Numero Dieci

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anno secondo numero 10 lunedì 14 luglio 2008

intervista studenti

intervista sopralluogo Bürgi /Cunico

sopralluogo Dainese

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7 Non solo workshop

Verso nuovi paradigmi estetici?

Collecting: connecting 2

Laura Thermes vs. Renato Rizzi

Una mostra e una sfi lata del Corso di laurea in Design della Moda

Cosa è bello e cosa non lo è? L’estetica è al centro del dibattito che si è svolto in auditorium giovedì 10, per il quale l’affluenza è stata più che buona, tanto da rendere quasi difficile trovare posto a sedere. Questo probabilmente perché si è trattato un argomento interessante per i ragazzi, applicabile anche ad ambiti che trascendono l’architettura. I due oratori hanno sviluppato approcci completamente diversi nei confronti del tema. È la professoressa Thermes ad aprire la conferenza con un’introduzione in stile “lezione frontale di storia dell’architettura”, ricca di citazioni, riferimenti culturali e storici. L’intento è lodevole e molto istruttivo, ma nel suo sviluppo tende a discostarsi − a mio avviso − dall’argomento principale della conferenza. Attraverso un percorso nella storia dei grandi maestri della composizione e della critica architettonica si delinea l’idea di estetica della professoressa. In un’era come la nostra, dove sembra che la complessità della forma sia sinonimo di qualità del progetto, l’architettura dev’essere una forza dell’ordine che si contrappone al caos, un’architettura della semplicità, propria di grandi modernisti come Kahn, al servizio della gente per un miglioramento delle condizioni dell’abitare. Questo è possibile se l’architetto si rende portatore di una coscienza autocritica, se l’architettura è intesa come una risposta a un bisogno. Anche il professor Rizzi sembra aver colto la digressione della professoressa, come esprime in maniera più o meno velata nel suo incipit, preannunciando un’esposizione dai toni molto diversi. Infatti esprime una forte carica passionale nella sua esposizione, dimostrandosi capace di imporre il segno nell’attenzione di ognuno attraverso un linguaggio ed una gestualità a tratti teatrali. Ci sono due punti su cui il professore si sofferma in modo particolare: in primo luogo la differenza tra il termine “estetico” e la definizione di “estetica”. L’estetico si configura come la relazione pura tra l’ente preso in causa e tutti quelli del contesto in cui s’inserisce, consiste nel rendere percepibile un oggetto reale. L’estetica è il permane-

Il 3 luglio si è celebrata a Treviso la conclusione del primo ciclo del triennio dedicato alla moda e al suo progetto: un corso di laurea unico nel panorama universitario italiano. Unico non solo perché punta all’eccellenza: formare una nuova classe di creativi in grado di affrontare tutte le sfide che il sistema della moda globale impone, ma anche perché cerca di definire quali siano oggi l’identità e l'obiettivo di una scuola italiana di moda. Capire le qualità e le peculiarità di un modo italiano e metterle in relazione attiva con il fashion system; provare ad essere esempio di un progetto formativo autonomo, in grado di competere con l’eccellenza delle grandi scuole di moda del mondo. I risultati si stanno vedendo e per molti studenti del terzo anno sono già arrivate proposte di assunzione da parte di prestigiose aziende e istituzioni in Italia e all’estero. «La progettazione di un abito — afferma il direttore della scuola Maria Luisa Frisa — è un processo complesso: faticoso da insegnare e impegnativo da apprendere. Qui si impara presto a capire che la moda è una disciplina durissima nella quale autocontrollo, concentrazione e dedizione per il lavoro sono ingredienti non meno importanti della creatività. D’altra parte il nostro corso di laurea è a Treviso, cuore pulsante del nord-est produttivo che con un appropriato neologismo è stato di recente definito Innovation Valley per la sua elevata capacità di fare innovazione e ricerca. Polo creativo in termini di design, ma anche di processi produttivi e di strategie per il retail e la comunicazione». L'innovazione si è resa manifesta alle ore 17.00 nell'affollatissima sede di via Achille Papa a Treviso (www.iuav.it/fda; e-mail: designmoda@iuav.it). La mostra, curata da Judith Clark, occupa tutto l'edificio e lo spazio sembra non bastare: siamo avvolti da abiti e accessori di pregevole qualità, che nulla hanno da invidiare al lavoro dei celebri fashion designer odierni; si comprende subito che qui ci sono idee, c'è un progetto, si fa cultura. Continuando nel percorso siamo accompagnati da videoproiezioni e immagini evocative che raccontano il lavoro di tutti i docenti e degli studenti di questo produttivo triennio. Alle ore 19.00 ci si sposta nella Sala Borsa della Camera di Commercio di Treviso, all'esterno ci attendono due maxischermi a led che trasmetteranno lo show in piazza per i ritardatari. Ci si accalca davanti all'ingresso, entro a prendere posto accompagnato da una studentessa molto carina e

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re inevitabile e durevole nel tempo di queste relazioni. In secondo luogo Rizzi focalizza l’attenzione sulla sua idea di architettura come disciplina estremamente intima con un risvolto pratico diffusamente pubblico, e da questa tensione si origina la sua natura complessa e affascinante. La sua idea si rifà al pensiero dei greci, i primi ad assumere un’idea filosofica consapevole dell’estetica, strutturata in un sistema paradigmatico che aveva creato dei modelli che sono stati negati poi completamente dal moderno e dalla contemporaneità, in cui ormai ognuno è il proprio grande demiurgo. Secondo Rizzi va ricercata una visione che prescinda dalla soggettività propria dei nostri tempi, che ci renda capaci di guardare al mondano con mente nuova, che possa rifarsi alla dimensione filosofica estetica del mondo classico, fondata sul valore dell’aidos (il pudore), e che da essa apprenda un paradigma regolatore della forma, opposto a una tendenza tutta contemporanea di banalizzazione dell’estetica. Cito testualmente: «Il soggetto deve negare la propria misera individualità, perché negandola la espande con gli universali». Seguono i due PowerPoint di corredo alle spiegazioni dove vengono mostrate immagini di progetti di entrambi gli oratori. La professoressa mostra diverse architetture dello studio Purini-Thermes. Per citarne solo alcune: una chiesa a Lecce, un centro commerciale all’Eur a Roma e un progetto molto particolare di un grattacielo ancora in fase di elaborazione dove si realizza una sinergia tra diversi famosi architetti italiani (Paolo Portoghesi, Marco Casamonti, Studio Roma e altri) a Shangai. Il professor Rizzi invece sceglie di mostrarci diverse slide di suoi progetti, ma senza commento. Ci espone progetti che definisce di natura ipogea: un museo d’arte moderna situato di fianco al palazzo della cultura a Varsavia, e il centro Giovanni Paolo II, situato a Cracovia. Francesco Leoni

gentile. Nell'attesa che cominci lo spettacolo, camerieri mascherati servono delle pietanze prelibate: borse e scarpe appetibili su vassoi d'argento che stuzzicano i palati del pubblico. Ma il pranzo luculliano sta per essere servito...Fa gli onori di casa una fashion curator di tutto rispetto, la direttrice del corso di laurea Maria Luisa Frisa, seguita dal Preside della Facoltà di Design e Arti Marco De Michelis che scende le scale con fare deciso e giacca di lino sulla spalla, come si confà a un modello professionista. Lo spettacolo inizia, i ragazzi hanno curato ogni minimo dettaglio, musiche comprese; sono dei perfezionisti che non concepiscono il “sistema moda” come mera esibizione in passerella di capi d'abbigliamento montati su scheletriche strutture; abbracciano l'arte, l'architettura, il teatro, tant'è che il tutto si conclude con l'uscita in piazza dei capi d'abbigliamento e dei talentuosi creativi di domani. Massimiliano Ciammaichella

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Workshop Gambardella Un religioso silenzio regna dell’aula del professor Gambardella; l’aria che si respira è di rapita concentrazione e gli studenti lavorano al proprio progetto individualmente. Avviciniamo due studentesse durante una pausa di riflessione. Cosa pensi del prof. Gambardella? È un personaggio estroso, allegro, continua a ripetere che ci si deve divertire per fare architettura! Ci piace questa filosofia. Non sembra ci sia una grande allegria però...

Ci sono stati pochissimi scambi di idee tra gli studenti, soprattutto con noi del primo anno! Non ci badano proprio!! E i rapporti con gli assistenti come sono? Buoni, sono davvero molto disponibili. Le aspettative per questo workshop sono state soddisfatte? Certo! Credevamo di lavorare un po’ meno ma ora comincia ad essere proprio dura… Giovanni Righetto

Cherubino Gambardella Ipostilo delle colonne Montesarchio (BN) 2002-04

Workshop Gausa Arrivato nell’aula del professor Gausa l’aria che si respira è molto distesa, si lavora con serenità e ridacchiando all’interno dei vari gruppi. Mi avvicino ad un ragazzo che stranamente, rispetto alle esperienze precedenti, capisce immediatamente le mie intenzioni e mi accoglie simpaticamente. Dopo una serie di battute del tipo «che bello vengo intervistato e vado sul giornalino!» [QUOTIDIANO, perbacco! N.d.R.] si passa alle domande. Cosa ne pensi del professor Gausa. A È molto propositivo, non è molto presente perché è dovuto tornare in Spagna, ma gli assistenti sono all’altezza. Non parla benissimo l’italiano, ma non si può fargliene una colpa…Una sola cosa...che vuol dire “vale”? (Vuol dire “ciao” N.d.R) Continua a ripeterlo! B È diverso dai docenti ai quali siamo abituati qui in Italia, sia per il modo di fare che di insegnare. Sembra quasi uno di noi! Quali erano le tue aspettative riguardo a questo workshop? Sono state soddisfatte? O magari superate? A All’inizio non era molto chiaro il tema; successivamente il professore e gli assistenti, grazie anche alla loro coesione, si sono spiegati molto chiaramente. È molto interessante perché si intrecciano due workshop diversi. Direi che per

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adesso questo laboratorio ha già superato le mie aspettative. A È più duro di quanto mi aspettassi, nonostante ciò il tema è interessante e l’ambiente molto stimolante. Con gli altri studenti che rapporti si sono instaurati? B C’è una buona integrazione tra ragazzi del primo, del secondo e terzo anno. B Al di fuori del gruppo di lavoro si è legato molto poco. Non c’è la sintonia che mi aspettavo. Che rapporto c’è con il professore e i suoi collaboratori? A Gli assistenti sono veramente disponibili, molto validi e di ampie vedute. Tutto ciò crea un rapporto molto produttivo. B Abbiamo ottimi rapporti con tutti. Gli assistenti sono impegnati, ci aiutano,sono presenti e molto attivi. Giovanni Righetto

Manuel Gausa Barcelona Land Grid 1996-99

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Workshop Mancuso-Chun Solo gli studenti del laboratorio intitolato Health Care Town in Jeju-Island possono spiegarci come il laboratorio più multietnico e poliglotta si diriga verso la conclusione, con le difficoltà, i dubbi e le paure dei ragazzi che ritagliano e progettano in maniera forsennata.

Franco Mancuso, Seok Chul Kim Padiglione della Corea

Come funzionano i vostri progetti? A Male, siamo molto indietro e il tempo passa, dobbiamo ancora urbanizzare l’area e fino ad ora le revisioni non sono andate bene, abbiamo dovuto ricominciare da zero più volte il lavoro e, al momento, credo che il nostro gruppo sia quello che deve lavorare di più per riuscire a rispettare i tempi per le consegne. B Siamo abbastanza contenti, i docenti rispondono bene alle nostre richieste e notiamo che apprezzano il lavoro e i nostri sforzi. Abbiamo giù improntato i plastici di studio e i primi progetti saranno presto sviluppati. Cosa ne pensano i docenti? A Non abbiamo fatto moltissime revisioni, i docenti non sono molto presenti in quanto sono impegnati a 360° in altri workshop o in lavori diversi, ma quando siamo riusciti ad averli con noi sono sempre stati disponibili e la loro presenza è sempre stata utile. B I professori sono felici. Mancuso ci ha dato molte “dritte” in-

teressanti così come Chun che ci ha presi per mano e ha fugato numerosi dubbi. Un aiuto ci è stato dato anche dagli studenti coreani, i quali sono iscritti ad anni di corso successivi al nostro e che quindi sono maggiormente in grado di urbanizzare il luogo. Quali difficoltà avete incontrato? A Siamo tutti studenti del primo anno, non abbiamo ancora fatto urbanistica e questa è la difficoltà più grande. Se poi si somma anche il salto che abbiamo fatto rispetto al laboratorio di progettazione I (dal progetto di una casa al disegno di un centro per anziani e disabili) il workshop si presenta ancora più complesso. Speriamo di essere illuminati presto su come procedere. B La difficoltà più grande è la concentrazione e il tempo che stringe. Ovviamente in tre settimane bisogna sbrigarsi e capire che non tutto è possibile. Faremo quello che potremo senza romperci la testa o senza rischiare di fare qualcosa che risulterà incompleto. Parliamo di orari? A Sono orari importanti, io non abito dietro l’angolo e come me molti miei colleghi. La mia routine per questi corsi mi impone di svegliarmi alle 6.00 per arrivare alle 9.30 all’appuntamento e non riesco a partire da Venezia prima delle 19.00. E’ impossibile arrivare a casa prima delle 21.00. Quindi-

ci ore non sono poche, posso dire che non ho più una vita sociale. Cosa ritenete di poter capitalizzare da questa esperienza? B Sicuramente lo scambio culturale. In questo workshop troviamo italiani, coreani, slavi, croati e un tedesco. Ci scambiamo opinioni e modi di vivere la quotidianità delle giornate, ho ampliato le mie vedute. Sono molto felice del rapporto che si è venuto a creare. Raccontateci un aneddoto di questo scambio culturale. Ieri abbiamo fatto mangiare per la prima volta pizza e gelato ai ragazzi coreani. Avreste dovuto vedere le loro facce. Luca Stefanet

Workshop Nicolini Un workshop “da grandi”: un solo studente del primo anno e moltissimi del terzo, ai banchi i plastici sono quasi completi e in qualsiasi direzione si orienti lo sguardo incontri solo sorrisi. Il lavoro sui plastici è in fase piuttosto avanzata; come sono andate le revisioni? A A volte non riusciamo a capire le esigenze dei docenti ma generalmente il processo che ci sta portando alla risoluzione del progetto funziona. B Sono felice, sono contentissimo di come sta andando il nostro progetto; è capitato che qualcuno debba ricominciare il lavoro da zero, ma generalmente i nostri sforzi hanno portato a buoni risultati. Questo e il mio terzo anno ai workshop e credo che per tranquillità ed equilibrio sia il migliore di tutti. Quale difficoltà avete incontrato in questo laboratorio? C Urbanizzazione e sviluppo del progetto ormai sono il nostro pane quotidiano. Ovviamente i tempi sono stretti e le difficoltà sono più fisiche che non concettuali. D La difficoltà più grande è la concentrazione e il tempo che stringe. Ovviamente in tre settimane bisogna sbrigarsi e capire che non tutto è possibile. Faremo quello che riusciremo a fare senza romperci la testa e speriamo sen-

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za rischiare l’incompletezza. Quale rapporto avete con i professori? A Nicolini è buonissimo. Autoritario ma molto tranquillo, credo sia uno dei docenti più buoni che abbia mai avuto. È comunque assistito in maniera fantastica dalla sua èuipe di sette assistenti. Alcuni dei quali davvero ben vestiti. B Abbiamo un bellissimo rapporto, capita di uscire assieme anche la sera. Ci troviamo in campo Santa Margherita e beviamo qualcosa in compagnia. Sono davvero socievoli e sanno come rapportarsi con noi ragazzi. Il nostro giornale lo leggete? A Certo, è un pilastro delle nostre lezioni. Aspettiamo le tre perché lo portino, alcuni pezzi sono molto interessanti, altri più divertenti. È piacevole sentirsi protagonisti e sarà ancor più piacevole rileggere le mie parole lunedì. Vediamo se realmente stampate quello che diciamo: se è così scrivete: “Silkepil”. Fatto. Per finire un sondaggio sull’assistente di Nicolini meglio vestito. iPod Nino 5 voti Angelo 5 voti Gennaro 6 voti Carlo 4 voti Mattia 4 voti Luca Stefanet

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Franz Prati Riuso Magazzini del sale Sampierdarena (GE) 1977 / Sistemazione piazza Torre Argentina Roma 1985

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Workshop Prati Cosa ne pensate di questo workshop: pollice alto o pollice verso? A Doppio pollice alto, è un laboratorio molto bello, stimolante e gestito molto bene. B L’aspetto migliore è che è sempre imprevedibile, si parte da un punto comune e si ottengono risultati tutti diversi tra loro, che talvolta non mancano di sorprendere noi studenti! L’impegno richiesto? A Il giusto, non è un workshop massacrante ma neanche troppo riposante, una giusta via di mezzo tra i due. B Arriviamo intorno alle dieci e ce ne andiamo intorno alle 17.30, e il bello è che tutto si svolge in quest’orario, non è richiesto un lavoro aggiuntivo a

casa, che è un aspetto molto positivo e ci fa veramente piacere. Com’è il rapporto con la docenza? A È ottimo, sono tutti gentili, chiari e disponibilissimi. B È la prima volta da quando siamo all’Iuav che troviamo degli assistenti che ci danno veramente una mano e che non smontano i nostri progetti, già dalla prima revisione il progetto li soddisfava. Stranissimo! ed è raro anche trovare un professore che non demolisca un progetto non brutalizzato già dai suoi assistenti, una cosa veramente positiva che evita perdite di tempo, fatica e brutte figure.

[Red.]

Workshop Rich-Vio Cosa ne pensate di questo workshop: pollice alto o verso? A Doppio pollice alto, è un laboratorio molto bello, stimolante e gestito molto bene. B L’aspetto migliore è che è sempre imprevedibile, si parte da un punto comune e si ottengono risultati tutti diversi tra loro che, talvolta, non mancano di sorprendere noi studenti! L’impegno richiesto? A Non è un workshop massacrante ma neanche troppo riposante: una giusta via di mezzo. B Arriviamo intorno alle dieci e ce ne andiamo intorno alle 5.30, e il bello è che tutto si svolge in quest’orario, non è richiesto un lavoro aggiuntivo a casa, che è un aspetto molto positivo e ci fa veramente piacere. Com’è il rapporto con la docenza? A È ottimo, sono tutti gentili, chiari e disponibilissimi. B È la prima volta da quando siamo all’Iuav che troviamo degli assistenti che ci danno veramente una mano e che non “smontano” i nostri progetti; già dalla prima revisione il progetto li soddisfaceva. Stranissimo! ed è raro anche trovare un professore che non demolisca un progetto non demolito già dai suoi assistenti, una cosa veramente positiva che evita perdite di tempo, fatica e brutte figure. Dario Breggiè

Peter Rich Mosque at sebi

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Workshop Rizzi Lo conoscevo già e sapevo come si comporta. La tua impressione sul professore. Mi piace molto perché sa cosa vuole. Riusciamo a lavorare bene anche per questo, ha le idee molto chiare sul da farsi. Sento ragazzi di altri workshop e mi dicono che non sanno ancora come procedere. Vedo tantissimi plastici… Si, più che altro sono modelli in gesso fatti con stampi in carton legno. Le chiesette sono belle! Giovanni Righetto

Renato Rizzi Palasport “Alle Ghiaie” Trento 2003

Aula tappata con apposito cartello “CHIUDERE LA PORTA”, i modelli la fanno da padroni. Decine di calchi in gesso e plastici di cartonlegno sono disposti sui tavoli e un frenetico uso dei taglierini da parte degli studenti fa assomigliare l’aula a un laboratorio artigianale. Intervisto un ragazzo che è tra i pochi che non sta incollando o tagliando qualcosa. Ciao! Come va ? Sei del giornale vero? Bene bene, siamo a un buon punto! Posso farti un’ intervista? Ok quanto dura? Posso fumare? No! Allora qual è la tua impressione su questo workshop? Molto buona. Avevo già lavorato con il professor Rizzi, quindi quando sono stato assegnato qui ho deciso di rimanere.

Noi studenti, si sa, ci si lamenta sempre per qualcosa Riceviamo e pubblichiamo un’anonima precisazione, puntigliosa e risentita, a proposito dell’articolo comparso nel n. 8 di «Laboratorio 08» in pagina 6, dal titolo “Cercasi prof. Disperatamente” da parte di alcuni studenti del workshop Rykwert-Ruan, secondo cui il clima di lavoro del laboratorio sarebbe idilliaco. Registriamo questa “smentita” e ci rallegriamo che in realtà l’atmosfera risulti più distesa di quanto già appreso e veri cato nei giorni scorsi. Complesso è trovare il bandolo della matassa in una condizione che registra, per stessa ammissione degli autori del pezzo che compare qui af anco, una siologica “omertà” studentesca, imputabile ad ovvi motivi di auto-tutela. Di questo ci sentiamo di fare ammenda: abbiamo attribuito la rma del primo articolo alla totalità degli studenti anziché solo ad alcuni. Con diamo comunque negli esiti di questo laboratorio. Si sa, è dif cile mantenere “grace under pressure”.

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Per dovere di trasparenza, riportiamo integralmente il testo così come pervenuto ieri sera in redazione. M. M. Vedere completamente travisate le opinioni degli studenti per sopperire alla mancanza di un buon lavoro giornalistico, e accontentarsi di fonti non verificate (e non verificabili, data l’omertà generale) porta noi studenti, invece che a “cercare prof disperatamente” per il workshop, a cercare disperatamente chi ha tentato di rovinare l’atmosfera dell’esperienza che noi abbiamo scelto di affrontare. Inutile dire che non ci sentiamo assolutamente rappresentati dalle parole, ma soprattutto dal tono polemico e accusatorio, dell’articolo del numero 08 del presente giornalino; ma forse qualche ulteriore chiarimento potrebbe essere utile a tutti, poiché riteniamo che questo modo di diffondere le noti-

zie, sia indirizzato solo a rovinare gli amichevoli rapporti creatisi in questi giorni con i nostri colleghi australiani. Innanzitutto l’articolo si presenta in modo accattivante con un’immagine totalmente estranea al workshop di cui facciamo parte, riportando la foto di una locandina presente in bacheca da svariati giorni e indipendente da quanto è presumibilmente accaduto, tanto per dimostrare la serietà con cui l’articolo è stato redatto. L’assenza durante i primi giorni dei professori referenti il workshop, motivata palesemente per motivi logistici e di merito (24 ore di volo e il prestigio di cui godono a livello mondiale sono chiaramente un buon motivo), non è stata sopperita da dei semplici assistenti, ma sono stati presenti, e sono tuttora con noi, il direttore del corso di laurea in architettura della New South Wales University in Sydney prof. Harry Margalit e

una sua professoressa. Pertanto possiamo dire di non sentirci lasciati in balia di personale inadeguato a portare avanti un tale impegno. Il programma che si sta svolgendo non ha deluso le aspettative di chi ha scelto questo WS, dopo averlo letto, e non semplicemente per il suo gusto esotico; infatti esso non si discosta affatto dalle premesse iniziali, eccezion fatta che per rallentamenti dovuti esclusivamente ad incomprensioni linguistiche da parte di chi non conoscendo l’inglese (forse non ricordando che in Australia è la lingua ufficiale), non si sforza affatto di interagire. Gli episodi di incomunicabilità o di presunta ”leadership australiana”, dovuta alla necessità di portare avanti il lavoro dati i tempi ristretti, vengono sempre prontamente gestiti dalla prof. Paola Favaro che si trasforma in traduttrice istantanea per non essendo questa la sua mansione.

Citando testualmente noi non ci siamo mai sentiti degli “automi” o burattini manipolati dai nostri compagni australiani, con cui anzi abbiamo un ottimo rapporto basato su rispetto reciproco e scambio proficuo di opinioni, che sorge dal diverso approccio al progettare, che rende interessante quest’esperienza, e che a volte complica lo svolgimento del lavoro facendo nascere discussioni, come in ogni buon corso di progettazione. Non siamo affatto “ottimisti e lungimiranti, astuti o ingenui” se ci riteniamo soddisfatti di quanto abbiamo fatto finora e di quanto sicuramente faremo. Senza la pretesa di parlare a nome di tutti, come è stato erroneamente fatto, ma a nome di chi era presente oggi in aula.

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Compagni di banco

Un umido deserto

Intervista a Paolo Bürgi e Mariapia Cunico

Il sopralluogo alle aree di progetto di P. Bürgi e M.Cunico

I tempi sono stretti e i ritmi di revisione serrati. Tra un incontro e l’altro incontriamo Mariapia (MPC) e Paolo (PB). Vi chiediamo subito… perché Torcello? PB Io ho già lavorato a Torcello con alcuni studenti dell’università di Philadelphia. Eravamo un gruppo piccolo, circa dieci persone; siamo venuti a Venezia, abbiamo potuto vedere i luoghi e seguire, percepirne la storia e quella di questa straordinaria isola purtroppo ai più sconosciuta; soprattutto relativamente al fatto che si trattava di un’antica città scomparsa dove vivevano 20-30.000 abitanti, che poi è stata smantellata. Infatti tanti reperti che oggi vediamo per le calli di Venezia provengono proprio da lì. Torcello ora è un luogo turistico. I visitatori al mattino arrivano, passano e ripartono con l’ultimo vaporetto della sera, senza portarsi dietro nulla della storia incredibile della città. La domanda per cui è: come, con quali mezzi, con quali linguaggi trasmettere questa storia di Torcello a chi vi passa? Percepire, trasmettere più che vedere quindi…Quale ruolo riveste il paesaggio? MPC Chi si occupa di paesaggio sa che vedere e percepire sono fonda-

mentali. Sentire, toccare, ascoltare, osservare, annusare, tutto questo fa parte dello stare dentro un paesaggio, quindi ci sembrava che il tema e il luogo fossero particolarmente adatti per questi principi. Credo sia molto importante che anche gli studenti dei primi anni si occupino di memoria del luogo e che, percorrendo questa storia nascosta, imparino a dare valore ai segni che restano nel territorio e interpretarli in termini di paesaggio. Si muovono così, di concerto, l’importanza del valore percettivo e l’importanza del valore della memoria. Gli studenti avevano la consegna di prendere con sé dei naturalia, vero? MPC Senza esagerare, ovviamente! PB Rifarsi ai frammenti, alla fisicità dei luoghi è comunque un approccio tutt’altro che facile, ma i ragazzi stanno lavorando in un modo straordinario nonostante questo. Dobbiamo scoprire i nostri limiti e spingerli in avanti… MPC I ragazzi stanno lavorando su duemila anni di storia, con elementi che hanno un altro tempo. Lavorare con gli elementi del paesaggio, la vegetazione, l’acqua, il vento, significa occuparsi della temporalità che è propria dell’architettura. L’architettura rimane ferma in un

paesaggio che si muove e cambia nel tempo… PB Il tempo è la quarta dimensione. Ma il rapporto con il tempo vuol dire che i ragazzi devono avere un approccio archeologico? MPC I ragazzi non devono sostituirsi agli archeologi, hanno avuto delle fonti, delle informazioni documentali archeologiche e storiche. È anche venuto uno storico di Torcello che ha tenuto una lezione su questo argomento. PB Torcello è stato il primo insediamento di epoca romana nella Laguna Nord, è stato luogo di grandi incroci navali, ad esempio da Altino arrivavano le merci da esportare a Roma e da Roma quelle da esportare in Oriente e nord Europa. MPC Era un grande mercato, sicuramente all’epoca si poteva vedere un bosco di vele scorrere davanti all’isola, ma purtroppo Venezia è riuscita ad avere il sopravvento. E la vostra collaborazione? PB Direi che ci si trova… MPC Ormai ci conosciamo da tanto! Compagni di scuola? PB Diciamo di banco... MPC Si, esatto. Di banco! [ridono] Roberta Boncompagni Elena Verga

Mercoledì 2 luglio, Fondamenta Nuove. Il termometro rischia di scoppiare e il sudore minaccia le pubbliche relazioni, ma non importa. In attesa del gruppo che conquisterà la Torcello perduta, ci si interroga su cosa abbia convinto il duo Bürgi-Cunico a spingersi fino al profondo nord della laguna. I dati finora carpiti parlano di una sorta di Atlantide lagunare, di una città ricca e fiorente, sede vescovile, che per una serie di eventi sfortunati, non tanto casuali, ha finito con l’impaludarsi. Arrivato il gruppo si cerca di scorgere i due professori ma niente, non ci sono; la tempesta di ieri ha spazzato via la possibilità di vederli qui oggi, speriamo non abbia fatto lo stesso con i loro collaboratori. Le avversità si accaniscono sulla corsa all’antica città ma, come già detto: pazienza! Individuate le assistenti Carolina e Francesca, chiediamo loro di rivelare altri dettagli della misteriosa isola perduta verso la quale i fieri idromezzi veneziani ci stanno conducendo. Ci raccontano di fughe, rivalità, egemonie, di conflitti tra uomini e natura umana e uomini e natura lagunare; addirittura i fiumi (il Sile) vennero all’epoca deviati per salvare Torcello dal suo amaro destino. Ma tutto fu vano. Cosa resta? Schegge, frammenti che si nascondono sotto la superficie dell’acqua e, pare, anche in alcune parti di Venezia. Sterpaglie. Sembra più una prateria desolata che un territorio acquatico ciò che si presenta arrivando dalla colorata Burano, ma basta

poco, giusto alzarsi sulle punte dei piedi, per vedere che, racchiusi in questi recinti bordati di erbacce vi sono acquitrini densi e salati che, sebbene un po’ repellenti, disegnano il fantasmatico profilo dell’isola. Il mistero del fascino di Torcello va infittendosi: una terra romita cosa può offrire? Sbarcando ci si trova di fronte ad un lungo marciapiede che si è costretti a seguire. In fondo a questo percorso attende la cattedrale, che quest’anno compie 1000 (mille!) anni. Sedici persone e tre gatti; a tanto ammonta la popolazione dell’isola, che avvolgendo il visitatore svela poco a poco la sua effettiva natura poetica. Il sole che grida sull’acqua corposa, poi la terra piatta e muta che pare mossa dal canto delle cicale e dell’acquitrino, numerosi fiori, il resto è silenzio. Gli unici altri suoni che si aggiungono, sono suoni che non le appartengono, sono i passi dei ragazzi, i click delle macchine fotografiche e le voci di qualche oste. Incredibile come la laguna si manifesti qui, avanzando sembra di allontanarsi non solo nello spazio ma soprattutto nel tempo, un tempo che a Torcello sembra essersi fermato. Il fascino probabilmente sta qui, nell’immobile continuo cambiamento morfologico di questa zona che si evolve giorno per giorno, coerente con la sua essenza di luogo perduto. Roberta Boncompagni

Work hard, play harder… In English A dialogue with Australian students Having foreign students as guests in our university is a great and positive opportunity of exchanging ideas and comparing different cultures. When we visited the Australian students during their workshop, we were welcomed with great enthusiasm. Which are the main differences between the school of architecture in Sydney and the one in Venice? Well, our first impression is that we are left to ourselves concerning the studying, instead you seem to be more directed by your professors. In terms of organization our school is open 24 hours a day and we have an access card which permits us enter whenever we wish, we

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have more computers and printing facilities and our courses have fewer students, between twenty and twenty-five people, and this allows our teachers to follow us more regularly. On the other hand, our courses are all in one building instead you have various buildings spread out in the city and we think this is a good thing. What do you think of Venice? Do you like it? [General enthusiasm] «Beautiful! Romantic idea! Very easy to get lost! Spritz is great!» Some of us have already been here before but now it’s quite impossible to explore the city, even less of a chance in the weekend as we are busy with other excursions…and it’s full of

tourists! Have you studied Palladio before this workshop? Actually no, some learnt about him and his work by self-study. So what kind of architecture do you study in Australia? We learn more about contemporary architecture. As opposed to Europe, Australia and, more specifically big cities like Sydney and Melbourne are quite new, and their history is recent. In Italy, instead, there is a strong identity dictated by its history, which influences inexorably their way of projecting. In our case, everything that surrounds us is modern, therefore we are still seeking for a true identity. As a result, in our projects, they often ask

us to hunt for those aspects that distinguish our city, and that may answer the long-lasting enigma: «what is Sydney?» What is architecture for you? Architecture must be humble and sensitive. It has to constantly measure up to what’s around it, with its environment, paying great attention to ensure a comfortable climate with new constructing systems as we have very dry type of weather. We prefer experimenting with materials rather than architectural objects, giving more importance to texture rather than form. Did your background help you in facing this theme? Yes. The Italian students think we

are more experts because we attend fourth or fifth year university, but actually our advantage is that we have already seen and learnt about the project site. We expect a continuous exchange and share of ideas between us. What do you expect from this experience? Fun. It’s a vacation, but at the same time it’s an opportunity of learning from one another. Besides, in Australia we work more individually so here we have the occasion of working in groups and as we have all been assigned a group of Italian students we think it’s a great experience to be “leaders”. Elena Stellin

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lunedì 14 luglio

La terra effimera delle secche del Bacàn Sopralluogo mattutino all’area di progetto di S. Dainese

La sveglia suona tragicamente alle ore 5:50. Non c’è via di scampo, questa mattina mi tocca alzarmi con il canto del gallo. Scoprirò più tardi che la grande difficoltà di questo momento è condivisa da tutti i ragazzi che partecipano al sopralluogo. Questa mattina cammineremo sulle secche del Bacàn. Venezia, alle sei di mattina, è stupenda. I campi sono deserti e la prima luce del giorno può riflettersi indisturbata sull’acqua dei canali e sulle facciate dei palazzi.

La città comincia appena a svegliarsi. Quando arrivo alle Gallerie dell’Accademia, il punto d’incontro che mi è stato comunicato, la professoressa Dainese è alla fermata del vaporetto insieme a una studentessa e aspetta la sua collaboratrice. Ancora una volta mi sento un’infiltrata, peraltro troppo rintronata per riuscire a sostenere una conversazione con le mie compagne di viaggio. Eccola qui, la solita inviata del Quotidiano, che segue tutti dappertutto. Solo il Canal

Glossario E

state, Esami, Esasperazione Un matrimonio purtroppo inscindibile per uno studente universitario,soprattutto se Iuav. L’estate si scalda e la sede si raffredda. Il tipico aspetto “scolorito” da studente si accentua grazie alle turbine dei condizionatori che fanno partecipare i pinguini ai laboratori e non ci sono possibilità di scampo! Il maledetto vincolo degli esami costringe i ragazzi a queste situazioni climaticamente estreme. Fuori +45° dentro -5°, un trattamento per la microcircolazione? No una situazione esasperante!

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retta! Questo un problema personale della redazione costretta a ritmi serrati, da caserma Alle tre consegna! È pronto il timone per domani? Max quante battute? Tremilaecinque! Ma come non Tremiduecentosessantotto?! Marina, scusa sai puoi dare un’occhiata a questa foto? Driin driin! Elena! Elena! No l’altra, no l’altra ancora! Mannaggia ce ne sono ben quattro. Caterina le foto! Nicoletta il sopralluogo! E gli australiani? E i grafici? Giovanni i giornali da distribuire! Francesco la conferenza! Luca la firma, perché la dimentichi sempre?! Dario le foto! Max sono Tremilacentonovantasette! Estheeer! F infine come FIIUUU! Grazie a Dio è venerdì!

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Grande riesce ad ingentilire il mio pessimo umore mattutino: non ero mai stata in barca, non a Venezia, non sul Canal Grande. Quella su cui siamo adesso ci conduce verso la meta del nostro sopralluogo. Vista dal canale, la città vive di una luce diversa. I raggi del sole entrano in scena all’improvviso, dietro le sagome ancora in ombra dei palazzi affacciati sull’acqua. L’aria circostante trattiene ancora una parte dell’umido della notte passata, mescolato a quello più aspro

che risale dall’acqua salmastra. La città adesso è perfetta. Sobbalzando leggermente, la nostra barca si addentra in laguna, lasciandosi alle spalle la città. Sorpassa San Marco, San Giorgio. Davanti a noi, sempre più vicino, si disegna il contorno scuro del Lido. L’atmosfera mi sembra ovattata, forse per colpa del sonno, forse del ronzio costante del motore. Le secche del Bacàn si trovano in piena laguna, accanto alla piccola isola di Sant’Erasmo. Dai banchi di

sabbia emersi dall’acqua si vedono le sagome di un cantiere navale e naturalmente navi, pescatori, gabbiani. La nostra barca è arenata, l’acqua in alcuni punti arriva a lambirci le ginocchia… siamo in piedi in mezzo alla laguna. Una quindicina di studenti, tre professori ed il loro fidato “traghettatore” sono finalmente giunti sull’area di progetto. Sulle sponde effimere delle secche del Bacàn i Veneziani vengono spesso a prendere il sole. Di notte, quando l’acqua mantiene ancora il suo livello normale, arrivano con le loro piccole imbarcazioni e si fermano. La mattina le loro silhouette si ritrovano una dietro l’altra, tutte adagiate mollemente sulla sabbia emersa timidamente. La risalita comincia alle prime ore del mattino e verso le nove le onde stanno già riprendendo il sopravvento. Un fenomeno davvero affascinante, che attira uomini, pesci ed uccelli, i quali vanno e vengono ciascuno traendone i propri vantaggi. Il tempo a loro disposizione è poco: in un paio d’ore il livello dell’acqua torna a salire e la sabbia a farsi sommergere. E così, come per loro, è anche per noi. L’esplorazione non può durare troppo. Abbiamo pochi minuti per camminare nell’acqua, per passare da un’isoletta ad un’altra e per seguire le impronte che i gabbiani hanno lasciato impresse sulla sabbia. Dopo un tempo molto breve, una parentesi fugace nella nostra mattinata, ci ritroviamo depositati sul molo di Sant’Erasmo, un’isola che crediamo di poter definire “terraferma”. Il sole è ormai alto e l’atmosfera ha improvvisamente cambiato il proprio volto. Ci muoviamo insieme verso la fermata del vaporetto. Nicoletta Petralla

Abstract n. 9 G

rafici,anzi no Graphic Designer I nostri colleghi arrivano tranquilli nel frettoloso mondo della redazione ad assolvere il loro indispensabile compito: impaginare! L’articolo redatto, viene inserito tutto compatto, distribuito nelle colonne e il lavoro di pagina in un attimo è finito! Più o meno… Avvolti nel loro linguaggio criptato il lato “architettonico” della redazione resta tagliato fuori. Poi si sente «La foto è traslata, e l’altra non c’è stata!» «Ma dai, cosa volete che indesign non ce l’avete?!» E come biasimarli, noi continuiamo a ringraziarli se il giornale vien finito... tra GD e tavoletta grafica non mettere il dito! Roberta Boncompagni

1 Towards new trends? Bucci vs Cecchetto Comprehensible architectonical language is getting more and more difficult to speak . An architecture project takes a long time be created and in this process it necessary to follow a logical disposition of elements in order to make this language clear to everybody. 1 Between Art and Architecture It is important that architecture has an interdisciplinary approach, and also art and its experiments can be useful for a project. 2 Workshop Casamonti The students of this studio explain how they are disappointed of their workshop. There are too many students per group and this makes it hard to assemble ideas. Some of the third year students don’t seem to put much effort as they are only interested in doing less work possible to pass the exam. Besides this, they say professor Casamonti isn’t very present. 2 Workshop Cecchetto Although there is a lot to do and during revisions often the assistants suggest something totally different than the professor, students are happy and are working well. The architectural process is new for nearly everybody: they have to start from dichotomies like warm and cold, light and shadow, liquid and solid. 3 Workshop Ciacci Students in this workshop seem to have put themselves in agreement to say one the opposite of another. Although, as a general

opinion, they say the professor is irreproachable, kind and very available. As other workshops, there is a conceptual friction between the professor and the assistants. 3 Workshop Cibic The atmosphere in the classroom is productive, we felt guilty when we interrupted the silence for an interview. The students are happy, some of them changed workshop in order to be with Aldo Cibic. The assistants are good and competitive and this is important as the professor is often away. 4 Flourished paper and suggestive sunsets The students are experiencing new adventures, discovering Venice in different times of the day. They are working on floating platforms as well as new materials. In the interview, they pointed out the professor’s clothing which is particular everyday and they think the vivid colors she wears are reflected in her projects. 4 Workshop Dias The first year students explain how they learnt new techniques by collaborating with the third year ones. In addition to this, they experienced a new way of perceiving architecture which helped them enlarge their knowledge. 5 Workshop 5+1AA FemiaPeluffo Some student tell us about their workshop theme: they are reinterpreting Marco Polo’s adventure. Most of them chose this studio as they had an interesting experience last year, plus this time they have the opportunity of experimenting new materials for

their models. 5 Workshop Fontana The students speak about the positive impression they had of professor Fontana and his assistants, they say they are very keen on helping first year students and are without a doubt more “human” than other professors. Between the students, instead, there is a lot of competition and nobody seems to be willing to share ideas with the classmates. 6 The strength of prisons Polyhedral prisons In an interview, Professor Semerani recounts how once the Iuav spirit was different. He says, students had different ways of perceiving architecture and ideas were often in contrast, although, they were united by a sense pride towards our school. As well as many other pearls of wisdom, Semerani points out how architecture is a magic we don’t expect, that surprises, and today this magic is given by structural prodigies. 7 Integrated Design of HVAC systems in building Not only workshop. Summer course Between the 7th and the 11th of July a cycle of conferences regarding environmental control and comfort were held in occasion of the new cooperation between the Iuav University and the Padovian University of Physics. Overseas universities were involved as well such as the DTU (Technical University of Denmark), the UC Berkeley Department of Architecture. Elena Stellin

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Dall’Interno

Servizi Far

Conferenza Lunedì 14 luglio ore 17,30 Auditorium Santa Marta João Luís Carrilho da Graça

Copie e plottaggi Dove? Al piano terra delle Terese, Centro stampa Quattro Esse Come? Con apposito “foglio di credito”, usando pen drive Quando? Anche ieri e per tutti i giorni fino al 18 c.m. Quanto? Fino a euro 650 per workshop

Martedì 15 luglio ore 19.30 Giardino di palazzo Badoer, serata di chiusura del primo anno di attività della scuola di dottorato dell’Iuav In programma l’azione teatrale architettura e teatro del mondo Letture di Liliana Paganini con la collaborazione degli studenti Iuav Conferenza Mercoledì 16 luglio ore 9 Aula magna Toletini Tesi di laurea tra vecchio e nuovo ordinamento intervengono: Carlo Magnani, Marco Ferrari, Aldo Aymonino, Alberto Cecchetto, Francesco Garofalo e molti altri...

Punto spray Dove? Al piano terra – esterno!! – sia del Cotonificio sia dei Magazzini 6 Perché? Perché fa male usare spray acrilici e simili in spazi interni e non sta bene imbrattare la Scuola

Giovedì 10 luglio 2008 Laboratorio08 Numero 10 Supplemento a Iuav-Giornale d’Istituto Registro stampa 1391 Tribunale di Venezia Direttore scientifico Marina Montuori Coordinamento di redazione Massimiliano Botti Direttore artistico Enrico Camplani Coordinamento redazionale Luca Caratozzolo Elisa Pasqual Laboratorio interfacoltà Far/Fda Nell’ambito dei workshop estivi aa 2007-8 Far/Fda_Iuav Redazione testi e immagini studenti Far Roberta Boncompagni Dario Breggiè Mariaelena De Dominici Letizia Ferrari Francesco Leoni Caterina Mendolicchio Nicoletta Petralla Giovanni Righetto Laura Scala Luca Stefanet Elena Stellin Elena Verga Elena Zadra Redazione grafica studenti Fda Irene Bacchi Benito Condemi de Felice Elvira del Monaco Claudia De Angelis Maria Polverino Gabriele Rivoli Progetto grafico n.10 Alessandro Carraretto

UNA SOCIETÀ DI FONC IÈRE DES RÉG IONS

tipi Itc Mendoza disegnato da Josè Mendoza y Almeida (1990); Equestrienne disegnato da Leslie Usherwood, Pat Hickson Coordinamento multimediale Massimiliano Ciammaichella Ketty Brocca Redazione web video studenti Fda Ambra Arcangeli Enrico Ausiello Enrico Rudello online http://laboratorio08.wordpress.com email laboratorio08@iuav.edu Coordinamento generale Esther Giani

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Punto riciclo Dove? Ad ogni piano del Cotonificio e dei Magazzini 6, appositi cesti ove, razzolando, si può recuperare qualche frammento destinato a seconda vita. Alias NO “MONNEZZA”! Perché? Il Pianeta si sta stringendo e dobbiamo prendercene cura.

Consigli In vista della mostra conclusiva dei risultati workshop si consiglia di pianificare le stampe delle tavole finali!

Divieti È severamente vietato fumare nelle aule, nei corridoi e in tutti gli spazi comuni delle sedi!!! È vietato prendere materiali nelle aule di altri workshop.

Chi e dove?

Santa Marta Piano terra Thermes, A1 Ciacci, A2 Rykwert – Ruan, B Rizzi, C Casamonti, D Dainese, E Semerani – Tamaro, F Rich, G Campeol, I Primo piano Cibic, L1 Tagliabue, L2 Prati, M1 Cecchetto, M2 Carrilho – Albiero, N1 Bürgi – Cunico, N2 Dias, O1 Gausa, O2 Magazzini 6 Piano terra Femia – Peluffo, 0.1-0.3 Bucci, 02.-0.4 Tusnovics, 0.5-0.7 Nicolini, 0.8-0.10 Primo piano Campos, 1.1-1.3 Tosi, 1.2-1.4 Gambardella, 1.7-1.9 Akdogan – Madrazo, 1.8 Secondo piano Borgherini – Werblud, 2.3 (aula informatica) Accossato – Trentin, 2.2 Mancuso – Chun, 2.4 Fontana, 2.5 Redazione, 1.6

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