La Pagina Umbria marzo 2015

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Numero 9 marzo 2015

Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura

Fot o M arc o Ba rca rot ti


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Una Pagina... che non deve morire I l leone l’o r so e l ’ a r i e t e Era il febbraio del 2002: nasce La Pagina. Un uomo testardo e amante della propria città vuole creare un magazine da distribuire gratuitamente ai cittadini. Un uomo testardo testardo, un uomo estremamente colto. Che ama la propria città, che vuole fare cultura, che vuole indicare una strada ai giovani per liberarsi di concetti precostituiti. Che vuole portare argomenti di riflessione. Che vuole portare progetti: oh quanti progetti!!! Tutti raccolti nei suoi libri (i libretti rossi di Raspetti) che distribuisce anche questi gratuitamente. Tutto a proprie spese. E con la collaborazione pure gratuita di tanti amici. Come a proprie spese ha messo a disposizione i locali dell’Associazione culturale La Pagina dove bastano 30 euro l’anno per sentire conferenze, fare mostre, avere corsi gratuiti di lingue e di tutto un po’. Un uomo leone e anche un po’ orso, spesso molto orso, perché si lascia prendere la mano dalla rabbia che nutre di fronte a tanta sordità delle istituzioni. Spesso trascende e il suo spirito infuocato esplode, la maggior parte delle volte a ragion veduta, qualche volta a sproposito, soprattutto quando si imbatte in un’idea a lui non congeniale. Non è uomo che sappia usare il political correct, o gli inchini. Difende le sue idee e i suoi progetti a oltranza, senza mediazioni, senza arrotondamenti, con unghie e con denti, spesso attaccando lancia in resta. Leone ed orso, ma anche ariete di sfondamento dunque! Ebbene: sono 12 anni che questo testardo uomo (vedi Giampiero Raspetti, un eroe) ogni mese pubblica un giornale, anzi due, più un terzo, La Pagina Europa che accoglie redazioni da tutto il mondo e fa conoscere Terni e l’Umbria nel mondo. Quest’ultimo è bimensile o trimestrale. Non avendo pubblicità, il finanziamento per la pubblicazione dipende esclusivamente dalla disponibilità delle tasche di Raspetti, quindi è destinato ben presto a chiudere, come già più volte detto dal suo ideatore in precedenti editoriali. Non voglio parlare della Associazione culturale, ma ci sarebbe molto da dire per la sua opera di diffusione della cultura. In fin dei conti a Terni di associazioni culturali ce ne sono tante e anche valide. Io voglio parlare del giornale che da 12 anni fa cultura. Raggiunge 20.000 persone al mese portando informazione, approfondimenti dei generi più disparati: dall’arte alla musica, dall’astronomia alla storia, dalla letteratura alla filosofia, dalla conoscenza del territorio nei suoi più svariati aspetti, ad approfondimenti medici e quant’altro. Orbene: sono 12 anni e più di 120 numeri. Migliaia di pagine che dalle librerie ai supermercati agli studi medici sono a disposizione dei Ternani e non solo, per dare quel

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CENTRO DIAGNOSTICO JACARONI Una Pagina... che non deve morire - L S a n t i n i VILLA SABRINA ASM TERNI C O S P T E C N O S E RV I C E C o n o s c i t e s t e s s o - F D e S i l vest ri A G E N Z I A I M M O B I L I A R E B AT T I S T E L L I La sfinge della passeggiata - C B o s i VIZIO DI FORMA - L T a r d e l l a A p o l o g i a d i u n d e c l i n o - F Neri, F Burgo CONSORZIO DI BONIFICA TEVERE NERA AVIOSUPERFICIE ASSOCIAZIONE CULTURALE LA PAGINA Prof. DOMENICO MARRONE - S M a ri gliani LICEO CLASSICO - G S p o si n o , M B ra ch ettoni VA L L A N T I C A - M ed i ci n a E st et i ca G O L F E N AT U R A PROGETTO MANDELA STUDIO MEDICO TRACCHEGIANI I N T E R N AT I O N A L D A N C E D A Y C O R S O D I D A N Z A O R I E N TA L E A L L A S C O P E RTA D I . . . - L S a n t i n i PA S T I C C E R I A C A R L E T T I

pizzico di cultura che serve a ciascuno di noi per pensare con la propria testa. E tutto ciò gratis. Se questa non è CULTURA con tutte le lettere maiuscole… che cosa è? Se questa non è POLITICA vera… che cosa è? Perché ho scritto tutto ciò? Per ricordare a tutti i cittadini che da anni leggono questo giornale (anzi questi giornali), che lo apprezzano o che lo criticano, che comunque esso è una voce libera e sempre pronta ad accogliere persone, idee, progetti. Per ricordare ai cittadini e, soprattutto, a chi dovrebbe essere interessato che questa voce che fa conoscere la Città e l’Umbria e che ormai raggiunge non solo la Città e la Regione, ma l’Europa e il Mondo NON DEVE FINIRE!!! Loretta Santini

LA PAGINA UMBRIA

Mensile di attualità e cultura

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Alberto Mirimao Editrice Projecta di Giampiero Raspetti

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Direttore editoriale Giampiero Raspetti

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Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

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La Pagina

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FEBBRAIO 2002


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“Conosci te stesso” così recita una frase tanto antica quanto attuale. Questa antica frase scritta sul tempio di Apollo a Delfi e attribuita a vari autori l’avevo sentita durante i miei studi al liceo classico e per molti anni è rimasta a dormire nella mia coscienza... dormiva, ma ora si è svegliata, colma di un significato reale e non solo filosofico/sapienziale. Dopo aver infatti visto applicare il protocollo migliorativo delle condizioni di vita dei malati di sclerosi multipla, finalmente il vecchio detto si è risvegliato nella mia coscienza ricoperto di un nuovo colore. Se è vero che gli autori tanto antichi quanto moderni concordano sul fatto che con questa sentenza Apollo intimasse agli uomini di “riconoscere la propria limitatezza e finitezza”, oggi ancor di più mi è risultato evidente come noi uomini moderni abbiamo dimenticato l’importanza di entrare in contatto con la nostra parte più profonda, senza la quale altro non siamo che simulacri di un Uomo, più simili ad un Golem (un pupazzo di argilla che obbedisce alle regole imposte da chi lo comanda -G. Meyrink n.d.a.) che ad un essere senziente, libero di autodeterminarsi e dotato di volontà propria e del libero arbitrio. Veramente pochi, me compreso, davanti ad una notizia infausta come la diagnosi di s.m. hanno la forza d’animo di capire di che si tratti, pronti a cedere le armi davanti ad un destino colorato di grigio, verso l’inesorabile approdo ad un bastone prima, una sedia a rotelle poi e... Tutti cerchiamo fuori, chiediamo chi ci può aiutare, vogliamo il farmaco miracoloso, ci allontaniamo dalla vita, persi in un pessimismo certamente aiutato e rinforzato da immunosoppressori, chemioterapici, immunomodulanti e similari che hanno tutti in comune l’effetto di deprimere l’umore insieme al sistema immunitario. Chi si è mai chiesto perché è giunto alla malattia? Quanti invece hanno cercato rifugio nei farmaci? Non serve dar risposta, la sappiamo già. Quello che però ho capito, e credetemi è stato come ricevere un pugno nello stomaco, è che nessuno mai si è realmente chiesto quanto il proprio stato di autocoscienza abbia potuto aiutarlo a superare i momenti bui della vita. Aver conosciuto tante persone però mi ha fatto rendere conto di come e quanto un umore allegro e ottimista possa incidere in grandissima misura sul recupero quasi totale dalla malattia. Ve lo dico perchè ho assistito con i miei occhi a situazioni assolutamente emblematiche e giusto per farvi capire meglio ve ne cito qualcuna. Più persone, assolutamente non autosufficienti, una volta deciso di “staccare la spina dal quotidiano”, di ricominciare a fare ginnastica, mangiare sano e abbandonare l’idea della distruzione del proprio sistema immunitario, riuscivano dopo

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poco tempo a muovere arti paralizzati e addirittura ad alzarsi in piedi muovendo qualche passo e tutti, indistintamente riferiscono un quotidiano miglioramento. Un ragazzo, che deambulava con due ausili, capito ed accettato di volersi occupare del proprio benessere in via autonoma, ricominciava a camminare senza nessun ausilio, recuperando un umore allegro che da tempo riferiva di aver dimenticato. Una donna, malata da 20 anni mi ha riferito che non ha mai preso farmaci, che il decorso della patologia è stato lento, con una punta verso il basso durate una fase buia della sua esistenza ma che da quando aveva deciso di riprendere in mano la vita sentiva di esserne uscita e aveva ricominciato a camminare. Un uomo, famoso e di indubbio successo, a seguito di svariate problematiche legate al lavoro, a un lutto, una separazione e una vita sregolata (non viziosa ma priva di rispetto verso se stesso), aveva iniziato ad anteporre sempre e comunque il bene altrui al suo, relegandosi in una posizione di subalternità rispetto alle esigenze dei terzi, fino al punto di somatizzare in modo esagerato una condizione di percepita inadeguatezza verso il prossimo. Quest’uomo nonostante prendesse delle decisioni, era facilmente manipolabile (una lacrima di donna, un capriccio di un produttore, un qualunque contrattempo), tanto da arrivare ad attivare il più classico dei meccanismi di autodifesa dell’inconscio: se TU non lo vuoi capire, ti fermo IO (unica via d’uscita era bloccare il corpo cosciente!). E allora ecco che davanti ad ogni inconveniente questi perdeva il controllo di una gamba, dell’equilibrio ecc. Poi il cambiamento: si rendeva conto di necessitare di una robusta dose di “sano egoismo” ed iniziava a dire di no ai capricci, a capire che a volte una lacrima nasconde qualcosa di distruttivo (Fabrizio De Andrè scriveva in una sua canzone “un bisogno d’amore troppo: se mi vuoi bene piangi per essere corrisposto”), insomma capiva che a volte se vogliamo amare dobbiamo poterlo fare essendo forti! Anche se a volte questo implica applicare l’espressione meno popolare che esista al giorno d’oggi, l’Epicureo lathe biosas, vivi nascosto, lontano dalle masse, dal volere degli altri, occupandosi da soli di se stessi, verso una vera e profonda comprensione del sé. E da ultimo aggiungo me stesso: sono rinato quando ho capito di dovermi e volermi rendere autonomo davvero, smettendo di chiedere agli altri di fare per me le cose, ma facendole da solo, ogni giorno un poco di più. Anche io, scrivendo in questo momento e decidendo di pubblicare i miei pensieri sto contribuendo ad aumentare l’entropia devastante determinata dal flusso continuo di dati e informazioni generati da chiunque. Non si vive nascosti, si vive in rete. Il posto meno nascosto della terra. Fabrizio De Silvestri


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La sfinge della passeggiata Solo al termine dell’estate 2013 intervenni nei confronti del Comune di Terni perché consideravo un abuso far occupare dai gazebi, che si susseguono senza interruzione, il parco della Passeggiata, tra l’altro per settimane, durante la tradizionale festa dell’Unità. Facevo presente che i reperti archeologici, le diverse sculture, le stesse mura dell’Anfiteatro Fausto ed ogni angolo del parco non avrebbero dovuto essere invasi da strutture e da flotte di persone, che oggi si presentano sempre più indisciplinate e incivili. L’intervento scatenò una polemica senza precedenti che durò numerosi giorni, a cui parteciparono esponenti politici della maggioranza, Sindaco compreso. Fui anche minacciato di denuncia da un loro legale, qualora non avessi ritirato pubblicamente le mie affermazioni. Poiché avevo scritto in qualità di rappresentante della Curia, il Vescovo di allora fu costretto ad intervenire pubblicamente, anche durante una delle serate della festa incriminata, già in pieno ritmo all’interno della Passeggiata. Sono trascorsi solo pochi mesi e il Comune in persona, senza neanche rendersi conto, piuttosto direi nella normalità più assoluta, si è reso artefice di ciò su cui avevo tentato di metterlo in guardia, ovvero recare danni ai monumenti o crearne le condizioni favorevoli. Non è, infatti, casuale il danneggiamento della Sfinge alata della Passeggiata; è piuttosto il segno concreto della disattenzione e dell’incuria, da parte delle istituzioni, verso il nostro già tanto impoverito patrimonio storico-artistico. La Sfinge, risalente al millesettecento, abbelliva la fontana monumentale che si trovava a destra della chiesa di San Giovanni, demolita per far spazio al palazzo delle Poste e Telecomunicazioni, oggi Palazzo Sì. Ciò che non fece la guerra lo fecero poi altri! Immaginiamo che nobile vittoria debba essere stata togliere dall’arredo storico della piazza centrale due monumenti notevoli e singolari! Veri e propri godimenti di ignoranti che perdurano prepotenti nei piani regolatori che si avvicendano da decenni e che hanno imbrattato tutto il territorio di cemento e ridicole architetture. A proposito di imbrattare, ritornando alla nostra scultura, la Sfinge, anche tale opera è stata imbrattata con della malta dopo esserle stata inferta un’apertura sulla parte che rappresenta la schiena, usando un frullino, per inserirvi un rubinetto al fine di regolare l’uscita dell’acqua. Ecco che riemerge nitidamente il problema di fondo che mi aveva spinto, a suo tempo, a richiamare l’attenzione sui diversi monumenti, “monumenta”, raccolti nel parco: la disattenzione e ancor più il disinteresse per il patrimonio della nostra città. Si veda l’incuria dell’Anfiteatro romano e di tutta l’area di pertinenza; lo stato di abbandono e di assoluta anonimità dello spazio in cui giace il busto di Publio Cornelio Tacito, davanti alla Piramide di Pomodoro; l’abbandono dei pochissimi tratti delle mura e delle torri medievali che sono sopravvissute non solo alla guerra ma soprattutto alla nuova edilizia del periodo post-bellico; l’abbandono degli interessantissimi brandelli urbani della Terni antica. Si veda inoltre l’abbandono della chiesa dei santi Andrea e Agata, la cui facciata era stata risparmiata dalla guerra, della torre medievale che costituisce il sacello di Sant’Agape, del convento di Colle dell’Oro, di Villa Palma e, solo per concludere, si noti l’inaccessibilità e la decadenza del monumento agli innumerevoli caduti della città, posto all’ingresso della Passeggiata, che ha concluso ormai da tempo di espletare la funzione di monumentum, “ricordo”, in quanto nascosto e silente in un angolo. È necessaria la cura di ogni frammento della Terni storica; la città infatti ha la sua storia, quella che le viene da troppo Claudio Bosi tempo costantemente negata per ridurla ad essere solo città dell’industria e dell’acciaio.

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Pr im o P i a n o VIZIO DI FORMA In una scena di “Eyes Wide Shut” di Stanley Kubrick, il pianista jazz Nick Nightingale racconta (ad un incredulo ma alquanto curioso Tom Cruise) delle feste a cui gli viene chiesto di suonare il pianoforte bendato. Cito testualmente: I have seen one or two things in my life, but never, never anything like this. Mi è sembrato il paragone migliore per riassumere, in poche parole, la miriade di sensazioni e di pensieri che Vizio di Forma ha scatenato nella mia mente. La prima è che Paul Thomas Anderson è il più grande regista vivente. Non uso questo termine a caso, come spesso mi capita di leggere o sentire. I più scambiano il concetto di regia con quello di fotografia, altri lo sovrappongono a quello di scrittura, altri ancora a quello di direzione dell'attore. Ovvio che si tratta ANCHE di questo, ma c'è di più. C'è, prima di tutto, l'applicazione al film di una coerente visione d'insieme. Una idea (registica, per l'appunto) che si porta dietro tutto il resto, costringendo la fotografia, il montaggio, la recitazione, la colonna sonora a seguirla ovunque sia necessario. Ecco, in questo Paul Thomas Anderson è il più grande regista vivente. Prima di lui, soltanto un altro ha elevato la regia come coerenza di scelte a simili punte, ed è l'autore del film citato in apertura. Non è un caso che entrambi siano sempre stati lontani dalle logiche commerciali che impongono ai registi di sfornare un film quasi fosse l'allegato di un giornale periodico. Non è un caso che gli intervalli di tempo tra un'opera e l'altra abbiano toccato punte da record, riempiti di ricerche per progetti

di

Paul Thomas Anderson

poi abbandonati o spesi in una maniacale quanto necessaria post produzione. Ma si diceva della coerenza. Vizio di Forma è una superba lezione di coerenza. Paul Thomas Anderson ha letteralmente riscritto un genere (il noir del miglior cinema americano del secolo scorso) ma ha lasciato che le atmosfere allucinate e dense di fumi dei roboanti anni settanta penetrassero ovunque: nella sceneggiatura in cui è doveroso (e bello) perdersi, così piena di dettagli e intrecci da rendere impossibile per lo spettatore (figuriamoci per l'imbranato protagonista) seguirne il filo; nella meravigliosa fotografia di Robert Elswit, che solo il 70mm ha potuto rendere così meravigliosamente autentica, di una bellezza e una crudezza che stordiscono; nella recitazione così lunatica e (ricercatamente) spontanea di un cast che suona come un'orchestra senza cadere in neanche una stonatura. Vizio di forma si specchia e si riflette negli occhi lucidi di Joaquin Phoenix, ti costringe a stare al gioco senza darti alternative, ti fa abbandonare all'esperienza della proiezione lasciandoti incapace di rialzarti quando le luci della sala si riaccendono. Ti lascia la bocca impastata, le gambe deboli, la mente confusa e incapace di tornare alla realtà. Basta un'idea per fare tutto questo? Diavolo, no. Ma datela a Paul Thomas Anderson e potete scommettere che ne verrà fuori una droga di purezza incalcolabile, che entrerà rapidamente in circolo e arriverà al cervello giusto un secondo prima che il vostro corpo ne reclami ancora. Il cinema, signore e signori.

Lorenzo Tardella

Per altre recensioni visitate il blog www.ilkubrickiano.wordpress.com

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ATENEO GIOVANI

Apologia di

A quell’esclamazione seguì il silenzio, al silenzio tutta l’eternità di un istante in cui i ricordi si sovrapposero alle immagini di un passato che riaffiorava come scintilla di luce dal Lete della memoria. Appoggiato il fianco sinistro sulla parete, la signora Lilli adagiò il braccio sul legno della finestra, e, mentre portava la mano al volto, il suo sguardo si perse quasi nella contemplazione di uno squarcio che fendeva il grigio che da lì si vedeva, un grigio che sembrava tornato quel luminoso confondersi di colori accesi e vivi con cui spesso si ricorda la presunta meraviglia del proprio trascorso. Allora, pensi di sapere qualcosa su di lui?: la figlia aveva colto il cambiamento della luce sulla sua persona, ammirava un momento di distacco dallo spento tepore dei gesti che la madre e tutti compivano, nel dissimulare la vita, quali passaggi di un rito celebrato in onore della sua rimembranza, che ne era simulacro. Non perdendo il sussulto che v‘era stato nel suo sentire, ma adeguando ad esso ogni parte del suo sembiante, la madre infine la guardò: Sì, so di chi mi stai parlando, né penso di poter sbagliare -e con ordinaria solennitàHai conosciuto il figlio dell’ultimo primo cittadino di Terni, l’ultimo davvero eletto dalla popolazione ormai trent’anni fa, quando già si poteva immaginare che la democrazia, nel nostro Paese, sarebbe stata sacrificata in nome della deriva autoritaria di chi, in cambio della libertà, ci aveva promesso la rinascita… Ma lui, che tutti chiamavano scherzosamente Cecco, non credeva a quelle suggestioni sciagurate che dopo un periodo di crisi tanto attecchivano nel cuore della gente, e ad esse cercò di opporsi prima del ’29, e dopo, quando ormai quello che adesso chiamano “governo centrale” si era impadronito del potere, e con esso dei nostri diritti. La zona interdetta, l’abolizione del pluralismo dell’informazione, le demolizioni, la rivoluzione distruttiva dello scheletro urbano di questa città come delle altre, la procurata morte del suo spirito: tutti progetti cui cercò di opporsi, ma inutilmente. Destituito per ordine di quei signori, di lui si seppe soltanto che era stato imprigionato per tradimento, ma non so dove, né quando. Mi risulta però che avesse un figlio, e per come mi descrivi questo Alessio, ne è la fotocopia. Ciò detto, le indicò quella che ricordava la loro casa, del resto difficile da confondere con altri edifici. Vi arrivò di corsa, e in molti, nel vederla, si sbalordirono per la vivacità del suo procedere, antitetico al regredire dei molti ormai disinteressati a qualsiasi fatto degno di novità, e ancor più a quello di chi non aveva smesso di soffrire per la miserie di quel decaduto presente. Nei volti e ancor più nelle espressioni della gente traspariva tutto il contrasto dell’animo di chi sa di aver toccato il fondo. Erano volti ed espressioni non molto diversi da quelli di chi calcava quelle vie quarant’anni prima, ma allora v’era ancora una falsa ed illusa ipocrisia nel nascondere la sconfitta di tutta una generazione, mentre nel tempo in cui Elisa correva né il mito di un consumismo prima tanto esaltato, né di una modernità davvero mai arrivata, né di una vita che fosse uguale a quella precedente quei cambiamenti avevano ancora la forza di far credere i fantasmi del brandello di vita sociale rimasto una confortevole illusione in cui cullarsi: troppo era forte la forza della disillusione. E la vide passare una bambina intenta a raccogliere la bambola che le era caduta, ed emozionata da quel veloce procedere

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iniziò a saltare ella stessa. E la vide passare un uomo, che ricordandosi di aver avuto quella stessa vitalità molti anni prima, forse ricordò che l’appuntamento cui era aspettato era abbastanza importante per non arrivare in ritardo, così da affrettarsi. E la vide passare una anziana signora, che in quella ragazza tanto vitale vide quella che sarebbe potuta diventare la nipote ancora molto piccola, e che pure doveva aver bisogno di stimoli per non perdersi nella malinconia di quei tempi, stimoli come quelli di un libro di fiabe in cui il bene vince sempre sul male, quel libro di fiabe che decise allora di comprarle nella speranza che fosse come di buon auspicio alla vita. Oramai innanzi a quell’abitazione, indugiò per qualche istante, fino a quando non si sentì chiamare da una voce che poteva essere solo quella di Alessio. Stava rincasando proprio allora, e, nel vederla, gli era venuto naturale salutarla, invero un po’ stupito per la sua presenza in quel luogo. Ma Elisa non lo ascoltò neppure un istante e subito, con una voce a metà fra un accorato sussurro e una esclamazione spezzata: Ho capito, Alessio, finalmente ho capito quello che si deve fare. Il ragazzo si sedette su una pietra lì vicino e rimase a guardarla con sguardo interrogativo, distraendosi appena per il cinguettio di un merlo appena posatosi su uno dei pochi alberi ancora non abbattuti. E quel suo canto, un fischio puro, molto vario, flautato e sempre allegro, si confuse con la luce ormai meriggiante e con lo squillante parlare di Elisa. Penso che sappiamo entrambi quale sia stato il percorso che ci ha portato a queste macerie e che ormai tutti pensano che la nostra volontà non abbia più valore di fronte a questo potere sconosciuto e misterioso che condiziona le nostre vite, il nostro destino. Io stessa mi stavo per rassegnare all’idea che non si potesse far nulla per poter cambiare questo stato di cose, ma poi ho trovato questo, e gli mostrò l’articolo il cui titolo tanto l’aveva colpita, soprattutto grazie a quella parola così carica di significato: fenice. Alessio dava ancora ad intendere di non capire, e così Elisa continuò: Ciò in cui la mia fede è rinata è la convinzione che la più grande arma di cui disponga questo governo sia la nostra resa senza condizioni all’idea che ormai non si possa far prevalere il nostro desiderio di tornare persone in grado di opporsi allo sfregio di quel passato e di quel presente cui intimamente apparteniamo. E quello che davvero temono è una nostra presa di coscienza, una nostra denuncia. Battiamoci allora per convincere i ternani dell’assurdità di tale dogma, cerchiamo di iniziare da chi, come noi, è ancora disposto a sognare, e ci sarà allora una protesta che farà notizia e non potrà essere ignorata... “E la censura, la polizia politica, l’inaccessibilità di internet e …“: lo interruppe. E a tutto porremo rimedio, e la voce sarà la nostra arma, la condivisione delle idee con chi ci vorrà ascoltare il nostro credo. “Pensavo fossi determinata, ma non fino a questo segno, e davvero mi sorprendi, né mi stancherò di assecondarti. Io sono con te”. Elisa lo fissò inclinando un po’ la testa, accennò un’espressione soddisfatta, appena sorrise, infine lo abbracciò. Un grazie appena sussurrato all’orecchio e poi un po’ d’imbarazzo da parte d’entrambi. “Ma ci servirà un luogo d’incontro, un posto dove la gente sappia di potersi riunire per poter parlare di speranza”, disse Alessio. Già sai quale sia il luogo più adatto, rispose lasciandolo. Sto parlando di quella pasticceria di cui neanche ricordavi il nome… E al suo sorriso di rimprovero sorrise anche lui, accorgendosi che Francesco Neri non avevano mai smesso di darsi la mano.


un declino 1 dicembre 2057 Il sole abbagliante ed il cielo sereno erano in stridente contrasto con l’aria fredda e pungente che penetrava fino alle ossa, quel giorno. La luce bagnava il centro di Terni, proiettando sulle strade e sui marciapiedi ormai sventrati dalle ruspe delle ombre alte e spettrali che sembravano preannunciare con la loro lugubre presenza una incombente minaccia, mentre in altri punti quel bagliore caldo pareva addolcire le linee spezzate degli scheletri di quelle che, un tempo, erano state costruzioni, negozi, luoghi d’incontro. Pareva che fosse dicembre solamente nel posto in cui si trovava quel gruppo di ragazzi, all’interno del disadorno edificio a Corso Tacito che recava la scritta DESTINATO ALLO SMANTELLAMENTO, dove l’atmosfera cupa e carica di incertezze bene rappresentava quel giorno posto al principio di un nuovo mese: un nuovo inizio, una rinata speranza. Alessio si sentiva straordinariamente piccolo davanti alle persone che si erano presentate all’incontro e che stavano persino esaurendo le sedie polverose e malandate impilate a un lato dell’ampia sala. Elisa, al suo fianco, aveva, invece, l’espressione fiera di una guerriera che osserva con compiacimento il campo di battaglia, fiduciosa nella propria riuscita. Le ultime settimane, i due ragazzi avevano impiegato tutte le loro energie nel diffondere la voce che il primo dicembre, nella vecchia pasticceria di Pazzaglia, tutti coloro che credevano nell’anima mortificata, vessata, ma ancora viva e palpitante di Terni si sarebbero incontrati per costruire un futuro dalle rovine. Erano per lo più adolescenti, compagni di scuola di Elisa e Alessio, ma i più audaci avevano portato con sé amici e familiari. Di certo, erano più persone di quante si fossero aspettati: Terni, senza ombra di dubbio, non era morta. Grazie di essere venuti. La voce cristallina ma energica di Elisa echeggiò rimbalzando sulle pareti spoglie e troncò nettamente quel brusio che si era formato fra i più impazienti e curiosi nella stanza. Penso che tutti sappiano perché ci troviamo qui. Siamo accomunati dalla stessa situazione, e dalla stessa sorte: siamo ternani, e ci stanno strappando via le nostre radici con gli artigli delle ruspe e del potere. La dignità eroica e la determinazione nell’espressione del suo volto in quel momento avrebbero impressionato chiunque, e, se la madre si fosse trovata lì, avrebbe riconosciuto, nel bagliore di un ricordo dai contorni sfocati e dai colori accesi, la bimba che correva tenendo in mano, trionfante, una foglia verdissima e maestosa nella sua lotta per imporsi sul grigio che regnava incontrastato. Ed ora Elisa doveva farsi portavoce dell’idea di speranza, doveva diventare lei stessa la foglia che aveva raccolto sette anni prima. Terni è appassita di giorno in giorno da quando quel palazzo nero è sorto al posto della fontana di Piazza Tacito. Nessuno ha più creduto nella sua rivalsa e i suoi abitanti si sono sentiti privati dei loro mezzi, della loro identità, prosciugati nell’anima. E, carissimi concittadini, è questo ciò che io e Alessio avevamo a cuore di comunicarvi: non poteva esserci condizione più facilmente sfruttabile per il governo centrale. È terribilmente semplice portare distruzione in un terreno già sterile. La ragazza guardava negli occhi le persone che aveva davanti a sé: vedeva adulti col volto spento, disilluso, bambini con lo sguardo rapito ed altri che piegavano appena il capo ad indicare confusione, e pochi anziani che parevano non voler dare troppo a vedere la sfavillante scintilla di fede che le parole appena ascoltate avevano riacceso.

ATENEO GIOVANI

Ma dalla morte può rinascere la vita. La nostra città può risorgere dalle macerie, e crederlo è utopistico solo finché l’idea rimarrà sorda, muta, fiacca e non sviluppata. Sterile, come il terreno su cui non c’è stato remore di operare questo sfregio, come la Terni degli ultimi anni. Questa idea va condivisa, e nella condivisione prenderà forma e diverrà concreta. Per questo siamo qui, perché crediamo che Terni abbia ancora troppo da offrire, troppo da vivere. Terni è una fenice. Aveva pronunciato quella parola, tre sillabe pregne di significato che sembravano dense di implicazioni, sospiri, speranze. ‘Interamna: storia di una fenice’. Qualcuno di voi conosce questo articolo? Silenzio. Ma sembrava il silenzio di chi non vuole parlare, non di chi non ha nulla da dire. Quindi, la ragazza non demorse. L’ho trovato affascinante. Viene messo in luce come la nostra città possa pure essere devastata, torturata, oppressa e squarciata a partire dalle sue fondamenta, ma possieda una dignità che trova fondamento nella sua storia, nelle sue radici che non potranno mai essere estirpate, e soprattutto nei suoi cittadini. Interamna è una fenice: brucia, ed è nel suo consumarsi che risiede la sua bellezza; è dalle ceneri a cui la città verrà necessariamente ridotta che essa, risollevandosi, rinascerà più maestosa e vigorosa di prima, fiera, risoluta. È un articolo scritto trentatré anni fa. Elisa percepì della tensione, una sensazione mista di disagio, sorpresa e amara tristezza, e credette di sentire dentro di sé i pensieri di un’altra persona, e sapeva di chi erano. Si voltò verso Alessio, e lei lesse negli occhi di lui ciò che, intimamente, aveva appena sospettato. “Elisa, chi ha scritto quell’articolo?” Non… non lo so. Non ci ho fatto caso. “Potresti guardarlo?”. Elisa sentiva un vago senso di vergogna a non essersi interessata del nome dell’autore dell’articolo che era stato la sua ispirazione, ma soprattutto per il presagio che aveva in quell’istante. Prese, impaziente, il foglio di giornale fra le mani e, leggendo il nome, ebbe un sussulto. C’è scritto Cecco. Un miscuglio variopinto di voci si levò nella sala abbandonata. Tutti, specialmente i più adulti, riconobbero quel nome. Era il nome che incarnava l’immagine della Terni libera e aperta alla vita, della Terni che tutti avrebbero rivoluto indietro. Francesca Burgo Ed era il nome del padre di Alessio.

Apologia di un declino Gennaio 2015

Francesco Pambianco - Elena Riccardi

Febbraio 2015

Camilla Bernardinangeli - Martina Salvati

Marzo

Francesco Neri - Francesca Burgo

2015

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Cons or zio di B on Piazza E. Fermi 5 - 05100 Terni Tel. 0744. 545711 Fax 0744.545790 consorzioteverenera@pec.it teverenera@teverenera.it - www.teverenera.it

M A N U T E N Z I Consorzi di bonifica in azi

Lo scorso Febbraio a Roma, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato presentato il Piano Nazionale 2015 per la Riduzione del Rischio Idrogeologico. Accanto a Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni (A.N.B.I.), Massimo Gargano, Direttore A.N.B.I., il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ed Erasmo D’Angelis Capostruttura Missione contro il Rischio Idrogeologico. Folta e qualificata la presenza dei relatori. Salutiamo con soddisfazione la stesura del testo definitivo della legge sul consumo del suolo. A dichiararlo è Francesco Vincenzi. I dati dell’annuale report sulle opere necessarie per ridurre il rischio idrogeologico, testimoniano non solo il quotidiano lavoro dei Consorzi di Bonifica per #italiasicura, ma attestano la necessità di scelte indifferibili per il futuro dell’Italia, la cui ripresa è penalizzata anche da politiche urbanistiche dissennate e dalla piaga dell’abusivismo edilizio. La tutela del territorio -conclude Vincenziè motore dello sviluppo economico del Paese. Gli esperti hanno tratteggiato la seguente situazione: - Il 9,8% della Penisola è costituito da aree ad elevata criticità idrogeologica. - 6.154.011 abitanti si trovano in aree ad elevata criticità idraulica e circa 22 milioni di abitanti vivono su territori a rischio medio. - L’Italia è il Paese europeo maggiormente interessato da fenomeni franosi: sono state censite 499.511 frane e la popolazione esposta a fenomeni franosi in Italia ammonta a 1.001.174 abitanti. - I danni per le piogge intense e violente che hanno colpito il territorio del nostro Paese nel 2014 ammontano ad oltre 4 miliardi di euro. - Il suolo urbanizzato occupa oggi il 7,3% della superficie nazionale (60 anni fa era il 2,9%). - Si è inoltre verificato un notevole degrado degli ambienti rurali, con frequente abbandono dell’attività agricola e delle connesse sistemazioni idrauliche, favorendo conseguentemente l’aumento dell’erosione del suolo. A ciò si aggiunge lo spopolamento della montagna, i disboscamenti, l’eccessivo consumo del suolo: il tutto incide profondamente sulla fragilità del territorio. - A tali fattori si è poi unita la variabilità climatica con il conseguente regime di piogge intense, fortemente concentrate nello spazio e nel tempo. - Per riparare i danni dopo le alluvioni, si è speso da tre a cinque volte più di quanto sarebbe stato necessario per adottare interventi strutturali preventivi e programmabili. Fra il 2010 e il 2012 il costo del dissesto idrogeologico è stato stimato in 7,5 miliardi di euro (in media 2,5 miliardi l’anno), mentre nei 65 anni precedenti era stato, in valore attuale, di 54 miliardi di euro (in media 0,83 miliardi l’anno). Il Ministero dell’Ambiente calcolava, nel 2008, che per mettere in sicurezza idrogeologica le zone a maggior rischio del territorio italiano sarebbero stati necessari almeno 40 miliardi di euro in 15 anni. In pratica con le somme spese in risarcimenti e riparazioni dei danni nelle sole località colpite, si sarebbe potuta realizzare la difesa dell’intero territorio, abbattendo i costi futuri ed evitando tante vittime. L’A.N.B.I. ha sottolineato la necessità inderogabile di un programma di messa in sicurezza del territorio attraverso

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la manutenzione, che garantisca un’idonea regolazione idraulica ed assicuri quelle condizioni di conservazione del suolo, indispensabili alla vita civile ed alle attività produttive. Per tale ragione si ritiene che ad un piano di azioni per la riduzione del rischio idrogeologico debba unirsi un provvedimento legislativo destinato a risolvere il problema del consumo del suolo. É anche necessaria un’importante svolta nella progettazione urbanistica, che garantisca, con precise norme, l’invarianza idraulica negli interventi. Il 2014 è stato un anno horribilis per la sicurezza idrogeologica: non solo si sono contate numerose vittime, ma si sono registrati ben 4 miliardi di danni, ha affermato Erasmo D’Angelis, Capo Struttura di Missione contro il Rischio Idrogeologico. Egli ha sottolineato la necessità di cambiare l’approccio. I Consorzi di bonifica, ha concluso D’Angelis, sono un braccio operativo dello Stato, il cui ruolo è destinato a crescere. Il Consorzio di Bonifica Tevere Nera è impegnato in modo continuo e costante nella tutela del territorio prevenendo il rischio idrogeologico.


if i ca Te v e re N er a O N E

I T A L I A

o n e p e r # I TA L I A S I C U R A

Orario di apertura al Pubblico Lunedì – Venerdì dalle ore 8,30 alle 12,00 Mercoledì dalle ore 15,30 alle 17,00

idraulica del fiume Nera III Stralcio II Lotto per la messa in sicurezza della destra idraulica del fiume nel tratto compreso tra ponte Romano e l’Officina Micheli, nel Comune di Terni. Il progetto è in fase di verifica interna per essere trasmesso alla Regione Umbria per l’approvazione ed il finanziamento. Il progetto prevede: innalzamenti arginali in terra e mediante muri sormontati (in un tratto) da montanti in acciaio e vetro. - è in fase di redazione il progetto definitivo dei lavori di sistemazione idraulica del fiume Nera III Stralcio III Lotto per la messa in sicurezza della destra idraulica del fiume nel tratto compreso tra via Vanzetti e il ponte di collegamento tra Maratta e la E45, nel Comune di Terni. Si tratta di innalzamenti arginali in terre, terre armate e muri. In questo ambito è in corso l’elaborazione di un importante approfondimento idraulico richiesto dall’Autorità di bacino del fiume Tevere ai fini dell’approvazione del progetto che si avrà nell’ambito della Conferenza di Servizi. - è stato redatto il progetto definitivo dei lavori di sistemazione idraulica del fosso di Stroncone II Stralcio che costituisce il completamento della messa in sicurezza del primo stralcio e riguarda il tratto compreso tra il ponte di via Di Vittorio e il ponte su via Antonelli nel Comune di Terni. Per questi lavori deve reperirsi il finanziamento da parte della Regione Umbria. Gli interventi prevedono l’adeguamento della sezione idraulica alla piena e l’innalzamento arginale, nel tratto ipotizzato, mediante gabbioni ed il rifacimento di tre attraversamenti del fosso tra i quali il ponte su via Di Vittorio. Nel quadro generale di un territorio a rischio, un’ottima misura di prevenzione (oltretutto la meno onerosa), è la manutenzione dei corsi d’acqua. Per questo fine, il Consorzio annualmente predispone un programma di interventi di manutenzione sulla base delle conoscenze del rischio, delle richieste di Enti e di cittadini.

Gli attuali interventi del Consorzio Tevere Nera - Sono in corso i lavori di sistemazione idraulica del fosso di Stroncone nel tratto tra via Di Vittorio e la confluenza con il fiume Nera a Terni. I lavori prevedono: l’adeguamento della sezione del fosso al deflusso della piena, la risagomatura del corso d’acqua, la costruzione di nuovi muri di sponda, l’innalzamento di alcuni muri esistenti ed il rifacimento del ponte su via XX Settembre. - É prevista, nel mese di marzo, la consegna dei lavori di sistemazione idraulica del fiume Nera III Stralcio I Lotto. Gli interventi sono finalizzati alla messa in sicurezza del tratto del fiume compreso tra ponte Allende ed il ponte della ferrovia Terni-L’Aquila. I lavori riguardano: l’innalzamento arginale, il rifacimento del canale esistente posto in destra idraulica, l’innalzamento di un muro esistente in sinistra idraulica con realizzazione di un percorso pedonale. Per quanto attiene la progettazione di altri lavori di messa in sicurezza ricordiamo: - il progetto esecutivo dei lavori di sistemazione

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Associazione Culturale La Pagina - Terni, Via De Filis 7 07441963037 - 3936504183 - 3465880767 - 3482401774

Marzo 2015 Martedì 10 Giovedì 12 Martedì 17 Giovedì 19 Martedì 24 Giovedì 26

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* Concordare visita:

La pet-therapy con gli uccelli TRèbella La città pedonale Una vita spezzata: lettere dal fronte del fante Francesco Malgradi TRèbella Offerta turistica del territorio: la Green Way del Nera Territorio preromano e romano* TRèbella Teatro, diritti umani, cultura CAOS di Terni: museo archeologico

Ivano Mortaruolo Paolo Leonelli Pierluigi Seri Pietro Rinaldi Loretta Santini Irene Loesch Marcello Ricci

L’8 ogni giorno Mostra collettiva di Pittura Contemporanea dal 7 a l 3 1 m a r z o

A cura di

Alessandra La Chioma

Ogni venerdì 16,30 - 17,45

Proiezioni di opere d’arte: viaggio di studio fuori e dentro le opere tra le varianti delle tecniche pittoriche. Osservazioni, suggerimenti, consigli e ricerca a cura del Pittore

18,15 - 19,30

Rivivere i grandi capolavori della letteratura italiana attraverso i Commenti e la Lettura dei Classici a cura del Prof.

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Giovanni Ferri

Renzo Segoloni


Prof.

Domenico Marrone (Positano, 31/7/1918 – Terni, 11/1/2012)

Il primo di nove fratelli cresce ad Agerola (SA) nella casa paterna, posto splendido della costiera amalfitana. Mi ricordo una vacanza insieme nei primi anni 70, nel suo paese natio, quando mi colpì il fatto che i fratelli più piccoli gli davano del Voi come forma di rispetto per il primogenito. Sin da piccolo amava la natura e camminare immerso in essa. Cominciò allora il suo grande amore per la montagna. É stato il primo a laurearsi a Positano dopo la seconda guerra mondiale, evento che lo ha visto maturare come uomo. Fu militare dal gennaio 1942, prigioniero in Germania dal 1943 al 1945 utilizzato come interprete di tedesco e poi di inglese. Questo dimostra come Domenico Marrone si sia adattato a qualsiasi situazione critica, forgiando una tempra forte. Nel 1945 si laurea in lettere classiche alla Sapienza di Roma. Nel 1948 insegna a Rieti in una scuola media poi all’Istituto Professionale della stessa città. Nel 1950 si trasferisce a Terni e ricopre la cattedra di lettere al Ginnasio. Nel 1960, passa ad insegnare latino e greco al Liceo. Nel 1956 si unisce in matrimonio con la Prof. Elettra Capponi, insegnante di lettere al Ginnasio di Terni, nata a Roma il 2 febbraio 1923. Dalla loro unione nascono due figli, Stefano e Francesca, che hanno dato a Domenico due nipoti: Francesco e Andrea. Il suo impegno e l’amore verso gli studenti, la sua passione per l’insegnamento presso il Liceo di Terni, sono stati descritti molto bene nel libro di Walter Mazzilli dell’aprile 2005: Il Liceo Classico di Terni 1949 - 1973. Io sono stato molto vicino a Domenico sin dai primi anni ‘60; addirittura per il mio matrimonio con Franca Fiori, ebbi l’onore e il piacere di averlo quale mio testimone. Questa nostra piacevole e sincera amicizia è durata sino alla sua scomparsa. Quando ho scritto il libro su Carlo Guglielmi e tanti altri, Domenico Marrone mi ha sempre aiutato tantissimo alla lettura dei documenti del 1700 e 1800 in latino e nelle traduzioni. Molti ternani conoscono il Prof. Domenico Marrone come insegante del Liceo Classico di Terni, ma, in realtà, dopo l’amore e il tempo dedicato alla professione e alla famiglia, il suo impegno più grande è stato l’acquisto di un rudere a Contigliano Alto, (Rieti), sulla piazza davanti al Duomo, una costruzione veramente imponente (una pianella del tetto è datata 1572). É stato il primo ad avere il coraggio di avventurarsi nella ristrutturazione di un edificio che cadeva a pezzi. Il sacrificio economico e fisico non lo hanno mai spaventato. La sua audacia alla fine è stata premiata. La riuscita dell’impresa e la cura dei particolari hanno permesso il recupero di un antico palazzo del Comune di Contigliano. Dopo il suo esempio molti altri, francesi e romani, hanno acquistato tutte le abitazioni adiacenti e realizzato il rifacimento di tutto il Paese Alto. Sono state rifatte tutte le strade con i servizi (fogne, illuminazione, ecc. ). Questo desiderio di rimettere in funzione il centro storico abbandonato di Contigliano era un vero e proprio bisogno per il Professore. Con questa lodevole iniziativa ha dimostrato a tutti gli Amministratori Comunali che anche con pochi soldi, ma con tanta buona volontà e sacrifici e con la collaborazione di tutti i proprietari è possibile recuperare i centri storici. Questo è stato l’insegnamento che il Prof. Domenico Marrone ha lasciato a Contigliano. L’amore per l’ambiente è fondamentale affinché la natura non venga stravolta da opere che deturpano e rovinano il paesaggio. Il lavoro di completamento della casa di Contigliano è durato circa 20 - 25 anni e ancora oggi molti abitanti lo portano come esempio da emulare. Domenico Marrone trascorreva ogni sua ora libera nel silenzio ed a contatto con la natura. Terminato il suo lavoro di insegnamento al Liceo di Terni, ormai in pensione trascorreva Domenico è stato mio le sue giornate a Contigliano e curava personalmente un orticello, (in basso della città), insegnante di latino e greco. che con orgoglio e notevole passione lavorava. Vedere crescere e maturare i prodotti della Anche se per un solo anno, terra, lo faceva sentire bene. La sua più grande soddisfazione era vedere crescere questo ben ho avuto questa fortuna di Dio senza alterare il profumo e la qualità forniti dalla natura, che lui apprezzava molto. e questo onore. Solo colui che ama il benessere dell’ambiente riesce ad essere soddisfatto del proprio Ho conosciuto e amato lavoro anche se duro da svolgere. Ma per il Professore era puro divertimento e soddisfazione un grandissimo uomo, quando riusciva a portare a Terni qualche prodotto naturale raccolto a Contigliano. un bravissimo insegnante, Infine ha trascorso gli ultimi anni della sua sana e sapiente vita vicino ai nipoti Francesco un eccellente educatore. e Andrea quando veniva con il padre Stefano da Roma. A loro ha insegnato l’amore verso Grazie Domenico, ciao Elettra. gli animali, la natura e i libri. Entrambi ricordano il nonno Domenico come la luce che ha giampiero raspetti illuminato il loro cammino. Sergio Marigliani

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Eccellenz

L’Italia è la culla di innumerevoli eccellenze nei settori della c Qual è l’eccellenza della Provincia ternana che può essere po Questo il tema proposto dal ROTARACT CLUB di Terni, nel concorso relativo al progetto “Uniti nelle eccellenze”, inteso a promuovere la conoscenza degli svariati poli d’eccellenza produttivi “made in Italy” ancora presenti e dislocati sul territorio nazionale, in un contesto -come l’attuale- in cui le reti della globalizzazione, inserendosi nei nodi dell’ordito produttivo italiano, hanno prodotto al tempo stesso ostacoli inediti e nuove opportunità. Ecco i lavori di alcune studentesse del Liceo Classico che hanno partecipato al concorso, tra le quali Giulia Sposino, che ha ottenuto il primo premio.

L’ a r c o d i u n a v i t a La corda si tende, i muscoli sono contratti per lo sforzo, l’occhio prende la mira e sa che il suo obiettivo è fare centro. Un piccolo movimento, la mano si apre, lasciando andare la freccia, che con un sibilo percorre la distanza che la separa dal bersaglio e con un tonfo secco si conficca nel paglione. Un’azione così impegnativa viene concentrata in pochi secondi, secondi che per chi tira con l’arco racchiudono ore di allenamento, impegno e sacrificio. Altrettante energie vengono spese da chi rende possibile praticare il tiro con l’arco nella città di Terni. In pochi, infatti, sanno che a Terni, dietro le quinte, lavora sodo l’associazione ASD Arcieri città di Terni, che negli ultimi anni ha organizzato e continua a organizzare eventi per promuovere questo sport, spesso poco rappresentato e conosciuto. Questa associazione, nata nel 2005, si è subito affiliata alla FITARCO (Federazione Italiana Tiro con l’Arco) e, da quel momento, non ha mai smesso di lavorare per far conoscere ad un pubblico più vasto questa disciplina, superando i cento iscritti, che hanno conseguito a loro volta molte vittorie, conquistando numerosi titoli italiani di categoria e guadagnando così, di riflesso, un po’ di fama anche alla città di Terni. Nel 2014, infatti, Terni si è distinta per essere stata la seconda città d’Italia per eventi sportivi, subito dopo Roma, in riferimento ai Campionati Europei svoltisi proprio a Terni, nelle locations di Carsulae, della Cascata delle Marmore e dei Prati di Stroncone, luoghi caratteristici della provincia ternana che, grazie all’organizzazione di questi eventi sportivi, hanno potuto essere apprezzati anche dalle nazioni partecipanti. É da notare che, per quanto riguarda gli Europei, gli arcieri ternani e coloro che avevano allestito questo evento, hanno dovuto organizzarsi quasi da soli, senza un sostanziale aiuto delle istituzioni ma riuscendo comunque a fare un lavoro ottimo e degno di nota. Per quanto riguarda il 2015, l’ASD Arcieri città di Terni, scelta dalla FITARCO per l’abilità dimostrata nelle precedenti manifestazioni, si farà carico dell’onore e dell’onere di organizzare i Mondiali di tiro con l’arco, a dispetto di Francia, Spagna e Messico, Stati che avrebbero voluto accaparrarsi l’organizzazione di tale evento. Il campionato mondiale, che ha ottenuto il patrocinio dell’EXPO 2015 (evidenziando come il tiro con l’arco sia uno sport a impatto zero), si svolgerà dal 31 agosto al 6 settembre ed avrà di nuovo per sfondo la cascata delle Marmore. La grandezza di questa scelta, ovvero dell’assumersi la responsabilità di questo imperdibile evento, consiste nel fatto che l’ASD Arcieri città di Terni si affida e si basa completamente su volontari e su persone che scelgono di dare una mano sapendo che non riceveranno alcun compenso per ciò che faranno, animati solo dalla passione per questo sport e dalla voglia di far vedere quanto abbia da offrire una città come Terni, a dispetto di quello che si potrebbe pensare. Forse la riuscita di simili eventi è data proprio dal cuore e dalla passione che vengono profusi nella loro pianificazione. Forse la loro riuscita è data dalla professionalità, unita alla grande umanità degli arcieri ternani, che riescono ad instaurare sia con i partecipanti che con i semplici curiosi e visitatori un rapporto di amicizia a dispetto della lingua, della nazione di origine e delle differenze sociali e culturali che li caratterizzano. Infatti, nessuno meglio di loro è riuscito a dimostrare il calore e lo spirito di accoglienza tipico dei ternani. Ad esempio, per quest’anno è previsto che i partecipanti ai Mondiali vengano accolti all’aeroporto di Roma proprio dagli arcieri ternani stessi che, al termine della manifestazione, li riaccompagneranno. Potrebbe sembrare un dettaglio, ma tanti di questi piccoli dettagli sono proprio quelli che hanno contribuito a rendere indimenticabili per migliaia di persone gli eventi organizzati dall’ASD Arcieri città di Terni che, pur essendo in crescita, andrebbe aiutata dalle istituzioni, le quali dovrebbero collaborare, se non incentivare di loro spontanea volontà queste iniziative, che hanno grandi ripercussioni sul tessuto economico e turistico di Terni e dei famosi dintorni. In fondo, cosa c’è di meglio che valorizzare una città e le sue attrazioni tramite lo sport e i valori a cui questo si ispira, soprattutto quando sono i cittadini stessi a farlo? Giulia Sposino II D

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e ternane

cultura, dello spettacolo, dell’enogastronomia e dell’industria. otenziata e/o su cui si può costruire un progetto per il futuro?

L’a r te, ris veglio di u n pop olo in b alìa di s e s tes s o L’arte non insegna nulla, tranne il senso della vita: questa è la riflessione dello scrittore, pittore e saggista statunitense Henry Valentine Miller in una delle sue più celebri opere Il giudizio del cuore, che celebra l’onnipotenza assoluta dell’arte, intesa come espressione e concretizzazione esterna dei moti individuali, degli stati d’animo e delle sensazioni soggettive che traggono origine nell’interiorità umana. Dinanzi a quest’assolutizzazione dell’arte come massima e totale forma di manifestazione della soggettività dell’individuo, risulta evidente l’annullamento e la caduta, ormai irrimediabilmente estesa nella civiltà contemporanea, del ruolo e del valore dell’arte, degradata a carattere puramente secondario e privo della consapevolezza del proprio valore di reale confessione interiore. La decadenza ormai irreversibile di tutte le attività legate all’ambito artistico è comune all’intera penisola italica dove i tagli, applicati in maniera diffusa dalla politica per sanare l’apparente e irreversibile crollo economico, hanno colpito irrimediabilmente l’arte, un settore primario per la vita del Paese, che si fonda su un inestimabile patrimonio artistico-letterario che potrebbe costituire già singolarmente l’eccellenza della penisola. Tale parabola di declino è riscontrabile anche nelle realtà urbane che animano il così detto cuore verde d’Italia, cioè la regione umbra, che, già all’interno della stessa provincia ternana, vive caratteri di debolezza artistica visibili, la cui massima manifestazione è senz’altro rappresentata dall’assenza di una concreta quanto stabilmente utilizzata struttura teatrale. In effetti, ad eccezione del piccolo Teatro Secci, Terni registra un enorme vuoto, causato dalla mancanza di una struttura vera, importante non solo per la particolare realtà urbana ma anche per l’Umbria stessa, entrambe bisognose “di un polmone vitale come il teatro Verdi, per la sua storia e perché la sua capienza consente anche un’economicità gestionale”; così ha dichiarato il direttore del Teatro stabile dell’Umbria Franco Ruggieri in un’intervista a UMBRIA 24 dell’ottobre 2013, precedente perciò i lavori di restauro. La struttura del Verdi viene realizzata nel lontano 1849 con il nome di Nuovo Teatro e successivamente, dopo ampliamenti e ristrutturazioni, viene intitolata al grande compositore italiano Giuseppe Verdi. In seguito all’inaugurazione e a successivi ampliamenti del palcoscenico e al grande restauro generale del 1930, la struttura viene quasi interamente distrutta a seguito dei bombardamenti del secondo conflitto mondiale e ricostruita negli interni nel 1949 da Lucioli. Nel 2013 si è aperta la questione della messa in sicurezza del teatro nelle strutture del pronao, della torre scenica, soprattutto nella parete di fondo che si configurava come la parte sottoposta a rischio maggiore ed infine nella realizzazione di una vasca sotterranea di raccolta dell’acqua da utilizzare nell’antincendio ma, a distanza di un anno ed in seguito alla realizzazione di tali progetti, il teatro si presenta in parte inagibile. A causa di questa mancanza evidente, l’arte ternana ed umbra risulta in tal senso essere profondamente limitata, ridotta e non conforme in modo univoco al suo reale valore che, come sentenziava Lev Tolstoj in un suo celebre aforisma, si incarna nella ”suprema manifestazione della

potenza dell’uomo; è concessa a rari eletti ed innalza l’eletto ad un’altezza dove l’uomo è preso da vertigini ed è difficile conservare la sanità della mente. Nell’arte, come in ogni lotta, ci sono eroi che si dedicano interamente alla loro missione e che periscono senza raggiungere una meta”. In questa riflessione è contenuto il senso più intimo ma allo stesso tempo universale di qualsiasi forma di rappresentazione artistica, valore supremo che è venuto meno nella contemporaneità, dove l’arte assume una connotazione fortemente elitaria e del tutto priva di reale valore concreto che costringe l’artista ad una condizione di emarginazione sociale, paragonabile a quella denunciata da Baudelaire nella Perdita dell’aureola tratta dallo Spleen di Parigi, dovuta principalmente alla mancata considerazione, in tal contesto specificatamente italiana, dell’importanza stessa dell’arte, che viene relegata in un universo di assoluta inferiorità dinanzi alle priorità proprie del Paese. Questo carattere negativo è visibile in tutte le manifestazioni artistiche, da quelle strettamente letterarie a quelle espressivo-teatrali. In tale ambito, assume senz’altro un posto di rilievo il mondo della danza in una realtà, come quella ternana, nella quale convivono numerose scuole di formazione professionale, alcune delle quali con un’identità ed una finalità non propriamente definita. Marta Graham, una delle grandi protagoniste della danza contemporanea, nell’espressione della sua grande passione, fondata su uno strenuo ideale di sacrificio, di privazioni ma anche di dedizione assoluta per una disciplina che rappresenta l’unica fonte inesauribile di vita, sostiene che “la danza è una canzone del corpo. Sia essa di gioia o di dolore”, una manifestazione universalmente comprensibile di un mondo interiore così complesso come quello umano, che sente necessariamente ed irrevocabilmente il suo bisogno di esprimersi attraverso l’armonia realizzata mediante le forme corporee. Se si considera, perciò, che l’arte della danza per un ballerino viene a configurarsi come la sua unica possibilità di realizzazione esistenziale, appare evidente il grande baratro che lo separa dalla dimensione contemporanea, nella quale la sua unica possibilità di sopravvivenza viene definitivamente subordinata a meri fini economici e forse definitivamente abbattuta e distrutta, in un’era di progresso tecnologico come quella odierna, dove assume sempre meno rilievo la soggettività dell’espressione individuale. “La danza è tutta la mia vita. Esiste in me una predestinazione, uno spirito che non tutti hanno. Devo portare fino in fondo questo destino: intrapresa questa via non si può più tornare indietro. É la mia condanna, forse, ma anche la mia felicità. Se mi chiedessero quando smetterò di danzare, risponderei quando finirò di vivere”, così afferma colui che deve essere considerato il grande padre della danza, Rudolf Nureyev, nella sua celebre Lettera alla Danza nella quale viene esemplificato, con straordinario realismo, il dramma del distacco da un’arte alla quale si è dedicata un’intera vita e che rappresenta il senso Marika Brachettoni III B stesso dell’esistenza.

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Voci dal corso sui diritti umani Noi del progetto Mandela, abbiamo intervistato alcuni dei ragazzi che frequentano il seminario “Un lungo cammino verso la libertà” tenuto dal professore Marcello Ricci, il quale ha presentato questo corso nelle diverse scuole dell’Umbria, illustrando, in tal modo, agli studenti le tematiche che sarebbero state affrontate in questo cammino. Vediamo cosa hanno risposto i ragazzi alla domanda “Trovi interessante questo corso? Perché lo frequenti?”. - Sandra liceo delle scienze umane “Quando il professore è venuto nella nostra scuola a presentarci il seminario, sono rimasta subito molto colpita dal discorso che ha introdotto sulle mutilazioni genitali femminili, che a mio parere è una tematica molto importante. Ho frequentato quasi interamente questo corso e spero di frequentarlo fino alla fine. Lo seguo per interesse fin dall’inizio e col tempo è stata confermata la mia idea iniziale che fosse un esperienza molto importante e formativa”. - Michela liceo delle scienze umane “Anche io ho pensato subito che fosse una tra le più interessanti attività extrascolastiche tra quelle proposte. Frequentando il corso mi sono resa conto che non mi sbagliavo perché posso dire che ogni volta rimango molto sorpresa e interessata dagli argomenti affrontati. Infatti, queste tematiche, alcune delle quali conoscevo già, vengono trattate in modo molto approfondito”. - Mattia liceo scientifico Gandhi Narni “Ho deciso di frequentare questo corso perché penso che la nostra formazione culturale dovrebbe comprendere i diritti umani e che per la nostra etica dovremmo essere consapevoli della storia che a sta alla base di tali diritti”. - Bartolo liceo scientifico Gandhi Narni “Questo seminario chiarisce e offre una sintesi di alcuni dei concetti fondamentali che spesso vengono trascurati o dati per scontati. Credo che il professor Ricci sia un ottimo insegnante, infatti è perfettamente in grado di integrare argomenti di storia a concetti filosofici”. - Jessica liceo linguistico Angeloni “Frequento questo corso perché trovo sia molto interessante e utile conoscere questi concetti per ampliare la nostra cultura generale”. Il seminario filosofico dà crediti scolastici agli alunni che lo frequentano, ma tutti sembrano concordi nell’affermare che, farlo soltanto per i crediti, non avrebbe alcun senso perché è un corso che va affrontato non in modo superficiale, ma con attenzione e passione. Interviste a cura di Marco Mangiolino e Veronica Sani e testo a cura di Ilenia Moretti

Programma Marzo 2015 Lungo cammino verso la libertà

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10 marzo

18° incontro

17 marzo

19° incontro

24 marzo

20° incontro

31 marzo

21° incontro

Corso introduttivo alla conoscenza dei diritti umani e delle loro violazioni Terni, Auditorium di Palazzo di Primavera, ogni martedì ore 16,30

GENOCIDI E STERMINI, PARTE I: La definizione giuridica di genocidio: la Convenzione sul genocidi (1948), il genocidio degli Armeni, il genocidio di Stalin e il massacro di Katyn, il genocidio dei cambogiani. GENOCIDI E STERMINI, PARTE II: Il genocidio cinese in Tibet, il genocidio in Cina durante la rivoluzione culturale, le Foibe, la pulizia etnica in Jugoslavia, lo sterminio in Libia. GENOCIDI E STERMINI, PARTE III: I desaparecidos in Argentina, lo sterminio dei nativi americani, il genocidio in Ruanda, il bombardamento di Tokio, lo stupro di Nanchino, Hiroshima. GENOCIDI E STERMINI, PARTE IV: Il genocidio degli ebrei: le tecniche di distruzione, dalle eliminazion caotiche ai campi di sterminio.


Ultime dal Progetto Abbiamo fatto una chiacchierata con Irene Loesch (direttrice artistica del progetto Mandela, autrice e regista dello spettacolo finale dei laboratori teatrali) sullo stato dei lavori dei laboratori, visto che siamo a circa metà del percorso. Con l’occasione, abbiamo anche approfondito alcuni aspetti che riguardano la tematica dello spettacolo. - Ciao Irene, come procede il lavoro? - Il lavoro procede bene, ma abbiamo dei grossissimi problemi logistici. Fin dall’inizio di quest’anno siamo stati sfrattati dal teatrino che da 25 anni il Mandela ha usato, senza nessun motivo valido e logico e, quindi, ci siamo ritrovati senza un luogo adeguato in cui lavorare e siamo costretti a svolgere i nostri incontri in una stanzetta. - Per quanto riguarda lo spettacolo, come si farà? - Andremo a cercare una stanza un po’ più grande. Sicuramente, però, non avremo lo spazio che realmente ci serve e ci troveremo nel posto giusto solo gli ultimi 4 giorni, quando ci recheremo al teatro Secci. Anche per quanto riguarda la scrittura stiamo cercando di trovare degli escamotage per non fare troppe scene corali, cosa che va a discapito anche dell’affiatamento dei ragazzi. Credo che in questo momento non ci sia altro da fare se non una protesta, perché né le istituzioni, né la scuola, né altri se ne preoccupa… si vede che per loro non è importante che 60 ragazzi ternani possano lavorare in maniera seria con il progetto Mandela! Al di là di questo, tuttavia, penso che lo spettacolo sarà molto divertente. - Qual è il tema? - Lo spettacolo sarà incentrato sui viaggi dei profughi, dei rifugiati, sull’attraversamento del Mediterraneo e sulla grande tragedia di questo genocidio che sta avvenendo nel mare. Proprio qualche giorno fa, altre 300 persone hanno perso la vita perché non hanno raggiunto l’altra riva del Mediterraneo. Questo è il tema, ma vedrete che verrà trattato, come spesso succede, in maniera inusuale perché noi punteremo la luce su degli aspetti che lo faranno diventare un po’ grottesco. Infatti, non rideremo della tragedia, ma prenderemo in giro alcune situazioni come la burocrazia, proprio per illuminare meglio la tematica. Lo spettacolo avrà vari piani di narrazione tra i quali anche quello delle storie di vita di questi naufraghi, storie vere di sopravvissuti che abbiamo raccolto sia con degli incontri sia con del materiale che ci è stato fornito dall’ARCI, associazione che ha collaborato con noi per spiegare qual è questo dramma dei profughi che vengono dalle situazioni di guerra, di miseria, di fame. L’Europa non riesce ad affrontare in maniera umanitaria questa situazione. - Parlaci della scenografia di questo spettacolo! - I ragazzi sono ancora in fase di progettazione, stanno ultimando il modellino. Avremo un mare e una nave. A bordo di questa nave avremo una serie di personaggi che rappresenteranno l’Europa, il governo, le nostre autorità. Il mare, invece, sarà popolato da tutte quelle persone che, purtroppo, non ce l’hanno fatta ad arrivare dall’altra parte. Il gruppo di scenografia è diretto da Michele Meschini con la supervisione di Rosita Rossi. La settimana prossima i ragazzi cominceranno a realizzare i costumi, quindi passeremo dalla fase di progettazione alla fase di realizzazione, grazie anche alla guida di due bravissime costumiste. Intervista di Marco Mangiolino e testo a cura di Ilenia Moretti

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Le storie di vita parlano Stanno cominciando le prove per lo spettacolo finale dei laboratori di Progetto Mandela, che si terrà il 20 e il 21 Aprile al teatro Secci. Quest’anno il Progetto si è cimentato nel tema delle migrazioni, dei “viaggi della speranza”, delle tragedie che ogni giorno ci raggiungono dal Mediterraneo. Ponendo al centro della propria attività lo scopo di stimolare la riflessione su questo problema, il laboratorio di drammaturgia, coordinato da Irene Loesch e Marcello Ricci, facendo tesoro di quanto appreso dalla lettura di libri, di articoli tratti da quotidiani e da incontri con personalità esperte nel campo “migrazioni”, ha elaborato uno spettacolo in cui compaiono due realtà, l’una raffigurante il “mondo dei vivi”, ovvero dei rappresentanti della politica, della società civile, nonché anche della malavita organizzata, che espongono un loro punto di vista sui migranti; il tutto caratterizzato da uno stile profondamente pungente e grottesco; dall’altro lato comparirà un “mondo dei sommersi”, ovvero dei naufraghi che hanno lasciato il loro paese per trovare una vita diversa, forse migliore, e che sono stati inghiottiti dal mare. Agendo su un registro estremamente poetico, sia per quanto concerne il testo sia per quanto riguarda l’aspetto coreografico, i “sommersi” narreranno le loro “storie di vita”, reperite dal laboratorio di drammaturgia. L’intento è stato proprio quello di trasformare una serie di dati e di cifre scritti su carta, in un insieme di parole, di azioni, di movimenti ed emozioni. Questo è un modo per ricordare che tutti coloro che sono sepolti nel mare, sono state persone, esseri umani, con una loro dignità e una loro capacità di sentire, di soffrire e di essere felici. Come nel suo stile, con questo spettacolo il Progetto Mandela non intende fornire una soluzione a queste problematiche, ma offrire al pubblico una serie di emozioni e di suggestioni mediante il testo, la recitazione e le scenografie, al fine di suscitare domande e riflessioni su tali questioni, creando la consapevolezza che le migrazioni non sono una emergenza del momento, ma costituiscono un fenomeno che va affrontato a trecentosessanta gradi. Questo è di fondamentale importanza al fine di trovare delle possibili soluzioni, dal momento che in ballo ci sono vite umane, come quelle degli assiderati di cui stiamo avendo notizia in questi giorni. Federico Piccirillo del Laboratorio di drammaturgia

Il corso sui diritti umani tenuto dal Prof. Marcello Ricci L’Associazione Culturale Progetto costruisce due binari paralleli. Uno è il Progetto Mandela, che lavora attraverso i laboratori per produrre uno spettacolo teatrale riguardante i diritti umani, l’altro è il Centro per i Diritti Umani, che produce uno spettacolo professionale per il Giorno della Memoria e produce inoltre il Corso sui Diritti Umani, dal titolo “Lungo cammino verso la libertà” (titolo dell’autobiografia di Nelson Mandela) che si tiene da ben quindici anni. Oggi vogliamo parlarvi del corso. Esso consiste in 25 incontri settimanali della durata di circa un’ora servendosi di slide e video documentari storici o fiction. Il corso è formato da una serie di moduli, il primo dei quali è composto da 5 incontri. Il primo è di natura teorica e, dopo aver presentato quali sono i diritti umani, si sofferma sul dibattito teorico sulla loro universalità. Gli altri 4 compongono un excursus che va dall’antichità ad oggi sull’evolzione e le conquiste che riguardano i più importanti documenti sui diritti umani. Il secondo modulo riguarda i diritti della donna che vengono affrontati dal punto di vista della politica, del lavoro e dell’istruzione con un incontro in particolare sulle mutilazioni genitali femminili. Il terzo modulo riguada invece i diritti del fanciullo e mette in evidenza le violazioni dei diritti del’infanzia. Il quarto modulo affronta il problema della bioetica laica e della bioetia cattolica. Il quinto modulo affronta nei primi due incontri la storia delle teorie razziste e nei successivi incontri tratta del razzismo messo in pratica negli Stati Uniti e in Sudafrica nei confronti dei neri e comincia ad affrontare l’antisemitismo nazista. Il sesto modulo comprende un’analisi di tutti i più importanti genocidi e stermini della storia. Infine, il settimo modulo affronta la tortura e la schiavitù ieri e oggi e il problema della pena di morte. Il corso si tiene presso il Palazzo di Primavera a Terni tutti i martedì dalle 15:15 alle 16:30. La frequenza è aperta a tutti e gratuita ma è particolarmente adatta agli studenti dell’ultima classe della secondaria superiore. Alessandro Costantini

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