11 15|07|08 anno 2
Indicazioni definitive per le mostre finali Anche quest’anno i workshop si concluderanno con le consuete mostre in aula che costituiscono il risultato tangibile di questa kermesse di metà luglio e che, non solo contribuiscono a rinsaldare la fama dell’Iuav in Italia e all’estero, ma rappresentano un grande contributo disciplinare sul piano qualitativo, mostrando panorami di declinazioni progettuali e di ricchezza immaginifica unici al mondo. Quasi duemila studenti, seguiti da più di trenta docenti di fama internazionale, coadiuvati da un numero di collaboratori che si aggira intorno alla settantina, offrono ai visitatori uno spettacolo paragonabile – e talora addirittura superiore – a quello delle Biennali di architettura. Un sistema pervasivo di elaborati anima la scuola, purtroppo per un lasso di tempo troppo breve. Gli esami, le lauree, costringono a smantellare rapidamente allestimenti pregevoli che meriterebbero ben altra audience. Quest’anno si è cercato di prolungare i tempi di esposizione al pubblico e si è pensato, inoltre, di realizzare una sorta di abstract dei prodotti di tutti i workshop, per mezzo di una mostra da tenersi in aula “Gino Valle” al primo piano del Cotonificio di Santa Marta. Ogni laboratorio, oltre all’allestimento della propria aula, dovrà confezionare un pannello (di base 90 cm per un’altezza di 45 cm) di sintesi del lavoro svolto, con fotografie, grafici o altro, il tutto liberamente impaginato, da posizionare nella parte verticale dell’espositore. Un ripiano orizzontale (di base 90 cm per un’altezza di 60 cm) potrà ospitare uno (o più) modelli o, in alternativa, un secondo pannello con altre immagini utili per la comprensione dei progetti. Possono qui trovare spazio brevi slogan solo se ritenuti significativi. N.B. i pannelli NON dovranno contenere le intestazioni del corso o cartigli che saranno unificati redazionalmente. Mercoledì 16, entro le ore 22, i responsabili dei workshop dovranno consegnare in aula H del Cotonificio i materiali predisposti su file in formato pdf a 200 dpi. La stampa sarà effettuata dal coordinamento dei workshop. La mostra servirà da promemoria di questa settima edizione dei workshop e resterà aperta al pubblico fino a martedì 22 luglio, per essere poi riproposta in autunno. Una giuria composta dal Rettore Iuav Carlo Magnani, dal Preside Far Giancarlo Carnevale, dal Rettore di Ca’ Foscari Pier Francesco Ghetti, da un rappresentante della Biennale di Venezia, dall’Amministratore delegato di Palazzo Grassi Monique Veaute, dall’assessore comunale Mara Rumiz, da Franco Miracco per la Regione Veneto e da un rappresentante della amministrazione provinciale, valuterà l’operato dei laboratori assegnando alcuni riconoscimenti, attestati, per i partecipanti, con dei diplomi di merito. M.M.
Laboratorio08 n_11.indd 1
Ciudad del Acontecimiento a Roma con Carlos Campos
Sabato 12 luglio, ore 10.40, l’Eurostar che parte da Venezia diretto a Roma Termini porta con sé Carlos Campos, un argentino gentile e appassionato che, con discrezione e precisa determinazione, si appresta a conquistare per una sera, con un piccolo manipolo di studenti, luoghi notevoli della nostra Capitale. Si viaggia tuttavia su treni diversi e la fase di preparazione, nonché gli ultimi accordi, rimangono ignoti ad alcuni di noi. Uno studente del corso edotto sul programma e sui suoi sviluppi condivide il nostro viaggio, ma non vuole dire nulla di quello che ci attende all’arrivo. È in “silenzio-stampa”. La curiosità aumenta mentre la distanza da Roma mano a mano diminuisce. Ore 16.10: arrivo alla stazione Termini. Ci accingiamo a proseguire l’inseguimento di Carlos. Un primo incontro è fissato per le 17.00 in piazza del Popolo sotto l’obelisco. Ci avviamo. Si fanno le 17.30, l’esercito che si era sparpagliato si raduna e attende; l’unico materiale che reca con sé è un pacchetto di piccoli pannelli di cartonlegno. Poco dopo Carlos arriva sotto un sole cocente, di bianco vestito, con la sua inseparabile borsa nera a tracolla, stivali Reebok (che definisce “speciali per camminare tanto”) e Silvana, sua vitale collaboratrice. La nostra attenzione viene subito catturata dalla comparsa di due ragazze ben note nell’ambito dei workshop di quest’anno. Sono Elena Rocchi e Francesca Ciprini, collaboratrici di Benedetta Tagliabue. Spionaggio inter-laboratorio? Uno scoop! Ma subitanea è la loro risposta che smentisce questa supposizione: «In realtà ci ha invitato Carlos a venire, dato che ci siamo laureate qui a Roma e conosciamo bene i luoghi». Venute meno le ipotesi più ferine, i dialoghi continuano e le informazioni arrivano piano piano, strappate agli allievi del laboratorio. A quanto pare Carlos ha già attuato delle performance di questo tipo in Florida, ovvero ai tempi in cui era studente. Le aveva chiamate Blue Line. Ma non riusciamo a sapere nulla di più, i ragazzi hanno davvero la bocca cucita. Si prova a persuadere Silvana che risponde: «Chiedi a Carlos no?» È davvero così facile? Sì. Finalmente, arrivando ai giardini del Pincio, mescolando italiano, inglese e spagnolo è Campos stesso ad illustrare le misteriose performance urbane che ha intenzione di realizzare al Pantheon. Vuole mettere in atto la Ciudad de Acontecimiento (Città dell’Accadimento), costruendo uno spazio nuovo senza azioni aggressive, utilizzando semplicemente l’esistente e seguendo un programma prestabilito. Gli ingredienti vengono preparati e miscelati secondo una sequenza di azioni prevista. Il materiale che si utilizza è uno strumento, ma l’attore principale è il corpo di chi progetta l’uso del luogo. Il risultato si chiarisce solo successivamente, osservando le mutazioni del contesto urbano che è composto dal costruito, dalla gente e dalle interazioni con questo dei corpi nello spazio. È infatti importante osservare le modificazioni dei manufatti e le reazioni di chi assiste, solo così il progettista potrà percepire veramente l’esito del proprio lavoro. Camminando per il Pincio si arriva a Villa Borghese. In un prato, una donna fa il mimo del cadavere sull’erba e tutti copiano le sue posture nell’attesa del tramonto, del momento fatidico dell’inizio del nostro vero spettacolo.
Arrivati al Pantheon, Carlos raduna tutto l’esercito, descrive l’effetto, descrive l’atto, descrive l’intorno e lo disegna con lo sguardo e guida gli astanti attraverso lo spazio della piazza fino al pronao del monumento. Il sole è tramontato, si accendono i lampioni, le finestre, le insegne, i faretti sugli edifici, le luci sotto al Pantheon non ancora, ma si accenderanno. Passa la cena col professore e comitiva, passa la birra con professore e comitiva ma le luci sotto al Pantheon rimangono spente! Un imprevisto. Un ingrediente della ricetta urbana manca. L’esercito si riunisce col comandante, che sfoggia immediatamente un piano B, “the show must go on”. Ecco quindi che secondo il nuovo disegno lo spettacolo si apre alla piazza. I ragazzi, che nessuno nota, coordinati da Campos si distribuiscono ognuno nei pressi di una colonna e silenziosamente stendono le braccia verso essa, chi verso l’alto, chi verso il basso, chi frontalmente e una serie di lampi azzurri di flash illumina dall’interno il cuore buio del colonnato dando forma di volta in volta a fasce verticali che prima non esistevano. Tra il pubblico radunatosi nella piazza la reazione non tarda: un ragazzino in bicicletta comincia a pedalare incuriosito nel colonnato tra i nostri studenti. Azione, Effetto, Reazione e quindi Realizzazione estemporanea del progetto. La prima prova è riuscita! Con un’azione economica lo spazio e il costruito sono stati modificati, forse poteva essere più efficace, ma nessuno si demoralizza, il capitano appassionato e coinvolto incoraggia. Si decide per una seconda prova. Ora i ragazzi tutti assieme si distribuiscono a caso per il porticato, ognuno nella propria mente tiene un ritmo preciso e dopo pochi secondi un’altra serie di lampi. Prima piccole esplosioni azzurre in tutto il pronao, fino a che il manipolo dei performer si raggruppa, discreto come prima, davanti al portale d’ingresso del Pantheon, scuro e sigillato, che però sotto l’effetto dei flash si spalanca, lasciando fuoriuscire un alone azzurro, quasi sacrale che di nuovo modifica l’edificio, ma in modo diverso dall’azione precedente e porta la gente a fermarsi ad osservare. È come se si costruisse un nuovo spazio con ingredienti analoghi, ma con presupposi differenti. Carlos insegna che l’architetto è il progettista costruttore. La squadra si unisce, discute, si compiace e si lamenta, ma Carlos è contento, niente “pive nel sacco”, qualcosa si è guadagnato, per cui tutta l’energia e soprattutto la sinergia, accumulate durante questo primo spettacolo andranno conservate per il gran finale veneziano! Così salutiamo la calda estate romana, spostandoci da una sponda all’altra del Tevere, rimirando la notte dei fori, delle rovine, delle costruzioni antiche, classiche, barocche, fasciste. Una sfilata architettonica, una sfilata di immagini antiche e di memorie nuove. La notte viene spenta dal giorno, si abbandona la città eterna, di cui ognuno possiede ora un pezzo, nella memoria, sulla pellicola o sulla carta di un taccuino da disegno come Carlos.
Interviste studenti p.2-3
Conferenza Tusnovics p.4
Case Galleggianti Silvia Dainese p.6
Roberta Boncompagni
14-07-2008 21:17:08
Workshop Tagliabue C’è ancora poco da fare per gli studenti dell’aula L2, sono quasi finiti infatti i plastici sui tavoli e gli studenti si trovano a discutere soltanto su insignificanti piccoli ritocchi. Il taglierino lascia spazio alla carta vetrata e alle limette che smussano gli spigoli più netti. I gruppi sono sciolti e riusciamo ad inserirci in una loro conversazione che ci permette di comprendere ancor meglio ciò che i ragazzi hanno vissuto in queste due settimane. Siete ormai in dirittura di arrivo? Cosa manca per terminare il lavoro? A. Siamo molto rilassati, ormai abbiamo concluso, ci stiamo soffermando sulle ultime cose che non ci convincono e stiamo cercando anche di finire un video. Un video? A Sì il nostro programma prevede oltre alla prefigurazione di una scenografia sviluppata con numerosi plastici a varie scale (fino all’1:10) la realizzazione di un montaggio video che riassuma il lavoro svolto e l’area in cui il progetto verrà inserito. È un progetto che, comunque, anche la professoressa Tagliabue sta portando parallelamente a termine nel proprio studio a Barcellona. Avete trovato interessante il programma del corso e il modo in cui è stato svolto, considerando che si tratta di un progetto di gruppo e non individuale? A La prima settimana è stata dedicata all’analisi del luogo, la seconda alla costruzione dei plastici e al gioco con gli
elementi, mentre la terza servirà a collegare i nostri sforzi, tutto viene poi tenuto saldamente insieme grazie ad una presentazione video. Ci è piaciuto molto e non mi sono pentito di aver fatto questa scelta. B La professoressa e gli assistenti hanno avuto il grande merito di rapportarsi con noi senza gerarchie, consigliando e non obbligando, parlando con noi alla pari; ci si è dati reciprocamente del tu. In questo modo il corso ha preso un andamento molto rilassante e ha permesso ai gruppi di lavorare in perfetta sintonia con la docenza. C Il fatto di lavorare in gruppo è stato molto piacevole, abbiamo subito trovato il nostro equilibrio. Ogni componente ha assolto ai propri compiti: ci siamo divisi diligentemente il lavoro senza riscontrare alcun problema. Un laboratorio progettuale che prevede la realizzazione di plastici fino alla scala 1:10 non è troppo complesso rispetto ad altri corsi, magari con contenuti più concettuali? C Credo che sia importante realizzare plastici anche in scale molto vicine a quella reale, l’architettura è una scienza che necessita anche di essere toccata con mano e di colpire i sensi. Probabilmente risulta più stancante tagliare il cartone e fastidioso aver le mani sporche di colla, ma questo è il mestiere dell’architetto e la soddisfazione che si ha al termine del progetto non ha eguali. Non provo invidia nei confronti di nessun altro corso.
Abbiamo sentito parlare di “cadavere squisito”, potete spiegarci cosa sia? A È un gioco. Nella Parigi degli anni venti alcuni artisti surrealisti ebbero la “balzana” idea di costruire una poesia a più mani, dove però la destra non sapesse cosa faceva la sinistra. Si propose un meccanismo nel quale ogni partecipante, all’oscuro di quanto si andava componendo, aggiungeva una parola casuale, slegata dalle precedenti. La prima frase che ne risultò fu: «Il cadavere squisito berrà il vino nuovo». Noi ci proponiamo di fare lo stesso con i nostri progetti. Stefanet Luca
EMBT Benedetta Tagliabue, La Torre del Gas, 2005
Workshop Tamaro-Semerani Cosa ti ha spinto a scegliere questo workshop? A L’ho scelto perché i professori sono triestini come me e li conoscevo di fama. B Perché i temi sono interessanti: «Un gatto per dichiarare la sua fine alza la coda». Questa frase è bastata a convincermi. C La verità? Mi incuriosiva la presentazione del workshop. Le tue aspettative sono state soddisfatte? A Sì. B Assolutamente sì! C Sì sono contento. Come sono i ritmi di lavoro? A Tranquilli, soprattutto c’è libertà perché non abbiamo scadenze e ognuno si può regolare di conseguenza. B Normali, per qualche giorno ci si è concentrati sulla progettazione, altri li abbiamo dedicati alla costruzione dei plastici, ma senza nessun eccesso; lavoriamo in aula e a casa non dobbiamo fare nulla. C Non c’è un carico pesante, in tre
settimane si riesce a fare tutto con calma... A parte qualche piccolo inconveniente dell’ultimo minuto! Se ora tu potessi essere in un altro luogo, dove saresti e cosa staresti facendo? A Sarei al mare ad abbronzarmi! B A casa mia, e non farei nulla! C Beh, mi piacerebbe essere al workshop di Fontana, me ne hanno parlato e penso che sarebbe interessante! Cosa pensi di avere imparato nelle ultime due settimane? A Ho imparato cos’è un’elicoide. B Mi sento molto più saggio. C Credo di essere più aperto mentalmente, mi si sono aperti nuovi orizzonti dell’architettura. Finisci la frase: “Il mondo è fatto a scale...” A Nooooo! B Tutto il resto non vale! C Ogni gradino è una nuova esperienza. Elena Verga
Luciano Semerani, Gigetta Tamaro, Nuovo ampliamento per l’Ospedale di Venezia
Laboratorio08 n_11.indd 2
14-07-2008 21:17:16
laboratorio 08
numero 11
15|07|08
pag. 2| 3
Workshop Tosi Inizia l’ultima settimana di workshop: un sentimento di quieto rilassamento sembra insinuarsi nel cuore e nella mente degli studenti. Il crinale della montagna è ormai stato valicato e le vacanze tanto meritate non sembrano più così lontane. Ai magazzini Ligabue il sole riscalda, ma è mitigato da una leggera brezza, che rende il lavoro più semplice per tutti. La classe della professoressa Tosi è perfettamente in linea con questo karma equilibrato: i ragazzi appaiono contenti, ascoltano musica dai vari MAC, tagliano cartonlegno in
cubetti da circa un micron, infilzano polistirolo con centinaia di spilli per oscuri motivi architettonici. Scorgo la professoressa affaccendata intorno a quelli che cominciano a diventare dei plastici definitivi; la tanto attesa mostra finale incomincia ad avvicinarsi per tutti. «Il lavoro qui procede bene, la mole era ingente nelle prime settimane, ma ormai siamo in dirittura d’arrivo e abbiamo ingranato adeguandoci ai ritmi necessari. La professoressa dal canto suo c’è quasi sempre, non ha pretese assurde né comportamenti particolarmente in-
flessibili.» Il workshop è incentrato su un progetto dal contenuto prettamente urbanistico e sulla questione c’è un po’ di disappunto da parte dei ragazzi del primo anno, che costituiscono la maggioranza del laboratorio. «Sono state svolte alcune lezioni introduttive alla materia quando il lavoro era già cominciato e forse sarebbe stato meglio che fossero state tenute nei primi giorni. Arrivati a questo punto abbiamo acquisito la giusta mentalità per confrontarci con un contesto più complesso della singola unità abitativa, alla quale
eravamo prevalentemente abituati dai corsi progettuali, ma all’inizio è stato arduo confrontarsi con una scala di progetto così vasta e diversa. Di sicuro questo lavoro costituirà una preziosa risorsa per i prossimi anni». Si è scelto di dividere i ragazzi in quattro gruppi da dieci: di questi tutti lavorano sul medesimo progetto sviluppando temi differenti. Non sembra esserci volontà o necessità di dialogo tra i gruppi di lavoro, i quali non si lamentano dell’organizzazione o dell’elevato numero di persone per gruppo. Un fatto che colpisce: la pro-
fessoressa segna le presenze facendo firmare un foglio ogni mattina, il che rende le assenze alquanto rare. Metodo semplice ed efficace: e allora perché sembra non essere adottato praticamente da nessun professore? Infine c’è il solito problema degli assistenti in disaccordo tra loro, che non risparmia nemmeno l’idilliaco panorama laboratoriale della professoressa Tosi, ma in un ambiente tanto sereno e con le vacanze alle porte i ragazzi sono i primi a soprassedere. Francesco Leoni
Workshop Thermes C Sì, è un bel clima per lavorare.
Pensi al workshop la sera prima di andare a dormire? A No. B Non saprei. C Si perché penso che non vorrei do-
ver venire a Santa Marta il mattino dopo! Quante sigarette fumi bevi in media al giorno? Quanti caffè bevi? A Non fumo e bevo un solo caffè, di solito! B Dipende da quanti giorni mancano all’esame! C Sigarette troppe...dovrei smettere... Di caffè invece quattro o cinque. L’Iuav è?. A Istituto Universitario Architettura Venezia. B Un parco giochi! C Un suicidio! Elena Verga
Studio Purini-Thermes, Sistema delle Piazze Gibellina, TP
Perché proprio questo workshop? A Perché si lavora su qualcosa di concreto, a Venezia. B Perché Laura Thermes è nota internazionalmente e mi interessava approfondire la conoscenza delle sue opere. C Perché i miei coinquilini erano stati assegnati qui e io li ho seguiti. Sei contento di averlo scelto? A Non saprei, ma forse solo perché io, in particolar modo, non ho praticamente progettato nulla ma ho solo disegnato con Autocad. B Sì, l’idea è molto interessante. C Sì, alla fine sì. Lavori bene in questo contesto? A Mah...siamo tutti del primo anno e qualcuno ha dovuto sacrificarsi e fare cose poco interessanti. B Forse si sarebbe potuto lavorare meglio di così.
Laboratorio08 n_11.indd 3
14-07-2008 21:17:20
Workshop Tusnovics Per quale ragione hai scelto di fare questo workshop? A Ero interessato ai temi legati alla sostenibilità. B Volevo saperne di più sull’uso dei materiali alternativi nell’architettura. C Mi ha assegnato lo Spin, il caso lo ha voluto! Con il senno di poi lo sceglieresti nuovamente? A Sapendo che c’è gente che non fa nulla, no. B Sì, anche se penso che mi sarei trovata meglio se avessi avuto più conoscenze tecniche in materia. C Non lo so, se mi fossi organizzato meglio prima magari sì. Molte delle lezioni sono in inglese: come va con la lingua? A Anche se il professore parla un inglese molto comprensibile è come dover fare un doppio lavoro. B Mi sento molto ignorante; all’inizio è stato anche un po’ imbarazzante: dover richiedere le consegne perché non le capivamo in inglese... C Biiiiiiiip! Cosa pensi del professore? A Dal punto di vista umano è sicura-
mente fantastico. B È una persona stupenda e interessante; ci tratta davvero senza fare nessuna differenza di esperienza o preparazione: è disponibile con tutti, sia del primo che dell’ultimo anno. C Una gran persona! Cos’è l’Iuav per te? A Difficoltà, ma comunque anche molta soddisfazione! B Fatica e sacrificio, fisico e mentale. C Stile di vita! Alla fine diventa l’aria che respiriamo, e non ne possiamo fare a meno! Come e dove ti vedi alla fine di questo corso? A Spero a Riccione, in spiaggia a ubriacarmi! B Al mare in spiaggia...con in mano il libro dell’esame che dovrò sostenere a settembre! C Stufo! Elena Verga
Building a Better World: progetti in Sudafrica Una conferenza di Dustin Tusnovics «Ho coltivato l’ideale di una società libera e democratica nella quale tutti possano vivere uniti in armonia, con uguali possibilità. Questo è un ideale per il quale spero di vivere». Nelson Mandela Dopo una piccola battaglia gli studenti del workshop Tusnovics riescono ad ottenere una conferenza in lingua italiana…a discapito del professor Peter Rich, presente tra il pubblico. Il tema della conferenza, tenuta dal titolare del laboratorio, riguarda il lavoro svolto dallo stesso architetto nel continente africano. Egli esordisce affermando: «Noi abbiamo gli orologi, gli africani hanno il tempo». Esistono delle enormi differenze che separano il nostro mondo dal loro ed è giusto, anzi, è un dovere, prenderne atto. Si tratta di una realtà le cui radici complesse traggono origine da eventi storici travolgenti: in breve tempo i mutamenti nella politica e nella società hanno sconvolto profondamente la vita della gente che è stata costretta ad adattarsi a nuovi scenari. D’altro canto, il desiderio di migliorare la qualità della propria vita e di assicurare un futuro dignitoso per le future generazioni è ciò che sprona e invoglia le comunità africane ad accogliere con entusiasmo nuovi progetti. Si stima che nei prossimi dieci anni
Laboratorio08 n_11.indd 4
la popolazione della città di Johannesburg raddoppierà il suo numero, ciò comporterà il soddisfacimento di nuove necessità: spazi pubblici, residenze, ecc.. Oggi molte famiglie africane sono costrette a vivere in unità abitative formate da un solo locale. Ciò comporta una totale assenza di privacy. I problemi sono anche altri: il diffondersi di malattie devastanti, quali l’AIDS e la malaria, aumenta notevolmente il tasso di mortalità; l’aspettativa di vita media non supera infatti i 52 anni. La perdita di un proprio caro diventa paradossalmente un fatto consueto. Tutto ciò è dovuto ad una mancanza di controllo sul territorio e una conoscenza quasi nulla a livello medico. Personalità come i professori Tusnovics e Rich si impegnano a prestare il proprio aiuto realizzando nuove strutture per la comunità africana. Nonostante la gente del luogo si dimostri “fiera e felice” di ciò che ha, vi è comunque un forte desiderio di prendere iniziative e di collaborare, che porta all’assimilazione di nuove tecniche costruttive. Il professor Tusnovics ci illustra i programmi di alcuni dei suoi interventi riguardanti la costruzione di centri per l’educazione destinati ai bambini e alla formazione degli insegnanti. Racconta come queste missioni di volontariato abbiano coinvolto sia i suoi studenti di Salisburgo che ragazzi, genitori,
anziani, persone down e disabili del distretto di Johannesburg. I progetti sono stati conclusi nell’arco di sole sei settimane sebbene i lavori siano stati più volte rallentati a causa della scarsità e dell’inefficienza dei mezzi di trasporto (materiali e strumenti erano stati spediti dall’Austria due mesi prima dell’inizio dei cantieri). L’intervento prevedeva, tra le altre cose, in primo luogo la realizzazione della copertura; questo per evitare i problemi legati al clima: le piogge, quotidiane nei mesi di permanenza, rendevano il suolo fangoso e inagibile; la prolungata esposizione al caldissimo sole africano, al contrario, impediva turni di lavoro prolungati. Uno degli aspetti interessanti della nuova architettura africana è rappresentato dall’attenzione per la simbologia. Essa testimonia la volontà del recupero di un passato da cui possa emergere una forte presa di coscienza della propria realtà. Le battaglie, le lotte, le sofferenze di personaggi come Nelson Mandela hanno contribuito a porre le basi per lo sviluppo di una nuova identità che possa avvenire attraverso il recupero della storia e della tradizione. Mariaelena De Dominici Elena Stellin
14-07-2008 21:17:22
Héureka! La prova di galleggiamento dei plastici del laboratorio di S. Dainese
laboratorio 08
numero 11
15|07|08
pag. 4| 5
È un soleggiato pomeriggio della seconda settimana di workshop: mi trovo di fronte alla sede di Santa Marta per assistere alla prova di galleggiamento dei plastici del laboratorio di Silvia Dainese. Una lunga fila di studenti, armati di piccole abitazioni in cartonlegno, giunge pian piano sulla sponda del canale, nel punto in cui questo curva bruscamente seguendo il profilo del cotonificio. La curiosità suscitata sui passanti è palpabile. In pochi minuti il luogo è gremito di studenti e curiosi, e una schiera di obiettivi puntati è pronta a immortalare ogni singolo istante di questo insolito avvenimento. In realtà è una storia che si ripete, non sono poi passati molti anni da quando Alejandro Aravena faceva galleggiare i suoi mega modelli occupando tutto il canale prospiciente il cotonificio. «Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto di intensità pari al peso di una massa di fluido di forma e volume uguale a quella della parte immersa del corpo». Chissà se gli studenti hanno progettato i loro modelli tenendo conto del principio di Archimede per valutarne il galleggiamento sull’acqua del canale... L’esperimento ha inizio, e tutti osser-
vano attentamente l’imprevedibile fluttuare tra le onde delle case galleggianti. Le sensazioni che ho colto tra gli studenti sono molteplici: ci sono i più audaci che si lanciano subito a carponi per terra a posare per primi il loro plastico sul pelo dell’acqua, i più timorosi che attendono fino all’ultimo minuto, guardandolo e riguardandolo consultandosi tra loro, chi apporta modifiche tecnico-strutturali dell’ultimo minuto, chi osserva malinconico l’inesorabile capovolgersi della piccola abitazione, i più timorosi che non immergono nemmeno il plastico in acqua. In generale però le facce degli studenti sono divertite e sorridenti, si sentono urla di gioia per l’esito positivo della “posa in opera”, o stupiti commenti del tipo “guarda come si muove!”. La stabilità delle case galleggianti è messa a dura prova anche dal passaggio di un paio di piccole imbarcazioni, salutate dagli studenti come “una simulazione di tsunami” che potrebbe essere utile per saggiare la resistenza alle onde dei progetti. I materiali più utilizzati nella realizzazione delle abitazioni galleggianti, oltre all’immancabile, insostituibile e tanto amato cartonlegno, sono il polistirolo e il poliuretano espanso, leg-
Secondo il professore Enzo Siviero, ingegnere, il progetto non è solo forma, è un oggetto nel suo aspetto puramente materico, caratterizzato anche dal modo in cui viene costruito. Nel suo presentarsi oggi ai nostri occhi, è l’impronta di ciò che sarà domani. Enzo Siviero, ospite martedì 8 luglio del workshop di Giovanni Campeol, deve tenere una lezione sui problemi relativi alla redazione di un progetto viabilistico. Deve riuscire a far comprendere agli studenti di questo workshop, che affrontano la tematica relativa alle grandi opere infrastrutturali, i metodi di approccio e le difficoltà di analisi di un argomento molto complesso quale quello dell’organizzazione e della riabilitazione del sistema viario di una regione. Certo, la cosa detta in questi termini spaventerebbe chiunque. Non si tratta di un tema consueto per noi studenti. Il professore ci spiega che la cosa essenziale nell’affrontare una simile analisi è procedere seguendo punti ben definiti: occorre individuare le caratteristiche generali del territorio e la sistemazione degli impianti infrastrutturali al suo interno, definire uno schema viario complessivo della regione e individuarne i punti deboli. Un tracciato stradale deve essere coerente e organizzato, parole queste che inevitabilmente si rifanno
alla preparazione “tecnica” del professore, che, come già detto, è un ingegnere. Tuttavia Siviero non intende dare di questa figura un’immagine grigia e priva di consapevolezza artistica. L’infrastruttura, il ponte e la strada non costituiscono, a suo avviso, fatti puramente funzionali, ma sono elementi che generano una vera e propria trasformazione del paesaggio. L’intervento quindi deve essere colto, deve offrire un valore aggiunto al luogo relazionandosi in maniera positiva con l’ambiente. Quando si riesce a raggiungere questo obiettivo, le differenze tra “ingegnere” e “architetto” diventano irrilevanti. Sono il ragionamento, il continuo studio e l’analisi a rendere validi progetti di tale portata. Nella sistemazione di una strada, nell’ampliamento di un ponte, il rigore della lettura e dell’interpretazione costituiscono le prime capacità richieste al buon progettista. Siviero ci parla molto dei suoi studenti, ci mostra diverse tesi di laurea seguite da lui. Ci lascia comprendere come il rapporto che si instaura fra allievo ed insegnante sia sempre basilare. Forse non bisognerebbe dimenticare il fatto che ha coordinato anche workshop all’Iuav negli anni passati. In quelle occasioni gli studenti di architettura hanno dimostrato di possedere una grande capacità di comprendere e mettere in pratica con
geri e decisamente adatti allo scopo. Bave da pesca, fili e nastrini vari sono stati invece molto utili per non lasciare i plastici in balia della corrente. La forma più gettonata è sicuramente quella a base quadrata, più stabile e più sicura; un gruppo più coraggioso ha tentato di far galleggiare un plastico piuttosto alto, dalla base rettangolare molto allungata, purtroppo con esito negativo; un altro ha varato un insolito modello a forma di ciabatta che porta in copertura un campo da basket, anch’esso capovoltosi appena posato in acqua e accompagnato da facce tristi e qualche “nooooooo”. Una domanda, alla fine, mi sorge spontanea: perché la scelta di immergere tutti i modelli direttamente nel canale? Mi viene spiegato chiaramente che l’obiettivo di questa “uscita” è quello di far capire agli studenti il rapporto che le abitazioni galleggianti avranno con l’acqua vera e propria, facendo uscire i plastici dall’aula, per cogliere al meglio il rapporto con la realtà in cui andranno collocati, per osservare i loro fluttuare tra le timide onde.… e per vedere se galleggiano, ovviamente! Dario Breggiè
Workshop Rich-Vio Errata corrige (un testo di nome Dolly) Gli studenti dei laboratori di RichVio e Prati avranno pensato, leggendo le rispettive interviste, di essere gli uni i cloni degli altri. Niente di tutto questo: un errore ha determinato il raddoppio del dialogo avvenuto con i ragazzi del workshop di Franz Prati. Quella che riportiamo qui di seguito invece è l’intervista ai protagonisti del laboratorio Rich-Vio. Con tante scuse agli interessati. Quali sono le vostre impressioni dopo le prime due settimane di questo workshop? Il tema è molto coinvolgente, nato da un’idea interessante e molto stimolante, purtroppo però un workshop bisogna saperlo gestire. Il problema di base è che risulta difficile ottenere da un workshop di tre settimane i risultati che si raggiungono normalmente al termine di un esame progettuale il cui impegno dura quattro mesi. Di
positivo c’è la presenza del professor Rich: abbiamo a che fare con una mentalità completamente diversa da quella del classico architetto italiano. Come si svolge il lavoro? Si parte da gruppi di sei persone per poi passare a un lavoro in coppia; c’è comunque una parte da svolgere singolarmente che consiste nell’elaborazione di un taccuino. Perché ci sono così tanti schizzi appesi alle pareti? Sono richiesti molti schizzi e disegni a mano libera, che sono utili anche per comunicare con il professor Rich che parla prevalentemente in inglese. Si sforza di parlare e di comprendere l’italiano, e capisce tutto ciò che riguarda il linguaggio dei gesti e degli schizzi. È stato proprio lui a proporre questo tipo di comunicazione per capire e farsi capire. Dario Breggiè
Enzo Siviero costruisce ponti tra ingegneri ed architetti
Laboratorio08 n_11.indd 5
successo i suoi insegnamenti, convincendolo definitivamente di quanto sia inutile e dannosa la rivalità tra le figure professionali dell’ingegnere e dell’architetto. Ciò che bisogna fare è tentare di coniugare due ambiti disciplinari, spesso a torto, separati: struttura ed architettura. Dopotutto proprio l’architettura, inconfondibile espressione dell’uomo, si esplicita attraverso il fare oltre che il pensare. Un fare colto, che nasce da un pensiero sedimentato che attinge dalla storia e dalla cultura e, pertanto, non dovrebbe mai tradursi in un gesto gratuito. Gli esempi mostrati in aula – nuove autostrade e ponti disseminati nel territorio veneto – appaiono veri e propri “solidi nella storia”. Siviero vuole suggerire un metodo e, pragmaticamente, vuole dare qualche “dritta” affinché il compito degli studenti, che si trovano ad affrontare un ambito disciplinare ricco di insidie, sia meno complesso di quanto normalmente appare. Desidera anche farci capire che la sua esperienza lo ha portato a comprendere il valore di una tecnica quando è messa al servizio della bellezza e della natura. Dopotutto, non dobbiamo dimenticarci che anche gli ingegneri, a volte, hanno un cuore! Nicoletta Petralla
14-07-2008 21:18:06
Maurizio e Gabriele I Signori di Santa Marta!
«Ma quante domande volete farmi!» Esordisce così Gabriele vedendoci; ci sediamo tranquillamente nel loro “studio” e senza tanti problemi iniziamo a chiacchierare. Ma...Potrebbe accendere il proiettore in auditorium per la conferenza? Il microfono non funziona! L’audio è disturbato! Avreste dei teli per coprire il legno che inizia a piovere? Un trapano dove posso trovarlo? È una continua interruzione, mille diversi motivi per venire da Gabriele Toson e Maurizio Alberici a chiedere aiuto. Nel frattempo noi li intervistiamo. Parlateci di questo workshop: rispetto agli anni scorsi com’è? G Io lo giudico molto buono, di anno in anno migliora sempre più. Sicuramente c’è più pulizia, non c’è il caos degli anni scorsi, nelle aule e nei corridoi. M Guarda, io ho lavorato talmente tanti
anni da solo faticando come un mulo...che ora è davvero una meraviglia! C’è anche Gabriele e ora si respira! Inoltre quest’anno ci hanno interpellato ed abbiamo potuto proporre iniziative come lo “spazio riciclo” e la zona verniciatura. Funzionano no? È tutto più ordinato. E anche rilassato visto che ora abbiamo nuovi spazi al Magazzino 6 e non siamo schiacciati come accadeva l’anno scorso. Pensando a tutte le edizioni del workshop, qual è la cosa peggiore mai capitata? G È sicuramente brutto quello che i ragazzi fanno alle aule, tavoli e porte rotti, ed è meglio che non parliamo di quello che succede nelle scale...meglio cambiare argomento! M Il workshop 2005 è stato assolutamente il peggiore: dei ragazzi ubriachi sono arrivati a minacciarmi di morte. Pazzesco! In più ho trovato una ragazza in coma etilico, e l’abbiamo dovuta far portare via
con l’ambulanza. È stato un workshop pessimo. Da dimenticare. Vi sentite più architetto o più ingegnere? G Se proprio devo scegliere, ingegnere! Voi siete troppi! Cosa farei dopo?! M IO SONO UN PITTORE! Vi mostro le mie opere! Se volete pubblicizzarle sono in vendita! Postulato di Horner: «L’esperienza è direttamente proporzionale all’attrezzatura rotta». Cosa ne pensate? G Eh sì! Proprio proprio vero! M Sì, in effetti è vero! Io poi me ne vanto: sono un mago! Prendo attrezzature rotte e riesco a riparare anche i macchinari che non ho mai visto, mettendo assieme vari pezzi. La mia specialità sono i proiettori! Ne ho aggiustati tantissimi! Tolentini o Santa Marta? G Santa Marta! E anche Maurizio! M Santa Marta! Ci siete voi, c’è la mia vita! Ponte di Rialto o di Calatrava? G Eh ciò! Quello di Calatrava non l’ho ancora provato.. Però dai! Scelgo quello! Perché è nuovo almeno! M Quello di Rialto! Mi hanno raccontato la sua storia e mi è rimasta impressa! Lasciate un messaggio agli studenti: cosa volete dirci? G Ragazzi: dopo aver fatto questi bei lavori, prendetevi una meritata vacanza! Un paio di settimane, anche solo qualche giorno, ma andate in ferie perché dovete riposarvi! M Non mollate mai quello che fate, perché è giusto che lo facciate! Anche quando siete stanchi morti, non mollate e affrontate i problemi! Elena Verga e Nicoletta Petralla
Trendsetter
T-Shirt
La T-Shirt nasce bianca, com'è noto. Poi si colora. Poi si carica di messaggi: prima il marchio del produttore, in seguito una frase (in questo momento, in treno, un ragazzo di fronte a me indossa una maglietta che recita: “Ho fatto l'amore con Control, domani provo con Alt e Canc”). O un brano di narrativa. C'è stato un tempo in cui l'architettura ha cominciato a parlare, più o meno a proposito, di semantica, compiendo una cosiddetta “irruzione epistemica”. Da cui, in uno stesso edificio dal programma funzionale complesso, un colore per gli elementi distributivi (sono una scala, quindi sono gialla. O viceversa?), uno per le unità residenziali, ecc. C'è stato il tempo della Macrografica, in cui manufatti ingombranti e un po' sordi venivano riportati nel bel mondo della piacevolezza formale grazie a interventi di ridefinizione cromatica, un tempo in cui gigantesche lettere e numeri venivano apposti su superfici colorate per segnalare ingressi, percorsi, e così via. Qualcuno aveva capito molti anni fa, e senza essere olandese, che oltre una certa massa critica l'involucro conquista una sua propria autonomia di senso, e ha proposto soluzioni per il suo trattamento (nel caso di grandi edifici condannati all'irrilevanza: capannoni, magazzini per mobilieri, ecc) con artifici ottici incredibilmente lungimiranti. Resta da capire se, nel caso delle T-Shirt parlanti, vi sia un'effettiva autonomia tra la superficie che reca il messaggio e il corpo racchiuso dall'involucro di cotone o al contrario, non avendo raggiunta la predetta massa critica, quest'ultimo ci racconti effettivamente qualcosa dell'interno. [Red.]
Anti-communication A dialogue attempt with the South Korean students It was supposed to be an interview, an exchange of ideas, a dialogue but it landed up to be nothing more than a brief conversation. When I interviewed Professor Chun Jinyoung he said that in all five workshops experienced in Venice, the difference of idioms never obstructed verbal communication. With regards to my personal experience I cannot say the same. Only one Korean girl out of ten students was able to respond with a few phrases per answer. The others? Too shy to express their ideas? I don’t think so. As I asked them questions, the Korean apprentices spoke amongst themselves in Korean comparing each other’s ideas, and then always the elected spokesperson, answered. My opinion is divided between two possible explanations: either nobody else cared about the interview or they didn’t have the means of making themselves understood. I have a reason to believe the first one is the correct answer. But then why such a lack of interest? To the que-
Laboratorio08 n_11.indd 6
stion «what do you expect from this experience? » they even answered, actually, pardon me, she answered , that this workshop was going to be very useful for their carrier and that working together with the Italian students is a great opportunity at an informative level. I’m still asking myself «where is the dialogue?». If they had only answered with more enthusiasm and willingness, I wouldn’t have found myself in such a desperate situation. After less than five minutes I had run out of questions, even the most boring and predictable: «Do you like Venice? » (think, think, think… ). It was then that I had been carried away by a sense of dare, and probably like what a real journalist would have done, I took the liberty of asking them: «which architectural difference are there between North and South Korea? ». In less than a second I had caused a whirlwind of insults and observations, I’d say controversies by
the tone, obviously all in Korean, one of them might have even coursed me. (Panic!) Allow me a comment: the basis of architecture is also underpinned on the history of the country and –dear Korean friend- once Korea was not dived in two. South Korea is now, without a doubt, extremely different from the North, but if you aren’t able to find the words to answer questions of general order, then at least endeavour yourself to find them for a subject you evidently care about. For us this is an occasion to come in contact with a culture with which we are not familiar with all its different aspects. The longing to learn more about different traditions, as also, different points of view, may cause one to make mistakes due to lack of sensitivity, but comparing two cultures, once united by tradition architectural as well, now separated by political views, may enthral us to learn about new realities. I’m not in the position to understand what the Korean students felt, probably I provoked
them, but if they had just expressed their views regarding the question, it would have been a lesson to us all. Disappointed is how I feel now, for the lack of communication but mostly for a withdrawn reaction longing for an explanation. I’m displeased by this un-communication that enabled us to seize for an exchange of ideas which they called “informative”. Visibly this regards only precise fields, and has to be kept accurately distant from personal matters. This event leads me to think: « Architecture not only reflects the spirit of time, but offers its contribution. We know only partly what we are observing what the architect creates.» (Paul Weiss). A little aside from the editorial office: «With longstanding animosity following the Korean War from 1950 to 1953, North Korea and South Korea signed an agreement to pursue peace. In June 2000, as part of South Korean president Kim Dae-jung's Sunshine Policy of engagement, a North-South summit took place in
Pyongyang, the capital city of North Korea. That year, Former President Kim received the Nobel Peace Prize for his work for democracy and human rights in South Korea and in East Asia in general, and for peace and reconciliation with North Korea in particular. In June 2000 president Kim Dae-Jung met Kim Jong II, president of North Korea. On October 4, 2007, Roh Moo-Hyun and North Korean leader Kim Jong-il signed an eight-point peace agreement on issues of permanent peace, high-level talks, economic cooperation, renewal of train services, highway and air travel, and a joint Olympic cheering squad.» (“South Korea”, voice, in Wikipedia). Elena Stellin
14-07-2008 21:18:17
laboratorio 08
numero 11
15|07|08
pag. 6| 7
I Cercatori di tracce Non solo workshop
4-5 luglio 2008, Campo Drio de el cimitero Dorsoduro-Venezia
Parlare con Gigi Dall’Aglio è sempre un piacere, per la sua calma e dolcezza e per il suo modo di comunicare il teatro, anche nella sua complessità, con parole semplici. Parla come un esperto regista, naturalmente, ma sa trasmettere le sue idee e il suo sapere anche come un docente. Suo è il laboratorio finale del terzo anno del Claves da tre anni a questa
parte, ed è ormai una sua consuetudine lavorare con un numeroso gruppo di studenti che vengono responsabilizzati dal primo giorno del corso fino alla messa in scena pubblica che si svolge attorno a un tema o un testo teatrale. Negli scorsi anni abbiamo visto un singolare Cabaret del XX secolo realizzato con estratti da testi contemporanei grazie all’aiuto dei giovani attori della scuola della Fondazione Teatrodue di Parma in Campo dell’Anzolo Raffaele; un lavoro sul Canto di Natale di Dickens in uno spazio teatrale classico a Marghera con la partecipazione di Nicola Cavallari; uno spettacolo itinerante nel sestiere di Dorsoduro su Carlo Goldoni, con la partecipazione colta e distante a un tempo di Michele De Marchi e la collaborazione della Biennale Teatro e
degli studenti del corso. Quest’anno la scelta è caduta su Sofocle e in particolare sul dramma satiresco. Alla mia domanda riguardo ai motivi di tale scelta Gigi Dall’Aglio mi risponde che all’inizio di ogni laboratorio tiene sempre un ciclo di lezioni teoriche riguardanti l’origine e il senso del teatro, una sorta di storia del principio della regia per una reale reinterpretazione dei testi classici. L’origine della tragedia, mi dice, è legata al comico e in esso quasi contenuta come un gioco di scatole cinesi. La comicità primitiva, dove gli elementi regionali sono di fondamentale importanza, è legata al rapporto tragico-comico da una ritualità originale che si formalizza in un testo. È così che dalla comicità primitiva stessa, che a sua volta trova origine nel rito, scaturisce il tragico
Abstract 1 Towards new aesthetic paradigms?
Laura Thermes vs Renato Rizzi Professor Thermes analyses the importance of history for architecture and says that a good architect has to respond, in his work, to specific needs. Professor Rizzi explains how, in his opinion, the Greeks aesthetic models have been overcome by modernity. 1 Collecting: connecting 2
A fashion show by the students of the School of Fashion Design The school of Design of Fashion organised a fashion show on the 3rd of July. Their task was to understand the qualities and the peculiarities of the Italian identity and interrelate this with the fashion system of the world.
been very clear on what he wants and this makes it easy for them to proceed. They are also experimenting chalk for their models.
3 Workshop Mancuso-Chun
The article published on number 8 wasn’t written by all of Rykwert-Ruan’s students. Most of them disagree with the one previously published and no one seems to own up for it.
3 Workshop Nicolini
Finally somebody seems to be interested in the university’s newspaper! The students from this workshop explain how they can’t wait for 3 pm to read it!
2 Workshop Gambardella
4 Worshop Prati
Gambardella’s students tell us how they like their professor’s philosophy as he often tells them that they are supposed to have fun in “making architecture”.
Students from this workshop explain how they are happy, for the first time in their carrier, of the assistants: they are helpful, available and that do not destroy their project every time they have revision!
2 Workshop Gausa
The students that were interviewed explain how the theme wasn’t clear
Laboratorio08 n_11.indd 7
5 Workshop Rizzi
Students tell us how the professor has
scenografie, costumi e maschere sapientemente realizzate e indossate da giovani e appassionati adepti. Anche il coinvolgimento degli astanti, mai volgare, diventa teatro antico e moderno allo stesso tempo. Come il dramma satiresco ci svela da dove veniamo (e da dove il teatro moderno trae la sua origine) così, accompagnati dalle percussioni e da una magica e improbabile orchestra, veniamo condotti alla nostra essenza di spettatori e attori della vita e dei desideri che la innervano, immutati nei secoli, tra le morbide e decise braccia di ragazzi che rappresentano il nostro futuro. Applausi e commozione sono dovuti come un ringraziamento sincero. Barbara Delle Vedove
Glossario
in the beginning, but thanks to the professor and assistants’ cohesiveness, they understood. Although the workshop is more difficult than what they expected, the theme is interesting and stimulating. There are some difficulties in urbanizing the project, although collaboration between the elder Korean students and the Italian ones is working well. As a general opinion the professors are qualified and very available.
e ha origine la musica di cui Apollo si fa interprete. La musica non è solo e non più esclusivamente propulsiva ma, organizzata e integrata nella tragedia classica e pertanto nobile dell’epoca di Pericle, si formalizza come elemento compositivo. La memoria rituale diventa una scoperta per gli studenti e un divertimento totale per l’eterogeneo e numeroso pubblico che non avverte la noia e accoglie il finale come la promessa di una nuova messa in scena. Il rito, che non a sproposito si può definire “dionisiaco”, è puro divertimento collettivo: un “teatro in campo” come Venezia era solita regalare ai tempi in cui la messa in scena negli spazi urbani era una forma di rivoluzione e occasione di nuova invenzione. Ci aiuta a comprendere le nostre origini questo carnevale di colori,
5 We students have to always complain for something!
6 Schoolmates
Paolo Bürghi and Mariapia Cunico interview They explain what their workshop is about. They are dealing with the island of Torcello and its deterioration. 7 The ephemeral land of Bacàn
Early morning site inspection Professor Dainese took her students on a site inspection on Friday morning. They walked along the shallows of Bacàn in the middle of the lagoon before the water raise. Elena Stellin
HOME, HOUSE, HOMEPAGE Su internet ormai ci si sente come a casa. Meglio ancora: su internet ci si sente con casa. Gli studenti lontani dalla loro home sweet home cercano conforto nel focolare digitale della homepage. Googlerando, skyppando e messengerando, lo studente recluso in un eremitaggio, pseudocatartico, isolato dal mondo reale materiale, carnale e peccaminoso si costruisce la sua tana virtuale secondo un perfetto standard di colorate interfacce 2D… Se c’è net c’è casa. INTERVISTE Ecco una parola che sta molto a cuore a noi del trentesimo Workshop. L’arte dell’intervistare non è sciorinare domande programmate e aspettare sistematiche risposte. Soprattutto quando s’intervistano i professori: devi scrivere un pezzo da duemilacinquecento battute e ti ritrovi appunti per ottomila. Se poi vengono citate opere o autori il terrore e quello di sbagliare lo spelling o la fonte facendo figure ignobili. Si è sotto pressione, non sono concessi cali d’attenzione né distrazioni in quanto il nostro lavoro trova sempre i suoi lettori, anche se alle volte sono pochi. L’intervistatore è paragonabile a un equilibrista sulla corda: se sbaglia a scrivere da una parte la mattina potrebbe svegliarsi con una testa di cavallo sul cuscino (il cui mittente è l’intervistato scontento) dall’altra potrebbe essere pubblicamente linciato e messo alla gogna dai lettori che, anche se sembrano non leggere mai il giornale, gli errori li trovano sempre. LIGABUE (Magazzini) 0.1-0.3, 0.2-0.4, 2.3, 2.4... Chissà se stamattina riuscirò a trovare la mia aula? Studenti smarriti vagano tra passaggi segreti e scale labirintiche che conducono ovunque, tranne dove vuoi. E ti ritrovi a decifrare la planimetria sul pianerottolo, cercando di capire il significato di quel “ voi siete qui”... ma qui dove?! Raggiunta la sospirata meta lo studente è esposto ad innumerevoli rischi, tra cui: possibile morte di stenti a causa della mancanza di vicini punti di ristoro, assideramento da aria condizionata... il tutto sperando di non dover mai usufruire dei servizi igienici, a cui dedicheremo una voce più approfondita, vista la loro insolita morfologia. Unico sollievo: scappare fuori, sui ballatoi, per ossigenare corpo e mente...
14-07-2008 21:18:30
Chiusura sedi
Servizi Far Copie e plottaggi Dove? Al piano terra delle Terese, Centro stampa Quattro Esse Come? Con apposito “foglio di credito”, usando pen-drive Quando? Anche ieri e per tutti i giorni fino al 18 c.m. Quanto? Fino a euro 650 per workshop
Martedi 15 chiusura sedi ore 22 Mercoledi 16 chiusura sedi ore 22 Giovedi 17 chiusura sedi ore 24
15/17.7
Dall’Interno
Cotonifcio di Santa Marta martedì 15 luglio ore 17.30 auditorium Joseph Rykwert The Villa and the Good Life Martedì 15 luglio ore 19.30 Giardino di palazzo Badoer, serata di chiusura del primo anno di attività della Scuola di dottorato dell’Iuav. In programma l’azione teatrale Architettura e teatro del mondo Letture di Liliana Paganini con la collaborazione degli studenti Iuav Conferenza Mercoledì 16 luglio ore 9 Aula magna Tolentini Tesi di laurea tra vecchio e nuovo ordinamento intervengono: Carlo Magnani, Marco Ferrari, Aldo Aymonino, Alberto Cecchetto, Francesco Garofalo e molti altri...
Mostra sulle mostre In aula “Gino Valle” primo piano del Cotonificio di Santa Marta consegnare mercoledì 16 luglio entro le ore 22 a Esther Giani in aula H (dove avete preso i materiali per i plastici) al piano terra del Cotonificio di Santa Marta
Martedi 15 luglio 2008 Laboratorio08 Numero 11 Supplemento a Iuav-Giornale d’Istituto Registro stampa 1391 Tribunale di Venezia Direttore scientifico Marina Montuori Coordinamento di redazione Massimiliano Botti
Give those men a IUAV party!
I’ve seen the future, and it’s partyshaped! Manca poco alla fine di queste tre settimane intensive e come gli anni passati (tra alti e bassi e feste più o meno homemade come gli spritz dell’ultimo giorno in facoltà) si lancia l’avviso dell’immancabile FESTÒN finale! Quest’anno saremo tutti a Lido, al ”Pachuca-Ultima Spiaggia”: vietati i discorsi di architettura, via libera invece a bagni notturni, magliette bagnate e mega cocktail con piccoli ombrellini sopra: il pre-vacanza e il pre-Redentore che tutti ci meritiamo! La notte sarà animata e colorata da scenografie sonore e atmosfere visive di artisti tutti (rigorosamente&orgogliosamente) Iuav tra i quali Toondra e Tyga, Bella Vecchio, Buttanga e Jimbo che accompagneranno la festa fino alle 4 del mattino: studenti di tutti i WS08 unitevi!!! Per il trasporto sarà inoltre disponibile una navetta gratuita da piazzale S. Maria Elisabetta (giusto fuori dall’imbarcadero del Lido); la festa è aperta a tutti e l’ingresso gratuito. E ricordate: “things happens after a party!” o, per dirla all’italiana, “comunque vada, sarà un successo”.
Direttore artistico Enrico Camplani Coordinamento redazionale Luca Caratozzolo Elisa Pasqual Laboratorio interfacoltà Far/Fda Nell’ambito dei workshop estivi aa 2007-8 Far/Fda_Iuav Redazione testi e immagini studenti Far Roberta Boncompagni Dario Breggiè Mariaelena De Dominici Letizia Ferrari Francesco Leoni Caterina Mendolicchio Nicoletta Petralla Giovanni Righetto Laura Scala Luca Stefanet Elena Stellin Elena Verga Elena Zadra Redazione grafica studenti Fda Irene Bacchi Benito Condemi de Felice Elvira del Monaco Claudia De Angelis Maria Polverino Gabriele Rivoli
Punto spray Dove? Al piano terra – esterno!! – sia del Cotonificio sia dei Magazzini 6 Perché? Perché fa male usare spray acrilici e simili in spazi interni e non sta bene imbrattare la Scuola Punto riciclo Dove? Ad ogni piano del Cotonificio e dei Magazzini 6, appositi cesti ove, razzolando, si può recuperare qualche frammento destinato a seconda vita. Alias NO “MONNEZZA”! Perché? Il Pianeta si sta stringendo e dobbiamo prendercene cura.
Consigli In vista della mostra conclusiva dei risultati workshop si consiglia di pianificare le stampe delle tavole finali!
Divieti È severamente vietato fumare nelle aule, nei corridoi e in tutti gli spazi comuni delle sedi!!! È vietato prendere materiali nelle aule di altri workshop.
Chi e dove? Santa Marta Piano terra Thermes, A1 Ciacci, A2 Rykwert – Ruan, B Rizzi, C Casamonti, D Dainese, E Semerani – Tamaro, F Rich, G Campeol, I Primo piano Cibic, L1 Tagliabue, L2 Prati, M1 Cecchetto, M2 Carrilho – Albiero, N1 Bürgi – Cunico, N2 Dias, O1 Gausa, O2 Magazzini 6
Progetto grafico n.11 Laura Dal Maso tipi Miller disegnato da Mattew Carter, Tobias Frere Jones, Cyrus Highsmith, Todd Hallock (1997-2000); News Gothic disegnato da Morris Fuller Benton (1908) Coordinamento multimediale Massimiliano Ciammaichella Ketty Brocca Redazione web video studenti Fda Ambra Arcangeli Enrico Ausiello Enrico Rudello
Piano terra Femia – Peluffo, 0.1-0.3 Bucci, 02.-0.4 Tusnovics, 0.5-0.7 Nicolini, 0.8-0.10 Primo piano Campos, 1.1-1.3 Tosi, 1.2-1.4 Gambardella, 1.7-1.9 Akdogan – Madrazo, 1.8 Secondo piano Borgherini – Werblud, 2.3 (aula informatica) Accossato – Trentin, 2.2 Mancuso – Chun, 2.4 Fontana, 2.5
UNA SOCIETÀ DI FONC IÈRE DES RÉG IONS
15/17.7
Redazione, 1.6 online http://laboratorio08.wordpress.com email laboratorio08@iuav.edu Coordinamento generale Esther Giani
Laboratorio08 n_11.indd 8
14-07-2008 21:18:37