Pausa Caffè | Numero 17 | Settembre 2019

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PAUSA CAFFE’

Numero 17, Settembre 2019


PAUSA CAFFÈ - Numero 17 settembre 2019

Chi erano i templari pp.5-6 La giornata del Monaco pp.8-15

I vostri commenti pp. 17-22 ricette medievali pp. 24-29

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Ad un anno dal primo viaggio nel tempo che ci ha portati nell’antica Roma abbiamo deciso di spostarci un po’ più avanti... benvenuti nel Medioevo! Molti pensano che l’ “età di mezzo” sia stata un periodo oscuro, pieno di paura e di arretratezza culturale. Macché! Guardate i colori delle vetrate nelle chiese gotiche, ascoltate il ritmo che scandiscono le piume degli amanuensi che ricopiano i manoscritti, lasciatevi coinvolgere nelle danze di corte (o nei sabba delle streghe, se preferite), fatevi inebriare dall’odore di maialino cotto alla perfezione e scoprirete un mondo pieno di personaggi interessanti e di storie incredibili. Nelle prossime pagine troverete tante informazioni sui cavalieri templari, la vita dei monaci, le ricette del laboratorio di cucina e i commenti di alcuni compagni. In attesa del prossimo laboratorio vi ringraziamo per la passione e l’entusiasmo che avete messo nel realizzare danze, rappresentazioni teatrali, piatti gustosissimi, vetrate coloratissime e molto altro. Grazie a tutti! Buona lettura e alla prossima

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Non perdetevi l’evento dell’anno! I biglietti sono disponibili in segreteria!

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Chi erano i Templari

Il loro ordine fu fondato nel 1118.con lo scopo di proteggere le vie di

comunicazione con la Terrasanta e custodire luoghi come il Calvario o il Santo Sepolcro e riconosciuto dalla Chiesa nel 1129. Si distinsero per la quasi disumana disciplina che li regolava, e per ferocia e la determinazione in battaglia (gli arabi li chiamavano “diavoli bianchi”). Fondato al termine della prima Crociata, l’Ordine dei Templari era originariamente costituito da 11 frati francesi che, armati di spada, ebbero il compito di difendere dagli infedeli i pellegrini che viaggiavano lungo le strade sante fra Jaffa e Gerusalemme. L’Ordine, che aveva sede sul luogo in cui si credeva sorgesse nell’antichità il tempio di Salomone (da cui il nome). I singoli cavalieri erano vincolati dai voti di castità, obbedienza e povertà, cosa, quest’ultima, che permise all’Ordine di accumulare immense ricchezze, anche perché si incaricava dei trasferimenti di denaro da e per la Terra Santa. Buona parte di queste ricchezze furono impiegate nella costruzione di 9 mila fra chiese, palazzi e luoghi fortificati.

Vivevano secondo regole rigidissime: erano tenuti a osservare frequenti celebrazioni religiose e digiuni, a fare l’elemosina, a consumare i pasti in silenzio ascoltando una lettura biblica, a portare capelli corti, barba e baffi. Indossavano mantelli bianchi con una croce rossa sulla spalla sinistra e la loro maggiore autorità era il Gran Maestro. Il tramonto dell’Ordine ebbe inizio nel 1307: accusati di sodomia, tradimento, avidità e idolatria, centinaia di Templari furono fatti arrestare, torturare e condannare al rogo dal re di Francia Filippo il Pausa Caffè - Rivista della Dante Alighieri di Ramos Mejía e Ituzaingó

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Bello, forse intimorito dal loro potere, e nel 1312 l’Ordine fu soppresso dal Concilio di Vienna.

LE LEGGENDE SUI TEMPLARI. I

l carattere fortemente mistico dell’Ordine e l’ubicazione della sua sede a Gerusalemme sul monte Moriah, proprio nel punto in cui sorgeva il tempio di Salomone, ha fatto fiorire intorno ai Templari leggende che ancora oggi trovano accaniti sostenitori. Per esempio sarebbero entrati in possesso del santo Graal o addirittura dell’Arca dell’alleanza, e questo avrebbe conferito loro i poteri di un governo occulto, al di sopra degli altri governi. Leggende, ma con qualche fondamento di verità: secondo la maggioranza degli storici, infatti, la loro ricchezza li rese potentissimi e li sottrasse a ogni possibilità di controllo. In un secolo, come il Trecento, in cui lo Stato cercava di emanciparsi dalla Chiesa, i Templari erano quindi un pericoloso ostacolo da sopprimere.

IL VERO TESORO DEI TEMPLARI. I

celebri monaci guerrieri del Medioevo erano caratterizzati da una insolita longevità, arrivando a vivere anche il doppio rispetto all’aspettativa di vita dell’epoca. Il loro segreto sarebbe consistito nell’alimentazione, basata su una dieta simile a quella mediterranea. Lo sostiene uno studio di Francesco Franceschi, direttore del reparto di Medicina d’urgenza del Policlinico Gemelli di Roma.

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LA GIORNATA DEL MONACO Prima dell’alba il monaco si alza al suono della campana e va in chiesa per la recita dell’ufficio notturno, che termina con le lodi mattutine. Al termine di questo spazio di tempo riservato alla preghiera il monaco inizia il proprio lavoro, che non interrompe più sino alla Messa conventuale, centro di tutta l’ufficiatura e punto culminante della vita monastica. La campana dell’Angelus ricorda l’ora del pranzo: nel refettorio l’abate

benedice la mensa ed il lettore che, come vuole la regola, leggerà un brano di S. Scrittura durante il pasto. Dalla lettura ad alta voce deriva naturalmente la legge del silenzio per evitare ogni diminuzione di raccoglimento. A tavola i monaci si servono a vicenda, a turni settimanali. Dopo il pranzo c’è un’ora di ricreazione comune. Già la Regola di S. Benedetto assegnava ai monaci qualche momento al giorno per lo scambio delle parole necessarie: comunque, dal IX secolo, la ricreazione è ammessa ovunque ed attualmente avviene due volte al giorno, a mezzogiorno ed alla sera. Al termine della ricreazione i monaci ritornano al loro lavoro. La campana della cena riunisce di nuovo la comunità monastica per un pasto rapido e frugale, seguito da una breve ricreazione. Quindi il monastero si immerge nel silenzio: è l’ora di compieta, la preghiera della sera, l’ultimo atto della giornata del monaco. Da compieta all’indomani mattina, finito l’ufficio notturno, nessuno può rompere il silenzio senza un grave motivo. Pausa Caffè - Rivista della Dante Alighieri di Ramos Mejía e Ituzaingó

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I COMPITI NEL MONASTERO San Benedetto nella Regola menziona gli ambienti ed i ruoli chiave dell’organizzazione monastica con grande esattezza: l’oratorio, il dormitorio, il refettorio, la cucina, i magazzini, l’infermeria, il noviziato, gli ambienti per gli ospiti e indirettamente, il capitolo, l’abate, il priore, il cellario, l’infermiere, il cantore (si occupa dei canti durante i servizi divini), il libraio ed archivista, il portinario, il sagrestano (sovrintendeva alla costruzione di candele e del cotone necessario per i malati), il cellerario (si occupa del cibo e della sua conservazione. Era incaricato anche della legna, il trasporto di materiali, la manutenzione degli edifici ecc.), il refettorista, il cuciniere (che ha la grande responsabilità di fare le porzioni ed evitare sprechi), l’infermiere, l’elemosiniere (incaricato di distribuire le elemosine, in cibo e vestiti), il maestro degli ospiti, il ciamberlano ( che sovrintendeva il guardaroba dei fratelli, il loro rammendo o rinnovo di quelli sdruciti), il maestro dei novizi.

I LUOGHI DEL MONASTERO La Chiesa: ciò che domina e colpisce prevalentemente nella Chiesa monastica è la magnificenza e lo splendore; essa, con l’altezza delle sue cupole e delle sue torri, per lo più domina materialmente il resto dell’abbazia: questo sta ad indicare che l’Opus Dei, l’ufficio divino che si svolge nella Chiesa, prevale per importanza su ogni altra forma dell’attività monastica. Il Capitolo: è la sede delle assemblee ufficiali della vita monastica. Qui il postulante si presenta a chiedere l’ammissione al monastero; qui, iniziando il noviziato, l’abate gli impone il nome nuovo e, in segno di umiltà ed affetto, ad imitazione di Cristo, si piega a lavargli i piedi, seguito in ciò da tutti i fratelli; qui ancora prima di emettere i voti il novizio viene Pausa Caffè - Rivista della Dante Alighieri di Ramos Mejía e Ituzaingó

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accettato definitivamente alla vita monastica; divenuto membro della comunità, avrà diritto a sedere in capitolo ogni volta che l’abate crederà di consultare i fratelli su qualche affare importante, perché qui si trattano gli interessi maggiori della casa. Le origini del capitolo furono umili: distinto appena dal chiostro, cui era attiguo, ora primitivamente destinato alla distribuzione del lavoro manuale. Alle preghiere che accompagnavano l’attribuzione delle varie incombenze si aggiunse poi la lettura di brani della Regola. Benché il passo letto quotidianamente non corrispondesse sempre ad un capitolo, tuttavia questo nome restò attribuito alla sala ove i monaci prendevano conoscenza del loro codice. I chiostri, circondati da portici sostenuti da colonne e pilastri, uniscono fra loro le varie costruzioni del monastero di cui vengono così a formare l’ossatura e servono ai religiosi da deambulatori e riparo. Alcuni hanno al centro delle aiuole fiorite, altri il tradizionale pozzo sormontato per lo più dalla croce o dal monogramma di Cristo. Nei chiostri vige la Regola del silenzio.

La biblioteca. Le biblioteche benedettine hanno avuto una funzione importantissima nel corso della storia: dopo la caduta dell’impero romano, furono i monaci a raccogliere dalle rovine quello che fu possibile salvare del sapere dell’antichità e per molti secoli le biblioteche claustrali custodirono con cura innumerevoli manoscritti. Anche ai giorni nostri la biblioteca ha grande importanza in un monastero perché la lettura e lo studio fanno parte integrante della vita monastica benedettina.

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Il dormitorio. Il dormitorio comune prescritto da S. Benedetto fu sostituito nel corso dei secoli dalle singole celle. Dapprima si praticarono delle divisioni di legno per proteggere il lavoro dei fratelli dalle distrazioni inevitabili in una sala comune ed incompatibili con le esigenze dell’attività intellettuale (studio). In seguito la stanza fu chiusa da una porta e, in tal modo, si giunse al tipo di costruzione attuale divenuto di uso generale dal XV secolo.

Foresteria Le comunità monastiche sempre ed ovunque hanno accordato una generosa ospitalità a tutti con spirito di servizio. Per questa ragione i monasteri costruiti lungo vie molto trafficate erano particolarmente attrezzati allo scopo e molto apprezzati. Spesso accoglievano anche ospiti di riguardo come re, principi e vescovi in viaggio insieme alle loro corti ed accompagnatori. Le infermerie erano collegate a queste ali del monastero per curare anche gli ospiti che ne avessero bisogno. Gli edifici adibiti all’ospitalità erano spesso suddivisi in aree distinte in funzione del censo di chi dovevano accogliere: ospiti importanti, altri monaci o pellegrini e poveri viaggiatori. Erano, inoltre, posizionati dove meno interferivano con la privacy del monastero ed avevano anche una cappella perché gli estranei non erano ammessi nella chiesa utilizzata da monaci e monache.

Infermeria e giardino dei semplici L’infermeria era un edificio separato dedicato ad ospitare i monaci malati o deboli che erano affidati ad un monaco-medico. Era dotata di un orto per la coltivazioni delle erbe medicinali, il giardino dei semplici. Spesso erano poste vicino al dormitorio. Il refettorio,è il luogo del pasto comune. Non è una banale sala da pranzo, ma anche qui, come in tutta l’abbazia, si rivela una caratteristica della Pausa Caffè - Rivista della Dante Alighieri di Ramos Mejía e Ituzaingó

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vita benedettina: la cura di elevare le minime azioni della giornata ad atti profondamente religiosi. Prima del pranzo c’è la benedizione del cibo; durante il pranzo viene fatta la lettura pubblica di alcuni brani della S. Scrittura come prescrive la Regola: “mai la lettura deve mancare alla mensa dei fratelli”. (cap. 38)

Il cimitero. Nessuno ha coltivato la pietà per i morti con tanto zelo quanto i monaci. La ragione di ciò è semplice e profonda. L’abbazia è formata da uomini che vivono insieme e non si dimenticano. La vita comune è troppo intima, il cimitero, il luogo cioè dove riposano i corpi che attendono l’eternità, non è così lontano da permettere che i vivi non pensino ai defunti. Nei secoli passati quando le difficoltà delle comunicazioni rendevano enormi le distanze, i monaci avevano trovato il mezzo di annunziarsi scambievolmente la morte di un confratello e assicurare così i reciproci suffragi: d’abbazia in abbazia, di provincia in provincia, peregrinava un religioso che portava con sé la lista dei morti dove erano notati i defunti dell’anno con un breve “curriculum vitae”. Questo uso ha perduto la sua ragion d’essere ma ancora oggi, ogni giorno all’ora Prima, si ricordano i religiosi ed i benefattori defunti e, una volta al mese, tutta la comunità va a benedire le salme che riposano nei sepolcri. L’azienda agricola, pur mantenendosi ben curata ed ordinata, non può più avere l’importanza dei secoli passati, quando la terra costituiva l’elemento quasi esclusivo della ricchezza monastica. Oggi la funzione della tenuta monastica, dove pure essa esiste, è quella di permettere al monastero di trarne, almeno in parte, i prodotti necessari al proprio sostentamento.

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I MONASTERI L’organizzazione benedettina fece sì che i monasteri fossero non solo centri di vita religiosa, ma anche centri di vita economica e culturale. CENTRI DI VITA ECONOMICA La valorizzazione del lavoro, considerato come mezzo di elevazione dello spirito e perciò imposto a tutti come un dovere, portò ad una ripresa della bonifica del suolo e del lavoro dei campi in tempi in cui gran parte dell’Europa occidentale era incolta e spopolata. Seguendo le indicazioni della Regola, per provvedere alle loro necessità, i monaci si diedero a dissodare ed irrigare i campi presso i monasteri, a prosciugare le zone paludose, bruciare le stoppie, arare, seminare. Il bisogno di cera per l’illuminazione delle chiese portò allo sviluppo dell’apicoltura; le necessità di procurarsi la lana per i vestiti, la pergamena per scrivere, il grasso per illuminare, favorì l’allevamento del bestiame. Rifiorirono le culture della vite e dell’ulivo, da tempo abbandonate. Ripresero anche gli scambi commerciali. Il monastero, che normalmente sorgeva in un luogo isolato, divenne un centro presso cui si radunavano, in determinati giorni dell’anno, le popolazioni vicine per scambiarsi i loro prodotti; ben presto divenne il luogo in cui, sotto la protezione dell’abate, poté sorgere un vero e proprio mercato. Con il passar del tempo, per il rapido moltiplicarsi delle donazioni, le pro-

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prietà dei monasteri benedettini divennero estese. Questo fatto portò allo sviluppo della innovazione tecnica: si moltiplicarono così nelle abbazie i mulini ad acqua ed officine di ogni genere (oleifici, concerie, tintorie, birrerie, formaggerie e, più tardi, stampe).

CENTRI DI VITA CULTURALE Un altro importante contributo alla civiltà europea fu offerto dai monaci con la paziente trascrizione degli antichi scrittori. Si copiava soprattutto la Bibbia ed i testi dei grandi autori cristiani, ma anche storici, poeti, naturalisti ed autori di ogni genere del mondo antico trovarono ospitalità nelle biblioteche monastiche. L’arte dello scrivere era piuttosto faticosa. Nei testi dei secoli IX e X ritornano spesso affermazioni come questa: “L’approdo non è più gradito al marinaio di quanto non sia l’ultima riga del manoscritto allo stanco amanuense”. La lunghezza del lavoro era un altro aspetto scoraggiante: la media doveva essere di 10-12 pagine al giorno: per ricopiare la Bibbia era necessario un anno intero. Alcuni dei manoscritti, soprattutto la Bibbia e gli evangeliari, erano eseguiti in modo lussuoso: a volte la pergamena era tinta di porpora ed il testo era scritto con un inchiostro che dava l’impressione dell’oro e dell’argento.Frequenti erano le decorazioni con miniature che si facevano sempre più ricche e ricercate. LE SCUOLE I libri ricopiati con cura servivano ai monaci per la lettura e l’insegnamento. Per lungo tempo i monasteri, insieme alle chiese catte-

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drali, furono l’unico luogo in cui ci si preoccupava di istruire ed insegnare. Le scuole monastiche sono in primo luogo destinate alla formazione dei monaci; vi sono però dei monasteri che mantengono delle scuole che possono essere frequentate da studenti laici. È il caso ad esempio del monastero di san Gallo in Svizzera. Le materie di studio erano in genere 7 ed erano chiamate arti liberali. Si studiavano la grammatica, la dialettica (l’arte cioè di ragionare) e la retorica (l’arte del parlare). Poi si aggiungevano aritmetica, geometria, musica ed astronomia. Oltre a queste materie c’erano gli studi di teologia e di diritto. L’OSPITALITA’ L’alto valore che i monaci attribuivano all’ospitalità (l’ospite è “come Cristo” secondo le parole della Regola) fece sì che i monasteri divennero un punto di riferimento sicuro per i pellegrini o per i vari viaggiatori che vi trovavano aiuto e protezione. Nei loro viaggi verso la Terrasanta, verso Roma o gli altri luoghi degni di venerazione (tra tutti ricordiamo Santiago de Compostela) i numerosi pellegrini sapevano di trovare nei numerosi monasteri che costellavano l’Europa un ristoro alle dure fatiche del viaggio e la risposta a qualsiasi necessità. Con questo lavoro immenso e minuzioso è stato offerto un prezioso contributo alla civiltà europea.

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I vostri commenti

Il laboratorio sul Medioevo alla Dante è stato interessante e anche divertente. Abbiamo condiviso un pomeriggio in buona compagnia, approfondendo costumi e arte. Abbiamo visto e ci siamo divertiti con le drammatizzazioni che avevamo preparato nei diversi gruppi, anche assaggiando i cibi tipici di quel tempo; che erano squisiti!!! Grazie a tutti per avermi permesso di vivere un bel momento, di parlare e pensare in italiano. Saluti Monica

È stato molto divertente il laboratorio del medioevo italiano!mi è piaciuto molto partecipare a quello sui miti e le leggende e imparare tanto sulle streghe! Mi è piaciuto anche il laboratorio di cucina… E, soprattutto, l’arista di maiale! Era buonissima! Nacho, Martedì 19,30-22,00

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UNA SERA NEL MEDIOEVO Il 31 Agosto alla Dante di Ramos Mejia abbiamo ricreato il medioevo insieme a tutti i nostri compagni dei diversi liveli. Iniziando con bellissimi giochi di carte simile ai tarocchi, dove ognuno prediceva il futuro oppure quello che vedeva nella carta scelta. Inoltre c’erano rompicapi e giochi di mira per far crollare i castelli. Dopo ci siamo divisi per due ore in tre gruppi per fare la produzione di ogni laboratorio. Io ho partecipato a quello di cucina e ho fatto l’antipasto con altri 7 compagni. I ll nostro piatto era SFORMATO DI ZUCCHINE, poiché la ricetta era semplice abbiamo fatto poco ognuno e dopo abbiamo giocato con le carte, un gioco che non conoscevo prima. Sebbene non abbia cucinato gli altri piatti, ho visto come fare il bisò. In questo laboratorio mi sono rincontrata con due compagne del livelo B1 e ho conosciuto altre compagne. Alla fine nello scambio di i tutti lavori, la rappresentazione dei laboratori di arte e storia è stata divertentissima, anche il ballo e le storie centrali in cui c’erano le streghe. I l lavoro di riprodurre il vetro ma con altro materiale è stato magnifico e il segnalibri che mi hanno regalato è molto utile. Secondo me i piatti della cucina erano buonissimi, soprattutto I PERCEDDHUZZI. Io non lo conoscevo ma adesso li farò a casa mia. Eva

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Sabato 31 agosto, nella Dante, si sono svolti i laboratori. Tutti hanno affrontato temi diversi del Medioevo. Abbiamo fatto diverse attività. Prima sono stati organizzati dei giochi come: “distruggere il castello”, i tarocchi con le carte che contenevano immagini d’ opere d’ arte e il puzzle. Dopo i giochi, ogni gruppo faceva il laboratorio in cui si era registrato. Quando abbiamo finito ciò che ogni laboratorio doveva fare, siamo andati tutti insieme al sum e ogni gruppo ha presentato ciò che aveva fatto in laboratorio. Prima ci hanno narrato la storia delle vetrate colorate e dei cavalieri templari. Dopo abbiamo visto un’ opera di teatro che raccontava i miti e le leggende del medioevo sulle streghe. Alla fine abbiamo apparecchiato due belle tavole con tutte le delizie che abbiamo cucinato: dei pani fritti con diversi patè, delle torte di zucchine, dei purcheddruzzi, delle ariste di maiale e del vino cotto. Abbiamo imparato, abbiamo mangiato, abbiamo bevuto il vino e alcune bibite. ci siamo divertiti. Mi è sembrata una gionata molto divertente e utile, sia per esercitare la lingua, sia per parlare e condividere con studenti di altri corsi e con altri insegnanti. Adriana, A1, sabato

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ADELE PER UN GIORNO: Alla Dante si impara sempre con molta passione!, E, una volta all’anno si fà questo incontro chiamato “laboratorio” e l’inspirazione è l’epoca del medioevo. Tra giochi e diversi laboratori da scegliere dove ho scelto di partecipare in arte nel quale ho dovuto interpretare all’Adele del monastero conosciuto come Padre Superiore oppure Padre Tenebroso…tra risate e gioia ognuno di noi ha potuto interpretare una bellissima opera teatrale con i professori Marco e Silvia che ci hanno aiutato con i testi e i diversi ruoli. Il risultato…meraviglioso!! Conoscendo persone, parlando l’italiano e trasmettendo l’amore e la passione per la lingua. Alla fine tutti abbiamo visto i lavori degli altri, sempre con l’intenzione di imparare qualcosa nuova e goderci la giornata con tutti gli studenti della Dante Viale Barbara

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È stato un sabato diverso, il laboratorio italiano sul medioevo ha riunito molte persone. All’inizio c’erano giochi dell’epoca e tutti abbiamo partecipato! Quindi ci siamo divisi in gruppo, ciascuno per svolgere un’attività diversa. Con Antonio (B2) abbiamo scelto il gruppo di miti e leggende: abbiamo letto di streghe e di credenze del Medioevo. Abbiamo fatto una piccola rappresentazione per mostrare ciò che avevamo imparato. Alcuni erano presentatori, altre streghe, altri monaci, altre vittime delle streghe! Ci siamo divertiti molto a creare i costumi. È stata un’attività molto piacevole. Tutti abbiamo imparato dagli altri, c’erano cibo, storia e arte. Grazie per l’invito! vogliamo più attività così !!! Dalila A1 - Ramos Sabato pomeriggio

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ricette medievali

Il Pancristiano Durante il Medioevo si offriva ai tanti pellegrini che percorrevano la via Romea o la via Francigena. La gente di buon cuore, usava sfamare i viandanti con un piatto che veniva chiamato Pancristiano, in quanto pane donato in nome della carità di Cristo. Il Pancristiano, chiamato anche Pane Santo, altro non è, che una fetta di pane raffermo, passata prima nel latte, per far sì che il pane si ammorbidisca, poi bagnata nell’uovo sbattuto e poi fritta nello strutto – anche se noi la friggiamo nell’olio – per renderla meno pesante. In Calabria, ancora oggi viene tramandata questa ricetta, come in molte altre regioni d’Italia, fino anche in Toscana. Ingredienti: fette di pane raffermo – latte – uova – sale – olio extravergine di oliva Il Pancristiano durante il Medioevo si offriva ai tanti pellegrini che percorrevano la via Romea o la via Francigena. La gente di buon cuore, usava sfamare i viandanti con un piatto che veniva chiamato Pancristiano, in quanto pane donato in nome della carità di Cristo. Il Pancristiano, chiamato anche Pane Santo, altro non è, che una fetta di pane raffermo, passata prima nel latte, per far sì che il pane si ammorbidisca, poi bagnata nell’uovo sbattuto e poi fritta nello strutto – anche se noi la friggiamo nell’olio – per renderla meno pesante. Pausa Caffè - Rivista della Dante Alighieri di Ramos Mejía e Ituzaingó

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In Calabria, ancora oggi viene tramandata questa ricetta, come in molte altre regioni d’Italia, fino anche in Toscana. La mia bisnonna per esempio, usava fare una pietanza molto simile, con fette di pane fresco tuffate direttamente nell’uovo sbattuto e fritte in olio di oliva: “Il pane fritto nell’uovo”. Ingredienti: fette di pane raffermo – latte – uova – sale – olio extravergine di oliva Preparazione del pancristiano: Sbattete le uova con un pizzico di sale, passando le fette di pane raffermo nel latte freddo, così che possano ammorbidirsi. Poi bagnatele completamente nell’uovo sbattuto. Prendete una padella e mettetevi abbondante olio extravergine di olio, quando sarà bello caldo, friggetevi il pancristiano da entrambi i lati.

Le fette diventeranno così morbide, soprattutto nella parte centrale della mollica e di un colore dorato. Posatele su della carta assorbente da cucina per perdere l’olio in eccesso e mangiatele subito, quando ancora sono calde.

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salsa di pane Si tratta di una salsa facile, di netta origine anglosassone che si vede molto facilmente sulle tavole d’Oltremanica a Natale. Ingredienti 300 grammi di pane (possibilmente scondito e ottenuto con lievito madre) 2 scalogni tritati (o anche una piccola cipolla bianca o dorata) 2 rametti di timo una foglia di alloro 8 grani di pepe nero 100 millilitri di vino bianco 500 millilitri di brodo di verdure o di pollo 500 millilitri di latte intero 2 chiodi di garofano 2 cucchiaio di olio 2 noci di burro (4 cucchiaio di panna fresca e una spolverata di noce moscata: facoltativi) Preparazione Tagliare il pane a cubetti e farli tostare in forno. Unire in un tegame il brodo, il latte, i chiodi di garofano, la foglia di alloro e i grani di pepe e portare il tutto ad ebollizione. Separatamente, sbucciare e tritare gli scalogni (o la cipolla) e farli rosolaPausa Caffè - Rivista della Dante Alighieri di Ramos Mejía e Ituzaingó

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re insieme al timo in qualche cucchiaio di olio e un paio di noci di burro per qualche minuto. Aggiungere il pane cubettato e sfumare con il vino bianco. Una volta che tutto l’alcool sarà evaporato, unire anche l’infuso di brodo e latte debitamente privato degli odori. Dopo che il tutto avrà ripreso l’ebollizione, ritirare dal fuoco e frullare con il frullatore ad immersione. Regolare di consistenza prolungando la cottura se risultasse troppo lenta o aggiungendo brodo o latte se invece risultasse troppo densa. Nota: questa salsa può essere resa più cremosa aggiungendo 4 cucchiai di panna fresca e aromatizzata con una grattatina di noce moscata. Utilizzo della Salsa di Pane Questa salsa è davvero un bel jolly per qualsiasi cosa si abbia nel piatto: Accompagna patate bollite, cavolini, cavolfiore, zucchine lessate, asparagi e carciofi al vapore, … E’ perfetta insieme a carni grigliate (sia bianche che rosse … e anche di maiale come la salsiccia) E’ letto per paste delicate come quelle al pesce (chitarrine alle seppie o ai calamaretti…

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Arista di maiale arrosto La ricetta proviene dal Forme of cury, ricettario inglese del XIV secolo, scritto dai cuochi di corte di re Riccardo II. E’ piuttosto simile all’arrosto di maiale cotto nel vino di Apicio (vedi). Perfino le spezie principali sono le stesse. Coincidenza o ripresa volontaria? Ciò che la differenzia maggiormente, e che segna la diversa epoca, è l’assenza del garum e l’uso dell’aglio, che certamente era presente nella cucina romana, ma considerato proprio delle mense del popolo o degli antenati, saggi ma rozzi. Non a caso è quasi assente nelle ricette di Apicio. Certo, anche alcuni nobili lo amavano, come Mecenate (il celebre protettore di letterati), ma questi finì vittima di una satira di Orazio, essendo reo di aver servito al poeta una pietanza troppo agliata. Del resto l’assafetida usata da Apicio (da me sostituita con cipolla soffritta), se è più da ricchi, di certo non è più profumata, dunque l’effetto è simile. Ingredienti per 4 persone: 1 arista di maiale da 1,5 kg; Un quarto di litro di vino rosso; 1 dl di brodo di carne; 4 spicchi d’aglio schiacciati; 1 cucchiaino di coriandolo tritato; 1 cucchiaino di cumino tritato; 1 cucchiaino di pepe macinato; Sale.

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In un recipiente preparare una marinata col vino, l’aglio e le spezie. Pungere la carne con un coltello, per far penetrare meglio i sapori, salarla e metterla nella marinata. Coprire con pellicola trasparente, mettere in frigo e lasciar riposare tutta notte. Il giorno dopo cuocere l’arrosto in forno col suo sughetto per un’ora e mezza circa a 200° C, bagnandolo spesso. Poi affettare la carne e tenerla in caldo. Aggiungere il brodo al sugo e scaldare sul fornello. Servire le fette di carne bagnate col sugo.

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sformato di zucchine L’Antipasto caratterizza la tradizione gastronomica italiana: già nell’antica Roma troviamo testimonianze legate al “gustatio“. Si trattava di un vero e proprio antipasto, che preludeva a pietanze più sostanziose, composto soprattutto da verdure, accompagnate da salse di vario genere. Nel Medioevo Una delle portate che potevano essere servite come antipasti nei banchetti medievali sono le torte verdi accompagnate da salsa di pane e crostini con porri e pane o dei purè a base di piselli o lenticchie. INGREDIENTI: 800 gr di zucchine 2 cucchiai di farina mezzo cucchiaio di sale pepe prezzemolo tritato ( una manciata) aglio (fettina tritata) 6 manciate di pangrattato 2 cucchiai di olio di oliva pugliese olio di semi di soia per la teglia 5 uova 100 gr di parmigiano reggiano

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Per prima cosa bisogna tagliare le zucchine alla julienne; Aggiungete le 5 uova e mescolate; Aggiungete mezzo cucchiaio di sale, il parmigiano, la farina, il prezzemolo, l’aglio, il pepe e l’olio; Mettete l’olio di semi di soia e il pangrattato e nella teglia e versateci dentro il composto ottenuto. Compattate con la mano e metteteci sopra il pangrattato; Infornate a 220 gradi con forno statico. Cuocerà per 35 minuti Servitelo dopo 20 minuti per farlo asciugare altrimenti si rompe quando lo tagliate

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Aspettiamo le vostre storie, i vostri commenti... la rivista della Dante è lo spazio di tutti gli alunni :) Parlate con il vostro prof o la vostra prof per partecipare a questa avventura in italiano!!

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