La Pagina Giugno 2017

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Numero 146 giugno 2017

Narni

Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura

Norcia

Tornano i giorni che riportano Narni alla Narnia del 1371. Torna la suggestione della lettura del Banno, dell'investitura dei Cavalieri delle Tabernae e del Grande Corteo Storico. Torna, soprattutto, la sfida sentita per l'ambito anello.

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Giugno

2017

6 10 Emozioni di una gita in Valnerina Loretta Santini

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Il viaggio del Poverello + Paolo Giulietti

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Tipolitografia: Federici - Terni DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore editoriale Giampiero Raspetti Grafica e impaginazione Francesco Stufara Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 3482401774 - info@lapagina.info www.lapagina.info Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

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Con Ulisse sul mare color del vino

34 Le ONG e il volontariato PL Seri.................pag. 36 Associazione Culturale La Pagina......pag. 38 GLOBAL SERVICE.............................................pag. 39 AGOS........................................................................pag. 40

Liceo Classico.............................................................pag.



Emozioni di una gita in Valnerina Questa deliziosa vallata che è bagnata dalle acque del Nera

Cambio del de

Loretta Santini

La Valnerina è sempre un’emozione.

Emozione per quel verde intenso e variegato, vigoroso e riposante che si espande ovunque e ti ammanta in ogni momento. È il verde più verde dell’Umbria, cuore d’Italia. E poi l’azzurro altrettanto intenso e luccicante delle acque: il fiume Nera ci accompagna per tutto il tragitto scorrendo in uno stretto fondovalle, spesso incassato tra alte pareti rocciose, perpendicolari e spettacolari. Indoviniamo dal finestrino dell’autobus le acque del Corno, limpide e tormentate, incassate tra le rocce, rumoreggianti nella stretta di Biselli e narranti un pezzo di storia antica nella Balza Tagliata, quella strada ricavata a furor di piccone già in epoca romana da uomini che cercavano un varco tra la valle e Norcia. Osserviamo il tracciato dell’ardita ex ferrovia Spoleto-Norcia, un’opera d’arte dell’ingegneria realizzata nel 1928 e dismessa nel 1968: 51 km di viadotti, gallerie, rampe elicoidali, caselli. Un percorso di grande suggestione oggi riconvertito in una pista ciclo-pedonale tra le più attrattive d’Italia. Vediamo a mezza costa la sequenza dei borghi di una bellezza immutata ancora racchiusi entro le mura con le loro torri svettanti, i loro campanili, i vecchi palazzotti o i resti di rocche dove ancora è possibile leggere le atmosfere di antiche municipalità. Saliamo fino a Cascia e Roccaporena, luoghi di pellegrinaggio religioso, i luoghi di Santa Rita, la Santa degli impossibili. Tralasciamo le tante e bellissime chiese antiche per giungere fino al Santuario. La facciata con i suoi marmi bianchi si erge in fondo a un porticato racchiusa tra due alti campanili: all’interno è solo luce e colore. A Roccaporena diamo uno sguardo lassù in alto su un picco raggiungibile dopo una lunga e faticosa scalinata allo scoglio dove, inginocchiata a lungo fino a consumare la pietra, pregava Santa Rita. Il cuore ha un tumulto quando si entra nella sua casa natale: uno squarcio di passato che prende l’animo di chi ha fede perché sente lì la presenza della Santa, ma anche di chi non crede perché subisce il fascino del mondo di una volta con i suoi racconti, le usanze antiche e gli oggetti della vita quotidiana. L’emozione è intensa, addirittura straziante, a Norcia: la grande ferita della chiesa di San Benedetto con la sua facciata, unica struttura rimasta, puntellata da un incrocio di tubi d’acciaio e le macerie delle mura antiche, colpiscono al cuore come lame acuminate, ma non tolgono, nonostante tutto, la speranza della rinascita. La rinascita ci può essere. Ci dovrà essere. Lo abbiamo toccato con mano a Sant’Anatolia di Narco, un paese come tanti altri della Valnerina, distrutto dal terremoto del 1979. La ricostruzione ha restituito agli abitanti un paese dignitoso, bello, gradevole. Soprattutto la comunità ha saputo recuperare e valorizzare la propria storia e la propria identità culturale realizzando un vero e proprio gioiello: il Museo della Canapa. Il museo fa parte dell’Ecomuseo della Dorsale appenninica nato con “lo scopo di conservare e tramandare le tradizioni e i mestieri che appartenevano alla sua comunità” legandosi così alle tradizionali attività del territorio, spiegandone l’utilizzo antico e moderno. Come recita il sito internet “il museo è un luogo di incontro, scambio di pratiche e trasmissione di competenze, in cui il progetto tessile, fulcro dell’esperienza didattica, costruisce opportunità di dialogo tra istituzioni, nuove generazioni di professionisti museali, detentori della tradizione e apprendisti tessitori”. Un museo che si organizza dovrebbe sempre legarsi al territorio,

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Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

(John Smith, 1780)

È abbastanza curioso che una delle prime asserzioni che si sentono ripetere i giovani quando affrontano le basi della politica sia quella che li avverte che la democrazia non è un sistema perfetto, ma che è il migliore che si sia finora trovato. C’è in questo ammonimento una somiglianza con i primi approcci alla conoscenza scientifica: non ci vuole molto a capire, per uno studente di scienza, che la forza del metodo scientifico non sta nell’esaltazione della capacità di conoscere, quanto nel delimitare con esattezza i confini dell’ignoranza. Cerchiamo di capire bene i limiti delle nostre conoscenze, sembrano ripetersi gli scienziati: è attraverso questa ripetuta azione di riduzione che potremo essere ragionevolmente certi che quel che rimane sia vera conoscenza. Nell’organizzazione delle società, la forma democratica ha radici antiche, ma fronde e frutti solo molto recenti. È inevitabile citare le città-stato all’identità del luogo: dovrebbe divenirne il simbolo, la coscienza, la dell’Antica Grecia, Atene su tutte, come seme storia. storico della democrazia, ma nella giusta esaltazione Èe un messaggioche questo che ai dovrebbe essere tenuto presente in ogni riconoscenza si deve padri fondatori città e,di quindi, auspichiamo preso a modello anche per Terni, spesso dimentica di ricordareche chesia anche quella era una democrazia embrionale, suffragio Solo qualche esempio che dovrebbe valorizzare le suecon peculiarità. limitato a cittadiniquali maschi, in unalesocietà dove -oltre per ricordare sono nostre eccellenze: San Valentino, le a non considerare degne di parità le donnecartoline di Alterocca, l’archeologia industriale. Vogliamo farlo? vivevano schiavi e altri che erano ben lontani Riporto, sull’onda di queste emozioni, due citazioni dagli scritti dall’avere il diritto di voto. E, soprattutto, che dei viaggiatori del Granddiretta, Tour che, pochi, riescono a fornire quella era una democrazia in cuicome tutti gli aventi dirittoead esprimere un’opinione entravano l’immagine l’emozione di questi luoghi. comodamente nell’agorà, la piazza della città. “… Selvagge vedute di rocce poggiate l’una sull’altra, delle profonde Glifianchi stati democratici veritumultuosi e propri sono torrenti molto o dei larghi letti dei gole dai corrosi da più recenti. Appena un secolo fa, l’Europa che veniva fiumi serpeggianti nelMondiale fondo dieraesse vedemmo ... tutte fatta a sabbiosi brandelli dalla Prima Guerra le bellezza perfezione un stagioni continentenella pienoloro zeppo d’imperie più o meno … talvolta la nostra assolutistici, e gli stati che potevano a buondidiritto strada ci portava attraverso i boschi olivi, e giardini di aranci, in dichiarare di avere parlamentare serre naturali, sempre alcuni anfratti trauna le costituzione rocce che sembravano e democraticada nonmolte eranovarietà davverodimolti. ombreggiati alberi e arbusti sempreverdi”. Oggi, i giovani che sentono l’ammonimento Joseph Addison a considerare la democrazia come un sistema buono, ma non perfetto, sono “… c’è unstupiti vigore libertà inL’aggettivo questa scena di montagne, in genere dalladilimitazione. democratico è connotatouna da meravigliosa di solenne, remota paragonato solitudine. Si opposti ha la un senso sempre qualità positivo, perché è inevitabilmente ai suoi storici: l’autocrazia, la dittatura, l’assolutismo. In più che senso, sensazione che quest’acqua sgorghi dalle eterneallora, nevi sio può da considerare solo migliore, e non più semplicemente perfetto? qualche ghiacciaio; si percepiscono lontano nel cuore di questo In genere, si spiega che il difetto della democrazia sta nel fatto che misterioso, paese alte vallate, gli altopiani, le minoranzeboscoso devono subire la le volontà della maggioranza: per le suaaltitudini natura, il delle montagne più alte d’Italia, la solidità e compattezza della meccanismo democratico prevede che una parte di cittadini non vedano grande dei monti Sibillini è ilperfettibilità centro, il cuore nascosto esauditi icatena propri desideri. Tant’è vero che che la della democrazia si misura in penisola”. genere sulloVernon sforzoLee che uno stato fa nel cercare di salvaguardare, dell’antica

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Di divano in divano... L

’Estate si avvicina e avete voglia di organizzare una vacanza in giro per il mondo a budget ridotto? Se avete lo spirito giusto il couchsurfing può aiutarvi. Recentemente salito agli onori della cronaca mediatica grazie alla nuova serie di Couchseurfers – Australia, rubrica inserita dallo scorso ottobre all’interno del programma Alle falde del Kilimangiaro, il termine couchsurfing deriva dall’unione di due parole inglesi, ovvero “couch”, divano, e “surfing”, navigare. A differenza del Bed & Breakfast, la persona che ospita mette a disposizione il suo divano (o nei casi più fortunati una camera per gli ospiti), gratuitamente, dove poter dormire per tutta la durata del soggiorno. In questo modo, non solo si avranno dei compagni di viaggio, ma anche una guida che potrà consigliare sul da farsi e magari evitare tutti gli aspetti più scontati di un viaggio tradizionale. Sarà poi un modo per accedere direttamente ad uno spaccato di vita locale, vivendo come gli autoctoni, partecipandone la cultura e le tradizioni, specialmente nella vita quotidiana, e a sua volta trasferendo loro elementi della propria cultura. Se poi si

possiede un divano o una camera libera si può decidere di ospitare a casa propria viaggiatori provenienti da tutto il mondo, ma ricambiare non è obbligatorio. Il couchsurfing sta diventando una moda sempre più diffusa principalmente tra i giovani, quelli che magari viaggiano InterRail (ovvero con un biglietto ferroviario a tempo che permette viaggi illimitati su treni di seconda classe, verso o all’interno dei paesi europei partecipanti), soprattutto studenti che non possono permettersi di pagare cifre astronomiche per un alloggio, i backpackers (ovvero i viaggiatori con lo zaino sulle spalle) e tra tutti coloro che vogliono godersi le vacanze e girare il mondo, ma che non sono in condizioni di permettersi la sistemazione in un hotel. Con il couchsurfing si può andare praticamente ovunque sia che desideriate rilassarvi sulla spiaggia assolata della Polinesia o vogliate percorrere la Grande Muraglia. Tutto sta a trovare qualcuno disposto ad ospitarvi nei pressi dell’agognata meta. Da fenomeno di nicchia, era il 2003, grazie all’iniziativa di uno studente americano Casey Fenton, il couchsurfing è diventato

Alessia Melasecche alessia.melasecche@libero.it

un sito internet, per facilitare l’incontro tra domanda e offerta, in cui è possibile trovare sia viaggiatori, sia persone disponibili ad accogliere viaggiatori in ogni parte del mondo (www.couchsurfing. com). Da allora il progetto ha raccolto più di 12 milioni di utenti sparsi in 200 mila città. Il sito è gratuito, basta iscriversi, spendere qualche minuto per compilare il proprio profilo in modo che gli altri membri della community possano sapere le notizie utili su di noi. Comunque la prudenza è d’obbligo. Per aumentare le probabilità di essere accettati è possibile effettuare più di una richiesta simultanea (il sito suggerisce di inoltrarne almeno cinque), realizzando magari un messaggio simpatico circa le aspettative del soggiorno e gli obiettivi del viaggio. Si può effettuare una ricerca per località e vedere una ad una le schede delle persone che offrono ospitalità per poi contattarle o inserire il proprio itinerario di viaggio ed aspettare che la controparte ci risponda. Ovviamente entrambi i ruoli, di ospite e di couchsurfer, richiedono flessibilità e spirito di adattamento, senso di responsabilità e apertura mentale: viaggiatori particolarmente esigenti ed abituati a godere dei propri spazi potrebbero avere difficoltà ad integrarsi in questo sistema. Relativamente alla sicurezza, il sito è giudicato piuttosto affidabile dagli utenti e dopo il 2009, anno in cui c’è stato un episodio di abusi ai danni di una turista, c’è maggiore attenzione ai requisiti di chi ospita (c’è la possibilità di diventare utenti in verified quindi certificati) e da allora effettivamente non si sono più verificati casi simili. Agli intraprendenti viaggiatori che intendano sperimentare in proprio questo nuova apertura al mondo, buon couchsurfing!

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Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura


Francesco Patrizi

Q

ualcuno sostiene che il gin tonic sia nato proprio qui, a Makoko. Questo tratto di zona costiera affacciata sul Golfo di Guinea era noto come “la tomba dell’uomo bianco”, una palude infestata dalla malaria dove anche i vestiti ti marcivano addosso. I funzionari britannici che dovevano amministrare la colonia africana scioglievano ogni giorno grosse quantità di chinino nell’acqua, un toccasana antimalarico talmente amaro da mandar giù che richiedeva di essere accompagnato con generose sorsate di gin. Su quella stessa palude, situata alle porte di Lagos, la capitale economica della Nigeria, si è sviluppato un quartiere prima sulla terra limacciosa poi, quando lo spazio è finito, su palafitte improvvisate e infine su baracche tenute a galla da taniche di plastica, il tutto a contenere una crescita disordinata di duemila arrivi al giorno, dovuti in parte alla desertificazione delle campagne e in parte alle false promesse di ricchezza del boom economico nigeriano. Joe è un affumicatore di pesce, figlio di pescatori, ma nella sua palafitta non ha né canne da pesca né reti, tanto il pesce non c’è più, se lo prendono tutto i pescherecci

La via degli sgombri olandesi

olandesi che tutto l’anno stazionano a largo e che dovrebbero rispettare un limite di pescato concordato con il governo, ma se sforano e ne prendono di più (molto di più!), la multa che rischiano è irrisoria. Joe si ricorda di quando qui negli anni ’70 c’erano i pirati, Makoko era un posto ideale per nascondersi. Oggi conta 25.000 abitanti, ma fare una stima seppur approssimativa è impossibile. Con le sue casette galleggianti e il traffico che si sposta solo su piroga, non è certo una Venezia africana, eppure c’è chi è attratto dal “turismo della miseria” e viene qui per fare fotografie e assaggiare il famoso sgombro affumicato, che Joe confessa di comperare surgelato dall’Olanda. C’era anche una scuola galleggiante progettata da un famoso architetto nigeriano, costruita usando legno e bottiglie di plastica, ma anche questa precaria promessa per il futuro dei bambini di Makoko è stata spazzata via da un violento nubifragio. Stessa sorte è toccata all’ospedale galleggiante di Medici Senza Frontiere che ha perso la sua battaglia non contro le intemperie, ma contro gli stregoni che curano i malati invocando gli

spiriti yoruba. Lagos si sta espandendo a vista d’occhio, sulla sponda opposta della laguna sono stati costruiti dei resort di lusso e un’isola artificiale, Banana Island, dove un appartamento arriva a costare anche 2 milioni di dollari. Se il mare non si riprenderà il suo spazio lasciando marcire e affondare questo slum, ci penseranno i costruttori edili. Ogni giorno Joe, dopo aver venduto un po’ di sgombro affumicato, scende sott’acqua seguendo una scala e risale con un secchio colmo del fondale limaccioso: è l’argilla che vende alle imprese che hanno aperto i cantieri poco lontano e che un giorno costruiranno su Makoko una casa che lui non potrà permettersi. Ma forse quando quel giorno arriverà, Joe sarà già arrivato in Olanda, seguendo la via dei suoi sgombri.

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Il viaggio del Poverello + Paolo Giulietti

La prima idea di un cammino francescano risale agli anni ’80, per il tratto Assisi-Gubbio; solo nel 1995, però, viene pubblicato il “Documento di Valfabbrica”, punto di riferimento per ogni successivo sviluppo, mentre il “Sentiero francescano della pace” vede la luce nel 2000. Esso intende ripercorrere il viaggio del Poverello dopo la sua spoliazione (1206). Quasi contemporaneamente, nel 2002, nascono il “Cammino di Francesco”, nella valle santa reatina, ad opera dell’APT di Rieti, e il “Sentiero francescano degli ulivi”, da Spoleto ad Assisi, ad opera del CAI di Spoleto e di Foligno. Il merito di aver accreditato l’idea di un “Cammino di Francesco” unitario va però ascritto ad autori stranieri: l’olandese Kees Roodenburg, il quale pubblica nel 1995 una guida per un itinerario da Firenze a Roma, che in 37 tappe e 550 chilometri tocca i principali santuari legati alla memoria del Poverello; i tedeschi Simone e Anton Ochsenkühn pubblicano nel 1997 un itinerario francescano da Assisi a Roma. La prima guida italiana si deve ad Angela Seracchioli, che nel 2004 pubblica per Terre di Mezzo “Di qui passò Francesco”, delineando un percorso da La Verna a Greccio, che armonizza i tracciati precedenti (e altri sentieri CAI) con tratti nuovi. Non si tratta di un itinerario storico, ma di un percorso tematico, costruito attorno all’esperienza spirituale di San Francesco. Lo sviluppo delle vie francescane non arresta: negli anni dal 2005 al 2014 nascono parecchi percorsi, anche a carattere interregionale. Tale proliferazione era da attendersi, una volta passata l’idea della possibilità di costruire itinerari come collegamenti tra punti tematici di interesse (diversamente da quanto accade per le antiche vie di pellegrinaggio, dove la delineazione del percorso risponde a regole storiche). Il progetto più significativo è quello che, nel 2008, ha visto coinvolte la Regione Umbria, l’Opera Romana Pellegrinaggi, alcune Diocesi umbre e Famiglie Francescane: la “Via Francigena di San Francesco”. Tale operazione, al di là della denominazione del percorso, del tutto indebita, e di alcune discutibili scelte di tracciato, ha avuto il merito di segnalare in modo chiaro l’itinerario e –soprattutto– di riportare in capo alle istituzioni civili e religiose la gestione di un bene che appartiene alla comunità locale e che veicola idee e valori tutelati dalla comunità ecclesiale. Nel 2011 si è costituito, sulla scorta del bando regionale Tac2, il Consorzio oggi denominato “Francesco’s Ways”, in collaborazione le associazioni di categoria e la Conferenza Episcopale Umbra, che si è assunto il compito di promuovere la Via di Francesco. Ne sono nate una guida (La Via di Francesco, prossima alla terza edizione per Terre di Mezzo) e tutta una serie di iniziative promozionali e di diffusione commerciale. Oggi la Via di Francesco si presenta articolata su due percorsi convergenti su Assisi: quello del Nord, con partenza da La Verna, quello del Sud con partenza da Roma. Entrambi interessano “luoghi” francescani di grande importanza e suggestione, come La Verna, Montecasale e Gubbio al nord; la Valle Santa reatina, Monteluco e Le Carceri al sud; ma ci sono molte memorie “minori” della presenza francescana in Umbria inserite nei due itinerari, ciascuno dei quali può essere percorso nei due sensi. La Via di Francesco è disseminata delle tracce da lui impresse nell'arte, nelle tradizioni e nella religiosità popolare. In ognuno dei “luoghi” cari al santo di Assisi c'è una storia da ricordare, un memoriale da visitare, una preghiera da dire. La città serafica, con le tombe di Francesco e Chiara, è la vera meta del pellegrinaggio. Presso il Sacro Convento è attiva dal 2015 la Statio peregrinorum, un luogo di accoglienza e registrazione

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che rilascia il Testimonium: un documento che attesta il fatto di aver percorso almeno 100 km a piedi o 200 in bici per arrivare ad Assisi. È esemplato sulla celeberrima Compostela, che viene rilasciata in Santiago ai pellegrini che hanno raggiunto a piedi la tomba dell’apostolo Giacomo. Una volta simili documenti avevano valore canonico o legale: attestavano infatti il compimento di una penitenza o di una sentenza; oggi servono più che altro come ricordo di un’esperienza di grande significato spirituale. Nel primo anno di attività la Statio ha registrato oltre 1500 pellegrini e nel 2016 il numero è più che raddoppiato; nonostante la psicosi post-sisma, il 2017 si appresta a segnare un altro record. Le ragioni di tale successo risiedono nel fatto che il pellegrinaggio a piedi non è un semplice viaggio turistico: risponde al desiderio di vivere un’esperienza che coinvolga la totalità della persona, che si mette in gioco nel contatto lento e faticoso con le memorie della fede, l’arte, il creato e le persone che incontra lungo il percorso. Chi oggi intraprende un pellegrinaggio, qualunque sia la sua fede, si attende di tornare in qualche modo cambiato. Ma è soprattutto Francesco d’Assisi il fulcro della Via: il suo stupore per il creato, la sua capacità di amare ogni persona, la semplicità e l'autenticità della sua vita... A quasi otto secoli dalla sua morte egli sa ancora scaldare il cuore con la bellezza provocatoria del Vangelo. In epoca di emergenze ambientali e umanitarie, la figura di Francesco indica un’alternativa affascinante e praticabile, anche per le persone che non hanno il dono della fede. Per camminare sulla Via di Francesco sfruttandone tutto il potenziale è quindi necessario aprire la mente e il cuore, perché si possa compiere quel “percorso interiore” che è il frutto più autentico e prezioso di ogni pellegrinaggio. Possono aiutare la lettura delle Fonti Francescane, ma soprattutto il contatto con la gente. La Via di Francesco, infatti, non è un museo: è abitata da uomini e donne che ancora oggi cercano di vivere “seconda la forma del santo Evangelo”; da persone e famiglie che popolano le città e le campagne dell'Umbria, svolgendo antichi e nuovi mestieri... In un territorio rimasto “francescano”, il pellegrino può vivere incontri che, tappa dopo tappa, addolciscono il cuore e lo aprono alla fratellanza. Sulla Via di Francesco il pellegrino attinge a un messaggio che resiste all'usura del tempo. Agli occhi del Poverello, tutto parla del Creatore ed è via per giungere a lui; tutto ha un senso, anche ciò che è più difficile da accettare, come il perdono e la morte. Non è forse questa una grande e sublime “arte di vivere”? La Via di Francesco è ormai un itinerario di tutto rispetto, ben segnalato e dotato di tutti i servizi: piazzole di sosta, punti di rifornimento idrico, strutture per l'ospitalità di ogni categoria di pellegrini... I segnavia gialloblu accompagnano il pellegrino con costanza lungo tutto il cammino. Perdersi è difficile; rimanere delusi anche.


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Valnerina, conoscerla per amarla Giampiero Raspetti

Conoscerla per amarla. Rubo questa frase, che a lungo riprodurrò, a Loretta Santini che con tale incipit ha iniziato la presentazione della sua ennesima conferenza sulla Valnerina in occasione della gita a Sant'Anatolia di Narco, Cascia, Norcia. Noi dell'Associazione Culturale La Pagina, considerata la distanza abissale che c'è tra sentito dire e conoscenza diretta, pensiamo di doverci specializzare in merito a tali visite per conoscere e far amare ancor più la nostra Valnerina. L'abbiamo già fatto e lo faremo ancora, insieme ai nostri tanti colleghi, professori, presidi e studiosi provenienti da molte parti dell'Europa. Occorre esserci per sentire: la quieta serenità del vivere nei nostri borghi, nei nostri paesini, nelle ville o negli agriturismi, ove si gode del gusto dell’assaporare, dell’odorare, del toccare, del vedere... del sentire. La nostra terra deve essere vissuta, attraversata, respirata, abitata. Ogni pubblicità presentata attraverso qualsiasi media, potrà emozionare solo di una inezia rispetto alla totalità delle sensazioni che si provano nello star dentro a questa meraviglia ove si gode di straordinarie ricchezze per le quali nessuno al mondo potrà mai farci concorrenza: su queste dobbiamo confidare e puntare. E, aggiungerei: quasi esclusivamente su queste. La Valnerina, autentica gemma territoriale, arricchita dalle acque, immersa nel verde e nella rassicurante tranquillità dei suoi abitanti, situata in posizione centrale e vicinissima alla Capitale, si deve caratterizzare come importante Centro per l’accoglimento di flussi turistici, nazionali e non, e per l’organizzazione di circuiti culturali e scientifici. Le risorse del territorio sono ingenti e riguardano l'ambiente, l’arte, la storia, la spiritualità emanata dai suoi Santi, il folklore e le tradizioni contadine, l'enogastronomia, la peculiarità di molti prodotti alimentari. Noi della Associazione Culturale La Pagina e di Terni Progetta lavoriamo strenuamente e disinteressatamente per raggiungere tale finalità. E più la conosco, la mia terra, e più mi indigno. Non me la prendo con il terremoto (lo temo ma, per certo, non promana da alcun castigo divino, così come non è Giove a scagliare i fulmini), perché sarebbe come prendersela con i temporali o con la siccità o raccontare storielle per addormentare i bambini. Mi imbufalisco invece nei confronti dei tanti potenti e ricchi personaggi privi di storia, cultura, intelligenza, che hanno imperversato e, forse, imperversano ancora, senza conoscere nemmeno una minuta parte della storia e delle ricchezze della Valnerina. Se avessero capito e avessero studiato un po' genesi e costituzione dei nostri Appennini e, di conseguenza, degli ineluttabili movimenti tellurici, avrebbero agito in maniera radicalmente diversa. Sarebbero stati, ad esempio, presi da una folle paura di poter perdere, per sisma ed altre conseguenziali calamità naturali, le immense opere d’arte, per lo più pittoriche, nascoste nei monumenti artistici che le contengono e avrebbero messo tutto in sicurezza, incluse le abitazioni, vecchie, bellissime, tipiche ed avrebbero evitato di cementificare dove non era proprio il caso. Noi che amiamo la Valnerina, abbiamo riunito, in Terni Progetta, molti valenti studiosi e ci impegniamo per farla conoscere per poterla ancor più amare. Ci piacerebbe avere anche la possibilità di poter evitare manifestazioni non intonate o addirittura contrastanti con questo nostro enorme patrimonio, ma siamo soltanto degli educatori per cui pratichiamo vera politica, non politica di parte! 12

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Umbria, misura umana, oasi di pace. Cinque elementi, magicamente fusi: la terra, generata da fuoco eruttivo e da emersione dalle acque, respira profumi primaverili, in ogni stagione. Sali minerali, che marina e lapilli sigillarono con dovizia, immergono l’Umbria in sapori, di ara in ara, diversi. Straordinario l’intreccio di itinerari storici, artistici, naturalistici, spirituali che genera quinta essenza. Necropoli, templi, città sotterranee, monasteri, abbazie, conventi, castelli, borghi, torri e muraglie costituiscono l’irripetibile patrimonio archelogico, artistico, architettonico sedimentato in Umbria da Ombroi, Etruschi e Romani, da Medioevo e Rinascimento. Il caleidoscopio, dominato dal verdeumbria, è arricchito da tenui colori: il rosa pallido, il giallo tufaceo, il miele ambrato, l’azzurro cenerino, il rosso mattone delle pietre e dei tufi. Su campi e su alture, su gobbe e su piane, ovunque distesi uliveti e vigneti. Pioppi, querce, salici, ontani, a guardia di fiumi e di rivi ondulati. Una sull’altra le case, arrampicate fino a fortezze feudali. Umbria, misura umana, oasi di pace.


20 Giugno

GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO

Il 20 giugno si celebra in tutto il mondo la Giornata del Rifugiato, istituita nel 2000 come occasione per ricordare la condizione di milioni di persone in tutti i continenti costrette a fuggire dai loro Paesi e dalle loro case a causa di persecuzioni, torture, violazioni di diritti umani, conflitti. In Italia è attivo dal 2001 il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) che è composto dalla rete degli enti locali che, con il prezioso contributo delle realtà del terzo settore, realizzano interventi di accoglienza per quanti arrivano sul territorio italiano in cerca di protezione internazionale. A Terni il progetto territoriale di accoglienza è attivo dal 2006 e dal 2014 è realizzato dal Comune di Terni, in qualità di capofila della Zona Sociale n° 10, insieme a Arci Solidarietà Terni, Arci Terni, Associazione di volontariato “San Martino” e Associazione “Laboratorio

Idea” per le categorie ordinari e minori stranieri non accompagnati. Le stesse associazioni gestiscono anche un progetto che riguarda la categoria vulnerabili/disagio mentale, insieme alla Cooperativa Sociale “il Cerchio”. Gli interventi di accoglienza realizzati a Terni sono finalizzati a facilitare i percorsi di inserimento socio-economico di richiedenti asilo e rifugiati. A Terni è garantita l’accoglienza a circa duecento persone, con servizi di orientamento, informazione e accompagnamento verso la riconquista di un’autonomia perduta e con l’obiettivo di rinforzare le opportunità di integrazione delle persone. L’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati nella nostra città è uno strumento per esprimere la nostra solidarietà a quanti sono stati costretti a lasciare il loro Paese; accogliere i migranti forzati ci offre, al tempo stesso,

un’opportunità per ribadire la centralità dei diritti umani, nonché un’occasione di sviluppo, arricchimento e crescita per la nostra comunità cittadina. Per la ricorrenza della Giornata Mondiale del Rifugiato sono in cantiere una serie di eventi tra Terni, Narni e Amelia. Primo appuntamento mercoledì 21 giugno con la presentazione, presso la Biblioteca Comunale di Terni, delle “Linee Guida Nazionali dell’Accoglienza” redatte da ARCI Nazionale. Uno strumento per migliorare i nostri servizi in tutto il Paese e con l’obiettivo anche di incrementare la collaborazione su questi temi con i nostri Circoli e le comunità dove sono ospitati i rifugiati. All’iniziativa ternana prenderà parte Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale ARCI. Gli altri appuntamenti saranno comunicati nei prossimi giorni sul sito www.arciterni.it


CONSORZIO DI BON

Piazza E. Fermi 5 - 05100 Terni Tel. 0744. 545711 Fax 0744.545790 consorzioteverenera@pec.it teverenera@teverenera.it - www.teverenera.it

ACQUA IDENTITÀ E FUTURO DEI TERRITORI Anche quest’anno il Consorzio di Bonifica Tevere Nera ha celebrato la Settimana Nazionale della Bonifica sviluppando il tema Acqua identità e futuro dei territori per sottolineare come le risorse idriche siano fondamentali per lo sviluppo economico del territorio. Dal 13 al 21 maggio un denso ed importante calendario di eventi ed iniziative. Si è iniziato sabato 13 maggio con la premiazione presso il Museo Diocesano dei lavori delle scuole partecipanti al progetto didattico “Sorella Acqua“ e dei racconti delle scuole primarie. Tale iniziativa formativa riguardante l’educazione ambientale e la conoscenza del territorio, realizzata in collaborazione con l’ufficio scolastico regionale dell’Umbria, da anni laurea le “piccole sentinelle dell’ambiente”. In una piazza del Duomo a Terni piena di giovani alunni e scolaresche il Vescovo della Diocesi Terni Narni Amelia Padre Giuseppe Piemontese ha parlato dei valori dell’acqua e di quanto questa sia importante. Il Presidente del Consorzio Massimo Manni ha elogiato la buona qualità e l’ottima fattura dei lavori realizzati dalle scuole. “La partecipazione attiva delle scuole –spiega Manni– è estremamente importante perché fin da piccoli i ragazzi debbono essere sensibilizzati sull’importanza dell'acqua come risorsa della natura e come salvaguardarla”.

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Grande successo per la delle Bonifica e QUESTI I VINCITORI: SCUOLE INFANZIA 1° classificati in ex equo: Infanzia di Cospea con “L’Aquamondo” per l’originalità nella metodologia di rappresentazione Infanzia Rodari con “L’orto in verticale” per l’originalità nella metodologia di rappresentazione Infanzia Nobili con la riproduzione di un campo per l’impatto visivo della realizzazione 2° classificati in ex equo: Infanzia San Michele per il valore didattico educativo espresso e sempre riutilizzabile Infanzia di Capitone per l’originalità dell’uso dei disegni dei bambini 3° classificati in ex equo: Infanzia S. Anna di Sangemini per il concetto di “riuso” dei materiali Infanzia di Maratta per la minuziosità del lavoro svolto dai bambini Infanzia Guglielmi sezione VI per la capacità di sintesi dei concetti da esprimere SCUOLE PRIMARIE Vincitore del concorso “L’acqua racconta” classe 3A Scuola Primaria XX Settembre (€ 300,00) Menzione particolare dalla Giuria classe 1D Scuola Primaria Mazzini (pergamena).

Martedì 16 maggio c’è stato invece un importante Convegno presso la Camera di Commercio di Terni dal titolo: “Il fiume Nera tra sicurezza idraulica e sviluppo del territorio”. L’iniziativa, fortemente partecipata, ha visto la presenza di qualificati relatori di livello nazionale come Massimo Gargano, direttore generale ANBI e Michele Torsello, responsabile di “Italia Sicura”, la task force della Presidenza del Consiglio. I loro interventi si sono focalizzati sull’attività di difesa idraulica del territorio e sulla salvaguardia ambientale. L’appuntamento è stato di valore strategico per la nostra comunità, per le amministrazioni locali, per le imprese e per le associazioni di categoria. Oltre al Presidente Manni, la direttrice del consorzio, Carla Pagliari, Fernanda Cecchini, assessore regionale all’Agricoltura, Giuseppe Flamini, presidente della Camera di


IFICA TEVERE NERA

a Settimana Nazionale dell’Irrigazione Commercio, Giampiero Lattanzi, presidente della Provincia di Terni, Francesco De Rebotti presidente di Anci Umbria e sindaco di Narni, la vicesindaco del Comune di Terni Francesca Malafoglia ed Albano Agabiti, presidente regionale Coldiretti Umbria. Un progetto da 27 milioni di euro per mettere in sicurezza il tratto dal ponte della E45 fino al ponte di Augusto, tra Terni e Narni. E’ il piano principale su cui sta lavorando il Consorzio di Bonifica Tevere Nera.

«Dal 2009 ad oggi -ha relazionato Mannisono stati realizzati interventi di messa in sicurezza lungo il fiume Nera per 10 milioni di euro. Il nostro obiettivo è quello di proseguire lungo la strada della prevenzione, che permette principalmente di evitare potenziali situazioni di pericolo, e poi anche un risparmio di risorse visto che, secondo gli ultimi studi, c’è un rapporto di 1 a 5 tra quanto si spende per le opere di prevenzione e quelle a posteriori». La direttrice Pagliari ha poi ricordato gli interventi in corso riguardanti il fiume Nera ed il completamento della messa in sicurezza del fosso di Stroncone.

Orario di apertura al Pubblico Lunedì – Venerdì dalle ore 8,30 alle 12,00 Mercoledì dalle ore 15,30 alle 17,00

La settimana si è quindi conclusa con la firma, Giovedì 18 Maggio, della Convenzione tra l’Università – Polo di Terni ed il Consorzio di Bonifica Tevere Nera, avente lo scopo di sviluppare una collaborazione finalizzata al potenziamento ed al miglioramento delle attività culturali e formative nel campo della salvaguardia idrogeologica. Erano presenti il Delegato del Rettore Prof. Massimo Curini, il Presidente del Consorzio Dott. Massimo Manni, il Direttore del Consorzio Dott.ssa Carla Pagliari ed il Presidente del consiglio del Corso di Laurea in Ingegneria Industriale Prof. Federico Rossi.

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Viviamo in un mondo che cambia Rilievi, vallate, fiumi e laghi Enrico Squazzini Centro Ricerche Paleoambientali di Arrone

La ricostruzione dell’antica storia naturale di un territorio è una faccenda particolarmente complicata. Per definizione, questa storia comprende la sommatoria di un indefinibile numero di situazioni ambientali susseguitesi nel tempo sovrapponendosi parzialmente l’una all’altra. Una “situazione ambientale” è costituita da miriadi di elementi fisici, chimici e biologici che si evolvono nel tempo con velocità diverse, perciò di molti paesaggi naturali effettivamente esistiti non potremo mai neanche sospettarne l’esistenza. Di fatto, la materia prima necessaria alla ricostruzione, ossia le caratteristiche chimico-fisiche di quegli antichi ambienti e le componenti del paesaggio non ci sono più, sono state cancellate dal tempo: gli organismi biologici che popolavano quegli ecosistemi si sono estinti e le morfologie del paesaggio sono state, di volta in volta, letteralmente stravolte dalla dinamica geologica. In definitiva, un’immagine paleoambientale costituisce un’entità incredibilmente sfuggente come, del resto, lo è la sua distribuzione nel tempo. In realtà, non è del tutto vero che di tangibile e misurabile non rimanga nulla. A volte un esiguo numero di elementi rimane conservato per un certo tempo a testimoniare l’esistenza di una realtà. Quasi ad informarci del “passaggio” di quell’antica condizione ambientale e, soprattutto, a suggerirne parzialmente l’immagine. In effetti, questo tipo di ricerca, volta a racimolare disperatamente dettagli utili all’inquadramento generale di un’antica realtà, è un’impresa che ha in sé qualcosa di poetico ma, nello stesso tempo, anche di rigorosamente scientifico. Comunque, richiede non soltanto una buona predisposizione all’immaginazione ma anche una certa attitudine per la visione globale delle cose. In più, ci si mette anche il tempo che, nella dimensione preistorica, si dilata a tal punto da sovrapporre gli eventi, confondendo sempre più le acque man mano che si procede all’indietro. Più a ritroso nel tempo profondo significa testimonianze sempre più scarse e rare, gradualmente cancellate dalla dinamica di un pianeta, il nostro, che si rinnova incessantemente riciclando, man mano, la materia precedente. Tant’è che avvenimenti diversi nei caratteri, nei tempi e nei luoghi, tendono a fondersi in un qualcosa difficilmente

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distinguibile. Insomma, sembra proprio che rimanga ben poco su cui lavorare. Tuttavia, una grossa mano ce la danno discipline scientifiche come la geologia e la paleontologia fornendo svariate tecniche di lettura ed interpretazione di quanto ancora rimasto conservato. In particolare, dalle caratteristiche fisiche degli strati rocciosi e dal loro contenuto paleobiologico, le tracce fossilizzate degli antichi organismi, si possono dedurre molti dati utili. L’Umbria è uno straordinario esempio dell’enorme frastuono di antichi eventi che giunge fino a noi, che ci circonda letteralmente confondendosi con la quotidianità e che chiamiamo evoluzione. Negli ultimi tre milioni di anni il nostro territorio è stato teatro di intense modificazioni degli assetti ambientali legate, sostanzialmente, all’evoluzione dei rilievi della catena appenninica e delle depressioni vallive adiacenti, modellate nel tempo fino ad assumere l’aspetto odierno. L’Umbria vista dall’alto permette di disegnare il contorno di un’enorme depressione a forma di Y rovesciata, circondata completamente da rilievi montuosi e nota come Bacino Tiberino perché, per un notevole tratto, è solcata dal Fiume Tevere. Partendo dalla zona di San Sepolcro, a Nord, si allunga fino a Perugia in un unico ramo. Qui si divide in due: un ramo orientale fino a Spoleto ed uno occidentale che giunge ad occupare l’area di Terni. Questa conca intermontana, nel linguaggio dei geologi, è la più vasta di tutte quelle dell’Appennino e, nel corso della sua lunga evoluzione, è stata colmata dai sedimenti terrigeni, derivanti dall’erosione dei rilievi circostanti e smistati dai corsi d’acqua. Per noi abitanti delle valli del Bacino Tiberino, quei tre milioni di anni li abbiamo tutti sotto i piedi, impressi negli antichi sedimenti, principalmente argillosi e sabbiosi, accumulatisi in enormi quantità a riempire quelle valli. Oltre alle caratteristiche fisiche e geometriche di questi strati sedimentari, che ne suggeriscono l’ambiente di deposizione, al loro interno si sono conservati una buona quantità di resti di antichi animali e vegetali che, nel tempo, si sono succeduti a popolare queste aree. Un notevole impulso a tali ricerche, condotte dall’autore, si ebbe a partire dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso. Alcune campagne di scavo, in giacimenti situati nelle aree meridionali del ramo occidentale del bacino, consentirono il recupero di abbondanti resti fossili grazie anche ai quali oggi è possibile delineare un quadro evolutivo generale del bacino suddiviso in tre fasi principali. La più antica, a partire da circa 3 milioni di anni fa, vede il territorio sottoposto al regime lacustre, ossia caratterizzato dall’accumulo di sedimenti argillosi all’interno di laghi,

più o meno vasti e profondi, alimentati da corsi d’acqua. Il lago più esteso, finora noto, occupava l’area compresa fra le attuali Todi e Sangemini ed era alimentato da un corso d’acqua nei pressi di Todi. Si approfitta per sfatare, una volta per tutte, la leggenda che vede l’esistenza, in qualche periodo, di un unico gigantesco lago occupante tutto il Bacino Tiberino. Ebbene, tale situazione è del tutto falsata, non essendo supportata da prove geologiche. L’ unico Lago Tiberino noto è, quindi, quello fra Todi e Sangemini. Intorno a 2 milioni di anni fa si innesca la seconda fase di evoluzione del bacino. Ora il territorio è sottoposto ad un regime fluviale, con un Paleotevere che arriva a lambire la conca di Terni. Resti di antichi mammiferi, scoperti in depositi fluviali fra Massa Martana e Sangemini, hanno consentito di definire con relativa chiarezza un modello fluviale a canali intrecciati. Nelle aree di pascolo stazionavano antilopi, mammuth, rinoceronti di foresta, diversi cervi, alcuni di grande taglia con palchi alti fino a due metri e mezzo, equidi simili a zebre. Iene grandi come leoni e felini dai temibili denti a sciabola si davano alla caccia. Insomma, una scena completamente diversa da oggi e caratterizzata da un clima più caldo dell’attuale. La terza fase evolutiva, in vigore intorno a 1,5 milioni di anni fa, vede entrare in scena nell’area un altro importante attore: il Paleonera. Questo fiume, che prima solcava la pianura reatina, ora ha cambiato completamente percorso facendo ingresso nella piana di Terni, formatasi nel frattempo sempre in conseguenza del sollevamento dei rilievi montuosi. Potremmo domandarci: ma che rilevanza può assumere una ricostruzione paleoambientale e perché è importante dedicarsi a tale attività? Il concetto è semplice; di certo, specialmente oggi, conoscere come si evolve l’ambiente in cui viviamo può aiutarci a comprendere l’entità dei danni che vi stiamo arrecando e quindi intuire quale potrà essere il nostro futuro. Se mai ne avremo uno.


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La Magia del

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Sabato pomeriggio al bar Pinchetto di Montecastrilli ho avuto la fortuna di conoscere due persone eccezionali: una donna che sfortunatamente ha incontrato la malattia "cancro" con un percorso lungo e difficile e un "grande" uomo che oltre a supportarla ha condiviso il dolore con l'energia positiva. Energia che ha tramutato nella forza del sorriso. LA MAGIA DEL SORRISO in pazienti ammalati di cancro ha rilevato un aumento delle cellule T e delle natural Killer, importantissime per contrastare tale patologia così come le infezioni virali, proprio grazie al ricorso alla terapia del sorriso. Una ricerca della India State University dal titolo “l’effetto della risata sullo stress e la citossicità della cellula natura Killer" conferma l’incremento dell’attività delle cellule assassine in seguito ai miglioramenti dell’umore. Un altro uso che si va diffondendo, oltre quello di aiuto nei reparti pediatrici, è la cosiddetta comico-terapia in sala d’aspetto che è in grado di dissolvere la tensione e la paura in pazienti in attesa di esami diagnostici invasivi. La risata ha quindi un potere protettivo e rinforzante del sistema immunitario, riduce l’ansia e provoca la secrezione di beta-endorfine e catecolamine che sono analgesici naturali apportatori di sensazioni di benessere.

Dott.ssa

Lorella Fioriti Specialista in Radiodiagnostica, Ecografia, Mammografia Digitale Diretta

Parliamo di Contraccezione N

onostante il mercato offra numerosissime e differenti metodiche contraccettive, sembra che molti adolescenti vivano la propria sessualità in modo superficiale, affrontandola con leggerezza e scarsa informazione. Si comprende bene, invece, come l'informazione sui differenti metodi contraccettivi sia indispensabile per ridurre non solo il rischio di gravidanze indesiderate, ma anche limitare la trasmissione delle malattie veneree. La scelta di una pratica contraccettiva piuttosto che un'altra è chiaramente soggettiva. Oltre al "rischio" gravidanza, si deve tenere in considerazione la possibilità reale di contrarre malattie sessualmente trasmissibili, evenienza probabile in caso di rapporti non protetti con partner multipli ed occasionali. Tra i principali metodi utilizzati, abbiamo i metodi barriera (preservativo o condom), i metodi ormonali (pillola, anello, cerotto, impianto sottocutaneo) e i dispositivi intrauterini come la spirale o IUD. Per affrontare la scelta della contraccezione è comunque opportuno eseguire una valutazione specialistica ginecologica. Attraverso il colloquio e la visita si potranno avere informazioni sul metodo anticoncezionale più adatto alla paziente e soprattutto potranno essere illustrati i

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benefici e gli effetti collaterali dell'eventuale metodo scelto dalla donna. Inoltre, la scelta di una eventuale contraccezione ormonale, dovrà prevedere controlli a distanza di tempo per valutare l'eventuale insorgenza di segni e sintomi che possano eventualmente indicare la necessità di sospendere il metodo anticoncezionale in atto. Inoltre, l'assunzione dei contraccettivi ormonali spesso è causa di insorgenza di effetti collaterali minori (ritenzione idrica, alterazioni dell'umore, cefalea, calo della libido) che a volte portano la donna a sospendere la terapia. In realtà oggi sono a disposizione integratori studiati proprio per la donna che utilizza contraccezione ormonale che aumentano la sua compliance al trattamento.

DR.SSA GIUSI PORCARO

Specialista in Ginecologia ed Ostetricia USL UMBRIA 2 – Consultorio Familiare di Orvieto CENTRO ANTEO – Via Radice 19 – Terni (0744- 300789) BIOS – Via Linda Malnati 15 - Terni (0744 403904)


Medicina & Salute

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OSTEOPATIA e Sport

o sport praticato sia a livello amatoriale che a livello agonistico è fondamentale per mantenere una buona irrorazione dei tessuti e delle articolazioni. Mantenere il corpo in esercizio può darci notevoli vantaggi, ma nello stesso tempo può essere fonte di qualche inconveniente. La filosofia legata all’osteopatia si basa proprio sul concetto che la vita è in movimento: dove c’è il movimento c’è la vita e dove c’è una buona circolazione sanguigna c’è la salute. L’importante è quindi tenere i nostri muscoli efficienti per permettere il movimento delle nostre articolazioni ad ogni età. Il problema si presenta quando lo sport viene praticato in maniera non corretta e questo sia a livello agonistico che amatoriale. Un discorso ancora più delicato riguarda i bambini sempre più precocemente avviati alla pratica di uno sport definito, in un’età nella quale dovrebbero invece sperimentare il più possibile tutte le loro abilità motorie in una fase di “costruzione” della loro struttura muscolo-scheletrica. Alcune attività sportive specializzate comportano un uso asimmetrico del corpo che provoca quindi, a sua volta, asimmetrie muscolari che condizionano soprattutto in età adolescenziale la struttura scheletrica. In queste situazioni è auspicabile l’intervento osteopatico che può individuare in maniera molto precoce gli eventuali problemi che potrebbero insorgere prima che si manifestino, controllando, per esempio, l’assetto del bacino, del cranio, l’appoggio dei piedi e la postura. Molto spesso, infatti, i traumi sportivi posso essere provocati da lesioni da carico errato o da sovraccarico, oppure da piccoli traumi a cui generalmente non si dà il giusto peso, ma che per un’atleta possono essere più gravosi.

Il corpo dello sportivo è predisposto da un punto di vista statistico e neurofisiologico al trauma; le cause possono essere ricercate in abitudini alimentari scorrette, esiti di chirurgia o di interventi odontoiatrici, microtraumi ripetuti. Una caduta sul sacro può per esempio comportare un disallineamento del bacino, una sua torsione, che si ripercuoterà sulla colonna creando una curva compensatoria, come pure una distorsione di caviglia che può pregiudicare nel tempo la postura del soggetto. Attenzione anche alle persone che svolgono un lavoro sedentario e che decidono di iniziare dall’oggi al domani un’attività sportiva, scegliendo secondo le loro preferenze e non in base a consigli di personale specializzato. Si verifica così che una struttura non più abituata al movimento venga sollecitata da esercizi non adatti alla propria postura e al proprio corpo, determinando l’uso eccessivo di alcuni gruppi muscolari a discapito di altri e a volte anche in maniera asimmetrica. Può succedere che alcuni problemi, che sono magari rimasti silenti perché adattati dal corpo, si manifestino con fastidiosi dolori articolari e infiammazioni muscolotendinee che innescano dei circuiti neurali: dolori che si autoalimentano portando ad una cronicizzazione del dolore. In questi casi solo un intervento mirato può interrompere questo circuito e ripristinare l’omeostasi (equilibrio). Praticare sport rispettando i propri gusti e le proprie preferenze, senza dimenticare i propri problemi e la propria costituzione, avvalendosi dei consigli di personale specializzato: praticare regolarmente

un buon riscaldamento prima di iniziare l’attività prescelta insieme allo stretching per allungare la muscolatura e, al termine della prestazione, per sciogliere quei muscoli che risultano più affaticati e doloranti. L’osteopata può essere un valido supporto allo sportivo dilettante e professionista sia per la prevenzione degli infortuni sia per l’ottimizzazione della prestazione.

Marzia Martellotti Osteopata D.O.

Osteopata della Federazione Italiana di Canottaggio

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AZIENDA OSPEDALIERA

CENTRO SAL

Direttore Dr. Alessandro Sanguinetti

Centro Salute Donna Azienda Ospedaliera "S. Maria" di Terni

L’obiettivo del Centro Salute Donna è quello di offrire un polo di alto livello tecnologico strumentale e professionale, con modalità personalizzate di presa in carico ed accesso unico e semplificato al percorso di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie femminili. Nel Centro si integrano infatti le competenze e le professionalità dell'Azienda Ospedaliera di Terni così da evitare la frammentazione delle prestazioni e conseguire un alto profilo di efficienza e qualità. I percorsi sono dedicati alla valutazione clinico strumentale di I livello ed alla mammografia interventistica propria del II e III livello, alla senologia, alla ginecologia, alla urologia, alla endocrino-chirurgia e alla chirurgia plastica e ricostruttiva. Nel Centro le donne possono avvalersi di diverse figure professionali quali chirurghi senologi e plastici, urologi, oncologi, psicologi, medici nucleari, radioterapisti e specialisti della riabilitazione. L’attività è supportata da tecnologia altamente innovativa, mammografi digitali in appoggio all’attività clinica, ecografo digitale di ultima generazione, sala di senologia interventistica con sistema ottimale di ricerca delle piccole lesioni con stereotassi digitale e tavolo dedicato). L’accoglienza prevede un punto informativo unico e un percorso diagnostico terapeutico centralizzato. Nel Centro Salute Donna sono presenti le volontarie dell’Associazione TerniXTerni Donna.

Perché venire al Centro Salute Donna?

La donna può far riferimento ad un punto di accoglienza in cui tutti gli operatori sanitari si affiancano per fornire soluzioni ai problemi femminili. C’è, in sostanza, una presa in carico complessiva della donna, a cui concorrono diverse professionalità. Una diagnosi precoce può salvare la vita. La concentrazione in un’unica sede del percorso diagnostico riduce i tempi di attesa ed aumenta la "compliance" da parte delle stesse donne. L’obiettivo è agevolare e velocizzare l’iter di diagnosi e trattamento per molte patologie riguardanti le donne dalla pubertà alla post menopausa.

Percorso senologico

L’attività di prevenzione del tumore mammario, di pertinenza della ASL 2, è realizzata in rete per tutte le donne della provincia: nel Centro Salute Donna trovano sede gli ambulatori di riferimento allo Screening Mammografico ed all'attività

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diagnostica e clinica di II e III livello. Diagnostica interventistica. Per tutte le donne positive o dubbie allo screening e per le donne che presentino problemi alla mammella sono previsti approfondimenti diagnostici attraverso il ricorso a percorsi personalizzati. Le donne potranno fruire dell’approccio integrato fra chirurghi senologi, oncologi, radioterapisti, psicologi, medici nucleari e specialisti della riabilitazione. Se necessario, ulteriori accertamenti di II livello sono eseguiti attraverso prelievo citologico cellulare e prelievo istologico (Mammotome). Trattamento chirurgico. Viene garantita la terapia chirurgica di tutte le forme di carcinoma mammario: ampie exeresi, localizzazioni stereotassiche e radioisotopiche delle lesioni non palpabili, dissezioni ascellari, biopsia del linfonodo sentinella, exeresi atipiche e mastectomie (radicali e skin-sparing). Vengono garantite la ricostruzione dermoghiandolare nelle quadrantectomie, la simmetrizzazione, la ricostruzione immediata e/o differita ed anche il trattamento delle sindromi malformative congenite e acquisite che esulano dal campo della pura estetica e cosmesi. Il trattamento demolitivo senza ricostruzione verrà espletato in regime di degenza breve, la dimissione è protetta dalla consegna di una lettera al medico curante dettagliata contenente indicazioni pratiche sulla medicazione e dalla possibilità di un contatto telefonico cellulare di uno dei componenti dell’equipe senologica di riferimento aziendale.

Percorso Ginecologico ed urologico

Centro di Colposcopia, attività diagnostica di secondo livello. Per tutte le donne con esame positivo o dubbio allo screening e per tutte le donne che presentino sospetti di patologia, il centro di colposcopia offre cure specialistiche ginecologiche ambulatoriali, cliniche e strumentali. Patologie ovariche e riproduttive. Disfunzioni gonadiche femminili: Amenorrea primaria e secondaria; oligomenorrea. Disturbi della differenziazione sessuale. Nei nostri ambulatori ci proniamo di impostare, nella fattispecie, un adeguato “counseling” endocrino e sessuologico per un’adeguata e ragionata assegnazione del sesso fenotipico. Acne, ipertricosi, irsutismi e virilismi. Particolare attenzione viene data, oltre ad un preciso inquadramento diagnostico, anche ad intervento terapeutico aggiornato e moderno che prenda in considerazione moderni approcci terapeutici ed adeguati schemi terapeutici) che minimizzino gli effetti collaterali. Inquadramento clinico e diagnostico della coppia infertile. Adeguato inquadramento e counseling genetico della coppia infertile che ci consenta di intraprendere adeguati trattamenti medici, chirurgici e di PMA con minimizzazione dei rischi legati al troppo spesso eccessivo ricorso alla ICSI con le possibili (seppur rare) patologie da imprinting ad essa associate.


SANTA MARIA DI TERNI

LUTE DONNA

glucidico, patologie ovariche e riproduttive. Patologie della tiroide: visita medica, orientamento diagnostico e terapeutico, ecografia diagnostica, agoaspirato eco assistito per esame citologico, indicazione e gestione della fase preparatoria all’intervento chirurgico; monitoraggio ed indicazioni terapeutiche post-operatorie, followup delle neoplasie differenziate della tiroide dopo chirurgia e trattamento con J131. Patologie del metabolismo fosfo-calcico: patologie delle paratiroidi con studio ecografico di localizzazione delle paratiroidi patologiche ed agoaspirato delle stesse per dosaggio del PTH, osteoporosi post-menopausale e secondaria, impostazione diagnostica e terapeutica, morfometria vertebrale, predisposizione dei piani terapeutici per l’uso del teriparatide e paratormone nelle forme gravi con fratture multiple, osteomalacia da deficit di vitamina D. Patologie ipofisarie: diagnosi iniziale e test funzionali ed indicazione terapeutica (chirurgica, medica, osservazione clinica), gestione della terapia in pazienti ipopituitarici con deficit di GH, gestione della terapia con analoghi della somatostatina in pazienti acromegalici. Patologie del surrene: diagnostica e terapia, preparazione chirurgica e monitoraggio postoperatorio dei pazienti operati per sindrome di Cushing e feocromocitoma.

Percorso di Chirurgia plastica e ricostruttiva

Aspetti endocrini dei disturbi della sessualità femminile. Quasi tutti i disturbi della sessualità femminile sottendono spesso cause endocrine. Iperprolattinemie, ipoestrogenismo ed ipoandrogenismo possono a vario titolo esser causa di tutti e 4 i principali disturbi della sessualità femminile: disturbo da desiderio sessuale ipoattivo femminile; disordini della fase di eccitamento; disordini della fase orgasmica; dolore coitale.

Percorso Urologico

Nelle varie fasce di età l'infezione urinaria, l'incontinenza urinaria, il dolore pelvico cronico, le disfunzioni sessuali colpiscono almeno il 30% delle donne. Nel Centro Salute Donna è previsto uno spazio di pertinenza specialistica urologica integrato con altre figure così da proporre percorsi diagnostico-terapeutici innovativi. Principali campi d'interesse sono: Inquadramento delle infezioni urinarie, Diagnosi e cura dell’incontinenza urinaria femminile, dei disturbi dello svuotamento vescicale e del prolasso urogenitale, del dolore pelvico cronico e della cistite interstiziale, diagnosi e trattamento delle disfunzioni sessuali femminili.

Percorso Endocrino

L’attività interessa vari settori dell’endocrinologia: patologie della tiroide, patologie del metabolismo fosfo-calcico, patologie del surrene, patologia neuroendocrina, patologie ipofisarie, disturbi dell’alimentazione, diabete mellito insulinodipendente e altre alterazioni del metabolismo

Ricostruzione Mammaria post mastectomia: a seguito di chirurgia demolitiva mammaria per tumori, il chirurgo plastico può intervenire per ricostruire la mammella asportata dal chirurgo generale senologo con varie possibilità, dalla ricostruzione con protesi, lembi più protesi o solo utilizzo di tessuti della paziente stessa. La chirurgia di prima scelta resta comunque, salvo controindicazioni specifiche, quella protesica. Le modalità di ricostruzione sono sostanzialmente tre: ricostruzione tardiva, in presenza di mastectomia già precedentemente eseguita; differita, con la possibilità di impiantare l'espansore mammario in concomitanza dell'intervento demolitivo, risparmiando cosi alla paziente un tempo operatorio; successivamente, dopo adeguata espansione, impianto della protesi definitiva. Infine esiste la possibilità di una ricostruzione cosiddetta immediata, cioè con l'impianto direttamente della protesi definitiva in sede di mastectomia senza passaggio attraverso l’espansione. Tutte queste procedure vengono eseguite alla presenza simultanea al tavolo operatorio del chirurgo senologo e del chirurgo plastico. La ricostruzione dell'areola e del capezzolo sarà possibile con un ulteriore successivo piccolo intervento chirurgico eseguibile in anestesia locale ed in day hospital, utilizzando un innesto di cute inguinale od un tatuaggio per l'areola ed un piccolo prelievo dalla mammella controlaterale per il capezzolo. Correzione cicatrici retraenti: se le cicatrici sono particolarmente retraenti ed ipertrofiche (molto rilevate), come ad esempio nel caso degli esiti di ustione, e se non rispondono a terapie locali

non chirurgiche, può essere necessario asportarle e fare delle plastiche cutanee di rilasciamento o, nei casi più complessi, degli innesti. Si tratta di interventi con finalità esclusivamente funzionali e non estetiche; asportare la cicatrice che può limitare i movimenti o dare fastidio a causa della sua ipertrofia e tensione; ci sarà indubbiamente anche un miglioramento estetico. MEDICI SPECIALISTI AFFERENTI AL PERCORSO SENOLOGICO

Mammografia clinica ed interventistica: Lorella Fioriti, Cristina Babili, Francesca Viti Trattamento chirurgico: Alessandro Sanguinetti, Andrea Polistena, Stefano Chiummariello (Chirurgia Ricostruttiva), Marsilio Francucci, Marina Vinciguerra Anatomia Patologica: Raffaele Farabi, Tiziana Macciò Oncologia: Martina Nunzi, Silvia Sabatini, Elisa Minenza (Genetica Tumori Femminili) Radioterapia: Paola Di Anselmo

MEDICI SPECIALISTI AFFERENTI AL PERCORSO URO-GINECOLOGICO

Diagnosi precoce tumore del collo dell’utero: Gianpaolo Passalacqua Centro menopausa: Riccardo Calafiore Ambulatorio per la rieducazione del pavimento pelvico e incontinenza urinaria: Ettore Mearini Medici Specialisti afferenti al Percorso endocrino-metabolico Screening patologie tiroidee e Patologia ipofisaria: Camillo Giammartino Metabolismo fosforo-calcio: Nicola Avenia Obesità: Giuseppe Fatati Patologie ovariche e riproduttive: Riccardo Calafiore

PROFESSIONI SANITARIE AL CENTRO SALUTE DONNA

Coordinatrice Daniela Perotti Ambulatorio Senologico Maurizia Martellucci Ambulatorio uro-ginecologico Paola Orfini Radiologia Letizia Montanari, Maria Rita Petrucci Front desk Michela Rossi TSRM in SENOLOGIA Sandro Pressi, Giuseppina Giuliani, Elisa Papi, Daniela Palmegiani, Arianna Pasini TSRM in DEXA Corinne Colagrande, Moira Costantini, Alessandro Di Giuli, Emanuele Fausti, Antonio Gentileschi, Neda Grilli, Simona Mezzetti Centralino: Tel. 0744 205781- 205671 Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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Liposuzione senza intervento chirurgico? Ora si può! Intervista al Dr. Aldo Tracchegiani, medico chirurgo specialista in angiologia e medicina estetica L’estate è ormai alle porte e, come ogni anno, noi donne dobbiamo affrontare lo spettro della prova costume ma soprattutto il nostro nemico più temuto, la cellulite. Dott. Tracchegiani, cos’è la cellulite?

Con il termine “cellulite”, in ambito prettamente medico-estetico, si ci riferisce, in realtà, ad una patologia che colpisce le cellule adipose che abitano lo strato sottocutaneo. Per tal motivo la cellulite viene definita P.E.F.S. (panniculopatia edemato fibro sclerotica). Questo disturbo è causato da un difetto nella microcircolazione (sia venosa che linfatica), nei pressi degli accumuli di tessuto adiposo; quest’ultimo non riesce, infatti, a metabolizzare correttamente i lipidi, cioè i grassi, provocando in tal modo un’ipertrofia, ossia un gonfiore degli adipociti (le cellule del grasso). Gli adipociti vanno, così, ad occupare gli spazi intracellulari, cagionando infiammazione, edema, fibrosi e, i classici “buchetti”, visibili ad occhio nudo.

Dott. Tracchegiani, perché noi donne abbiamo una naturale predisposizione verso questa patologia? Questo problema colpisce prevalentemente le donne sia per ragioni ormonali, perché gli estrogeni favoriscono la ritenzione dei liquidi, e sia per motivi anatomici, poiché nel corpo femminile si accumulano maggiori depositi di grasso, soprattutto nella zona tra il bacino e le cosce. Altri fattori che contribuiscono alla formazione della PEFS sono gli stili di vita non salutari che includono fumo, alcool, alimentazione squilibrata, povera di fibre e di antiossidanti e ricca di grassi saturi e zuccheri (questi ultimi favoriscono infatti i processi di infiammazione), e sedentarietà. Anche i contraccettivi ormonali, se assunti per molti anni, possono portare, nei soggetti predisposti, alla formazione della cellulite.

prima

dopo

TERNI-Piazza Europa, 5 - 2°Piano info e prenotazioni allo 0744.464567

Dott. Tracchegiani, come possiamo, allora, combattere la cellulite?

Si consiglia, innanzitutto, di recarsi in centri specializzati e affidarsi ad un medico estetico che sarà in grado di valutare al meglio la vostra situazione e creare, così, un piano di trattamento su misura. Nel mio esame preliminare tipico mi focalizzo, in prima battuta, sull’anamnesi del paziente (storia clinica e stile di vita) e su una valutazione sia obiettiva che strumentale (con misurazione ecografica del pannicolo adiposo). Nel secondo step, passo al piano di trattamento, correggendo in primis, qualora ce ne fosse bisogno, l’alimentazione della paziente per poi procedere con le terapie mediche.

Dott. Tracchegiani, quali sono queste terapie e come funzionano?

Io utilizzo per prima la tecnica lipodissolve che consiste nell’iniettare, sotto pelle, alcune sostanze attive che sfruttano principi chiave per la cura del corpo; si tratta di una tecnica non invasiva, soft, che può risolvere il problema. I principi attivi si immettono nel derma e nelle zone interessate dalle adiposità attraverso piccoli aghi e rilasciano, in questo modo, sostanze che aiutano ad eliminare la ritenzione idrica e a migliorare la microcircolazione vascolare. In particolare, tra le sostanze, la fosfatidilcolina favorisce la neutralizzazione e la trasformazione dei grassi in energia. L’operazione, non essendo assolutamente chirurgica, si svolge in ambulatorio e consente l’immediata ripresa delle attività quotidiane. Un altro valido rimedio è la carbossiterapia, una cura che si basa sull’uso di iniezioni di una miscela di anidrite carbonica e aria, le quali aiutano a migliorare, in maniera considerevole, l’attività microcircolatoria e quindi il metabolismo locale. Altri aiuti importanti vengono, poi, da strumenti come l’LPG endermologie, dalla pressoterapia, oppure dalla massoterapia con il linfodrenaggio manuale.

Dott. Tracchegiani, per quanto riguarda i costi?

I costi sono assolutamente alla portata di tutti ed inoltre per il mese di giugno, come siamo soliti fare in alcuni periodi dell’anno, stiamo portando avanti una campagna di prevenzione in tutti i nostri centri, con una visita e valutazione dello stato di salute delle gambe, quindi la classica visita flebologica (ecocolordoppler agli arti inferiori) e di medicina estetica con anche la misurazione dello spessore dei cuscinetti adiposi, a meno della metà del prezzo originale e nel caso in cui la paziente decida di iniziare il ciclo terapico nello stesso giorno, la visita è gratuita.


Medicina & Salute

Massaggio preparto e del neonato

MASSAGGIO PRENATALE La gravidanza è caratterizzata da profondi cambiamenti fisiologici. Si tratta di un momento e di uno spazio in cui la donna ritrova il proprio corpo attraverso la percezione delle modificazioni che avvengono in lei. Questo significa che durante i nove mesi, in cui vi sono inevitabili modificazioni fisiche molto evidenti, avvengono anche cambiamenti della percezione del proprio corpo e di conseguenza dell’immagine di sé. Infatti la donna fissa i propri vissuti mentali su sensazioni fisiche nuove per lei, come per esempio la pienezza del corpo che le impedisce il libero movimento, l’espansione dell’addome che gradualmente diventa sede di una nuova vita. La donna passa, durante la gravidanza, da sensazioni superficiali a sensazioni più profonde, inizia a sentire i movimenti del suo bambino nel proprio corpo. La gravidanza può essere vissuta con emozioni di gratificazione o con difficoltà. Tutto ciò avviene in modo rapido; la donna vede e sente il proprio corpo cambiare e ne può essere spaventata, anche se profondamente gratificata. Attraverso questo suo mutamento, la futura madre può sentire di nuovo parti del suo corpo dimenticate. Con il massaggio questo recupero avviene attraverso il piacere, con un contatto morbido, avvolgente con il quale la donna modifica l’immagine cristallizzata di alcune parti corporee e giunge alla riscoperta di sé. Il massaggio preparto deve dunque condurre la donna a recuperare il proprio corpo, in un contesto di dolcezza, che la porti a modificare la sua identità di donna e di futura mamma che accoglie in un corpo morbido e gioioso il proprio bambino. OBIETTIVI DEL MASSAGGIO PRE-PARTO Il massaggio prenatale aiuta le necessità del corpo, della futura mamma, nel corso delle varie fasi che si concludono con il parto. Il suo scopo è quindi quello di sostenere la gestante sia sul piano fisico che su quello emozionale. In occidente, infatti, la popolarità e la

diffusione del massaggio in gravidanza e del neonato, sono in continuo aumento, poiché sempre più se ne comprende l’estrema utilità. SUL PIANO FISICO zzFacilita il drenaggio dei liquidi venosi e linfatici, specialmente negli arti inferiori, così da prevenire una eccessiva dilatazione e stasi venosa; zzRiduce i gonfiori delle mani e dei piedi; il peso della pancia contrasta il ritorno venoso, creando gonfiore e pesantezza generale; zzSollievo delle articolazioni agli arti inferiori e alla zona lombare, particolarmente interessata dal peso che devono sopportare nel corso dei nove mesi; zzSollievo al collo e alla schiena, provati dallo squilibrio dei muscoli e dalla relativa modificazione posturale; zzAumenta l’elasticità alle ossa del bacino, attraverso una stimolazione dolce delle articolazioni, grazie ad esercizi semplici indicati per questo periodo, preparando la gestante ad affrontare il parto nella migliore condizione fisica; zzAllevia infiammazioni e dolore al nervo sciatico; zzAllevia mal di testa e congestione del seno; zzAiuta a mantenere una corretta postura.

RACCOMANDAZIONI E CONTROINDICAZIONI Il massaggio prenatale non presenta problemi di sicurezza per la salute della donna, ma è bene che l’operatore s’informi su eventuali situazioni fisiche che possono essere avvertite durante la gravidanza, prima di iniziare il massaggio. Il massaggio può essere praticato solo dall’inizio del 4° mese di gravidanza e soltanto in situazioni fisiologiche normali. È CONTROINDICATO IN CASO DI... Perdite di sangue o di liquido, diabete, malattie contagiose, febbre, vertigini, pressione alta e dolori addominali. Il massaggio neonatale è adatto per neonati e per bambini più grandi ed è molto comunicativo e rilassante, se fatto dalla madre stessa. Il benefico effetto del massaggio al neonato e al bambino elimina le tensioni causate dalla posizione fetale prima del parto, aiuta a superare lo stress del parto naturale ecc. Agisce sul sistema circolatorio e sull’ossigenazione delle cellule, elimina le tossine, aiuta la digestione eliminando dolori e gas nella pancia.

PRENOTA IL TUO APPUNTAMENTO … TI ACCOMPAGNEREMO IN QUESTA MERAVIGLIOSA ESPERIENZA DI VITA. Dott.ssa in Estetologia Cinzia DIOTURNI Titolare e responsabile dell’istituto di bellezza STELLA POLARE Specializzata in tecniche di massaggio Professore emerito -ayurveda tecniche per il benessere fisico-

Per informazioni o appuntamento:

Centro Estetica Evoluta «STELLA POLARE di Dioturni Cinzia» Via Mola di Bernardo, 15 - Terni (TR) Tel. 0744/271621 - Cell. 346/0112226 Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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COLPA MEDICA

SICUREZZA NELLE CURE E NUOVA RESPONSABILITA’ DEI MEDICI

Avv. Paolo Crescimbeni

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icurezza delle cure e responsabilità degli operatori sanitari: cambiano regole e prospettive per paziente, ospedali, medici e assicurazioni. Dopo un iter sofferto, più che decennale, sfociato nell’accelerazione finale degli ultimi mesi, la Camera dei Deputati ha varato in seconda lettura la nuova legge in materia. Oggi è una grande giornata per il Servizio sanitario nazionale, un altro grande passo in avanti per il nostro sistema sanitario - ha dichiarato a caldo la ministra della Salute Beatrice Lorenzin. Dopo il Patto per la Salute -ha proseguito- i nuovi Lea, (Livelli essenziali di assistenza), il Piano nazionale vaccini, il Ddl di riforma degli ordini professionali che è in dirittura di arrivo, l’approvazione della legge sulla Responsabilità professionale rappresentano un ulteriore tassello di una grande stagione riformista per il servizio sanitario nazionale. L’assenza di un chiaro inquadramento legislativo su questa materia ha tolto in tutti questi anni -ha detto il relatore Federico Gelli- serenità a medici e professionisti e, soprattutto, ha comportato un enorme costo della medicina difensiva. L’esigenza di prevenire e gestire il rischio clinico, il far west del contenzioso, la fuga delle assicurazioni dal settore sanitario, i costi della medicina difensiva, stimati in 10 miliardi di euro, sono le ragioni poste a base della legge.

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La sicurezza delle cure L’attuazione dovrà avvenire a costo zero. Perché la sicurezza delle cure diventi effettivamente parte costitutiva del diritto alla salute, così come detta l’articolo 1, andrà costruita ex novo una protezione articolata. A partire dall’attivazione in ogni Regione di un Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, deputato alla raccolta dei dati su rischi ed eventi avversi e su cause, entità, frequenza e onere finanziario del contenzioso. Informazioni da trasmettere all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, da istituire presso Agenas con decreto del ministero della Salute. Scatta poi l’obbligo di pubblicare sui siti internet delle strutture sanitarie i dati relativi ai risarcimenti erogati negli ultimi cinque anni. La responsabilità professionale L’articolo 6 introduce nel Codice penale il nuovo articolo 590-sexies- “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario” - che esclude la punibilità nel caso in cui l’evento si sia verificato a causa di imperizia ma il professionista abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida validate da società scientifiche accreditate e pubblicate online dall’Istituto superiore di Sanità o, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali. Il giudice terrà poi conto dell’eventuale circostanza che il professionista si sia attenuto a linee guida “bollinate” anche in sede di determinazione del risarcimento del danno. In ambito civilistico, invece, scatta un doppio regime di responsabilità: contrattuale per la struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, extracontrattuale per l’esercente la libera professione, salvo che abbia agito nell’adempimento di

un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente. La conciliazione obbligatoria Chi intende esercitare un’azione di responsabilità civile dovrà comunque tentare una conciliazione (o un procedimento di mediazione o, in alternativa, una consulenza tecnica preventiva), pena la non procedibilità della domanda di risarcimento. La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica preventiva è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione, che hanno l’obbligo di formulare l’offerta di risarcimento del danno o comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla. In ipotesi di sentenza favorevole per il danneggiato il Giudice trasmetterà una copia della sentenza all’IVASS qualora verifichi che l’impresa di assicurazione nel procedimento di consulenza tecnica preventiva sopra richiamata non abbia formulato un’offerta transattiva. Polizze per tutti La legge introduce una rete di copertura assicurativa “erga omnes”. I professionisti -in presenza di certe condizioni- e tutte le strutture (pubbliche e private) dovranno obbligatoriamente assicurarsi. L’azione diretta modello Rca L’articolo 12 introduce la possibilità per il danneggiato di esperire un’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazione della struttura sanitaria e del libero professionista. Il fondo di garanzia per danni da responsabilità sanitaria offrirà -in determinati casi- una ciambella di salvataggio.


Villa Sabrina: Residenza Protetta convenzionata a Terni. Immersa nella verdeggiante e silenziosa campagna umbra sorge la Residenza Protetta Villa Sabrina, regolarmente autorizzata dalla Regione Umbria e convenzionata con la USL di Terni, di Perugia e con la Regione Lazio . In un ambiente accogliente e confortevole tutto il personale dedica tempo e risorse ad aiutare l’Ospite non autosufficiente a combattere la solitudine e l’isolamento, nonchè il disagio che alcune limitazioni psicofisiche, dovute all’età avanzata o a malattie, possono creare nella gestione della vita quotidiana.

Gli Ospiti sono in genere persone che hanno bisogno di assistenza ed aiuto nella cura di sé e nelle attività quotidiane. La struttura eroga prestazioni sanitarie, attività di animazione, terapie occupazionali, terapie riabilitative e non farmacologiche utili al mantenimento o al recupero delle proprie abilità motorie e/o delle proprie facoltà mentali. Dotata di 24 posti letto , Villa Sabrina propone anche soggiorni temporanei sia per ricoveri di sollievo che riabilitativo o post chirurgico.

Struttura d’eccellenza per le persone affette da forme di demenza ed Alzheimer. Villa Sabrina si caratterizza per l’eccellenza dei propri servizi e nel tempo la struttura si è specializzata nel ricovero e nell’assistenza di persone non autosufficienti anche affette da Parkinson, demenze e/o dalla malattia di Alzheimer. Sono stati progettati diversi approcci terapeutici tra cui

l’Orto ed il giardino Alzheimer con un camminamento semicircolare a deciso carattere multisensoriale per la presenza di fontane, forme, colori e punti di sosta che contribuiscono a creare la bellezza, la particolarità visiva e soprattutto la sicurezza del camminamento in ogni parte del giardino.

www.villasabrina.eu


Giochi della

Valnerina

MERCOLEDĂŒ 31 MAGGIO Polisportiva BOCCAPORCO

GIOCHI DELLA VALNERINA 2017 Il 31 maggio hanno avuto inizio, presso gli impianti della Polisportiva Boccaporco di Terni, i Giochi della Valnerina 2017, ai quali hanno partecipato gli alunni dell'Istituto Comprensivo Guglielmo Marconi che si sono cimentati nell'apprendimento del Tennis, del Pattinaggio, della Mountain Bike, delle bocce, di alcuni giochi popolari, curati dagli istruttori messi a disposizione dalle Federazioni Sportive. Grande divertimento e soddisfazione delle insegnanti, degli istruttori, della Polisportiva e della Associazione Culturale La Pagina. Moreno Rosati, Vice Presidente Vicario della Federazione Bocce, ha coordinato i lavori, insieme a Benito Montesi per Terni Progetta. I Giochi avranno la loro continuazione nel mese dei Settembre, interessando molti Comuni della Valnerina.

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Progetta


Foto di Giampaolo Napoletti

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Il DIVORZIO, COME CAMBIA!

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e ne è parlato tanto! L’argomento, in effetti, sollecita l’attenzione di molti, sia per i risvolti di cronaca mondana, si pensi ai divorzi plurimilionari a tutti noti, sia perché tocca direttamente moltissime persone. Ma vediamo cosa dice la recentissima sentenza n. 11504/17 della Corte di Cassazione, riportata dai media come la decisione che rivoluzionerà il diritto di famiglia in punto di riconoscimento e di criteri di quantificazione dell’assegno divorzile. La sentenza conferma, in realtà, le decisioni dei due gradi di giudizio ed esclude il diritto della ex-coniuge (moglie di un ministro) ad un assegno divorzile in quanto la stessa godeva di una sua indipendenza economica, a nulla rilevando le cospicue risorse economiche del marito. Attraverso un’attenta ed articolata ricostruzione, anche sociologica, la Corte ha abbandonato il precedente orientamento secondo il quale anche dopo il divorzio, il coniuge, economicamente più debole, doveva mantenere “lo stesso tenore di vita” goduto durante il matrimonio. La Corte, come si è detto, pur confermando le decisioni dei precedenti due gradi di giudizio si è spinta oltre, dichiarando che “il rapporto matrimoniale si estingue definitivamente sul piano dello status personale dei coniugi”; con il divorzio, gli ex coniugi devono considerarsi “da allora in poi delle persone singole” con la conseguenza, che tutti i rapporti patrimoniali, basati sul principio di solidarietà, vengono a cessare. Non vi è ragione, pertanto, per protrarre tutta la

Paolo Casali

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vita il legame che, comunque, continuava a persistere nonostante la dichiarazione di cessazione degli effetti civile del matrimonio (per quello concordatrio, ossia celebrato in chiesa), oppure di scioglimento del matrimonio, per quelli celebrati solo civilmente. E’ indubbia la rilevanza della sentenza. E ciò sia per gli effetti giuridici che ne deriveranno, sia per gli effetti di carattere culturale ampiamente richiamati nella parte motiva della decisione. Riguardo ai primi, è evidente che il giudice dovrà, sempre che la decisione di cui si tratta trovi conferma nelle ulteriori decisioni della Corte, fare riferimento non al precedente “tenore di vita” dei coniugi durante il matrimonio, ma solo alle capacità economiche della parte che richiede l’assegno divorzile. Per ottenere l’assegno quest’ultima dovrà dimostrare di non potersi procurare, per ragioni che non dipendono dalla propria volontà, adeguati mezzi di sussistenza. Precisa la Corte che per valutare o meno la sussistenza dei requisiti occorrerà tener conto de: 1) il possesso di redditi di qualsiasi specie; 2) il possesso di patrimonio mobiliare o immobiliare; 3) la capacità e le possibilità effettive di lavoro personale; 4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione. E’ bene precisare, per evitare confusioni, che per la quantificazione dell’assegno in caso di separazione nulla cambia. I presupposti dei due assegni, di separazione e divorzile, sono infatti profondamente diversi. L’assegno di separazione trova ancora la sua causa nel vincolo coniugale che, pur

Avv. Marta Petrocchi

affievolito, persiste ancora. Ed infatti, la notizia uscita pochi giorni dopo la commentata sentenza riguardante Silvio Berlusconi e Veronica Lario si riferiva al periodo in cui gli stessi non erano ancora divorziati. Poiché durante la separazione il vincolo coniugale rimane intatto, e con esso il dovere di assistenza, il coniuge economicamente più debole ha diritto a vedersi garantito il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Nessuna contraddizione giuridica, quindi, nonostante le apparenze, tra le due decisioni! Buona Lettura del codice civile!

Lu Carzolaru

Ciabbattinu o carzolaru…se qquarcunu ce ripenza dovéa èsse ‘nu scarparu... ma co’ ‘n bo’ de differenza. Co’ lu taccu cunzumatu... o la sòla a llumicinu pe’ ‘n bo’ ardaje ‘n certu statu... ce voléa ‘n ciabbattinu co’ ‘n banchittu ‘mbecettatu... forme e ccolla co’ ssemenze ‘n bo’ de cuoiu trafilatu... e l’attrezzi pe’ ‘ll’urgenze. Pe’ ‘na scarpa su mmisura... e paganno ‘n bo’ più ccaru potéi anna’ senza primura... da ‘n maestru carzolaru su’ ‘n locale ‘n bo’ più addettu... co’ ppiù ppezzi de pellame colle spaghi e cche trincettu... e ppiù sfoje de cuojame. Ppo’ è ‘rriàtu lu progressu... co’ lu monnu ‘ndustriale ‘ll’artiggianu... dimo ha smessu... pe’ ‘na crisi ‘sistenziale. Mo’ ‘na scarpa cunzumata... non se porta a ‘n carzolaru non s’arpara e va bbuttata... arcompranno ‘n andru paru. Ma ‘stu lussu e ‘stu progressu... cià ‘rportatu a ‘n’andra svorda e lu populu ‘n regressu... ha ‘rtiratu ‘n bo’ la corda se la scarpa è cunzumata... non s’arcompra ‘n andru paru pe’ rrisparmiu va ‘rzolata... artrovanno ‘n carzolaru ma ‘nche issu a quistu puntu... ‘n cungiuntura pe’ l’eventi te fa sì che ttu a lu cuntu... paghi ‘n occhiu e ppiù tre ddenti!


La transumanza totale Vittorio Grechi

Quando si sale da Arrone verso Rieti percorrendo la Strada Provinciale numero quattro, si attraversa la frazione di CASTIGLIONI e, dopo una serie di curve in salita e dopo aver costeggiato la piccola frazione di CIMA DI MONTE –che poi non sta in cima ma a metà- circondata dagli olivi, si arriva alla Forca d’Arrone. A questo punto è doverosa una sosta, specie se si è arrivati fin lì in bicicletta. Un respiro largo e occhi sgranati per ammirare la bellezza della valle che scende adagiandosi verso l’unico spicchio visibile del lago di Piediluco: è la zona dove sfocia il canale artificiale che porta l’acqua del Nera al Velino, essendo la maggior parte del lago coperta alla vista dalla mole del monte La Rocca. A destra, nella parte ad ovest della valle, si vedono alcuni poderi con le case padronali costruite al di sotto dell’unica strada. L’ultima casa, chiamata cas’Usepio dal XIX sec., non è altro che un casale, ora ristrutturato, fatto costruire da Eusebio Nobile/i da Castel di Lago, tra il 1658 ed il 1677, come è riportato nella pubblicazione I NOMI DI PIEDILUCO del compianto Walter Mazzilli. A sinistra, nella parte ad est della valle, oltre a qualche costruzione isolata, si vedono i ruderi coperti d’edera della chiesa di S. Ermete e, più lontano, la pineta che nasconde Villalago, l’ex villa del barone Franchetti costruita sul finire del sec. XIX. Prima dell’acquisto da parte del barone, quel terreno era seminativo perché facile da arare con l’aratro di legno in quanto prevalentemente sciolto. Analogo ragionamento valeva per il lato ad ovest. La pianura invece, fitta di vegetazione, di rovi e soprattutto di erbe, nella parte più intricata chiamata “li frattacci”, veniva usata come pascolo estivo per gli animali. Fin quando non fu inventato l’aratro di ferro, con o senza ruote, tirato da due coppie di vacche, non fu possibile arare il duro ma fertile terreno di fondo valle. A causa del clima invernale, nebbioso e umido e con frequenti gelate tardive, nella valle non si potevano coltivare gli olivi. Pertanto le sparute famiglie che abitavano tutto l’anno nella zona, esclusivamente nella parte destra più assolata, possedevano oliveti nei versanti dove il clima era migliore ma che erano lontani dall’abitazione. C’erano poi altre famiglie, come l’Eusebio già citato, che d’inverno risiedevano stabilmente nei pressi dei loro oliveti e nel periodo estivo si spostavano nei propri terreni in vista del lago, dove i lavori agricoli erano predominanti e impellenti. Fare saltuariamente avanti e indietro per occuparsi dei lavori stagionali nei campi lontani dall’abitazione era un conto, farlo tutti i giorni voleva dire perdere

molto tempo. Gli spostamenti giornalieri richiedevano almeno un’ora all’andata e un’altra al ritorno con le lente vacche aggiogate alla barrozza. La soluzione più logica e antica altro non era che vivere, da ottobre fino a maggio-giugno, nella casa circondata da olivi mentre, dopo la festa del Santo Patrono che cadeva immancabilmente in primavera, ci si spostava tutti, famiglie e animali, nella zona della Forca di Arrone. Chi aveva bambini in età scolare raggiungeva gli altri alla chiusura delle scuole. Pochi però avevano una casa estiva in muratura e chi non l’aveva si era arrangiato costruendo una serie di capanne, per le persone e per gli animali, foderate ai lati con le ginestre legate strette fra le pertiche e per tetto le canne palustri che, se ben messe, non facevano passare nemmeno una goccia di pioggia. Grande accortezza per il camino: costruito con sassi sovrapposti a secco e qualche lamiera per evitare di incendiare tutta l’abitazione. Anche per la stalla dei maiali ci voleva la giusta attenzione: si utilizzavano robuste tavole per tutto il perimetro del ricovero, inchiodate a robusti pali infissi nel terreno perché le ginestre non erano sufficienti a trattenere l’esuberanza suina. Chi aveva nei propri terreni qualche rudere in muratura o un rialzo roccioso, ci attaccava la capanna risparmiando di costruire una parete e ci piazzava addosso il focolare in modo da poter evitare meglio gli incendi. Per dormire bastavano quattro tavole poste su dei cavalletti di legno con sopra un grande sacco di stoffa ruvida con due tasche a destra e due a sinistra, ripieno di brattee essiccate di granturco - le camiciole - a fare da materasso. Festeggiato il Patrono si iniziava la grande transumanza con la versatile barrozza. Un viaggio per trasportare i maiali e un altro viaggio per galline, oche e tacchini che di giorno dovevano razzolare nei campi prospicenti l’assembramento di capanne, guardate a vista da tutti, cani compresi. La sera invece i pennuti venivano fatti salire, tramite una tavola inclinata, nel pollaio di

frasche su palafitte per preservarli dalle voraci e furbe volpi in grado di ghermire in un lampo una preda e scappare approfittando del sonno profondo degli stanchi guardiani. Un altro viaggio era necessario per le pentole, i piatti, il caldaio, la conca di rame per prendere l’acqua alla fonte, le lenzuola, gli asciugamani e quant’altro necessario per vivere qualche mese accampati alla meno peggio. Ovviamente ogni settimana le donne dell’accampamento dovevano tornare nell’abitazione invernale a cuocere il pane nel forno, mentre chi si era fabbricato le comodità in muratura aveva più tempo da dedicare al lavoro dei campi. In quei mesi estivi la valle risuonava dei canti delle donne e delle grida dei bambini che giocavano, in attesa di essere chiamati a portare acqua e vino freschi a chi stava mietendo il grano. E a sera tutti a cena, seduti su lunghi banchi di legno, intorno a un grande e grezzo tavolo, fatto alla meno peggio e infisso sulla nuda terra sotto l’ombra di un grande e profumato noce, illuminati dalla fiamma di un lume a carburo, detto in dialetto scintilèna (da acetilene). Bastava allontanarsi di qualche metro dal suo vivido alone di luce per ritrovarsi sotto un cielo gremito di stelle e di mistero, mentre la luna piena, sorgendo, si faceva strada fra i rami della pineta baronale. Con questo spettacolo cosmico impresso negli occhi e nella mente, si andava a letto sul crepitante materasso di camiciole, stanchi ma pieni di sogni. Attraverso la finestra aperta giungeva il lugubre stridio della civetta, il chiù dell’assiolo e il gracidare delle rane. Questa transumanza totale nacque forse tanti secoli fa ed è durata fino agli anni cinquanta-sessanta del secolo scorso, fino a che la motorizzazione non raggiunse anche le campagne, riducendo drasticamente i tempi degli spostamenti. Siamo lieti di darne testimonianza a chi verrà dopo di noi e avrà la curiosità sia di sognare il proprio futuro, sia di conoscere il passato di chi lo ha preceduto. Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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25° ANNO

della FONDAZIONE CARIT In occasione del 25° anniversario, venerdì 19 maggio 2017, nel salone delle feste di palazzo Morelli (Circolo Il Drago), la Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni ha presentato la mostra Incanto di luce e colori. Canaletto e i Guardi. È seguita la visita in anteprima della mostra in palazzo Montani Leoni, sala “Paolo Candelori”. In 25 anni di attività la Fondazione Carit ha curato direttamente numerose mostre d’arte dedicandosi per lo più alle opere di artisti locali o a raffigurazioni del paesaggio umbro. Mai si era occupata dei grandi maestri della storia dell’arte italiana come in questa occasione, per ricordare il lungo e costante impegno accanto alla comunità. La Fondazione, come ricordato dal Presidente Luigi Carlini alla presentazione della mostra, ha deliberato in questi 25 anni oltre 60 milioni di Euro per i settori dell’arte, dell’istruzione, della ricerca scientifica, della sanità, del volontariato e dello sviluppo locale. La mostra è stata allestita nel salone “Paolo Candelori” al secondo piano di palazzo Montani Leoni in un percorso espositivo che non vuole essere né tematico né cronologico, ma un excursus sul genere del vedutismo attraverso 6 capolavori realizzati prevalentemente tra la metà e la fine del XVIII da Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto, da Francesco Guardi e suo figlio Giacomo. La mostra si apre con la bella veduta raffigurante la Chiesa della Salute con punta della Dogana attribuita ad un anonimo seguace di Giacomo Guardi. Il dipinto è stato concesso in prestito dalla Fondazione Cariplo, che lo ha acquisito negli anni Novanta dalla Cariplo e che lo custodisce nelle proprie sedi espositive di Milano. Il percorso prosegue poi con tre opere di Francesco Guardi concesse in prestito dal BANCO BPM e provenienti dalle sedi di Novara e Verona. Si tratta de: zz la Veduta di Punta della Dogana e della chiesa della Salute da riva degli Schiavoni attribuita all’artista veneto e ascrivibile al periodo compreso tra il 1760 e il 1790; zz la splendida Burrasca con velieri realizzata da Francesco Guardi tra il 1760 e il 1775 la cui variante più vicina realizzata dall’artista è un Tempesta in mare oggi conservata al Museo di Montreal; zz il Sottoportico con sfondo di cortile e figure del 1780-1790, un piccolissimo olio su rame di una raffinatezza unica, eseguito sul verso di un’incisione recante una bissona, una barca da parata. Il disegno preparatorio per questo dipinto, pubblicato in catalogo, è oggi conservato al Metropolitan Museum di New York.

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Nella “piazzetta dell’arte”, un ambiente ricreato nella sala espositiva Paolo Candelori, si possono poi ammirare le due opere più rappresentative di tutta la mostra: • il celebre Capriccio con architetture e figure di Canaletto; • la Piazza san Marco a Venezia di Francesco Guardi. Il dipinto di Canaletto è stato concesso in prestito dalla BNL Gruppo BNP Paribas, con la quale fin dallo scorso anno è stata avviata una collaborazione culturale in occasione del prestito dell’opera di Corot raffigurante la Cascata delle Marmore. L’opera è unica nel suo genere, in quanto firmata dal grande maestro: sul timpano della fontana a destra si legge “Ant.° Canaleto fe.”. L’artista, inoltre, è anche rappresentato al centro del dipinto intento a dipingere.


Il quadro di Canaletto è stato già esposto in numerose altre mostre in Italia e in Europa: nel 1987 a Venezia, nel 1988 a Milano, nel 2001 a Madrid, nel 2005 a Roma, nel 2008 a Torino e nel 2015 in Provenza, in Francia. Nella “piazzetta” anche l’ultima acquisizione della Fondazione Carit: la veduta di piazza San Marco a Venezia opera di Francesco Guardi. Il dipinto è stato individuato dalla Fondazione e acquistato lo scorso 25 aprile a Vienna dalla casa d’aste Dorotheum. Il quadro si avvicina molto, per le dimensioni e per le ombreggiature, a quello conservato alla National Gallery di Londra. Per la sua realizzazione Guardi si riferì quasi certamente al disegno oggi conservato al Museo di Cleveland. Un dipinto di rara bellezza che finalmente, grazie all’intervento della Fondazione, torna in Italia dopo essere passato in diverse collezioni europee. Tra il 1821 e il 1891 è documentato nella collezione privata della famiglia Cavendisch-Bentinck di Londra; dal 1958 è attestato a Parigi in collezione privata, dove viene peraltro esposto alla Galleria Heim. Nel 2011 è stato acquistato da un privato all’asta di Sotheby’s a Londra. Da Vienna è giunto in Fondazione lo scorso 16 maggio, entrando a far parte del patrimonio culturale e artistico della città di Terni, in quanto i beni acquisiti dalle Fondazioni bancarie nell’ambito dell’attività istituzionale sono beni di tutta la comunità.

La mostra si chiude con un video sul vedutismo e sui suoi massimi rappresentanti. In poco più di tredici minuti lo spettatore potrà immergersi nell’atmosfera vibrante e avvolgente della Venezia del Settecento, contemplare le magnifiche vedute dei grandi pittori del periodo ammirandone la rappresentazione dei riflessi delle architetture nelle acque dei canali, i giochi di luce, le atmosfere calde e rareffatte, il chiarore e i bagliori dell’orizzonte. Il tutto in sovrapposizione con la Venezia di oggi, brulicante di turisti e di modernità, ma visibilmente immutata e ferma all’epoca dei suoi ritrattisti. Una Venezia immobile nell’eternità dell’arte. Nel video si può osservare un’inedita ricostruzione in 3D della camera ottica, utilizzata dai vedutisti per garantire una maggiore veridicità e vicinanza alla realtà delle loro rappresentazioni, richieste in tutto il mondo. A corredo della mostra il catalogo a cura di Anna Ciccarelli e Ulrico Dragoni con la biografia degli artisti e le schede storico artistiche sulle opere esposte.

La mostra rimarrà aperta al pubblico a palazzo Montani Leoni fino al 30 luglio 2017, nei giorni venerdì-sabato-domenica ore 11-13/17-20

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Andavamo a letto col prete D’inverno faceva freddo, molto più freddo di quanto non faccia adesso e tale sensazione, nei primi decenni dopo la seconda guerra mondiale, era aggravata dal fatto che la maggior parte delle abitazioni non aveva impianti di riscaldamento. L’unica fonte di calore era il camino situato nella stanza più spaziosa, cioè nella cucina. Accanto al camino c’era il fornello, munito di griglia metallica per sostenere le braci che venivano mantenute roventi agitando un ventaglio fatto con penne di tacchino. Tutti sarebbero stati molto volentieri accanto a queste due fonti di calore ma, dato l’alto numero dei componenti della famiglia media di allora, ciò non era possibile. Al massimo rientrando in casa, uno si poteva avvicinare al fuoco per stiepidirsi le mani infreddolite, facendosi largo tra i vecchi e i bambini piccoli che presidiavano il focolare. Poi c’erano le donne che, preparando la cena, dovevano attizzare il fuoco sotto il caldaio per poter cuocere la pasta e aggiungere ogni tanto un po’ di carboni accesi al fornello per mantenere il sugo in ebollizione. Comunque, vuoi per le legna che bruciavano, vuoi per il consistente numero di persone, nella cucina si stava benino, fatta eccezione per i piedi e gliConsiderazioni stinchi, soggetti agli di un clinico infettivologo sull’articolo pubblicato a pag. 37 spifferi freddi che venivano desi apriva, "La Pagina" - numero di Maggio “Terrorismo sanitario” dalla porta, sia quando perché entrava qualcuno, sia quando chiusa, perché le della vicenda personale del comunicazione della comunità scientifica e viene regolamentata da Non è miaera intenzione entrare nel merito ante non combaciavano bene. Dott. Gava (sottoposto a misura disciplinare di radiazione dall’albo procedure di accettazione e di valutazione che mirano a stabilire i Studiare fare i per compiti in dei medici o di Treviso comportamento non etico riguardo alla requisiti necessari alla pubblicazione. questo ambiente, senza finire coi stesso), ma piuttosto vorrei Queste sono le fondamenta sulle quali si basa la moderna scienza nota posizione anti-vaccini del sanitario piedi era possibile solomolto importanti che vengono medica: la medicina basata sulle evidenze, e da queste “evidenze” chiariregelati, alcuni aspetti su argomenti stando in ginocchio sulla sedia trattati dall’Autore dell’articolo pubblicato a pag 37 del numero di derivano le raccomandazioni delle organizzazioni mondiali (OMS), maggio de “Laonde Pagina” partendo da questa vicenda di cronaca: la nazionali e/o sovranazionali, delle società scientifiche specialistiche impagliata, evitare il bracensura, la libertà di opinione, il complotto a vantaggio di interessi attraverso la produzione di linee guida a cui tutti i medici dovrebbero ciere sotto il tavolo che spesso economici (chi sarebbero e la posizione anti-vaccini, fare riferimento per la loro pratica clinica e per la loro informazione faceva venire il mal dii protagonisti?) testa. neanche velata, che emerge dall’articolo. scientifica. Per la troppo confusione non c’era Il problema centrale è chiarire la differenza tra la libertà di opinione Far rispettare e creare cultura intorno a questi principi non è censura rimedio. Tutti parlavano a voce e l’informazione scientifica. o ledere la libertà di opinione, è attenersi a quello che si chiama alta nelle case contadine, Ritengo che “tutti hannonei il diritto di manifestare liberamente il proprio metodo scientifico. abituati com’erano campi a pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, Purtroppo il movimento anti-vaccini è oggi uno degli esempi più gridare ordini agli animali da citando l’articolo 21 della Costituzione Italiana. Ma se sono un medico inquietanti di come ci si può allontanare dal metodo scientifico, lavoro. e voglio fare informazione scientifica, devo rispettare il Codice di quindi forse il termine di “terrorismo sanitario” andrebbe riservato C’era poi sempre qualche vicino Deontologia medica che mi impone di promuovere informazioni e a chi tenta di “minare” le basi della vera ricerca e cultura che si onotizie vicina che, dopo cena, si fondate su “conoscenze scientifiche acquisite” (articolo 55) poggiano sul metodo scientifico. aggiungeva ai già tanti e di non “diffondere notizie non per ancora validate e accreditate dal scambiare quattro chiacchiere, contribuendo all’aumento della cacofonia. Un momento di quasi silenzio po- Cappanera punto di vista scientifico” (articolo 56). Dott. Stefano teva verificarsi semedica qualcuno si arrotolava unalasigaretta. Dopo averla accesa fatte Malattie un paioInfettive di tirate la passava Dirigente medicoeClinica Università degli Studi di Perugia La moderna scienza progredisce attraverso “pubblicazione al vicino e così via finché era possibile tenere il mozzicone fra le dita. Azienda Ospedaliera “Santa Maria” di Terni scientifica”. Quest’ultima rappresenta la principale forma di Il problema del freddo tornava prepotente al momento di andare a letto. Le camere erano così fredde che al mattino poteva capitare di trovare croste di ghiaccio sull’acqua del lavabo. Solo al pensiero di doversi spogliare in un baleno per infilarsi tra le lenzuola gelate, sovrastate da coperte e imbottita, poteva anche bloccarsi la digestione. Se però era stato messo il prete nel letto, la prospettiva diventava quasi•rosea. Infortunistica • Civile Il prete non era altro che il nome malizioso di una incastellatura porta-braciere in legno, usata per riscaldare • Previdenziale Lavoro questo marchingegno, il letto. Al mattino, quando la donna rifaceva la camera, infilava tra le• lenzuola sicché sembrava, a letto rifatto, che qualcuno molto grosso fosse ancora a dormire. Appena cenato la moglie • Commerciale • Famiglia infilava diligentemente nel prete un recipiente metallico con le ultime braci del camino, scegliendo quelle che non facevano più fumo. Infilarsi nel letto dopo aver estratto il prete con molta circospezione per evitare incendi, era un grande piacere goduto dalle generazioni del dopo guerra. Lo studio sid’inverno è trasferitosenza in Corso del Popolo n. 26 - Terni Ora quasi tutti stiamo al calduccio farci troppo caso e i grandi piaceri si vanno a cercare Telefoni: 0744/58149-58140 Fax: 0744/420166 Indirizzo mail: avvocati@crescimbenilavari.it Vittorio Grechi nelle polverine o nell’alcol.

Lettera al Direttore

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XXXIII Giochi estivi a Terni e Narni

Gli Special Olympics accendono i cuori Il nostro errore più grave è quello di cercare di destare in ciascuno proprio quelle qualità che non possiede, trascurando di coltivare quelle che ha

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pecial Olympics è un movimento internazionale fondato su di un programma educativo di allenamento sportivo e competizioni atletiche per le persone con disabilità intellettive. Si calcola che, in circa 170 Paesi, siano più di 4.000.000 gli atleti praticanti ed oltre un 1.300.000 i volontari che collaborano alla riuscita di grandi e numerosi eventi internazionali. Ogni anno una rappresentativa italiana partecipa alternativamente ai Giochi Mondiali (Invernali o Estivi) o a quelli Europei. Quest’anno la XXXIII edizione dei Giochi si è tenuta a Terni e Narni. Dall’ 11 al 14 maggio 2017 presso gli impianti sportivi delle nostre città (Narni, Terni e Piediluco) abbiamo assistito con emozione e commozione a qualcosa di più di una semplice competizione. Siamo stati rapiti dalla gioia di tanti atleti ed atlete che, nello sport e nello stare insieme, hanno trovato la voglia di non mollare e la forza per non arrendersi alle difficoltà. Abbiamo ricevuto da questi ragazzi una grande lezione di vita, con contenuti e valori ad alto impatto emotivo. Terni ha accolto i Giochi e le delegazioni partecipanti con sincero affetto. In queste occasioni “speciali” la nostra città si mostra sempre con i suoi sentimenti migliori. Di questo ne vado orgoglioso. Tante immagini si rincorrono, si sovrappongono, andando a comporre un mosaico di forti tonalità emotive. La memoria va alle prime riunioni con Fabio Casali, presidente del Comitato Organizzatore, autentico trascinatore di questa iniziativa. Ripenso alla lunga lista di difficoltà e

problemi da risolvere. Fabio ed il suo team ci sono alla fine riusciti! Dobbiamo essere grati a lui ed agli altri volontari che, con impegno e professionalità, hanno realizzato un meraviglioso sogno. La loro freschezza ed incoscienza ha contagiato positivamente Enti, aziende, associazioni, persone. Miti ma determinati. Vi è stata una partecipazione generale. Come non esaltare il lavoro e la passione delle maestranze e dei tecnici dell’Acciai Speciali Terni che hanno forgiato la fiaccola olimpica “lucidandola con il cuore” come ha ricordato l’ing. Luca Onofri responsabile dell’Officina Meccanica di Ast. Nella torcia c’è un pezzo importante della città di Terni, c’è tutta una fabbrica nata oltre 130 anni fa, c’è il lavoro di tante persone. Il Circolo lavoratori Terni si è fatto interprete di tutto ciò, veicolando questo prezioso messaggio di pace ed amicizia. Come non lasciarsi cullare dalle splendide immagini delle città umbre vestite a festa, per il passaggio della torcia. Il torch run partito da Perugia, ha unito comunità e sensibilità diverse. La torcia affidata ai podisti della Ternana Marathon Club ha davvero brillato nel suo percorso, riscaldando tanti cuori. Le persone presenti l’11 maggio a Terni, in una gremita Piazza della Repubblica festosa e colorata per la Cerimonia d’Apertura dei Giochi, sono rimaste emotivamente coinvolte dall’evento. La sfilata dei Team, l’accensione del Tripode ed il Giuramento hanno evocato suggestioni da incorniciare. Un emozionato Fabio Casali nel suo intervento ha citato Marguerite Yourcenar “Il

nostro errore più grave è quello di cercare di destare in ciascuno proprio quelle qualità che non possiede, trascurando di coltivare quelle che ha”. In queste parole l’autentico spirito degli Special Olympics. Poi il via ufficiale ai Giochi dato dal Presidente di Special Olympics Italia, Maurizio Romiti. La sfilata degli atleti divisi per regioni, unitamente alle delegazioni straniere ed al Team ospitante, quello ternano di Tuttingioco, è stato un mix di energia e sentimento. Porto con me il sorriso e la gioia di una nostra atleta, Valentina, penso al padre mio amico ed alla famiglia: lo sport spesso fa dei miracoli! Tutto ciò dà contenuto al nostro impegno di volontari. L’alzabandiera con l’Inno di Mameli, l’ingresso in Piazza della Torcia Olimpica, l’atleta Special Olympics Luca Dipatrizi accompagnato da Agostino Abbagnale che accende il tripode. Che dire di più! Momenti toccanti con Luca che inonda di baci una Piazza con il cuore in mano. Infine il Giuramento dell’Atleta Special Olympics pronunciato da Veronica Rossi: “Che io possa vincere, ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze”. I giorni di gara sono stati un palcoscenico dove i protagonisti con le loro storie, fragilità e forza sono stati i ragazzi e le ragazze che si sono sfidati nelle diverse discipline. I punteggi e le classifiche non contano. La loro medaglia l’hanno già conquistata: andare oltre i propri limiti.

I NUMERI DEI GIOCHI Regioni rappresentate: 14 Delegazioni Straniere: 4 Atleti: 704 Tecnici: 163 Accompagnatori: 140 Familiari: 418 Volontari: 887 Giudici: 52 Atleti per Sport Atletica: 263 ( Narni Scalo) Tennis: 54 (Circolo La Romita – Terni) Golf: 23 (Circolo La Romita – Terni) Canottaggio e rowing: 126 ( Piediluco) Nuoto: 236 ( Piscine dello Stadio – Terni) Stefano Lupi Delegato Coni Terni

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Con Ulisse sul mare color del vino Vite parallele: personaggi a confronto. Concorso dell'AICC - Delegazione di Terni

Anche quest’anno il concorso “Vite parallele: personaggi a confronto”, bandito dalla Delegazione di Terni dell’ASSOCIAZIONE ITALIANA CULTURA CLASSICA (AICC), ha ricevuto numerose adesioni e prodotto risultati assai significativi, a puntuale conferma del fatto che i nostri ragazzi, pur immersi in un’attualità travagliata e turbolenta, per molti versi incompatibile con il respiro lento dell’otium umanistico, di questo respiro subiscono ancora il fascino. Il concorso, giunto alla sua VIII edizione, si è realizzato grazie al contributo della Fondazione CARIT e alla convenzione con il Liceo Classico di Terni. La cerimonia di premiazione si è svolta il 28 aprile, a Palazzo Montani Leoni, con il

coordinamento della Prof.ssa Annarita Bregliozzi, Presidente dell’Associazione. Il concorso era parte integrante del più vasto progetto dell’AICC “Con Ulisse sul mare color del vino. Leggere l’Odissea oggi”, che s’è articolato anche in un ciclo di otto laboratori di lettura, svoltisi presso il Caffè Letterario della Biblioteca Comunale di Terni, nell’arco di tempo compreso tra l’11 gennaio e il 15 marzo, e in una Maratona di lettura dell’Odissea, che ha percorso gli spazi della nostra città il 18 maggio. Una splendida avventura nel segno di un tenace attaccamento ai valori della classicità, offerti però non con l‘atteggiamento dell’oraziano laudator temporis acti – e dunque con lo sterile rimpianto di chi è incapace

di accogliere il nuovo – ma con quello dell’esploratore criticamente consapevole che solo il confronto con il passato può consentire una comprensione profonda del presente, orientandolo in modo da sottrarlo al rischio di una rinnovata barbarie. In questo numero si propone la lettura degli elaborati di scrittura creativa che hanno ottenuto il primo e il secondo premio per il triennio della scuola secondaria di secondo grado. Seguirà, nel prossimo, la pubblicazione degli elaborati che hanno ottenuto il primo premio per il biennio della scuola secondaria di secondo grado e per la scuola secondaria di primo grado. Prof.ssa Marisa D’Ulizia - Segretaria AICC

STORIA DI UN BAMBINO CHE VOLEVA ESSERE UN ARGONAUTA “Ehi Buzz!! Quando ti deciderai a sgombrare la soffitta da tutta questa robaccia?! Sono mesi che te lo ripeto!”. La sua voce limpida e chiara risuonava tra le vecchie pareti di legno di una allegra villetta del Texas. Il vecchio Buzz stava facendo colazione al piano sottostante, leggendo il giornale fradicio che il ragazzo aveva appena portato, pedalando sotto un impetuoso acquazzone primaverile. “Lo farò cara! Potrei anche ritrovare qualche ricordo sepolto sotto la polvere!”. Finito di leggere il giornale, il vecchio salì lentamente le scale e raggiunse la moglie in soffitta. Un pesante strato di polvere ricopriva, come un grigio lenzuolo, un cumulo di scatoloni, quadri e soprammobili vari, dimenticati lì da anni. In un angolo c’era una pila, alta fino al soffitto, di riviste e giornali sui quali si potevano vedere le foto di Buzz in tuta da astronauta. Il titolo della prima rivista, ormai ingiallita dallo scorrere degli anni, recitava: “Buzz Aldrin & Neil Armstrong, i primi uomini a calpestare la luna”. Il vecchio, con la schiena dolorante, iniziò lentamente a sollevare i pesanti scatoloni pieni fino all’orlo. Da uno di questi cadde un libro di scuola, appartenuto un tempo a Buzz, consumato dagli anni e dall’umidità della soffitta. Sulla copertina di tela rosso vermiglio campeggiava una scritta bianca in stampatello maiuscolo: “Le Argonautiche”. I suoi occhi caddero su quel volume che, anni or sono, lo aveva tanto fatto sognare. In un istante Buzz tornò ad essere quel bambino con gli occhi sempre rivolti al cielo stellato, che sognava di vedere tutta la terra e percorrere distanze inimmaginabili, quel bambino che sognava di vedere il mondo dall’alto, in un posto dove solo un folle o un eroe avrebbe avuto il coraggio di spingersi. Voleva essere come Giasone e gli Argonauti che, navigando per mare attraverso mille pericoli, giungevano al mitico vello d’oro. Il vecchio prese da terra il volume ormai dimenticato con la stessa luce negli occhi di quando, da bambino, lo metteva nella cartella e ridiscese le scale, ansioso di assaporare dopo tanti anni il profumo di quelle pagine intrise di sogni e speranze. Il sole, che era tornato a splendere, illuminava, attraverso il vetro della finestra, la Medaglia del Congresso che, in cima all’espositore dell’uniforme militare, brillava lucida troneggiando su tutte le altre onorificenze. La poltrona accolse con la solita morbidezza il corpo di Buzz che, accesa l’abatjour, aprì il libro. Il vecchio leggeva e leggeva, non riuscendo a fermarsi, preso a volte dalla curiosità, a volte dalla commozione, immedesimandosi in Giasone e nella sua ciurma che avevano navigato fendendo l’acqua del mare sulla loro nave dalla prora turchina. Dopo ore di appassionata lettura un dolce sonno prese il vecchio, che si addormentò appoggiando la testa sul morbido schienale della poltrona. Si “risvegliò”, o almeno così gli parve in quel preciso momento, sul ponte di una nave che solcava sicura le onde del mare. Poteva chiaramente percepire l’odore del robusto legno del ponte e della salsedine. Sentiva il dolce rumore del mare spumeggiante mentre era cullato dell’imbarcazione. Aprì gli occhi e fu abbagliato dal sole che splendeva lucente in un cielo senza nubi. Si mise a sedere cercando di capire dove si trovasse e si accorse di un giovane che, seduto accanto a lui su una cima

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arrotolata, intagliava un pezzo di legno. “Ce ne hai messo di tempo a svegliarti, Buzz! È tutto il giorno che sei steso qui sul ponte”. Disse il suo misterioso interlocutore. “Chi sei?” Gli rispose, “Come sai il mio nome?”. Il giovane aveva lunghi capelli ricci, mossi dalla brezza marina, e indossava un chitone, come tutti gli altri componenti della ciurma. “È strano che tu non mi riconosca, eppure ti ho fatto tanto emozionare in passato! Sono Giasone, Buzz, e questi uomini che reggono il timone e tirano le gomene sono gli Argonauti, che io comando in qualità di loro capitano. Guarda!” e mi indicò ognuno di loro, “Quello è Orfeo, il suonatore di cetra, che con la sua musica riesce a spostare i massi e ad ammansire le fiere. Se poi sposti lo sguardo alla tua destra puoi vedere Castore e Polluce, i fratelli Dioscuri, e Peleo il Mirmidone, Re di Ftia. Siamo viaggiatori, Buzz, scopritori di terre in cui mai uomo saggio mise piede, ricche di insidie quanto di enormi tesori. Siamo gli eroi che toccarono la Colchide, mai calpestata da “sandalo” Greco. In molti ci ritennero folli a partire per quel viaggio dal quale avremmo potuto non fare ritorno. Mi feci costruire una nave robusta, dalla chiglia affilata per fendere il mare più velocemente. La chiamai Argo, in onore del suo costruttore. Mi è parso di capire che anche tu sei come noi: hai scoperto un altro mondo, che sembra così vicino ma che è in realtà lontanissimo. Sei stato nella grande oscurità dell’universo, più in alto dell’ Olimpo dove risiedono gli Dei immortali. Ma dimmi com’è la luna e, soprattutto, raccontami come si vede da lì la grande terra, nostra casa e madre”. I due si guardarono per un attimo, poi il vecchio, piacevolmente sorpreso, iniziò a raccontare. “La Luna, che scorreva veloce sotto la navicella, sembrava enorme, limpida, pallida, sconfinata. Quando il modulo d’allunaggio dell’Apollo 11 toccò la superficie, un brivido ci corse lungo la schiena. Il portellone si aprì con un sibilo e vedemmo per la prima volta quella che era stata la nostra meta. Neil Armstrong mi precedette, io scesi dopo di lui. La pianura fredda e desolata mi accolse nel suo abbraccio, rendendomi tutt’uno con quella terra arida e priva di vita. Poi mi voltai e vidi la terra. Era piccola, lontana, irraggiungibile. Ci separavano dalle nostre case così tante migliaia di chilometri che la mia prima sensazione fu lo smarrimento più profondo. Poi osservai meglio e notai la perfezione di quell’opera divina. Era un perfetto dipinto su nera tela. Una sfera blu, verde, bianca... mille altre sfumature di colore la componevano creando un limbo di pace, silenzio e immobilità eterna. Guardavo quella sfera, sola e come congelata dall’immensitá dell’universo che la racchiudeva. Quel suo stare perfettamente ferma aveva un non so che di…”. “di…?” Chiese Giasone. “Di magico, perfetto.” -riprese Buzz- “In quel momento conobbi la vera bellezza, che non avrei potuto mai ammirare se non avessi rischiato la vita in un’impresa mai tentata prima. Pensai al lavoro di tutti quegli eroi silenziosi che ci avevano permesso di stampare la nostra impronta su un altro pianeta. Chissà se è ancora là? Furono loro a costruire quella navicella, l’Apollo 11, leggera, potente, veloce. Anche noi avevamo paura di non rivedere più o volti delle nostre mogli e dei nostri figli”. Detto ciò, il vecchio volse lo sguardo alle onde; ammirarle lo rilassava. La spuma del mare accarezzava la chiglia in un moto


fluido e armonioso, privo di qualsiasi attrito. La brezza scompigliava i capelli del vecchio, che osservava in posa estatica l’oceano blu, casa di alcuni e tomba di altri. Era catturato dall’immensitá di quella pianura azzurra, che tanto gli ricordava lo spazio infinito. Giasone gli chiese: “A cosa pensi, Buzz? Il mare ti ricorda forse lo scuro universo? Forse la luna, bianca e infeconda? Oppure i rischi che lo spazio nasconde? Voi viaggiaste tra i corpi celesti che infuocati sfrecciano nel cielo, come noi evitammo, rapidi ma prudenti, le Rupi Erranti”. “Già, come voi tornando vittoriosi dall’impresa” rispose il vecchio. “Il marinaio, in fondo, non è così diverso dall’astronauta.” Sorrisero, e i loro sguardi si incrociarono. Buzz sapeva che il suo tempo sulla nave Argo era ormai finito. “Addio Giasone,” fece Buzz. “Da sempre ti porto dentro di me”. Buzz si risvegliò sulla sua poltrona, nella stessa posizione in cui si era addormentato, con le “Argonautiche” tra le braccia. Il pranzo era già in tavola, caldo e fumante. “Buzz, vieni a mangiare, il pranzo è pronto!” “Sì cara, sto arrivando!” 1° premio: CAPPELLETTI LUCA, della classe I A del Liceo Classico “Tacito” di Terni

I PAESI DI DOMANI Sulla collina di Spoon River non un soffio di vento. Una luna dipinta danzava nel cielo d’agosto e la notte calda e limpida mostrava le sue stelle senza timore. Il prato trapunto di papaveri rossi celava il ventre vibrante di una terra gravida di vite perdute, la stessa terra che un tempo ospitò un piccolo villaggio statunitense, il cui ricordo si disperde nell’eco del dramma vissuto dai suoi abitanti, il dramma di poveri esseri umani travolti da un destino incontrollabile. Odisseo camminava su quella terra desolata e odorosa godendosi il canto dei grilli. Era solo. I suoi compagni, una volta giunti ad Itaca, lo avevano abbandonato. Dicevano di essere stanchi e di voler tornare a casa e finalmente abbandonarsi tra le braccia delle loro mogli, dolce riparo dal tormento degli anni, della fatica, del dolore per i compagni perduti. Anche Odisseo era tornato a casa. Lì aveva trovato Penelope, appena sfiorata dal tempo e ancora straordinariamente bella. Era una notte di inizio luglio. Fecero l’amore e, coprendosi di baci e di carezze, sotto le lenzuola bianche piansero silenziosamente e non seppero dirsi nulla. Quando l’alba venne a illuminare il mare color del vino, Odisseo strinse Penelope, sentendosi riempire il cuore di un’antica nostalgia ed ella riconobbe il sapore amaro e dolcissimo dell’ultimo bacio. Poi egli salì sulla sua nave e di nuovo si confuse con le onde del mare, che sempre ritorna a bagnare le sue terre, per poi ritirarsi chissà dove, trasportato dal vento. Raggiungere Itaca era stato il pensiero che durante tutto il viaggio aveva tenuto alto il suo spirito, impavido contro la furia di Nettuno, scaltro nella terra dei Ciclopi, imperturbabile di fronte al canto delle sirene. Ora aveva raggiunto la sua isola e in un attimo gli si era ridotta in polvere tra le mani. La curiosità lo divorava, la sete di conoscenza si impadroniva di lui senza sosta. E così di nuovo aveva tradito la sua terra, di nuovo aveva abbandonato Penelope, di nuovo suo figlio Telemaco era rimasto solo e senza pace. I sogni, la virtù, il coraggio, l’amore… Il cuore di Odisseo esplodeva di desideri, di

grandi aspirazioni, di ideali. Il mare lo aveva salvato tante volte dalla morte, come dalla vita, di cui egli aveva fatto il più bel viaggio. Ora Odisseo procedeva, un passo dopo l’altro, perso nella notte tra i boschi della collina. Il canto dei grilli si fece sempre più fioco e una leggera e fresca brezza cominciò a sfiorare le sue braccia nude. Era solo e mentre camminava si guardava intorno. Ovunque scorse la natura rivolgere il suo commiato lacrimoso alla bella stagione che stava per finire e sentì il suo cuore riempirsi di una nota malinconia. Ad un tratto, il passo gli si fece lento e incerto. Un nodo gli strinse improvvisamente la gola. Una visione lo vinse: un marmo bianco come un occhio aperto sul prato rosso di papaveri. Una lapide, fredda e solitaria, posta sotto un albero grondante di pesche. Senza riuscire a distogliere lo sguardo, si sedette lentamente a terra e sentì le sue narici gonfiarsi del profumo denso dei fiori. La luna discreta dall’alto spiava la collina di Spoon River e tacita prestava ascolto ai pensieri di Odisseo, che ora piangeva e le sue lacrime sapevano di sale, come quel mare che lo aveva salvato tante volte. La paura della morte si era ferocemente impadronita di lui. Pensieri angoscianti si affollarono a un tratto nella sua mente. Che cos’era stato fino ad ora il suo errare inquieto? Ripensò ai suoi viaggi, ai mostri, alle Sirene, al Ciclope, a Calipso.. tutto gli sembrò improvvisamente appartenere a un passato lontanissimo, tutte le sue avventure sepolte sotto il peso di un tempo antico. Dei suoi viaggi alla ricerca di niente cui egli sapesse veramente dare un nome, non gli rimaneva ora che la nostalgia. Lui, che aveva sfidato il dio del mare, sconfitto terribili creature mostruose e che con la sua vita aveva sempre giocato e avrebbe continuato a farlo, sempre, godendo l’istante, senza preoccuparsi del domani, ora non soltanto temeva la morte ma aveva paura di vivere. Fissava quella lapide, illuminata dal candore della luna, immersa nella cornice di pesche e di papaveri e ci vide la fine. Tutti i suoi sogni, tutti suoi ideali, la vita stessa… la fine sarebbe giunta e avrebbe smontato tutto, arrotolato il cielo, portato via il sole, il profumo del mare, tutte le isole inesplorate, tutti i frutti mai assaggiati, tutte le donne mai accarezzate, le montagne mai scalate, i tramonti mai visti, tutti i venti senza un nome, tutti i tesori mai ritrovati. Odisseo non sapeva più chi era e provò disgusto per quella terra ignota e desolata. Pensò a Penelope, ai suoi compagni, a Itaca. E il mare sembrò non appartenergli più e la sua vita gli parve improvvisamente vuota, il suo viaggio inutile e inutile gli parve anche tentare di trovarci un senso a tutta quella storia. Voleva tornarsene a casa. Allora si alzò ma, prima di allontanarsi, fece qualche passo verso il marmo. Lo sguardo fisso sulla lapide era il suo intimo saluto alla vita. Fu allora che si accorse di pochi versi incisi sul marmo. In alto un nome: George Gray. Si inginocchiò e lesse l’epitaffio con gli occhi ancora umidi e il volto rigato di lacrime, in cui si specchiava la luna. Intorno, soltanto silenzio e stelle. Lesse: “Molte volte ho studiato la lapide che mi hanno scolpito: una barca con vele ammainate, in un porto. In realtà non è questa la mia destinazione ma la mia vita. Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno; il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura; l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti. Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita. E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, dovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre a follia ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderioè una barca che anela al mare eppure lo teme.” Odisseo si alzò in piedi e rivolse lo sguardo verso il cielo stellato. Si tolse i sandali e sentì la frescura dell’erba sotto i suoi piedi. Fece qualche passo. Intanto il profumo della brezza gli riempiva i polmoni. La luna gli sorrise e lui ricambiò con una risata sonora. Rideva perché il mare lo aveva salvato ancora una volta, su una collina, in una notte d’Agosto. Rideva perché amava la vita e la stava andando a cercare nei paesi di domani. 2° premio: ROSATI GIORGIA, della classe III D del Liceo Classico “Tacito” di Terni Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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Le ONG e il Volontariato Pierluigi Seri

Mattina del 27.04.2017 Rai3, il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ai microfoni della trasmissione Agorà rilascia la seguente dichiarazione: ”Alcune ONG potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga”. Apriti cielo! Immediatamente, come da copione collaudato, scoppiano le polemiche che dall’ambito giudiziario sfociano in quello politico. Quindi via subito ad un convulso inseguirsi di controdichiarazioni, di proclami, di indignate esternazioni che vedono coinvolti non solo esponenti politici di governo come i ministri Orlando (Giustizia) e Minniti (Interno) e dell’opposizione come Salvini (Lega nord) Di Maio (Cinque stelle), ma anche esponenti della cultura come Erri De Luca e Roberto Saviano ed anche il presidente della Caritas card. F. Montenegro. Così tutto si trasforma nella solita corrida che tanto piace a noi italiani: lo scontro tra i pro e i contra. Stampa e canali tv si trasformano in una “plaza de toros” anche se non ci troviamo nella caliente España. Gli animi non si placano nemmeno quando lo stesso Zuccaro fa un passo indietro dichiarando che si tratta di ipotesi, non prove. Così via libera ai tele predicatori delle varie trasmissioni che da perfetti tuttologi tuttofare fanno a gara a far sfilare negli studios esponenti politici di vario segno, giornalisti, scrittori, sociologi, esperti o supposti tali… un’autentica folla litigiosa e polemica dalla quale esci con le idee più confuse di prima. In seconda serata, non poteva mancare ad un simile appuntamento, sale sul palco il loro decano, Bruno Vespa patron di Porta a porta, il terzo parlamento! Definito così non so da quale idiota. Tono grave di circostanza, voce impostata, eccolo procedere, bacchetta alla mano da perfetto ammiraglio alle grandi manovre, verso un maxischermo indicando la posizione delle varie navi delle ONG dislocate lungo le coste della Libia, poi il resto del teatrino lo conosciamo bene. A questo punto lasciamo perdere le polemiche, le gazzarre televisive a cui siamo ormai vaccinati e torniamo ai fatti. Una cosa è almeno chiara: protagoniste assolute nel bene e nel male della cronaca di questi giorni sono le tanto esaltate e tanto esecrate ONG. Vogliamo dunque capire cosa sono queste benedette ONG? Bene, è quello che tentiamo di fare, ovviamente nello spazio consentitoci da un articolo. Un po’ di storia. La locuzione di Organizzazioni Non Governative identifica un gran numero di organizzazioni private, senza scopo di profitto, che operano nel settore della solidarietà sociale. Ricordiamo

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le più note: Medici senza frontiere, Save the Children, WWF, Emergency ecc.. E’ una definizione molto ampia che comprende organizzazioni molto diverse tra loro per finalità, ispirazione ideologica, ambiti di intervento, organizzazione che però sono accomunate da valori di solidarietà e di equità e da una metodologia operativa finalizzata a realizzare progetti di sviluppo. In Italia le ONG appartengono alla categoria giuridica delle associazioni no-profit, quelle ufficialmente riconosciute sono 248. Una definizione più circoscritta è quella che prevede oltre ai tre elementi citati (natura privatistica, no profit, solidarietà) lo svolgimento di attività nell’ambito della cooperazione internazionale. Le ONG con queste finalità costituiscono una tipologia particolare nella legge 26 febbraio 1987 n. 49 sulla cooperazione allo sviluppo. Ai sensi della legge (art.28) tali organizzazioni possono ottenere dal Ministero degli Esteri un riconoscimento che permette loro di accedere ai contributi e ai progetti ministeriali. Per ottenere l’idoneità l’ONG deve essere formalmente costituita, non avere finalità di lucro, deve avere come scopo lo svolgimento di attività finalizzate allo sviluppo, fornire adeguate garanzie di professionalità, sottoporsi a periodici controlli ministeriali. Le ONG riconosciute idonee alla cooperazione internazionale vengono considerate ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale) art. 10 d.l. 4 dic. 1997 n. 460 e godono dei relativi benefici fiscali. Tali organizzazioni si pongono come interlocutrici critiche dei governi e delle organizzazioni economiche internazionali con una visione indipendente della cooperazione che privilegia interventi su piccola scala facilmente controllabili nella fase di realizzazione e sull’impatto con le comunità locali. Le ONG hanno avuto un sviluppo significativo negli anni cinquantasessanta del XX sec. nei Paesi occidentali. Esse rappresentano ormai un vastissimo movimento civile che mobilita migliaia di volontari. In Italia a partire dagli anni Settanta esse hanno avuto un forte impulso che le ha fatte diventare una componente fondamentale degli aiuti internazionali e della riflessione sull’attuazione delle politiche di sviluppo. I progetti delle ONG si caratterizzano per l’attenzione alla giustizia sociale, per la difesa dei diritti umani, per il coinvolgimento dei partner locali nei progetti. Esse possono essere classificate secondo parametri diversi per es. per tipologia di intervento (alcune si occupano di finanziamento, altre per attività operative), per campo di azione geografica (locali, nazionali, internazionali), per matrice ideale (laiche o religiose). La diversità rappresenta una ricchezza per il ”non governativo”, ma ci sono elementi comuni che lo caratterizzano a prescindere dalla matrice e che sono stati fissati nella Carta di Elewitt, dal nome della città belga che nel 1994 ospitò il primo incontro delle ONG. La carta è stata elaborata dai rappresentanti delle organizzazioni

europee e poi discussa con i rappresentanti della Commissione europea. La Carta include i princìpi generali che devono guidare le ONG e definisce anche il minimo denominatore comune sul piano organizzativo. Tra i princìpi fondamentali della Carta è il richiamo alla centralità del contesto in cui si opera, sfuggendo alla tentazione di imporre modelli preconfezionati ed estranei a realtà complesse. Proprio a tal fine le organizzazioni si servono molto di operatori locali che conoscono bene l’ambiente al fine di attuare interventi efficaci e di successo. Esse privilegiano l’attenzione per i gruppi sociali disagiati e le minoranze, individuando nella disuguaglianza la causa del freno dello sviluppo, in particolare la disparità tra i sessi nei paesi poveri. Per questo si impegnano a creare le condizioni che le donne partecipino alla vita della comunità. Al loro interno operano collaboratori permanenti variamente retribuiti, un gran numero di volontari impegnati saltuariamente, stagisti provenienti da varie università e collaboratori locali. Le ONG hanno poi creato delle federazioni al fine di coordinare meglio i loro sforzi. Non esiste in Italia un censimento preciso, ma un fatto è certo che impegnano più o meno stabilmente migliaia di persone che lasciano periodicamente la famiglia, il lavoro per dedicarsi ai vari progetti. Conclusione Da quanto detto si evince che l’attività delle ONG è senz’altro positiva. Non voglio entrare nel merito di quanto sarebbe accaduto sulle coste Libiche, non sono un giudice, né un detective, ma ricordo a tutti una cosa molto semplice: bisogna aspettare l’esito delle indagini prima di “sparare nel mucchio”, poi voglio rivolgere una domanda a quella folla di benpensanti che strombazzano nelle varie trasmissioni e che vorrebbero costruire muri sui mari e anche agli altri che, con un po’ di supponenza, si definiscono "i nuovi francescani”: cosa sarebbe diventato il Mediterraneo se non ci fossero state le ONG a dare una mano con i loro volontari alla Marina Militare nel dare soccorso agli sventurati sui barconi? Io personalmente do una risposta precisa: un enorme cimitero senza nomi! Verità e Giustizia per Giulio Regeni



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