La Pagina Giugno/Luglio

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elevatori su misura

Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

Numero 176 Giugno - Luglio 2020

con mobilità elettrica e ciclopedonale

GRANDE PRESSA

FONTANA DI PIAZZA TACITO

MUSEO DI SAN VALENTINO

OBELISCO LANCIA DI LUCE BASILICA DI SAN VALENTINO

Fisioterapia e Riabilitazione

Zona Fiori, 1 - Terni - Tel. 0744 421523 - 0744 401882 www.galenoriabilitazione.it Dir. San. Dr. Michele A.Martella - Aut. Reg. Umbria DD 7348 del 12/10/2011


Giugno - Luglio 2020

I NOSTRI PROGETTI PER TERNI G. Raspetti - G. Porrazzini - C. Armadori - R. Ruscica - P. Leonelli Stazione

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni. Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Tipolitografia: Federici - Terni

da pagina Basilica di San Valentino

IL VIRUS DELLE NUOVE POVERTÀ

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore editoriale Giampiero Raspetti Grafica e impaginazione Francesco Stufara Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 3482401774 - info@lapagina.info www.lapagina.info

N. Gigli - G. Porrazzini - G. Capocchi - C. Ceccotti - S. Camillucci F. Venturini - I. Piantoni - S. Lamanna - C. Giorgi - F. Camuffo - A. Lombardi - A. Rossi

Conoscere le sofferenze degli altri ci avvia verso un nuovo umanesimo

Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

DOVE TROVARE La Pagina ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le Marconi; AMELIA SUPERCONTI V. Nocicchia; ARRONE Marcello Frattesi, P.zza Garibaldi; ASSISI SUPERCONTI S. Maria degli Angeli; CASTELDILAGO; NARNI SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; NARNI SCALO; ORTE SUPERCONTI V. De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI - Strada della Direttissima; RIETI SUPERCONTI La Galleria; SPELLO SUPERCONTI C. Comm. La Chiona; STRONCONE Municipio; TERNI Associazione La Pagina - Via De Filis; CDS Terni - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL - V. Tristano di Joannuccio; BCT - Biblioteca Comunale Terni; COOP Fontana di Polo Via Gabelletta; CRDC Comune di Terni; IPERCOOP Via Gramsci; Libreria UBIK ALTEROCCA - C.so Tacito; Sportello del Cittadino - Via Roma; SUPERCONTI CENTRO; SUPERCONTI Centrocesure; SUPERCONTI C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati; RAMOZZI & Friends - Largo V. Frankl.

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BMP elevatori su misura E quindi uscimmo a riveder le stelle L. Santini OTTICA MARI Ci vuole un po’ di elasticità mentale! A. Melasecche ARCI Il caso dei pappagallini australiani F. Patrizi CMT Cooperativa Mobilità Trasporti “TAXI” di R. Leonelli vince il premio Miglior Duo (Diamond Award) ‘n girittu pe’ tterni... speranno che sse pozza fa’! P. Casali RIELLO Vano Giuliano SIPACE Group Radici protese verso il cielo E. Squazzini Beyond Guardian Air e Pure & Clean Tumore della mammella e Coronavirus L. Fioriti Irritazioni e infezioni intime. Attenzione in estate G. Porcaro Morbo di De Quervain V. Buompadre AUDIBEL Apparecchi acustici Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni Villa Sabrina residenza protetta CASA MIA servizi residenziali Estetica Evoluta STELLA POLARE Riflessioni post lockdown PL. Seri Mario Centurione G-L. Petrucci EC comunicazione & marketing Andavamo al mare con Peppa V. Grechi ALL FOOD GENESI EFFICIENZA

GRAZIE per il vostro contributo volontario del 5xmille. Indicate sul vostro Mod. 730 / UNICO il codice fiscale

dell'Associazione Culturale La Pagina 01484960552.

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Loretta SANTINI

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“E quindi uscimmo a riveder le stelle” È l’ultimo verso dell’Inferno di Dante Alighieri.

ell’epoca del coronavirus è una speranza, un’aspettativa, un sogno che parte da un dato incontrovertibile: dobbiamo ripartire -siamo appena sulla linea di partenza- con l’idea di ricostruire il territorio, la socialità, il turismo, l’economia e, naturalmente, in primis, risolvere il doloroso problema della povertà e della disuguaglianza sociale che stanno divenendo un’emergenza di grandi dimensioni. Tutto sembra debba essere ripensato, riorganizzato. Per realizzare la “ricostruzione”, il sogno deve diventare un progetto e il progetto deve mettere in campo non solo le varie professionalità e competenze, ma anche la creatività e quel pizzico di audacia che è necessaria per fare un salto di qualità e proporre qualcosa di innovativo. Bisogna saper volare alto e cogliere l’opportunità di ripensare il futuro e ricostruire con l’uomo e per l’uomo una rete di socialità, di efficienza, di sostenibilità. Vorrei fare prima una riflessione. In questo periodo in cui siamo stati in casa abbiamo conosciuto un nuovo concetto di spazio, anzi di non-spazio, quello virtuale. Lo spazio reale prima era la strada, la città, la campagna, spesso da noi non apprezzate e conosciute se non superficialmente. Naturalmente lo era anche la casa -e questa è stata l’unica cosa rimasta a causa del famigerato lockdown- ma in questi tempi rivissuta in maniera diversa: una casa spesso sentita come una segregazione, come un orizzonte limitato dai muri, ma anche e spesso come uno spazio riscoperto, creativo (molti si sono dedicati alla cucina o alle grandi pulizie o al riordinare libri e oggetti) ed anche rapportato con l’esterno con la riscoperta del balcone, impensabile momento di una nuova socialità. Il non spazio è quello virtuale (internet e social network), quello che si allarga al vicino di casa, al parente, all’amico, al professore, al datore di lavoro, allo sconosciuto che vive all’altro capo del mondo, tutti interconnessi in una rete strettissima di interazioni. Una dimensione nuova, una comunicazione diffusa che comunque ci ha permesso di vivere una socialità multiforme e surrogata, fatta di parole, di commenti, di rabbia e di sfoghi, di notizie. Internet si è dimostrato in grado di creare nuovi spazi di condivisione, di avvicinarsi in modo diverso al prossimo, al lavoro, alla scuola, alla conoscenza; ha sostanzialmente cambiato la nostra psicologia e il nostro approccio alla vita. Un cambiamento epocale di cui non possiamo che tenerne conto.

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Dobbiamo ricordare però che c’è un altro spazio: lo spazio della mente. Questo è infinito perché è proprio e solo del pensiero il poter superare qualsiasi limite. Questo è il vero spazio, quello rivoluzionario, quello libero e immenso. È da questo spazio del pensiero che dobbiamo ripartire e ritrovare la nostra capacità di relazionarsi, la nostra creatività, la voglia di fare, le nostre proposte. Dobbiamo pensare e ripartire dalla Terni delle eccellenze, dai nostri paesi, dalle nostre bellezze, dalla nostra cultura, dall’ambiente, dalla natura, dai parchi. Si deve riscoprire la multiforme identità di un territorio che racconta secoli di storia, momenti diversi che lo rendono unico. Bisogna ripartire dalle campagne coltivate, dai filari di viti e dagli oliveti con quei prodotti che sono la ricchezza di questo territorio. Bisogna di nuovo mettere le mani nella terra per trarre da essa la forza rigenerativa. Dobbiamo ripartire dalle montagne e dalle valli e dalle acque, così impregnate di forze primigenie e antiche, di tradizioni secolari, di una spiritualità diffusa e così intima da permeare di sé la stessa natura. Si deve ritrovare l’essenza di questa terra sacra e industriosa, culla di civiltà, di popoli antichi, ricca di storia e di eventi e imparare di nuovo a leggere i segni lasciati dal tempo per trarre da essi forza e insegnamento. Bisogna ripercorrere con umiltà, curiosità e passione i sentieri che furono dei pellegrini e di quei viaggiatori che tanto l’hanno amata e cantata. Bisogna riscoprire quel “genius loci”, quell’immagine dei luoghi che non è altro che un percorso tra arte, archeologia, natura, tradizioni, eventi, gastronomia e un insieme di saperi che costituiscono il patrimonio culturale e l’essenza di una città e di un territorio. Senza questa conoscenza non si può progettare il futuro e, soprattutto, uscire dalla clausura fisica e mentale di questi ultimi tempi. Vorrei fare un esempio: questa è l’occasione per ripensare l’offerta turistica e renderla razionale e sostenibile. Il turismo di massa che coinvolge molte città d’Italia è da tempo sofferente per la congestione dei siti, per i disagi della fruizione, per quel mordi e fuggi che ormai caratterizza i luoghi più conosciuti. In particolare il nostro territorio che ha delle punte di diamante come la Cascata delle Marmore, Piediluco, Carsulae e la Valnerina, può divenire un esempio di programmazione turistica differenziata e di qualità che coordini le varie eccellenze, che includa percorsi alternativi, luoghi di nicchia, destinazioni ritenute minori, ma altrettanto affascinanti. Spetta agli operatori culturali, ai politici e a tutte le professionalità del settore progettare e valutare i nuovi paradigmi perché il viaggio risulti stimolante, interessante, confortevole, sicuro. Dunque ripartiamo: “per aspera ad astra”. Ma ce la faremo. È con queste riflessioni che vi do appuntamento a Settembre con l’augurio che il sogno divenga realtà.



• I NOSTRI PROGETTI •

Domani è un altro giorno… SI VEDRÀ! Giampiero RASPETTI

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L’epidemia accelera il futuro, questo il titolo del mio editoriale di aprile; in maggio ho proposto invece alcuni aforismi a corredo del concetto originario di polis e di quelli attuali di città diffusa e città smart: prime brevissime esposizioni che anticipano una compendiosa trattazione in forma di libro (spero possa veder luce entro questo stesso anno) scritta a molte mani e a fecondissime menti, avente come obiettivo l'analisi e la descrizione di un possibile e fausto domani per Terni. Aggiungo qui delle argomentazioni in più, sperando che il nostro impegno possa stimolare in tutti noi pensieri, suggestioni, voglia di diventare protagonisti della propria vita. Ricorderete il mio aforisma scritto nell'editoriale di aprile: Il futuro non è un frutto che cade dall’albero. Il futuro è l’albero piantato da te. Occorre dunque che qualcuno semini affinché il silenzio assordante di chi dovrebbe pensare alla città, perché ne ha assunto (capio) il munus, l’incarico, si trasformi alfine in voce stentorea (quella stessa evocata da Aristotele, se ricordate), volontà e capacità di confronto. Ogni cambiamento, nella storia dell’uomo, è stato determinato da cultura e tecnologia. Se consideriamo che mai prima d’ora cultura e tecnologia sono state così potenti e così straordinariamente rilevanti, dovremmo concludere che il cambiamento adesso in atto, visibile solo in una sua piccolissima parte, sta precedendo (faccio ancora riferimento al grande stagirita) quello che realmente è in potenza, cioè eccezionalmente dirompente rispetto a tutti quelli precedenti, addirittura inimmaginabile per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Terni per sopravvivere e non ridursi a un piccolo paesino della Valnerina, dovrà essere una città smart, cioè intelligente, efficiente, flessibile ed ecocompatibile. Dovrà avere, soprattutto, una immagine chiara, netta, comprensibile e, anticipando il futuro, saprà modificare usi, costumi, comportamenti, seguendo anche, ma solo in piccola parte, le indicazioni che l’epidemia

sta imponendo. Il vero motore del cambiamento sarà la tecnologia che, inevitabilmente, arrecherà, anche se lentamente, alterazioni anche per i nostri sensi. L’assenza dei tubi di scappamento maleodoranti ci consegnerà una città con un inquinamento irrilevante. La mobilità sarà in prevalenza di natura elettrica, con consistente ricorso alle piste ciclabili (Terni è la città più pianeggiante dell’Umbria e ancora stiamo quasi a zero con tali piste!). Finalmente respireremmo, in centro città particolarmente, senza il timore del tumore in corso. Ne trarrebbe beneficio anche il nostro odorato che potrà respirare i profumi del verde e dei fiori in città e quelli provenienti da botteghe artigiane, da prodotti caratteristici, pasticceria in particolare. Gli orti urbani (splendidi jardins ouvriers, giardini operai di fine Ottocento promossi da l’Abbé Jules-Auguste Lemire), gli orti di comunità o gli orti sui tetti (i primi community gardens nascono già dalla seconda metà del secolo scorso nelle metropoli statunitensi e canadesi) e i boschi verticali (come nei due splendidi palazzi residenziali a torre progettati una decina di anni fa dal celebre Architetto Stefano Boeri) renderanno la città più verde, più profumata, più vicina agli esseri umani. Una Terni che riscoprirà i prodotti della propria terra così tanto amati e pubblicizzati negli scritti dei visitatori del Grand Tour e recupererà così i sapori locali, quelli di nostra produzione, gli eccezionali piatti della nostra tradizione ed i prodotti di stagione a chilometro zero. Ne trarrà gran beneficio il senso del gusto. La nostra città, già bellissima, diventerà più bella da vedere ed ammirare perché non ci saranno cavi e fili appesi a tralicci e cimiteri di automobili accatastate su ogni spazio libero. Al loro posto fibra ottica interrata e parcheggi in punti nodali della periferia, anche nel sottosuolo, collegati al centro città con veicoli elettrici in servizio continuo. In assenza di rumori dei clacson e del traffico, grazie alle silenziosissime automobili ibride o elettriche o a idrogeno, e delle auto con guida autonoma (o esterna o remota), torneremo ad apprezzare suoni armoniosi e carezzevoli. Le nostre dita saranno molto impegnate nel mondo del pigia i tasti o tocca-sopra che abolirà cavi e spine attaccate al muro e così anche il tatto subirà modificazioni in virtù del rapporto stretto con il mondo digitale. Ci sarà molto di più per ognuno di noi, ne beneficeranno tutte le espressioni e le aspirazioni spirituali ed artistiche della comunità, ci sarà spazio per i professionisti della qualità e dimenticheremo, come è sempre stato, vecchie usanze ed antichi comportamenti. La qualità in ogni settore sarà superiore a quella di adesso e gli attuali dilettanti spariranno. Poi, di nuovo, ci saranno altri dilettanti ed altri professionisti della nuova qualità. E ci saranno ancora cambiamenti e ancora e ancora e poi… lo vedrete voi!


• I NOSTRI PROGETTI •

Giacomo PORRAZZINI

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PROGETTO PER UNA NUOVA TERNI

n progetto per una nuova Terni ha bisogno, certamente, di certezze sul futuro della sua grande industria, su un salto di qualità, verso l’innovazione tecnologica e la diversificazione, del suo apparato produttivo e dei servizi, sulla dotazione delle infrastrutture, non solo tradizionali, ma, anche, digitali. Tuttavia, la nuova città può nascere, solo se sarà capace di mobilitare e valorizzare, anche, tutte le risorse naturalistiche, culturali e sociali del suo territorio e della sua comunità, a partire dai giovani e dalle nuove competenze; dalla creatività e, quindi, da scuola ed Università e laboratori d’arte ed artigianato. Ad un modello di sviluppo più articolato e sostenibile non può che corrispondere un diverso modello sociale più ricco ed equilibrato, il cui carattere distintivo sia, oltre la diffusione delle competenze tecnico scientifiche, l’imprenditività, il protagonismo giovanile, la solidarietà, un nuovo patto con la natura. Le risorse naturalistiche da tutelare e valorizzare non sono, soltanto, le ben note “gemme” del territorio come la Cascata delle Marmore, la Valnerina, Piediluco o i monti sopra Miranda o Cesi o la Valserra; sono, in un orizzonte di sostenibilità ambientale il verde diffuso urbano e periurbano, gli orti in città, l’agricoltura rigenerativa e soprattutto la riforestazione. Terni, nelle classifiche nazionali, sulla dotazione di verde per abitante, sta nella parte alta della classifica, ma dobbiamo essere pienamente consapevoli che i livelli di inquinamento atmosferico da polveri sottili e metalli pesanti e le emissioni di CO2, climalteranti, sono, ancora, a livelli tali da richiedere interventi straordinari di assorbimento e cattura, che solo un vasto programma di riforestazione urbana e territoriale può assicurare, utilizzando specifiche risorse nazionali ed europee; a tale sforzo dovrebbero concorrere i soggetti industriali, come AST ed ACEA, che rappresentano le maggiori fonti emissive di inquinanti e di CO2. Se, invece, ci riferiamo alle risorse storiche e culturali, il successo di un progetto urbano di sviluppo sostenibile richiede, alla base, un forte e complessivo riorientamento della educazione e formazione scolastica in tale direzione. Molte scuole ternane sono già avviate su tale percorso e non avranno difficoltà a dare carattere strutturale, profondo e non episodico, all’impegno di dirigenti, docenti ed allievi per tale finalità strategica. In particolare, l’ulteriore sviluppo degli ITS, dovrebbe guardare a quelle discipline che attengono alle competenze distintive per la sostenibilità, come le tecnologie di frontiera, a partire da quelle digitali, come l’economia circolare, la bioeconomia, i green jobs ambientali, nonché, l’economia civile. Una esigenza di maggiore focalizzazione sui campi tecnico scientifico dello sviluppo sostenibile dovrebbe interessare anche gli

indirizzi universitari presenti in città, anche attraverso la sperimentazione di modalità dipartimentali di ricerca ed insegnamento, con il coinvolgimento e l’integrazione di ingegneria circolare, economia e medicina, provando, anche, a recuperare la grande tradizione di ricerca della chimica ternana. Le risorse culturali ci vengono anche dalla storia antica e da quella moderna ed industriale della nostra città. Le tracce della città romana e medievale vanno ulteriormente portate alla luce, protette e fruite come bene complessivo e distintivo della città, unitamente ad una reinterpretazione della tradizione Valentiniana, coerente con il significato originario di fonte antesignana dei diritti umani e del valore universale della convivenza fra diversi. Un legame identitario forte, per Terni, sul legame fra tradizione antica e bruciante attualità. La storia produttiva di Terni ci ha lasciato uno straordinario ed unico patrimonio di beni di archeologia industriale che vanno ricompresi in un unico compendio ed offerti alla fruizione culturale e turistica attraverso la organizzazione di una offerta integrata; un’offerta che potrebbe sostanziarsi in un percorso che vada dalla grande pressa che accoglie i visitatori nel Piazzale della Stazione, ai reperti dell’ex SIRI e del Lanificio Gruber; un percorso che dal Palazzone, esempio dell’edilizia operaia del Fourier, si sposti lungo l’asse della Valnerina, dalla Fabbrica d’armi, con il suo inestimabile museo, alla centrale di Cervara, al compendio formidabile di Papigno, fino alla Centrale di Galleto, con le sue condotte forzate e turbine, per concludersi alla Cascata delle Marmore. Un percorso che potrebbe giovarsi delle testimonianze letterarie sia degli antichi visitatori del Grand Tour, sia di autori moderni di assoluto rilievo, come Carlo Emilio Gadda che, da tecnico, aveva operato nella innovativa chimica ternana fra le due guerre. Una testimonianza poetica, la sua, di come l’ambiente ternano si fosse strutturato su un affascinante ed originale equilibrio fra forze della natura e forze della tecnica e del lavoro umano. Papigno, in particolare, dispone tuttora, oltre che di reperti unici in Europa come la ex Centrale idroelettrica, di vastissimi spazi coperti che, ristrutturati, dopo la parentesi cinematografica, ormai chiusa, potrebbero ospitare un centro integrato dell’artigianato artistico e della creatività giovanile, capace di entrare in sinergia con l’offerta turistica della Cascata. Un tale percorso si porrebbe come grande introduzione al Parco della Valnerina, potendo integrare, in una offerta culturale e turistica unitaria, la storia industriale unica del nostro territorio, il valore naturalistico inestimabile della natura, a partire dal fiume, e quello storico degli antichi borghi affacciati sulla valle, con i suoi percorsi paesaggistici e spirituali.

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• I NOSTRI PROGETTI •

LE POTENZIALITÀ del GRAND TOUR Q

Christian ARMADORI

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uando sono stato invitato da Giampiero Raspetti a scrivere qualcosa di propositivo con tema il comprensorio ternano, ho subito pensato ad un argomento che mi sta particolarmente a cuore, ovvero l’importante filone di ricerca legato ai viaggiatori del Grand Tour e alle potenzialità ad esso connesse in termini culturali e di promozione del territorio. Accanto ai vari Lord Byron, Galileo Galilei, Giacomo Leopardi, Hans Christian Andersen, Johann Wolfgang von Goethe, William Turner e Camille Corot, che sono tra i nomi noti più prestigiosi tra quelli transitati dalla Cascata delle Marmore, ho trovato molte storie ed opere di personaggi altrettanto significativi, da ricercarsi ancora nella letteratura, nelle arti figurative, nella musica, nella scienza, nella nobiltà e nella politica. Più che le nuove scoperte in sé, volte ad arricchire questo specifico ambito di studio, ciò che mi preme è trovare un modo per poter veramente valorizzare tale affascinante tradizione, favorendo pure una coscienza collettiva locale in merito all’importanza di un siffatto patrimonio storico. Lord Byron aveva definito la Cascata delle Marmore “orribilmente bella”, e fu sulla base di quei versi che, al poeta inglese, venne poi intitolato il piazzale del belvedere inferiore. Va detto comunque che Byron,

nell’ammirare la famosa Caduta del Velino, non fu certo l’unico letterato ad aver messo per iscritto le proprie emozioni; e non fu nemmeno il più importante di questi, ferma restando l’intensità emotiva della sua testimonianza e la rappresentatività del personaggio nell’ambito del Romanticismo. Eppure, se si eccettua l’apprezzabile scelta effettuata per l’autore del Childe Harold’s Pilgrimage in termini di toponomastica, o qualche mostra pittorica promossa dalla Fondazione Carit, poco o nulla è stato fatto per celebrare degnamente le altre figure del Grand Tour. Nel mio modo di intendere la materia, vorrei piuttosto che queste storie di viaggio potessero in qualche modo prendere forma ed uscire dai libri, così come i dipinti e le stampe essere resi maggiormente fruibili, fosse anche solo con delle riproduzioni o delle proiezioni in 3D. Ciò continuando nella ricerca al fine di individuare sempre nuove testimonianze e, perché no, favorire la creazione di un centro di documentazione storica, composto preferibilmente da studiosi locali come il sottoscritto, che possa poi sfociare in un vero e proprio museo del Grand Tour. Una prima occasione per mettere in moto questo mio progetto si è presentata nel 2018, anno in cui ricorreva il bicententario della pubblicazione del


romanzo Frankenstein, nonché della visita della sua autrice Mary Shelley alla Cascata delle Marmore. Un accoppiamento perfetto, poiché avrebbe permesso di celebrare, insieme, il nostro territorio ed un classico della letteratura internazionale. La scrittrice inglese pure aveva lasciato un resoconto di grande suggestione, in cui raccontava di aver immaginato, tra gli spruzzi della cascata, la poetessa Saffo svanire a distanza in forma di cigno. Grazie al sostegno di alcuni concittadini volenterosi confluiti all’interno dell’associazione culturale “Porto di Narni, approdo d’Europa”, di cui sono il presidente, nel novembre 2018 abbiamo quindi promosso la prima edizione del Terni Falls Festival, incentrata proprio sulla figura di Mary Shelley, che ha previsto dibattiti con accademici, spettacoli teatrali, esibizioni pittoriche en plein air, concerti, approfondimenti psico-filosofici, passeggiate guidate, momenti conviviali e, fin da subito, si è fatto il possibile per coinvolgere le scuole. Insieme alla Cascata delle Marmore, si è deciso di mettere al centro degli eventi anche i centri storici di Terni e Narni, ed i comuni della Valnerina ternana, ritenendo imprescindibile la necessità di promuovere il comprensorio nella sua interezza. Considerando la positiva risposta della città, nel 2019 abbiamo convenuto di organizzare una seconda edizione, dedicata stavolta al pittore inglese William Turner e al poeta e compositore irlandese Thomas Moore. Anche in questo caso, si trattava di bicentenari. Per l’edizione 2020, celebreremo invece il grande scultore danese Bertel Thorvaldsen, che soggiornò tra Terni e Narni nel dicembre 1820. A cosa potrebbe portare un progetto di questo tipo? Ricordo quando abbiamo contattato la Bodleian

Library di Oxford, ricavando subito la riproduzione del manoscritto su cui Mary Shelley aveva appuntato le sue impressioni. E ricordo quando, insieme all’altro ternano emigrato Antonio Metastasio, ci siamo recati di persona alla Tate Britain di Londra, ottenendo poi la riproduzione di oltre cinquanta dei disegni realizzati da Turner tra Terni, Narni, Piediluco e la Valnerina. Non sto parlando di materiale originale, che mai uscirebbe da certi musei o biblioteche se non nella formula di prestiti onerosi. Sto parlando piuttosto di copie ad alta risoluzione, capaci comunque di restituire almeno un’idea e di testimoniare concretamente la veridicità storica di tali passaggi. Non sarebbe allora sensato creare un contenitore espositivo che conferisca lustro al nostro territorio puntando proprio sui personaggi illustri che vi hanno soggiornato? Non sarebbe interessante, per un turista ad esempio in visita alla Cascata delle Marmore, scoprire le testimonianze scritte e le opere artistiche dei grandi nomi che lo hanno preceduto, fosse anche solo in termini di riproduzioni o contenuti multimediali? E, nell’ottica di ottenere per la Cascata delle Marmore il riconoscimento Unesco, non sarebbe questa un’ulteriore credenziale da mettere sul tavolo? Non ci vorrebbe poi molto a raccogliere un primo insieme di documenti, pure a costi contenuti (molte opere sono libere da copyright), magari focalizzando intanto su un nucleo di personaggi principali. Sono quindi convinto che un museo del Grand Tour potrebbe rappresentare un’opportunità per il comprensorio ternano e, personalmente, sarei onorato di poter dare un mio adeguato contributo alla causa.

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• I NOSTRI PROGETTI •

SAN VALENTINO NEL RILANCIO DI TERNI I

Roberto RUSCICA

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l 14 febbraio è una ricorrenza di scala mondiale. La figura di San Valentino esprime valori e simboli universali; il suo rilievo, limitandoci all’ambito del centro Italia, appare secondo soltanto a quelli di San Francesco e San Benedetto ed è stato peraltro recentemente oggetto di una ulteriore rivalutazione, grazie alle iniziative dell’associazione culturale La Pagina e del suo responsabile Prof. Raspetti, che sulla base di qualificati studi ne ha esteso il profilo ed il valore su terreni in cui l’aspetto religioso si arricchisce di valenze civili e umanitarie. Per contro, lo strettissimo legame tra la nostra città e San Valentino è pressoché sconosciuto sia in Italia che all’estero. La festa del nostro Patrono continua a costituire un evento di rilievo quasi esclusivamente locale; il flusso di visita di fedeli e visitatori non ternani risulta assai modesto e lo è ancor più nel corso dell’anno. Le iniziative tradizionali e quelle finora attivate -tranne qualche eccezione, su tutte la maratona- attraggono scarsamente e la visita a San Valentino non è inserita nei percorsi e nei circuiti religiosi dell’Italia Centrale che lambiscono appena l’Umbria meridionale. La nostra comunità fa ancora fatica a guardare oltre la storia del secolo scorso, ma quel ciclo si sta ormai esaurendo e va avviato un nuovo ciclo. Sul contesto ternano, aleggia oggi una patina di grigiore, in buona parte frutto di nostra noncuranza, che lo isola e lo rende pressoché estraneo anche a quel brand di successo dell’Umbria e di buona parte dell’Italia di mezzo fatto di storia, arte, cultura, natura e paesaggio, religiosità, valori, tradizioni, eno-gastronomia, artigianato, che altrove genera reddito ed attrazione turistica. Terni deve aprirsi a nuovi orizzonti di sviluppo, cercando di acquisire un ruolo ed un’immagine più ampia ed articolata di quella del passato; può farlo anche iniziando a prendere consapevolezza del valore delle non poche risorse e qualità che possiede da sempre, che possono utilmente contribuire al suo rilancio. In questa cornice, la valorizzazione di San Valentino, innegabile eccellenza cittadina, può costituire un interessante fattore di sviluppo; potrebbe essere implementata con attenzione e sensibilità elevando il profilo delle iniziative, evitando banalizzazioni, ricercando favorevoli sinergie con altre eccellenze del nostro territorio ed interazioni positive con quei

territori circostanti con cui tutt’ora teniamo uno scarso dialogo. Vanno però affrontati anche quei problemi che possono ostacolare lo sviluppo di questa potenzialità: il più rilevante è sicuramente rappresentato dall’insufficiente decoro attuale del quartiere e del sito di San Valentino -logico polo di coagulo di molte delle iniziative- che immancabilmente delude i visitatori. L’attuale basilica, realizzata nei primi decenni del XVII secolo, officiata dai carmelitani scalzi, dignitosa dal punto di vista architettonico, è accessibile attraverso percorsi viari poco dignitosi, soprattutto Via San Valentino -l’antica Via Salara che collegava Terni con la Sabina- che ne costituisce l’accesso principale sia da nord che da sud. L’immagine odierna è quella di una triste e trascurata borgata periferica (l’ex Borgo Garibaldi); il recupero del convento, il parcheggio e la riqualificazione arborea della via di accesso alla basilica non sono affatto bastati. Il sito è circondato da evidenti elementi di degrado: il campetto di calcio in disuso accanto alla basilica, container e materiali abbandonati, tristi e modestissime costruzioni


sovente disabitate, case tinteggiate con colori assurdi e squillanti, casermoni anni settanta, orti trascurati e vegetazione incustodita, la pompa di benzina, il fosso di Stroncone che fiancheggia per lungo tratto Via San Valentino e, al di là del ponte, la zona delle case popolari ‘minime’, mai riqualificata. Sul retro, il Viale Filippo Turati -su cui si dipana una intensa e rumorosa viabilità di scorrimento urbano perifericoagisce da inesorabile cesoia tagliando ogni rapporto tra il complesso della basilica ed il grande parco di Viale Trento-Le Grazie. È compatibile questa situazione con un progetto di rilancio della figura del santo e del legame tra santo e città tale da aprire anche opportunità di sviluppo? La risposta è scontata. Nell’affrontare la questione, abbiamo preferito non avventurarci su proposte iperboliche, ma approfondire i due temi che riteniamo vadano prioritariamente affrontati, rispettivamente rappresentati dalla necessità di superare i rilevanti problemi di decoro della borgata e dalla esigenza di valorizzare le cospicue potenzialità esistenti finora inutilizzate. Proviamo a proporre alla città alcune idee che ci convincono. Riqualificare borgata e sito: • andrebbe ampliata l’area di rispetto della basilica, annettendo a nord le aree prospettanti su Via Prampolini occupate da impianti sportivi dismessi e capannoni abbandonati ed a sud il campetto di calcio, rendendole disponibili per iniziative ed esigenze proprie del sito (no

al supermercato); • appare indispensabile l’adozione di un piano particolareggiato volto a riqualificare tutto l’edificato esistente nella zona urbana posta in un raggio di almeno due-trecento metri dalla basilica e lungo la Via San Valentino, asse viario storico da preservare e migliorare su tutta la tratta che va dall’incrocio con Via Di Vittorio fino al bivio per Stroncone; il piano deve restituire dignità al borgo e decoro al sito senza però snaturare l’impronta di carattere popolare del contesto; • il piano deve ricomprendere un piano del verde che individui soluzioni in grado di valorizzare i percorsi stradali e schermare brutture edilizie, deve includere un organico piano del colore, prevedere soluzioni per lo spostamento di attività inadatte al contesto e per migliorare infine il rapporto tra fosso di Stroncone e Via San Valentino. Valorizzare le potenzialità esistenti: l’idea fondamentale è quella di ricongiungere sito e parco; l’unica soluzione realmente efficace è quella di immettere Viale Turati in un sottopasso (tipo Via Guglielmi) nel tratto di circa 200 metri lungo il quale attualmente fa da barriera, recuperando il rapporto diretto esistito fino agli anni ’60 tra sito e campagna; la fusione favorirebbe ulteriori opportunità che un buon progetto e delle buone iniziative potrebbero esaltare; • ne guadagnerebbe anzitutto la basilica, acquisendo un affaccio diretto e suggestivo sul parco che ne rafforzerebbe non poco l’immagine; • il grande parco diventerebbe così risorsa ed infrastruttura atta ad ospitare iniziative, celebrazioni all’aperto ed eventi espositivi pertinenti nella buona stagione, nonché percorsi e settori tematici dedicati alla figura di San Valentino ed ai valori correlati, acquistando un ruolo assai più pregnante. L’iniziativa de La Pagina che per due anni ha ospitato professori universitari di vari paesi europei al fine di analizzare la vita del nostro patrono in relazione ai diritti umani e, in collaborazione con il Comune di Terni, ha messo a dimora nel parco essenze arboree simboliche conferite dagli stessi ospiti, ne è stata anticipatrice e ci sono, da parte della stessa associazione, altre proposte; • nel parco è realizzabile un nuovo percorso pedonale atto a collegare il

sito e lo storico complesso di S. Maria delle Grazie -legato alla figura di San Bernardino- sorto nel XV secolo come cenobio francescano, movimento con il quale i valori valentiniani presentano diverse affinità; qui il nuovo percorso si allaccerebbe a quello che risale dal lato di Città Giardino passando per la storica fonte delle Grazie, dando vita, nel verde del parco collinare urbano, ad un percorso pedonale e ciclabile lungo più di un chilometro e ricco di motivi interessanti. Il rapporto diretto tra sito e parco può innescare anche un interessante punto di osmosi, sia concettuale che concreta, tra la figura di San Valentino, simbolo fondamentale di un’identità valoriale storica, religiosa e comunitaria ancora leggibile nella vita della nostra città, ed i valori ambientali oggi attualissimi; può contribuire alla rivalutazione dell’immagine di Terni come città dall’identità verde -urbana e paesaggistica- e città di riferimento di quell’Umbria più verde che si impernia sull’asse naturalistico ed ambientale della Valnerina. L’attualità dell’impostazione di questo progetto è confermata dallo stesso programma della Commissione Europea 2021-2027 che, recependo le istanze emerse dalla società civile, riconosce sia la strategicità del green new deal che la necessità di valorizzare la nostra identità storica europea soprattutto in materia di valori e diritti sociali da recuperare. Il qualificato team progettuale de La Pagina sta attualmente lavorando su queste ed altre linee che cercano di raccordare vantaggiosamente le precipuità e le potenzialità di sviluppo della nostra realtà con quelle linee di tendenza di scala regionale, nazionale e comunitaria che possono essere decisive ai fini della loro realizzabilità.

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• I NOSTRI PROGETTI •

LE VIE VERSO SAN VALENTINO

R

elativamente al nostro progetto di collegamento Stazione Ferroviaria - Basilica di San Valentino, si potrebbe, in una prima fase, riqualificare due tracciati: il primo più diretto, centrale, il secondo più articolato e quasi totalmente immerso nel “verde”. Il primo, battezzato Strada di Valentino dal Prof. Giampiero Raspetti e proposto in prima di copertina, è costituito quasi in toto da una retta semplice e chiara: Via della Stazione, Corso Tacito, Corso del Popolo, Via Turati. Il secondo dovrebbe invece spostarsi verso il Serra e la Pineta Centurini, risalire a Colle Obito che, un volta realizzato il grande parcheggio pluripiani, dovrebbe divenire un’oasi di verde, proseguire verso il Parco delle Grazie, toccando anche il pregevole complesso francescano di Santa Maria, e raggiungere finalmente la sua meta, la Basilica di San Valentino. Invero, una volta progettatene le protezioni, dovrebbe mantenersi del tutto lontano dal traffico. Tale secondo tracciato potrebbe essere totalmente realizzato come pista ciclabile indipendente o, almeno, nei punti dove costeggia le arterie di traffico, dovrebbe essere protetto da una cortina di verde. Il nostro territorio in generale, il centro urbano in particolare, è attrattivo, bello e socializzante, e questo proprio in relazione ai luoghi che già esistono o in virtù di quelli che si realizzano dotandoli del miglior complesso di strutture culturali ed ambientali. Si tratta invero di percorsi, piazze, teatro, strade in generale, luoghi di relazione e di incontro. La nostra città, inserita in una ex valle incantata con una eccezionale ricchezza di acque e di verde, fu un luogo ideale, purtroppo distrutto, tant’è che oggi non la chiamiamo più Valle, ma Conca. Augurandoci che tali tempi bui siano passati, abbiamo fiducia di poter rigodere, ma forse ci illudiamo ancora, sia di una Fontana sia della sua piazza, Piazza Tacito, ed anche di altre cento fontane funzionanti, poiché Terni è anche Capitale delle Acque. E godere del più bel teatro neoclassico d’Italia, vedi il polettiano Teatro Verdi, di percorsi e piste ciclabili protetti e di vie d’acqua eccezionalmente diffuse. Comunque, se consideriamo che i cittadini ternani hanno sempre apprezzato il footing e la bicicletta e valutando anche l’auspicata diffusione delle bici elettriche, è oggi fortemente da considerare l’alternativa favorevole ad una tranquilla e sicura pedonalità e a mezzi elettrici non inquinanti. Si propone allora di chiamare Terni anche La città delle biciclette, mezzi diffusissimi nella nostra non antichissima storia.

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Dovremmo progettare e realizzare tante, ma vere, piste ciclabili. Si intendono per vere quelle protette, con percorsi totalmente alternativi rispetto alle vie di traffico. Si tratta di progetti non costosissimi; occorre però individuare, per una loro maggiore diffusione, delle risalite meccaniche là dove siano presenti significativi dislivelli. Si veda ad esempio il più volte proposto parcheggio montacarichi per il centro della città e l’ospedale che consentirebbe, oltreché alleggerire la pressione delle macchine intorno al nosocomio, anche di recuperare l’impegnativo dislivello tra centro città e Campomicciolo e Quartiere Italia. Questo secondo tragitto, un poco più lungo del primo, è però sicuramente più attrattivo.

Stazione

Basilica di San Valentino

Paolo LEONELLI


• I NOSTRI PROGETTI •

TRASCURARE COSÌ CITTÀ E PATRONO!

Q

uattro anni fa io e Don Claudio Bosi, direttore del Museo Diocesano e dei Beni Culturali della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, costituimmo un significativo gruppo di ricerca per analizzare sia quanto promosso, nel 2010, da Mons. Vincenzo Paglia, cercare cioè di far ordine circa la figura storica di Valentino, sia per confrontare nostri personali studi in merito al santo stesso. Il lavoro aveva come obiettivo primario quello di capire il rapporto corrente tra i cittadini ternani e Valentino, cioè quanto la nostra città conoscesse la vita vera, non solo quella leggendaria, del suo Patrono. Nel novembre 2019 pubblico il libro I DIRITTI UMANI nascono a TERNI, per opera di SAN VALENTINO, con prefazione dello stesso Don Claudio, in cui evidenzio come la nostra città sia sempre stata, nei suoi tratti fondamentali, la città dell’accoglienza, della solidarietà, del rispetto dell’altro. Narro di Terni, di parte della sua preziosa storia, anch’essa inadeguatamente presente nella mente e nel cuore dei suoi abitanti. Narro della vita vera di Valentino, quella di un uomo che rappresenta un patrimonio storico, culturale, morale assoluto per cui farebbero a gara, per averlo come Patrono e trarne vanto, anche le più grandi metropoli mondiali. Ma sempre più appare di una evidenza solare come la nostra città non si sia mai interessata alla sua vita vera (ancora considerano sia vissuto nel II secolo!). Chi non sa niente di Valentino, sbandiera quel niente come se fosse il tutto. Proprio nei valori che ha rappresentato può identificarsi invece un felicissimo futuro per la nostra città, a condizione, ovviamente, che si cominci davvero ad amare Terni e il suo Patrono. C’è chi, nel frattempo, progetta la città, proprio alla luce di tale eredità. In queste pagine si prenda atto solo di stringatissime anticipazioni del libro Progetto Terni che stiamo elaborando: ad esempio quella di un percorso circolare all’interno della città che poi, in prossimità di vocabolo Staino, si inoltra nel Cammino di Valentino, che unirà Terni Centro con Terni Cascata delle Marmore, Casteldilago e Ceselli, le tre Chiese dello stesso Santo. Un Cammino che si congiungerà poi con quello di Francesco e con la Spoleto-Norcia, realizzando così, grazie al nostro impegno, una formidabile unione tra Valentino, il santo più conosciuto, Francesco, il Santo dei Santi, Benedetto la cui OSB (Ordo Sancti Benedicti) ha esportato in gran parte del mondo, a partire dal 529, la decisione di Papa Gelasio I di sostituire la licenziosa festa delle Lupercalia (14 febbraio) con la ricorrenza dell’ascensione al cielo di Valentino di Terni nominato, per l’occasione, riconciliatore delle questioni amorose. Da allora Valentino diventerà, sulle ali delle leggende

anglosassoni, il Valentine of world, ma non si parlerà mai di Valentino di Terni e della città di Terni, suo luogo di nascita e di apostolato. Restituire verità alla storia spetta adesso ai cittadini ternani! La Strada di Valentino, proposta in copertina, inizia con la Grande Pressa, passa per Piazza Tacito, lambisce il Municipio, diventato sede del Museo di San Valentino, e l’Obelisco Lancia di Luce, per arrivare alla Basilica del Santo. Un percorso rettilineo, centrale, disseminato di negozi e vetrine con libri, immagini, ricordi del Santo Patrono, aiuole, giardini, luoghi di incontro e di convivialità. Esposizione di prodotti caratteristici, pasticceria in particolare, e di artigianato locale. Nel prossimo numero presenterò compiutamente un ponderoso progetto che, all’intorno degli alberi già piantati, per due anni, da me e dai miei collaboratori, esporrà nuove possibilità per il Giardino di Valentino (ove piantammo circa 20 essenze arboree portate dai nostri collaboratori europei), con altre essenze arboree e con un padiglione per opere pittoriche e scultoree riguardanti lo stesso santo. Prosegue poi un parco enorme, stupendo, che comprende anche il Parco di Via Trento e il Parco delle Grazie. Si tratta di un’oasi straordinariamente bella, ma attualmente, in buona parte, nell’abbandono più completo! Nel Parco la prestigiosa Chiesa di Santa Maria delle Grazie, anch’essa colpevolmente trascurata e del cui restauro si occupa oggi fortunatamente l’Architetto Paolo Leonelli. Parco e Chiesa sono elementi turistici eccezionali, ma pochissime persone se ne sono accorte! Straordinaria sarebbe la loro rivalutazione all’interno di un circuito cittadino dedicato al nostro Patrono.

Giampiero RASPETTI

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CI VUOLE UN PO’ DI ELASTICITÀ MENTALE! L Alessia MELASECCHE alessia.melasecche@libero.it

a flessibilità nell’agire e nel pensare viene chiamata dagli esperti flessibilità cognitiva. Nella pratica fa riferimento alla capacità di reagire positivamente e/o adattarsi all’ambiente mutevole in cui ci si trova a vivere, operare e prendere decisioni. Ma come imparare a sviluppare questa elasticità mentale? Albert Einstein disse che: “la mente che si apre a una nuova idea non torna mai alla sua dimensione originale”. Ma aprire la mente non è cosa facile. Il cervello è spesso resistente al cambiamento e tende a voler “rimanere” nella zona di comfort, ma essere capaci di assumere nuove prospettive e idee è cruciale, in effetti solo così possiamo rispondere al meglio e non necessariamente subire un contesto in costante mutamento. Usare una mentalità più flessibile ci aiuta a rispondere alle sfide quotidiane con maggior efficacia. Perché le cose non sono mai del tutto bianche o nere e i recentissimi eventi legati al covid-19, sono la prova di come le condizioni del contesto possano mutare anche in modo piuttosto repentino ed assolutamente non prevedibile. Gli esperti del settore dicono che tendiamo, viceversa, ad avere una mentalità statica che si arrovella ogni qualvolta le cose non avvengono come vorremmo, non accettiamo le critiche né ci predisponiamo a gestire le delusioni o gli errori evitando le sfide per paura di fallire. Sbagliare vuol anche dire imparare. La rigidità mentale ci rende “prigionieri”, riduce la nostra capacità di adattamento, la creatività, la spontaneità e la positività. Ci mantiene legati a vecchi schemi che impediscono di crescere sotto tanti punti di vista. Ci svegliamo la mattina con un’idea ben

Aprire la mente non è cosa facile. Il cervello è spesso resistente al cambiamento e tende a voler “rimanere” nella zona di comfort.

precisa di cosa vorremmo fare nell’arco della giornata, della settimana o del mese, ma la quotidianità ci pone ostacoli che non avevamo previsto e i cambi di programma spesso non dipendono da noi. Rimanere ancorati al programma originale fa perdere solo tempo, ma spesso aumenta anche a dismisura il nervosismo con tutte le conseguenze del caso perché nulla si incastra più. Per superare con slancio questi “contrattempi” della vita bisogna imparare ad avere fiducia nella propria creatività e intuizione, non bisogna mai smettere di domandare ed essere curiosi, occorre “innovarsi” come individui, andare oltre ciò a cui si è convenzionalmente abituati. Questo è possibile osservando, guardando oltre, e applicando una condotta proattiva, per quanto possibile anticipatoria dei molteplici scenari che possono credibilmente manifestarsi, ovvero avere il classico piano a, b, c, …, z. La flessibilità mentale consiste nell’essere disposti a fare errori, non avere paura di sbagliare ed essere propensi ad accettare e cercare di capire cose nuove e punti di vista diversi dai nostri. La buona notizia è che la flessibilità mentale è un’abilità che può essere sviluppata. In che modo? La curiosità rimane uno degli strumenti più potenti che abbiamo a disposizione per crescere, una mente elastica non solo non teme il cambiamento, ma lo ricerca, in quanto motivata da uno stimolo costante a conoscere, a saperne di più. Altri elementi chiave sono: sviluppare empatia, cercare di mettersi al posto di chi ci propone qualcosa di diverso o di nuovo per capire come sono nate queste idee, iniziare ad accettare gli errori e trarne un insegnamento positivo, non rincorrere sempre e solo la verità assoluta scartando a priori opzioni alternative o semplicemente diverse da quanto siamo abituati a considerare. Una volta abituati a questa cultura del cambiamento la stessa entra a far parte di noi e troviamo stimoli nuovi ogni giorno che ci arricchiscono e ci rendono migliori. “Che senso avrebbe vivere la vita, se non le permettessimo di cambiarci?”.

La Pagina disegna un possibile futuro per il territorio, in stretta osservanza con le risorse culturali ed ambientali presenti nella nostra terra. Con tale proposito iniziai il mio impegno editoriale, esattamente nel gennaio 2003. In questi 17 anni ho impiegato le mie sole, esilissime, risorse finanziarie, ma ancora oggi, tenacemente, insisto nel cercare di far fiorire la consapevolezza di quanta sia la ricchezza in nostro possesso e a quale felice futuro potremmo aspirare. Oggi La Pagina ha bisogno di collaboratori per la direzione editoriale (3482401774) e di sostegno da chi l’ha sempre letta con piacere e da chi si impegna, non solo a parole, per il futuro di Terni (IBAN IT66X0622014407000000000993). Grazie, Giampiero Raspetti.

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Quest’anno con il tuo 5×1000 sosterrai le donne e gli uomini di Arci e Mediterranea nel portare un aiuto concreto alle persone che ne hanno più bisogno. Salirai a bordo della nave Mare Jonio, aiutando a portare in salvo coloro che cercano una vita migliore fuggendo da povertà e guerra. Andrai a Milano, Roma, Crotone, Torino, Bologna, Caserta e in tutta Italia insieme alle volontarie e ai volontari Arci distribuendo un pasto nelle mense, consegnando un farmaco a chi non può uscire da casa, organizzando una raccolta di generi alimentari da distribuire alle persone che si sono improvvisamente ritrovate a fronteggiare la carenza dei beni di prima necessità. Quest’anno, inserendo nell’apposita casella della dichiarazione dei redditi il codice fiscale 97054400581 e apponendo la tua firma, darai un aiuto concreto, fatto di mani protese da una barca, di spese lasciate sull’uscio della porta e di persone pronte ad ascoltare e sostenere chi da solo non riuscirebbe a ripartire. ARCI E MEDITERRANEA INSIEME A TE, SIAMO TUTTI FATTI PER AIUTARE.


Francesco PATRIZI

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IL CASO dei PAPPAGALLINI AUSTRALIANI

el 1880 un medico svizzero individuò per primo la “febbre da pappagallo” come causa della morte di un’intera famiglia, un altro caso ci fu a Parigi 12 anni dopo, mentre a Berlino, in una fiera che vendeva canarini brasiliani, si infettarono e morirono molte persone, ma soltanto negli anni ‘30 venne individuato l’agente infettante, il batterio psittacosi. Dato che si annidiava proprio negli uccelli che cantavano nelle gabbiette appese in salotto, vennero subito soppressi tutti i pappagallini (parrocchetti ondulati) presenti sul mercato, tranne quelli australiani, gli unici non infetti, che continuarono tranquillamente ad essere venduti. In realtà, i biologi australiani non erano stati in grado di riconoscere il batterio e neanche di diagnosticare l’epidemia nel continente. Ci pensò Frank Macfarlane Burnet, scienziato australiano futuro premio Nobel: si recò presso un villaggio dove era in corso un’influenza virale anomala, verificò che erano stati venduti di recente dei pappagallini, risalì così al fornitore, il quale catturava i pulcini selvatici prelevandoli negli incavi degli

alberi per poi allevarli in cattività. Lo scienziato scoprì che il batterio proveniva da un ospite esterno, forse una zecca che si attaccava ai pulcini nel nido. I pappagallini convivevano con il batterio e presentavano una forma blanda e latente di infezione, quando invece venivano messi in gabbie sovraffollate e trasferiti nelle stive delle navi, la promiscuità con le feci e il ristagno dell’aria creavano le condizioni per far crescere il batterio. Quando i pappagallini arrivavano nei negozi, erano ormai altamente infetti. Così Burnet giunse alla conclusione che la “febbre da pappagallo” era nata per causa dell’uomo. David Quammen ha raccolto questa e altre storie relative a batteri e virus in un libro intitolato Spillover (Adelphi 2012), termine inglese che indica il passaggio di una malattia infettiva dall’animale all’uomo. Quammen, nel corso della sua ricerca, sposta l’attenzione dalla microbiologia all’ecologia e va ad analizzare la convivenza dell’uomo con gli animali, l’invasione del loro habitat, le condizioni di allevamento, il consumo di specie selvatiche, perché è lì che va

ricercata la causa dello “spillover”. In un capitolo, oggi molto citato, riporta l’esempio dei mercati che vendono animali selvatici vivi nella Cina Meridionale, i “wet market”, cresciuti in pochi anni, da quando si è diffusa la moda dei cibi esotici unita alla credenza che la carne di pipistrelli, zibetti e serpenti abbia poteri curativi e stimolanti. Questi animali, portatori di infezioni latenti, convivono ammassati in condizioni di estrema sporcizia, mordendo vicini di altre specie, defecando gli uni sopra gli altri, rilasciando nell’aria virus e batteri. Come spiega Jared Diamond in Armi, acciaio e malattie (Einaudi 1997), tutte le epidemie che l’uomo ha incontrato nella storia sono nate dalla promiscuità con gli animali. David Quammen avverte, in questo libro del 2012, che un nuovo virus potrebbe passare dall’animale all’uomo proprio in questi mercati e, data la densità crescente della popolazione, la velocità di spostamento delle persone e l’interconnessione globale, potrebbe diventare in breve una pandemia. Peccato che del suo libro si sia discusso dopo il Covid-19 e non prima.

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“TAXI” di Riccardo Leonelli vince il premio Miglior Duo (Diamond Award)

al Best Actor Award di New York Il premio giunge come una conferma per un artista polivalente come Leonelli, che nasce attore, ma punta sempre un occhio alla scrittura scenica e cinematografica e un altro alla regia teatrale. L’artista ternano, che da anni si destreggia abilmente fra teatro, cinema e televisione, dirige anche diversi corsi di recitazione cinematografica e teatrale fra l’Umbria e il Lazio e, fra questi -particolare motivo di orgoglio per l’attore ternano-, c’è anche un laboratorio per il Teatro InStabile di Porchiano, dove a salire in scena è un gruppo di attrici e attori affetti da disabilità.

‘N GIRITTU PE’ TTERNI... speranno che sse pozza fa’! Se vvoli dentro Terni fa’ ‘n girittu... da quarche pparte déi ‘ncumincia’ e ssenza fa’ neanche ‘n viculittu... lu poli tu lo stessu ‘n bo’ ggira’. Partènno propiu llà a Pponte Romanu... da quillu fiume nostru ch’è lu Nera ve vòjo ‘ccompagna’... fosse pe’ mmanu... a ammira’ chiccosa che non c’era. ‘Stu giru... non è statu scerdu a ccasu... ma è ffattu ‘n modu che sse po’ ‘ntui’ che ttuttu quillu che vvedemo spasu... è Tterni nostru che sta a rrifiuri’. Lu simbolu de questa risbocciata... de arte de còre e dde laoru è ‘ll’obeliscu che sta llì all’entrata... propiu llà mmezzu come ‘n Pummidoru. Passanno pe’ vvia Roma ch’è arzolata... perché li sérgi mo’ ‘n ce stonno più t’accorgi... j’honno ‘rfattu la facciata... che quaci quaci stéa pe’ vvini’ ggiù. Quann’è che tt’arrìamo su lu sboccu... te vidi tanti spruzzi da sgorga’ da ‘na gran buca... tutti come ‘n fiottu... so’ ccome ccanne d’organu a ssona’. E’ ppiazza ‘Uropa piena de lampiuni... e ttanti fiuri come su li campi è ffatta a ssérgi e ffile de lastruni... e ccerti fregni bbuffi che cce ‘nciampi. Ce stonno li sedili de cementu... ‘n do’ pòi ‘ggustatte tuttu lu passaggiu te cce pòi mette ‘n piedi se stai ‘ttentu... pe’ vvede’ mèjo ‘lli carri de maggiu. Passanno llà ppe’ dietro... su ‘lla piazza... ‘n do’ ‘n tempu ce s’annàa a lu mercatu ce sta ‘na gran balena che non sguazza... ma quarche ffiju ‘guale c’è ccascatu. Cionno creatu pure da proggettu... giù ‘n fonnu...a ppunta apposta ‘na fontana a nnoi ce pare bbuffa da l’aspettu... perché cià propiu l’aria da ‘ggizziana. Zighezzaganno versu l’andru spiazzu... che ‘n tembu era Vittorio ‘Manuele tuttu è rrifattu e bbello è ‘llu palazzu... co’ ttorre ‘rologgiu e lu bbervedére Se ppo’ pijamo drittu ggiù lu corsu... e ccammina’ ce fa vini’ che gguaju

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Paolo CASALI

ce stonno li sidili de soccorsu... da ‘n do’ se vede “penna e ccalamaju”. Ma se li piedi propiu se so’ ccotti... basta spostacce da ‘llu curridoju e annanno verso largu Libberotti... me pare ce sta ‘n abbeveratoju. Se qquanno unu le cose nun capisce... te vidi tuttu quantu a ppeggiora’ e ‘ll’ignoranza che ce ‘naridisce... ce pòle solamente fa’ sparla’. Vent’anni se so’ ‘ggiunti a lu ddumila... e ttutta Terni ‘rmai ce se ‘nfutura mo’ c’emo cose nòe... tante e ‘n fila... ch’aricorda’ l’origgini è ‘n bo’ dura. Io ‘ntènno tutti quilli scavi... che lu passatu cionno rinvangatu me sa ce vergognamo de quill’avi... c’è ttanta Terni ancora sottostratu. A qquistu puntu quillu ch’è ssicuru... e cche non tocca certu critica’ guardanno lu passatu ciai ‘n futuru... e ttuttu serve pe’ ‘n’identità.


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Viviamo in un mondo che cambia

RADICI PROTESE VERSO IL CIELO S

Enrico SQUAZZINI

ono sempre rimasto particolarmente affascinato e spesso anche sopraffatto, dall’incalcolabile numero di modalità con le quali, in natura, si manifestano le interconnessioni e gli interscambi di quella cosa misteriosa che è l’energia vitale. Altrettanto stupefacente mi appare la quantità delle forme attraverso le quali si attivano i meccanismi di base del perpetuarsi della vita. Un numero incalcolabile di organismi animali, vegetali e di molti altri che ancora non riusciamo neanche a determinare, conoscere ed ordinare in un contesto ragionato, si sono “dati il cambio” nel corso del tempo a cavallo di una palla di roccia e metallo vagante nell’Universo. Come anche vasto è l’universo delle dimensioni della vita: dai giganti ai microbici. Tutti legati l’uno all’altro in un’armonia globale. Non potendone “afferrare” le ragioni intime, il non riuscire a spiegare perché i fatti si svolgono in un modo e non in un altro, tutto lo stupore misto ad incredulità diviene quasi una sensazione positiva ed in certo qual modo, misteriosamente rassicurante. Di fronte alla consapevolezza di trovarsi completamente immersi in qualcosa di incommensurabilmente più grande di noi si scatenano sensazioni varie e contrastanti. E a volte la sensazione predominante è quella di una coperta calda che avvolge. Fra tutte le forme più evidenti, cioè quelle che sono costantemente davanti ai nostri occhi, per qualche motivo una mi ha colpito più di altre. Da un lato per la sua apparente semplicità ma, consapevolmente, anche per la sua stupefacente complessità. Tale forma è l’albero ed il modo particolare in cui appaiono distribuiti i suoi elementi essenziali. Questo organismo vivente è strutturato in modo tale da assorbire energia vitale da più contesti contemporaneamente e mettendo in “comunicazione”, sostanzialmente, la terra con il cielo. Sembra una sorta di struttura multifunzionale. Si “espande” nell’ambiente circostante attraverso un fusto che si dirama in una miriade di appendici, le radici, che si prolungano fitte penetrando nel terreno, cioè all’interno della pellicola di roccia più superficiale della crosta terrestre. Con le radici si mantiene saldamente ancorato in una posizione verticale ed eretta, assorbendo sostanze nutritive dai minerali di cui quel terreno è composto. Quella medesima posizione gli consente di erigere verso l’alto un’altra miriade di appendici, che questa volta abbiamo chiamato rami e foglie. Anche queste si diramano fitte e, stavolta, immergendosi in quella pellicola gassosa dell’involucro più basso dell’atmosfera terrestre. Attraverso la struttura di queste altre appendici, avvengono interscambi fondamentali per la sua esistenza, a livello gassoso e idrico. Ma non è solo questo, perché rami e foglie si protendono ad intercettare un ulteriore fonte di energia, molto più lontana, che è la luce radiante proveniente dalla stella più vicina, il Sole. Un’immagine dove apparentemente nulla è fuori posto. Eppure, tra le tante forme animali che camminano e hanno camminato, sulla superficie rocciosa ce n’è una superintelligente che però, oggi, sembra distaccata, quasi estranea. Come una nota stonata nell’armonia globale. Lo dimostra con i suoi pensieri ed anche, sempre di più, con i suoi atteggiamenti e le sue azioni. Chissà se acquisiremo mai maggiore capacità di equilibrio nello stabilire la nostra scala delle priorità su cui basare l’esistenza. E, soprattutto, chissà se riusciremo mai a comprendere che ogni cosa è indissolubilmente legata ad un’altra.

L'albero con le radici si mantiene saldamente ancorato, assorbendo sostanze nutritive dai minerali di cui quel terreno è composto.

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Atterra la NASA a Terni…

Test di laboratorio conformi ai protocolli FDA (United States Food & Drug Administration)

Beyond Guardian Air

Che la tecnologia abbia fatto passi da gigante nell’ultimo ventennio è un dato di fatto, ma quando in giro per la città si vedono loghi recanti una “Tecnologia Spaziale Certificata”, riconosciuta dalla NASA, la curiosità la fa da padrona. A Terni, da tempo, diverse vetrine e portoni hanno affisso questo logo e, facendo un po’ di ricerca sul territorio, siamo risaliti ad una nota azienda, con sede nel quartiere Campitello, che tra i suoi prodotti vanta da qualche anno un sistema di purificazione dell’aria certificato NASA. L’esclusivissima tecnologia si chiama ACTIVE PURE e i dispositivi sono di due tipi: il BEYOND Guardian Air per grandi superfici e il PURE & CLEAN per abitazioni e negozi in grado di proteggere e sanificare gli ambienti, eliminando virus, batteri, funghi, COV e inquinamento presenti sia nell’aria, sia nelle superfici. Come funziona questa TECNOLOGIA? Abbiamo raggiunto presso la Sua sede ambulatoriale di Roma il Dott. Fabio Di Carlo, esperto nella tecnologia Active Pure. “Beyond e Pure & Clean si rivelano dispositivi ‘unici’ perché -spiega il Dott. Di Carlo- secondo dettagliati

Pure & Clean

studi universitari e di laboratorio USA impiegano una combinazione esclusiva di tecnologie. L’aria immessa nell’ambiente da questi dispositivi è ricca di radicali ROS superossido e perossido. Perossido, Idrossili e Super Ossidi -precisa- risultano efficaci nell’eliminazione di virus, batteri, funghi, inquinamento, COV e altri contaminanti ambientali, rivelandosi allo stesso tempo innocui per umani, animali e piante. La tecnologia Active Pure -continua il Dott. Di Carlo- nasce dalla ricerca Nasa per rendere salubre l’aria all’interno delle stazioni spaziali che orbitano nella nostra galassia, ha ricevuto onorificenza per aver bonificato l’aria del Pentagono dopo gli attacchi dell’11 Settembre e nel 2017 è entrata nella Hall Of Fame delle Tecnologie Spaziali della SPACE FOUNDATION. A differenza di altri apparecchi, ha il grande vantaggio di poter essere in funzione sempre, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 e pertanto di essere efficace costantemente”. Altre note a favore del dispositivo: il basso consumo (appena 23Watt in modalità standard), il fatto di non necessitare d’istallazione perché è sufficiente collegarlo ad una presa elettrica, la silenziosità con la quale lavora al punto da risultare impercettibile.


LE TERAPIE ONCOLOGICHE PER IL TUMORE DELLA MAMMELLA AUMENTANO IL RISCHIO DI CORONAVIRUS ? L'ormonoterapia per ridurre il rischio di recidiva di un tumore al seno prevede l'utilizzo di farmaci che basano la loro azione sul blocco della sintesi di estrogeni a livello delle ghiandole surrenali. In Italia, considerato l'ampio numero di persone ogni anno colpite da un tumore al seno (53.500 nel 2019), sono milioni le donne che seguono una terapia di questo tipo. E, nel corso dell'epidemia da Coronavirus, molte pazienti si stanno chiedendo se tutte le diverse terapie ormonali in uso (tamoxifene, fulvestrante e inibitori dell'aromatasi come

letrozolo, anastrozolo ed exemestane) possano indebolire o quanto meno interagire con il sistema immunitario. La risposta è negativa. I farmaci con il tamoxifene non riducono le difese del nostro organismo e non rendono le donne che li assumono più vulnerabili al Coronavirus. L'invito è quello di portare avanti le terapie come fatto finora e di seguire le indicazioni generali rivolte ai pazienti oncologici. Nel caso in cui dovessero subentrare altre necessità, naturalmente, non esitate a contattare l’oncologo di riferimento. Direttore Sanitario

Dott.ssa Lorella

Fioriti

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IRRITAZIONI E INFEZIONI INTIME ATTENZIONE IN ESTATE

Ogni donna, prima o poi nella vita, si ritrova ad avere a che fare con qualche problema intimo dovuto ad irritazioni, infiammazioni e vulvo-vaginiti o, in alcuni casi, a vere e proprie infezioni che richiedono terapia antibiotica o antimicotica. DURANTE L’ESTATE I RISCHI AUMENTANO In estate la possibilità di incorrere in questo tipo di disturbi aumenta sensibilmente, poiché il caldo, l’umidita, la sabbia, l’uso di indumenti aderenti e la frequentazione di ambienti affollati sono da considerare fattori di rischio. Non è un caso infatti, che per molte donne il primo episodio di candidosi nella vita si verifichi proprio al rientro dalle vacanze. Il sole e la disidratazione possono abbassare le difese immunitarie con conseguente aumento del rischio di infezioni, ma anche i problemi intestinali che con il caldo sono più frequenti, possono facilitare vaginiti e disturbi della sfera genitale. Nella zona perineale, ano e vagina sono a stretto contatto e, in presenza di ristagno delle feci, si può determinare la colonizzazione dei batteri intestinali in vagina.

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I CONSIGLI PER L’ESTATE

y evitare di tenere indosso il costume bagnato e gli indumenti troppo stretti o aderenti come quelli sportivi y usare sempre il proprio asciugamano personale, anche su sdraio, bagnasciuga (la sabbia, soprattutto quella umida, può essere veicolo di infezioni), bordo piscina e altre superfici umide y risciacquare le zone intime con acqua dolce dopo i bagni in piscina o al mare per eliminare i residui di cloro e salsedine y indossare biancheria di cotone y moderare l’uso di salvaslip (il clima caldo umido agevola il ristagno delle secrezioni e la proliferazione dei patogeni) e non utilizzare assorbenti interni per tempi troppo lunghi y lavarsi con prodotti specifici e sempre con direzione dalla vagina all’ano per evitare il passaggio di batteri y assicurarsi un’alimentazione varia ed equilibrata, che prediliga verdura e frutta limitando il consumo di carboidrati complessi y bere dai 2 ai 3 litri di liquidi al giorno y ciclo di fermenti lattici in caso di viaggi in mete esotiche y consultare il proprio ginecologo di fiducia nel caso si presentino manifestazioni irritative o infettive abolendo procedure di automedicazione e autosomministrazione di prodotti medicamentosi che potrebbero creare più danni che benefici.

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Morbo di De Quervain È

una malattia infiammatoria di due tendini, estensore breve del pollice e abduttore lungo del pollice, i quali decorrono in un canale osteo-fibroso alla stiloide radiale. Questa patologia interessa più spesso il sesso femminile tra la 3°-6° decade, favorita dalle attività manuali.

I sintomi sono rappresentati da tumefazione e dolore che si accentua con i movimenti del pollice. La diagnosi è clinica e può essere confermata dall'esame ecografico. Il trattamento nelle fasi iniziali della patologia è conservativo, terapia medica anti-infiammatoria orale e locale, uso di tutori per immobilizzare pollice e polso, terapie fisiche, infiltrazioni con cortisone. Se la patologia non migliora trova indicazione il trattamento chirurgico che viene effettuato in anestesia locale, con immediata ripresa del movimento del pollice.

Dott. Vincenzo Buompadre Spec. Ortopedia e Traumatologia Spec. Medicina dello Sport

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AZIENDA OSPEDALIERA S

UNITI CONTRO IL COVID-19 GARA DI SOLIDARIETÀ PER L’OSPEDALE DI TERNI

L

’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni ringrazia tutti coloro hanno sostenuto l’attività di emergenza dell’ospedale nella lotta contro la pandemia del nuovo Coronavirus (Covid-19 o SARS-Cov-2) con donazioni che valgono complessivamente oltre due milioni di euro e con la solidarietà dimostrata nei confronti di tutti gli operatori e del sistema sanitario in generale. Fondazioni, associazioni, istituti di credito e aziende del territorio hanno donato colonnine e prodotti igienizzanti, termolaser e decine di migliaia di dispositivi di protezione individuale come facciali filtranti Ffp2 e Ffp3, guanti, visiere, tute, mascherine chirurgiche e, inoltre, attrezzature tecnologiche per i reparti ospedalieri deputati all'assistenza di pazienti sospetti e positivi al Covid: ventilatori polmonari, letti per le terapie intensive, sistemi ecografici, centrale di monitoraggio e monitor di vario tipo, ECG palmari, aspiratori mini e portatili, videolaringoscopi, pulsossimetri, misuratori di pressione, apparecchi e prodotti per la sanificazione, autovetture per i trasporti veloci di sangue e di altri materiali, dispositivi per il trasporto in biocontenimento, frigoriferi per le terapie intensive, PC desktop e tablet, carrelli, armadi, letti e poltrone motorizzate. Ma numerosi sono anche i privati cittadini, le associazioni, le aziende e gli esercizi commerciali che hanno avviato raccolte fondi o hanno fatto donazioni liberali in denaro, in parte già utilizzate per l’acquisto di mascherine e strumenti vari, o che comunque hanno offerto la loro collaborazione o alcuni dei propri servizi gratuitamente. Un città intera si è unita contro un nemico invisibile che ha improvvisamente bloccato le normali attività della nostra vita quotidiana, ed ha voluto far sentire la sua vicinanza al sistema sanitario locale, all’ospedale di Terni e a tutti gli operatori sanitari impegnati in prima linea contro il virus. Un ringraziamento speciale va alle forze dell’ordine e in particolare al Questore di Terni Roberto Massucci e agli agenti della Questura di Terni, che hanno anche fatto un spedizione speciale per recuperare un carico di 10mila mascherine bloccato a Venezia, ai Vigili del Fuoco, che hanno collaborato alla sanificazione delle aree esterne, e al sindaco di Terni, Leonardo Latini, che ha sempre seguito tutte le vicende dell’ospedale da vicino e con fattiva partecipazione. Di seguito elenchiamo i donatori formalmente registrati al 31 maggio, ma il nostro ringraziamento si estende anche a coloro che per qualsiasi motivo non si ritrovassero in questa lista, anche perché le donazioni continuano ad arrivare incessantemente. Grazie a tutti! Il commissario straordinario Andrea Casciari

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SANTA MARIA DI TERNI ELENCO DEI DONATORI FORMALMENTE REGISTRATI AL 31 MAGGIO Fondazione CARIT e il presidente Luigi Carlini; Università degli Studi Niccolò Cusano e il suo presidente Stefano Bandecchi insieme a tutta la squadra della Ternana Calcio, ai tifosi, al procuratore Vincenzo Pisacane e allo speaker Vincenzo Racioppa; BCC Umbria; Bo Frost Italia Spa; Ceplast; Cosp Tecno Service; Average Ternano Guy; Ast Acciaierie Speciali Terni; Tecnifor; Chirofisiogen Center Srl; Oleificio Coppini Angelo Spa; Sabatino Italia Srl; Rotary Club Amelia-Narni; Associazione I Pagliacci; Associazione Alessio Durazzi; Pernazza Group; SeTraS Servizi Trasporti; Astolfi Spa; Umbriadue Servizi Idrici Scarl; Consiglio Notarile Terni; Marella Alcini; Istituto Comprensivo Narni Centro; Salvati Spa; Rosati Ines Marina; Fratini Stella; Micheli V.P.M.M.G.; Rotary Club Terni; Ance Terni; Emiliano Pileri; Eskigel Srl e dipendenti Eskigel; Compagnia Ferroviaria Italiana; Tifast Srl; Treofan Spa; Biscottificio Santangelo; AIDP Umbria - Associazione Italiana per la Direzione del Personale; Cipiccia Calcestruzzi; New Lady Spartanes di Acquasparta; Nizzi Trasporti Srl; Farmacia Conti; Scat Terni; Associazione Il Sogno di Rebecca; Associazione Myricae Viale Trento Terni; Letizia Misericordia; Celi Riccardo; Varazi Spilaceto; Seci Srl – Società Energia Consulenza Innovativa; Il Re del Guanto di Massari Riccardo; Ferro Umbria Srl; ANDI -Associazione Nazionale Dentisti; Soroptimist Club Terni; Panathlon Terni; Officine Bisonni Srl; Personale Exolon Group Spa; Informatori Scientifici Farmaco USL Umbria 2; Circolo ACLI Stroncone; Asd Interamna Archery; Lions Club Terni Interamna; Associazione Amici di Max; Associazione Nazionale Carabinieri Sezione Stroncone; Garden Club Terni; Lavoratori Randstat presso Eskigel Srl; Salus Terni; Forti Massimo; Associazione Aladino; Lions Club Terni San Valentino; Associazione Per un Sorriso Monica De Carlo; Ordine degli Ingegneri Provincia di Terni; Il Castello di Papigno; Luzzi Marcello; Gruppo Micologico Terni; Aquili Anna Maria; Pro Loco Marmore; Virili Donatella; LILT Lega Italiana Lotta Tumori; C.A.I. Club Alpino Italiano; Università Agraria di Poggio di Otricoli; Studio Braconi; Fondazione Alessandro Riccetti; Casa Sorella Povertà Spoleto; Raccolta Fondi su Iniziativa di Claudiani Nazareno; Istituto Comprensivo Narni Centro; Gruppo Civico Mi Rifiuto; Cioccolateria Vetusta Nursia; ASD Acciaio; Gruppo sbandieratori e musici Carbium di Calvi dell’Umbria; Parafarmacia Le Fontane; Asd San Giovanni Bosco Terni Scuola Calcio Riccardo Zampagna; Juventus Club Terni; Associazione Arma Aeronautica Col. A. Petillo; Petrucci Roberto; Angelozzi Pier Carlo; Alpini e Bersaglieri; Rossi Roberto per Gruppo Cacciatori Avigliano Umbro; Lavoratori Acea Termovalorizzatore; D’Ubaldi Michela; Montagnoli Federica; Asd Campomaggio; Fenice Formazione Srl; Ragazzi Fantacalcio Terni Narni; Fantacalcio Taverna; Massarelli Patrizia; Torchio Monica; Pro Loco S. Urbano; Polisportiva Prampolini; Inmetodo Srl; Dominio Collettivo Itieli Narni; Asd Mosca Club; Cozza Marco; Dr. Giulio Mancini; Matteo Tomassini e gli amici del Fantacalcio Serie Z; Gruppo Padel Dipendenti Banco Desio; Amadei Alessio; Associazione Amici Per La Vita; Giamminonni Luca; Pileri Andrea per Gruppo Fantacalcio; Gruppo Sbandieratori San Gemini;

Pro Loco Vasciano; Asd Arcieri Terni; Centro estetico L’isola del Sole; New Box Srl; Eredi Amadei; Sq. Caccia Cinghiale Aquile Nere Finocchieto; Liceo Galilei Terni; Idroclima Brocci Guardea; Pulcini Luigi; Associazione Culturale Vicolo San Filippo Terni; Soc. Agricola F.lli Primi; Cruciani Osvaldo; Lacchini Brunella; Milan Club Terni; Rinaldi Egiziana; Carissimi Daniele; Lanaro Natalino; Mishima; Leonelli Andrea; Ancri Terni – Associazione Nazionale Cavalieri della Repubblica Italiana; Viggi Gianfranco; Associazione Castrum Podii Medi Poggio Otricoli; Ferranti Ubaldo; Santorelli Ivo; Barbara Boschi; Taddei Francesco; Ex Fere Settore Giovanile Anni 70; Elena Sbringhetti; Picchioni Gabriele; Romani Maria Laura; Centro Veterinario Lungonera; Valente Paola; Fiaschini Imolo; Pro Loco Macchie di Amelia; Mancini Lorenzo; Alunno Paola; Singh Kuldeep; Trionfetti Matteo; Marsili Marco; Mearelli Livia; Basili Annalisa; Ferentilli Matilde; Ferracci Fabio; Monaldi Gabriella; Faedo Gianna; Longhi Antonio; Presciuttini Mirko; Ambulaife e Fitness Tonic; Uffreduzzi Maria Elena; Moschini Simona; Polleggioni Maurizio; Parafamacia Elicriso; Panfix Italia; Marcelli Patrizia; Savino Tupputi; Pagliochini Carlo; Novelli Marco; Talamonti Sergio; Levantesi Luca; Marazza Francesca; Marazza Francesco; Capogrossi Alessandro; Vannucci Giacomo; Gili Andrea; Mattioli Mauro; Lisi Leonardo; Di Anselmo Carla; Conti Manola; Vulcano Lodovico; Giacobone Gianluca; Paterna Patrizia; Bordoni Pia; Palombi Bruno; Polveroni Alfredo; Anasetti Stefania; Caporicci Franca; Minucci Stefano; Porcu’ Giuseppe; Alloggio Anna Elisa; Natili Gabriele; Petrini Giorgio; Castrucci Francesco; Listanti Katia; Di Iorio Gabriella; Vernelli Franco; Menci Piero; Conti Luciano; Bartolozzi Andrea; Emiliani Angela Maria; Petrini Giorgio; Rompietti Paolo; Ferri Franca; Bisello Alvaro; Raggi Nello; Bonifazi Antonello; Bocaletti Gianna; Ceccarani Roberto; Caprini Gianni; Masci Claudio; Calamita Moreno; Manni Massimiliano; Rossini Paola; Patrignani Carlo; Trastulli Enrico; Tentellino Maria Rita; La Mantia Alessandro; Moretti Claudio; Ciuffoletti Daniele; Forzanti Lina; Bianchi Francesca; Feroce Eugenio; Priante Bruno; Pinzaglia Quintalina; Crocelli Sergio; Ribelli Stefano; Ferri Francesco; Farne’ Alessandro; Ministro Gianluca; Moschini Enrica; Ferrero Marco (Rapallo); Sabatini Francesca; Talamonti Carlo; Marchionne Claudia; Elefante Rico - Alliabox; Gargiulo Lidia; Mostarda Donatella; La Gatta Stefano; Sgrigna Marco; Polleggioni Maurizio; Petrelli Roberto; Serafinelli Gabriella; Cartini Laura; Pennetti Romina; Barranca Francesca; Canini Maria Luce; Finestauri Paolo; Cianchetta Lucia; Minciaroni Roberto; Pastura Maria Fiamma; Manzoni Alessandra; Fiori Luca; Bussetti Salvatore; Spoldi Fabio; Guidarelli Epifania; Pirchio Walter; Serni Silvia; Pagliochini Corrado; Fiorillo Teresa Assunta; Moscatelli Franco; Ottavi Erika; Cianchetta Rosalba; Cesari Rossano; Cimica Michele; Commissari Sergio; Campi Mirco; Sbringhetti Bruno; Catarinelli Elisa; Scarpettella Giulia; Ceccarelli Maria; Cardinali Luca; Sgrigna Enrico; Finestauri Paolo; Tini Giampiero; Sampalmieri Marco; Depretis Vincenza; Ciuffa Daniele; Alessandrini Michela; Paggi Pieroni Elisabetta; Tombesi Gabriele; Castolo Mario; Fiorucci Alessandra; Laurenti Rodolfo; Ciliani Maurizio; Kumar Jatinder; Spinelli Renato; Gentile Eleonora; Isidori Giada; Scaletti Cecilia; Masci Emiliano; Amorosi Oreste; Froscianti Eleonora; Pecorari D.; Rampiconi F.; Bisonni Debora; Bisonni Giampaolo; Andreoli Laura; Rinaldi Ombretta; Sensini Simona; Franceschini Mirco; Moneti Anna; Mancini Caterina; Bececco Anna Rita; Suatoni Gilberto; Dartagnan Diego. UN RINGRAZIAMENTO INOLTRE A: SF Sicurezza & Formazione Srl – S.T.P. che ha offerto interventi di sanificazione aggiuntiva gratuita; Associazione Visioninmusica per l’iniziativa musicale di raccolta fondi; Caffè Corsini per le cialde e le macchinette del caffè; Pasticceria Modernissima per le crostate a tutti i reparti; Pizzeria Lo Scugnizzo per la colazione di Pasqua; Comitato per la vita Daniele Chianelli, i Pagliacci, Ordine di Malta Terni, Cioccolateria Vetusta Nursia, Bar Eden Federico e Letizia, Cioccolateria Calvani, Bar Ponte d’Oro, per dolci e uova di Pasqua ai reparti; Ristorante Mio Bio; Ristorante Carpe Diem; Panificio Fioretti-Orsi; Marco Palazzo promotore di una raccolta Fondi per pizze e cornetti per gli operatori sanitari; Maria Sannicola per i libri donati all’Oncologia...

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CONOSCERE LE SOFFERENZE DEGLI ALTRI

LA TERNI dal GRANDE CUORE

U Nicoletta GIGLI

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n esercito di volontari che ogni mattina si alza presto e si mette a disposizione di chi ha bisogno. Un numero importante di persone di buona volontà che, sin dai primi istanti di un’emergenza che rischia di travolgere soprattutto le persone più fragili, apre il cuore agli altri. È il 6 marzo e ancora nessuno sa che dovrà affrontare settimane di reclusione forzata per evitare i contagi. Ma chi fa il volontario si rende subito conto che bisogna rimboccarsi le maniche prima che sia troppo tardi: “Il coronavirus non ferma le nostre attività -dicono i volontari di Auser- continueremo a sostenere ancora di più le persone anziane. Abbiamo rafforzato l’attività per servizi gratuiti di consegna della spesa a domicilio, consegna dei medicinali e sostegno psicologico”. Passa qualche giorno, arrivano i provvedimenti restrittivi del Governo e la disponibilità di volontari e associazioni viene messa a sistema dall’assessorato al welfare. Nasce un accordo che vede insieme Ancescao, il gruppo giovani di Azione cattolica, Auser, Comunità di Sant’Egidio, Age, Masci, Anpas, Caritas e associazione San Martino. Una task force di volontari che corre da una parte all’altra della città per consegnare farmaci e generi alimentari, ma anche regalare una parola buona a chi è solo. E che garantisce il supporto psicologico telefonico alle tante persone fragili che vivono l’emergenza Covid con maggiore difficoltà.

A garantire il servizio anche i volontari dell’associazione di protezione civile “ProCiv Collescipoli” e quelli del gruppo comunale di Terni “Civitas Interamna”. Sono i giorni in cui i volontari del Banco alimentare si fanno in quattro per garantire la distribuzione degli alimenti agli enti caritatevoli convenzionati. Un’attività di recupero e distribuzione degli alimenti che, in tutta la regione, coinvolge 190 associazioni convenzionate, che assistono più di 18mila e 500 persone in difficoltà. Sono i giorni in cui scendono in campo oltre 80 giovani volontari del gruppo Terni Amelia del Cisom impegnati nel pre-triage ospedaliero. Nelle tende sistemate di fronte agli ospedali di Amelia e Narni per il pre-triage e a Terni ed Amelia con il Coc, il corpo italiano di soccorso dell’ordine di Malta schiera un piccolo esercito volontari. Ogni paziente che arriva per una visita medica o una donazione di sangue, si ferma nelle tende e risponde alle domande dei volontari del Cisom prima di poter entrare in ospedale. In questo periodo d’emergenza i volontari delle sezioni comunali di Avis non fanno altro che lanciare appelli ai donatori. Mai come ora il sangue, che da tempo scarseggia, è fondamentale e spesso vale una vita. E mentre i tempi dell’emergenza si allungano, volontari e associazioni sfornano iniziative per raccogliere fondi destinati ad acquistare dispositivi di protezione per il personale medico e strumentazioni fondamentali per l’ospedale. Raccolte fondi lampo per stare al passo con una patologia che mette a dura prova chi lavora nella sanità e, come le forze dell’ordine, è 24 ore su 24 al lavoro per controllare che tutti rispettino i decreti emessi per contenere la pandemia. In due settimane I Pagliacci e Interamna Nahars, col contributo di Aumat, Comitato Alessio Durazzi, circolo Acli di Sismano e tanti altri donano mascherine e tute impermeabili a medici e infermieri, al 118, ai medici di base, alle pattuglie covid di polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia locale. La raccolta fondi delle majorettes di Acquasparta è durata tre settimane e le New Lady Spartanes hanno


CI AVVIA VERSO UN NUOVO UMANESIMO

già donato il ricavato all’ospedale. La chiusura imposta dall’emergenza covid-19 del centro d’ascolto nella parrocchia dell’Immacolata Concezione, nel quartiere Polymer, non ha fermato l’attività dei volontari dell’associazione LaGioiaDiVivere. Per settimane Clara Giorgi, insegnante ternana in pensione, ha accolto le famiglie davanti al cancello di casa. Con mascherine e guanti lo scambio di un buono spesa, di una bolletta o dell’affitto da pagare, ma prima di tutto questo, c’è un sorriso, una parola buona. “Le persone avvertono di non essere sole -dice Clara- il passaggio dei soldi è importante, ma facile. Stare a sentire davvero le persone significa dar loro coraggio, aiutarle a superare un momento difficile. Noi riceviamo molto di più di quello che diamo quando chi entra con le lacrime esce col sorriso”. Quando è scoppiata la “bomba” Covid il primo pensiero è stato come aiutare le 120 famiglie che LaGioiaDiVivere segue tra Terni e dintorni. “Le iniziative di raccolta fondi sono tutte saltate, ma la nostra onlus ha la fortuna di essere finanziata dalla nostra famiglia e quando c’è un’emergenza, con un giro di telefonate, la risolviamo in un quarto d’ora. Ci siamo autotassati e abbiamo raccolto 6mila euro da distribuire come buoni spesa e, in questa emergenza, come contanti, alle famiglie, molte delle quali sono ternane”. La fitta rete di relazioni con le altre associazioni, dalla San Vincenzo all’Azione Cattolica, dalla Protezione Civile a Croce Rossa, Ambulaife e Misericordia ha fatto tutto il resto. “L’amore non costa e vorrei che fosse contagioso come il virus - dice Clara-. Sarebbe davvero una bellissima epidemia”. Dopo un periodo di stop anche il Centro sociale e culturale quartiere Polymer torna in campo per aiutare gli altri. Promuove una raccolta di denaro e generi

alimentari per le famiglie indigenti della zona. Quel filo di solidarietà e d’amore che da tanti anni unisce Terni all’India, ai tempi del coronavirus si rafforza. E vede in campo l’associazione Per un sorriso-Monica De Carlo, impegnata a sostenere le tante famiglie in difficoltà. In India, dove le persone vivono grazie a lavori stagionali, dopo il coprifuoco causato dal Covid-19 la situazione è drammatica: “Ci sono famiglie che si salvano dal virus, ma muoiono di fame” dice Giovanna Proietti, che con Roberto De Carlo ha fondato l’odv quasi vent’anni fa. Lì durante la pandemia il sorriso di Monica ha sostenuto ben 200 famiglie mentre più a sud del paese, nei villaggi dei pescatori, dove l’associazione da anni ha adottato a distanza tanti bambini, sono stati acquistati generi alimentari e beni di prima necessità. A Terni l’associazione “Monica De Carlo” ha donato mille euro e li ha messi a disposizione dei servizi sociali del Comune per sostenere 12 famiglie della città colpite dal coronavirus. E poi il contributo di altri mille euro donato all’azienda ospedaliera di Terni, che ha permesso di acquistare un ecografo destinato al pronto soccorso. Qualcuno scende in campo per sostenere i bambini che non hanno la possibilità di seguire le lezioni a distanza. Nasce così il progetto “Think digital”, la raccolta fondi per l’acquisto di pc e tablet e strumenti digitali per dare l’opportunità, agli alunni in situazioni di difficoltà economica di scuole primarie e secondarie del comprensorio ternano, di poter seguire gli studi a distanza. A promuoverlo l’associazione Tempus Vitae. Un volontariato portato avanti da centinaia di persone che restituisce una città accogliente e solidale. La Terni dal grande cuore che c’è. E che non si tira mai indietro.

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• IL VIRUS DELLE NUOVE POVERTÀ •

Giacomo PORRAZZINI

NUOVE STRADE

Le pandemie hanno sempre costretto le società umane colpite a ripensare se stesse, a cercare nuove strade e nuovi modi e finalità dello stare insieme. Da tale punto di vista, i colpi inferti dal contagio virale del Covid alla “salute sociale” sono non meno carichi di conseguenze di quelli subiti dalla salute fisica delle moltitudini dei contagiati. Crisi economica e crisi sociale prodotte contestualmente dal virus, si sono alimentate a vicenda ed hanno colpito la nostra comunità ternana, assai più dell’impatto strettamente sanitario. Ora che l’onda montante della prima emergenza è alle spalle occorre interrogarsi su cosa sia accaduto alla nostra società e ad alcune sue componenti più fragili ed esposte. Ed è opportuno farlo ascoltando le testimonianze ed i punti di vista di coloro che si sono trovati in prima linea; per capire e per cominciare a ragionare, collettivamente, su una risposta che non consideri la pandemia un mero incidente di percorso o una parentesi, ma l’occasione per immaginare e costruire una società diversa e migliore, puntando anche sulla diversità/emulazione dei vari contesti regionali e locali. ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE: y Il nostro sistema sanitario, pur avendo mostrato una solidità di fondo ed espresso la prova più alta di fedeltà al giuramento di Ippocrate ed una abnegazione memorabile da parte dei sanitari, ha anche mostrato i segni del suo ridimensionamento ventennale e la insostituibilità del servizio pubblico universalistico, quando la salute pubblica corre dei seri pericoli. Ora il suo rafforzamento va inserito al centro delle strategie di ripresa e rilancio economico; non vi sono più i limiti finanziari degli anni passati a fare da alibi. Il Mes-sanità può mettere a disposizione del settore sino a 37 miliardi di euro. C’è l’occasione storica di una rifondazione del SSN, a partire dalla medicina di territorio, dalla telemedicina, dalla integrazione dei servizi sociali e sanitari per potenziare la prevenzione e non solo la cura; convivere con il virus vuol dire soprattutto fare prevenzione nei confronti del contagio. Il Piano sanitario regionale va rivisto ed aggiornato alla luce di questa straordinaria novità e della sfida/opportunità che ci porta. y La pandemia, con il blocco delle attività che ne è seguito, ha aggravato le condizioni di povertà preesistenti ed ha creato nuovi poveri. La sua frustata, infatti, ha colpito in modo asimmetrico la società. Un punto politico e sociale chiave di questa fase è se e come recuperare, almeno in parte, una “simmetria” di condizioni sociali post-Covid, attraverso necessarie, quanto difficili, misure di solidarietà attiva verso i più colpiti, sia sotto forma di azioni volontarie, con protagonista il “terzo settore”, sia tramite l’intervento fiscale e redistributivo dello Stato, ai livelli europeo, nazionale, regionale e locale. Una riforma fiscale basata sulla lotta efficace alla evasione ed alla applicazione del principio costituzionale di progressività, appare come un passaggio storico non più differibile, tenuto anche conto che le politiche di decarbonizzazione dell’economia richiedono, per produrre effetti concreti, di

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attivare specifici strumenti fiscali, insieme ad un forte rilancio di investimenti pubblici e privati dedicati a tale finalità. y Il lockdown, unito ad una modifica degli stili di vita e di consumo di milioni di cittadini, che si affianca ad una accresciuta percezione del rischio sanitario, ha cancellato migliaia di attività d’impresa e milioni di posti di lavoro in un’area economica già caratterizzata, prima del Covid, da alti livelli di aleatorietà del business, di precarietà e stagionalità del lavoro. Turismo, commercio, intrattenimento, sportspettacolo, appaiono essere i settori più colpiti. Pensare ad un ritorno al “come eravamo” appare illusorio. Il tema non è solo come riorganizzare, in base a norme cautelative di distanziamento, le attività che “riaprono”, ma di costruire nuove opportunità di impiego e d’impresa per la quota che verrà, comunque, cancellata. Il punto è come individuare nuovi bisogni e consumi per la cui soddisfazione dar vita a nuove imprese, anche sociali, e a nuove opportunità d’occupazione. In questa ricerca strategica, pubblico e privato, politica e scienza, dovrebbero procedere insieme, sperimentando forme alte e nuove di partenariato. y Le forme di tutela sociale verso chi ha perso impresa lavoro reddito e fiducia nel futuro, soprattutto quelle da attivare nel medio periodo, devono affrontare, a viso aperto, il tema spinoso delle vecchie e nuove disuguaglianze e non lesinare risorse per garantire ai più colpiti, e per suscitare in chi sarà chiamato ad aiutare, un senso alto di appartenenza alla comunità sociale. Le misure compensative, proprio per questo, non devono spingere coloro che ricevono e coloro che danno a coltivare o temere comportamenti parassitari o passivi. Al contrario, le misure di tutela dovrebbero provare ad accrescere le capacità, la reattività, il potere democratico e la responsabilità delle persone. y Scienziati e grande pubblico si stanno chiedendo quali relazioni di cause effetti vi possono essere fra esplosione e diffusione della Pandemia del Covid-19 e condizione ambientale e climatica del mondo, ma anche di singole aree più critiche. Una risposta va trovata e, se possibile, dovrebbe spingere la comunità umana ad accelerare i cambiamenti di “sistema”, necessari per rendere possibile una inversione di tendenza nella crisi climatica ed ambientale globale; per conquistare, rapidamente, più alti livelli di resilienza agli shock esterni. Ciò che la Pandemia ha reso chiaro è che maggiore giustizia sociale e superiore giustizia ambientale sono intimamente legate e che oggi qualsiasi strategia di sostenibilità dello sviluppo non può che basarsi su tre pilastri: una economia green e climaticamente tendente alla neutralità; una convivenza umana più basata su giustizia ed uguaglianza, nei rapporti fra le nazioni ed all’interno dei singoli paesi; una innovazione tecnologica le cui finalità e modalità di penetrazione ed uso debbono ritrovare il filo di una utilità sociale condivisa e non imposta dalla forza delle attuali piattaforme digitali. Proviamo, anche a Terni, ad aprire una riflessione per trovare le coordinate e le motivazioni profonde capaci di farci scrivere una pagina nuova nella storia della città.


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RIFLESSIONI al TEMPO del COVID

Riflessioni in un tempo nel quale il tempo per riflettere si è dilatato come mai prima Giuseppe CAPOCCHI Specialista in Clinica delle Malattie Nervose e Mentali Università di Perugia ed in Elettroencefalografia Università di Marsiglia Francia

Ascoltare ancora una volta il brano dei Queen, Who wants to live forever, magistralmente interpretato da Freddie Mercury, mi ripropone, soprattutto adesso, la domanda: Chi vorrebbe vivere per sempre? Chi è disposto a vendere l’anima al diavolo per divenire immortale? No! Basta un attimo per fuggire da questa tentazione, per capire il senso della vita. Chi vorrebbe vedere la propria moglie invecchiare e morire? Chi potrebbe resistere nel vedere i propri figli ed i propri nipoti invecchiare e morire? Nessuno è così stolto da desiderare una vita senza fine. Il rapporto con la morte è stato da tempo risolto, abbiamo accettato, senza angoscia, una vita a termine, convinti, da una sorta di delirio di onnipotenza, di essere capaci di gestirla. Più forti dei nostri nonni, dei nostri genitori, loro costretti da due guerre mondiali in 30 anni, dalla indisponibilità di vaccini e di antibiotici, a fare i conti, consapevolmente, in ogni momento della vita, con una morte in agguato. Noi, protetti da 75 anni di pace, dalla forza della scienza e della tecnologia, non abbiamo avuto fretta nell’affrontare i passaggi fondamentali dell’esistenza; c’è tempo per tutto, non correre, ci ripetevamo. Uno stile di vita attento, il ricorso agli antiossidanti, alle vitamine, il mangiare sano, il sapere della Medicina in caso di intoppi non previsti, sono stati a lungo le nostre linee guida per portare la vita media fino a mete impensabili prima. Un politico, fra i più audaci, si diceva convinto di avere i mezzi per raggiungere il traguardo dei 120 anni. Poi l’amaro risveglio; il Covid 19, un piccolissimo aggregato non vivente di aminoacidi, parassita obbligato, ci ha riportato in una dimensione più reale, ci ha mostrato la nostra fragilità, la nostra impreparazione, ci ha fatto capire che anche noi, come chi ci ha preceduto, possiamo trovarci di fronte ad un pericolo mortale, incapaci di controllarlo. Inevitabile il montare delle nostre ansie, della nostra angoscia impotente, obbligata la nostra docile disponibilità a “rispettare le regole imposte”, a limitare i nostri diritti costituzionali, rimanendo chiusi in casa, distanziandoci anche dagli affetti più cari, negati agli abbracci più intimi, costretti a rinunciare all’amicizia, a non incontrare l’amico di sempre con il quale parlavamo come a noi stessi (Quid dulcius quam habere quicum omnia audeas sic loqui ut tecum, M.T. Cicerone, De amicitia). I più giovani hanno trovato sfogo

e conforto nei social; noi più vecchi e più lesti, per età, ad abbandonare il pianeta, poco avvezzi ai moderni mezzi di comunicazione, abbiamo sofferto ancora di più l’isolamento. Inevitabilmente, come paventato dall’OMS, abbiamo visto proliferare le sindromi ansiose, i disturbi somatici collegati all’ansia patologica, le sopraggiunte difficoltà di molti nel trovare ristoro dal sonno, sia per difficoltà nell’addormentamento che per un drastico accorciamento del tempo totale di sonno notturno. Molti di coloro che mai avevano sofferto di disturbi dell’umore hanno sofferto e continuano a soffrire di sindromi depressive con inevitabile incremento nel ricorso a terapie psicofarmacologiche. Paradossalmente, in modo del tutto imprevisto, i più forti nell’affrontare la segregazione ed il distanziamento sono stati coloro che, ben prima dell’aggressione virale, soffrivano di manifestazioni psicopatologiche. Le persone con disturbi cronici d’ansia generalizzata, sofferenti di fobie, di panico da agorafobia, di fobia sociale, di depressione da stress nell’ambiente di lavoro e nelle sofferte interazioni sociali, hanno trovato sollievo ed inaspettata pace negli ultimi tre mesi. Più volte, nelle ultime settimane, ho ricevuto la confidenza di chi mi ha riferito “di non essere mai stato così bene come in questo periodo”, di aver ridotto il ricorso a terapie, sollevato dai ritmi incalzanti del lavoro, dalla necessità di incontrare clienti, dal poter disporre liberamente del proprio tempo, con la possibilità di organizzare il quotidiano a piacimento, trovando occasioni frequenti per tornare a dedicarsi alle proprie letture, alle proprie congeniali attività troppo spesso trascurate. Quali insegnamenti possiamo trarre da ciò che è accaduto in questo 2020? La Natura e la Biologia si sono prese le loro rivincite e ci inducono a capire gli errori dei nostri comportamenti in tanti anni. Nulla è quello che accade ora rispetto a quello che potrebbe accadere in futuro per il mancato rispetto dell’ambiente e per i cambiamenti climatici da noi in gran parte provocati. Una visione positiva dell’accaduto ci porta ad affermare, con spirito positivo, che nulla sarà più come prima, che quello che verrà sarà un tempo migliore di quello che abbiamo fino ad oggi contribuito a costruire.

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Un nuovo modello di WELFARE D

Cristiano CECCOTTI Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Terni

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opo il 6 marzo, arrivati i provvedimenti restrittivi del Governo, l'Assessorato al welfare del Comune di Terni mette subito a sistema la disponibilità di volontari e di associazioni. Dapprima vengono definiti i protocolli sanitari al fine di stabilire le procedure standard di azione sociale per disegnare insieme, in maniera sinergica e capillare, una risposta nuova ed efficiente. L’emergenza Covid ha permesso di elaborare un nuovo modello di welfare che fa leva in modo importante sul mondo del volontariato, su associazioni che fanno squadra tra di loro e uniscono le proprie forze e ridisegnano la loro azione principale per dare delle risposte di assistenza sociale ai nostri cittadini. Io sono da sempre un fervente sostenitore del fatto che quando un gruppo di persone con interessi comuni decide di coordinare le proprie forze può mettere a punto delle formidabili “ricette” per perseguire con forza accresciuta gli obiettivi condivisi. Grazie al volontariato sono stati messi in campo fatti concreti per rispondere ai bisogni assistenziali delle persone più fragili: y consegna farmaci y consegna spesa a domicilio y sportelli di ascolto y spesa solidale y consegna pacchi alimentari y distribuzione dei dispostivi di protezione individuale. Ricordo inoltre come moltissime associazioni che hanno continuato a svolgere le loro funzioni, come l’emporio della solidarietà, la mensa o la consegna di beni a mamme in difficoltà, lo hanno fatto e continuano a farlo, ma in maniera nuova, attraverso protocolli e sinergie fra tutti gli attori del Sistema, dalla Asl alla Protezione Civile, alle associazioni Ambientali. Tante sono le situazioni di aiuto reciproco che, lontane dai riflettori, si realizzano attraverso piccoli piaceri tra vicini o con una telefonata in più a chi si pensa possa averne necessità.

La vita ci insegna che i bisogni sono in continua evoluzione e che serviranno forze rigenerate, anche nelle prossime settimane, per rispondere alle future necessità sociali ed assistenziali, perché i volontari, come tutte le persone, sono più che mai adesso delle risorse preziose da proteggere. Un bilancio molto positivo è quello tracciato dall’Amministrazione Comunale, mediante la Direzione dei servizi sociali, relativamente alle attività di assistenza erogate per le persone in isolamento contumaciale. Si tratta di quei cittadini per i quali è stata accertata l’esistenza del virus Covid che sono stati obbligati a rimanere in casa, in esecuzione dell’ordinanza sindacale. Gli operatori dei servizi sociali hanno pertanto avviato un servizio di supporto telefonico quotidiano, articolato attraverso il sostegno alimentare, farmaceutico e di raccolta rifiuti. Ogni cittadino è stato contattato giornalmente al fine di individuare le diverse esigenze e, nel rispetto dei protocolli sul distanziamento sociale, i servizi comunali hanno cercato di sopperire alle difficoltà legate proprio al rispetto dell’isolamento. I cittadini, accanto al supporto psicologico, hanno avuto la possibilità di ricevere la spesa ed i farmaci a domicilio, secondo le specifiche necessità, nonché il ritiro dei rifiuti in modalità personalizzata. Un ulteriore impegno del Comune ha riguardato anche l’assistenza di quelle persone affette da coronavirus e ricoverate in ospedale, tra cui anche quelle provenienti da fuori Terni, alle quali sono stati forniti indumenti e/o beni per la degenza ospedaliera che, a causa del distanziamento sociale, non potevano essere forniti direttamente da familiari o conoscenti. Infine, in certi casi, alcuni servizi sono stati estesi anche alle persone in isolamento fiduciario che hanno fatto richiesta tramite i canali messi a disposizione. Un lavoro dunque encomiabile, come risulta anche dai questionari di soddisfazione che sono stati distribuiti agli assistiti in modalità anonima, al fine proprio di comprendere se l’organizzazione comunale abbia soddisfatto i bisogni dei cittadini. Ringrazio per questo gli operatori della direzione dei Servizi Sociali e la collaborazione di tutti i ternani che hanno espresso apprezzamento per il servizio, non solo in termini strettamente materiali, ma soprattutto perché hanno colto lo spirito che l’amministrazione comunale voleva trasferire, ovvero cercare di non lasciare nessuno solo. Poi, come spesso accade in queste situazioni si riceve sempre di più di quello che si dà, di sicuro a livello umano.


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IL VOLONTARIATO NON SI FERMA N

Silvia CAMILLUCCI

el periodo segnato dall’epidemia influenzale da Covid19, ci troviamo di fronte a rischi sociali oltre che sanitari ed economici. È indubbio che un ruolo molto importante di collante debba essere mantenuto dai cosiddetti corpi intermedi e, tra questi, quello agito dal volontariato organizzato. Circa il 30% delle Associazioni presenti nel nostro territorio, hanno continuato, pur con le dovute precauzioni sanitarie ad essere vicini ai più fragili, a prestare attenzione ai più deboli che possono essere doppiamente esposti ai rischi sanitari, perché spesso meno informati e più isolati: pensiamo agli anziani, ai senza fissa dimora, agli immigrati, ai malati psichiatrici e a tutte le altre categorie fragili. Nella fase più preoccupante dell’emergenza sanitaria, diverse realtà associative si sono fermate, interrompendo parzialmente o completamente la propria attività (circa il 70%), e sospendendo iniziative, eventi e manifestazioni programmati da tempo. Accanto a queste, altrettante realtà hanno riconvertito la propria attività per dedicarsi all’emergenza sanitaria e sociale. Tra queste, un’altra fetta di associazioni convertiva completamente (7,8%) o parzialmente (17,2%) la propria attività in modalità smart working. Rispetto a questo scenario, la risposta del Cesvol è stata immediata. Infatti il centro servizi, ha fin da subito riorganizzato le attività per rispondere agli effetti immediati dell’emergenza sanitaria, reimpostato le proprie attività in modalità remota, garantendo quella continuità e quella reperibilità che ha assunto il significato di concretezza e, allo stesso tempo, un valore simbolico e identitario, ispiratore di resilienza per tutto il mondo associativo del Terzo Settore che vi ha voluto fare riferimento. Con l’obiettivo di rendere accessibili notizie, avvisi, comunicazioni collegate alla emergenza sanitaria e grazie alla mole di notizie trasmesse da associazioni ed enti, è stata predisposta una sezione dedicata sulla home page del sito www.cesvolumbria.org, in continuo aggiornamento, i cui contenuti sono stati e vengono condivisi sui vari canali social. Nella nuova sezione del sito, Idee da condividere per migliorare la propria resilienza, sono confluite molteplici iniziative, tra cui: #ilvolontariatononsiferma Racconta al Cesvol il tuo volontariato ai tempi del coronavirus, con oltre 150

testimonianze di Associazioni e volontari in prima linea in questa emergenza. Le testimonianze sono riportate anche nel nuovo account instagram CesvolUmbria. Bando #Challenge Sfida accettata, scrivi in quarantena, al quale hanno aderito una cinquantina di persone desiderose di raccontare, con poesie, racconti e foto, la propria quarantena. #andratuttobene Diffondiamo la fiducia e la speranza. Avviata nel marzo 2020, iniziativa pensata per tenere alto il morale e per trasmettere positività, attraverso i disegni dei bambini. A partire dalla prima metà di marzo, l’impostazione in remoto è stata estesa anche all’area della formazione. Sono stati realizzati Video corsi sulle competenze digitali, Riforma del Terzo Settore - opportunità e sfide della Riforma del Terzo Settore: Una nuova “governance” della solidarietà e del volontariato, aggiornamenti statutari, opportunità, scadenze e iscrizione al Registro Unico Nazionale. Con questo appuntamento formativo, trasmesso in streaming il 13 maggio 2020 e attualmente disponibile su youtube, si è cominciato ad affrontare il tema della ripartenza delle attività del Terzo Settore, con gli aggiornamenti sulle regole da seguire, la prospettiva delle cose da fare e i riferimenti cui affidarsi. Continua l’impegno del Cesvol sul tema della povertà educativa, attraverso il Progetto New Generation Community finanziato da Con i bambini, Impresa sociale, progetto localizzato in tutto il territorio della provincia di Terni che coinvolge scuole, Enti del Terzo Settore ed Istituzioni. La chiusura delle scuole ha rappresentato un evento epocale, spesso messo in ombra (inevitabilmente e giustamente) dall’emergenza sanitaria e sociale: la carenza o inadeguatezza degli strumenti informatici, ed ancor più l’assenza della connessione (in un mondo in cui questa non costituisce più uno strumento, ma un ambiente evolutivo), l’inadeguatezza o l’impossibilità di un supporto culturale in famiglia, manifestano iniquità che la scuola, da sola, non può colmare. Non preoccupa solo il ritardo negli studi, ma soprattutto i risvolti di questa socialità mancata. Per tale motivo, si è cercato di non interrompere i servizi previsti, grazie all’utilizzo, laddove possibile, di dispositivi e strumenti tecnologici, virtuali e digitali. È attivo lo sportello di ascolto psicologico a distanza a sostegno delle famiglie, un’officina interamente dedicata ai bisogni e al sostegno psicologico di genitori e studenti delle scuole. Le educatrici del progetto stanno aiutando i bambini nello studio, nei compiti, ma anche a districarsi nel mondo degli strumenti web.

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LA CONCRETEZZA DELLA CARITÀ

DURANTE L’EMERGENZA COVID 19

L Francesco VENTURINI

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e opere segno della Caritas diocesana, gestite dalla San Martino e legate al soddisfacimento dei bisogni primari come la Mensa San Valentino, il Servizio doccia e l’Emporio della Solidarietà non sono state chiuse, le abbiamo adeguate alle indicazioni dei diversi decreti ministeriali che in questi due mesi sono stati pubblicati. Mensa San Valentino è stato ridotto l’orario di apertura, dalle 17 alle 18,00 ma non i giorni di apertura cioè è aperta tutti i giorni compresa la domenica con l’ingresso in sala di una persona alla volta fino al numero di 10 presenti a turno. L’accesso è consentito previo controllo temperatura con termometro laser, sia dei volontari che dei commensali. Qualora la temperatura dovesse superare 37,5°, si consegnerà il sacchetto con il cibo da consumare nella propria abitazione e si inviteranno le persone a contattare il proprio medico di base. Gli ambienti e la cucina vengono igienizzati costantemente e continuativamente, l’acqua viene data in bottiglia singola dose, le posate monouso, raccolta differenziata di guanti e mascherine, ricambi d’aria (non forzata). Le persone che ogni sera vengono alla mensa sono 50, e si consegnano le mascherine che ci sono state fornite dalla Regione Umbria tramite il Comune di Terni destinate alle persone in stato di povertà. L’Emporio della Solidarietà, oltre continuare a fornire gli alimenti ai 60 nuclei familiari selezionati per il 1°

semestre dell’anno, è aperto in via straordinaria in questo momento di emergenza sanitaria a chi non accede al nostro Emporio e non può lavorare o non ha lavoro. I nuclei o i singoli segnalati sono chiamati dagli operatori dell’Emporio, possono accedere uno alla volta e solo su appuntamento, previo controllo temperatura con termometro laser, uso della mascherina, lavaggio mani e uso di guanti e, dopo aver firmato la liberatoria sulla privacy, possono prelevare gli alimenti. Dal 30 Marzo al 15 Maggio i dati sono i seguenti

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Parrocchie coinvolte

6.987 Numero prodotti distribuiti 178 Richieste di accesso 164 Utenti che hanno ritirato i prodotti alimentari Dei 164 utenti che hanno ritirato gli alimenti 85 sono italiani e 79 stranieri #Noicisiamoadistanza: numero verde GRATUITO 800 766 455 per offrire servizi di ascolto psicologico dalle 9:30 alle 12:30 dal lunedì al venerdì; informazioni e orientamento ai servizi, ai sussidi e sostegni economici offerti sul territorio per l’emergenza, dalle 9:30 alle 12:30 dal lunedì al venerdì e dalle 14:00 alle 16:00 dal lunedì al giovedì. Il Team del progetto INNOVATER composto da personale esperto e qualificato fornisce aiuto per affrontare nel migliore dei modi questi giorni di isolamento a casa, fornendo assistenza e supporto morale e psicologico a chi più di altri risente dell’emergenza sanitaria in corso. Il numero è attivo dal 7 Aprile 2020 e ad 14 Maggio 2020 ha ricevuto n. 145 chiamate da n. 115 persone che hanno richiesto: n. 51 persone un aiuto alimentare e sono state inserite nell’Emporio n. 5 persone un aiuto abitativo e si è contribuito a pagare l’affitto n. 36 persone un aiuto economico e si è contribuito a pagare le utenze e altre necessità n. 23 persone un orientamento ai servizi Ad oggi la Caritas ha pagato tra utenze e affitti, oltre € 15.000,00, grazie alla generosità delle persone, delle aziende e dell’8x1000 della Chiesa Cattolica destinato alla Carità di competenza della Diocesi e della Caritas Italiana.


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CARITÀ CONCRETA

I

n un contesto sociale locale che evidenzia il perdurare di una crisi profonda con l’emergere di nuove povertà, aggravato dalla crisi sanitaria, sociale ed economica della pandemia del Covid 19, la Caritas di Terni-Narni-Amelia e l’associazione di volontariato San Martino operano attraverso vari servizi per sostenere in maniera efficace persone e famiglie, in un percorso che mira ad evitare la cronicizzazione del disagio e conseguentemente una grave situazione di emarginazione sociale. In questo periodo di emergenza la concretezza della carità ha allargato gli orizzonti. “Il Coronavirus ha moltiplicato le nostre energie e anche le nostre attività nel campo della Carità -sottolinea il vescovo Giuseppe Piemonteseattraverso contatti, comunicazioni, telefonate, mail e anche attraverso la presenza nel mettere in atto iniziative di carità e di solidarietà. Un grazie grandissimo a tutti i volontari della Caritas dell’Associazione San Martino e a tutte le associazioni cattoliche che si sono impegnate per alleviare le sofferenze e le difficoltà che hanno toccato tantissime persone. Le difficoltà più grandi arriveranno nella seconda fase e nelle fasi successive, guardando le prospettive che sono davanti a noi, di difficoltà, di disoccupazione, di impedimenti a relazionarsi e a muoversi come era in precedenza. Nulla sarà più come prima, dovremmo pensare a modificare in maniera sostanziale il nostro modo di vivere e il nostro modo di operare, adottare uno stile di vita più semplice, con minori esigenze, maggiormente sobrio”. In due mesi sono aumentati del 233% i beneficiari dell’Emporio solidale che dal 30 marzo al 15 maggio ha distribuito 6987 prodotti, con 178 richieste di accesso e 164 utenti, di cui 85 sono italiani e 79 stranieri, che hanno ritirato prodotti alimentari. In aumento le famiglie italiane che hanno chiesto aiuto alle Caritas parrocchiali e al numero verde #Noicisiamoadistanza 800 766 455, avviato per l’emergenza coronavirus che, in un mese e mezzo di attività ha ricevuto 160 contatti coinvolgendo 115 persone, delle quali più di 1/3 non si era mai rivolto alla Caritas o alle parrocchie. Sono stati richiesti: da 51 persone un aiuto alimentare, da 5 persone un aiuto abitativo, da 36 persone un aiuto economico, da 23 un orientamento ai servizi. Sono pervenute anche richieste di lavoro, di ascolto, situazioni di abbandono e solitudine, povertà da mancanza di arrivo del compenso della cassa integrazione, povertà da violenza domestica e da tratta, povertà nuove e povertà croniche in attesa di poter riprendere il

lavoro sommerso, in nero. All’inizio dell’emergenza molte Caritas parrocchiali hanno inizialmente chiuso e il grande numero di over 65 in esse operanti ha condizionato la non presenza nei Centri di Ascolto e nelle altre attività come Carcere, uffici ed altri servizi. Pur dovendo rinunciare all’ascolto diretto e a tutti i progetti in corso, abbiamo però offerto dei servizi eccellenti: mensa, emporio, docce per i senza tetto e fissa dimora, Casa Parrabbi, Numero Verde. I dati delle nuove povertà sono ancora relativi e, secondo ciò che emerge, dobbiamo aspettarci una crescita nel tempo di situazioni economicamente gravi. Nell’emporio di emergenza nato l’8 aprile, sono stati accolti oltre 100 nuclei, con aumento superiore al 100% rispetto all’emporio solidale, con ingressi su segnalazione parrocchiale. Casa Parrabbi è stata gestita in modo encomiabile ed ai 6 ospiti controllati giornalmente con termo laser si è aggiunta l’accoglienza di alcuni detenuti in libertà vigilata in accordo con U.E.EPE. e la Casa Circondariale di Terni. Gli aiuti dell’inizio dell’anno che hanno trasformato il nostro Fondo Solidale per le famiglie disagiate in Fondo Emergenza virus, è consistito in 76 interventi economici da inizio 2020, di cui 57 da fine febbraio 2020 e 47 attraverso il numero verde. Su richiesta della Protezione civile sono stati coordinati interventi da Attigliano e Amelia verso la “zona rossa” di Giove e direttamente consegnati buoni alimentari al Parroco della cittadina.

+ Diacono Ideale PIANTONI

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Dalla crisi nascono OPPORTUNITÀ Saverio LAMANNA

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“Non ci può essere una umanità sana su una terra malata”. Papa Francesco ha messo subito le cose in chiaro. E ha ragione. Una terra spremuta come un limone, a partire dalla deforestazione selvaggia per lasciare spazio ad allevamenti e colture intensive non può più ospitare il progresso e la salute. Finora i paesi sviluppati hanno raccolto frutti. Quando è arrivato il frutto avvelenato della pandemia ce ne siamo accorti anche noi. Pandemia, etimologicamente: che tocca tutti i popoli. Ma anche che tocca tutto della vita di ogni singolo individuo di quei popoli. Tutto, dal lavoro ai comportamenti di ogni giorno e di ogni ora, dalla espressione degli affetti ad una inedita paura di morte imminente (di quella paura che solo chi soffre di attacchi di panico conosce bene), dalla solitudine forzata a nuove forme di povertà, ma anche di solidarietà. In 42 anni di professione come medico di famiglia non avevo mai visto una simile comunanza di destino, una livella direbbe Totò, sia effettiva sia percepita. In 42 anni quasi nessuno dei miei pazienti che mi chiedeva per cortesia “come stai?” aspettava la mia risposta. Oggi sì, l’aspettano, perché non me lo chiedono per cortesia ma per saperlo. È tutto diverso. Mentre scrivo si riapre quasi tutto e la livella di cui sopra sarà un po’ meno tale. Chi era malmesso si ritroverà a stare peggio ed esprimerà rabbia e frustrazione; chi godeva di una posizione più solida se la sarà cavata meglio, anche se

lo ammetterà a denti stretti. I destini cominceranno di nuovo a divaricarsi. Ma i distanziamenti restano per tutti, la paura resta appiccicata, i comportamenti per il bene comune restano esperienza collettiva. Da quello che vedo alcune famiglie escono dal lockdown sfilacciate e sfibrate con corollario di penosa sofferenza di ragazzi e bambini in particolare. Altre escono rafforzate perché la vicinanza ha restituito esperienze e sensazioni che gli impegni stressanti e pressanti avevano tolto. Ma gli impegni che ora si sommano alle difficoltà, alla disciplina, ai timori, agli obblighi potrebbero far regredire di nuovo. Certezze assolute ce n’erano già poche. Ora tutte le situazioni sono fugaci e relative, quindi fortemente ambivalenti. Venezia è più affascinante perché le acque dei canali sono limpide e si vedono delfini in laguna, o più mesta perché all’Harris Bar potranno entrare un terzo dei clienti di prima? E la nostra amata Terni? Quella che pareva una condanna, la città dei pensionati, ora è una piccola ancora di salvezza: le pensioni, al contrario del reddito delle piccole medie imprese, ad ora sono garantite. E la nostra (e dell’Umbria tutta) grande ancora di salvezza, la nostra grande azienda manifatturiera? Era stata dichiarata strategica 3 mesi fa ed oggi TK, dopo aver messo in atto presìdi esemplari anti covid, a causa della crisi da covid, la mette in vendita. Non proprio della serie “gli amici si vedono nel momento del bisogno”. Tante le difficoltà, ma, nonostante tutto, il sistema ha retto perché il legame tra sociale e sanitario non si è mai completamente interrotto, perché i servizi territoriali (compreso il domiciliare) seppur molto ammaccati, da decenni hanno il polso delle necessità dei nostri concittadini e perché esiste ancora con l’azienda ospedaliera un legame forte e di reciproco scambio. Perché, come si dice in sintesi, questo è un sistema orizzontale. Simile, anche se meno efficiente, a quello di Emilia Romagna e Veneto. Opposto a quello verticale lombardo che ha svuotato di funzioni la sanità territoriale, affidandosi di fatto ai soli centri di eccellenza e ad un rapporto pubblico-privato fortemente sbilanciato sul secondo, monetizzando tutto (Hai un problema di fragilità, di disabilità, di salute mentale ecc..? eccoti un voucher e comprati i servizi dove vuoi). Persi così il polso, la visione di insieme e le strategie assistenziali, di fronte alla pandemia è imploso il sistema. E si è visto! Ora possiamo e dobbiamo approfittare dell’esperienza covid per “asciugare” la tutela della


salute rispetto a spostamentivari,tempi morti, rituali di ricette, prescrizioni, certificazioni che spostavano l’attenzione sulle forme (pur importanti, talora) a scapito della concentrazione sulla sostanza dei problemi essenziali. Prima del covid c’era una rincorsa all’urgente che coinvolgeva tutto e tutti, dal sintomo banale ai farmaci non essenziali, dall’accertamento programmabile fino alle certificazioni per le palestre (!). E, si sa, l’urgente non lascia posto all’importante. La paura del contagio ha messo a nudo una verità: la domanda di salute era gonfiata da altre cose che nulla avevano a che fare con il benessere psicofisico. Dalla crisi, per definizione, nascono opportunità. Cogliamole: più servizi a domicilio, più monitoraggio della fragilità, della cronicità, della solitudine con équipe dedicate e con la telemedicina, più interventi mirati alle vere urgenze, meno visite ma più tempo per visite approfondite, fatte di abbinamento tra colloqui e clinica; e poi utilizzare l’on line per ricette, attestazioni, accertamenti in follow up, evitando, cosa assolutamente necessaria, assembramenti (e, scusate, non di rado salotti) nelle sale d’attesa. Meno front office con le segreterie, più lavoro di preparazione per snellire le attese. Insomma, continuiamo a fare di necessità virtù. Ed ora un clamoroso scoop! Il covid19, tra un contagio e l’altro, mi ha concesso un’intervista esclusiva. Covid: “Solo 2 domande, ho molto da lavorare. In serata sono più libero e potrei venire a casa sua”. Io: “No, grazie, e non le auguro nemmeno buon lavoro. Però mi dica: perché è così cattivo con noi? È diventato famoso per questo”. Covid: “Vi ringrazio per la fama, ma sinceramente non la merito. I miei colleghi Ebola, gastroenterici vari, e i miei cugini (non sono virus) TBC e malaria fanno in un giorno più vittime di quelle che faccio io in 1 mese. Ben strano che non le facciate a loro queste stupide interviste. Ma forse voi avete vittime di serie A e vittime di serie D”. Io: “Ma lei semina morte dove c’era tranquillità e benessere! Le pare giusto?”. Covid: “Io non guardo in faccia a nessuno. E poi… Siete tipi bizzarri voi umani. Io pensavo proprio che la morte non fosse un gran problema per voi. Negli ultimi 100 anni vi siete massacrati a vicenda facendo più di 100 milioni di morti. Io sono un dilettante rispetto a voi”. Difficile dargli torto.

L’urgente non lascia posto all’importante.

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SPERANZA E GIOIA nella vita di chi soffre Clara GIORGI

LaGioiaDiVivere O.d.V. è un’associazione che promuove iniziative di solidarietà morale e materiale per riportare dignità, speranza e gioia nella vita di chi soffre. Attualmente, la parte preponderante dell’impegno di volontariato insiste su Terni, dove da anni vengono seguite circa 120 famiglie in gravi difficoltà economiche, per esigenze abitative e alimentari, alle quali viene fornito supporto materiale per il pagamento dei canoni di locazione e delle utenze domestiche (programma “Casa 21 Marzo”), per la spesa alimentare, scolastica, farmaceutica e medica nonché per servizi di assistenza a persone affette da disabilità. Complessivamente si tratta di oltre 400 assistiti, spesso affetti da gravi patologie, di cui più della metà minori. Con l’associazione collaborano attivamente e costantemente numerosi volontari ternani, tra i quali anche professionisti e medici specializzati in pediatria e cardiologia. Da dicembre 2019 è stato aperto un centro d’ascolto presso la Parrocchia “Immacolata Concezione” gestita da don Paolo Carloni. Durante la “fase1” dell’emergenza Coronavirus il centro è stato prudentemente chiuso, ma le famiglie bisognose hanno continuato a trovare assistenza presso la sede dell’associazione, con le dovute precauzioni; con la “fase2” esso è stato riaperto, previa adozione delle misure precauzionali e dei dispositivi di protezione individuale prescritti.

Con lo scoppio della pandemia Covid-19, le risorse dell’associazione sono state concentrate soprattutto sull’emergenza alimentare. Da marzo a metà maggio 2020 sono stati impiegati oltre 20.000 euro per una massiccia distribuzione di buoni-acquisto alle famiglie ternane (specie quelle con bambini, stante l’insufficienza dei prodotti a lunga conservazione contenuti nei pacchi alimentari distribuiti in simili occasioni) e per l’acquisto di derrate alimentari a favore delle famiglie di salariati rimaste senza risorse a causa del lockdown in India, nelle città di Coimbatore, Tirumpur, Dindigul, Arnir e Madrin (oltre 15 tonnellate di riso e svariati quintali di olio di palma, latte, aglio, ecc.). Durante il lockdown, LaGioiaDiVivere si è trovata a fronteggiare diverse situazioni particolarmente critiche. Come quando si è trattato di organizzare il trasferimento in ospedale fuori Regione di una bambina di 1 anno e mezzo, seguita dalla nascita per una grave patologia cardiaca, che ha dovuto affrontare ad Ancona il secondo intervento al cuore (è stato eseguito un trasporto assistito da Terni ad Ancona, con collocamento dei genitori e del fratellino appena nato in un alloggio vicino all’ospedale). O come quando si è trattato di ospitare per qualche giorno in albergo, e poi collocare in una adeguata abitazione, una famiglia rimasta “senza-tetto” con due figli minori e la mamma in attesa del terzo figlio. Durante la pandemia si sono verificati anche eventi particolarmente felici, come la nascita di tre bambini in tre diverse famiglie assistite (con un quarto in arrivo). Come preziosa è stata la collaborazione di volontari della protezione civile e di giovani dell’Azione Cattolica che, in costanza di lockdown, hanno consentito di far arrivare gli aiuti necessari (buoni-acquisto, spesa alimentare, medicine) alle famiglie più bisognose che avevano difficoltà negli spostamenti. L’associazione non beneficia di contributi pubblici, né ha in essere convenzioni. I progetti realizzati sono finanziati con contributi e donazioni di soci, familiari, amici e sostenitori, ricavi da iniziative economiche marginali e proventi del 5xmille. INFO: www.lagioiadivivere.org; info@lagioiadivivere.org; tel. 0744 800041

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L’ALTRUISMO CONTAGIOSO

A

vere vent’anni e provare ad orientarsi nel mondo, scegliendo magari di esplorare quelle zone della società meno alla luce dei riflettori. Scavare, curiosare, provare a mettersi in gioco. Con spirito di servizio piuttosto che con la riflessione dell’espressività. Questa fase della maledetta pandemia che ci stiamo per lasciare (speriamo) alle spalle ha toccato in modo diverso i singoli individui e le diverse generazioni. Ognuno di noi avrà un segno diverso con cui farà i conti per aver sperimentato un mondo di relazioni completamente diverso e sicuramente inaspettato. Non è andato tutto bene, come molti ci inducevano dire, con una sorta di mantra quasi scaramantico. È andata male, molto male. Ma poteva andare anche enormemente peggio. Alcune stime istituzionali ci hanno detto che le vittime senza prendere provvedimenti non sarebbero state le circa 35.000 a cui siamo arrivati oggi ma si sarebbe potuto arrivare a 800.000. Una guerra vera. Però il senso di speranza racchiuso nell’andrà tutto bene ha effettivamente pervaso la sensibilità di molti, giovani e anziani, bambini e adulti. E’ così che oltre ai giovani che passano buona parte del tempo a rincorrere la così detta movida, termine abusato e poco edificante per non dire giovani consumisti (di abiti, alcol e relazioni), oltre a questi ce ne sono altri. Ventenni che disegnano, suonano, leggono e che si dedicano agli altri. Due storie mi hanno colpito in questi mesi. Una più personale, l’altra più pubblica. LA PRIMA: mio nipote ventenne, che studia da fumettista in una prestigiosa scuola romana, a ridosso di San Valentino sente il bisogno, l’urgenza di mettere giù la sua idea di amore nell’epoca del Covid. In una notte, quando ancora non si ha percezione che si arriverà alla pandemia, ecco due persone che si baciano nonostante la mascherina. La donna bionda, diciamo occidentale, lui probabilmente orientale per un filo di occhi a mandorla. Nulla di che, un bacio senza contatto, un bacio nonostante tutto, tra due diversità che si incontrano e che contagiano i propri cuori. Il tutto su sfondo rosa. Una sintesi perfetta e sicura dell’amore all’epoca del nascente Covid. Un’immagine che tocca i figli di San Valentino ancor più del resto del mondo. Come a dire “si può continuare ad amare” e a sperare nella parte buona delle persone. Anche la speranza può essere contagiosa. LA SECONDA: i volontari del Servizio Civile dell’Arci di Terni che dopo il primo stop alle attività imposto da uno dei tanti DPCM ha voluto rimettersi in gioco per dare una mano a chi era più in difficoltà. E così hanno messo in piedi un servizio di spesa a domicilio chiamato “la sporta alla porta” per tutte le persone in difficoltà: accompagnamenti, telefonia sociale di conforto a chi è da solo, consegna di farmaci, sostegno nella compilazione

Francesco CAMUFFO

di domande di contributo per la spesa o per vari sussidi. Sono state circa un quindicina le persone/famiglie aiutate sul territorio ternano ed altre ora si stanno aggiungendo nell’ex zona rossa del Comune di Giove. Si tratta di persone diverse, con problematiche o semplicemente caratteristiche diverse. Nuove povertà ma soprattutto nuove solitudini. Persone che non hanno un reddito e che magari non sono in grado di fare richiesta per il reddito di cittadinanza. Persone sole e un po’ fuori dalle reti sociali piuttosto che persone che si sono caricate sulle spalle o sul portafogli i problemi di altri familiari. Persone che semplicemente non sanno gestirsi piuttosto di persone avanti con l’età che non sanno orientarsi in un mondo fatto di richieste on line, di pin e di password che d’improvviso, con l’isolamento, sono state tagliate fuori dai servizi perché oramai il mondo è solo online. Siamo stati tutti amputati della socialità, un bene fondamentale di cui forse non avevamo consapevolezza. Oggi possiamo riscoprirlo anche grazie a questi giovani. Anche l’altruismo può essere contagioso. Questa è la base dell’associazionismo di promozione sociale. Come ci ha ricordato il grande Davide Grossman in un articolo messo in musica dalla straordinaria Noa, molti in questa intimità hanno scelto. Hanno scelto di avere un Dio o di allontanarsene, di voler un figlio o di voler scappare da tutto. Abbiamo scoperto che si può sempre scegliere. Abbiamo scoperto la possibilità della tenerezza.

disegno di MICHELE CAMUFFO

IG: @mikahel.offcial_comics

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IL CORONAVIRUS E LE RELAZIONI

2020, l’impatto sociale del coronavirus sul sistema delle relazioni

Adriana LOMBARDI

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“Uno, due, tre …stella” è stato un gioco collettivo di altri tempi dove l’abilità del soggetto consisteva nel bloccare tutto ad un comando improvviso: la posizione del corpo, i gesti, il tempo. Anche il coronavirus improvvisamente ed inaspettatamente ha fermato tutto, ha sospeso il tempo determinando una cesura fra un prima e un dopo. Ma mentre il gioco rappresenta una espressione gioiosa dello stare insieme, il virus è stato un trauma collettivo che ha “stressato il legame sociale” (M. Recalcati) generando insicurezza e disorientamento, ha dematerializzato i rapporti sociali. Abbiamo dovuto apprendere parole inusuali come distanziamento sociale, lockdown, confinamento, tutte espressioni limitative della nostra possibilità di movimento e d’azione, e adottare comportamenti inediti a fronte della perdita di corporeità delle relazioni sociali e di ogni forma di comunicazione Questa pandemia ha riproposto all’attenzione il mutamento epocale in cui siamo immersi, a partire dalla fine del secolo scorso, che ha visto la crisi di tutti i paradigmi sui quali sono state costruite le relazioni economiche, educative e sociali, in un orizzonte che non attiene soltanto all’Occidente bensì cointeressa tutte le società del mondo, in virtù di quel principio di interdipendenza che la globalizzazione ha fattualmente mostrato e la scienza moderna invece ha dimostrato.

Su scala minore l’avvento del coronavirus ha messo in evidenza processi e fenomeni già in atto nelle società avanzate come la nostra (disuguaglianze, solitudini, impoverimento, analfabetismo) sui quali la responsabilità pubblica è chiamata a misurarsi e a governare, ma che impongono anche ai singoli cittadini la rinuncia ad una delega generalizzata in favore di una assunzione di responsabilità. Infatti, l’emergenza vissuta in questi mesi insegna come il comportamento di ciascuno ha una ricaduta su quello degli altri, vedasi come, nella fattispecie, il contatto sia potenziale portatore di contagio, di conseguenza come la difesa della salute delle persone non sia riconducibile ad un fatto individuale, magari da affidare a presidi o dispositivi tecnici più o meno efficaci, bensì richieda la presenza di una dimensione comunitaria, come ambito di responsabilità condivisa, poiché vi sono “rischi non previsti”, a cui ci espone la società moderna (U. Beck), che possono essere affrontati solo collettivamente e in modo cooperativo (dalla salute alla sicurezza, dalle emergenze climatiche alla violenza e alla violenza di genere). Dunque se, come sperimentato, la salute di tutti dipende dalla salute di ciascuno, serve un efficiente sistema sanitario pubblico, non solo fatto di poli specialistici, ma articolato in presidi territoriali, tutto da ripensare. Le crisi possono comportare esiti molto diversi perché sono al contempo portatrici di elementi di rottura che possono aprire a nuove fasi storiche da un lato, dall’altro, a ripiegamenti involutivi destinati ad aggravare i problemi già esistenti. Da qui l’opportunità di appuntare l’attenzione sulle questioni soggiacenti all’attuale sistema sociale che l’impatto del coronavirus ha evidenziato come strategiche al fine di delineare percorsi alternativi e rispondere alla domanda del dove si vuole andare. Oltre l’economia e il lavoro quali principali terreni su cui si è abbattuta la crisi, è il sistema delle relazioni sociali ad essere profondamente toccato ed esposto nel futuro a possibili stravolgimenti. Vorrei richiamarne alcuni aspetti. Distanziamento sociale e solitudine Il confinamento a casa e il distanziamento sociale imposto dall’epidemia ci ha ricordato un’altra epidemia silenziosa che attraversa la nostra società, ovvero la


solitudine che investe la condizione di vita di tante persone, a prescindere dall’età. In un’epoca dove la mediatizzazione si propone di mettere in contatto le persone, si dilata l’insoddisfazione e la solitudine dimostrando che questi strumenti sono efficaci sul piano commerciale, ma non per stabilire rapporti umani interpersonali. La solitudine infatti è una percezione soggettiva, non solo isolamento oggettivo, di persone appartenenti ad un contesto, ma che vivono la sensazione di non essere considerate (vedi il fenomeno del ricorso a facebook di molte casalinghe). C è un nesso fra solitudine e dolore fisico (M. Spitzer), fra solitudine e malattia. Qui non si pone allora un problema di vaccino, ma di come migliorare i contatti diretti e sviluppare le competenze sociali il cui apprendimento non può prescindere dalla relazione diretta con l’interlocutore. Questo vale particolarmente per le giovani generazioni laddove diventano frequentatori esclusivi dei social sviluppando un solipsismo emotivo a scapito di contatti con il mondo reale e di esperienze di socializzazione, con negative ricadute sul piano cognitivo ed emozionale. Il Covid-19 ha fatto segnalare, accanto a forme di disagio (angoscia, depressione) per mancanza di contatti, un crescendo di violenza di genere per convivenze forzate. Dall’inizio del lockdown al mese di maggio sono state uccise 11 donne, uccise da uomini per un odio che chiamano amore. Il femminicidio sembra in questo paese un disastro inevitabile che non ha confini economici, sociali, culturali. Esso rappresenta sempre una prevaricazione del gesto sulla parola che è strumento di mediazione. Si tratta di un deficit culturale e psichico quando si rompe il meccanismo della elaborazione dei disagi profondi. Entrambi richiedono di essere affrontati, l’uno sul piano dell’educazione e dell’educazione della differenza nelle scuole, l’altro sul piano della cura e riabilitazione psicologica, nonché l’assunzione di una responsabilità pubblica non limitata all’intervento normativo. Mortalità e fragilità diffuse I dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità in questi mesi di epidemia hanno mostrato come la mortalità sia cresciuta in modo esponenziale con l’età e in presenza di pluripatologie, in altre parole il virus ha colpito le fragilità diffuse vista la

struttura demografica della popolazione costituita da persone in prevalenza adulte/anziane anche se in condizioni di autonomia o autosufficienza. La catastrofe umanitaria a cui abbiamo assistito con la morte di migliaia di anziani impone di assumere la fragilità come dimensione strutturale implementando una sanità di territorio in grado di intervenire prima e di unire l’assistenza medica con interventi sociali di supporto e accompagnamento, di integrare la dimensione sanitaria con quella sociale valorizzando le reti comunitarie (familiari, di vicinato, di terzo settore). Web, tecnologie digitali e disuguaglianze Uno degli effetti più rilevanti prodotti dalla necessità dello “stare a casa” nella fase acuta dell’epidemia sta nel ruolo assunto dalle nuove tecnologie informatiche e digitali per la comunicazione e per alcune fondamentali attività sociali, come il lavoro e l’insegnamento. Ciò ha certamente permesso di mantenere collegamenti funzionali alla vita quotidiana (spesa a domicilio, relazioni parentali ecc.), ma ha certamente aperto una serie di interrogativi e riflessioni. L’enfatizzazione del lavoro a distanza, oltre l’emergenza, giustificata da una razionalizzazione dei tempi e da una maggiore flessibilità ha riportato in primo piano disuguaglianze di status e di genere, magari meno visibili fuori dalle mura domestiche ma pur presenti, come la indisponibilità di spazi per postazioni di lavoro in casa o di strumentazioni adeguate, la difficile conciliazione con le aspettative e le esigenze degli altri membri della famiglia. Condizione che riguarda in modo pressoché esclusivo le donne. Ancor più stravolgente si presenta l’insegnamento in modalità telematica che, oltre a mostrare la povertà dei contesti che ostacolano il percorso di compimento della personalità di migliaia di bambini (l’Istat ha calcolato che un terzo delle famiglie, nell’emergenza, non disponeva di un PC o tablet, di conseguenza migliaia di studenti sono rimasti privi di un’alternativa a carta e penna per studiare), riduce il processo educativo ad istruzione trasformando il modo di concepire la scuola da luogo di socialità e di apprendimento delle competenze sulla convivenza a luogo di apprendimento di nozioni. Questa prefigurazione di futuro quale prezzo comporterà per le persone e per il sistema paese? L’intermediazione delle tecnologie,

poi, sta cambiando la comunicazione interpersonale svuotandola di quei contenuti non verbali, delle espressioni facciali e corporee che sono gli indicatori delle emozioni suscitate in base alle quali si impara a sviluppare l’empatia. Senza contatto non si alimenta dialogo, non si sviluppa empatia e creatività che sono costruzioni relazionali. Dopo la prima rottura antropologica operata dalla modernità con l’espulsione della fraternità dalla triade libertàuguaglianza che ha relegato nella sfera del privato ogni comportamento svincolato dall’interesse, si rischia una seconda rottura antropologica, ad opera della società della tecnica, con l’espulsione dell’empatia, che è funzione radicata nella biologia umana, dall’apprendimento sociale e responsabile di soddisfazione autentica dell’essere umano. Probabilmente dopo l’esperienza del coronavirus il mondo non sarà lo stesso. Non sappiamo se migliore o peggiore, ma forse dobbiamo capire che la ricchezza più grande sono le nostre relazioni umane e quelle con l’ambiente, da custodire con consapevolezza e responsabilità.

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UN’ATTIVITÀ FATTA CON IL CUORE P

Alessandro ROSSI Presidente AUSER Terni

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iù che i freddi numeri dei servizi che abbiamo garantito a tantissimi anziani della città sono le emozioni a parlare. Sono le parole delle persone che continuano a chiamare per dirci grazie, per confermare che queste interminabili giornate passate a combattere con l’isolamento provocato dall’emergenza coronavirus sono state meno pesanti grazie alla presenza discreta e costante dei nostri volontari. La certezza è che in due mesi Auser Terni ha svolto più di 200 servizi di consegna della spesa e dei medicinali e servizi di ascolto psicologico e telefonico. Che la situazione sarebbe stata molto pesante l’avevamo capito già i primi giorni di marzo, quando nessuno immaginava cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Il 6 marzo, dopo aver chiuso il 2019 con 508 servizi, abbiamo iniziato a rafforzare le nostre attività mettendo in campo più persone disponibili a fare servizi gratuiti di consegna della spesa a domicilio, consegna dei medicinali e sostegno psicologico. Volontari che si sono messi di nuovo in gioco per sostenere con tutte le forze chi, come gli anziani, rischia di trovarsi a combattere da solo con le proprie la fragilità. Una scommessa che vede in campo Elena Argenti, Matteo Falocco, Silvia Torricelli, Iole Bovari, Monia Petrini e i volontari del servizio civile Martina Falocco, Rachele Gregori, Sharon Ciaramellari e Valerio Piermatti. Al numero verde 800 995 988 hanno chiamano in tanti. Hanno chiesto sì i servizi, ma molti di loro avevano bisogno anche di essere rassicurati, di avere consigli per capire come affrontare questo momento così difficile di fronte al quale ognuno di noi aveva

davvero pochissime armi. La nostra psicologa è diventata punto di riferimento per allontanare le paure di chi, già vivendo in solitudine, in piena emergenza covid temeva un isolamento forzato. Giornate a volte molto difficili per cercare di dare risposte adeguate alle esigenze di ognuno che però si sono sempre chiuse con la certezza che questa è la strada da percorrere per chi decide di mettersi in gioco come volontario. Una parola spesso abusata, sbandierata, ripetuta fino allo sfinimento. Un termine che il vocabolario sintetizza alla perfezione come gesto spontaneo, non forzato, non obbligatorio. Un’attività che, quando viene fatta col cuore, ti spinge a valutare tutte le strade, a reinventare i servizi in base alle esigenze che mano a mano affiorano. Col passare dei giorni i nostri volontari si sono resi conto che le telefonate al numero Auser erano un momento di socializzazione importante per chi vive solo e non ha nessuno con cui scambiare due parole. Al telefono ci hanno raccontato storie di vita, aneddoti, ci hanno suggerito ricette, si sono confidati come se parlassero con l’amico del cuore. Nel giro di qualche ora abbiamo lanciato il progetto di Auser Terni “Grandi storie in piccoli spazi: Testimonianze ai tempi del covid-19”. La nostra associazione ha iniziato a raccogliere storie, poesie, ricette, uno spaccato dell’emergenza o ricordi del passato, che diventeranno un libro, una memoria storica di una quotidianità che, grazie a tanti volontari, ha comunque regalato la speranza. Un progetto che vuole dare voce a quella parte che manca in questo momento: i rapporti umani, il sentirsi ancora vivi, utili. Questo libro, quando tutto sarà finito, sarà la conferma che il Covid 19 non deve essere ricordato solo come un periodo triste. Questa emergenza ha fatto nascere amicizie e legami che niente potrà spezzare. Sappiamo bene che la fase critica non è terminata, che ci vorrà molto tempo per tornare ad una situazione di semi normalità. Noi comunque ci siamo e ci saremo. Col sorriso e le braccia aperte, forti dell’affetto di chi ci ha cercato per chiedere la spesa e le medicine e ha trovato una voce e, nascosto dietro la mascherina, un volto amico.


RIFLESSIONI POST LOCKDOWN D

Pierluigi SERI

al 4 maggio siamo ufficialmente entrati nella fase 2 ovvero nella tanto agognata ripartenza dopo due mesi di chiusura pressoché totale di ogni attività pubblica. Due mesi di segregazione forzata, ma necessaria per impedire ad un virus molto aggressivo di diffondersi ulteriormente. Il bilancio è stato pesantissimo con più di trentamila morti, specialmente nelle regioni del nord: Lombardia, Emilia, Piemonte, praticamente il cuore economico del paese. Più pesanti saranno le ripercussioni sul piano economico, sociale e politico. Forse, quando a giugno uscirà questo articolo, il quadro di questa ripartenza sarà più chiaro e completo. Si ripete sempre “Andrà tutto bene” ed è giusto che si abbia una carica di ottimismo, altrimenti con le scene che ci hanno proposto i media per non parlare della gazzarra sui social, non resterebbe altro di gettarsi nella più cupa disperazione. Un fatto indubbio è che la pandemia influirà e condizionerà per parecchio tempo il nostro modo di vivere e di pensare, quindi tutto non tornerà come prima. Il peggio è passato, in apparenza, ma non dimentichiamo che il Covid 19 non è stato debellato ed è sempre in agguato. In questi giorni c’è grande fibrillazione sui media dove gli anchormen dei vari canali fanno a gara nel proporre servizi, proposte, sfilate di esperti o supposti tali, a cominciare da Porta a Porta con l’inossidabile Bruno Vespa, tuttologo tuttofare, impegnato su vari fronti da politologo, economista, stratega a virologo, epidemiologo e quant’altro. (Mamma mia che scienza! Proporrei l’imbalsamazione per consacrarlo all’immortalità). Che dire di Agorà dove la conduttrice Serena Bortone agita la penna quasi direttrice di una orchestra che suona musica poco rilassante! Ma lasciamo perdere lo sport della chiacchiera, lo sport più caro agli italiani, visto che il calcio è fermo, per ora. Invece vorrei invitare i miei lettori (se ci sono battano un colpo!) ad una serie di riflessioni su alcuni punti importanti che l’emergenza potrebbe aver fatto passare in seconda linea. Punto primo: sembra che nei momenti di crisi, quando si presenta un pericolo o una svolta e dovremmo adoperarci per capire cause e conseguenze, invece la nostra voglia di pensare si vada affievolendo. La fatica di tutti i giorni, l’isolamento forzato divorano lo spazio che normalmente destiniamo all’esercizio dell’analisi e della critica. Diventiamo disponibili ad affidarci ai dati di fatto comunicati da esperti veri oppure decretati come dogmi dal Condottiero di turno e dalle task force. È incontestabile però che l’emergenza sia anche dovuta ai tagli per ricerca, strutture e personale subiti dalla sanità negli ultimi anni e che l’epidemia ha evidenziato crepe nella collaborazione tra potere centrale, Regioni, Autonomie locali.

Punto secondo: la situazione di emergenza genera per sua natura spinte “autoritarie”. In alcuni paesi dal contesto politico-sociale debole tipo molti paesi latinoamericani, africani, asiatici, esse sono assunte all’interno di strategie politiche consapevoli. In paesi di democrazia più matura tale tendenza può andare avanti “inavvertita”. Essa si presenta come il palesarsi di quanto è già in atto nel tempo. Il Parlamento è esautorato? Ma da quanti anni si limita a ratificare i decreti dell’esecutivo? Quante volte è stata invocata una task force che nessuna assemblea ha nominato per risolvere le croniche emergenze? La crisi a poco a poco viene interpretata come dimostrazione chiara e lampante della necessità di accelerare la liberazione dei governi da ogni impedimento assembleare. Se nel mondo l’emergenza è endemica, al Condottiero, chiunque sia, e solo al Condottiero spetta la decisione. Antica metafora: quando la nave è nella tempesta, è bene che ci sia uno solo al timone. Terzo punto: la crisi genera spinte che possono diventare forti verso soluzioni burocratico-centralistiche. L’appello dei populisti alla pseudo-sovranità degli staterelli si basa su tali spinte. Si va verso una nuova forma di statalismo fatta passare come stato di necessità. Bisogna a questo punto vigilare, riflettere ora, non dopo! Pensiamo come vengono interpretate certe trasformazioni del nostro comportamento in questo periodo in cui ovviamente sono comprensibili certe limitazioni dei nostri diritti, considerate già da certuni come un obbligo giuridico alla salute, per cui è lecito essere inseguiti, tracciati, interrogati sulla propria salute! Quarto punto: Durante il Lockdown c’è stata la scoperta dello Smart work, del lavoro a distanza. Quanto sarebbe economico stare a casa: un professore potrebbe seguire cento studenti, niente traffico, niente tempo sprecato. Conferenze, convegni, uffici tutta roba sorpassata! Che bisogno c’è del contatto personale? Dal contatto al contagio il passo è breve, questo abbiamo imparato col Covid 19. Invece l’informazione è tutto e la comunicazione avviene con il rapporto diretto, col guardarsi in volto. Tutti mezzi-busto tv, lo stare a casa, il fare tutto via web viene già visto da molti non come una necessità triste imposta da un virus assassino, ma come il nostro futuro. Prevenzione efficacissima ad ogni pandemia! Questa non è teoria, ma già realtà. Riflettiamo: ogni giorno di crisi per colossi come Amazon e Google ecc. sono miliardi di utile. Il sistema dei big data “conoscerà” ognuno di noi, azzerando ogni privacy, continuando a non pagare tasse o per inefficienza degli stati o per appoggio di grandi sistemi politici. Questo sarà il prezzo pagato dello “stare a casa”. Andrà tutto bene!

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Grandi musicisti ternani

MARIO CENTURIONE

1928-2004

M

Gian-Luca Petrucci

Professore emerito del Conservatorio Santa Cecilia di Roma

ario Centurione iniziò giovanissimo lo studio della musica e del violoncello presso l’Istituto Musicale Giulio Briccialdi di Terni per proseguirli poi nello storico Conservatorio Santa Cecilia di Roma sotto la guida del Maestro Nerio Brunelli, il quale fu tra l’altro, insieme ai maggiori strumentisti ad arco italiani, uno dei fondatori del Quintetto Boccherini, che promosse in tutta Italia, Europa e Stati Uniti la riscoperta della musica di Luigi Boccherini. Fondamentale è il ricordare l’articolata e prestigiosa attività del Maestro Brunelli che influenzò in maniera essenziale e costruttiva la crescita professionale e il futuro sviluppo di ricerca di Mario Centurione. Nel segno del suo Maestro, infatti, iniziò subito dopo il diploma, un’attività concertistica come Primo violoncello del “Complesso Corelli” e del “Gruppo Musiche Rare” per poi essere fra i membri fondatori del celebre complesso di strumenti ad arco “I Musici” con il quale, dal 1952 al 1979, compì numerose tournée negli Stati Uniti, in Europa, Giappone, Australia esibendosi anche come solista nelle maggiori sale da concerto fra cui la Carnegie Hall di New York, il Musikverein di Vienna, la Wigmore Hall di Londra, il Concertgebouw di Amsterdam, la Filarmonica di Berlino, l’Opera House di Sidney. Il complesso “I Musici” è stato per trent’anni il miglior complesso d’archi del mondo e un assoluto punto di riferimento per le case discografiche fra cui, principalmente, la Philips, la RCA e la Voce del Padrone, per le quali Mario Centurione registrò, con distribuzione mondiale, il maggior repertorio della musica per archi non solo del Settecento, vendendo oltre 25 milioni di copie e collaborando inoltre con i più celebri solisti del periodo fra cui Severino Gazzelloni, Aurèle Nicolet e molti altri virtuosi. Negli anni ‘70 il complesso “I Musici” realizzò il primo video musicale di musica classica.

Da destra: Mario Centurione, Orlando Calevro, Satu Jalas (nipote di Jean Sibelius), Gian-Luca Petrucci

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Oltre l’attività con “I Musici” Mario Centurione fondò con il fratello Paolo, celebre violista, il “Trio d’archi di Roma” con cui svolse per 19 anni concerti in Italia e all’estero. Interessato con grande passione e serietà all’insegnamento, Centurione fu titolare della cattedra di violoncello presso il Conservatorio Arrigo Boito di Parma e successivamente, come il suo Maestro Nerio Brunelli, al Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Incessante nella sua determinazione di pedagogo, svolse diversi corsi estivi di perfezionamento e orientamento strumentale in diverse città italiane. Numerosi suoi allievi ricoprono ora il ruolo di docenti o di ricercati strumentisti d’orchestra. Noto a livello internazionale sia per la sua attività cameristica che di pedagogo, fu invitato a far parte di molte commissioni di Concorsi Nazionali e Internazionali di esecuzione musicale fra cui la prestigiosa competizione intitolata a “Villa Lobos” di Rio de Janeiro. Straordinario ricercatore e instancabile studioso, raccolse un’importante biblioteca musicale ed ebbe attenzione per la ricerca di strumenti di rara bellezza sia antichi che moderni. Fece costruire a Parma dal liutaio Renato Scrollavezza, primo docente di liuteria in Italia, un intero “Quartetto” (due violini, una viola, un violoncello), raccolse i migliori “archi d’autore” per violoncello e suonò per decenni uno strumento d’inestimabile valore storico: un “Andrea Guarnieri” (liutaio di Cremona vissuto dal 1626 al 1698) dal suono di straordinaria compattezza sonora nei diversi registri, bellezza di suono ed elegante presenza. Uno strumento che perfettamente rifletteva le caratteristiche umane e artistiche del suo proprietario.


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Andavamo al MARE con PEPPA N

Vittorio GRECHI

ei primi tempi andavamo al mare con vespe e lambrette, carichi di ombrelloni e asciugamani, e tra le gambe la capace sporta contenente il pranzo e la cena. Quando il boom economico arrivò a lambire anche la classe operaia, si passò gradualmente alle quattro ruote, tipo la favolosa Cinquecento, la Bianchina e perfino la Innocenti IM3 di seconda mano, molto più “lussuosa” delle altre due. Fu così possibile far vedere il mare anche a persone molto avanti con gli anni, come Peppa. Peppa era di una loquacità travolgente, impossibile da fermare. Da giovane aveva fatto materassi e imbottite, e la cuoca a domicilio per grandi eventi come matrimoni, cresime o trebbiatura. Il giorno prima della vacanza-mare si cucinava sotto la supervisione di Peppa che, toccata anch’essa dal boom economico, largheggiava nel condimento dei cibi, dopo tanti anni passati a risparmiare. Il menù era quasi sempre lo stesso: pasta al forno per il pranzo e pollo arrosto come secondo, mentre per cena fettine panate e insalata di pomodori. Una variante del secondo piatto poteva essere lo spezzatino di coniglio in padella, mentre i cetrioli potevano essere la variante del contorno. I polli, i conigli, i contorni, il vino e i condimenti erano prodotti in ogni casa: si comprava solo il sale, il pane e poco altro. Si partiva all’alba con le auto stracariche di bottiglie, bottiglioni, borse, sedie a sdraio, ombrelloni e la capace canestra di vimini con le cibarie, coperta da una coloratissima tovaglia. Lungo la strada ci aspettavano una o due auto di famiglie amiche che si aggregavano alla piccola carovana. Si attraversavano paesi in festa con le immancabili bancarelle e, nonostante tutto il ben di dio portato da casa, c’era chi si fermava a comprare porchetta

Si partiva all’alba con le auto stracariche di bottiglie, bottiglioni, borse, sedie a sdraio, ombrelloni e la capace canestra di vimini con le cibarie, coperta da una coloratissima tovaglia.

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e cocomero gigante per tutti. Più ci si avvicinava al mare, più aumentava la fila e più diminuiva lo spazio tra un mezzo e l’altro. Allora poteva capitare un tamponamento a catena, quasi sempre senza danni seri alle persone, al massimo il collo e una gamba dolorante, nonostante l’assenza delle cinture di sicurezza. La carambola comportava una notevole perdita di tempo perché ognuno prendeva i dati del mezzo che lo aveva urtato per poter fare la denuncia alla propria assicurazione. Arrivati finalmente al mare, si iniziava a scaricare tutto l’occorrente per la giornata. Per prima cosa si piantavano gli ombrelloni nella sabbia e si aprivano le sdraio, mentre per mettersi il costume, si armeggiava, coperti dal grande asciugamano, aiutandoci a vicenda. Ovviamente Peppa, data l’età, rimaneva sotto l’ombrellone con l’abito estivo a maniche corte, seduta sulla sdraio. Dopo la passeggiata sul bagnasciuga e il rituale bagno, ognuno si dedicava al passatempo preferito: i giovani a sguazzare nell’acqua tirando pallonate e i meno giovani a leggere il giornale, fumando l’ennesima sigaretta. Quando i raggi del sole incominciavano a bruciare la pelle, nonostante la crema protettiva, e si avvicinava l’ora del pranzo, tutti si avvicinavano all’ombrellone a bere un sorso d’acqua e a darsi una rassettata. Nel gruppo di amici c’era anche una famiglia con una splendida adolescente dal corpo perfetto, contenuto a stento nel bikini alla moda. Mentre la ragazza si pettinava, Peppa, accaldata anche per il troppo parlare, alzandosi in piedi, si sfilò il vestito, restando in sottoveste. Tutti gli astanti scoppiarono a ridere, compreso un gruppetto di giovani che, con frizzi e lazzi, fingevano di occuparsi della sottana nera, tutta pizzi e merletti, svolazzanti ai rari soffi della brezza marina. Al momento del pasto i “mosconi” si dileguarono e al loro posto arrivarono mosche e vespe attratte dalla succulenta pasta al forno condita da Peppa.


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