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–- criminalità e criminalizzazione dei migranti
cittadini italiani; inoltre, a parità di pena inflitta, gli stranieri godono in misura minore delle misure alternative al carcere e delle pene sostitutive rispetto agli autoctoni; infine, sarebbero presenti svantaggi oggettivi anche nella gestione dei riti processuali abbreviati, nonché nell’istituto del patrocinio gratuito (o “d’ufficio”) per gli imputati stranieri. Infine una delle posizioni più radicali, fra quelle attualmente esistenti nel panorama italiano, è quella del sociologo Alessandro Dal Lago. Egli sostiene che gli immigrati, lungi dall’essere colpevoli di una propensione a delinquere maggiore rispetto a quella dei cittadini italiani, sono in realtà vittime di un complesso processo di costruzione sociale che tende, attraverso l’operato congiunto dei mezzi di controllo sociale formale (sistema politico, forze dell’ordine, sistema giudiziario) ed informale (mass-media, opinione pubblica, rappresentanti del mondo intellettuale) ad individuare nell’immigrato il “nemico pubblico numero uno” dell’attuale società italiana. I pregiudizi ed i luoghi comuni esistenti in larghi settori della società italiana e la diffusa percezione d’insicurezza ad essi collegata avrebbero innescato un perverso meccanismo circolare attraverso il quale vengono legittimati gli interventi di carattere repressivo e normativo nei confronti dei migranti (in particolare di quelli irregolari, considerati alla stregua di “non-persone”) e la loro progressiva esclusione dalla nostra società. Secondo questa teoria, quindi, la criminalità stessa degli immigrati sarebbe diventata l’esito finale di tale processo di costruzione sociale, perché funzionale a tale logica di esclusione. Per concludere questa rassegna di studi criminologici condotti in Italia sul rapporto fra criminalità ed immigrazione, possiamo segnalare un paio di studi che si sono posti, per così dire, in una posizione intermedia fra gli approcci presentati in precedenza: le ricerche effettuate da Dario Melossi si sono soffermate, ad esempio, sul ruolo che la devianza degli stranieri ricoprirebbe all’interno della nostra società. Riprendendo le tesi del sociologo nordamericano Kai Erikson (secondo il quale la discussione pubblica di casi famosi ed esemplari di devianza è un modo attraverso il quale una società ridefinisce collettivamente i confini della propria morale e di ciò che è lecito ed illecito), secondo Melossi la questione della criminalità degli immigrati ha assunto una sorta di “funzione specchio” delle disfunzioni e dei comportamenti illeciti già esistenti nel nostro Paese. Attraverso l’ostilità nei confronti degli immigrati e la loro demonizzazione, la popolazione italiana avrebbe in qualche modo rimosso o allontanato i sospetti