elevatori su misura
Numero 181 Gennaio 2021
Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura
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Gennaio 2021
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni. Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Tipolitografia: Federici - Terni DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore editoriale Giampiero Raspetti Grafica e impaginazione Francesco Stufara Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 3482401774 - info@lapagina.info www.lapagina.info Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.
DOVE TROVARE La Pagina ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le Marconi; AMELIA SUPERCONTI V. Nocicchia; ARRONE Marcello Frattesi, P.zza Garibaldi; ASSISI SUPERCONTI S. Maria degli Angeli; CASTELDILAGO; NARNI SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; NARNI SCALO; ORTE SUPERCONTI V. De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI - Strada della Direttissima; RIETI SUPERCONTI La Galleria; SPELLO SUPERCONTI C. Comm. La Chiona; STRONCONE Municipio; TERNI Associazione La Pagina - Via De Filis; CDS Terni - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL - V. Tristano di Joannuccio; BCT - Biblioteca Comunale Terni; COOP Fontana di Polo Via Gabelletta; CRDC Comune di Terni; IPERCOOP Via Gramsci; Libreria UBIK ALTEROCCA - C.so Tacito; Sportello del Cittadino - Via Roma; SUPERCONTI CENTRO; SUPERCONTI Centrocesure; SUPERCONTI C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati; RAMOZZI & Friends - Largo V. Frankl.
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Le feste di quest’anno
Politica e Matematica
L. Santini
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G. Raspetti
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WWOOfing, viaggiare alternativo e low cost
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L’agente di cambiamento
A. Melasecche
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G. Porrazzini
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3. BMP elevatori su misura 5. Edilizia COLLEROLLETTA 9. L’ultimo viaggio dei vietnamiti F. Patrizi 10. Una fase di ripensamento E. Squazzini 11. ARCI 12. Conte Luigi Marini-Porti G-L. Petrucci 13. PIERA Salute e Bellezza 13. Ianuarius P. Casali 14. Il vaccino anti-Covid L. Fioriti 15. La sindrome del tunnel carpale V. Buompadre 15. Menopausa e dintorni… G. Porcaro 16. Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni 18. 2020 Annus Horribilis PL. Seri 19. AUDIBEL Apparecchi acustici 19. VILLA SABRINA - residenza protetta 22. Terni cittá cardioprotetta 24. La vita è bella senza il motore a scoppio A. Marinensi 25. LENERGIA 26. Case popolari al Convento di S. Pietro in Terni G. Belli 27. RIELLO Vano Giuliano 27. SIPACE Group 28. La nuova superiore civiltà V. Iacobellis 30. Se siamo uniti ce la faremo V. Grechi 31. TERME FRANCESCANE Village 32. CMT Cooperativa Mobilità Trasporti
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LE FESTE DI QUEST’ANNO Loretta SANTINI
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Le feste sono passate. Le luminarie hanno addobbato le strade e le piazze come negli anni passati e la grande stella di Miranda affacciata sulla città ci ha ricordato il Natale e la gioia di questo periodo. Anche i negozi hanno mostrato i loro arredi natalizi, i loro lustrini e i loro colori sgargianti e luminosi. In casa abbiamo fatto il presepe e l’albero, messo le luci alle finestre e scartato i regali che Babbo Natale ha portato ai bambini. Abbiamo anche mangiato i dolci natalizi, i cappelletti in brodo come da usanza e le lenticchie a Capodanno per perpetuare la credenza che vuole che chi le mangia possa contare soldi per tutto l’anno. Qualche incontro (limitato) tra parenti e amici c’è stato e i nonni hanno potuto riabbracciare i nipotini. Abbiamo anche brindato, da soli o in compagnia, per ricordarci che queste feste sono sempre state un momento di allegria, di speranza, di condivisione. E ci siamo abbracciati, spesso virtualmente, guardandoci negli occhi con un’intensità nuova, più forte perché veniva dal dolore e dalla paura che covava nel cuore. E ci sono stati anche i fuochi d’artificio e i botti nonostante l’ordinanza che li vietava. Le tradizioni è difficile abbandonarle! Abbiamo tutti scritto o pronunciato parole d’augurio per un 2021 che fosse pieno di salute e serenità per noi e per i nostri cari sperando in un nuovo inizio, una nuova ripartenza per la vita futura. Abbiamo cercato di buttare dalla finestra lo spauracchio del covid, così come una volta, tanti anni fa, si buttavano i piatti vecchi dalla finestra in una specie di esorcizzazione del passato. Ma in tutto questa parvenza di normalità e di ripetizioni di gesti e riti della tradizione quanta malinconia, quanta tristezza! E soprattutto che sensazione di vulnerabilità! La pandemia, improvvisa e devastante come un terremoto, ha lasciato nelle nostre menti effetti profondi:
paura, impotenza, solitudine, ansia, incertezza, disagio, disorientamento, fragilità. Ha sconvolto l’insieme dei rapporti e dei legami tra amici e familiari e le dinamiche degli incontri; ha ristretto gli spazi del vissuto. Ma ha anche cambiato la scala dei valori: abbiamo ricominciato ad apprezzare una stretta di mano, un abbraccio, un saluto caloroso. Abbiamo imparato ad apprezzare le cose belle di ogni giorno, la quotidianità. Abbiamo riscoperto una nuova solidarietà, una nuova condivisione di sentimenti e di affetti. In qualche modo ci siamo sentiti più uniti perché la nostra felicità e il nostro benessere non possono prescindere da quella di chi ci vive accanto, ma anche da quella delle persone che non conosciamo e che vivono la nostra stessa esperienza. Abbiamo guardato dentro noi stessi per riflettere sul significato della vita e siamo andati indietro negli anni con qualche rimpianto per le cose non fatte e non apprezzate, o per le frenetiche corse in cerca del successo o dei soldi, per l’occasione perduta o per la parola gentile non data. Queste feste appena trascorse, sia religiose che profane e comunque impregnate di una sacralità antica, con la loro appena percettibile parvenza di normalità e così cariche di nostalgia del passato, siano solo uno sprone a ricominciare, a ripartire, a ritrovare negli altri e in sé stessi una condivisione nei valori dell’uomo, a ripensare noi stessi e trovare un nuovo equilibrio e una nuova empatia con l’universo che ci circonda. Nell’augurare a tutti serenità e salute, concludo con questa poesia di Fernando Pessoa
DI TUTTO RESTANO TRE COSE
Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire. Pertanto, dobbiamo fare: dell’interruzione, un nuovo cammino, della caduta, un passo di danza, della paura, una scala, del sogno, un ponte, del bisogno, un incontro.
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Giampiero RASPETTI
Pitagora disse: alcuni sono schiavi della gloria e altri del denaro; rari coloro che trascurano ogni altra cosa per darsi all’osservazione attenta della natura. Ebbene, questi ultimi sono coloro che vengono chiamati studiosi appassionati della sapienza - giacché questo è quel che la parola filosofi vuol dire. E come in un mercato l’atteggiamento più disinteressato è quello dello spettatore e di chi non cerca un profitto, così nella vita la contemplazione e lo studio della natura sono di gran lunga le più importanti di tutte le altre attività. Eraclide Pontico, da Cicerone, Tuscolanae disputationes V, 3, 8-9
La POLITICA genuina è MATEMATICA vera! N on esiste il principio di autorità nel giardino degli umani, quell’Eden chiamato Matematica che illumina la vita e penetra la natura, traendone solo verità relative, seppur sempre migliorabili. L’ha detto lui impera invece nel campo avverso, quello zoologico, dei maghi e delle fattucchiere, degli astrologi e dei tanti politicanti che, odiando la Matematica, possono solo tradire ed infangare la sua grande sorella, la Politica. Le due strettissime parenti, simbolo autentico di semplicità e di umanità, sciolgono come neve al sole superstizione e bubbole. Ed è proprio per questo che non si riesce ancora a dotare la scuola italiana di autentica e seria educazione scientifica. La politica, cioè lo studio dei fenomeni correnti nella Polis, è sostituita, nelle scuole, da una piaga nota come partitica, politica di parte cioè, vera nemica della cultura e della educazione. Al posto poi della matematica viene propinata la logistica, l’arte del logistikòj (logisticòs, esperto nel calcolo), quella tecnica, applicata da mercanti e schiavi, che trattava rapporti, proporzioni, frazioni. Cos’è la matematica? La matematica nasce e si sviluppa durante la vita quotidiana dell’uomo: si tratta di riflessioni in itinere. Non è empiria in sé, ma nasce dall’empiria. Gli enti razionali come i punti, le rette, i piani sono figli della ragione, sono astrazioni che aderiscono alla struttura delle realtà empiriche dalle quali provengono, proprio come i problemi reali che il politico sintetizza e, ricorrendo alla astrazione matematica, riduce a leggi vere e proprie. Saper passare dunque da situazioni fisiche a situazioni mentali, da strutture reali a strutture astratte, che hanno però a che fare con le strutture reali di partenza, non è frutto di una disciplina, men che meno di una materia scolastica: è il metodo di pensiero del matematico che non può che essere il metodo di pensiero anche del politico. Gran parte di ciò che chiamiamo matematica, il cui studio è il più semplice che possa esistere, è lo sviluppo degli stimoli e dei pensieri sollecitati da aspetti naturali di base quali: l’esistenza, la presenza, la mancanza, la grandezza, la forma... Gran parte di ciò che chiamiamo politica, la cui applicazione è la più umana che possa esistere, è lo sviluppo degli stimoli e dei pensieri sollecitati da aspetti naturali di base quali: una povera esistenza, una animalesca presenza, la mancanza di fondi (per la sanità in particolare), le dimensioni minime, relative o assolute di un provvedimento… Un Politico dovrebbe essere… un uomo creativo, un uomo che non si fermi agli schemi fissi e che si avventuri anche in esperienze nuove, all’altezza dei
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tempi e delle rivoluzioni tecnologiche, un uomo che sappia inventare e creare, possedere cioè un pensiero divergente. Che sappia fare domande, scoprire problemi dove gli altri trovano tutto tranquillo ed immobile, saper dare risposte soddisfacenti, essere, soprattutto, capace di giudizi autonomi. Domanda: e noi, a scuola, cosa diamo in pasto al giovane? Una materia (scolastica) è nient’altro che una riduzione del sapere per cui si consegnano allo studente solo alcune parti del tutto, quelle finali. In pratica: questa è la legge, applicala! Eh, no, la matematica è creazione individuale, autonoma: la mente impara solo ciò che è collegato con le sue conoscenze di base, quindi anteriori, e costruisce ordinatamente il suo edificio matematico. Non può capire se costretta ad ingurgitare astruserie che, proprio come tali, rigetta. Oppure, e questo accade non di rado, impara tutto a memoria e tira a campare! Si dovrebbe dunque agevolare ed assecondare il pensiero intuitivo dei discenti, dando vita a discussioni maieutiche affinché il giovane possa autonomamente, anche se sotto la guida discreta del docente, elaborare la sua sintesi di pensiero che meglio possa rappresentare il fenomeno in analisi. Si ricorrerà, poi, alla sistematizzazione ed ai perfezionamenti. Non avviene sempre così, anche nel caso di normative di legge? Ed è proprio così che si aiuta il pensiero creativo; un uomo critico, che sappia cioè saper leggere la realtà con occhi da lince (conoscenza dei simboli), che sappia individuare i problemi, impostarli, coglierne il nocciolo e studiarne possibili strategie di soluzione (questa, poi, è matematica tout court!). Un uomo che sappia discernere il vero dal falso (aut aut, vel vel, logica binaria), che sappia distinguere ciò che è essenziale da ciò che è accidentale e che sappia cogliere quel che è fondamentale, scartando quello che è secondario, o inutile o puramente inventato (intus legere, saper vedere). Un uomo capace di scoprire le regole comuni soggiacenti a situazioni differenti (astrazione), di mettere in luce l’identità strutturale di cose che possono essere notevolmente diverse (generalizzazione). Che sappia operare delle sintesi e rendere evidenti, con un linguaggio preciso, le somiglianze fra situazioni apparentemente lontane fra di loro. Sappia, poi, essere padrone del linguaggio, linguistico e scientifico, perché deve organizzare il vivere sociale e quindi il suo linguaggio deve essere inequivocabile e alla portata di tutti. Allora: fare matematica o saper vedere non significa ripetere o saper eseguire un calcolo, significa altresì inventare, cambiare parametri, simulare, scovare le ragioni recondite, sapere dei
veti filosofici, religiosi, politici… sì, proprio così, anche questo significa fare politica, cioè godere di una conoscenza non settoriale, ma, anzi, la più estesa e completa possibile. Ecco allora che la matematica deve essere anche storia della matematica, per sapere come l’uomo, e sotto quali condizioni, abbia risolto quei problemi dei quali ai giovani si fornisce solo la parte finale, la formuletta. Quindi occorre conoscere anche la storia della matematica, in una sublime sinergia di conoscenze filosofiche e linguistiche, dall’egiziano al greco, dal latino all'italiano. E il politico, non deve forse conoscere almeno la lingua della sua terra, l’italiano? E cosa ne sa se non conosce anche latino e greco che tale lingua generano?; un uomo sociale, che non sia indifferente ad alcun problema umano, tanto meno ai problemi comunitari e sociali. È un uomo che si fa carico di questi problemi perché, come politico, deve aver assorbito il concetto di humanitas esposto già nella prima metà del secondo secolo dell’era non volgare, da un berbero, nato a Cartagine, arrivato a Roma come schiavo. Si tratta di Publio Terenzio Afro (Cartagine, 190-185 circaStinfalo, 159), il più illustre antenato dei tanti migranti che cercano vita provenendo dall’Africa. Terenzio rappresenta una fondamentale pietra miliare della civiltà, un esempio universale contro chi ancora oggi è rimasto barbaro. Un berbero dunque che dà ancor oggi lezioni di civiltà a dei barbari europei. Nel suo Heautontimorumenos (Il punitore di se stesso), compare (atto 1, scena 1, verso 77) la famosa frase Homo sum: humani nihil a me alienum puto (Sono uomo: di quello che è umano nulla io trovo che mi sia estraneo). Il moderno uomo sociale che voglia fare politica e non semplice carità, che si interessi benevolmente e accortamente di tutto quello che è umano, deve saper valutare, distinguere, analizzare, confrontare, rapportare, avere cioè sicura conoscenza delle maggiori categorie matematiche d’uso comune; un uomo libero, che si rifiuta di sfruttare coscientemente e di opprimere altri uomini, che mai invocherebbe il principio di autorità per avallare le proprie tesi, che sa andare anche contro corrente e non esser conformista. Libero è l’uomo aperto alla verità da qualunque parte questa venga. Libero è soprattutto l’opposto del cultore di privilegi, quindi è un matematico perché nel suo cuore non esistono privilegi, si è tutti sullo stesso piano, pronti anche a perdere il sudato privilegio di una propria consistente teoria qualora qualcuno ne dimostrasse erroneità o mancanza o, comunque, ne presentasse una di ordine superiore.
Caro politico, amministratore o governante che tu sia, se, per puro caso, sei esperto solo di qualche calcoletto, ma in realtà sai quasi niente della matematica e se ti sei dilettato, nella tua non felice carriera scolastica, al più, con robetta di tipo logistico o aritmetico, nel senso che modernamente si dà a questa parola che inizialmente era discussa, da filosofi e da benestanti, come studio delle proprietà astratte dei numeri (conoscere almeno le opere di Pitagora, Filolao, Porfirio e Giamblico), non ti mettere in mente di poter capire e risolvere i problemi. Ti sembrerà, certo, di afferrare qua e là, qualche accenno di significante, ma potrai essere solo un perpetuo ripetitore di cose sentite da altri. Se sei, ad esempio, ragioniere, geometra, leguleio, potrai solo assicurarti che le pratiche che ti affidano i progettisti, i sapientes cioè, siano svolte con esattezza e regolarità. Altro non ti è dato, non sei né sarai mai un Fidia, sei semplicemente un faber e ogni volta che un faber comincia a pensare di potersi sostituire ad un sapiens, arriva puntualmente la rovina della città e del Paese. Cari lettori, per fare adesso cosa degna e necessaria, impegniamoci a compilare elenchi della presenza, nei luoghi istituzionali, di matematici, filosofi, architetti, ingegneri, fisici, chimici, conoscenti dell’italiano, del latino, del greco. Se sono meno del 90% attrezziamoci per cambiare rapidissimamente Paese! Nessuna umana investigazione si può dimandare vera scienza, se non passa le matematiche dimostrazioni. Leonardo da Vinci, Trattato sulla pittura, Parte I, 1. In riferimento alla situazione politica che viviamo da decenni, è ben triste dover prendere atto di essere, noi italiani, tutti figli di un numero stratosferico di personaggi illustrissimi (che il resto del mondo, tutto insieme, non riuscirebbe mai ad eguagliare) tra i quali Pitagora, Terenzio Afro, Cicerone, Leonardo da Vinci, Galileo Galilei! Auguri, Futura Italia, comunque tu sia! La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. Galileo Galilei, Il Saggiatore
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WWOOfing, viaggiare alternativo e low cost L
Alessia MELASECCHE alessia.melasecche@libero.it
a sigla WWOOfing è l’acronimo inglese di World Wide Opportunities on Organic Farms, ovvero, letteralmente, “opportunità in tutto il mondo nelle aziende agricole biologiche”, ma sorprendentemente, l’origine di questo sistema è tedesca. Nasce infatti nel 1971 in Germania dalla volontà di far collaborare gli agricoltori biologici con i volontari per far conoscere loro questa specifica realtà. Si tratta di un modo di viaggiare nuovo ed oggi molto diffuso, che unisce il bisogno di chi ama la natura e vive in città, ma anche di chi ama gli animali ma non può averne. Il WWOOfing è oggi un’organizzazione internazionale che dà la possibilità di entrare in contatto con altre culture. In Africa, ad esempio, tramite attività di WWOOfing è possibile imparare a costruire abitazioni con il fango o più strutturati sistemi di irrigazione. Data la sua diffusione, la richiesta da parte di volontari è molto alta, soprattutto per alcuni Paesi, per cui in genere è consigliabile organizzarsi con un po’ di anticipo. Una caratteristica peculiare è l’estrema varietà delle situazioni e delle persone coinvolte, i viaggiatori (WWOOFers) sono in genere giovani studenti, ma non mancano adulti in cerca di novità, e può anche essere un’esperienza condivisa con tutta la famiglia. Se si viaggia con bambini è meglio prima verificare che la farm sia dotata di strutture idonee per ospitarli. Le fattorie variano: dalla grande azienda biologica all’agriturismo, dall’azienda biologica a conduzione familiare alla casa in campagna con l’orto biologico, agli ecovillaggi e così via. Le realtà sono le più diverse, si va dalle più di 1500 fattorie circa dell’Australia a offerte molto più contenute, come le 26 fattorie della Repubblica Ceca. Le testimonianze (anche video) di WWOOFer, sono ormai moltissime, provenienti dagli angoli più sperduti del pianeta e facilmente rintracciabili navigando in Internet. È anche importante sapere che per fare WWOOfing si deve far riferimento al Paese ospitante: occorre dunque essere membro, ad esempio, di WWOOF Italia (https://wwoof.it/) se si desidera intraprendere un’esperienza nel nostro paese oppure membro di WWOOF China per avventurarsi nel continente cinese e così via. Ci si può iscrivere sul sito e pagare una piccola quota annuale (30$). Per sapere come
Il WWOOfing è oggi un’organizzazione internazionale che dà la possibilità di entrare in contatto con altre culture.
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muoversi al meglio in territorio internazionale è consigliato dare un’occhiata a https://wwoof.net/. C’è anche WWOOF Independents che riporta tutti gli host dei Paesi in cui non esiste un’organizzazione WWOOF locale https://wwoofinternational.org/independents/. Ma come si concretizza nei fatti questa possibilità? È tutto ben spiegato nei vari siti di riferimento. Si può fare questa esperienza in ogni parte del mondo e in cambio di 4-6 ore medie di lavoro giornaliere si ottiene vitto, alloggio, assicurazione e spostamenti in loco previsti dal lavoro. Questo permette di avere tempo libero per rilassarsi ed esplorare i dintorni. Trattandosi di volontariato il lavoro non è retribuito: a volte può anche essere richiesto un piccolo contributo per servizi aggiuntivi, meglio verificare tutto prima di avventurarsi. Generalmente non sono richieste competenze specifiche e quindi l’esperienza è un’occasione unica per apprendere come coltivare la terra, curare piante o fiori e realizzare prodotti naturali. Solitamente non è richiesto un periodo minimo di permanenza. Per chi volesse sperimentare la vera vita contadina è chiaramente un’opportunità da non perdere.
L’ultimo viaggio dei vietnamiti N
Francesco PATRIZI
ella zona industriale di Waterglade, nel Regno Unito, il conducente di un camion frigo accosta, si ferma dietro un edificio, scende, apre il portellone. Non c’è più niente da fare. Nel vano ci sono i corpi senza vita di 39 clandestini. La polizia trova nei loro vestiti documenti cinesi falsi, in realtà sono vietnamiti, e sono morti asfissiati. Il più giovane è un ragazzo di 15 anni, Nguyen Huy Hung, per farlo arrivare a Londra, il padre Tunh Huy ha pagato 40 mila dollari. La prima tappa è stata in Francia, dove il ragazzo è stato forse impiegato in un ristorante vietnamita, poi è stato trasferito a bordo di un taxi nel porto di Zeebruges in Belgio, dove lo attendevano gli altri vietnamiti che dovevano essere stipati nei contenitori refrigeranti (spenti) di due camion per un tempo massimo di 8 ore. È tutto calcolato, ma all’appuntamento si presenta un solo camion, i trafficanti devono decidere velocemente se imbarcare solo metà dei clandestini o rischiare; optano per la seconda ipotesi e nel reparto frigo vengono ammassati uno sull'altro i 39 migranti. Durante il tragitto la temperatura interna comincia a salire e l’ossigeno a scarseggiare, i vietnamiti si spogliano, non respirano, prendono a calci e pugni le
pareti, ma nessuno può sentirli, il camion è nella stiva della nave. Pham thi Tra My, 26 anni, trova le forze per scrivere l’ultimo messaggio: “mi dispiace tanto, mamma, il mio tentativo di emigrare non è riuscito, ti voglio bene, mamma, muoio perché non riesco più a respirare”. Tunh Huy, il padre del quindicenne, ha sempre fatto il pescatore, fino a quando un’industria taiwanese ha cominciato a riversare i rifiuti tossici nel mare e pescare sulla costa è diventato impossibile: 200 chilometri di coste inquinate significano 20.000 pescatori senza cibo e senza lavoro. Nonostante il Vietnam sia in continua crescita economica, il calcolo del PIL non tiene conto della reale condizione della popolazione costiera che vive principalmente di pesca. Finché questi problemi non saranno risolti, l'ondata di partenze sarà inarrestabile. È come il lavoro dell’idraulico: la perdita va bloccata all’origine spiega padre Simon Thang Duc Nguyen che guida la parrocchia vietnamita a Londra. Il problema è che i vietnamiti che sono riusciti ad emigrare e a rifarsi una vita nel Regno Unito, quando tornano in patria a trovare amici e parenti ci tengono ad ostentare il benessere acquisito, sfoggiano vestiti e oggetti preziosi, invogliando chi è rimasto ad imitarli. I soldi che i vietnamiti che lavorano all’estero mandano a casa equivalgono al 6,6% del PIL del paese. Tunh Huy si sente in colpa per aver mandato il figlio incontro alla morte. Qualche anno prima era stato a Londra e voleva che suo figlio ricevesse un’educazione occidentale e vivesse meglio di come era vissuto lui. Ora non ha più un soldo e dice che vuole restare accanto alle ceneri del figlio che sono custodite nella parrocchia vietnamita a Londra.
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Viviamo in un mondo che cambia
Una fase di RIPENSAMENTO N
Enrico SQUAZZINI
on sono sicuro che esista un termine in grado di definire, nel modo giusto, il momento storico che ci troviamo ad affrontare. Per noi, oggi, è senz’altro un problema in più non disporre neanche di una terminologia dedicata per catalogare la situazione e, sicuramente, fonte di ulteriore destabilizzazione. C’è il rischio concreto che, venendo meno troppe certezze contemporaneamente, possa risultare oltremodo complicato parare il colpo. Già, le certezze. Ma quali? Mi verrebbe da chiedere! Quali e dove sono queste certezze che, fino ad ora, ci avevano consentito di troneggiare su tutto quanto intorno a noi? Sembriamo caduti improvvisamente in un gigantesco imbuto scivoloso dal quale, pur annaspando all’inverosimile, non riusciamo a riemergere. La metafora più in voga attualmente è quella delle luci in fondo ad un tunnel. A me sembra appropriata l’immagine di una nave nella tempesta, in balìa delle onde e che, senza più nessuno al timone, è in procinto di affondare. Per un verso o per l’altro la nostra barca sta verosimilmente colando a picco. Non sembra neanche più soltanto una questione di pandemia, piuttosto di ciò che era già dentro il pentolone e che la pandemia stessa ha scoperchiato! Ma cosa sta succedendo?! Certamente qualcosa di importante o, addirittura, di epocale. E direi anche che il messaggio è cristallino. Non c’è niente da fare, noi dobbiamo aspirare convintamente ad una diversa stabilità nell’ambito della nostra esistenza. È indispensabile trovare un nuovo equilibrio, non inteso soltanto in senso psicologico; quello, casomai, ne costituirebbe una diretta conseguenza. Quello di cui si sta parlando è un equilibrio più generale, più coinvolgente, di più ampio respiro e dal significato molto più profondo, che è l’equilibrio con il mondo che ci circonda e con le strutture che oramai vi abbiamo creato nel corso del tempo. Dobbiamo riappropriarci di un sentimento di armonia con questo mondo che ci sta letteralmente incollato addosso e da cui non ci possiamo svincolare, nonostante tutti i nostri sforzi spesso anche patetici. Molte sono le cose da rivedere, anche in modo radicale. Penso agli stili di vita, ai consumi e, soprattutto, al modo di consumare. Al rapporto marcio e colpevole che abbiamo instaurato con l’ambiente. Al rapporto maniacale che abbiamo con gli oggetti in senso sovrastrutturale e alle scale dei valori che gli attribuiamo, quasi sempre specchio di un concetto dell’inutilità. Penso ai rapporti che instauriamo con gli altri, con colui che definiamo il prossimo. Ma il prossimo di che cosa, e di dove, non lo sappiamo. Noi dobbiamo rivedere completamente il nostro percepirci nel mondo e con il resto del mondo in cui viviamo, dovendo necessariamente riconsiderare la maggior parte delle nostre priorità. Insomma, io credo che noi siamo di fronte a qualcosa di veramente sostanziale, ad una nuova epoca per l’umanità. Umanità, ovviamente, non intesa nel senso di una più elevata capacità di comprensione e benevolenza ma, piuttosto, in senso antropologico. L’insieme dei caratteri essenziali e distintivi del genere Homo: questo meraviglioso tipo di primate che non ha precedenti nella storia della Terra. È ora di far emergere e dare vigore a quel tipo di umanità che possa, finalmente, essere degna di questa importante e non banale, definizione. In questo momento non so se ne saremo all’altezza, ma la sensazione che ho è che possa trattarsi di un esame di maturità alla scuola dell’evoluzione. Signori, è ora di farsi veramente coraggio!
Noi dobbiamo rivedere completamente il nostro percepirci nel mondo e con il resto del mondo in cui viviamo.
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“Semode Cinturini” LucillaGaleazzi
la memoria e la sua città
cofanetto
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... irrinunciabile per ogni ternano!
Concerto per Sergio A 40 anni dalla scomparsa di Sergio Secci la riproposizione del concerto inedito di Lucilla Galeazzi del 2 agosto 2000 a Terni .
culture in viaggio
Sirena dei mantici
Terni, la città-fabbrica, le storie e le persone. Narrazione di Ascanio Celestini accompagnata dalla voce di Lucilla Galeazzi e dalla “Fisorchestra Fancelli” diretta da Marco Gatti.
Co’ l’occhi, co’ la lingua e co’ lu core Canti di lavoro, di guerra, d’amore e di passione della tradizione popolare umbra interpretati dal Coro Canti e-Terni diretto da Lucilla Galeazzi.
È possibile acquistare il cofanetto presso il bar Bla Bla Bla in Via Cavour 121 • Terni Oppure contattando l’Associazione Ticchetettà: ticchete.tta@gmail.com • 340.2616262 (anche WhatsAPP)
Grandi musicisti ternani
CONTE LUIGI MARINI-PORTI
1806-1886
I
Gian-Luca Petrucci
Professore emerito del Conservatorio Santa Cecilia di Roma
l Conte Luigi Marini-Porti nato, sia pure casualmente, a Terni il 7 Agosto del 1806, apparteneva ad una antica e nobilissima famiglia di Gubbio. Straordinariamente dotato, fu una luminosissima figura di artista tipicamente romantico al pari di tanti celebrati musicisti dell’epoca. Virtuoso d’eccellenza fu considerato il miglior flautista italiano anche da eminenti colleghi come Cesare Ciardi, Primo flauto dello Zar di tutte le Russie, e il ternano Giulio Briccialdi, definito il Paganini del flauto. La sua personalità carismatica, legata al livello culturale posseduto e a una capacità dialettica e discorsiva rimaste proverbiali, lo resero celebre non solo nelle sale da concerto, ma anche nei salotti intellettuali e fra i celebri compositori dell’epoca. Primo fra tutti Gioacchino Rossini, che si ispirò al suo virtuosismo per un importante assolo di flauto nell’opera buffa Il viaggio a Reims del 1825. Luigi MariniPorti fu membro dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma e di altre importanti istituzioni musicali non solo italiane. Proprio l’Accademia di Santa Cecilia gli commissionò un concerto per flauto solista e grande orchestra che, insieme ad un corpus di oltre cinquanta composizioni fra Studi, Esercizi, Parafrasi su temi d’opera, rappresenta l’apice della sua scrittura virtuosistica e della sua attività come compositore. Gran parte delle sue opere furono pubblicate all’epoca dalle maggiori case editrici d’Europa. Morì il 12 Dicembre del 1886 all’età di ottant’anni, ma fu molto longevo anche come esecutore: svolse infatti il suo ultimo concerto a Palermo all’età di 79 anni e i giornali dell’epoca scrissero che: Nessuno in sala poté dire di avere di fronte un anziano flautista, ma piuttosto il Re del flauto.
Particolare di uno degli studi manoscritti per flauto solo del Conte Luigi Marini-Porti
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Conte Luigi Marini-Porti
Frontespizio del Concerto per flauto e orchestra
IANUARIUS
L’andru ggiornu stéo a jacchiera’ co’ ll’amicu mia “Sacciututtu” e io... Aho... semo a Ggennaru... ammazzi se cche strina!... è ttembu suu... sintirai l’urdimi tre ggiorni de lu mese!?... e cche ppòle succède?... so’ li ggiorni de la mèrla... ???... tantu tembu fa....‘na famija de merli co’ le piume bbianche... ma li mèrli ‘n so’ nniri?... scì... mo’ tte dico se pperché se mme stai a ssinti’… durante ‘n invernu riggidu riggidu ‘lli pori cillitti c’éono tantu friddu e ffame... ccucì papà merlu l’ha missi vicinu a ‘n camminu e ppartì ‘n cérca de lo magna’... la mèrla e li merlòtti ‘ntantu se scallàono tra dde loro e cco’ lu fumu fuligginosu de lu camminu... doppo tre ggiorni è ‘rtornatu e mmancu l’arconoscéa... erono diventati tutti niri... ‘llora, pe’ evita’ ‘lli ggiorni è bbellu ‘ncumincia’ l’anno subbitu da Marzu... aho... lo sai che li romani a li tembi de re Romulu lo facéono?... e mmo’ che storiella m’arcunti?...questa è vvera!... issi smettéono de conta’ li giorni più ffriddi e rrincuminciàvono a cconta’ l’annu da Marzu... che bbella penzata!?...scì.. ma lu friddu ce stéa lu stessu e ‘llora re Pumpiliu cià ‘ggiuntu a la fine ggennaru e ffebbraru...
che ppo’ doppo l’hanno missi a ll’inizziu... che differenza fa?... doppo Capodannu ce sta mejo ggennaru perché lu nome vène da Gianu Bbifronte che cco’ ‘na faccia guardàa lu passatu e cco’ ‘ll’andra lu futuru. Cercamo da fa’ ccucì ‘nche noi... lu 2020 ‘rmai è ppassatu e gguardamo co’ ppiù ffidànza lu 2021... quante cose che ssai... se nn’ era pe’ ‘stu friddu me ne facéo ‘rconta’ che andra... speramo che cco’ le ggiornate che s’allungono l’aria se scalla sempre de più... se a ggennaru gran friddura, a lluju gran callura però se cciài ‘n cippacciu mìttilu llà pe’ mmarzacciu!
Paolo CASALI
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IL VACCINO ANTI-COVID I dati provenienti dai risultati circa l’efficacia dei vaccini prodotti dalle aziende farmaceutiche portano a giustificato ottimismo sul fatto che un nuovo tipo di vaccino a base di RNA messaggero, noto come mRNA, possa offrire alti livelli di protezione prevenendo il Covid-19 tra le persone vaccinate. Vaccini mRNA contro il Covid-19: come funzionano
Tutti i vaccini, di qualsiasi tipologia, perseguono lo scopo di addestrare il sistema immunitario a riconoscere una parte di un virus. Tradizionalmente, i vaccini contengono virus indeboliti o proteine distintive del virus che vengono purificate. Tuttavia, un vaccino a mRNA è diverso in quanto, invece di ricevere direttamente attraverso un’iniezione una proteina virale, al ricevente viene somministrato materiale genetico -mRNA- che è in grado di codificare la proteina virale stessa. Quando queste istruzioni genetiche vengono iniettate nel deltoide, queste entrano nelle cellule muscolari, le quali traducono le informazioni ricevute al fine di produrre la proteina virale direttamente all’interno del corpo del ricevente. Questa modalità imita ciò che il virus SARS-CoV-2 fa in natura; tuttavia, l'mRNA del vaccino è in grado di codificare solamente per il frammento della proteina virale. Questo fatto fornisce al sistema immunitario una sorta di anteprima di come appare il vero virus, senza però poter essere in grado di causare direttamente la malattia. Inoltre, in questo modo viene garantito al sistema
immunitario il tempo di progettare potenti anticorpi in grado di neutralizzare il vero virus qualora l'individuo dovesse essere infettato. Dopo un'iniezione di mRNA, questa molecola guida la produzione di proteine all'interno delle cellule muscolari che raggiungono livelli massimi per 24-48 ore e che possono durare per qualche giorno in più. Una immediata inclusione dei pazienti affetti da patologie cardiache, oncologiche ed ematologiche nella campagna di vaccinazione permetterebbe di limitare i danni provocati dalla pandemia in questi malati che già devono affrontare percorsi di diagnosi e cura molto complessi. Numerosi lavori scientifici e l’esperienza clinica maturata in questi mesi ci indicano infatti che i pazienti pagano un prezzo alto in termini di vulnerabilità ai danni dell’infezione da CoviD 19. Io mi sono vaccinata.
Direttore Sanitario
Dott.ssa Lorella
Fioriti
Specialista in Radiodiagnostica, Ecografia, Mammografia e Tomosintesi Mammaria
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LA SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
P
atologia della mano è frequentemente dovuta all’intrappolamento del nervo mediano all’interno del canale del carpo. Canale osteo-fibroso inestensibile della regione volare del polso, nel cui interno oltre al nervo mediano decorrono i tendini flessori superficiali e profondi delle dita. Tra le cause più frequenti vi sono l’ispessimento del legamento trasverso, patologie degenerativo-infiammatorie dei tendini, esiti di frattura del polso. La patologia ha carattere evolutivo. -1° fase: irritativa, con dolore prevalente notturno al polso irradiato alla regione volare delle prime tre dita della mano, a volte verso l’avambraccio, con parestesie (formicolio); -2° fase: compressiva, con riduzione della forza di opposizione del pollice, riduzione della capacità discriminativa tattile;
-3° fase: paralitica, con atrofia dei muscoli dell'eminenza thenar (che si trova alla base del pollice) con perdita dell’opposizione del pollice ed ipoanestesia delle prime tre dita. La diagnosi è clinica, l’esame elettromiogafico permette di confermarla e documentare la fase di evoluzione. Importante è la diagnosi differenziale da patologie radicolari cervicali, patologie neurologiche centrali, affezioni neurologiche periferiche con diversa sede.Il trattamento nella prima fase è conservativo e si avvale di terapia medica, terapie fisiche e riabilitative, infiltrazione con cortisone. Nelle fasi più avanzate il trattamento è chirurgico. L'intervento viene eseguito in anestesia locale mediante una piccola incisione alla regione volare del carpo, il recupero è di pochi giorni. L'intervento è effettuato in regime di chirurgia ambulatoriale tramite il servizio sanitario nazionale.
Dott. Vincenzo Buompadre Spec. Ortopedia e Traumatologia Spec. Medicina dello Sport
- Terni 0744.427262 int.2 Murri Diagnostica, v. Ciaurro 6 - Rieti 0746.480691 Nuova Pas, v. Magliano Sabina 25 - Viterbo 345.3763073 S. Barbara via dei Buccheri
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MENOPAUSA E DINTORNI… L’importanza della Vitamina D La vitamina D è un ormone prodotto dalla nostra pelle in seguito all’esposizione ai raggi solari ultravioletti. I ruoli della vitamina D nell’organismo umano sono svariati: regola la crescita, lo sviluppo e la mineralizzazione dell’osso, modula il funzionamento del sistema immunitario, interviene nella secrezione di insulina, nella funzionalità cardiaca, nella regolazione della pressione arteriosa, agisce a livello del sistema nervoso centrale, svolge un ruolo nella prevenzione delle patologie neoplastiche e cardiovascolari. Tale polifunzionalità contrasta gli effetti derivanti dai bassi livelli di estrogeni tipici delle donne in menopausa, apportando numerosi effetti benefici a tutto l’organismo.
La vitamina D può essere introdotta nell’organismo tramite gli alimenti, oppure sintetizzata nel corpo umano a partire da un precursore per azione dei raggi solari. La carenza di vitamina D, ma anche stili di vita scorretti ed una predisposizione genetica, possono indurre, o accelerare, nella donna in menopausa l’insorgenza di Osteoporosi. L’Osteoporosi rappresenta un disordine delle ossa scheletriche caratterizzato dalla compromissione della robustezza dell’osso che predispone ad un aumento del rischio di frattura. Ma, vista la complessità dei ruoli svolti e modulati da questa vitamina, a volte si rende necessaria, in menopausa, la sua supplementazione dall’esterno. La somministrazione per via orale di vitamina D deve essere prescritta da un
medico specialista poiché concentrazioni plasmatiche elevate possono risultare tossiche per l’organismo. L’avvento della menopausa è un momento importante nella vita di una donna. Rappresenta un cambiamento non solo ormonale e fisico, ma coinvolge spesso la sfera mentale ed emozionale di una donna. Tale cambiamento va vissuto nel modo più sereno possibile ricordando l’importanza di una dieta sana, di un corretto ed equilibrato stile di vita, associati alla eventuale supplementazione dall’esterno di tutti i nutrienti di cui può diventare carente l’organismo femminile.
DR.SSA GIUSI PORCARO
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AZIENDA OSPEDALIERA S
DIPARTIMENTO EMERGENZA ACCETTAZIONE
Dott. Amilcare PARISI Direttore presso il Dipartimento Emergenza e Accettazione Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni
Il Dipartimento Emergenza e Accettazione (Dea) dell’Azienda Ospedaliera di Terni, diretto dal dottor Amilcare Parisi, è stato istituito a metà degli anni 90’, ed è una struttura che ha lo scopo di fornire una risposta assistenziale nell’ambito dell’urgenza-emergenza, configurandosi come struttura altamente specializzata e basata su un modello organizzativo multidisciplinare, con il compito di affrontare h24 i problemi diagnostici e terapeutici del cittadino. Questo Dipartimento svolge la sua funzione in sinergia con la rete dell’emergenza territoriale e dispone di posti letto per il trattamento di pazienti in emergenzaurgenza, con lo scopo di ottimizzare il percorso di ricovero dei pazienti con patologie acute. Il Dipartimento e le strutture che lo compongono formano un’ampia rete ospedaliera che fornisce, 7 giorni su 7 ed h24, le attività di pronto soccorso, anestesia e rianimazione, medicina e chirurgia d’urgenza e del
trauma. Afferiscono infatti al Dipartimento Emergenza-Accettazione la Struttura complessa di Pronto Soccorso ed Accettazione, diretta dal dottor Giorgio Parisi, la S.C. di Anestesia e Rianimazione diretta dalla dottoressa Rita Commissari, la Struttura Semplice Dipartimentale di Medicina d’Urgenza diretta dalla dottoressa Alessandra Ascani e la S.C. di Chirurgia Digestiva e di urgenza, diretta dal dottor Amilcare Parisi. Il Dipartimento Emergenza Urgenza, attraverso le Strutture che lo compongono e, soprattutto, il Pronto Soccorso, rappresenta il primo punto di contatto tra il paziente cittadino e l’Azienda Ospedaliera, elemento questo che lo rende ancor più importante. In era pre-Covid, nell’anno 2019 questo Dipartimento ha complessivamente gestito il ricovero in regime di Urgenza-Emergenza di una grande mole di pazienti, pari ad oltre 5.000 ricoveri nelle strutture afferenti al Dipartimento. Nel 2019 si sono avuti circa 45.000 accessi al Pronto Soccorso (ridotti nel 2020, causa covid, di 13.000 unità), oltre 2.500 i pazienti curati nella Struttura di Medicina d’Urgenza, oltre 700 nella Struttura di Rianimazione, mentre nella Struttura di Chirurgia Digestiva e di Urgenza sono stati sottoposti ad intervento chirurgico circa 2.000 pazienti. Questi numeri testimoniano il ruolo centrale e di spicco di questo Dipartimento all’interno dell’organizzazione aziendale. Tuttavia, nell’ultimo anno, il Dipartimento di Emergenza Urgenza è stato il Dipartimento dell’Azienda Ospedaliera di Terni che maggiormente si è dovuto adattare ai bisogni organizzativi ed assistenziali causati dalla pandemia Covid, che ha richiesto una profonda e complessa riorganizzazione del Dipartimento stesso e quindi di ogni struttura ad esso afferente.
Tale riorganizzazione è stata mirata sì a fronteggiare le criticità legate alla gestione acuta dei pazienti affetti dalla Covid19, ma anche a mantenere invariata l’offerta delle cure in area critica per i pazienti affetti dalle patologie non Covid19. In tal senso, afferma il dottor Amilcare Parisi, “va sottolineata e lodata la grande abnegazione e dedizione profuse dal dottor Giorgio Parisi, dalla dottoressa Rita Commissari e dalla dottoressa Alessandra Ascani
Da Sinistra Giorgio Parisi, Rita Commissari, Amilcare Parisi, Alessandra Ascani
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SANTA MARIA DI TERNI che dirigono rispettivamente il Pronto Soccorso, la Rianimazione e la Medicina d’Urgenza, afferenti al Dipartimento per aver efficacemente e tempestivamente riorganizzato ed adattato queste strutture allo scopo di affrontare, con successo, le difficoltà imposte della pandemia e garantendo quindi ai pazienti affetti da Covid e non, le migliori cure seppur in un momento di grande difficoltà per la sanità nazionale”. Pronto Soccorso Il Pronto Soccorso (PS) dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni è inserito, nel contesto del sistema regionale per l’emergenza-urgenza, in un Dea (Dipartimento di Emergenza e Accettazione) di II livello (DGR 970/2012) in ragione della appartenenza ad una azienda ospedaliera di alta specialità e rilievo nazionale con caratteristiche di ospedale di riferimento per i centri limitrofi (centro Hub). Dal 2015 è stato intrapreso
un programma di miglioramento generale della struttura in termini di logistica, organizzazione, formazione e tecnologia. L’epidemia da Covid19 se da un lato ha provocato una netta riduzione del numero degli accessi (circa 13.000 in meno rispetto allo scorso anno), dall’altro ha determinato una profonda riorganizzazione di tutta la struttura alla luce dell’importanza che ha assunto l’Azienda Ospedaliera come struttura regionale di riferimento (insieme a PG) per il trattamento dell’emergenza pandemica. Già dai primi di Febbraio il Pronto Soccorso ha elaborato una procedura interna per consentire il trattamento ottimale dei pazienti Covid + o sospetti tali. - Area Covid: acquisizione di un container per ambulatori visita, collegato a quello già esistente, con relativo arredamento e presenza di monitor, bombole O2 e carrelli. Acquisizione dei locali dell’ex Endoscopia Digestiva con creazione di prese per ossigeno e vuoto allo scopo di poter trattare anche casi a più alta intensità di cura in collaborazione con i colleghi rianimatori. Utilizzo della sala ex ambulatorio oculistico come camera di degenza oppure, all’occorrenza, come sala radiografica tradizionale. L’acquisizione di un nuovo ecografo ha consentito di eseguire esami ecografici in quell’area senza dover ricorrere a quello in dotazione della radiologia. - Percorso pulito-sporco nel “Box Ebola” per la vestizione e la svestizione del personale operante in area Covid; - Creazione di un Pretriage esterno con infermiere dedicato e personale della Croce Rossa in supporto; - Dal periodo estivo l’impiego dei tamponi molecolari ci ha consentito di individuare ulteriormente i pazienti portatori del virus nell’ambito della zona non Covid; - Nel mese di Ottobre è stato eseguito l’ampliamento e l’ammodernamento dell’ex area 118 con creazione di 6 postazioni con Ossigeno e vuoto da impiegare come eventuale area di osservazione, Oss Breve, Sub intensiva oppure Intensiva. - Nello stesso mese si è ulteriormente perfezionato il percorso sporco-pulito con la creazione di una farmacia Covid nell’area precedentemente occupata dalla Polizia di Stato e la creazione di una
farmacia centrale pulita all’interno di un locale ad hoc accessibile attraverso una porta presente all’interno della camera calda. Con l’acquisizione di un nuovo frigorifero per la sala emergenza, se ne è anche potuto dedicare un altro dedicato all’area covid. Medicina d’Urgenza La Medicina d’Urgenza per sua missione istituzionale ricovera solo pazienti da PS con una durata media del ricovero presunta di tre giorni. Dall’inizio della pandemia COVID l’attività del reparto è cambiata, riadattandosi alle esigenze del momento. A marzo, nella FASE 1 della pandemia, al fine di liberare posti letto al quinto piano, destinato a trasformarsi in Area COVID, la Medicina d’Urgenza, dotata di 39 posti letto al piano terra, ha riassorbito gradualmente tutti i pazienti della Medicina Interna, della Clinica Medica, della Geriatria e infine delle Malattie Respiratorie, cambiando completamente la tipologia dei pazienti trattati e del livello assistenziale richiesto. Anestesia e Rianimazione La S.C. Anestesia-Rianimazione riveste un ruolo strategico nella gestione dell’emergenza COVID. Attraverso un processo di riorganizzazione del personale e degli spazi ha potuto e continua a fronteggiare la pandemia con coraggio e professionalità. La necessità crescente di posti letto di Terapia Intensiva per pazienti covid ha richiesto la trasformazione di tutta la Terapia Intensiva no-covid e, successivamente, dell’ex-obi e dell’area ex-118 in Terapia Intensiva covid per complessivi 24 posti letto. A tale riorganizzazione degli spazi per pazienti critici, si è aggiunta la riorganizzazione di tutto il personale necessario. Chirurgia Digestiva e di Urgenza La Struttura Complessa di Chirurgia Digestiva e di Urgenza diretta dal Dr. Amilcare Parisi ha, nonostante le limitazioni imposte all’attività chirurgica in elezione dalla pandemia COVID, continuato ad eseguire interventi chirurgici oncologici di elevata complessità oltre all’attività chirurgica in urgenza-emergenza anche per pazienti affetti dalla COVID19.
Servizio fotografico A. Mirimao
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2020 ANNUS HORRIBILIS Anno Domini MMXX. Un grande settimanale americano, Time, ha compiuto una scelta scioccante, ha messo in copertina il 2020, definendolo l’anno peggiore di sempre e lo ha sbarrato con una croce. Un anno veramente maledetto. Da cancellare, eliminare, dimenticare. Un anno da saltare sul calendario come una disgrazia, un incidente, un errore. Io, al contrario, penso che il 2020 sia un anno da ricordare, da tenerlo bene stampato nella mente. Un anno che ha messo a nudo tutta la nostra fragilità, sia dal punto di vista individuale che collettivo. Un anno che ci ha tolto la possibilità di abbracciarci, di stringerci la mano, di stare vicini, ma che ci ha anche insegnato a combattere per tutto quello che davamo per scontato. A riscoprire la pietà e la cura, come testimoniano le foto scattate negli ospedali e nelle RSA che hanno fatto il giro del mondo. La morte per molto tempo era stata rimossa dalla nostra cultura come un qualcosa di estraneo che riguardava altre zone del pianeta, altre aree geopolitiche lontane dalla nostra. Invece da venerdì 21 febbraio il Covid ha fatto irruzione nelle nostre vite, almeno ufficialmente, perché in pratica già circolava da tempo nelle città, nelle Rsa, negli ospedali, soltanto che non ce ne eravamo accorti. Da quel giorno le nostre città brulicanti di vita hanno assunto un aspetto surreale e spettrale: strade vuote, serrande abbassate che forse non riapriranno più, bar e ristoranti chiusi, traffico limitato. Per la prima volta sono entrati nel nostro vocabolario termini nuovi e inquietanti come zona rossa, zona gialla, zona arancione, distanziamento, sanificazione ecc. Sono tornati drammaticamente in uso termini militari quali lockdown o confinamento e coprifuoco, sconosciuti alla maggioranza della popolazione, essendo la guerra con le sue distruzioni e bombardamenti passata da più di settanta anni. Siamo restati attoniti di fronte alle immagini dei pronto soccorso presi d'assalto, delle terapie intensive piene di corpi estenuati intorno alle quali si aggiravano medici e infermieri vestiti come astronauti, che i media ci presentavano giornalmente. I camion militari che partono da Bergamo carichi di bare sono immagini che restano nella storia e che fanno da linea di demarcazione tra il prima che abbiamo conosciuto e il dopo Covid che è ancora da conoscere. Sono immagini che ci hanno profondamente scosso, cambiato le nostre abitudini, il nostro modo di pensare. Che tutto torni come prima, lo abbiamo detto più volte e lo ripetiamo, è una pura illusione. La pandemia è un trauma storico ed epocale che ha già lasciato un segno indelebile, innescando cambiamenti sociopolitici irreversibili la cui portata è tutta da verificare. Passata la prima ondata con uno strascico drammatico di cinquantamila
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Pierluigi SERI
vittime, il Covid ha momentaneamente perso la sua virulenza durante il periodo estivo in cui ai più sembrò che il peggio fosse passato, invece esso continuava subdolamente a circolare ed è puntualmente riesploso in autunno con una seconda ondata più insidiosa e ancora in atto, in cui è stato raggiunto il triste primato delle settantamila vittime. Un dato molto drammatico che da solo giustifica la frase retorica del Paese in guerra e che dal punto di vista statistico ci porta alle cifre del 1944, l’anno più violento della II guerra mondiale. Cifre tipiche di una guerra, proprio quella che abbiamo sempre rifiutato e addirittura dimenticato. Oggi l’Italia appare un paese invecchiato e spopolato non solo per il lockdown. Alla crisi della sanità pubblica che ha pagato duramente lo scotto di tagli e di “ristrutturazioni” attuati dai passati governi, si aggiunge lo spettro di una crisi economica senza precedenti e che, messe insieme, fanno paura. Vari giornali e servizi televisivi segnalano le lunghe file per le mense, una volta composte prevalentemente da extracomunitari, come un problema più grave dell’affollamento per lo shopping di Natale. Così, in questo ultimo scorcio del 2020, è tornata la paura non tanto del virus, ma della morte solitaria senza accompagnamento, senza un ultimo sguardo dei propri cari. Una morte invisibile. Prima gli invisibili erano le vittime dei naufragi dei viaggi della speranza o degli incidenti nei cantieri. Nel 2020 gli invisibili sono coloro che se ne sono andati nella solitudine più totale, non solo per il Covid. La paura della morte ha stravolto i nostri sistemi politici, ha abbattuto poteri considerati invincibili come quello di D. Trump entrato all’inizio dell’anno da dominatore, ha spinto A. Merkel a commuoversi nel Bunderstag e papa Francesco a pregare a piazza S. Pietro in un vuoto abissale. È stato apparentemente l’anno del trionfo della morte, ma, per paradossale che sia, il convivere con la morte restituisce alla esistenza un senso. Sono convinto che sarà la vita a vincere la tragica partita a scacchi. La vita per cui combattono medici, infermieri e tutti coloro che lavorano negli ospedali e nelle residenze sanitarie, avamposti dell’umanità. La vita per cui si muovono presidi, insegnanti, studenti e bidelli che tra mille difficoltà hanno mandato avanti le scuole. La vita di un apparato produttivo per cui imprenditori, lavoratori, commercianti si battono in mezzo a forti spinte disgregatrici. La vita per cui scienziati hanno trovato a tempo di record un vaccino che dal 27 è stato reso disponibile per i paesi della UE. La vita che unisce e divide come il virus, come ha detto il presidente Sergio Mattarella, sarà lei alla fine a trionfare. La luce in fondo al tunnel. A tutti i lettori un Buon 2021!
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L’AGENTE DI CAMBIAMENTO Quando, agli sgoccioli del 2020, la prima fiala di vaccino è stata iniettata nel braccio della infermiera dello Spallanzani e, poi, in quello del primo anziano solo di una RSA, abbiamo sentito, dentro di noi, che una fase, quella dell’emergenza COVID, si sta chiudendo e se ne apre una nuova. Quella della reazione ad una pandemia storica che non dovrebbe essere ritenuta una parentesi, chiusa la quale, si torna al come eravamo del febbraio 2020. Al contrario, il Virus venuto a trovarci da lontano, creando scompiglio e lutti nella nostra comunità, dovrebbe essere considerato una sorta di agente di cambiamento che ci sospinge verso un modo nuovo e sostenibile di stare al mondo; nella produzione e nel consumo di beni, nel funzionamento delle città e delle nazioni, nelle relazioni fra persone e ceti sociali, nel rapporto fra umanità e natura. Dobbiamo, insieme, sanare ferite e costruire futuro.
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Saremo in grado, in Italia di governare e guidare questa rivoluzione di modello economico e sociale o ne verremo passivamente e confusamente travolti? Questa domanda è multilivello, nel senso che interroga la dimensione statuale, quella regionale ed urbana; interroga il privato, il pubblico ed il terzo settore, il mondo della scienza e del sapere; interroga, insomma, tutte le componenti della società complessa e differenziata in cui viviamo. Anche la risposta dovrebbe essere integrata e multilivello. Speriamo che dietro e dentro le dispute opache e rischiose di questo difficile inizio d’anno, su cabine di regia e progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, attuativo del Recovery Fund europeo, con divagazioni su chi controlla i Servizi segreti, si celi e riesca ad emergere questa consapevolezza. Altrimenti, un paese fragile, in ritardo,
Giacomo PORRAZZINI
diviso ed indebitato come il nostro rischia di perdere un appuntamento cruciale con la storia. Abbiamo appena quattro mesi per avanzare proposte e progetti coerenti e sei anni per realizzarli. Il treno per il domani non ci aspetta e non ripassa. Il nostro Paese può scrivere una pagina nuova della sua storia, dimostrando di essere in sincrono con le grandi speranze, le sfide ed i cambiamenti dell’Europa e del mondo. Perché tutto ciò avvenga è indispensabile che la pagina nuova, scritta con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e con il correlato Piano nazionale delle riforme (PNR), parli di sviluppo sostenibile; uno sviluppo che non solo integri economia, ambiente, clima e società, ma che esprima la sua potenza di cambiamento nell’affermazione del valore della inclusività e della giustizia sociale. Perseguire tale valore vuol dire includere nel progetto di trasformazione ed innovazione le visioni, le proposte, le
forze vitali delle comunità territoriali; ascoltare, cioè, la voce delle grandi aree metropolitane, delle città internazionali, ma, nondimeno quella delle città medie, dove vive la metà della popolazione europea e dove le ferite sociali d economiche della pandemia sono state più evidenti e visibili, con le nuove povertà che riempiono le mense caritatevoli e sistemi produttivi e commerciali deboli, spesso non innovativi, che vedono il cedimento dei loro pilastri portanti, come la piccola impresa e l’artigianato, il piccolo commercio al dettaglio ed il turismo, le fragili strutture ed attività culturali. La stessa Organizzazione delle Nazioni Unite che ha lanciato a livello globale, con la sua Agenda 2030, il tema cruciale e la sfida epocale dello sviluppo sostenibile, afferma che essa sfida si vince o si perde nelle città. Nelle città del mondo, appena il 2% della superficie del pianeta, vive infatti il 66% della popolazione mondiale, con stili di vita che producono una pesante impronta ecologica sulla biosfera che ci ospita. Mentre le grandi città dispongono, spesso, delle competenze e delle risorse umane e materiali necessarie per misurarsi con questa prova così difficile, non altrettanto si può dire per le città medie e piccole, spesso circondate da un sistema satellitare di piccoli e piccolissimi Borghi
e municipalità minori. Tale realtà urbana, così articolata, dispersa e sotto dotata di risorse strategiche, dovrebbe provare a riorganizzarsi in reti di città, in un arcipelago urbano, al fine di concepire ed elaborare progetti di nuovo sviluppo sostenibile in una dimensione gestionale adeguata, capace anche di mobilitare, coordinandole, tutte le specificità storico culturali ed economiche dei singoli insediamenti come risorse essenziali da spendere in questa prova del nuovo sviluppo. Se la sostenibilità deve essere la guida delle politiche di sviluppo, partendo dai territori, è necessario che nei territori stessi, a livello regionale, intercomunale ed urbano, si compia una approfondita e veritiera verifica sul grado di convergenza o divergenza degli indicatori sociali, economici ed ambientali dai valori ritenuti congrui dagli schemi di valutazione internazionale e nazionale della sostenibilità. Da tale analisi critica occorre ripartire per un progetto di nuova città. Oggi, con l’esperienza dell’impiego, su larga scala, del lavoro e della formazione a distanza, con l’auspicabile balzo in avanti nella dotazione territoriale delle infrastrutture digitali, le aree vaste degli insediamenti umani, con i loro centri grandi e piccoli, possono essere ridisegnate, per distribuire
in modo meno accentrato le funzioni urbane e per offrire occasioni di residenza abbinabile al lavoro, anche in realtà ritenute, sinora, periferiche e marginali. Vi è l’occasione di far tornare ad essere risorse strategiche per vivere e lavorare, un ambiente sano e pulito, antiche culture e tradizioni, beni naturalistici e culturali caduti nel dimenticatoio della concentrazione di funzioni direzionali e del consumismo. Un modello di sviluppo più “dolce”, in equilibrio con la natura e con i valori più autentici della socialità comunitaria, può ben rivelarsi compatibile con una città non solo “rinaturalizzata” da grandi progetti di riforestazione urbana, ma con una geometria degli insediamenti e delle funzioni più articolata e diffusa nel territorio. Il tema della nuova città è tornato ad essere strategico nel tempo della crisi climatica e dello sviluppo sostenibile; dispersa, finalmente, la nebbia della pandemia, dobbiamo tornare a vedere nitidamente l’orizzonte di un futuro possibile per l’umanità: quello della sostenibilità dello sviluppo, nella sua complessità sistemica. Speriamo che questi temi tornino ad essere centrali, per rianimare e qualificare un discorso pubblico che, con l’eccezione dei giovani, mostra ancora di non nutrirsi di tale consapevolezza.
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TERNI CITTÁ CARDIOPROTETTA
A
Piacenza oltre 60.000 persone sono in grado di intervenire in modo adeguato in caso di arresto cardiaco improvviso mentre la città è stata dotata di centinaia di defibrillatori semiautomatici. Un risultato straordinario ottenuto con un percorso iniziato 20 anni fa. A Terni abbiamo iniziato solo un anno fa ma di strada già ne abbiamo fatta. Oltre 400 persone sono state già abilitate, mediante numerosi corsi BLSD, all’uso del defibrillatore, altre centinaia di persone hanno effettuato corsi informativi on line, 7.200 persone sono state sensibilizzate con manifestazioni realizzate nelle piazze. Iniziative sono in corso per la scuola primaria, mentre per i ragazzi più grandi saranno effettuati corsi BLSD. Gli stessi sono stati realizzati anche per le associazioni sportive e culturali e per la Polizia Locale di Terni e di Amelia le cui pattuglie vengono dotate di defibrillatori. In molti posti di lavoro, a partire da quelli pubblici frequentati da migliaia di persone (Comune di Terni e Camera di commercio),
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si stanno effettuando corsi. Grazie ad incentivi dell’INAIL potranno essere dotati anche di defibrillatori. Interi quartieri saranno interessati dalla formazione e saranno dotati di defibrillatori. C’è inoltre un concorso (video, componimenti, disegni mirati alla cultura del pronto intervento in caso di pericolo, con particolare riguardo all’arresto cardiaco improvviso) rivolto agli studenti umbri. La pandemia ha costretto anche all'utilizzazione del mezzo televisivo con corsi che hanno interessato ulteriori diverse migliaia di persone. Si sta anche realizzando, in forma sperimentale, il progetto del tutto innovativo a livello mondiale From sky to heart che prevede la realizzazione di un drone appositamente progettato in grado di far arrivare, in sinergia con il Servizio del 118 (ora sarà il 112), un defibrillatore in pochissimi minuti sul luogo dell’evento anche quando esso avviene in montagna o in luoghi non rapidamente accessibili con i normali mezzi di soccorso. Questo progetto ha suscitato anche l’interesse della stampa estera e di alcuni
altri Paesi che con i loro rappresentanti diplomatici hanno già partecipato alle manifestazioni realizzate a Terni nel febbraio 2020. Tutte queste iniziative rientrano in diversi e distinti progetti che tuttavia sono sinergici tra loro e fanno parte di un unico disegno teso a rendere effettivamente Terni una città cardioprotetta. Si punta su tre pilastri: 1) Istallazione di defibrillatori in città e realizzazione di un drone in grado di far arrivare sul luogo dell’evento in pochissimi minuti un defibrillatore. 2) Una vastissima campagna di informazione che coinvolge diverse migliaia di persone e anche l’abilitazione di centinaia di cittadini all’uso del defibrillatore 3) Una campagna sulla prevenzione e sui corretti stili di vita. A tenere le fila i projects manager Marisol Germania Flores e Gino Venturi.
COLLABORATORI DEI PROGETTI
Evento dimostrativo a Piazza Tacito a cui hanno partecipato anche alcuni Consoli e Ambasciatori dell’America Latina
IL 76% delle persone colpite da arresto cardiaco si salva se viene usato un defibrillatore automatico esterno (DAE) entro i primi 5 minuti Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi la principale causa di morte in Italia con oltre il 41% dei decessi registrati ogni anno. In media viene colpita una persona ogni 8 minuti e 45 secondi. In Italia muoiono ogni anno 60.000 persone a causa di arresto cardiaco improvviso. Il 76% di coloro che subiscono un arresto cardiaco può essere, però, salvato grazie ad un intervento di primo soccorso rapido ed adeguato. La mancanza di apporto di ossigeno alle cellule cerebrali produce lesioni che iniziano dopo 4-6 minuti e sono dapprima reversibili, ma diventano irreversibili dopo circa 10 minuti di assenza di circolo. L’attuazione di procedure atte a mantenere un’ossigenazione d’emergenza può interrompere la progressione verso una condizione di irreversibilità dei danni tissutali. Qualora il circolo venga ripristinato, ma il soccorso sia stato ritardato o inadeguato, l’anossia cerebrale prolungata si manifesterà con esiti di entità variabile: stato di coma persistente, deficit motori o sensoriali, alterazione delle capacità cognitive o della sfera affettiva, ecc. Le possibilità di prevenire il danno anossico dipendono dalla rapidità e dall’efficacia delle procedure di soccorso, ed in particolare dalla corretta applicazione della “catena della sopravvivenza”. La morte cardiaca improvvisa (MCI) è dunque decisamente frequente, ma su di essa, ad oggi, emerge, a fronte di un elevato fervore scientifico, una carenza generale di conoscenza e di interesse a livello istituzionale e sociale. L’unico trattamento efficace di un arresto cardiaco causato da fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare senza polso è una rapida defibrillazione utilizzando il defibrillatore semiautomatico esterno nel minor tempo possibile. Se riuscissimo ad aumentare la percentuale di RCP immediata dall’attuale 15% potremmo salvare tante persone ogni anno. Dobbiamo, quindi, cercare di migliorare la percentuale di sopravvivenza poiché sappiamo che la maggior parte dei cittadini italiani non sa come iniziare le manovre di RCP, a partire proprio dalla nostra abitazione e nei luoghi dove maggiormente passiamo il nostro tempo libero, lavorativo e/o sportivo. La diffusione, della cultura della rianimazione di base abbinata alla possibilità di una precoce defibrillazione, permette di aumentare la sopravvivenza della vittima colpita da arresto cardiocircolatorio 8 volte su 10. Sito ufficiale progetti: www.fromskytoheart.org Link concorso Scuole: https://www.fromskytoheart.org/concorso-scuole/
ACSI Nazionale - Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero ACSI Terni - Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero ADOC Nazionale - Ass.ne per la Difesa e l’Orientamento ai consumatore AdV Gruppo Campanari Arrone AGCI Umbria - Ass.ne Generale Cooperative Italiane AGESCI - Gruppo Scout Terni 3 AIM Umbria - Associazione per l’Italia nel Mondo Amatori Podistica Terni Ambulaife Terni ANACI - Associazione Nazionale Amministratori Immobiliari - Terni ANCeSCAO Comprensorio Umbria Sud e Centri Sociali ARCI Caccia - Terni ARI Terni - Associazione Italiana Radioamatori ARPAL Umbria - Centro di Formazione Professionale ASD Montefranco ASD Nordic Walking Terni “Strada Facendo“ ASD Olympia Thyrus ASL 1 Umbria ASL 2 Umbria Associazione “Heart and Heand” Associazione “Terni al Centro” Associazione “Terni città dell’amore” Associazione Aquilone aps Associazione Culturale La Pagina Associazione Culturale Sin Fronteras Associazione Il Punto Assistenza Famiglia Camera di Commercio di Terni Casa Editrice Projecta Cattedrale di Santa Maria Assunta (Duomo di Terni) CCEP dell’UNLA APS CEFUL - Centro Formazione Universitaria e Lavoro CIAV - Centro Iniziative Ambiente Valnerina Collebertone In Umbria srl Comitato San Bernardino - Montefranco Comune di Amelia Comune di Arrone Comune di Ferentillo Comune di Perugia Comune di Polino Comune di Terni Comune di Todi Comitato San Valentino Terni Confartigianato Imprese - Terni Confraternita di Misericordia di Terni Cooperativa Sociale Helios Corpo Infermiere volontarie CRI Terni Croce Rossa Italiana - Comitato di Avigliano Umbro Croce Rossa Italiana - Comitato di Terni D.F. Video Didasko Cooperativa Sociale EffepielleLab s.r.l. ENDAS Umbria ENIS Umbria Farmacia Cascelli Elisabetta - Arrone FarmaciAterni spa FIASP Fondazione Aiutiamoli a Vivere - ONG Fondazione Prosperi di Catagnola - ONLUS Futura Hospital S.A.S. Ist. Omnicomprensivo IPSIA “Sandro Pertini”- CPIA Terni Istituto Comprensivo Statale “G.Fanciulli” - Arrone Istituto Comprensivo Statale “Giovanni XXIII” - Terni Istituto Leonino - Terni Istituto Tecnico Tecnologico “Allievi-Sangallo” l’Aiutarella aps Lions Club Terni dei Naharti LUI - Libera Università Interamnense Moda e Cultura srl OPPA - Opera Pia Pubblica Assistenza Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri - Terni Ospedale Santa Maria della Misericordia - Perugia Panathlon Club Terni Pandora A.P.S. Parrocchia S. Matteo Apostolo ed Evangelista Pratomanente srl Progetto Vita Piacenza Programma Radio Vaticana “Hola mi gente-Ciao amici” Proloco di Ferentillo Provincia di Terni RelAzion’Arti aps Rem Visioneventi Rete Secietà Cooperativa Sociale Rivista GrandHotel Rotary Club Roma Antropos Salus Umbria Terni srl Servizi Formazione srl Servizio Regionale Umbria Emergenza - Urgenza 118 Siralab Robotics srl SmartSave UIL FPL nazionale UIL Scuola - Terni UIL Terni UNIAT aps Università Telematica Pegaso UNVS - Unione Nazionale Veterani dello Sport - Umbria Vivi il Borgo srl
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La VITA è BELLA senza il motore a scoppio Q
uando, al termine delle vacanze d'agosto, lasciavo il monte (Terminillo) per tornare in città (Terni), mi coglieva la sensazione di attraversare la linea di confine tra la Adriano MARINENSI civiltà del silenzio e la decadenza del baccano. Il problema primario stava (ed è rimasto) lungo le strade, regno sovrano dei veicoli rombanti, con l'aggiunta del sottofondo suonato dalle fabbriche, il resto delle cacofonie indotto dalle altre rumorose attività umane, che tormentano la quotidianità urbana. Persino la musica, se sparata ad alto volume, diventa avversa ed anche quella obbligatoria suonata al supermercato, nelle botteghe e persino nella sala d’aspetto del medico della mutua. Sono questi alcuni soltanto dei rumori di fuori. Poi ci sono quelli di dentro. Il televisore che buca la parete, lo sbattere della porta accanto, le note assillanti del pianista principiante, il cane che latra nel balcone di rimpetto, la signora del piano di sopra che tacchetta implacabile. Sono le delizie di condominio. Perché, l'uomo moderno, nel costruire l'ambiente di vita, ha fatto il baco da seta: si è costruito attorno il bozzolo, però non di filo pregiato, ma di cemento armato. Sto parlando del rumore nemico della salute, avversario del pensiero, aggressore della creatività intellettuale. Perciò, molesto. Negli agglomerati urbani è stato imposto il frastuono come inevitabile compagno di vita. Una parte rilevante di questo putiferio è generato dal motore a scoppio. Guardando al futuro, mi è sorto un senso d'invidia verso i nati da poco. Non per il privilegio della giovinezza; ancor più per l'ulteriore vantaggio di dipanare l’esistenza in future città taciturne rispetto ad oggi. Ormai la rivoluzione è iniziata: il trasporto a batteria sta invadendo il campo e apporterà benefici anche in termini di vivibilità. Rimarrà il corri, corri de li presciolosi (Trilussa), però sarà silente, in quanto il motore elettrico è muto. Le case automobilistiche sono scese in campo: la nuova tecnologia sta diventando l'indicatore del mercato, del domani senza scoppio, della seppur relativa tranquillità. La "bonifica ambientale" porterà il sostanziale abbassamento di livello dell' inquinamento atmosferico, la componente nociva dell’aria immessa dai tubi di scappamento. Il cambio di profilo lo hanno già dimostrato le gare automobilistiche di Formula E. Certo, ci sono alcuni problemi da affrontare. Risolto quello dell’autonomia, sulle lunghe distanze, il più gravoso si riferisce alla disponibilità di una rete di rifornimento capillare e veloce. Le colonnine elettriche dovranno essere tante ed a portata
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di mano. Quanto ai tempi di ricarica, se dovesse restare più semplice "fare il pieno" nei distributori di benzina, il passaggio all’elettrico avrebbe un ostacolo rilevante. Nella circolazione urbana sono entrati pure monopattini e biciclette elettriche: occorrerà ragionare della loro presenza sulla strada, onde ridurre situazioni di pericolo. Altrimenti questi mezzi alternativi finiranno per diventare dei vasi di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro. Il monopattino, che fu il divertimento sognato da noi fanciulli, si è trasformato in un mezzo di locomozione. A chi lo usa (soprattutto i giovani) va specificato che un giocattolo non lo è più. Il movimento stradale senza far rumore presenta un ulteriore inconveniente che merita considerazione: gli automezzi a scoppio, si annunciano da soli, a suon di baccano. Proprio la mancanza di sonorità del propulsore a batteria genera rischio per gli altri motorizzati ed ancor più per i pedoni. C'è quindi l'esigenza di dotare l'elettrico di efficaci segnalatori. Per carità, tecnologici, non chiassosi. Stiamo andando verso l'automazione a presa e spina e i nostri discendenti diventeranno un popolo di ricaricatori. Qualche inconveniente ci sarà che però non potrà diminuire il salto d'epoca ad elevato contenuto civile. E sanitario. Per questo, poc'anzi ho scritto "invidio i nati da poco". Proprio i giovani, che guardano disincantati l'avanzata della batteria, godranno il tempo dello stare insieme senza alcuni dei tormenti della cosiddetta vita moderna. Non ci saranno più per loro i tubi di scappamento e, meglio ancora, il movimento detonante. Un nuovo modo di stare insieme con meno stress e frenesie. Alcune decine di anni fa, il pensionato siderurgico ternano usciva dall'Acciaieria senza più le orecchie per sentire. Oggi è la città che ti percuote i timpani e per darti inganno induce assuefazione. Concludo scrivendo che, a Terni, in fatto di rumori e silenzi, si registra un fenomeno bizzarro. Dove dovrebbe esserci rumore c'è silenzio e viceversa. C'è silenzio nel mondo della politica che dev'essere matrice di permanente confronto di idee e proposte. Si tace dentro e fuori le sedi dei partiti e i partiti non sono più il motore di ricerca del consenso conquistato nel continuo contatto con i cittadini, il sindacato, un tempo presenza vivace e autorevole, “spara” con il silenziatore in canna, i centri di promozione culturale - compreso il Polo universitario decadente - balbettano, le componenti sociali ed economiche sussurrano, il ruolo propulsivo e rilevante dell’Ente locale ha perso efficacia. Ho elencato i soggetti principali che danno contenuto alla democrazia, con lo scopo, un po' patriottico, di operare una generale chiamata di responsabilità utile al rilancio della comunità ternana, in passato protagonista di progresso nell'industria e nel lavoro.
Lineamotori giugno 2020 OK_linea1 16/06/2020 15:55 Pagina 32
PILLOLE DI INSIPIENZA PER L'ANNO CHE SARÀ 1. Non c’è bisogno che indossi abiti strappati per sembrare un pezzente 2. Se non sai ascoltare, perché parli? 3. Chi non sa dimostrare s'infuria e blatera come un’oca scema 4. È bello essere felici: fallo sapere ai ministri di sofferenze e penitenze 5. Non dire ad uno sciocco di essere tale: ti prenderà per sciocco 6. Di che segno sei? Segno d’uomo, risposi 7. Preferisco un diavolo custode 8. Non ti vantare, fai pena 9. Ciò di cui sai meno di niente, non andarlo a riferire 10. Credi a pochi: tu stesso, forse
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CASE POPOLARI al Convento di S. PIETRO in Terni A
Dr. Ing. Giuseppe BELLI Presidente TernIdeale
Associazione culturale che si occupa della conservazione dell’identità cittadina
lcuni giorni fa sono state pubblicate su pagina di fatti locali notizie che ci hanno profondamente sconcertato: al centro della città storica e più precisamente negli immobili adiacenti la chiesa di San Pietro (l’antico Convento del 1200/1300) è prevista da tempo, con decisione della trascorsa Amministrazione Comunale, la realizzazione di case popolari per “giovani coppie”. Decisione più pazza non poteva essere presa, su un immobile datato e conservato per quasi un millennio, poiché vengono previste realizzazioni di civili abitazioni, certamente dopo necessari stravolgimenti edilizi, quando queste potrebbero essere realizzate nel perimetro esterno della città storica anche con minore dispendio economico. Tuttavia quello che è apparso più grave è che nessuno abbia considerato che la cosa più corretta sia quella di conservare un bene prezioso e significativo da utilizzare per una destinazione più consona e confacente alle necessità culturali della città come mostre, concerti ecc.. Ci risulta che nemmeno la Soprintendenza, a suo tempo, abbia dato indicazioni diverse; del resto anche altri problemi della nostra città le sfuggono. Ma la maggiore meraviglia è che nessun ternano abbia mai avuto il coraggio di denunciare questi fatti. Certamente appare molto strano che l’A.C. precedente abbia potuto dare consensi a così incredibile proposta; speriamo che oggi chi di dovere faccia prevalere l’interesse della città e non quello della politica. Comunque la non conoscenza di fatti così determinanti per la città ci fa molto riflettere e i casi sono solo due: o nessuno legge più le notizie che ci riguardano o la città è caduta culturalmente tanto in basso da non preoccuparsi più della vita che la circonda come se fosse di un altro pianeta; probabilmente le persone accettano passivamente volontà prese dall’alto dove nessuno si preoccupa se le decisioni prese siano quelle giuste. Ma chi si ricorda dei princìpi fondamentali della Costituzione che prevedono la tutela del Patrimonio Culturale? Cogliamo l’occasione per rinnovare il nostro rammarico per tutte le opere significative della città in completo abbandono, tra le quali Villa Palma e il Convento di Colle dell’Oro entrambi in pericolo di crollo, la chiesa di S. Maria delle Grazie e immobili come la villa del barone Franchetti a Villalago e tanti altri nel centro storico nel totale inutilizzo. Inoltre segnaliamo la seconda violenza che si vuole realizzare per il Teatro Verdi, vincolato nel 2015, con un progetto che cancella ogni traccia dell’originario teatro ottocentesco e il non rispetto delle aree circostanti il nostro Anfiteatro Romano. Rivolgiamo infine un appello a chi ha il diritto/dovere (enti pubblici e/o privati) di intervenire perché si attivino a non far perdere altre consistenti ed importanti testimonianze del nostro passato.
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La Nuova Superiore Civiltà
É Valeria IACOBELLIS
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un periodo strano questo, sospeso tra l’incertezza del futuro e la consapevolezza che quello che abbiamo già vissuto non ritornerà… Ho sentito dal primo momento in cui è esplosa questa terribile pandemia, l’esigenza profonda di non chiudermi in me stessa, ma invece di aprirmi totalmente a tutte le sollecitazioni esteriori ed interiori, perché sento, in un modo che non riesco ancora a comprendere del tutto, che questo pezzo della nostra vita ha un profondissimo significato. Anche nel termine coronavirus può leggersi il simbolo della corona che, nella visione spirituale dell’Essere, riporta l’attenzione a riscoprire il proprio valore profondo, la regalità dell’individuo che, se connesso allo Spirito, diviene sovrano di sé stesso. Forse non è poi così casuale tutto questo, forse è veramente arrivato il tempo di riprendersi la corona, uscire da tutti gli automatismi frenetici che ci hanno condotto ad una sopravvivenza più che ad un Vivere. Avendo intrapreso una sorta di cammino spirituale senza seguire alcuna guida, ma solo il mio istinto, ho colto da tempo, all’interno della società, la presenza di singoli o gruppi di persone, che si interrogano sui motivi per cui la società di oggi mostra i segni di un inevitabile crisi di civiltà. In molti, sicuramente i più illuminati, vedono in questo preciso momento storico un chiaro messaggio della Madre Terra, che ci sta dando un profondo insegnamento per ripartire su basi nuove. Qualcuno, tempo fa, ben prima dello scoppio della pandemia, ha ipotizzato la nascita di una nuova superiore civiltà, che come la Fenice dovrebbe nascere proprio dalle ceneri della Civiltà Moderna, in profonda crisi organica. Si assiste infatti al progressivo crollo dei tre pilastri su cui poggia: il pilastro economico con la crisi dell’industrialismo, del consumismo e del capitalismo; il pilastro politico, con la crisi dello Stato Nazionale, dei partiti politici e della
burocrazia di governo; il pilastro culturale, con la crisi delle ideologie, delle scienze sociali e del positivismo. Avevo stampato l’e-book di Pasquale Misuraca e Luis Razeto La Vita Nuova da almeno un anno. Mi ero ripromessa di leggerlo quanto prima. Lo scoppio della pandemia è stata l’opportunità che aspettavo per accostarmi a quest’opera molto ambiziosa. Si ripercorre innanzitutto la storia della Civiltà Moderna, che ha origine nella critica della civiltà medievale e nell’elaborazione del nuovo, che si manifesta apertamente con Rinascimento ed Umanesimo. La crisi della civiltà moderna non è degli ultimi anni che stiamo vivendo, ma viene fatta risalire ad oltre cento anni fa, in concomitanza con le due guerre mondiali. Proprio nella prima metà del XX secolo esplosero infatti tutte le contraddizioni della civiltà moderna, dando luogo a grandi e prolungate crisi economiche, due terribili guerre mondiali e brutali dittature di diverso segno ideologico. Già un secolo fa si poteva leggere la crisi dell’industrialismo con il problema della sovrapproduzione, per superare il quale, i maggiori Stati necessitavano di espandere i propri mercati, ottenere più risorse naturali e disporre di manodopera a basso costo. La Seconda Guerra Mondiale risolse provvisoriamente il problema della sovrapproduzione, mediante l’enorme domanda di risorse, prodotti e servizi, che generò negli Stati che parteciparono ad essa. Le conseguenze sono state circa mezzo secolo di progresso e crescita costante della produzione, espansione dell’accesso ai beni e servizi, stabilità politica, ma contemporaneo e progressivo declino culturale e morale, come conseguenza del consumismo, dello Stato paternalista e della corruzione politica. L’insorgere della pandemia, che qualcuno ha ribattezzato la peste del XX secolo, ha reso più evidente la crisi di civiltà.
Tuttavia, accanto a questi fenomeni, si manifestano dinamiche di senso diametralmente opposto, fatte proprie da alcuni individui o piccole comunità che diffondono una nuova cultura, che può rappresentare il germe della Nuova Superiore Civiltà. Gli intellettuali moderni sono scettici sulla possibilità di creazione di una Nuova Superiore Civiltà, in quanto concepiscono la storia come un processo naturale, indipendente dalle persone e soggetto a leggi obiettive. La creazione di una nuova civiltà richiede invece il superamento di questo determinismo storico, che induce alla passività, per comprendere che invece la storia può essere orientata e guidata dagli esseri umani, provvisti di creatività e capacità di autodeterminazione.Ogni civiltà nasce all’interno della precedente come risposta delle persone più lucide e pensanti, che diventano, prima degli altri, consapevoli del fatto che i gravi problemi reali non potranno mai trovare risoluzione nel quadro della civiltà che declina, ma occorre la creazione di qualcosa del tutto nuovo. I tre elementi fondamentali su cui dovrebbe poggiare la nuova civiltà sono la creatività, l’autonomia e la solidarietà. Indispensabile è l’adesione personale al progetto. Quindi presuppone un grande mutamento interiore. Il primo pilastro sarà la creatività, in opposizione alla massificazione e standardizzazione della società moderna. Sarà indispensabile infatti sperimentare prima di tutto in noi stessi un processo di trasformazione e sviluppo personale, che ci allontani dal consumismo, dalla competizione, dal pensiero comune e dalla subordinazione ai modi di pensare del sistema. La cosa più importante sarà quindi la capacità di uscire dalla passività e dalla standardizzazione anche nei processi educativi e di apprendimento. Il secondo pilastro della Nuova Civiltà sarà l’autonomia, come recupero per sé delle condizioni di vita e perseguimento con coerenza e con la ferma volontà di raggiungerlo. L’autonomia dovrà esplicarsi in ambito economico, politico e culturale. Significherà riprendere il controllo della propria vita, sia nelle scelte di consumo, che nella gestione del tempo dedicato al lavoro, che nell’amministrazione delle proprie finanze. Il terzo pilastro della nuova civiltà sarà l’autentica solidarietà, ben diversa dalle forme cristiane della carità e dall’assistenzialismo dello Stato. Si tratterà invece di reale condivisione, di espansione
degli obiettivi individuali, integrati all’interno di una coscienza collettiva, che li assumerà come propri del gruppo. La trasformazione profonda degli individui, che diventeranno interiormente creativi, autonomi e solidali creerà le basi di una nuova cultura e di una nuova economia, i cui pilastri saranno il buon consumo, il buon lavoro e il buon mercato. Come tutti sappiamo il consumismo della società moderna, diretto dalla pubblicità, porta le persone a vivere i propri bisogni in maniera da diventare passive, dipendenti e competitive. La prima trasformazione riguarderà pertanto la percezione da parte degli individui degli autentici bisogni, non indotti dalla realtà esterna, bensì realmente sentiti come carenze, rispetto all’obiettivo primario della realizzazione del soggetto come persona umana integrale. Se il bisogno verrà riorentato dagli individui creativi, autonomi e solidali, nascerà non solo il buon consumo, ma anche la buona produzione, che mirerà all’espansione di ciò che realmente serve, eliminando ciò che non è necessario. Ci sarà pertanto lo sviluppo di settori come l’agricoltura, la produzione di beni e servizi fondamentali, la comunicazione, la cultura, con progressivo miglioramento dell’ambiente e della qualità della vita. Tutto ciò può sembrare utopico soprattutto agli occhi degli intellettuali moderni, ancora immersi nel razionalismo della civiltà morente… La nuova civiltà in embrione, invece, parla un linguaggio diverso, più spirituale, in contatto profondo con l’Energia della Madre Terra, che è l’unica costante maestra della storia del mondo e che insegna l’Eterno ciclo del mutamento, declinato in Vita-Morte-Vita. Una mia amica molto illuminata mi ripete come un mantra questa frase: “Ama e segui i tuoi desideri con coraggio”. Secondo me in queste parole essenziali è racchiuso tutto il percorso di questa nuova umanità, che alla cieca paura si opporrà con la serena fiducia nel trasformativo, rendendosi parte attiva di questo processo. Quindi abbandoniamoci fiduciosi a questo percorso naturale di rinnovamento e lasciamo che muoia ciò che deve definitivamente morire, per fare spazio al Nuovo e lasciare germogliare in noi stessi, nel profondo della nostra interiorità, i semi della Nuova Superiore Civiltà.
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SE SIAMO UNITI CE LA FAREMO N
Vittorio GRECHI
on fatevi portare fuori strada dal titolo: non intendiamo parlare del virus! Già ce ne sono troppi che ne parlano creando più confusione che chiarezza! Basta un “esperto”, o ritenuto tale dal giornalista che lo interpella, a dare un giudizio difforme da quello sul quale avevano più o meno concordato tutti gli altri, per creare panico fra la gente che ascolta e non ha gli strumenti culturali per dipanare la matassa. Noi invece vorremmo raccontare una storia accaduta negli anni ’50 del secolo scorso e precisamente poco prima delle elezioni politiche del 7 giugno 1953. È bene ricordare che la campagna elettorale fu molto infuocata perché il 31 marzo dello stesso anno era stata approvata una modifica alla legge elettorale del 1946, introducendo un premio di maggioranza consistente nell’assegnazione del 65% dei seggi della Camera dei deputati alla lista o al gruppo di liste collegate che avesse superato il 50% dei voti validi. Tale legge fu bollata dalle opposizioni come Legge Truffa e, sotto questo perfetto slogan da propaganda politica, si svolse la rovente campagna elettorale. Oltre ai comizi effettuati fin nelle più remote frazioni, furono sguinzagliati, da tutti i partiti di massa, gruppetti di propagandisti che andavano casa per casa a convincere la gente, specialmente nelle ore vicine ai pasti per trovare le famiglie al completo. Uno di questi gruppetti, composto da tre uomini di varia età, bussò alla porta di un contadino con famiglia numerosa, dove c’erano almeno sette persone in età di voto. Ovviamente si conoscevano, come si conoscevano quasi tutti nei piccoli paesi in quegli anni. Era un tardo pomeriggio domenicale e, dopo i saluti e i convenevoli, gli ospiti furono fatti sedere e fu loro offerto il classico bicchiere di vino. Sorseggiando un ottimo rosso, entrarono subito in argomento senza giri di parole. Bisognava essere uniti per riuscire a vincere queste elezioni e lo slogan facile, più adatto per l’ambiente
Una storia accaduta negli anni ’50 del secolo scorso e precisamente poco prima delle elezioni politiche del 7 giugno 1953.
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contadino, fu pronunciato in dialetto: Se semo uniti je la facemo! Questo slogan veniva ripetuto spesso e a turno dai tre ospiti mentre spiegavano l’importanza di quel voto. Sopra al grande tavolo della cucina c’era un canestro di fave e sopra il battilardo c’era una spalletta di maiale ormai ridotta di circa la metà. Il padrone di casa notò i loro sguardi e ordinò alla moglie di affettare un po’ di pane ancora croccante, uscito dal forno a legna la sera prima, mentre lui si mise ad affettare la spalletta e a distribuire le fave. Gli ospiti accettarono con entusiasmo, perché il profumo di pane che avevano avvertito appena entrati e tutto quel bendidio sul tavolo avevano risvegliato in loro i noti morsi della fame. “Beh, tu non ce fai compagnia? Che ce fai magnà da soli?” E allora giù tutti a mangiare mentre il bottiglione piano piano si svuotava. In questa comunione di beni, il discorso politico si era quasi spento. Affiorava solo lo slogan se semo uniti je la facemo, pronunciato a turno da tutti, beninteso dopo aver ingoiato il boccone e bevuto un bel sorso di vino. Andò avanti così per qualche tempo, poi il più anziano del gruppo che sembrava essere il capo, si alzò, ringraziò per l’ospitalità, per l’ottima spalletta e l’ottimo vino, ricordando per l’ennesima volta che se semo uniti je la facemo, lasciò i santini elettorali, i facsimile delle schede già votate per ciascun componente in età, più un paio per il bambino affascinato da quei colori, e uscì seguito da tutti gli altri. Appena usciti, la moglie aggredì il marito di aver fatto troppo il grande, mostrando quanta poca spalletta era rimasta, ma il marito la zittì e si avvicinò alla finestra. Sentì allora il più giovane dei politici che, bofonchiando nel vicolo di sotto, accusava il capo che con la sua fretta aveva impedito di raggiungere lo scopo dello slogan elettorale, sostenendo che se semo uniti je la facemo era rivolto alla spalletta e invece non avevano fatto in tempo a finirla. Il contadino li sentì ridacchiare tutti e tre e si convinse ancor di più che le donne erano in grado di capire al volo l’evolversi delle situazioni, molto meglio del diavolo.
UN’OASI DI BENESSERE NEL CUORE VERDE DELL’UMBRIA In Umbria, cuore verde d’Italia, in località San Felice Terme, tra i comuni di Assisi, Spello e Cannara, sorge la stazione termale Terme Francescane Village. La zona ricca di storia con numerosi reperti di Terme Romane come testimoniano i reperti archeologici rinvenuti ad Assisi, Spello, Bevagna e Cannara e come sottolineato da citazioni come quella dello storico del XVII secolo Fausto Gentile Donnola che, parlando delle sorgenti adiacenti allo stabilimento, ne esaltava le virtù terapeutiche: L’acqua perfetta e per uso dei bagni et hoggi ancora serve detta acqua per chi patisce di male di fegato e di difficoltà ad urinare. In un rigoglioso parco tematico con monumenti, piazze e vie dedicate alla storia francescana che in queste zone ha tratto le sue origini e lasciato le sue principali tracce, sgorgano a valle, provenienti dal Monte Subasio (citato da Dante nell’XI Canto del Paradiso nella Divina Commedia), sorgenti dalle numerose proprietà Terapeutiche riconosciute e certificate dal Ministero della Salute. Il Parco, con all’interno uno splendido laghetto ricco di fauna locale, conferisce al luogo un’atmosfera d’incanto regalando sensazioni di grande relax che amplificano il piacere dei soggiorni, delle terapie e dei percorsi benessere. Le aree circostanti sono fornite di ampi parcheggi riservati unicamente ai clienti che usufruiscono dei servizi presenti nella stazione termale (cure termali, soggiorno, centro di fisioterapia e riabilitazione, aree di servizi e ristoro). L’acqua che si sfrutta presso lo stabilimento Terme Francescane Village è un’acqua solfurea. Le acque di questo tipo vengono impiegate da secoli nelle strutture termali per la cura di varie patologie: malattie otorinolaringoiatriche e delle vie respiratorie, malattie cardiovascolari, ginecologiche, reumatiche e dermatologiche. Anche ultimamente infatti, in un convegno tenutosi a Napoli, molti scienziati di fama mondiale e premi NOBEL hanno riconosciuto l’utilità per il nostro organismo dell’idrogeno solforato esaltandone le qualità terapeutiche.
TRATTAMENTI TERAPEUTICI E PER IL BENESSERE
Attualmente nelle Terme Francescane Village vengono forniti questi tipi di trattamenti: APPARATO OTORINOLARINGOIATRICO BALNEOTERAPIA TERAPIE DERMATOLOGICHE CURE IDROPINICHE
Terme Francescane Village all’incrocio tra Via Delle Acque e Via Fonteciterna - Spello (PG) Tel. +39 0742 301186 | Fax. +39 0742 651443 Cell. +39 331 3238527 | Cell. +39 348 3334706
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COME DIFENDERSI DA INFLUENZE, INFEZIONI E VIRUS ATTRAVERSO LE CURE TERMALI INALATORIE L’importanza dell’utilizzo delle cure termali è stata confermata anche dalle più recenti ricerche scientifiche che ne hanno confermato l’efficacia come fonte di prevenzione e contrasto alle normali influenze e potenziali aggressioni virali. È noto che le vie aeree (naso, bocca, bronchi, polmoni) sono di fatto l’ingresso di Microorganismi patogeni che creano le situazioni sopra descritte; è quindi molto importante tenere pulita e ripristinare la mucosa nasale. Attraverso lavaggi frequenti che non si limitano solo a pulire e liberare le fosse nasali da accumulo di secrezioni, ma svolgono, specialmente attraverso acque bicarbonato alcalina solfuree, un’azione decongestionante ed immunitaria in grado di rispondere il più profondamente possibile ad attacchi esterni da parte dei sopracitati micro organismi, si creano anche situazioni ottimali per rendere più efficaci i trattamenti termali o medicali. L’idrogeno solforato ed i bicarbonati contenuti nelle nostre acque sono molto importanti per svolgere un’azione preventiva e terapeutica, mai come in questi periodi necessaria.