Laoratorio08 n.8

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interviste agli studenti pagine 2-3-4-5

Giovedì, 10 Luglio 2008 - Numero 08 - Anno 2

L’altra metà del cielo

Verso un nuovo moderno? Tusnovics vs Ind (Arman Akdogan e Felix Madrazo)

Non vorrei che si equivocasse. Non stiamo parlando di donne, tanto meno di quote rosa, anche se cedo alla tentazione di un piccolo inciso. In questa settima edizione dei workshop Iuav, la presenza femminile, in genere preponderante tra gli studenti, si è notevolmente incrementata anche nel corpo docente: undici donne, compresa la sottoscritta, sono responsabili di laboratori, una del coordinamento generale, e tra i collaboratori abbiamo contato ben ventotto presenze del gentil sesso. Per non parlare poi della nostra redazione dove ci sono sedici ragazze. Che l’università italiana stia cambiando? Che la misoginia congenita dell’accademia stia cedendo il passo ad una visione più democratica? L’altra metà del cielo sono, in questo caso, i veri attori di questo tour de force di inizio estate: gli studenti. In ben sette numeri del nostro giornale abbiamo esaminato i laboratori raccontando dei docenti: le star − stelle −; adesso dobbiamo, invece, mettere a fuoco le comete, le nebulose, i pianeti, i pianetini, i buchi neri, i satelliti, le stazioni vaganti, i corpi persi negli spazi siderali e così via. Da oggi in poi iniziamo a monitorare con sistematicità gli studenti dei ventinove laboratori progettuali. Vogliamo sentire le opinioni più disparate sulle “condizioni a contorno”, sui “vincoli”, sugli “elementi finiti”, per usare un linguaggio da scienza delle costruzioni. Il giornale rappresenta, infatti, un osservatorio prospettico, una sorta di filtro alle dipendenze di un cabina di regia: la camera anecoica della redazione dove tutto viene registrato, montato al di fuori della

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mischia. A questo punto, mi prendo il lusso di un secondo inciso. Come nasce il giornale? Ve lo spiegheremo in dettaglio in uno dei prossimi numeri. Ci teniamo comunque a precisare che è anch’esso frutto del lavoro di un workshop − lo avevamo già anticipato alcuni giorni addietro − e gli autori (dicevo prima gli “attori”) sono sempre degli studenti, studenti come tutti gli altri maratoneti estivi. Studenti Far e Fda; i primi scrivono, fotografano registrano, i secondi impaginano e danno vita al blog (in realtà quest’anno poco visitato o meglio poco commentato: sarebbero gradite, infatti, maggiori interazioni). Questo secondo inciso serve, peraltro, a spingere gli studenti che cerchiamo di ascoltare a darci risposte fuori dai denti, non timide e timorose, e a chiedere anche un parere sul nostro lavoro. Siamo alla pari, poiché si tratta di due forma diverse di progettualità. C’è chi si impegna a disegnare, tagliare, modellare per confezionare un prodotto che sarà finito (si fa per dire: un progetto è sempre perfettibile e quindi non è mai finito. In questo risiede il fascino del mestiere di architetto) e chi invece deve dar conto del proprio lavoro elaborando quotidianamente un prodotto “finito”. Qualcosa di non più perfettibile anche se inesorabilmente imperfetto.

M.M.

sopralluogo Cibic pagine 6

17:20…inizia la conferenza che vede protagonisti Dustin Tusnovics e Arman Akdogan con Felix Madrazo, e l’auditorium a Santa Marta si riempie finalmente di studenti (ma non altrettanto di docenti). Il tema della conferenza è, per usare le parole del Preside Giancarlo Carnevale, «pretestuoso», racchiude infatti molte questioni riguardanti l’attuale fase critica e di transizione in cui versa l’architettura. Come si può relazionare questa antica disciplina con il «nuovo moderno»? La conferenza si tiene completamente in inglese. Il primo ad illustrarci il suo punto di vista è Tusnovics “l’europeo”, data la sua formazione internazionale e le molteplici ascendenze. L’esposizione, breve ma molto efficace, si concentra sul tema cruciale del rapporto tra architettura e società, su come queste due entità lavorino e comunichino tra loro. Se si osserva il mondo dallo spazio, è possibile notare come le luci non siano distribuite in modo omogeneo sul territorio, ma si concentrino nei paesi più industrializzati. Ciò mette in evidenza come i processi culturali e lo sviluppo edilizio procedano di pari passo e contribuiscano gli uni ai cambiamenti dell’altro, in modi differenti a seconda del paese in cui questo processo di reciproca influenza ha luogo. Ma come comportarsi nei confronti di questi cambiamenti? Il mondo è in continua evoluzione, ovunque si vada si ha sempre la sensazione di essere stranieri. Un modo per

rapportarsi a tale situazione è trasformare e reinterpretare di continuo spazi e materiali. Il legno, ad esempio, può essere impiegato in modi diversi a seconda della cultura, del luogo e, soprattutto, del fine.Le “ali” di Massimo Scolari sul tetto della sede dell’Iuav a Santa Marta sono simbolo di libertà e dimostrano come l’uso di un materiale possa avere diverse declinazioni in relazione al significato che assume. L’impegno principale in questo workshop è quello di trasmettere agli studenti l’idea del progetto di casa socialmente utile e sostenibile, poiché l’architettura rispecchia il tessuto e i problemi del territorio. Ogni architetto nel suo piccolo deve crearsi un ruolo nel mondo, in quanto attraverso le sue opere può realmente modificarlo e contribuire alla creazione di un «nuovo moderno». Ma la domanda da porsi quotidianamente è «cos è il nuovo moderno?» E soprattutto: «Do you really want to change the world, Mr./Mrs. Architect?» La parola passa agli IND, che con altrettanta rapidità (anche verbale!) ci propongono una panoramica delle loro opere, sempre incentrate sulla gestione dei problemi sociali.Si parte con l’analisi degli effetti del turismo nei Caraibi (solo tre centesimi per ogni dollaro americano speso resta agli abitanti dell’arcipelago), per poi arrivare al progetto di social housing realizzato a Ceuta, in Spagna, nei pressi della bidonville marocchina. Viene posta l’attenzione sul fatto che pur trattandosi di edilizia popolare deve comunque pos-

sedere un certo grado di attrattiva e dignità in modo che le persone siano invogliate a viverci. Il concetto, nel lessico degli IND, prende il nome di Vivienda de Patrón. L’architettura di carattere sociale non si esprime però con la sola progettazione di edifici, ma anche con installazioni urbane: ne è un esempio la soluzione per il muro posto all’ingresso della città di Lima, in Perù, regolarmente usato dagli abitanti come orinatoio a cielo aperto. Vista la grande devozione popolare per Gesù e Sarita Colonia, i progettisti hanno usato, come deterrente, le loro immagini sacre stilizzate e accompagnate dalla frase di avvertimento: «Don’t do it. I’m watching you». L’idea è stata realizzata grazie al team “Supersudaca”, formato da Manuel de Rivero, Gonzalo del Castillo, Eduardo Rodrigo e Silvia Zumora. Uno degli aspetti peculiari di questo incontro è stato senza dubbio l’evidente interesse mostrato da parte dei docenti partecipanti, ad apprendere reciprocamente. Questo si è manifestato in particolare con le numerose domande poste da Akdogan e Madrazo a Tusnovics, soprattutto riguardo ai suoi interventi in Sudafrica, scenario di architetture da lui definite come «le cose più oscene del mondo». Questo territorio offre l’occasione di mettere in pratica il concetto di architecture beyond architecture, che rappresenta nel modo più completo l’idea di nuovo moderno. In contrasto con le posizioni dei protagonisti dell’incontro, che danno

grande rilievo a concetti quali “l’idea”, si colloca la posizione del Preside, che pur riconoscendo la crescente importanza di questi temi, pone al centro il concetto di “cultura materiale”, intesa come rispetto della materia e delle “regole dell’arte”. Se questo aspetto viene a mancare «tutto il resto è velleitario». È necessario che gli architetti prendano coscienza delle continue sfide che il mondo propone. Gli studenti, in modo particolare, devono avere fiducia in loro stessi ed essere consapevoli delle proprie responsabilità e azioni, cercando di comprendere i diversi aspetti del luogo e della cultura in relazione alla quale si opera, riconsiderando i nuovi valori che contraddistinguono la nostra società. Letizia Ferrari Elena Stellin

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Giovedì, 10 luglio 2008

Workshop ACT Accossato-Trentin

piazza del municipio a Somma Lombardo 2008

Potrà sembrarvi forse paradossale: intervistare gli studenti si è rivelato più difficile che conversare con i docenti, non tanto per la profondità dei contenuti, quanto per l’atteggiamento dei nostri compagni verso di noi: mentre A. si è dimostrata molto disponibile, B. e amici ci hanno rubato la penna, hanno cominciato a scattare foto al posto nostro e si sono persino appropriati delle domande ufficiali dell’intervista scarabocchiandoci su...

Perché hai scelto questo workshop? A Perché il tema e il programma mi sembrava molto concettuali. B Perché in realtà sono stato assegnato dallo spin, che non rispetta mai le preferenze. Ti piacciono i temi trattati? A Sì. Si tratta di imparare a

progettare e il bello è che ognuno si è scelto la propria area di progetto. B Non sono male. Come giudichi l’insegnamento dei docenti del workshop? A Insegnare a progettare forse è più difficile che imparare, considerato ciò bisogna riconoscere che sono bravi. B Veramente uno parla troppo piano, bisognerebbe pensare ad un sistema per migliorare l’acustica dell’aula. (Notiamo che comunque lo studente è seduto agli ultimi posti... ) Comunque sono soddisfatto, soprattutto della professoressa, perché faccio revisioni solo con lei. Qual é il lavro che stai svolgendo? A Dopo una lettura critica dell’area di progetto nel suo contesto urbano, individuato il tema-problema, dobbiamo “partorire” un’idea...sperando che arrivi... e qualcosa arrive-

rà: si tratta di esperimenti che in quanto tali produrranno qualche risultato. Poi bisognerà dare forma all’idea, quindi realizzare il plastico. B Abbiamo scelto un’area di progetto, dobbiamo osservarla in modo critico e risolverne le problematiche. Noi abbiamo scelto Venezia, perché l’area è a 30 m da qui, quindi i sopralluoghi sono veloci, ma potevamo scegliere qualsiasi altra città. Ora stiamo anche progettando gli edifici. Che metodi di rappresentazione usate e che materiali? Sono diversi da quelli dei corsi tradizionali non intensivi? A Stiamo facendo ancora il plastico della fase di lettura critica... è concettuale. Usiamo del polistirene e dell’acetato, materiali abbastanza comuni per fare i plastici. B Dobbiamo rappresentare la nostra idea di progetto con molti disegni e schizzi, oltre

alle solite tavole. Spesso gli studenti sono disabituati al disegno a mano a causa dei corsi di progettazione che richiedono rappresentazioni digitali per svolgere l’esame. Sei stanco? A Si, anche perché gli esami continuano nonostante i workshop. B Che domanda è? Trovi questo corso particolarmente difficile? A L’architettura in genere è una cosa complessa. B Sì, ci svegliamo la mattina prestissimo e poi lavoriamo tutto il giorno...per fortuna è giusto per questo mese. Dove vorresti essere in questo momento? A In vacanza, al mare...utopia. B Al seminario di fisica tecnica dei Tolentini (ride) Laura Scala Mariaelena De Dominici

Esperimenti con la luce eseguiti da Osram

Workshop IND Akdogan & Madrazo

IND, abitazioni sperimentali, Ceuta 2007

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Cosa pensi dei tuoi docenti del workshop? A Akdogan è sicuramente un bell’uomo (ridendo), preparato e pure simpatico; Madrazo è un gran simpaticone con una faccia da ispanico, e ci segue nel lavoro. B Di Akdogan? Che è turco. Madrazo penso proprio sia un vero messicano. C Akdogan è un po’ timido mentre Mandrazo è più estroverso A cosa va il tuo primo pensiero quando ti svegli in questi gior-

ni? A In sequenza: «maledetti muratori sotto casa»; «oddio, devo andare fino ai Magazzini con questo caldo!» B Devo essere in facoltà alle 9.30. C Ho tanto sonno! Sei un bravo “quasi” architetto? A Ho preso ventinove in progettazione, quindi no! B Certo, ottimo!! C No, ma mi impegno. Sei religioso? A Si, a volte

B Non tanto. Quel che basta. C Diciamo che sono spirituale. Ci spieghi che cosa è una moschea? A È un luogo di culto polifunzionale, dove nel nostro progetto si potranno incontrare anche religioni diverse. B Potrei parlarne per ore! È un luogo multifunzionale. C È un luogo di culto, ma nella nostra idea può essere utilizzato in vari modi e soprattutto per religioni diverse, come polo multi-culturale.

Ora che ci hai qui vicino e hai visto come lavoriamo, non ti verrebbe voglia essere nella redazione? A Assolutamente sì! B Può anche darsi…. C Avrei potuto forse; ero stato assegnato al giornale ma poi ho avuto un ripensamento. Giovanni Righetto

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Giovedì, 10 luglio 2008

Workshop Borgherini-Werblud Cosa pensi delle tue docenti? A …Mmmh...sembrerebbero in gamba. B Simpatiche e in gamba. Mi sta appassionando questo workshop. Qual è il tuo primo pensiero quando ti svegli in questi giorni?

A Che ho ancora troppo sonno, dormire tre ore a notte è troppo poco! B Devo prendere il treno per venire qui…. Sei un bravo “quasi” architetto? A Mi piacerebbe! B Direi discreto, mediocre.

Testiamo il tuo grado di apprendimento. Qual è la scopo di questo workshop? A Almeno quello l’ho capito! È creare un allestimento per l’aula con la colonna ai Tolentini che dovrà essere trasformata a seconda delle situazioni.

B !?... Come pensi di sopravvivere a queste tre settimane? A Spero di sopravvivere! B Sopravviverò impegnandomi in maniera giusta, senza strafare. Giovanni Righetto

Debra Werblud, Il Ciclope 2007

Debra Werblud, Limbo 2007

Workshop Bucci Cosa pensi del professor Bucci? A Forse c’è qualche pecca nell’organizzazione del lavoro, ma è comunque creativo. B Lui è uno bravo, ci sa fare, ma come tutti i creativi ha qualche piccola lacuna in campo organizzativo. Qual è il tuo primo pensiero quando ti svegli in questi giorni? A Finire il prima possibile il workshop. Finirlo anche bene però! B Finire il workshop e via!

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Sei un bravo “quasi” architetto? A Penso di essere un bravo studente. B Sono un discreto studente, si vedrà in futuro se diventerò un architetto! Lo spero! Vivresti in una casa inondata? A No, mi vengono i reumatismi! Comunque l’idea è originale. B L’ idea è interessante…magari con una piscina forse. Con l’acqua dei canali di Venezia no di sicuro.

Cosa è la trasposizione dei sensi? A È difficile da spiegare…è un esperienza sensoriale interessante ma a mio avviso poco applicabile. B Bella domanda... È interessante il fatto di avere a che fare con un’ architettura sensoriale. L’Iuav in una battuta. A Indescrivibile. B !?... Giovanni Righetto Angelo Bucci, Casa em Aldeia da Serra

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Workshop Bürgi-Cunico

Giovedì, 10 luglio 2008

Cosa pensi dei tuoi docenti? A La professoressa Cunico è un tesoro, tranquilla e molto stimolante…Bürgi l’ho visto poco qui in aula, ma le volte che è stato presente fissava immediatamente i concetti che voleva esprimere. B Secondo me ci vorrebbe più attenzione da parte loro nel seguire i nostri lavori. Qual è il tuo primo pensiero quando ti svegli in questi giorni? A Devo farmi la doccia e correre in stazione. B Riuscire a finire in tempo i progetti per la revisione. Sei un bravo “quasi” architetto? A Un bravo studente dai! B Ci provo! Torcello potrebbe essere la tua città ideale? A Con un po’ più di vita magari...discoteche, bar, locali… allora sarebbe perfetta!

B No no.. per carità! Non ha proprio niente a che fare con la mia idea di città ideale…è troppo fuori dal mondo! La tua impressione su questo workshop. A Buona, organizzato bene. Mi piace proprio! B Il tema è interessante, possono emergere molte idee; ci vorrebbe solo una maggiore coerenza tra docenti e assistenti. Credi di riuscire a non buttarti in canale entro la fine di questo laboratorio progettuale? A Potrebbe finire in qualsiasi modo. Dalla mia impressione credo di no comunque. B Mah...potrebbe succedere anche entro la settimana! Giovanni Righetto

Montbenon Competition 1996 Paolo L. Bürgi e Anuradha Mathur

Workshop Campeol

Prima delle dieci del mattino l’aula di Campeol è vuota e anche dopo offre la stessa impressione. Sono pochi infatti gli studenti di questo corso ma apparentemente sembrano tutti soddisfatti di come procedono i lavori. I ragazzi si sentono infatti seguiti e il docente riesce a monitorare la situazione tutelando e accompagnando gli studenti nel percorso che li porterà alla fine del laboratorio. Cosa ne pensate del programma del corso, poca progettazione e tanti ospiti e conferenze? A È un corso simpatico; è interessante il fatto che non si progetti ma si consideri principalmente l’impatto ambientale delle architetture, che nel nostro caso è una strada molto interessante e utile, soprattutto in vista di un impegno lavorativo futuro. Le competenze che stiamo acquisendo ci permetteranno infatti di guardare con occhio diverso ai nostri progetti futuri. B Le conferenze e gli ospiti sono stati favolosi, ognuno ha portato le proprie conoscenze nell’area di interesse che gli compete. Non è stato per nulla pesante un discorso come questo, condotto con grande capacità di integrazione. È un corso impegnativo che preclude altri impegni? A Credo che il grande merito di Campeol sia stato quello di capire che comunque il corso dura soltanto tre settimane per cui non vi è l’assoluta necessità di creare grandi cose o progettare opere monumentali come in altri corsi. Si preferisce infatti fare qualcosa di piccolo ma con un risultato importante.

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B Gli orari sono contenuti ma ovviamente alcuni studenti hanno il problema degli esami. Voi siete tra questi? A Io lunedì ho sostenuto l’esame di Estimo e domani prevedo di dare Meccanica, principalmente però il corso è composto da studenti del primo anno. Si riescono comunque a conciliare entrambe le cose. B Io sono al primo anno e darò un esame la prossima settimana, nessuna persona normale può farcela a dare Istituzioni di Storia dell’architettura durante un qualsiasi corso intensivo. I docenti come si comportano? A Campeol è fantastico, disponibile e solare. Si è creato un gran bel rapporto tra studenti e docenti anche grazie al numero ridotto di iscritti al laboratorio. Ci seguono tutti individualmente e ci aiutano con grande umiltà. B Gli assistenti si comportano molto bene e seguono le istruzioni del docente che coordina il gruppo in maniera impeccabile, siamo felici che la situazione sia così distesa. Siete ancora convinti della vostra scelta di corso? A Certo, piuttosto di fare sempre plastici! Comunque è soprattutto merito del docente e del suo programma di corso. Il modo di presentare e dirigere i lavori mi ricorda vagamente quello del professor Laner: “ganzo” e stimolante. Luca Stefanet

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Giovedì, 10 luglio 2008

Workshop Campos

Fuori dall’aula dei magazzini 6 incontriamo alcuni studenti del professore argentino Carlos Campos che si prestano molto volentieri a rispondere alle nostre domande. È un gruppo eterogeneo che lavora in perfetta simbiosi quello composto dagli oltre cinquanta studenti del laboratorio che ha sede nell’aula 1.5 dei magazzini 6. A questo punto del corso cosa pensate del programma svolto? A È un corso che stimola molto la fantasia. B È sicuramente un corso che lascia molto più spazio all’aspetto concettuale che a quello progettuale e proprio questo mi piace. Permette di riflettere e di osservare, con un riguardo particolare all’uso dei materiali nello sviluppo dei progetti. C È un corso intenso; ci sono poche ore per maturare il progetto e tante cose da fare. D L’albero azzurro, Dodò e lo scatolone fabbricone, vi ricordate? Con questo corso mi sembra di vivere in quel programma. Cosa ne pensate di un corso così individuale? A Il fatto che non si lavori in gruppo è un po’ triste ma co-

munque l’impegno e la concentrazione restano alti. B Credo che sia positivo, non ci si dà la colpa gli uni con gli altri e ognuno conta per sé, ormai io sono diventata la migliore amica dei miei aggeggi. C Comunque dalla prossima settimana i progetti prenderanno un forma diversa e crediamo che si inizieranno a formare dei gruppi. Qual è il vostro rapporto con Campos? A Era più bello in foto. E i suoi assistenti? A C’è ne uno che assomiglia moltissimo al DJ Linus; lui vaga molto, passa per i banchi, viaggia, a volte anche troppo e poi ci sono due assistenti donne, una più dolce l’altra più tosta, intriganti. Rifaresti questo laboratorio se ti venisse riproposto? A Lo farei tutto l’anno se ci fosse un corso così, è un corso perfetto, favoloso, lo rifarei a occhi chiusi. Giovanni Righetto

Casa en Buenos Aires Carlos Campos e Yamila Zÿnda Aiub

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lavoro diligentemente e in maniera molto seria. Sappiamo che l’organizzazione del corso prevede una divisione in gruppi. In che maniera si lavora e qual è l’aria che si respira in un team di progetto ristretto? A Siamo affiatati ma comunque l’aria è distesa e troviamo anche il tempo e il modo di prenderci in giro per i vari accenti dei componenti. Si vengono a creare situazioni divertenti. B Io credo che i gruppi siano poco omogenei, troviamo gruppi solo del primo anno e gruppi composti solo da studenti di quelli successivi. Avrei preferito una maggiore mescolanza. Con il senno di poi scegliereste ancora questo workshop? B Credo di si, è stata una piacevole sorpresa. C Era la mia terza preferenza. Mi piace molto il laboratorio di Adalberto Dias, ritengo sia il migliore per impegno e qualità. È un corso pieno di ragazzi carini. C’è qualcuno con cui vi piacerebbe approfondire l’esperienza? A Qualcuno che mi piace c’è! Però siamo qui per studiare! Luca Stefanet

Workshop Carrilho da Graça-Albiero

Escola Superior de Comunicação Social João Luís Carrilho da Graça,Oporto

Cosa ne pensate del programma del corso, quali sono le vostre impressioni alla seconda settimana? A È un corso piacevole che ci permette di lavorare su progetti per le isole della laguna veneziana: Lido, Certosa e S. Andrea. B Nel mio gruppo dobbiamo realizzare uno spazio per spettacoli teatrali e residenze per studenti alla Certosa, gli altri gruppi hanno come temi un’esposizione d’arte e mostre a S. Andrea e una sede per Master e dottorato al Lido. L’insieme dei progetti saranno tra loro coordinati. Comunque si tratta di campi di studio molto interessanti. Come sono vi trovate con i ritmi del corso? A I ritmi sono sciolti e si riesce tranquillamente a gestire il tempo di lavoro. B Non è un laboratorio di progettazione vero e proprio per cui non vi è la necessità assoluta di rispettare le scadenze per le consegne di progetto. C Gli orari sono elastici e non si arriva mai a casa dopo le sei e mezza [perché non seguite le conferenze! Red.]; è abbastanza piacevole comunque il lavoro in aula. Il vostro rapporto con i docenti? A Carrilho non è molto presente. È venuto soltanto i primi due giorni ma è una bella persona. Ci ha salutato con la certezza che una volta tornato troverà i nostri progetti fffffffffffantastici! B La professoressa Albiero è invece molto presente e disponibile; tutto il peso del coordinamento grava sulle sue spalle. C Anche gli assistenti sono importanti; svolgono il loro

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Giovedì, 10 luglio 2008

Viaggio AUTO-gestito

Sopralluogo all’area di progetto di A. Cibic Un’organizzazione anomala quella del sopralluogo effettuato dal corso Futurealities: l’appuntamento è alle 10.30 di martedì 8 luglio alla stazione di Vicenza e le indicazioni si limitano a questo. Niente mezzi pubblici o trasporti organizzati per gli studenti di Aldo Cibic; solo le auto che pochi ragazzi mettono a disposizione dei compagni di corso non vicentini; qualche sbadiglio soprattutto tra chi, come me, arriva da Venezia e si è dovuto alzare all’alba per riuscire a prendere l’unico treno regionale del mattino. Si parte dopo mezz’ora di attesa anche se il professore non si vede, e capisco che non si spingerà fino a Torri di Arcugnano. Anch’io quindi mi accaparro l’auto di un amico e mi accodo alla carovana delle ventitré macchine. A guidare il manipolo è Francesco Corà, assistente del workshop. Guida lungo le stradine di campagna introducendoci in quest’angolo di paradiso verdeggiante, tra gli sguardi un po’ incuriositi dei rari abitanti della zona

che non devono vedere tutti i giorni tanto traffico e affollamento. Chiacchierando con Francesco capisco che questa indipendenza e soprattutto la gaiezza generale sono ben accetti nel corso: sia in questa “campagna” che in classe ci vuole “casino”, purché «propedeutico al fare e che permetta una progettazione gioiosa e aperta al confronto». Passeggiando mi racconta quali sono gli obiettivi del workshop: il compito degli studenti è progettare un centro di ricerca immerso nella natura, nel rispetto di quelli che sono i problemi energetici, studiando gli aspetti naturalistici dell’area, confrontandosi con i segni che l’agricoltura ha lasciato sul territorio, utilizzando infine riferimenti non solo provenienti dalla disciplina architettonica, ma traendo spunti da realtà differenti; potranno giungere così a un progetto che offra una risposta alle necessità e ai desideri delle persone e coerente con tutti gli aspetti del territorio. E così i ragazzi si

trovano a percorrere, macchine fotografiche alla mano, un paesaggio ameno, nella cornice dei Colli Berici, pronti a immortalare il luogo che ospiterà i loro progetti: i punti salienti sono il lago di Fimon, poco distante da qui, ma che non andremo a vedere oggi, i rilievi boscosi che si innalzano tra i campi coltivati, poche e rare case o vecchie fattorie. I limiti sono pochi, ognuno si muove indipendentemente secondo il trasporto emotivo che la natura gli trasmette. Gli studenti Iuav assomigliano a tante piccole formiche industriose che si spargono e invadono la superficie agreste alla ricerca di pane per le loro provviste, anche se non mancano affatto le cicale: dopotutto quando si vede una balla di fieno in mezzo a un campo, come si può resistere alla tentazione di saltarci sopra? Elena Verga

Cercasi prof disperatamente: ovvero workshop degli australiani o per gli australiani?

Noi studenti, si sa, ci si lamenta sempre per qualcosa: che si lavora troppo, troppo poco, ci si lamenta degli esami durante, prima, dopo i workshop… che le conferenze sono organizzate proprio quando dobbiamo andare a prendere il treno (scusate, ma non dovremmo finire alle 19.00? ah già, giusto, ma dalle 17.00 alle 19.00 ci beviamo lo spritz….)… però… però… un dubbio, nel nostro ws nasce spontaneo: Rykwert esiste? Oppure no? Sicuramente è un mito, ora sappiamo che è anche un fantasma. Ogni mattina, la scritta all'ingresso che riporta i nomi dei titolari del workshop ci rimanda ad un’assenza (in realtà, fino a venerdì scorso a due!) non irrilevante: ma dove sono i nostri professori?… noi, o almeno parte di noi, siamo qui per loro, per il programma pubblicato sul web che tanto ci affascinava e, senza nulla togliere agli assistenti australiani, ci si sente disillusi e abbandonati… Un’altra domanda, quindi, nasce spontanea: ma qual è davvero la Bella Vita? (tema del nostro workshop).

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Le lamentele sono tante, a volte immotivate e sintomo di una nostra stessa mancanza di elasticità: le lezioni sono tutte in inglese (però nel programma c’era scritto), sono troppe e non ci consentono di avanzare con il progetto (a volte preferiamo restare un po’ asini…), i progetti scelti durante le revisioni sono per la maggior parte quelli degli studenti australiani ospiti (sono del quarto e quinto anno), quindi noi diventiamo degli automi che eseguono i loro ordini (ma noi, scusate, siamo in un rapporto di 5 a 1, e nonostante questo, così remissivi?), c'è poca concretezza, troppa analisi, una disorganizzazione diffusa (anche se la gerarchia, per loro, è chiarissima…), il sentore infine di aver perso tempo e di non averne abbastanza per completare il progetto per la mostra. Il disagio, poi, si supera in vari modi: c’è chi mette da parte le proprie idee ed esegue quelle altrui (e nel lavoro di équipe, dovremmo saperlo, spesso accade), chi si sforza ancor di più nella ricerca del dialogo tra due (tre?), culture

agli antipodi, chi pensa solo a portare a casa i 6 crediti. Ecco un’altra questione che si affaccia alla nostre menti: ma chi, tra loro, ci valuterà? Come riusciranno a capire quanto c’è di nostro nel lavoro di ogni gruppo e potrà dare un voto ai nostri sforzi (o alle nostre mancanze…)? Fortunatamente per alcuni di noi questo ws comunque funziona; i più ottimisti e lungimiranti, forse i più astuti o viceversa i più ingenui, ritengono che tutto vada al meglio, e sentono pienamente appagate le proprie aspettative. Dopo 10 giorni, stiamo ancora cercando la via della Bella Vita : speriamo che Rykwert, la settimana prossima, porti la luce alla fine di questo tunnel!

Vietato fumare, No smoking, Défense de fumer, Rauchen Verboten... Una volta per tutte: negli spazi interni del cotonificio e dei magazzini Ligabue non si fuma. Per una elementare questione di rispetto del prossimo, e perché c'è una severa normativa in merito. Una nota ulteriore, rivolta al bulletto protagonista dell'episodio avvenuto martedì 8 (sorpreso a fumare in aula da un'assistente al suo rimprovero ha risposto davvero con poca urbanità, millantando “conoscenze”); nemmeno in questa nostra povera patria in cui prosperano i clientes è più lecito dire: «Lei non sa chi sono io». Ai Ligabue si è più fortunati: c’è abbondanza di ballatoi... [red.]

Studenti Workshop Rykwert-Ruan

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Giovedì, 10 luglio 2008

Attraversare quel poco d’acqua

Giuseppe Santomaso - Cantiere 1952

Il 13 luglio termina una mostra, alla Fondazione Cini, dedicata all’artista veneziano – pittore, incisore – Santomaso (Giuseppe Santomaso e l’opzione astratta, con opere anche di Afro, Tancredi, Vedova, Corpora, ecc.). Dovreste proprio andarci, ragazzi del workshop. Per alcuni motivi: il luogo è molto bello e gli spazi espositivi dell’Isola di San Giorgio Maggiore sono stati da poco restaurati. È una mostra d’arte e come tale c’entra moltissimo con l’architettura. Un breve ricordo personale per chiarire questo ultimo punto. In Italia esiste una legge che prevede, nel caso di un edificio pubblico, una quota minima del costo di costruzione da destinare alla realizzazione di “opere d’ingegno”. Per fare questo si bandisce un concorso. Pietro Mainardis, autore con altri della Cittadella della Giustizia in costruzione a Piazzale Roma e scomparso un anno fa, venne chiamato a far parte della giuria incaricata di selezionare le opere che

avrebbero trovato posto negli edifici una volta ultimati. Tornò da quell’esperienza stupefatto: da un lato dall’insipienza disegnativa di alcuni artisti contemporanei, a loro agio con il video e l’istallazione, ma in grave imbarazzo nella preparazione di un bozzetto realizzato a mano; dall’altro dal carattere di ospiti inattesi e vagamente inopportuni che molte le proposte incarnavano. Fine del ricordo. Non del Rinascimento si tratta qui; accadeva ancora in Italia fino a qualche decennio fa, nell’epoca dell’unità delle arti figurative, poiché la formazione dell’architetto (tecnico e costruttore) non poteva prescindeva da queste (pittura, scultura, ecc.) essendo in realtà l’architettura una delle costole separatesi solo negli anni Trenta dalle Accademie di Belle arti nelle quali era inserita. Oggi la scissione appare totale. Ora che gli strumenti espressivi di architetti e artisti arrivano spesso a coincidere assistiamo a una

flagrante incapacità di comunicare. L’opera arriva, sempre, dopo. Qualunque aspetto abbia, con qualunque tecnica venga realizzata. Questa reciproca indifferenza ha origini inaspettate anche in scuole dove gli ambiti disciplinari per forza dovrebbero tendere alla fusione. Per restare a Venezia i ponti dei magazzini Ligabue, tesi tra edifici di diverse facoltà afferenti all’Iuav spesso paiono tutto fuorché parti di una rete di collegamenti e rapporti. Tornare a interessarsi all’arte, moderna e contemporanea, è l’ennesimo compito al quale sarebbe bello sentirsi chiamati. Accade anche qui, durante questa esperienza che stiamo vivendo. Per fare un esempio, Benedetta Tagliabue propone al suo laboratorio di lavorare su di una coreografia per Merce Cunninghan. Si pensi a quanto ha a che fare l’opera del coreografo con le composizioni di John Cage (come hanno giustamente ricordato le docenti), si pensi a quanto debba all’opera giovanile di

Robert Rauschenberg (la serie degli White painting ma anche Automobile Tire Print, dove Cage guidava e Rauschenberg dipingeva di nero la ruota della Ford dell’amico che lasciava impressa l’impronta del battistrada su di una lunga sequenza di fogli stesi al suolo), alle sperimentazioni abitabili di Buckminster Fuller, ad alcuni insegnamenti di Albers. Si pensi all’epopea del Black Mountain College, che queste persone contribuirono a scrivere e come questa abbia influenzato la storia dell’architettura statunitense. Gli inneschi sono ovunque, se ci si avvicina con l’animo del ricercatore appassionato, del progettista appassionato. Il processo virtuoso di cumulazione dei riferimenti può avere inizio anche attraversando un canale, per quanto largo esso sia, o ci appaia. Massimiliano Botti [red.]

Glossario B come BANCHI_ una delle prime cose che si imparano all’Iuav è che i banchi sono stati disegnati da Carlo Scarpa; questo (secondo i professori) dovrebbe condurre le giovani menti a una stuporosa contemplazione dell’estrema semplicità e funzionalità di questo oggetto “architettonico”, perfetto e minimalista nell’uso dei materiali e nelle linee… Ma allo studente medio il banco è caro non tanto per il suo design rigoroso quanto per l’inesauribile quantità di pillole di saggezza, barzellette, caricature, commenti più o meno sentiti su gran parte della popolazione Iuav, schizzi e “schizzate” (grafici i primi, mentali le seconde), concept, annunci di vario genere, caffettiere come La Cupola di Aldo Rossi il cui ripetersi ossessivo è probabilmente frutto della lettura di questo “nostro” maestro e... chi più ne ha più ne metta. Il Banco, compagno discreto e ironico e supporto fidato (anche solo per schiacciare un pisolino), ha creato una sorta di universo parallelo dove gli studenti annotano per sé stessi e per altri studenti: il Banco “scarpiano” più di qualsiasi moderno strumento tecnologico e virtuale raccoglie e sedimenta su di sé la memoria sconveniente e collettiva dei ragazzi.

Abstract n.7 1 Towards new representations Debra Werblud vs Franz Prati This conference offers images of inspiration and impulses to enlarge personal knowledge, filtered through contemporary themes, the concept of representation has been proved to go beyond a simple drawing and can be an instrument of contamination with other disciplines. 1 Absents in the wrong Like every year, fewer and fewer students attend the Iuav conferences and debates given by guest professors. It is obvious that the reason is because they have little time to complete their work, but on the other hand, these lectures may offer great inspirations for their projects and are unrepeatable events. 2 Dynamics for a discipline in mutation Maria Chiara Tosi describes what she requests in her workshop. Through examples her students must suggest their view on how Mestre will develop and work on how it is possible to create a welfare state in the city. 2 Suburban Villa as a mirror of society How can Good Life be represented? Professor Xing Ruan explains how the exchange of knowledge between the Italian and Australian students is important for the workshop. Using Palladio as a reference they have to adopt the concept of the villa in their project based in Sydney, in front of the harbor. 3 “Environmental nihilism” Professor Campeol describes how once Italy was first in building highways and has now refused its primacy committing an involution. It is paradoxical to learn that now its infrastructures

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are comparable to third worlds ones. 3 Do you really want to change the world, Mr/Mrs Architect? Professor Dustin Tusnovics describes how it is important for a “good architect” to consider themes as social living in the most complete way possible. His students are required to develop the idea of socially useful buildings through the study of ecosustainability. 7 Horizontal transmission of knowledge In professor Casamonti’s workshop, students are given the great opportunity to experiment a new program called “Ecotect”. It analyzes the building’s energetic performances in order to provide suggestions on how to create a sustainable building. Elena Stellin

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Giovedì, 10 luglio 2008

10.7

Auditorium cotonificio

8 appuntamenti che contrappongono in una dialettica particolarmente vivace un architetto straniero e un architetto italiano. 8 incontri aperti al pubblico, oltre che ai 1800 studenti dei Workshop 2008, che indagano gli orientamenti dell’architettura. Giovedì 10 luglio ore 17 Verso nuovi paradigmi estetici? Laura Thermes e Renato Rizzi

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Venezia: insolito e divertente

mostre un mondo di carta Isabelle de Borchgrave incontra Mariano Fortuny Museo Fortuny in campo San Beneto (vicino campo Sant’Angelo) ore 10 - 18 (la biglietteria chiude un’ora prima) sconfinamenti exit - entry Ca’ Pesaro (fermata del vaporetto n.1 San Stae) ore 10 - 18 concerto di musica indiana Sankha Chattopahdyay e Shujaat H. Khan sabato 12 luglio alla Fondazione Giorgio Cini ore 18.30

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Dall’Interno

Presentazione Venerdì 11 luglio ore 17 Aula M1 Cotonificio di Santa Marta Presentazione dei libri: Baukuh, 100 piante e Sp10studio, Quaderno dal 2000 De Ferrari editore, Genova 2008 Saranno presentati oltre a Franz Prati, anche Daniele Pisani, Paolo Ceccon, Matteo Ghidoni e gli autori Lunedì 14 luglio ore 11:30 Auditorium Cotonificio di Santa Marta Dustin A. Tusnovics More Occasion 4 learning progetti dal Sud Africa

Servizi Far

Copie e plottaggi Dove? Al piano terra delle Terese, Centro stampa Quattro Esse Come? Con apposito “foglio di credito”, usando pen drive Quando? Anche ieri e per tutti i giorni fino al 18 cm Quanto? Fino a euro 650 per workshop Mercoledì 9 luglio 2008 Laboratorio08 Numero 8 Supplemento a Iuav-Giornale d’Istituto Registro stampa 1391 Tribunale di Venezia Direttore scientifico Marina Montuori Coordinamento di redazione Massimiliano Botti

Punto spray Dove? Al piano terra – esterno!! – sia del Cotonificio sia dei Magazzini 6 Perché? Perché fa male usare spray acrilici e simili in spazi interni e non sta bene imbrattare la Scuola Punto riciclo Dove? Ad ogni piano del Cotonificio e dei Magazzini 6, appositi cesti ove, razzolando, si può recuperare qualche frammento destinato a seconda vita. Alias NO “MONNEZZA”! Perché? Il Pianeta si sta stringendo e dobbiamo prendercene cura

Direttore artistico Enrico Camplani Coordinamento redazionale Luca Caratozzolo Elisa Pasqual

Santa Marta Primo piano Thermes, A1 Ciacci, A2 Rykwert – Ruan, B Rizzi, C Casamonti, D Dainese, E Semerani – Tamaro, F Rich, G Campeol, I Secondo piano Cibic, L1 Tagliabue, L2 Prati, M1 Cecchetto, M2 Carrilho – Albiero, N1 Bürgi – Cunico, N2 Dias, O1 Gausa, O2

Laboratorio interfacoltà Far/Fda Nell’ambito dei workshop estivi aa 2007-8 Far/Fda_Iuav Redazione testi e immagini studenti Far Roberta Boncompagni Dario Breggiè Mariaelena De Dominici Letizia Ferrari Francesco Leoni Caterina Mendolicchio Nicoletta Petralla Giovanni Righetto Laura Scala Luca Stefanet Elena Stellin Elena Verga Elena Zadra Redazione grafica studenti Fda Irene Bacchi Benito Condemi de Felice Elvira del Monaco Claudia De Angelis Maria Polverino Gabriele Rivoli

Chi e dove?

Magazzini 6 Piano terra Femia – Peluffo, 0.1-0.3 Bucci, 02.-0.4 Tusnovics, 0.5-0.7 Nicolini, 0.8-0.10 Primo piano Campos, 1.1-1.3 Tosi, 1.2-1.4 Gambardella, 1.7-1.9 Akdogan – Madrazo, 1.8

Divieti

Progetto grafico n.7 Silvia Novello

È severamente vietato fumare nelle aule, nei corridoi e in tutti gli spazi comuni delle sedi!!!!

Secondo piano Borgherini – Werblud, 2.3 (aula informatica) Accossato – Trentin, 2.2 Mancuso – Chun, 2.4 Fontana, 2.5

Coordinamento multimediale Massimiliano Ciammaichella Ketty Brocca

Prendere materiali nelle aule di altri workshop.

Redazione, 1.6

Redazione web video studenti Fda Ambra Arcangeli Enrico Ausiello Enrico Rudello online http://laboratorio08.wordpress.com email laboratorio08@iuav.edu Coordinamento generale Esther Giani

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UNA SOCIETÀ DI FONC IÈRE DES RÉG IONS

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