupì per quelle lacrime fatali e decise di avvicinarsi al gruppo di vittime. -Perché piangete, oh anime? Non siete forse cadute con onore, con un bagliore di vigore nelle iridi, quando le Moire hanno reciso il vostro effimero filo del destino?Molti tra loro abbassarono lo sguardo, le immagini della strage erano ancora troppo nitide nelle loro menti. Akyra Monet Murray, diciotto anni e un volto troppo segnato per la sua età, parlò a nome di tutti: -La follia e l’odio ingiustificato ci hanno ucciso. Abbiamo lasciato il mondo con la paura negli occhi e la consapevolezza che la nostra esistenza era stata troncata nel peggiore dei modi.Tutti la scrutavano con un po’ più di malinconia, era stata la più giovane tra le vittime. -Chi è stato il carnefice di un tale eccidio?- chiese Aiace, in preda a qualche doloroso fantasma del passato.


Nel frattempo un’altra anima scese in quella landa desolata e gemente. E, come quando un uomo scopre, tra l’incredulità e la delusione, un amico a rubargli in casa, così quella folla di vacui spettri osservava il suo boia, che era venuto a raggiungerli. Chi fu investito da un moto di rabbia, chi venne raggelato dalla paura, chi provò uno strano senso di orgoglio davanti a quel peccatore, nessuno si mosse, ognuno di loro lo guardava. L’aria era in bilico, i respiri sospesi, il silenzio soffocato. -E’ lui- ebbe la forza di esordire qualcuno. Il Telamonio, improvvisamente vinto dalle lacrime dei suoi antichi sbagli, si sedette su una roccia spigolosa. I quarantanove si disposero intorno a lui tra le fitte nebbie, il cinquantesimo in disparte, escogitando un modo per fuggire, ma trattenuto da qualche forza o sentimento troppo incomprensibile ad un’affaccendata e superficiale mente umana. Le lacrime correvano ancora imperterrite sulle guance sporche, quando Aiace fu pronto per l’ennesimo ripetersi della sua eterna tortura: -Sono stato un eroe acheo, il più alto e potente, secondo solo al grande Achille. Quando combattevamo ero sempre nelle prime file dell’esercito, brandivo la mia scure ed ergevo minaccioso lo scudo di bronzo davanti al mio corpo massiccio, coperto da sette strati di superba pelle di bue. Nelle contese non ho mai richiesto l’aiuto divino e le ferite che mi procuravo, così umane e dolorose, ne erano prova lampante. Molti mi ammiravano, i nemici mi temevano, ma il mio onore era d’esempio a chiunque. Però, come accade in tutte le vite che possono sembrar perfette, vi fu una disgrazia che ne precedette altre, ognuna sempre più grave della precedente. Nella battaglia mio cugino Achille fu raggiunto dalla Moira. Io e i miei compagni lottammo per riavere indietro il suo corpo glorioso e dargli una degna sepoltura; riuscimmo nel nostro fine. Dopo la cerimonia funebre io e il celebre Odisseo iniziammo a discutere su chi dei due meritasse maggiormente di avere le armi del Pelide come pegno della propria integrità. L’abilità oratoria dell’uomo dalle molte astuzie ebbe la meglio su di me, così quella notte mi addormentai sconfitto e in preda ad una furia potente ed incontrollabile. E ancora oggi non so dire come una potente follia celeste mi vinse, bagnando le mie mani col sangue di centinaia di pecore che io stesso avevo attaccato erroneamente, scambiandole per un gruppo di Achei. Ma quando la pazzia abbandonò le mie membra, gli occhi videro di nuovo: avevo strappato tante vite senza alcun degno motivo. Così mi uccisi, ormai privato del mio essere, della mia dignità, distrutto da quel morboso delirio. E mi ritrovai tra questa stessa polvere nella quale siamo sepolti adesso, pentito e deluso di me stesso. Non ho mai bevuto dal Lete, non ho mai voluto dimenticare: il mio errore è stato troppo grande ed importante per potersi perdere in un oblio di ricordi abbandonati. Stabilii che questa sarebbe stata la mia punizione immortale: raccontare a tutte le anime che avessero voluto udirlo, il mito di una vita strappata dalla vergogna e dall’insania.L’eroe smise di parlare per qualche minuto. Intorno al gruppo aleggiava una strana complicità, mischiata ai soffocanti fumi di morte. L’oblio dell’Ade inciampava dinanzi a quelle anime dalle storie così dolcemente tragiche, perdendosi tra lacrime, silenzi innaturalmente significativi e qualche sorriso amaro. Aiace riprese: -Posso quasi compiangere il vostro assassino, anch’egli, come me, vittima della sua stessa mente, guidato da un istinto selvaggio... Divorato così tanto dal senso di colpa, da voler divenire carnefice anche di se stesso.Ma l’uccisore, Omar Mateen, ebbe almeno il cuore di scuotere la testa, sempre osservandoli da lontano, nascosto dalla caligine. -Non si è punito né pentito per la sua carneficina. Lo hanno ucciso o ne avrebbe abbattuti altri.- esordì Luis Vielma, il pensiero alla famiglia che lo stava piangendo in un altro mondo. L’acheo strabuzzò gli occhi. Luis continuò: -Era una serata come tutte le altre: la gente danzava, risate non troppo lucide rimbalzavano da una parete all’altra, la musica inondava i timpani, e nessuno di noi si sentiva dannatamente fuori posto, almeno per una notte.

Ma poi… Il portone che si spalanca violentemente, rumori di spari a sovrastare addirittura il volume della canzone, muri dipinti di rosso. Rispetto a quello che ho visto nelle mie ultime ore di vita, questo in cui mi trovo adesso non può essere nemmeno lontanamente paragonabile ad un inferno. Lui non ha avuto pietà… Di nessuno. Tutti cadevano sotto di lui… Uomini, donne, giovani, vecchi… Tutti esseri umani di fronte ad un qualcosa che di umano non aveva nulla.Guardò il suo uccisore con lo stesso sguardo che aveva sostenuto quella notte, quando si era ritrovato l’arma da fuoco che lo avrebbe ucciso alla gola. Aveva gli stessi occhi coraggiosi ed infiammati di poche ore prima, le stesse iridi che si sarebbero oscurate con onore di fronte all’intolleranza, senza piegarsi con paura all’odio che questa aveva generato. E poi la sua figura si estinse tra le altre, conformandosi al gelo e al lamento. Aiace si trascinò verso Omar, ancora incredulo di fronte all’insolente mancanza di dignità in quell’ombra. Gli si avvicinò lentamente, contando i passi, i respiri, i granelli di polvere che li separavano. Infine fece solo una domanda all’omicida, parlandogli con un tono ingenuo, quasi fanciullesco: -Perché?L’assassino muoveva le labbra lentamente, le parole arrivavano ovattate alle orecchie di Aiace, o non arrivavano affatto. L’eroe acheo comprese solo un frammento, una piccola parola: -Froci…E poi un silenzio pesantissimo. Si respirava puro senso di instabilità. Infine rispose, sovrastando con fierezza quella parola sputata con tanta arroganza: -Non siamo forse tutti uguali di fronte a questa vita, a questo Destino che giostra la nostra esistenza a suo più completo piacimento? Non sono forse l’onore e il coraggio che costituiscono il nostro essere, le uniche virtù degne di essere tramandate a quelli che popoleranno il mondo dopo di noi? Guardati intorno… Sei solo un’ombra che si confonde inevitabilmente tra queste altre sagome scure. Sulla Terra, durante tutta la tua vita, non hai aperto gli occhi e sei diventato un fantasma già allora, vinto dall’odio e dall’intolleranza che pervadono tutte le epoche del mondo con la stessa condanna. Il Lete non è destinato a demoni neri come te. Tu continuerai a vagare come uno spettro, raccontando a tutte le anime che incontrerai della tua essenza vuota e corrotta. Un giorno ti pentirai di tutto quel sangue, oppure la tua anima marcirà e verrà completamente inghiottita nel buio.E mentre parlava, le altre quarantanove si avvicinavano alla sorgente e bevevano da quelle acque di salvezza, dimenticando la loro triste fine, riacquistando l’innocenza dei bambini. Aiace sorrise e si allontanò, lasciando Omar ad un avvenire ben più amaro del suo. In quella tragica circostanza l’acheo credette di aver appreso il vero nucleo esistenziale dell’essere umano: l’odio ci rende tutti luttuosi riflessi di noi stessi. Intanto, nel nostro mondo fatalmente sporcato da un’alba crudele, tutti i giornali del 12 giugno 2016 riportavano della strage di Orlando. E tutti gli uomini di questa Terra sentivano di non voler più essere uomini, almeno per quel giorno. Cecilia Giorgia Primo premio per il biennio della scuola secondaria di secondo grado Classe V B del Liceo Classico “G. C. Tacito” di Terni Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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ISCHIA mon amour! Pierluigi Seri

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state 2017, si avvicina la data del 24 agosto, macabra ricorrenza, quando un anno fa una terribile scossa di terremoto rase al suolo Amatrice, Accumoli, Pescara del Tronto… seminando morte e distruzione. Il mondo politico è già in gran fermento: si preparano cerimonie, commemorazioni, celebrazioni varie all’insegna del ritornello: Non vi dimenticheremo! Ma il 21.08.2017 alle ore 20.57 il terremoto torna a battere con sinistra continuità nel nostro Paese. Stavolta tocca ad Ischia colpita da un sisma del quarto grado Richter, magnitudo 3.6. L’isola verde ha nella sua storia una sequela di terremoti che risalgono all’antichità attestati dal greco Strabone. Il monte Epomeo che troneggia su di essa è un vulcano spento, ma da poco visto che era ancora attivo nel medioevo, tuttavia l’attività vulcanica è ancora viva e presente con sorgenti termali, fumarole, fanghi che punteggiano l’isola, divenuta per questo meta di un notevole flusso turistico attirato non solo dal paesaggio suggestivo, ma anche dalle cure termali. Non dimentichiamo che di fronte ad essa ci sono i Campi Flegrei in continua ebollizione e poco distante il noto Vesuvio, sorvegliato speciale, che “dorme” dal 1944. (Auguriamogli a questo proposito un buon riposo perché i vulcani si svegliano sempre con gli incubi!). Non è necessario avere competenza di Scienze della Terra per capire che il terremoto in questione ha un’origine diversa da quello che ha devastato il Centro Italia un anno fa. Gli esperti hanno spiegato che si è trattato di un terremoto di origine tettonica non di faglia come quello di Amatrice. Ischia per quello che ci consentono le documentazioni storiche fu colpita nel 1796, nel 1828 e soprattutto nel luglio del 1883 con un’intensità del decimo grado Mercalli. Fu una strage con oltre 2300 morti di cui 1700 proprio a Casamicciola che da allora, suo malgrado, è divenuta sinonimo di disordine e di sfasciume, complice anche una celebre battuta nella commedia Natale in casa Cupiello in cui Eduardo De Filippo, vedendo tutta la casa sottosopra, esclamò: Qua mi pare Casamicciola! L’isola è dotata di un paesaggio pieno di scorci di suggestiva bellezza, un clima mite e temperato, poi le cure termali che la rendono unica. Meta ambita del turismo nazionale ed internazionale comprendente sia vip che persone comuni. (Per la cronaca tra i suoi ammiratori c’è anche il sottoscritto che vi si reca puntualmente tutti gli anni). Tuttavia come ogni medaglia ha il suo rovescio, a questo aspetto ”idillico” ne corrisponde un altro non certo confortante. Da decenni l’isola e i suoi comuni sono al centro di un abusivismo selvaggio e poco o nulla

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si è fatto perché case vecchie e fatiscenti fossero messe in sicurezza, né quelle più recenti hanno rispettato le norme imposte dalle leggi antisismiche. L’abusivismo ha devastato il paesaggio, roso le pendici boscose dell’Epomeo, case e villette sono cresciute come funghi sovente goffamente mascherate da siepi e palizzate e i comuni quasi mai sono stati capaci di reprimere l’abusivismo diffuso e gli interessi speculativi di dubbia origine che hanno dilagato. La pratica ampiamente messa in atto è quella dei condoni edilizi che si sono succeduti negli anni in breve: si costruisce poi si resta in attesa del prossimo condono e così si va avanti come nulla fosse! Ischia, ab. 64.028, sup. kmq 46.3 conta ben sei comuni, nonostante la ristrettezza del territorio con tutte le conseguenze politico amministrative che rendono complicati e macchinosi gli interventi, per non parlare dei costi di tutti gli apparati burocratici! Domanda: oggi si fa un gran parlare di diminuzione di spese, di razionalizzazione della burocrazia, di efficienza amministrativa e bla, bla, bla... allora perché non accorpare i sei comuni in uno o due? Non si eviterebbero gli sprechi tanto esecrati a chiacchiere? Nessuna risposta concreta e i sei minicomuni dell’isola rigurgitano di domande di condono, a cui non sanno o non possono o peggio non vogliono rispondere e intanto gli archivi sono pieni di cartastraccia, mentre fuori tutto va come sempre a la buena de Diòs! Qualche dato in merito: comune di Forio 8000 domande, Casamicciola 6240, Ischia Porto 7000, Barano 3960, Serrara Fontana 2800 ecc. Insomma il totale è di 64028 domande… quasi quanto il numero degli abitanti… cadono le braccia! Il terremoto del 21 agosto ha colpito duramente soprattutto Casamicciola, per fortuna molti danni materiali e poche le vittime, solo due, ma il numero conta poco, si tratta sempre di persone che sfortunatamente si trovavano nel posto e nell’ora sbagliata. Tutti abbiamo seguito le ore angosciose del recupero della famiglia miracolosamente tratta in salvo dai vigili ai quali esprimiamo, come in altri articoli, la nostra stima e gratitudine. Gli esperti e gli studiosi che si sono espressi hanno sottolineato che il disfacimento di Casamicciola non è solo giustificato da un’onda sismica, in realtà è che lo stato comatoso dell’edilizia dell’isola semina distruzione e morte! Sfasciume pendulo come lo definì il meridionalista Giustino Fortunato in occasione della catastrofe che la colpì il 28.07.1883. Le autorità comunali hanno protestato scacciando in malo modo cronisti e troupe televisive accorse sul posto, accusandole di dire falsità, ma tutto ciò è vergognoso. Si nega quanto affermano autorevoli geologi sul rapporto tra l’intensità del sisma, giudicata bassa, e il suo effetto su di un territorio la cui edilizia non risponde alle norme di sicurezza. A tal proposto mi vengono in mente le parole pronunciate da S.E. Domenico Pompili vescovo di Rieti in occasione dei funerali delle vittime della

catastrofe del 24.08.2016: Non è il terremoto che uccide, ma le opere dell’uomo. Non trovo nessuna frase più appropriata di questa. Ischia è un’isola ricchissima di risorse naturali e come tale assai fragile e delicata pertanto ogni intervento dovrebbe rispettare regole ferree, esattamente il contrario di quanto si è fatto. Dico questo con l’animo pieno di tristezza, visto che sono, come ripeto, un appassionato ammiratore e frequentatore dell’isola. Da una situazione simile risultano chiare le responsabilità della politica locale e nazionale, dove perfino i populisti pentastelluti parlano di “abusivismo di necessità”. Concetto aberrante: quanti cittadini spinti dalla necessità di un’abitazione, la tirano su alla faccia delle norme? Ma che ha fatto breccia in modo incredibile, al punto che si parla di illegalità diffusa. Non c’è posto dove la politica si è mostrata così spregiudicata al rispetto delle regole, arrivando cinicamente a compromettere la propria credibilità pur di racimolare qualche voto. Come si può criticare pubblicamente i condoni e poi farli passare nelle leggi regionali sotto mentite spoglie? In breve pubbliche virtù e vizi privati. Fatto questo che ha fornito un comodo alibi a chi spara nel mucchio dicendo che sono tutti uguali, destra e sinistra, senza però proporre valide alternative, spettacolo miserevole che vediamo quotidianamente a Montecitorio dove vari onorevoli, rivolgendosi alla “pancia” del popolo tuonano contro il malcostume e le invasioni straniere, senza indicare in concreto come risolvere tali problemi se non con astratti proclami e arroganza verbale ai limiti del buon gusto! Possibile che si prenda coscienza di tali problemi ogni volta che si fa la conta dei morti e dei danni? Sarebbe ora di darci un taglio una volta per tutte!


Riapertura mostre a palazzo Montani Leoni Ha riaperto al pubblico il 1° settembre, dopo la pausa estiva, la mostra Incanto di luce e colori. Canaletto e i Guardi, allestita dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni a palazzo Montani Leoni in Terni. Alla luce dei risultati ottenuti - oltre 1.300 presenze in soli due mesi - onde consentire alle scuole una maggiore partecipazione e al fine di organizzare con l’autunno ulteriori eventi collaterali, la Fondazione, grazie al consenso della Soprintendenza e dei prestatori, ha stabilito di prolungare la mostra fino al 5 novembre 2017 con i seguenti nuovi orari: venerdì-sabato-domenica ore 11-13/17-20. La mostra, voluta in occasione dei 25 anni di nascita della Fondazione, è allestita nel salone “Paolo Candelori” al secondo piano di palazzo Montani Leoni in un percorso espositivo sul vedutismo italiano attraverso 6 capolavori della storia dell’arte italiana realizzati prevalentemente tra la metà e la fine del XVIII da Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto, da Francesco Guardi e da suo figlio Giacomo. La mostra si apre con la bella veduta raffigurante la Chiesa della Salute con punta della Dogana che per prudenza è stata attribuita a un anonimo seguace di Giacomo Guardi. Il dipinto è stato concesso in prestito dalla Fondazione Cariplo, che lo ha acquisito negli anni Novanta dalla Cariplo e che lo custodisce nelle proprie sedi espositive di Milano. Il percorso espositivo prosegue poi con tre opere di Francesco Guardi concesse in prestito dal BANCO BPM e provenienti dalle sedi di Novara e Verona. Si tratta de: zz la Veduta di Punta della Dogana e della chiesa della Salute da riva degli Schiavoni attribuita all’artista veneto e ascrivibile al periodo compreso tra il 1760 e il 1790; zz la splendida Burrasca con velieri realizzata da Francesco Guardi tra il 1760 e il 1775 la cui variante più vicina realizzata dall’artista è un Tempesta in mare oggi conservata al Museo di Montreal; zz il Sottoportico con sfondo di cortile e figure del 1780-1790, un piccolissimo olio su rame di una raffinatezza unica, eseguito sul verso di un’incisione recante una bissona, una barca da parata. Il disegno preparatorio per questo dipinto, pubblicato in catalogo, è oggi conservato al Metropolitan Museum di New York. Nella “piazzetta dell’arte”, un ambiente ricreato nella sala espositiva Paolo Candelori, si possono poi ammirare le due opere più rappresentative di tutta la mostra: il celebre Capriccio con architetture e figure di Canaletto e la Piazza san Marco a Venezia di Francesco Guardi. Il dipinto di Canaletto è stato concesso in prestito dalla BNL Gruppo BNP Paribas, con la quale fin dallo scorso anno è stata avviata una collaborazione culturale in occasione del prestito dell’opera di Corot raffigurante la Cascata delle Marmore.

è stato acquisto da un privato all’asta di Sotheby’s a Londra. Da Vienna è giunto a Terni, entrando a far parte del patrimonio culturale e artistico della città, in quanto i beni acquisiti dalle fondazioni bancarie nell’ambito dell’attività istituzionale sono beni di tutta la comunità. L’opera è unica nel suo genere, in quanto firmata dal grande maestro: sul timpano della fontana a destra si legge “Ant.° Canaleto fe.”. L’artista, inoltre, è anche rappresentato nell’opera intento a dipingere. Il quadro di Canaletto è stato già esposto in numerose altre mostre in Italia e in Europa: nel 1987 a Venezia, nel 1988 a Milano, nel 2001 a Madrid, nel 2005 a Roma, nel 2008 a Torino e nel 2015 in Provenza, in Francia. Nella “piazzetta” si può poi ammirare l’ultima acquisizione della Fondazione Carit: la Veduta di piazza San Marco a Venezia opera di Francesco Guardi. Il dipinto è stato individuato dalla Fondazione e acquistato il 25 aprile 2017 a Vienna dalla casa d’aste Dorotheum. Il quadro si avvicina molto, per le dimensioni e per le ombreggiature, a quello conservato alla National Gallery di Londra. Per la sua realizzazione Guardi si riferì quasi certamente al disegno oggi conservato al Museo di Cleveland.

Per la mostra è stato realizzato un bellissimo video sul vedutismo e sui suoi massimi rappresentanti. In poco più di tredici minuti lo spettatore potrà immergersi nell’atmosfera vibrante e avvolgente della Venezia del Settecento, contemplare le magnifiche vedute dei grandi pittori del periodo ammirandone la rappresentazione dei riflessi delle architetture nelle acque dei canali, i giochi di luce, le atmosfere calde e rarefatte, il chiarore e i bagliori dell’orizzonte. Il tutto in sovrapposizione con la Venezia di oggi, brulicante di turisti e di modernità, ma visibilmente immutata e ferma all’epoca dei suoi ritrattisti. Una Venezia immobile nell’eternità dell’arte. Nel video si può osservare un’inedita ricostruzione in 3D della camera ottica, utilizzata dai vedutisti per garantire una maggiore veridicità e vicinanza alla realtà delle loro rappresentazioni, richieste in tutto il mondo. A corredo della mostra il catalogo a cura di Anna Ciccarelli e Ulrico Dragoni con la biografia degli artisti e le schede storico artistiche sulle opere esposte. Negli stessi giorni e con gli stessi orari, prosegue, sempre a palazzo Montani Leoni, anche la mostra Carsulae 1951-2016. Dai grandi scavi di Umberto Ciotti alle ultime ricerche archeologiche a cura di Ulrico Dragoni, Anna Ciccarelli, Luca Donnini e Massimiliano Gasperini.

Un dipinto di rara bellezza che finalmente, grazie all’intervento della Fondazione, torna in Italia dopo essere passato in diverse collezioni europee. Tra il 1821 e il 1891 è documentato nella collezione privata della famiglia Cavendisch-Bentinck di Londra; dal 1958 è attestato a Parigi in collezione privata, dove è peraltro esposto alla Galleria Heim. Nel 2011 Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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Galleria

Roberto BELLUCCI - Primo periodo romano - dal 1945

IIIa parte

Rosaria - 1957 - Olio su tela - 40x30 cm

Ritratto di Donna Amabile Manna Feleppa - Olio su tela - 70x55 cm

Lo Zio Oscar - 1957 - (El Don Quijote) - Olio su tela

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Ritratto dello Zio Oscar - 1957 - (El Don Quijote) - Olio su tela



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