Numero Tre

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giovedì 3 luglio 2008 anno secondo numero 3

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laboratorio08.wordpress.com

Verso nuovi paesaggi? Incontro Manuel Gausa Navarro (Actar) e Benedetta Tagliabue (embt)

Dopo le 16:50 l’auditorium comincia a riempirsi. Per qualche minuto si è temuto che le poche persone presenti in sala fossero le uniche interessate al dibattito invece, all’ingresso dei due “protagonisti” segue un gran numero di partecipanti. Gli studenti si sono fatti incuriosire. Non sbaglia il preside Giancarlo Carnevale: «incontri del genere rappresentano irrinunciabili opportunità di confronto e di conoscenza». Due personaggi, due metodi differenti di affrontare il progetto di architettura, tanti punti in comune; quello di Manuel Gausa Navarro e Benedetta Tagliabue non è un testa a testa, tutt’altro. Fra città, tempo e trasformazioni, l’oggetto della riflessione sarà il loro modo di “fare paesaggio”. Diversi sono gli interrogativi riferiti al paesaggio: Quali sono i suoi segni? In che modo vanno letti? Qual è e quale dovrebbe essere la nostra sensibilità? Manuel Gausa parte dalla constatazione che, nel corso degli ultimi trent’anni, l’interesse nei confronti di certi argomenti è nato,è cresciuto e si è sviluppato rapidamente. L’idea che esistano relazioni tra città e territorio, tra architettura e geografia è stata fondamentale per una rinnovata capacità di pensare al paesaggio. La logica odierna, interattiva e di interscambio, spinge tale rifles-

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sione verso le frontiere di un orizzonte dinamico e complesso. Esistono situazioni che si possono definire di “nuova natura” all’interno delle quali l’incontro fra l’oggetto e il suo intorno è valore imprescindibile. Nulla come l’intreccio delle dita di due mani potrebbe rendere meglio questo principio. L’idea comincia a prendere forma e il paesaggio diviene uno scenario aperto e “manipolato”; non è un gioco di parole ma la presa di coscienza che ciò che circonda l’architettura e, a maggior ragione, l’architettura stessa sono spazio da comporre e modellare. In altri termini: «Non si tratta di riflettere su un’architettura del paesaggio, ma sull’architettura-paesaggio». Attraverso quest’ottica, Gausa ci fa leggere alcuni dei suoi progetti. Un’immersione in Barcellona, Forte Ventura, nella complessa geografia catalana. Parla della geo-polis, città caratterizzata da un sistema di interazione costante, all’interno della quale pieno e vuoto giocano un ruolo fondamentale. Spesso la situazione è confusa, a volte incontrollata e ricercare un ordine non vuol dire avere la pretesa di raggiungerne il controllo. Ciò che sembra corretto fare è, ancora una volta, unire volume, superficie e linea: architettura, paesaggio ed infrastrutture. L’intreccio degli elementi può avveni-

re anche alla scala dell’edificio, in modo tale che diventi un paesaggio sul paesaggio. Benedetta Tagliabue esordisce: «Paesaggio sono tutte le architetture». La figura dell’architetto è sempre stata universale ed il tema del paesaggio è parte della sua formazione. Lavorare sui temi del landscape per lo studio EMBT significa inserirsi in realtà urbane consolidate e modificare la situazione esistente attraverso la progettazione di piazze, parchi, edifici. Il primo esempio, la riqualificazione dell’antico porto di Amburgo, si pone l’obiettivo di ricondurre una realtà industriale ad una scala umana. Trasformare un luogo concepito per le navi affinché diventi a misura di cittadino rendendolo “facile” e “riconoscibile”. Piazze galleggianti e darsene abitate ridisegnano un nuovo frammento del centro storico, dove le maree giocano un ruolo fondamentale. Stralci di città ed edifici-paesaggio. Ad Edimburgo Benedetta Tagliabue ci mostra il progetto del nuovo Parlamento che, a suo parere, è il migliore risultato di questa ricerca: grazie alle nuove dinamiche e alle relazioni che attraverso di esso si instaurano con la città, l’intervento si riconosce quale vero e proprio paesaggio urbano. Le immagini sono eloquenti: ad Edimburgo, a Cesena, a Padova, a Bar-

cellona, a Katmandu o a Shangai, colori e linee, materiali e composizione parlano della ricerca di forme e funzioni integrate con l’ambiente. Se c’è una nuova piazza, un parco, un’apertura la città è finalmente “offerta alla gente” e il paesaggio diventa “sociale”. Ferrovia e strada, mare e montagna devono entrare a far parte di un unico disegno. Manuel Gausa, uomo schietto e dal temperamento allegro, rimane affascinato dal lavoro della sua deuteragonista. Confessa di avere un approccio diverso, che segue degli schemi precisi, molto più concettuali; tuttavia la sensualità che si respira nelle realizzazioni di Benedetta Tagliabue lo incanta, al punto da renderlo «geloso della sua capacità di immaginare il mondo». Ma dopo tutto, è pur sempre vero che «l’architettura può e deve essere come i quattro moschettieri: uno più melanconico, uno più simpatico, uno più rigoroso, uno più intellettuale…» Le similitudini che li legano alla fine sono tante: una stessa ricerca, un mondo comune, l’influenza esercitata dalla spirito della Spagna. Il rigore dell’uno si specchia nel dinamismo fluido dell’altra, il denominatore comune è la capacità di progettare la concretezza.

Intelligenza naturale vs stupidità artificiale

Nicoletta Petralla

MM

Raccontava Andrea Camilleri in una recente comparsa televisiva nella rubrica di Fabio Fazio, Che tempo che fa, quanto questo “attrezzo” sia dispettoso e talora anche impertinente, dal momento che continuava a correggergli tutte le parole che scriveva, con automatismi incontrollabili. Pagine intere risultavano sottolineate in rosso e verde (sappiamo bene che “Word” pretende costantemente di insegnarci grammatica, sintassi e ortografia) mentre le frasi cambiavano di senso. È successo anche a noi con alcuni cognomi del numero zero, proprio nell’ultima pagina, o di alcuni “corsivi” che si tramutano in “tondi” confondendo, in un’intervista, domande con risposte. Pazienza… ci guarderemo anche da queste piccole insidie, disattiveremo ogni forma di correttore, preferendo l’errore umano (naturale) a quello dell’intelligenza artificiale…

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Al buio si trova Intervista a Carlos Campos Analogico e digitale: cosa significano per lei? Analogico si contrappone a digitale. Analogico = continuo, non discreto. Digitale = discontinuo, discreto. Un segnale è analogico quando c’è continuità referente. Un segnale è digitale quando questa continuità è distrutta. Analogico è spaziale, di dettaglio, fotografico, di collage, di clip, emozionale, visivo, della linea, della pianta, spiegabile, dell’oggetto finito. Digitale è temporale, verbale, della parola, della sezione, metaforico, descrittivo, teorico, del programma, del software. Due forme di espressione, due modi di fare cultura: l’uno arcaico, corporale, cinetico, ancestrale, l’altro inteso come codifica della comunicazione. L’architettura è un sistema complesso che funziona in analogico e in digitale. Che relazione esiste tra i diversi strumenti della rappresentazione (disegno manuale e CAD) e il binomio analogico/digitale? Il problema di disegnare a mano o con il computer non è un problema di digitalizzazione e analogia: non esiste nessun sistema puramente analogico o digitale. Il computer, ad esempio, presenta un’interfaccia analogica per comunicare, cioè lo schermo, ma il software viene associato al digitale. Le parole, invece, sono digitali, perché sono convenzionali. Quando si disegna a mano è possibile scegliere tra analogico e digitale ma siamo prevalentemente attenti all’aspetto analogico. La seconda settimana del corso mira alla ricerca di un procedimento progettuale: digitale e analogico sono meccanismi diversi che producono risultati diversi, ma è il meccanismo che dà il risultato. Cosa disegna per noi? Mi piace molto disegnare. Disegno Piazza San Marco, in particolare la Biblioteca Marciana di Sansovino, un’architettura che considero molto interessante per il ritmo pieno-vuoto, luce-ombra: gli archi bianchi definiscono delle figure oscure, dominate dalle chiavi di volta. Lo spazio buio è niente, ma non può mancare. Lei ha insegnato in diversi paesi oltre che in Italia. Quali peculiarità ha riscontrato nell’approccio alla didattica da parte degli studenti? Ho insegnato negli USA, in Argentina, a Vicenza... Non tutti condividono il mio pensiero: mi hanno chiamato dall’America proprio per imparare da un modo diverso di pensare. Qui in Italia c’è una particolare curiosità verso la diversità del pensiero, gli studenti fanno domande interessanti su ciò che non conoscono. «Cercar che giova? Al buio non si trova. Ma per fortuna è una notte di luna, e qui la luna l’abbiamo vicina...» dice Rodolfo della Bohéme di Puccini. E invece al buio si trova eccome! Una caratteristica del nostro tempo deve essere la scoperta di ciò che è oscuro, dobbiamo imparare quello che non sappiamo fare, per una ricerca sempre, sempre più grande. Architettura e musica sono connesse? La progettazione in architettura è legata alla composizione nella musica contemporanea. È necessario trovare quel punto digitale sintattico tra composizione e progetto. È come il gioco della marionetta: gli studenti non devono guardarla da lontano e rimanerne solo affascinati, ma devono osservare da vicino come viene mossa: un meccanismo sintattico, di relazione, che è capace di riprodurre un’astrazione. Per il pubblico è importante l’effetto, ciò che appare; per l’architetto è importante il meccanismo, ciò che muove. Uno stesso meccanismo produce progetto in architettura e composizione in musica. Architettura e musica sono come camminare avanti e indietro, questo è sintassi. Laura Scala

Architettura, un amore ereditario Intervista a Adalberto Dias Arriva un po’ trafelato il docente del workshop intitolato Costruire nei limiti e subito è disponibilissimo a rispondere alle nostre domande, nonostante l’italiano con inflessioni lusitane (anche se lui preferisce definirla “lingua Erasmus”) e il tono di voce basso a causa del mal di gola. Tanto gentile da sorridere all’osservazione sull’esito dei campionati europei di calcio. Anche quest’anno non manca l’appuntamento con il workshop Iuav. Venezia, per ritmi e stili di vita, è diversa da ogni altra città. Che influenze ha avuto nei suoi confronti? È un’onore per me essere stato invitato anche quest’anno in una delle università più importanti d’Europa per quel che riguarda l’Architettura. L’anno scorso l’argomento del corso era la trasformazione di un’area industriale dismessa in una zona di sviluppo e dotata di enormi potenzialità. Un tema troppo difficile, un po’ perché il tempo per declinarlo nel migliore dei modi era poco e un po’ per le difficoltà che gli studenti del primo e secondo anno incontrano ancora nella rappresentazione e nella stesura del progetto. Le risposte che abbiamo ottenuto dagli studenti sono state comunque sorprendenti. Quest’anno credo che il tema sia più adeguato alla città di Venezia e alla presenza dell’acqua che fa da sfondo. Si cercherà una soluzione compositiva per piccole abitazioni che andranno a formare un complesso residenziale. La sfida è riuscire a costruire qualcosa di innovativo in una città come Venezia che ha ormai

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una propria identità consolidata. C’è un maestro particolare al quale si ispira o al quale fa riferimento? Porto è, analogamente a Venezia, sede di una Scuola di riferimento per l’architettura europea e durante i miei studi ho avuto grandi maestri portoghesi che mi hanno permesso di vedere il progetto in una forma diversa. Nella mia esperienza non c’è un vero punto di riferimento, credo che l’architettura debba nascere dalle nostre esigenze e dai nostri desideri. L’unico caso in cui possiamo fare riferimento ad un maestro è quando dobbiamo risolvere problemi progettuali. A quale dei suoi progetti è più legato? Amo tutti i miei progetti perché nascono tutti con lo stesso amore e dalle stesse conoscenze. Naturalmente sono tutti diversi tra loro perché hanno preso forma dalle più svariate esigenze in termini di spazio, luogo, committenza, disponibilità economica. Non dobbiamo pensare ai progetti come fatto individuale; nascono da collaborazioni collettive per cui alcuni si sono evoluti in maniera più tranquilla, altri più complessa. Quale consiglio darebbe ad un giovane che vuole diventare architetto? Gli direi che ha scelto la più bella e antica professione e che per questo ha una grande responsabilità, deve cercare di assaporare l’essenza dell’architettura e cogliere il denominatore comune della storia di questa arte perché solo in tal modo avrà le capacità per proseguire. Cosa sognava Dias da bambino? E oggi?

Sono figlio di un architetto e pertanto sono cresciuto in un ambiente familiare in cui l’unica mia prospettiva era quella di diventare architetto, non ho mai pensato ad altro. Il mio sogno ora è continuare a farlo, con la consapevolezza che diventa ogni giorno più difficile: penso che l’architettura inizi a perdere qualcosa. E cosa mi dice dei cugini spagnoli che hanno vinto l’europeo? Ha vinto il migliore. Quando si arriva ad un determinato livello non è più possibile commettere alcun errore. Lo stesso vale per l’architettura. Luca Stefanet

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Elementi di poesia costruttiva Per quale motivo avete deciso di chiamare lo studio 5+1? AF Inizialmente si trattava di identificare la caratteristica del nostro gruppo, formato da cinque ragazzi e da una ragazza. In realtà il nome racchiude la volontà di affrontare il progetto attraverso un lavoro di gruppo nel quale il dialogo ed il confronto caratterizzano un percorso comune. Per questo motivo spesso coinvolgiamo ospiti e collaboratori esterni con cui rapportarci: si hanno più soddisfazioni quando non si è da soli. GP I risultati migliori infatti sono quelli nati da incontri. Questa è un’importante lezione da trasmettere. Il gruppo offre maggiore ricchezza strumentale. A tale proposito, com’è il vostro rapporto con Rudy Ricciotti, con cui avete collaborato nella progettazione del nuovo Palazzo del cinema al Lido di Venezia? GP È una questione di umanità. Un sentimento viscerale che coinvolge cuore, fegato e stomaco e che permette di fare emergere condividere emozioni forti.

AF Ciò che fa la differenza è l’affetto: oggi si assiste ad una decadenza complessiva dei sentimenti dovuta ad una perdita di contatto con la realtà. GP Da questo la nostra idea di “urbanistica sentimentale”. Oggi ciò che occorre comunicare è la poetica, l’umanità e il sentimento. AF In un mondo come quello di oggi, in cui i nuovi mezzi di comunicazione ci hanno reso più vicini, paradossalmente ci siamo allontanati da un punto di vista emotivo. Come conciliare, in così poco tempo, la profondità del sentimento con la fisicità di un progetto? GP In realtà l’aspetto sentimentale è quello fisico. I sentimenti non sono da intendere in termini esclusivamente teorici poiché sono ciò da cui l’architettura attinge per comunicare, modificare la realtà. AF È dovere dell’architetto lavorare con responsabilità. Ogni architettura, bella o brutta che sia, trasforma la realtà, ma solo se un lavoro è eseguito e pensato consapevolmente innescherà cambiamenti positivi. Nel caso del Palazzo del Cinema abbiamo cercato di

sentire la “solitudine” del Lido come una ricchezza, creando quindi una relazione specifica con il luogo. GP Oggi il più grande nemico dell’architettura, così come della società, è il cinismo. È la reazione più semplice nel momento in cui l’architetto riconosce che ‘’tanto la gente non mi capisce’’, ma così facendo rinuncia a sogni ed originalità per adattarsi ad un’omologazione generale. È la malattia più diffusa, specie in Italia. Per sfuggirvi occorre partire dal senso di responsabilità. AF In realtà non è una problematica solo italiana. Diciamo che l’Italia è uno dei paesi che ne risente di più poiché non è in grado di percepire le problematiche relative ai processi culturali. Ciò che viene prodotto sono episodi frammentati, in architettura come in politica. In entrambi gli ambiti ci sarebbe la possibilità e il dovere di cambiare il mondo, ciascuno con l’aiuto dell’altro, ma in nessuno dei due sembra esserci tale consapevolezza, né la volontà. GP L’obiettivo è conseguire piccoli progressi quotidiani, in vista di un

Intervista a Alfonso Femia e Gianluca Peluffo (5+1AA)

miglioramento futuro. AF L’architettura non viene più definita in termini di spazio ma solo di forma, come fosse un oggetto di design, svilendo il concetto di bellezza di cui dovrebbe essere portatrice. GP bisogna distinguere tra bellezza in quanto piacere e sensualità, e bellezza pornografica. La prima implica l’invenzione, e una difficoltà di comprensione maggiore, mentre la seconda, essendo più esplicita e semplice, risulta prevedibile e volgare. Il pubblico va quindi rieducato alla bellezza incoraggiando la costruzione “sentimentale”. Come può un giovane architetto appena laureato perseguire questi obiettivi da solo, date le premesse? AF Dipende da lui, e dal sistema. Deve essere ottimista ed avere fiducia nelle sue capacità senza timore di avere degli ideali. Non si tratta di egocentrismo: quando si vuole – e si deve – cambiare il mondo, occorre compiere scelte guidati dal senso di responsabilità. GP Fondamentali sono la solidarietà e la fratellanza, nonché l’energia e la

passione comune. Perché avete scelto proprio il Teatro del Mondo di Aldo Rossi come punto di partenza del vostro laboratorio? AF Il Teatro del Mondo è un dispositivo di percezione per capire la città. Innesca un processo di azione-reazione non superficiale e dimostra come un tema “giocoso” possa trasformarsi in qualcosa di serio. GP Il progetto scelto ha in sé malinconia e una forte componente personale. Non vogliamo ovviamente che gli studenti creino qualcosa di malinconico, piuttosto che venga messa a nudo la loro emotività e personalità prendendo coscienza di sé attraverso l’atto progettuale. AF Devono imparare all’università a liberare senza timore la propria coscienza, scoprendo architettura anche dove non c’è. Letizia Ferrari Mariaelena De Dominici

Libertà vigilata Intervista Fabrizio Fontana

Come nasce il tema dell’workshop? FF L’idea è nata da un tema a me caro, il rapporto che si instaura tra il professionista architetto e i primi interlocutori, posti in posizione giudicante: amministrazioni, sovrintendenze, commissioni edilizie, purtroppo lontani da una mentalità architettonica. Infatti, per quanto un progetto possa soddisfare il suo autore, il giudizio estetico è di per sé labile e sempre soggettivo. Lavoreremo sulla residenza: “la semplicità” del tema ci consentirà un rapido approdo alle questioni più pregnanti come l’involucro esterno, l’epidermide del manufatto, unico luogo di confronto e di scontro con le commissioni d’ornato e con i soggetti terzi. Se vogliamo vincere la battaglia contro tradizionalismi spesso travisati; un architetto sensibile verso l’ambiente non dovrebbe nemmeno essere giudicato da un organismo burocratizzato che, spesso, è talmente legato alla propria interpretazione delle tipicità dei luoghi da non riuscire ad aprirsi verso nuove interpretazioni. Il mondo si sta evolvendo, non si può costruire il “finto antico”, anzi dovremmo cercare di opporci con tutte le nostre forze agli ultimi rigurgiti di postmodernismo. Come architetti dovremmo essere spinti a progettare edifici moderni mantenendo la sensibilità nei confronti dell’ambiente circostante. Qual è la dialettica che si instaura tra architettura e Colli Euganei? FF Nei territori dove si colloca il sito di progetto, il Parco regionale dei Colli Euganei, l’architettura è molto

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semplice e caratterizzata da tre elementi fondamentali: il tetto a falde, la finestra piccola e il portico. Il metro di giudizio che identifica l’architettura di qualità, quindi, è inevitabilmente condizionato dalla loro presenza, nonostante si riferiscano a tipi edilizi e tecniche costruttivee ormai superate. Se Adamo ed Eva non avessero fatto la ca#*ata per cui li ricordiamo, l’uomo non proverebbe pudore e non avrebbe la necessità di nascondersi in una grotta. Io mi trovo bene all’aria aperta, la mia abitazione ideale sarebbe sopra un albero! Ci dev’essere una dialettica tra interno e esterno, il massimo sarebbe vivere dentro una glass-house, visto che ormai le attuali tecniche costruttive permettono di realizzare grandi vetrate che isolano ancora meglio della muratura tradizionale. Cosa si aspetta dagli studenti? FF Sono molto esigente, pretendo molto da loro perché pretendo molto da me stesso; sono il più grande dei rompiscatole perché sono convinto che si possa sempre fare qualcosa di più. Cos’è per lei l’architettura? FF Potrei risponderti in modo diverso ogni giorno, perché il mondo è in costante evoluzione. L’architettura è ciò che ci sta intorno, è frutto di compromessi, più sei abile nella gestione dei rapporti, maggiori possibilità hai di realizzare un’architettura di qualità. Dario Breggiè Elena Stellin

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Carlos Campos Carlos Campos, nasce a Buenos Aires nel 1963. Studia presso la Facoltà di Architettura, Disegno e Urbanistica dell’Università di Buenos Aires (FADU, UBA). Partecipa a numerosi concorsi locali e internazionali di architettura, disegno e letteratura, ottenendo importanti riconoscimenti e premi. Espone al Forum Universal de las Culturas di Barcelona nel 2004, alla Biennale di Architettura di Venezia (2004 e 2006) e alla Biennale di San Paolo nel 2005. È ordinario di Rappresentazione architettonica e insegna Disegno presso la Facoltà di Architettura di Buenos Aires. Ha insegnato Disegno architettonico al Corso di laurea e post laurea della Scuola di Architettura della Facoltà della Florida (Usa) nel 2007. Nel 2008 è docente di Disegno architettonico, rappresentazione e metodi all’Istituto di Architettura di Vicenza. Ha sviluppato il concetto di allestimento architettonico lavorando e studiando sia negli USA, sia in Argentina. Attualmente, è coordinatore dell’Area progettuale della FADU UBA. sviluppando la messa in scena la Puesta de Pas de Cinq, del musicista Mauricio Kagel. Nel 2007 pubblica il suo primo libro sulla metodologia progettuale, Prima dell’Idea. Suoi articoli e saggi

Piccoli Universi collaboratori Vinicio Bonometto, Elena Giacomello, Silvana Ovsejevich

Piccoli Universi è un programma intensivo di: attivazione di processi invece che di produzione di progetti; individuazione delle regole (pattern) generatrici di spazio nella città; preparazione dei campi d’astrazione. Analogico: spaziale, di dettaglio, fotografico, di collage, di clip, emozionale, visivo, della linea, della pianta, spiegabile, dell’oggetto finito. Digitale: temporale, verbale, della parola, della sezione, metaforico, descrittivo, teorico, del programma, del software. Alterazione, trasformazione, sostituzione, rinforzo delle regole – patterns – scoperti o anche creati dagli studenti (Fasce di Ridondanza) Struttura del corso Prima settimana: un alfabeto Questo esercizio, pure chiamato “Prima Traduzione”, avvicina gli studenti all’ordine che giace dietro le forme antiche. Si tratta di un’analisi contemporanea dell’ordine classico e della composizione tripartita. Scoperta della sintassi e creazione delle regole (pattern). Pratica: generare un diagramma composto da una organizzazione gerarchica delle lettere dell’alfabeto. Ognuna di queste lettere si riferisce ad un elemento architettonico effettivamente presente nell’edificio da analizzare. Seconda settimana: meccanismi e procedimenti Il corso sarà diviso in tre sezioni, ciascuna tratterà un meccanismo particolare. Questi sono: ripiegatura, scavatura e montaggio o costruzione. Questo esercizio, anche chiamato “Seconda Traduzione”, è basato sui processi

sono presenti in numerose riviste e pubblicazioni. Il suo interesse è orientato verso la musica (chitarra classica, clarinetto, composizione contemporanea). Disegnatore compulsivo si interessa, principalmente, alle tecniche del riciclo e della rivitalizzazione di oggetti d’uso quotidiano. Ha prodotto serie molto estese di disegni per la sua prima esposizione personale tenuta a Buenos Aires in giugno 2008. Il suo curriculum variegato è spesso amichevolmente criticato, per la sua attitudine alla divergenza, per la tendenza a intraprendere tutti i percorsi possibili e a comprendere tutti i meccanismi conosciuti, a pretendere di poter disporre tutto questo materiale nel palmo della mano.

elementari di trasformazione del materiale, con una speciale attenzione al trattamento delle continuità e delle discontinuità. Pratica: basata sul modulo sviluppato durante la prima settimana, lo studente deve scegliere un materiale con cui lavorare (carta, legno, gesso, materiale riciclato, strumenti digitali, suono, luce, ecc). Dopo avere scelto il materiale, questo dovrà essere articolato secondo il diagramma disegnato in precedenza. Il risultato di questo processo costruttivo è un oggetto nuovo, che include le leggi dello spazio analizzato. Terza settimana: performance urbana Questo esercizio, anche chiamato “Terza Traduzione”, tocca le similitudini, le differenze e le contraddizioni tra la percezione fisica dello spazio e la sua costruzione mentale. Pratica: gli studenti dovranno scegliere un luogo a Venezia e produrre, secondo azioni semplici ed economiche, una trasformazione dello spazio urbano, ottenendo il massimo significato. Si chiude cosi il ciclo del corso, agendo all’interno della complessità del sistema di segni che compongono la città, e aggiungendo a questa un nuovo modello, una nuova regola, un pattern, destinato alla creazione di oggetti nuovi, e di un nuovo senso.

Didattica gentile Arrivati al primo dei quattro siti in cui si articola il sopralluogo del laboratorio del professor Carlos Campos si comprendono la complessità e la difficoltà di organizzare un workshop. Una “imboscata” del Comune di Venezia ha spinto l’intraprendente docente argentino a spostare il luogo di progetto. Infatti i lavori di restauro e ricostruzione di un ponte antistante al campo dell’Abbazia, da poco iniziati, lo rendono inaccessibile. Il nuovo luogo scelto è il campo della Madonna dell’Orto, zona accessibile ma poco frequentata. Qui gli studenti iniziano una robusta campagna fotografica, concentrandosi in particolare, sulle facciate degli edifici, come indicato da assistenti e docente. I ragazzi rispondono attivamente portandosi anche all’interno della chiesa per fissarne i dettagli, il tutto all’ombra del cartello che vieta espressamente di scattare fotografie e che domina il grande portale di ingresso. Dopo una breve spiegazione sul programma delle settimane successive, si parte alla volta del secondo sito di ricerca, il mercato del pesce di Rialto, raggiunto grazie alle gondole-traghetto. A Rialto la grande folla che nor-

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malmente è presente si mescola nel caos del mercato ittico e ortofrutticolo. L’interesse del professor Campos è rivolto ai dettagli della struttura ma anche al complesso della zona del mercato. Nel frattempo il docente si presta con una buona dose di auto-ironia a farsi fotografare vicino ai banchi del pesce precisando di volersi sistemare vicino ad uno in particolare, il rombo, identificato come uno dei più strani. Successivamente, dopo aver vinto crisi protratte d’ilarità, ci incamminiamo verso il terzo sito di progetto, campo S. Francesco della Vigna. Durante il tragitto il caldo cominciava a farsi sentire, ma fortunatamente, arrivati a destinazione, i ragazzi hanno potuto rilassarsi e rinfrescarsi un po’. Ascoltando, alcune impressioni degli studenti è emerso, come già notato, il carisma del professor Campos, ma anche la coesione riscontrata nel gruppo, una coesione che è sfociata in certi casi nella formazione di alcune coppiette. L ‘ultimo sito di progetto, campo Bandiera e Moro (Bragora per i veneziani), un ampio spazio sul quale i ragazzi dovranno lavorare. Dopo le ultime informazioni sui vari luoghi visitati, la maggior parte degli stu-

denti comincia già a mettere a fuoco le proprie idee in relazione anche ai sopralluoghi effettuati. Da notare l’ enorme disponibilità degli assistenti e in particolar modo del docente responsabile del laboratorio che ci congeda ringraziandoci per l’attenzione dedicatagli dal «Giornale».

Giovanni Righetto

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Adalberto Dias Adalberto da Rocha Gonçalves Dias, nasce nel marzo 1953 a Porto, Portogallo. Si laurea in Architettura presso la Escola Superior de Belas Artes di Porto. Collabora con l’architetto Alvaro Siza dal 1971 al 1977. Dal 1977 esercita l’attività di libero professionista con studio a Porto. Realizza progetti e opere di abitazioni unifamiliare e collettiva (Aguda, Fão, Barcelos, Porto), progetti di recupero e riabilitazione di edifici (Porto, Povoa de Varzim, Lisbona), infrastrutture e servizi (Porto, Vila do Conde, Aveiro, S. João da Madeira, Viana do Castelo), alcuni dei quali premiati in concorsi. I suoi lavori sono stati pubblicati in libri e riviste specializzate, ha tenuto conferenze in Portogallo e all’estero, partecipando a mostre in Portogallo, Spagna, Francia, Italia e Giappone. È stato nominato per il premio Mies van der Rohe (1996), per il premio Iberfad (1996) e per il premio Secil (1998). È responsabile per il Recupero dell’Area Est A (Batalha) in occasione di Porto Capitale della Cultura 2001. È professore presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Porto.

Costruire nei Limiti Come le altre sacche esistenti a Venezia (Sessola, Fisola, San Biagio, ecc.), aree lagunari usate come depositi di materiali provenienti dagli scavi dei canali, o di detriti di demolizioni o costruzioni di edifici, anche la sacca della Misericordia era destinata ad essere completamente interrata negli anni Venti, e a costituirsi come un’altra isola autonoma e artificiale. Nella zona nord di Venezia, con San Michele e Murano nel suo orizzonte visuale, la Sacca della Misericordia, resiste ancora come piano d’acqua, parzialmente utilizzato come porto turistico. Di fronte all’inevitabilità di una nuova espansione, la trasformazione proposta è provocatoria: costruire nella sacca, con la sacca e con il piano d’acqua. Si tratta di costruire nei limiti del territorio, nei limiti dello spazio, nei limiti dell’architettura sospesa e

collaboratori Barbara Sandri, Andrea Smaniotto, Andrea Pestrello

dell’architettura appoggiata. Il tema è quello dell’abitazione individuale in un lotto lagunare, evidenziando la natura della nostra contemporaneitá e della specificitá del luogo, la sperimentazione della eccezionalità, del programma, della forma e della costruzione. Tutto misurato e dimensionato con la divina proporzione (proporzione aurea). Ci saranno momenti di lavoro di gruppo, senza prescindere dalla ricerca e partecipazione individuale di ciascun alunno. Occorre scegliere un modello o un riferimento adeguato al tema ed al luogo e trasformarlo nella ragione d’essere del progetto. Saranno messi a disposizione materiali di base e le informazioni necessarie allo sviluppo del lavoro; i progetti saranno presentati con tavole e modelli in scale adeguate.

Parafrasando Paul Valéry: da qualche parte, nella nostra mente, ci sono forme che attendono significati.

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Alfonso Femia e Gianluca Peluffo 5+1AA Alfonso Femia (1966) è professore alla KSU di Firenze e dal 2007 è professore a contratto di Progettazione architettonica nella Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara. Gianluca Peluffo (1966) è ricercatore presso la Facoltà di Architettura di Genova. Insieme, dal 2003, sono membri del Comitato scientifico e docenti al Masp di Lucca. Soci fondatori dello studio 5+1 a Genova nel 1995, nel 2005 creano 5+1AA che si confronta con la trasformazione e la descrizione della realtà e il superamento e la riaffermazione della città. Nel 2005 vincono, con Rudy Ricciotti, il concorso internazionale per il Nuovo Palazzo del Cinema di Venezia e aprono un atelier a Milano, luogo di sperimentazione e indagine sulla città contemporanea. Nel 2007 aprono un'agence a Parigi, nel 2008, sviluppano il Master Plan per l'area Fiorenza-Triulza e contribuiscono alla redazione del Master Plan per l'Expo 2015. Sono finalisti nei numerosi concorsi internazionali; espongono, sono pubblicati e tengono conferenze e lezioni in Italia e all'estero.

Programma sentimentale di lavoro collaboratori Emanuela Bartolini, Stefania Bracco, Sara Gottardo

I temi che affronteremo sono temi delicati, da aggredire con acrobatica creatività e innocente coraggio. Il primo tema è la Bellezza, intesa come creazione di un luogo, di uno spazio fra opposti, fra differenze radicali e apparentemente inconciliabili. Il secondo tema è l’Effimero, ovvero il quanto e il come il Tempo è in grado di costruire la Città nella sua essenza fisica e di Meraviglia. Il terzo tema è proprio la Meraviglia, intesa come strumento percettivo per entrare in contatto con la Realtà. Questi temi verranno affrontati progettando compagni di viaggio contemporanei per il Teatro del Mondo di Aldo Rossi (Biennale di Venezia 1980), all’interno di una idea di “Urbanistica sentimentale”. La sfida sarà quella di lavorare sulla solitudine e la malinconia senza celebrarle, introducendo al contrario tematiche come la fragilità e la velocità. Questi edifici provvisori galleggianti avranno una sede, un luogo stanziale di riposo, a Venezia o nella Laguna, e saranno pensati liberamente dagli studenti, immaginando architetture flottanti che saranno a cavallo fra le macchine da guerra romane e medioevali ed i palchi da concerto, il Bucintoro e la piattaforma petrolifera, l’architettura religiosa da processione e la macchina espositiva dei Giardini della Biennale, fra le Macchine inutili di Munari e il Rex di Fellini. E altro ancora, ovviamente. Verrà immaginato un percorso di movimento, in una precisa data dell’anno che sarà proposta dagli studenti per il suo significato simbolico, verso un punto di aggregazione di queste nuove parti di città che determineranno molteplici luoghi o possibilità formali di dialogo fra gli oggetti stessi ed il territorio veneziano.

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Fabrizio Fontana Fabrizio Fontana, nasce a Padova nel 1967, si laurea in architettura all’Iuav nel 1992. Lo stesso anno si trasferisce in Spagna, a Barcellona, dove lavora fino al 1994 occupandosi prevalentemente di architettura degli interni. Dal 1994 al 2001 collabora alla didattica in alcuni corsi di composizione e progettazione architettonica all’Iuav. Come correlatore esterno ha seguito studenti laureandi su temi di progettazione urbana e architettonica. Nel 1995 è tutor al seminario internazionale di progettazione, Una porta per le Alpi, svoltosi tra Longarone, Ponte nelle Alpi e Belluno e nel 2000 al seminario di progettazione Manovre di pragmatismo visionario, a Marghera (Ve). Dal 1996 al 2003 riveste la carica di consigliere dell’Associazione dei Giovani Architetti della Provincia di

Dialoghi difficili Dialoghi interrotti Malinconici monologhi collaboratori Mario Guerrasio, Gianluca Caputo

La realizzazione di un qualsiasi manufatto architettonico passa inevitabilmente attraverso la verifica dell’operato del progettista da parte di terzi. Quando il controllo concerne le caratteristiche prestazionali e/o attinenti l’incolumità e la salute delle persone o ancora il risparmio energetico, l’ergonomia, la funzionalità, la fisica tecnica e gli impianti, la statica e la scienza delle costruzioni, le verifiche risultano oggettive in quanto supportate da norme e da “statuti scientifici rigidi” (o abbastanza rigidi) di riferimento. Quando invece la verifica concerne i valori estetici, in Italia più che altrove l’architettura si dibatte il più delle volte non solo tra i vincoli posti dalle soprintendenze, ma anche i pareri dei “benpensanti”, generando veri e propri ostacoli alla concretizzazione del manufatto così come concepito dal progettista. Vicende anche recenti, come quella dell’Ara Pacis di Richard Meier a Roma, rappresentano solo la manifestazione eclatante ed emblematica di una serie infinita di situazioni analoghe presenti su tutto il territorio nazionale che vedono aperta l’annosa questione del rapporto tra paesaggio-bene-ambiente tutelati (e non) e il progetto. Una questione antica, delicata, articolata e talmente complessa che sia pur affrontata più e più volte risulta essere

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ancora aperta ed ingarbugliata. Il professionista tecnico non è certo esente da colpe e responsabilità in merito, ma riteniamo che probabilmente siano l’apparato burocratico-amministrativo tutto italiano e le regole del gioco sottese, non scritte o scritte in modo volutamente vago, a rendere vizioso il sistema: le difficoltà principali sono costituite soprattutto dai tempi lunghi di approvazione e realizzazione che sfociano il più delle volte in esiti formali incerti e costi moltiplicati. La battaglia, data per persa fin dall’inizio o nota come lunga e difficile, non viene spesso nemmeno iniziata costringendo alla resa incondizionata anche il più volenteroso dei progettisti. Chi è attento a quanto accade anche in paesi non così remoti è invece consapevole che l’architettura contemporanea e il rispetto del paesaggio anche tutelato possono convivere meravigliosamente ed anzi sostenersi a vicenda. I nostri riferimenti saranno costituiti da alcuni casi studio in cui la sensibilità del progettista e la lungimiranza del committente hanno reso possibile questo dialogo, questo confronto dialettico tra architettura contemporanea e ambiente naturalistico circostante, tra architettura contemporanea e architettura storica, tra manufatto e paesaggio tutelato. Circoscriveremo il tema del confronto

e della progettazione alla residenza ; la residenza di piccole-medie dimensioni. La semplicità (forse solo apparente) del tema ci consentirà un rapido approdo alle questioni più pregnanti: l’involucro esterno, l’epidermide del manufatto come luogo unico di confronto e di scontro con le commissioni di valutazione estetica, con i soggetti terzi. La messa in discussione degli stereotipi, degli elementi tipologici, dei materiali e dei colori ai quali spesso ci viene chiesto di attenerci scrupolosamente come se fossero condizione minima di garanzia di qualità dell’architettura. Il sito del confronto sarà all’interno del Parco Regionale dei Colli Euganei. Si lavorerà in gruppi costituiti da tre persone, obbligatoriamente eterogenee per anno di corso. Visti i tempi a disposizione, saranno indispensabili sia il rispetto degli step progettuali imposti dalla docenza che il numero e le dimensioni degli elaborati da preparare per la fine del workshop. Sarà consentito l’uso degli strumenti informatici, soprattutto per la predisposizione degli elaborati finali, ma sarà gradito l’uso dello schizzo a mano libera, il disegno a matita, l’uso dell’acquerello e la realizzazione di plastici di studio.

Padova, occupandosi della divulgazione della Giovane Architettura Europea. È di quegli anni l’organizzazione della mostra di giovani architetti della Carinzia, di giovani architetti Olandesi e di un concorso di progettazione urbana riservato a progettisti under 40. Dal 1994 è libero professionista iscritto all’Ordine degli Architetti, P.P. e C. della Provincia di Padova. Svolge attività professionale avvalendosi di collaborazioni interdisciplinari. Si occupa di architettura degli interni, pianificazione urbanistica, progettazione e ristrutturazione edilizia. Sensibile alle nuove interpretazioni del vivere contemporaneo cerca di coniugare l’innovazione e la sperimentazione tecnicoformale, con la tradizione, la durabilità e i costi. Suoi progetti sono comparsi in mostre in libri e riviste nazionali di settore.

Alla scoperta dei Colli Euganei Sopralluogo alle aree di progetto di F. Fontana Tra laghetti, colline e distese di verde comincia l’avventura guidata dal Prof. Fabrizio Fontana, alla scoperta di un’architettura diversa, immersa nella natura della campagna padovana. Circondati da monti e vigneti, incantati dalla magia di Arquà Petrarca giungiamo al lotto di progetto scelto per il corso. Qui il Prof. Fontana illustra il tema del suo workshop e regala già alcuni spunti ai suoi studenti. Dopo alcune riflessioni sulle norme da seguire, che costituiscono probabilmente la maggiore difficoltà del suo programma, “rincuora” i suoi ragazzi aggiungendo che se fosse stato uno studente non avrebbe scelto questo workshop. L’avere dei vincoli, dei limiti comporta un progetto preciso e studiato in dettaglio. Ripete più volte che l’architettura non deve essere costretta e appiattita su stereotipi perché il mondo è in continua evoluzione e noi architetti abbiamo l’obbligo di “stargli al passo”; approfondendo la conoscenza dei maestri contemporanei ai quali fare riferimento. Parla dei materiali del luogo usati fin dall’antichità, come la trachite, e del frequente impiego della pietra faccia a vista, invitando gli studenti a farne uso in chiave contemporanea. Il tema della residenza ripetuta, della casa a schiera, che egli definisce “fette di salame accostate”, è un po’ “birichino” poiché legato ad un universo quotidiano e pochi sono in genere gli stimoli a ripensare il tipo. Il workshop è un’occasione per confrontarsi, per imparare l’uno dall’altro e gli studenti hanno l’obbligo di rubarsi vicendevolmente le idee, compiere non “furti con scasso” ma furti consentiti: come direbbe il prof. Carnevale (ma come aveva già detto prima di lui Le Corbusier): “furti con destrezza”. Nonostante la difficoltà enunciate dal docente alcuni studenti hanno precisato che la loro scelta si è orientata su di un workshop che tratta di temi reali, assimilabili al lavoro che li attende in futuro e perché il luogo di progetto non è Venezia, divenuta ormai una consuetudine. La tappa successiva ci regala un incontro con Stefano Lovisetto, consigliere edilizio del Parco dei Colli Euganei, che ci racconta come studia il territo-

rio per introdurre soluzioni innovative sostenibili (come, ad esempio, pannelli fotovoltaici o come per sfruttare l’energia solare), tutelando l’ambiente e tenendo conto dell’importanza storica del paesaggio. Si è poi pranzato con tanto di abbuffata di panini, cortesemente offerti dal team organizzativo del Parco dei Colli Euganei, procedendo ad un allegro scambio di idee tra studenti, assistenti e professore. “Come ciliegina sulla torta”, ci annuncia poi il prof. Fontana, l’ultima tappa prevede la visita alla Villa dei Vescovi di Giovanni Maria Falconetto a Luvigliano, frazione di Torreglia, donata al FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) dalla famiglia Olcese. Seppure in fase di restauro, la villa si distingue per eleganza e per imponenza nel territorio circostante.

Elena Stellin

2-07-2008 21:27:51


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Giovedì 3 Luglio 2008

Servizio di copia, stampa e plottaggio

In cosa consiste il servizio? Il servizio offre fotocopiatura in A4 e A3, stampa e plottaggio in bianco e nero e a colori, di file in vari formati tra i quali Pdf, Dwg, Dxf e altri. Gli aventi titolo al servizio devono recarsi presso il Centro Stampa Quattroesse di Francesco Montellato, sito al piano terra della sede delle Terese, con il materiale da fotocopiare e/o i file da stampare e plottare su Cd, Dvd o pen drive Usb, dopo aver eseguito una scansione antivirus degli stessi. Presso il Centro Stampa si troverà l’assistenza necessaria: il gestore, di volta in volta, valuterà se sia possibile eseguire i servizi richiesti al momento o, diversamente, ne indicherà l’ora del ritiro. Ci sono limiti ai servizi che si possono richiedere? Sì. Per ogni workshop è fissato il limite di 650 (seicentocinquanta) Euro quale controvalore dei servizi richiesti alle tariffe praticate da Quattroesse. Superato questo limite, Quattroesse non è autorizzata ad erogare ulteriori servizi se non a pagamento diretto. Sono vietati: fotocopiatura di dispense, stampa di tesi e tesine ecc!! Chi può accedere al servizio e quali sono le procedure? Possono accedere al servizio i docenti titolari dei corsi intensivi, assistenti e tutor, oltre agli studenti purché espressamente autorizzati dal docente, assistente o tutor. Ogni corso dispone di un “foglio di credito”, conservato dal docente titolare, e in copia da Quattroesse, sul quale vengono annotati i servizi erogati e il loro controvalore in Euro. Chi chiede di accedere al servizio deve obbligatoriamente portare la copia del “foglio di credito” conservata dal docente, richiedere a Quattroesse l’annotazione e controfirmarla in modo leggibile. Il mancato rispetto di questa procedura comporta la sospensione immediata del servizio.

Giovedì 3 luglio 2008 Laboratorio08 Numero 3 Supplemento a Iuav-Giornale d’Istituto Registro stampa 1391 Tribunale di Venezia Direttore scientifico Marina Montuori Coordinamento di redazione Massimiliano Botti

3/7.7

Direttore artistico Enrico Camplani Coordinamento redazionale Luca Caratozzolo Elisa Pasqual

auditorium cotonificio Laboratorio interfacoltà Far/Fda Nell’ambito dei workshop estivi aa 2007-8 Far/Fda_Iuav

8 appuntamenti che contrappongono in una dialettica particolarmente vivace un architetto straniero e un architett italiano. 8 incontri aperti al pubblico, oltre che ai 1800 studenti dei Workshop 2008, che indagano gli orientamenti dell’architettura.

Giovedì 3 luglio ore 17 Verso nuovi usi? Peter Rich e Renato Nicolini Venerdì 4 luglio ore 17 Verso nuovi materiali? Carlos Campos e Aldo Cibic Lunedì 7 Luglio Verso nuove rappresentazioni? Debra Werblud e Franz Prati

Redazione testi e immagini studenti Far Roberta Boncompagni Dario Breggiè Mariaelena De Dominici Letizia Ferrari Francesco Leoni Caterina Mendolicchio Nicoletta Petralla Giovanni Righetto Laura Scala Luca Stefanet Elena Stellin Elena Verga Elena Zadra Redazione grafica studenti Fda Irene Bacchi Benito Condemi de Felice Elvira del Monaco Claudia De Angelis Maria Polverino Gabriele Rivoli Coordinamento multimediale Massimiliano Ciammaichella Ketty Brocca Redazione web video studenti Fda Ambra Arcangeli Enrico Ausiello Enrico Rudello online http://laboratorio08.wordpress.com email laboratorio08@iuav.edu Coordinamento generale Esther Giani

UNA SOCIETÀ DI FONC IÈRE DES RÉG IONS

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