Holding 01

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Holding statiche, miste e dinamiche

SOMMARIO 1.1

Natura, funzione e definizioni della societĂ holding

1.2

La societĂ holding, tra detenzione statica e dinamica delle partecipazioni

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2 1.1

IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING

Natura, funzione e definizioni della società holding La maggior parte dei gruppi di società1 è basata su relazioni di controllo molto spesso fondate sulla detenzione, ovvero sul possesso, di pacchetti azionari, di maggioranza o meno, di varie società controllate, operanti nei più diversi settori, da parte di una società capogruppo che le controlla. In tale contesto, la principale funzione di quest’ultima è quella di detenere pacchetti azionari partecipativi, ed è proprio in relazione a tale funzione che – secondo un approccio che potremmo definire giuridico-formale – viene ad evidenza la natura, nonché la particolare funzione esercitata, dalla società holding. Per il tramite quindi di tale detenzione (rectius: dell’assunzione e della gestione delle partecipazioni), la società holding si trova ad esercitare il controllo, o in termini più generali un’influenza, nei confronti delle proprie società controllate: tale peculiarità è già stata evidenziata anche dal Legislatore del 1942 il quale aveva avuto modo di chiarire in sede di stesura del Codice civile che il raggruppamento di varie società attorno ad una che le controlla costituisce un fenomeno che risponde agli orientamenti della moderna economia organizzata2. Tale peculiarità è stata ulteriormente evidenziata dal

1 La dottrina – non solo italiana ma anche tedesca – intervenuta in tema di gruppi di società è vastissima; ci limitiamo a richiamare F. Galgano, I gruppi nella riforma delle società di capitali, in Contratti e impresa, 2002, II, pp. 1015 e ss.; anche G. Scognamiglio, I gruppi di società, in Diritto Commerciale, Bologna, 2004; L. Azzini, I gruppi aziendali, Milano, 1975; R. Rordorf, I gruppi nella recente riforma del diritto societario, in Società, 2004, pp. 5 e ss.; P. Montalenti, La traslazione dei poteri nei gruppi di società: i management contracts, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, Torino, 1995; N. Rondinone, I gruppi di imprese tra diritto comune e diritto speciale, Milano, 1999; G.F. Campobasso, Gruppi e gruppi bancari: un’analisi comparata, in Banca borsa e titoli di credito, VI, 1995, pp. 729 ss.. Rimandiamo inoltre alla bibliografia relativa al Capitolo 2. 2 Giova ricordare che sia la dottrina economico aziendalistica sia quella contabile internazionale hanno analizzato il gruppo da molteplici punti di vista, elaborando diverse teorie. In particolare, seguendo un approccio aziendalistico, è possibile distinguere il gruppo economico da quello finanziario, secondo le definizioni richiamate dal Principio Contabile OIC n. 17 (in particolare nel paragrafo 3.2) al quale rimandiamo. Ci limitiamo solamente ad osservare che dal punto di vista del livello di integrazione strategica è possibile distinguere tra gruppo economico e gruppo finanziario; come si legge nel Principio Contabile sopra citato, nel gruppo economico non è necessaria l’esistenza di una società capogruppo essendo possibile attuare l’unità del disegno imprenditoriale e della direzione anche attraverso accordi tra più imprese che portino alla designazione di un unico comitato di direzione, ovvero alla designazione comune degli amministratori. Il gruppo finanziario invece è caratterizzato dalla presenza di un controllo garantito tanto dal possesso delle partecipazioni quanto da vincoli di natura contrattuale, che però non si esplica necessariamente in un coordinamento di gruppo inteso quale unica entità economica. Inoltre, nello stesso Principio Contabile sono riportate le diverse configurazioni di gruppo analizzate dalla dottrina contabile internazionale che hanno portato a teorizzare le cc.dd. teorie dell’entità – Entity Theory -, della proprietà – Proprietary Company Theory -, nonché della capogruppo – Parent Company Theory.


1. HOLDING STATICHE, MISTE E DINAMICHE

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Legislatore nella riforma del diritto societario del 2004 che ha introdotto la nozione di direzione e coordinamento. Pur nella consapevolezza che le attuali strutture dei gruppi sono sempre più complesse e ramificate, le società holding si possono suddividere in: • holding statiche, la cui attività consiste nel mero possesso per cosi dire «statico» di partecipazioni, al solo fine di godere dei relativi frutti (percezione dei dividendi, nonché degli eventuali capital gains); • holding dinamiche il cui tratto peculiare è costituito da una gestione dinamica delle partecipazioni e, più in particolare, dallo sfruttamento da parte della capogruppo delle partecipazioni possedute, dall’esercizio da parte della stessa di un’attività di direzione e coordinamento nei confronti delle partecipate, nonché dallo svolgimento di attività di natura ausiliaria; • holding miste, che evidentemente sono caratterizzate dalla presenza di caratteristiche comuni alle due categorie di holding in precedenza menzionate. Nella pratica, volendo schematizzare la definizione prima proposta, nell’esempio illustrato nella tavola 1.1 la società holding A può limitarsi a detenere passivamente le partecipazioni nelle società controllate B, C, e D, ovvero esercitare nei confronti di queste una concreta attività di direzione e coordinamento (la quale nella sostanza si esplica nella definizione di una strategia unitaria di gruppo, nonché nell’esercizio di un’attività di interferenza) e svolgere a favore di queste tutta una serie di servizi di natura ausiliaria (come, ad esempio, tesoreria, servizi amministrativi, contabili). Tavola 1.1 – Esempio di struttura di holding «semplice»

A 80%

70%

B

60%

C

D

Come è facile intuire, il concreto svolgimento da parte della holding A di tali attività fa si che questa svolga un’attività dinamica di gestione delle partecipazioni; in particolare, ciò che qualifica lo sfruttamento dinamico delle partecipazioni è la presenza in A di strutture idonee (in termini, ad esempio, di risorse umane e materiali) e adeguate allo svolgimento di indirizzo, di coordinamento delle società


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IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING

partecipate, ovvero di natura finanziaria. Ad esempio, va ritenuto che l’esercizio da parte della holding A di un ruolo di azionista attivo, valga a qualificarla come soggetto dinamico e non statico. Inoltre, data la peculiarità delle attività svolte, si è dell’avviso che si possono avere strutture idonee e adeguate ad uno svolgimento dinamico dell’attività di gestione delle partecipazioni anche con una presenza fisica nella holding non particolarmente significativa, dal momento che l’attività di gestione delle partecipazioni, a differenza di quella di produzione, non necessita di significative (da un punto di vista numerico) risorse umane; tra l’altro, molto spesso la società holding affida in outsourcing a terzi la gestione delle stesse partecipazioni. A tal fine, riteniamo utile osservare che la giurisprudenza tedesca mi è dimostrata nel tempo molto attenta nel valutare tali aspetti, dal momento che in più occasioni – si confronti per tutte la sentenza del Bundesfinanzhof del 28 gennaio 2008, I R 26/06 – è stato osservato sia che la società holding non richiede generalmente una presenza fisica significativa sia che può non avere del personale proprio3. Tra l’altro, tale aspetto è stato opportunamente evidenziato anche nella Comunicazione della Commissione Europea del 10 dicembre 2007, COM (2007) 785, relativa all’applicazione delle misure antiabuso nel settore dell’imposizione diretta all’interno dell’Unione Europea e nei confronti dei Paesi terzi; in particolare, la Commissione, nell’elencare le condizioni oggettive che devono essere soddisfatte affinché una determinata struttura possa qualificarsi come reale e non di puro artificio, ha incidentalmente osservato che le società di partecipazioni (rectius: holding) svolgono attività che non richiedono generalmente una presenza fisica significativa. È immediato comprendere il vantaggio derivante da una simile struttura; per limitarci a quelli di natura organizzativa-imprenditoriale, la creazione della holding consentirebbe di razionalizzare la struttura finanziaria del gruppo (accentrando, ad esempio, in capo ad essa le attività di tesoreria per tutte le società del gruppo), di gestire in modo efficiente e graduale nel tempo il c.d. passaggio generazionale (la holding in questo caso potrebbe consentire di allocare diversamente nel tempo le partecipazioni detenute nelle società operative tra i diversi componenti della famiglia), nonché rendere più efficiente il controllo societario: infatti, la gestione di eventuali conflitti a livello di singole società operative non avverrebbe più a livello dei singoli soci della holding, ma si sposterebbe su quest’ultima, con evidente razionalizzazione della stessa governance di gruppo. In tal modo, le società operative verrebbero tra l’altro anche preservate da eventuali dissidi di

3 Cfr. sul tema, F. Avella, Antiabuso e direttive madre-figlia e interessi-royalties, in Elusione ed abuso del diritto tributario a cura di G. Maisto, Milano, 2009. L’Autore cita nella nota 40 di pagina 357 anche la sentenza della Suprema Corte amministrativa francese (Conseil d’Etat) del 18 maggio 2005, n. 267087, Saga, dove tra l’altro è stato evidenziato che la società holding deve disporre di specifiche competenze tecniche nella gestione dei propri investimenti.


1. HOLDING STATICHE, MISTE E DINAMICHE

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natura familiare, stante la separazione – attraverso la creazione della società holding – tra proprietà e attività di gestione di quest’ultime, affidata ai manager della holding. La struttura societaria potrebbe ovviamente essere ben più articolata e prevedere la presenza di più livelli di holding, come indicato nell’esempio riportato alla tavola 1.2. Tavola 1.2 – Esempio di struttura di holding «articolata»

A 70%

B 60%

70%

C

60%

E

D

55%

F

67%

G

55%

51%

H

I

24%

13%

L

M

Tale esempio si caratterizza per la presenza di un livello di holding (la società A) e di due livelli di sub-holding, rappresentati rispettivamente dalla società B e dalle società C, D ed E. Sovente nella pratica la società holding A assume le caratteristiche proprie della holding statica, mentre le sub-holding associano ad una attività di gestione statica delle partecipazioni anche lo svolgimento di tutta una serie di servizi (di natura, ad esempio, amministrativa, contabile, finanziaria) a favore delle varie società controllate del gruppo che spesso operano in settori diversi.


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IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING

La presenza nella struttura di gruppo delle sub-holding C, D ed E può rispondere all’esigenza di razionalizzare, non solo da un punto di vista organizzativo ma anche più propriamente imprenditoriale, lo svolgimento delle varie attività del gruppo – di natura industriale, ovvero finanziaria – che proprio per le loro peculiarità necessitano di adeguati assetti partecipativi. Non è raro infatti riscontrare nella pratica casi in cui, per rimanere all’esempio fatto, la sub-holding C gestisce le società industriali del gruppo, la sub-holding D quelle che svolgono attività di natura finanziaria, la sub-holding E quelle che prestano servizi (ad esempio, di natura finanziaria, contabile, payroll) anche a società non del gruppo.

1.2

La società holding, tra detenzione statica e dinamica delle partecipazioni La distinzione tra detenzione statica e dinamica di partecipazioni – aspetto questo che qualifica la stessa definizione di società holding – trova una sua espressione compiuta nell’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia nella sentenza «Invenstrand» dell’8 febbraio 2007, causa C-435/054. In particolare, in tale sentenza, i giudici comunitari hanno avuto modo di pronunciarsi sul significato da attribuire alle nozioni di detenzione statica, ovvero dinamica, delle partecipazioni: è stato chiarito che sono riconducibili alla prima categoria le azioni meramente acquistate, meramente detenute, ovvero meramente vendute. Chi detiene partecipazioni secondo tali caratteristiche (ossia in buona sostanza passivamente) non opera nell’ambito di un’attività economica e, quindi, non sfrutta le medesime al fine di conseguire introiti con carattere di stabilità. L’assenza dello sfruttamento (inteso come azione finalizzata e preordinata al conseguimento di un profitto nel tempo) delle partecipazioni detenute attribuisce quindi alla holding una dimensione statica e non dinamica5. Come evidenziato dagli stessi giudici comunitari nel punto 26 della sentenza in esame l’attività della società Invenstrand, consistente fino ad una certa data nella mera gestione di pacchetti partecipativi senza interferire nella gestione delle società partecipate,

4 Per un commento a tale Sentenza, cfr. A. Santi, In mancanza della soggettività Iva niente detrazione sugli acquisti, in Riv. Giur. Trib., n. 4/2007, pp. 281 ss. 5 Come osservato da A. Santi, op. cit. p. 286, «il tradizionale insegnamento della Corte di Giustizia (...) non riconosce la sussistenza dei presupposti atti ad integrare la fattispecie dello”sfruttamento di un bene volto a ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità” nel caso di mero acquisto, semplice detenzione e successiva cessione di partecipazioni societarie. Diverso è il caso come è ormai pacifico, in cui il soggetto svolga una vera e propria attività (commerciale) finalizzata alla gestione – diretta o indiretta – delle società partecipate». Sul tema cfr. anche la sentenza «Polysar Investements Netherlands» della Corte di Giustizia 20 giugno 1991, causa C-60/90, la sentenza «Kretztechnik» 26 maggio 2005, causa C 465/03, nonché la sentenza «Spö Landesorganisation Kärnten» del 6 ottobre 2009, Causa C-267/08.


1. HOLDING STATICHE, MISTE E DINAMICHE

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non costituiva sfruttamento di un bene al fine di trarne introiti con carattere di stabilità. «Nell’ottica “statica”, figurativamente da “cassettista”, è agevole comprendere come i dividendi percepiti dall’azionista costituiscano il risultato finanziario discendente dalla mera proprietà del bene (immateriale), non già il corrispettivo di un’attività economica»6. Nel tentativo di fornire un valido contributo alla stessa definizione di holding statica e dinamica, due ci sembrano essere gli aspetti rilevanti da considerare, al ricorrere dei quali si configura a nostro avviso un esercizio dinamico dell’attività di gestione delle partecipazioni: quello dello sfruttamento della partecipazione, nonché dell’interferenza, al primo strettamente collegato, esercitata dalla società holding nel confronti delle società partecipate. In particolare, lo sfruttamento, da parte della società holding, delle partecipazioni detenute, attribuisce alla stessa una dimensione dinamica; tra l’altro, se volto al conseguimento di un profitto stabile, implica l’esercizio da parte della stessa di un’effettiva attività economica. Detto in altri termini, l’attività di una società holding si qualifica come attività economica effettiva solamente se si estrinseca nello svolgimento di una concreta attività di gestione delle società partecipate, attraverso un’adeguata organizzazione7. Tale appare il prevalente, e condivisibile, orientamento espresso sia dall’Amministrazione finanziaria sia dalla Corte di Cassazione (sentenza 26 febbraio 1990, n. 1439). Con particolare riferimento all’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate, nelle risoluzioni 29 gennaio 2003, n. 18, e 11 ottobre 2007, n. 288 – ambedue relative alla normativa sulle imprese controllate estere (normativa CFC) – è stato chiarito che l’attività di una società (che nella prima risoluzione citata era lussemburghese) limitata alla mera intestazione di attività finanziarie e al mero godimento dei relativi frutti da essa prodotti non è riconducibile ad un’attività commerciale svolta in Lussemburgo. Ancora più esplicito ci sembra poi il chiarimento fornito nella risoluzione n. 288/2007 nella quale si legge «in linea di principio, infatti, l’esercizio di attività di holding, che Beta svolge in via principale, non consente la disapplicazione della normativa CFC, a meno che l’istante dimostri che l’attività di gestione delle partecipazioni sia svolta con una organizzazione tale da costituire attività d’impresa rilevante ai fini dell’articolo». Il concreto esercizio poi da parte della holding (dinamica) di una interferenza

6 Cfr. M. Peirolo, Riflessi Iva della natura «statica» o «dinamica» delle partecipazioni, in Corr. Trib. n. 45/2009, pp. 3639 ss., il quale tra l’altro osserva che colui che acquista, detiene, ovvero cede le partecipazioni statiche (e quindi in buona sostanza la società holding statica) non opera nell’ambito di un’attività economica intesa come lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti con carattere di stabilità. 7 Cfr. sul tema anche le osservazioni fatte nelle note 4 e 5.


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IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING

diretta o indiretta nei confronti delle singole società partecipate presuppone che essa eserciti attivamente le proprie prerogative di socio e non si limiti (così come invece accadrebbe nel caso di holding statiche) all’esercizio passivo dei diritti derivanti dalla mera proprietà, ovvero detenzione, della partecipazione. Come avremo modo di rappresentare più compiutamente nelle pagine che seguiranno il carattere statico o dinamico della holding non è privo di conseguenze di carattere tributario, anche ai fini dell’IVA.


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