Le holding quali soggetti interposti
SOMMARIO 3.1
SocietĂ holding e disciplina delle societĂ di comodo
3.2
Le holding e il regime di trasparenza fiscale
3
112 3.1
IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING
Società holding e disciplina delle società di comodo Le società holding che assumono la forma giuridica di società di capitali, come avremo modo di descrivere più compiutamente nelle pagine che seguono, sono soggetti passivi sia ai fini dell’imposta sulle società (IRES) sia ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). La disciplina loro applicabile, salvo alcune specificità che illustreremo nel seguito (in particolare con riferimento all’IRAP), è quella prevista per una qualsiasi società di capitali (che per presunzione di legge, si considera svolgere attività commerciale). Come tali, anche le società holding sono soggette alla disciplina delle società non operative (o disciplina delle società di comodo), introdotta dall’art. 30 della legge n. 724/1994 e oggetto di numerose e sostanziali rivisitazioni nel corso degli anni. Tale disciplina nacque per colpire, sul piano fiscale, le cosiddette società «senza impresa»; le società, costituite al solo fine di amministrare patrimoni personali, beneficiando delle più favorevoli norme dettate per le società e, in particolare, della deduzione analitica di determinate spese, pur in assenza di un’adeguata attività d’impresa. Nel tempo la disciplina è stata resa applicabile a tutte le imprese (comprese le società commerciali di persone), a prescindere dalle loro dimensioni e dal numero dei loro dipendenti, con la possibilità per il contribuente di disapplicare l’applicazione della presunzione di non operatività laddove dimostrasse le «oggettive situazioni di carattere straordinario» che avesse reso impossibile il conseguimento dei ricavi e dei proventi minimi. Con le modifiche apportate più recentemente (come sinteticamente meglio diremo in seguito), al fine di dimostrare di non essere «di comodo» e ottenere la disapplicazione dell’art. 30 della legge n. 724/1994, tutte le società rientranti nell’ambito di applicazione della disciplina (tranne quelle cui si applicano le cause di esclusione rimaste) devono dimostrare, tramite interpello preventivo, le oggettive situazioni – non più necessariamente a carattere straordinario – che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi, nonché del reddito minimo presunto derivante dall’applicazione della normativa in questione. La mancata presentazione dell’istanza di disapplicazione preclude, secondo l’Agenzia delle Entrate, l’ammissibilità del ricorso contro l’avviso di accertamento. Con gli ultimi interventi della legge n. 244/2007 infine il Legislatore ha ulteriormente ampliato il novero delle cause esimenti (che escludono l’applicazione della disciplina) attribuendo la facoltà al Direttore dell’Agenzia delle Entrate di individuare ulteriore ipotesi di disapplicazione della disciplina senza dovere presentare apposita istanza di interpello: questo con la finalità, da una parte, di concentrare l’attenzione dell’Amministrazione finanziaria sulle casistiche che maggiormente interessano soggetti di comodo e, dall’altra, di alleggerire gli adempimenti dei contribuenti e i carichi di lavoro degli uffici.
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Di seguito analizziamo sinteticamente la disciplina vigente. L’art. 30 della legge n. 724/1994 prevede che le società per azioni, le società a responsabilità limitata, le società in accomandita per azioni e le società e gli enti non residenti di qualunque tipo, con stabile organizzazione in Italia, nonché le società in nome collettivo e in accomandita semplice, si considerano non operative se l’ammontare medio triennale dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi non straordinari risultanti dal conto economico è inferiore all’imponibile presunto, pari alla somma dei seguenti importi, anch’essi calcolati nella media triennale: ● 2% del valore delle partecipazioni in società di qualunque tipo, ed enti, aumentato di eventuali crediti connessi, nonché delle obbligazioni e altri titoli, sia che costituiscano immobilizzazioni che attivo circolante. Si tenga presente che anche le partecipazioni in possesso dei requisiti per la participation exemption devono essere considerate ai fini del calcolo; ● 2% dei crediti per finanziamenti, esclusi i crediti commerciali e i depositi bancari; ● 6% del valore degli immobili (terreni e fabbricati) e delle navi possedute, anche se in leasing; per gli immobili classificati A/10 (uffici) la percentuale è ridotta al 5%; per gli immobili ad uso abitativo, acquistati o rivalutati nell’esercizio e nei due precedenti, la percentuale è ridotta al 4%; ● 15% del valore delle altre immobilizzazioni, anche se possedute in leasing. Tale voce comprende impianti, macchinari, attrezzature, compresi i beni di valore non superiore a 516,46 euro, le partecipazioni in società di persone (se costituiscono immobilizzazioni), i beni immateriali e le spese ad utilità pluriennale. Non rientrano nel computo le immobilizzazioni in corso e gli acconti. I beni devono essere valutati in base al disposto ai cui all’art. 110 del TUIR. Tale valore va rapportato in base ai giorni in cui i beni sono rimasti nella società. Per i beni in leasing si utilizza il costo sostenuto dal locatore. Qualora tale costo non sia conosciuto dovrà essere assunta la somma dei canoni e del prezzo di riscatto. Il valore del bene in leasing così determinato va mantenuto anche dopo che la relativa opzione è stata esercitata. Le spese ad utilità pluriennale si calcolano al valore residuo di bilanci. I beni in locazione o in noleggio non rientrano invece nel computo. Il confronto tra i ricavi, incrementi delle rimanenze e proventi non straordinari realmente prodotti, e l’imponibile presunto deve essere effettuato in base alle risultanze medie dell’esercizio e dei due precedenti. I proventi devono essere assunti per l’intero ammontare anche se sono solo parzialmente imponibili (ad esempio, dividendi imponibili al 5%, plusvalenze pex). Qualora la media triennale dei ricavi e proventi effettivi risulti inferiore alla media triennale presunta,
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calcolata con i criteri di cui sopra, l’imponibile minimo ai fini dell’imposta non può essere inferiore alla somma: ● dello 1,5% dei beni di cui alle lett. a) e b); ● più il 4,75% di quelli di cui alla lett. c); ● più il 12% di quelli di cui alla lett. d). Ai fini di questo conteggio, i valori da assumere dei beni a), b), c) e d) sono quelli del solo esercizio di riferimento e non le medie triennali. Per queste società è consentito l’utilizzo delle perdite di esercizi precedenti solo per l’eventuale parte di reddito che eccede l’imponibile minimo. La norma prevede che in presenza di situazioni oggettive che non hanno consentito di raggiungere il volume minimo di ricavi, di incrementi di rimanenze e di proventi la società può chiedere la disapplicazione della norma presentando interpello ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, D.P.R. n. 600/1973. Con circolare 2 febbraio 2007, n. 5/E, l’Agenzia delle Entrate ha elencato alcune fattispecie di situazioni che possono costituire situazioni di oggettiva impossibilità di conseguire i ricavi minimi. Secondo l’Agenzia delle Entrate, la mancata presentazione dell’interpello disapplicativo rende inammissibile il ricorso contro l’eventuale accertamento. Inoltre, poiché il provvedimento di diniego dell’istanza di interpello non è esplicitamente compreso tra quelli impugnabili ai sensi del D.lgs. n. 546/1992: secondo l’Agenzia delle Entrate lo stesso è impugnabile congiuntamente con l’avviso di accertamento eventualmente notificato (circolare 3 marzo 2009, n. 7). Per quanto riguarda l’IRAP, il comma 3-bis dell’art. 30 della legge n. 724/1994 stabilisce che per le società e gli enti non operativi si presume che il valore della produzione netta non sia inferiore al reddito minimo, determinato con le modalità viste più sopra, aumentato delle retribuzioni sostenute per il personale dipendente, dei compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi, di quelli per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e degli interessi passivi. Le società e gli enti non operativi subiscono, inoltre, per espressa previsione normativa, una serie di limitazioni rilevanti anche ai fini dell’IVA: l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione o di cessione; inoltre, qualora per tre periodi d’imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini IVA non inferiore all’importo del reddito minimo presunto, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi di imposta successivi. Risultano automaticamente esclusi dalla disciplina delle società di comodo, ai sensi dell’art. 30, comma, secondo periodo, della legge n. 724/1994 (come da ultimo integrato dalla legge n. 244/2007):
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1. i soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali; 2. i soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta; 3. le società in amministrazione controllata o straordinaria; 4. le società ed enti che controllano società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani ed esteri, nonché alle stesse società ed enti quotati e alle società da essi controllate, anche indirettamente; 5. alle società esercenti pubblici servizi di trasporto; 6. alle società con un numero di soci non inferiore a 50; 7. alle società che nei due esercizi precedenti hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità; 8. alle società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa e in concordato preventivo; 9. alle società che presentano un ammontare complessivo del valore della produzione (raggruppamento A del conto economico) superiore al totale attivo dello stato patrimoniale; 10. alle società partecipate da enti pubblici almeno nella misura del 20 per cento del capitale sociale; 11. alle società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore. Inoltre, come anticipato in precedenza, il comma 4-ter dell’art. 30 della legge n. 724/1994, introdotto dalla legge n. 244/2007 ha attribuito al Direttore dell’Agenzia delle Entrate la possibilità di individuare, con un apposito provvedimento, ulteriori situazioni oggettive, al ricorrere delle quali è consentito disapplicare automaticamente la disciplina delle società non operative, senza necessità di presentare l’apposita istanza di disapplicazione. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 23681 del 14 febbraio 2008 sono state individuate ulteriori cause di disapplicazione automatica della disciplina delle società di comodo che operano a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007. Tra queste si segnala la possibilità di disapplicare la disciplina delle società di comodo per le società con partecipazioni in società considerate non di comodo, ovvero escluse dalla normativa anche in seguito ad interpello disapplicativo, ovvero società collegate (partecipate per almeno il 10% del capitale sociale) per le quali si applica l’imputazione di un reddito presunto, anche se non percepito, ai sensi dell’art. 168 del TUIR La disapplicazione opera limitatamente alle predette partecipazioni. Si tratta di una fattispecie di «disapplicazione parziale», in presenza delle quali il contribuente è esonerato dall’applicazione della disciplina in commento, limitatamente alle fattispecie medesime. In altre parole è consentito al contribuente di non tenere conto dei suddetti asset in sede di determinazione del test di operatività e di calcolo del reddito
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minimo, «neutralizzando», l’effetto delle predette fattispecie, non applicando i coefficienti di redditività sul valore degli asset interessati dalla disapplicazione né considerando gli eventuali ricavi iscritti a conto economico e direttamente correlabili agli asset medesimi. In relazione a eventuali altri asset, il contribuente sarà assoggettato comunque alla disciplina di cui all’art. 30 della legge n. 724/1994, ivi inclusa la possibilità di presentare apposita istanza di disapplicazione qualora ricorrano situazioni oggettive che abbiano reso impossibile il conseguimento dei ricavi e del reddito minimo previsto dalla normativa. È evidente come tale fattispecie di esclusione parziale possa assumere rilevanza nel caso di una società holding (il cui patrimonio è normalmente costituito prevalentemente da partecipazioni in società): ove il patrimonio della holding sia costituito da partecipazioni in società non di comodo, anche la società holding potrà essere automaticamente esclusa dall’applicazione della disciplina delle società di comodo. In altre parole, una società holding, qualora tutte le società da questa partecipate siano operative, sarà automaticamente anch’essa operativa. 3.2
Le holding e il regime di trasparenza fiscale Trasparenza fiscale, consolidato fiscale nazionale e consolidato fiscale mondiale sono istituti del diritto tributario dalla cui adozione, facoltativa, da parte della holding e delle società rientranti nel gruppo ad essa riferibile, derivano effetti rilevanti sulla tassazione del gruppo societario nel suo complesso. Ci proponiamo quindi di analizzare gli istituti menzionati, partendo da quello della trasparenza fiscale. L’eventuale scelta, da parte del gruppo societario, di un istituto piuttosto che dell’altro deriva infatti, oltre che dal rispetto di specifici requisiti, soggettivi e oggettivi, richiesti di volta in volta dalla normativa, dalla comprensione degli effetti fiscali che ciascun istituto reca con sé.
3.2.1 La trasparenza fiscale: tipologie e definizioni L’istituto della trasparenza fiscale, nella sua duplice versione di «grande trasparenza» e di «piccola trasparenza», è stato introdotto nell’ordinamento fiscale italiano con la riforma fiscale del 2004 (D.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344) negli artt. 115 e 116 del TUIR. La trasparenza fiscale per le società di capitali, la cosiddetta «grande trasparenza», disciplinata dall’art. 115 del TUIR (rubricato «Opzione per la trasparenza fiscale»), integrato dalle disposizioni recate dal D.M. 23 aprile 2004 («Norme attuative della trasparenza fiscale»), prevede la possibilità, per le società di capitali in possesso di determinati requisiti, sui quali ci diffonderemo più oltre, di imputare il reddito IRES direttamente ai soci, anch’essi società di
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capitali, per trasparenza appunto, secondo lo schema utilizzato ai fini IRPEF per la partecipazione in società di persone. La cosiddetta «piccola trasparenza», invece, disciplinata dall’art. 116 del TUIR (rubricato «Opzione per la trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria»), nonché, parzialmente, dall’art. 115 del TUIR e dal già citato D.M. 23 aprile 2004, consente l’imputazione per trasparenza ai soci persone fisiche del reddito prodotto dalle società a responsabilità limitata L’istituto della trasparenza fiscale non trova applicazione obbligatoria, divenendo bensì applicabile, in entrambe le due versioni di cui abbiamo detto, unicamente su opzione, esercitabile alle condizioni e con le modalità che verranno di seguito esaminate. In generale, si può ben dire che, in entrambe le tipologie di trasparenza, il meccanismo di funzionamento consiste nell’imputare al socio la quota di reddito (o di perdita) della società partecipata, indipendentemente dall’effettiva percezione del reddito (o di attribuzione della perdita) e in proporzione alla quota di partecipazione di questi agli utili (e alle perdite). Nel valutare la possibilità di optare per la trasparenza fiscale, gli operatori possono utilmente tenere in considerazione gli aspetti schematizzati alla tavola 3.1 (si veda, sul punto, la circolare dell’Agenzia delle Entrate 22 novembre 2004, n. 49, ai paragrafi 2.2 e 3.2):
Tavola 3.1
Regime
Vantaggi
Svantaggi
«Grande trasparenza»
Dividendi: detassati 100% in capo ai soci
al
Utili partecipata: tassati in capo al socio prima dell’effettiva percezione
Perdite partecipata: compensate dal socio Trasparenza S.r.l.
Il reddito della partecipata «trasparente» passa dall’IRES all’IRPEF
Utili partecipata: tassati in capo al socio prima dell’effettiva percezione
Dividendi: 100%
Responsabilità tributaria: il socio risponde solidalmente con la società trasparente
detassati
al
Compensazione: tra utili e perdite da partecipazione e perdite e utili da attività commerciale
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IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING
La trasparenza delle società di capitali: modalità di funzionamento L’istituto della trasparenza delle società di capitali viene applicato in alternativa al regime di tassazione ordinario e comporta che la società partecipata non deve assolvere l’imposta (IRES) sul reddito prodotto in quanto questo viene imputato per trasparenza ai singoli soci partecipanti. Il reddito imputato per trasparenza è comunque determinato dalla società partecipata trasparente, benché la stessa, in ragione dell’applicazione del meccanismo della trasparenza, sia priva di una soggettività passiva d’imposta ai fini IRES. Il reddito prodotto dalla società trasparente viene imputato a ciascun socio, indipendentemente dall’effettiva percezione e in misura proporzionale alla quota di partecipazione di questi agli utili; l’imputazione del reddito avviene alla data di chiusura dell’esercizio della partecipata. Anche le perdite fiscali della società trasparente sono imputate ai soci in base al criterio proporzionale rispetto alla quota di partecipazione alle perdite.
3.2.3
La trasparenza delle società di capitali: soggetti ammessi L’opzione è esercitabile qualora: ● sia la società partecipata che tutti i suoi soci rivestano una delle seguenti forme: S.p.a., S.a.p.a., S.r.l., società cooperative e società di mutua assicurazione, e ● tali soggetti siano residenti nel territorio dello Stato. Ne deriva che la possibilità di esercitare l’opzione è preclusa agli enti pubblici economici e ai consorzi non costituiti in forma di società, come pure alle persone fisiche e alle società di persone, in quanto tali soggetti non risultano tra quelli ammessi. Per quanto attiene il requisito della residenza, è prevista la possibilità di optare per il regime di trasparenza fiscale anche in presenza di soci non residenti in Italia (art. 115, comma 2, del TUIR) a condizione che: ● abbiano gli stessi requisiti richiesti alle società residenti al comma 1 dello stesso art. 115; ● non vi sia obbligo di ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti. ● In sostanza, la disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 115 opera un rinvio a quanto previsto per le società residenti, aggiungendo l’ulteriore condizione inerente alla esclusione della ritenuta sopra menzionata. Con riferimento alla prima condizione, il comma 2 dell’art. 1 del D.M. 23 aprile 2004 stabilisce che l’opzione può essere esercitata, in qualità di soci, anche
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dai soggetti indicati nell’art. 73, comma 1, lett. d) del TUIR». Il decreto chiarisce quindi che il coinvolgimento dei soggetti non residenti si riferisce alle sole società socie, che possono avvalersi del regime della trasparenza indipendentemente dalla loro forma giuridica. Questo semplifica l’accesso al regime opzionale, eliminando la necessità di compiere, caso per caso, l’esame sulla tipologia della società non residente per verificare se la stessa possa essere assimilata o meno alle società di capitali previste dall’ordinamento interno. Nei confronti delle società non residenti permane l’obbligo di possedere tutti gli altri requisiti previsti dal comma 1 dell’art. 115 del TUIR, ossia il rispetto della percentuale minima e massima di partecipazione agli utili e ai diritti di voto (si vedi più oltre) e il possesso ininterrotto di tali requisiti a partire dal primo giorno fino al termine del periodo di validità dell’opzione per il periodo di durata dell’opzione. Non esistendo, attualmente, convenzioni stipulate dall’Italia contro le doppie imposizioni che prevedano dividendi erogati da partecipate italiane che siano esenti da ritenuta,tale condizione risulterà soddisfatta se la partecipante non residente può beneficiare della c.d. direttiva «madre e figlie» (direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, n. 90/435), recepita nell’art. 27-bis del D.P.R. n. 600/1973 per i dividendi in uscita1, oppure se la partecipante non residente ha nel territorio dello Stato una stabile organizzazione e se la partecipazione nella società trasparente è relativa alla stabile organizzazione (si veda l’art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973). In merito alla compatibilità del regime di trasparenza in caso di socio non residente e le disposizioni convenzionali, il tema è stato affondato dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione 19 dicembre 2005, n. 171/E, in risposta a un interpello. Il caso riguardava una società cipriota socia di una società di capitale trasparente residente in Italia. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che «l’opzione per il regime di trasparenza si sostanzia in una manifestazione congiunta di volontà che i soci e la partecipata esprimono affinché si producano, a proprio
1 L’applicazione della normativa in questione presuppone il rispetto delle seguenti condizioni: - costituzione in una delle forme giuridiche previste nell’allegato alla direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, n. 90/435; - fissazione della residenza, ai fini fiscali, in un Paese appartenente alla Comunità Europea; - assoggettamento, nello stato di residenza, ad una delle imposte indicate nell’allegato della predetta direttiva, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero da tassazione che non siano territorialmente o temporalmente limitati; - possesso di una partecipazione diretta nel capitale della società residente (che intende optare per la tassazione per trasparenza) non inferiore al 10%, e a condizione che la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno (deve essere anche prodotta la certificazione rilasciata dallo Stato estero che attesti che la società non residente possieda i requisiti sopra indicati nonché la documentazione attestante la sussistenza delle condizioni richieste).
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vantaggio, gli effetti propri dell’istituto. La traslazione della soggettività passiva tributaria dalla società ai suoi soci è obiettivo perseguito dagli interessati e non incide in alcun modo sulla potestà impositiva dello Stato italiano [essendo] (...) gli utili d’impresa sono prodotti nello Stato italiano, che ne rivendica la tassazione, da parte di un soggetto residente e non dalla società cipriota alla quale il reddito è imputato ai soli fini della determinazione, liquidazione e versamento dell’imposta». Ai sensi dell’art. 115, comma 1, del TUIR è richiesto che i soci posseggano una percentuale di partecipazione agli utili e di diritti di voto esercitabili in assemblea non inferiore al 10% e non superiore al 50%, senza considerare nella percentuale di partecipazione le azioni prive del diritto di voto e assumendo quale quota di utili delle azioni fornite di diritti patrimoniali come disciplinate dall’art. 2350, comma 2, del Codice civile la quota di partecipazione al capitale delle azioni stesse. Come precisato le percentuali (minime e massime) di partecipazione possedute dal socio devono essere tali da assicurargli sia diritti di voto che partecipazione agli utili. In particolare, per quanto attiene al diritto di voto, il comma 1 dell’art. 115 stabilisce che lo stesso deve essere «esercitabile nell’assemblea generale richiamata dall’art. 2346 del Codice civile». A questo riguardo, il D.M. 23 aprile 2004 (art. 3, comma 2) chiarisce che l’assemblea generale nella quale deve esercitarsi il diritto di voto, per le società per azioni e in accomandita per azioni, coincide con l’assemblea ordinaria prevista dagli artt. 2364 e 2364-bis del codice civile, mentre per le società a responsabilità limitata occorre fare riferimento all’assemblea di cui all’art. 2479-bis del codice civile. Le percentuali di partecipazioni devono essere computate senza tenere conto dell’effetto di demoltiplicazione, computando quindi solo la partecipazione diretta detenuta dal socio nella partecipata. Pertanto se un socio X detiene direttamente il 50% della società Alfa e detiene indirettamente – tramite un soggetto Beta – un’ulteriore partecipazione nella società Alfa, può comunque esercitare l’opzione in quanto la partecipazione indiretta non rileva. Schematicamente la situazione è quella illustrata alla tavola 3.2. Anticipando quanto diremo più diffusamente nel prossimo capitolo in tema di consolidato fiscale nazionale, con specifico riferimento alle percentuali di controllo, interessa qui far notare che, mentre nella trasparenza fiscale la percentuale di partecipazione agli utili e di diritti di voto non può essere superiore al 50%, nel consolidato fiscale nazionale è richiesto, ai fini dell’attivazione dell’istituto, che la controllante possegga una partecipazione al capitale sociale o un diritto all’utile delle società controllate consolidate fiscalmente superiore al 50%, tenendo conto anche delle percentuali possedute indirettamente (per completezza, nel consolidato fiscale nazionale è anche richiesto che la controllante eserciti sulle controllate consolidate fiscalmente un controllo assembleare con i caratteri descritti all’art. 2359, comma 1, n. 1, del Codice civile, cosiddetto «controllo di diritto»).
3. LE HOLDING QUALI SOGGETTI INTERPOSTI
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Tavola 3.2
Socio X S.p.a 100%
50%
Beta S.p.A.
20% Alfa S.p.A.
L’imputazione del reddito per trasparenza può avvenire solo nei confronti dei soggetti che alla data di chiusura dell’esercizio della partecipata possiedono la qualifica di socio. Eventuali modifiche di percentuali di partecipazioni che lascino immutata la compagine societaria e non comportino il superamento dei limiti – minimo e massimo – hanno effetto a partire dal periodo d’imposta successivo a quello nel corso del quale sono poste in essere. È ammessa l’applicazione del regime «a cascata», per cui una società alla quale viene imputato un reddito per trasparenza, può a sua volta imputare per trasparenza il proprio reddito ai suoi soci, al permanere naturalmente delle condizioni poste dalla norma per l’applicazione dell’istituto. I requisiti previsti devono sussistere contestualmente in capo ai soci, permanere per l’intero periodo di validità dell’opzione con decorrenza dal primo giorno del periodo d’imposta della partecipata in cui si esercita l’opzione e devono risultare soddisfatti in capo a tutte le società partecipanti (principio all in, all out). Possono verificarsi situazioni in cui la qualità di socio e la titolarità dei diritti sono dissociati. Ciò accade nel caso in cui i titoli siano sottoposti a usufrutto, sequestro o pegno. Nella circolare 22 novembre 2004, n. 49/E, l’Agenzia delle Entrate affronta le varie fattispecie precisando quanto segue. Nel caso di usufrutto l’opzione per la trasparenza non può essere esercitata e, se già esercitata, cessa di avere effetto salvo che la concessione in usufrutto avvenga a favore di altro socio. Ugualmente nel caso di sequestro non è possibile per il socio accedere al regime di trasparenza in quanto lo stesso perde il diritto di voto sulle azioni sequestrate. Tale diritto, infatti, ai sensi dell’art. 2352 del codice civile, spetta al custode dei titoli.
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IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING
Nel caso di pegno non sussistono preclusioni all’esercizio dell’opzione (o al mantenimento del regime fiscale della trasparenza), solo se il socio e il creditore pignoratizio concordano che il diritto di voto e il diritto agli utili continuino a permanere in capo al socio. Se invece il socio si priva di entrambi i diritti o di uno solo di essi, la società non può accedere alla trasparenza (o se l’opzione è già stata esercitata, la stessa perde efficacia), venendo meno i requisiti per il socio. L’istituto della trasparenza fiscale non è applicabile se: ● i soci fruiscono di riduzioni dell’aliquota IRES; ● la società partecipata esercita l’opzione per il consolidato nazionale o mondiale; ● la società partecipata è assoggettata a procedure concorsuali. Con riferimento alla seconda ipotesi di preclusione per il regime di trasparenza fiscale, l’art. 115, comma 1, ultima parte, del TUIR precisa che la società partecipata che decida di optare per la trasparenza fiscale non può farlo, con riferimento ai medesimi periodi d’imposta, anche per il regime del consolidato nazionale o mondiale. Questo per impedire che l’imponibile di gruppo, da tassare in capo alla sola società controllante capofila, possa essere imputato ad altri soggetti (soci ma non controllanti della stessa società capogruppo consolidante), mediante l’esercizio dell’opzione per la trasparenza fiscale. Diversamente dalla partecipata, il regime è invece applicabile qualora i soci partecipino in qualità di controllanti o controllate a un consolidato nazionale o mondiale. Ciò è espressamente previsto dall’art. 1, comma 3, del decreto attuativo sopra citato, il quale chiarisce espressamente che l’opzione può essere esercitata qualora i soci partecipano, in qualità di soggetti controllanti o controllati, alle forme di consolidamento fiscale previste dagli artt. 117 e 130 del TUIR. Nella circolare n. 49/E/2004, l’Agenzia delle Entrate propone gli esempi illustrati nella tavola 3.3.
3. LE HOLDING QUALI SOGGETTI INTERPOSTI
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Tavola 3.2 A – Partecipante che opta per la tassazione di gruppo, in qualità di società consolidante
Società controllate
Società Beta 30 %
Società Gamma 50 %
Società Y
Società Delta 20 %
Società partecipata trasparente Alfa Delta può optare sia per il regime di trasparenza fiscale, in qualità di soggetto partecipante di Alfa, che per la tassazione di gruppo, in qualità di soggetto controllato da X. In tale ipotesi, il reddito prodotto da Alfa, imputato pro quota a Delta, confluirà, con il reddito proprio di Delta, nel condolidato fiscale della società controllata da X.
B – Partecipante che opta per la tassazione di gruppo, in qualità di società controllata
Società Beta 30 %
Società Gamma 50 % Società partecipata trasparente Alfa
Società Delta 20 % Società controllata X
Società controllata Y
La società controllante Delta può optare per il regime di trasparenza fiscale nonostante abbia optato per la tassazione di gruppo, in qualità di soggetto controllante di X e Y. La società Delta, infatti, non è la partecipata trasparente ma la partecipante di Alfa. In tale ipotesi, il reddito prodotto da Alfa, imputato pro quota a Delta, concorrerà a determinare il risultato di gruppo.
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IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING
Con riferimento alla terza ipotesi di preclusione per l’opzione per il regime di trasparenza fiscale, questa è espressamente prevista dall’art. 2, comma 2, lett. c), del decreto attuativo, che chiarisce che l’opzione non può essere esercitata se la partecipata è assoggettata a procedure concorsuali all’art. 101, comma 5, del TUIR. Si tratta del fallimento, della liquidazione coatta amministrativa, della procedura di concordato preventivo e della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Nell’ipotesi in cui la partecipata si trovi già in regime di trasparenza, l’art. 10 del decreto attuativo prevede che l’opzione esercitata perde efficacia a partire dal periodo d’imposta avente inizio dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. 3.2.4
La trasparenza delle società di capitali: l’opzione Esercizio dell’opzione L’opzione deve essere esercitata congiuntamente dalla società partecipata e da tutti i suoi soci, i quali inviano alla partecipata una raccomandata con ricevuta di ritorno comunicando la volontà di optare per la trasparenza; la raccomandata non deve rispettare particolari contenuti ma dalla stessa deve risultare inequivocabilmente la volontà di esercitare l’opzione. L’opzione deve poi essere comunicata a cura della partecipata all’Agenzia delle Entrate, entro il primo dei tre periodi d’imposta per i quali si vuole esercitare, esclusivamente in via telematica; tale adempimento è condizione essenziale per l’ammissione al regime, non essendo rilevante a tal fine il comportamento concludente delle parti. Le società possono quindi decidere se effettuare l’opzione all’inizio o alla fine del periodo d’imposta della partecipata. Se nelle more di presentazione dell’opzione la partecipata ha già versato gli acconti questi sono scomputati dai soci secondo le percentuali di partecipazione agli utili di ciascuno. L’opzione è vincolante, e pertanto irrevocabile, per tre periodi d’imposta consecutivi della partecipata. Per le modalità operative di compilazione e invio del relativo modello di opzione si rimanda al sito dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.it).
Rinnovo dell’opzione Un’ulteriore comunicazione deve essere effettuata dalla società partecipata in caso di rinnovo dell’opzione entro il primo periodo d’imposta successivo al triennio di efficacia dell’opzione stessa. È esclusa ogni possibilità di rinnovo tacito.
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Perdita di efficacia dell’opzione La perdita di efficacia dell’opzione si verifica quando nel corso del periodo di validità della stessa vengono meno i requisiti richiesti, anche per effetto di operazioni straordinarie sulla partecipata (si vedano gli artt. 6 e 10 del D.M. 23 aprile 2004). Se la società partecipata viene messa in liquidazione il regime non cessa; in tal caso, in deroga al regime normale di liquidazione, il reddito o le perdite fiscali di ciascuno degli esercizi compresi nella liquidazione si considerano definitivi indipendentemente dalla durata della liquidazione stessa. Le cause di decadenza dal regime sono riepilogate nella tavola 3.4 con l’indicazione della relativa decorrenza e dell’obbligo di comunicazione. Tavola 3.4
Cause di perdita di efficacia dell’opzione
Decorrenza
Comunicazione
Venir meno dei requisiti soggettivi o delle percentuali partecipative (art. 115, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 917/1986)
Inizio del periodo d’imposta della partecipata in cui sono venuti meno i requisiti
In caso di perdita di efficacia dell’opzione per mutamento della compagine sociale, la società partecipata deve effettuare entro i successivi trenta giorni dal verificarsi dell’evento la relativa comunicazione all’Agenzia delle Entrate
Assoggettamento della partecipata a procedure concorsuali
Periodo d’imposta avente inizio dalla data di apertura della procedura
Trasformazione della partecipata in una società non soggetta ad IRES
Periodo d’imposta avente inizio dalla data in cui ha effetto la trasformazione
Trasformazione della partecipata in un soggetto diverso da S.p.a., Sapa, S.r.l., società cooperative e società di mutua assicurazione
Inizio del periodo d’imposta in cui si verifica l’operazione di trasformazione
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Trasferimento all’estero della residenza della partecipata
Periodo d’imposta nel corso del quale è avvenuto il trasferimento della residenza ai fini delle imposte sui redditi
Fusione o scissione della società partecipata (senza estinzione della partecipata)
Dall’inizio del periodo di imposta in cui l’operazione esplica i suoi effetti fiscali, salvo che l’opzione non sia riconfermata da tutti i soggetti interessati
Ricorrendone i presupposti i soggetti interessati possono riconfermare il regime di trasparenza dandone comunicazione all’Agenzia delle Entrate entro il periodo d’imposta da cui decorrono gli effetti fiscali conseguenti a tali operazioni straordinarie
Fusione o scissione della società partecipata (con estinzione della partecipata)
Data da cui l’operazione straordinaria esplica i suoi effetti fiscali
Non è possibile confermare il regime di trasparenza
L’efficacia dell’opzione non viene meno in presenza di mutamento dei soci a condizione che in capo ai nuovi soci permangano i requisiti richiesti; se i requisiti sono soddisfatti i soci entranti sono vincolati all’opzione già esercitata dai vecchi soci. Il socio cedente ha l’obbligo di comunicare al socio cessionario l’avvenuta opzione; se il nuovo socio entra per effetto di un aumento di capitale sociale, l’obbligo di informativa è a carico della società trasparente. Non è prevista una forma particolare della comunicazione che potrà essere validamente effettuata con qualunque modalità e sempre che sia preventiva rispetto alla cessione. L’omissione della comunicazione non ha effetti sul piano fiscale per cui il regime di trasparenza continuerà ad essere applicabile. 3.2.5
La trasparenza delle società di capitali: imputazione ai soci Imputazione ai soci La società trasparente imputa ai fini IRES ai propri soci redditi, perdite, acconti, crediti d’imposta, ritenute, e oneri detraibili in misura proporzionale alla partecipazione agli utili. A differenza del regime di consolidato fiscale, quindi, nel quale – come vedremo meglio nel prossimo capitolo – è solo il soggetto
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consolidante a determinare il reddito complessivo globale, calcolato come somma algebrica dei redditi complessivi netti delle società controllate (indipendentemente dalla quota di partecipazione nelle stesse), nel regime di trasparenza il reddito (o la perdita) della società partecipata viene attribuito a tutti i soci in misura corrispondente alla quota di partecipazione di ciascuno di essi. La società trasparente deve rilasciare a ciascun socio un prospetto da cui risultino la denominazione, la sede, il codice fiscale e tutte le informazioni utili per il recepimento dei dati (le informazioni da comunicare ai soci indicate nelle istruzioni ministeriali per la compilazione della dichiarazione Modello Unico Società di capitali). La trasparenza può comportare l’imputazione di risultati fiscali sia positivi che negativi; in capo a ciascuna società partecipante potrà verificarsi: ● nel caso di imputazione di reddito:
- aumento dell’imponibile in capo al socio; - compensazione in tutto o in parte con una perdita del socio; ● nel caso di imputazione di perdita:
- compensazione in tutto o in parte di redditi positivi del socio; - incremento della perdita del socio. Si tenga presente che le perdite fiscali dei soci relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle società partecipate.
Imputazione del reddito imponibile La società trasparente determina il proprio reddito imponibile senza procedere alla liquidazione dell’imposta e, mediante la compilazione dell’apposito quadro della dichiarazione dei redditi, determina le quote imputabili ai singoli soci. Anche per la società che ha optato per la trasparenza trova applicazione la disciplina dei soggetti non operativi (sul punto, si veda il paragrafo relativo). Il momento di imputazione del reddito ai soci è il periodo d’imposta del socio in corso alla data di chiusura del periodo della società partecipata. Il regime è applicabile anche se il periodo d’imposta della partecipata non coincide con quello delle società partecipanti (diversamente dal regime di consolidato fiscale che subordina l’efficacia dell’’opzione all’identità di chiusura dell’esercizio sociale di ciascuna società controllata con quello della società controllante). Nel caso in cui le società coinvolte non abbiano esercizi coincidenti, l’imputazione del reddito può avvenire per i soci in corso d’anno con la conseguenza che le imposte sul reddito della partecipata dovute pro quota dai soci potranno essere liquidate parecchi mesi dopo con la dichiarazione di ciascun socio. Si veda lo schema esemplificativo riportato nella circolare 49/E/2004 citata (tavola 3.5).
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Tavola 3.5
Società partecipata Alfa Periodo di imposta 1.1.04 - 31.12.04 Imputazione reddito al 31.12.04
Imputazione reddito al 31.12.04
Società partecipata Beta Periodo di imposta 1.1.04 - 31.12.04
Società partecipata Gamma Periodo di imposta 1.10.04 - 30.09.05
Dichiarazione dei redditi entro il 31.10.2005
Dichiarazione dei redditi entro il 31.07.2006
Imputazione delle perdite fiscali Perdite pregresse della partecipata. Le perdite prodotte dalla partecipata prima dell’inizio del periodo di trasparenza non potranno mai essere attribuite ai soci; tuttavia, l’art. 7, comma 2, del decreto attuativo chiarisce che esse conservano rilevanza fiscale in capo alla stessa società che le ha prodotte. Quest’ultima potrà utilizzarle direttamente, computandole in diminuzione del reddito prodotto negli esercizi successivi e imputato per trasparenza ai soci, secondo le ordinarie modalità stabilite dall’art. 84 del TUIR. Si vedano i seguenti esempi. Reddito 2010
Reddito 2009 (ante trasparenza)
Reddito 2010 imputato per trasparenza
Perdita da riportare
Partecipata
1.000
-800
200
0
Partecipata
700
-800
0
100
Perdite pregresse dei soci. Al momento della sua istituzione, il regime fiscale della trasparenza, prevedeva la possibilità per le società partecipanti di utilizzare le proprie perdite pregresse sia per compensare i propri redditi che per compensare i
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redditi imputati per trasparenza dalla società partecipata (diversamente da quanto previsto sin dalla sua istituzione per i regie di consolidato fiscale). Con D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, tuttavia tale possibilità è stata eliminata. L’art. 36, comma 9, del citato D.L. n. 223/2006 ha infatti inserito un periodo al comma 3 dell’art. 115 del TUIR che stabilisce che le perdite fiscali dei soci relativi agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle società partecipate. Perdite della partecipata realizzate durante il periodo di trasparenza. Le perdite fiscali della società trasparente realizzate durante il periodo di trasparenza sono imputate ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione alle perdite – che possono non coincidere con le quote di partecipazione agli utili2 – entro il limite della quota di patrimonio netto contabile della società trasparente detenuta dal socio. Il patrimonio netto contabile è quello alla data di chiusura del periodo d’imposta senza tenere conto della perdita d’esercizio e considerando i conferimenti in denaro e in natura effettuati entro la data di approvazione del bilancio. Le perdite della partecipata eventualmente eccedenti rispetto al limite del patrimonio netto come pure le perdite fiscali della società trasparente prodotte prima del periodo di trasparenza non potranno mai essere attribuite ai soci ma potranno essere utilizzate dalla società trasparente in diminuzione del reddito da imputare ai soci secondo le ordinarie regole di riporto perdite. Le perdite imputate per trasparenza vengono utilizzate dal socio prioritariamente in quanto confluiscono nel suo reddito complessivo. Le perdite imputate al socio per trasparenza se non vengono dallo stesso utilizzate nel periodo d’imposta di imputazione, possono essere riportate a nuovo in capo al socio secondo i criteri ordinari di cui all’art. 84 del TUIR per cui: ● la perdita può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi successivi, ma non oltre il quinto , per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi; ● la perdita può essere riportata senza limiti temporali qualora si tratti di perdite imputate alla società partecipante nei suoi primi tre periodi d’imposta, a nulla rilevando la situazione della partecipata trasparente;
2 In tale senso dispone l’art. 7, comma 2, del decreto attuativo che di fatto fa riferimento all’art. 2348, comma 2, del Codice civile che prevede la a possibilità di creare categorie di azioni fornite di diritti diversi anche per quanto concerne la incidenza delle perdite; pertanto, la percentuale di partecipazione agli utili della partecipata potrebbe non coincidere con la percentuale di partecipazione alle perdite prodotte dalla stessa società.
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● la perdita non può essere riportata nell’ipotesi prevista dal comma 3 dell’art. 84 del TUIR ossia quando si verifichino entrambe le seguenti condizioni: (i) la maggioranza delle partecipazione aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite sia trasferita o comunque acquisita da terzi anche a titolo temporaneo; (ii) sia modificata l’attività principale di fatto esercitata nei periodi d’imposta in cui le perdite sono state realizzate.
Imputazione delle ritenute, dei crediti d’imposta, degli oneri e degli acconti Le ritenute e i relativi crediti d’imposta subite dalla partecipata sono obbligatoriamente imputati ai soci secondo la percentuale di partecipazione agli utili come anche gli acconti versati dalla società trasparente. Anche la detrazione per le imposte pagate all’estero di cui all’art. 165 del TUIR spetta ai singoli soci nella medesima proporzione. L’art. 7, comma 3, del decreto attuativa integra la disciplina generale precisando ulteriormente in quale misura sono attribuibili ai soci: ● gli oneri detraibili di cui all’art. 78 del TUIR («erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e movimenti politici», previsti dall’art. 15, comma 1-bis, del TUIR), sostenuti dalla partecipata; ● i «crediti d’imposta fruibili dalla società nei limiti dell’imposta sul reddito della società liquidata (ossia i crediti di imposta utilizzabili normalmente dalle società a scomputo delle proprie imposte e indicati nel quadro RU dell’Unico riservato alle società di capitali). La norma citata chiarisce che tali oneri e crediti d’imposta sono «interamente» attribuiti ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione agli utili, svincolando di fatto la relativa attribuzione dal calcolo delle imposte dovute dalla società trasparente. Resta in ogni caso fermo per i soci il limite di fruibilità di tali oneri e crediti d’imposta, rappresentato dall’imposta calcolata da ciascuno di essi sul proprio reddito complessivo, comprensivo pertanto anche del reddito imputato per trasparenza. Nella circolare 49/E/2004, tuttavia, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che potendo la società trasparente nel periodo d’imposta in cui sorge il diritto al credito di imposta utilizzare tale credito in diminuzione dei propri debiti tributari e contributivi, la stessa libera di determinare la parte di credito di imposta che trasferisce ai soci in analogia con quanto previsto dalla risoluzione 18 aprile 2002, n. 120/E, per le società di persone. Pertanto la società trasparente potrà imputare ai soci tutto o parte del credito che residua dopo gli utilizzi effettuati dalla società. Il credito d’imposta che si intende trasferire verrà attribuito ai soci in proporzione alle loro quote di partecipazione.
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Nella circolare 49/E/2004 infine, l’Agenzia delle Entrate precisa che i crediti di imposta diversi da quelli presi in considerazione dall’art. 115, comma 3, secondo periodo, dall’art. 165, comma 9, del TUIR e da quelli fruibili dalla società nei limiti dell’imposta sul reddito della società liquidata, non possono essere trasferiti ai soci. Per quanto riguarda gli acconti nel primo periodo di validità dell’opzione gli acconti possono essere versati: ● dalla partecipata trasparente che potrà calcolarli con il metodo «storico» o con il metodo «previsionale»; se viene utilizzato il metodo previsionale la partecipata non terrà conto degli effetti dell’opzione sulla determinazione dell’imposta; ● dalle partecipanti che potranno utilizzare il metodo «storico» o quello «previsionale» tenendo conto degli effetti della trasparenza; se la possibilità di applicare il regime venisse meno per qualsivoglia motivo (perdita di efficacia dell’opzione o cause ostative) la partecipante dovrà integrare gli acconti.
A partire dal secondo periodo di efficacia dell’opzione: ● la partecipata non verserà gli acconti; ● le partecipanti determinano gli acconti con il metodo «storico» o «previsionale» tenendo conto della trasparenza.
In caso di mancato rinnovo dell’opzione e qualora si opti per il metodo storico: ● la partecipata commisura l’acconto al reddito prodotto nel periodo precedente e imputato ai soci; ● le partecipanti determinano l’acconto sulla base del reddito dichiarato nel periodo precedente al netto di quello alle stesse imputato per trasparenza. Nel caso di perdita di efficacia dell’opzione si applica quanto visto sopra per il caso di mancato rinnovo dell’opzione: gli acconti vanno ricalcolati e, se inferiori a quanto dovuto, integrati; se i soci hanno effettuato versamenti maggiori rispetto a quanto dovuto, possono attribuire l’eccedenza alla partecipata in applicazione delle disposizioni della cessione infragruppo (si veda art. 43-ter del D.P.R. n. 602/1973).
Il valore di carico della partecipazione per il socio L’imputazione ai soci del reddito o delle perdite per trasparenza incide sul costi fiscale della partecipazione detenuta dai soci: questo al fine di evitare che si verifichino doppie tassazioni della medesima ricchezza (similmente a quanto
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previsto per le partecipazioni nelle società di persone). L’art. 115, comma 12, del TUIR stabilisce che il costo fiscale della partecipazione è aumentato o diminuito dei redditi o delle perdite imputate ai soci e è altresì diminuito degli utili effettivamente distribuiti ai soci fino a concorrenza dei redditi imputati. Se il socio effettua una copertura perdita mediante versamento si avrà un aumento del costo della partecipazione per la parte di perdita non imputabile in quanto eccedente il patrimonio netto contabile di pertinenza del socio. Il decreto attuativo non tratta direttamente il tema del costo fiscale della partecipazione; assicura, tuttavia, all’art. 8, comma 1, che il criterio stabilito dal comma 12 dell’art. 115 del TUIR trova applicazione anche in ipotesi di distribuzioni di utili «trasparenti» che avvengano in periodi in cui non è più efficace l’opzione: questo comporta che, in caso di successiva cessione della partecipazione, il costo fiscalmente riconosciuto della stessa si riduce per effetto della distribuzione di una riserva di utili anche in capo ad un soggetto al quale non è stato imputato il reddito per trasparenza.
Regime degli utili e delle riserve Gli utili e le riserve che si formano nei periodi in cui é efficace l’opzione se distribuiti, non concorrono a formare il reddito dei soci anche se la distribuzione avviene dopo che l’opzione ha perso efficacia o se i soci sono diversi da quelli cui sono stati imputati i redditi e sempreché i nuovi soci abbiano i requisiti previsti dalla trasparenza. La società partecipata deve fornire in dichiarazione dei redditi la separata indicazione delle riserve, della loro distribuzione e dell’utilizzo per finalità diverse e dei redditi imputati per trasparenza. Le distribuzioni di riserve formatesi in periodi anteriori a quelli di efficacia dell’opzione mantengono il regime ordinario. Durante i periodi di validità dell’opzione se la delibera assembleare di distribuzione non dispone diversamente, si considerano distribuiti per primi gli utili imputati ai soci per trasparenza, anche se la distribuzione avviene in periodi diversi da quelli di efficacia dell’opzione; in caso di copertura perdite si considerano utilizzati per primi gli utili imputati per trasparenza senza possibilità di deliberare diversamente in assemblea. In caso di distribuzione di riserve di capitale, la presunzione ordinaria in base alla quale indipendentemente dalla delibera assembleare si presumono distribuiti prima l’utile dell’esercizio e le riserve che non hanno natura di riserve di capitale per la quota di esse non accantonata in sospensione (si veda l’art. 47, comma 1, del TUIR) opera solo con riguardo alle riserve di utili formatesi durante la trasparenza e anche se la distribuzione avviene dopo che l’opzione ha perso efficacia o se i soci sono diversi da quelli cui sono stati imputati i redditi e sempreché i nuovi
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soci abbiano i requisiti previsti dalla trasparenza.
Rideterminazione del reddito imponibile imputato Il socio deve rideterminare il reddito imponibile oggetto di imputazione nei limiti delle svalutazioni della partecipazione nella società trasparente dedotte nei dieci periodi d’imposta precedenti se tali svalutazioni si sono determinate per effetto di rettifiche di valore e accantonamenti non fiscalmente riconosciuti. La previsione vuole evitare che il socio possa fruire due volte degli effetti fiscali prodotti da elementi negativi di reddito non rilevanti in capo alla partecipata: la prima per effetto delle svalutazione dedotta della partecipazione e la seconda per l’imputazione di una perdita (o di un reddito inferiore) per effetto delle variazioni in diminuzione operate dalla partecipata. Gli effetti che si producono sono da un lato il riallineamento del valore fiscalmente riconosciuto del patrimonio della partecipata e dall’altro la rettifica del reddito imputato per trasparenza al socio. L’obbligo di riallineamento si riferisce al solo periodo di efficacia dell’opzione. Le svalutazioni delle partecipazioni che rilevano sono quelle dedotte nei dieci periodi d’imposta precedenti al netto delle rivalutazioni assoggettate a tassazione; non rilevano le svalutazioni delle partecipazioni che sono cedute a soggetti non appartenenti al gruppo. Anche se le svalutazioni sono dedotte per quinti l’importo da considerare è l’intero ammontare della svalutazione. Le rettifiche di valore e gli accantonamenti da considerare sono quelli che non hanno avuto riconoscimento fiscale (rilevano solo le differenze temporanee e non le differenze permanenti) e che hanno determinato una svalutazione della partecipazione; si considerano solo quelli operati dalla partecipata nei dieci periodi d’imposta precedenti in esercizi chiusi in perdita e fino a concorrenza della perdita stessa. Una volta individuato il minore importo tra le svalutazioni dedotte e le rettifiche e gli accantonamenti indeducibili che hanno generato le svalutazioni, il socio deve rettificare i valori fiscali degli elementi patrimoniali della partecipata (riduzione del valore fiscale degli elementi dell’attivo o/e aumento del valore fiscale dei fondi del passivo) dell’esercizio precedente a quello in cui ha effetto l’opzione se questi valori divergono da quelli contabili (nei limiti del disallineamento che ciascun elemento presenta e fino al riassorbimento delle differenze). La ripartizione è effettuata in base al rapporto tra: ● la differenza tra il valore fiscale e quello contabile di ciascun elemento o fondo considerato (a numeratore); e ● l’ammontare complessivo delle differenze relative a tutti gli elementi e fondi (a denominatore).
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Se nel bilancio della partecipata relativo all’esercizio precedente a quello dell’opzione il valore fiscale degli elementi patrimoniali è allineato al valore civilistico, l’obbligo di riallineamento non sussiste. La previsione si applica non solo nel primo periodo d’imposta in cui è attiva l’opzione ma anche in ciascun periodo in cui l’opzione viene eventualmente rinnovata. La norma si applica anche se gli elementi disallineati sono diversi da quelli che originariamente hanno determinato la deduzione della svalutazione della partecipata. La rettifica di valore degli elementi patrimoniali deve essere indicata dalla partecipante in apposito prospetto della dichiarazione dei redditi A seguito delle rettifiche apportate agli elementi patrimoniali della partecipata il socio procede ad aumentare in ciascun esercizio il reddito che gli verrà imputato per trasparenza diminuendo i componenti negativi dedotti dalla partecipata e aumentando i componenti positivi imponibili, collegati agli elementi patrimoniali che presentano disallineamento dei valori. 3.2.6
La trasparenza delle società di capitali: responsabilità e accertamento L’art. 115, comma 8, del TUIR stabilisce che la società partecipata trasparente risponde solidalmente con ciascuna società partecipante dell’imposta, delle sanzioni e degli interessi, conseguenti all’obbligo di imputazione del reddito. Ovviamente, la responsabilità solidale della partecipata viene meno allorquando la rettifica dei redditi della partecipante non ha per oggetto i redditi imputati per trasparenza. Il principio della responsabilità solidale di cui al citato comma 8 dell’art. 115 viene meno nelle ipotesi espressamente individuate dal comma 1 dell’art. 13 del decreto attuativo, quale precisa che «tale disposizione [art. 115, comma 8 del TUIR] non si applica nel caso di cui all’art. 12, comma 1, [in caso di omessa o parziale dichiarazione da parte della società partecipante del reddito imputato per trasparenza dalla società partecipata] nonché di omesso o carente versamento dell’imposta da parte dei soci». È esclusa, quindi, la responsabilità della partecipata nei seguenti casi: ● omessa o parziale dichiarazione da parte della società partecipante del reddito imputato per trasparenza dalla società partecipata; l’esclusione della responsabilità solidale presuppone, in ogni caso, che la società partecipata abbia posto in condizione la partecipante di conoscere tutti i dati necessari per adempiere correttamente agli obblighi tributari in materia di dichiarazione dei redditi e di versamento delle imposte dovute; ● omesso o carente versamento da parte della società partecipante dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione del reddito alla stessa imputato per trasparenza.
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Il comma 10 dell’art. 115 del TUIR dispone che per i soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. a), al cui capitale sociale partecipano esclusivamente soggetti di cui allo stesso art. 73, comma 1, lett. a), «si applicano le disposizioni di cui all’art. 40, secondo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600». Il rinvio all’art. 40, comma 2, del predetto decreto n. 600 del 1973, che, con riferimento alle società di persone, afferma il principio dell’unitarietà dell’atto di accertamento, fa sì che anche nel regime di trasparenza delle società di capitali l’accertamento del reddito prodotto dalla società trasparente rileva sia nei confronti della società che dei soci tenuti all’assolvimento dell’imposta. Ciò comporta che l’atto di accertamento deve essere necessariamente notificato, oltre che alla società, anche ai soci i quali potrebbero avere interesse a contestarlo autonomamente. 3.2.7
Detenzione di azioni o quote tramite società fiduciarie Poiché l’affidamento in amministrazione fiduciaria consente al socio affidante di conservare la proprietà sostanziale della quota, l’interposizione della società fiduciaria tra la partecipata e i soci, non rappresenta di per sé causa ostativa o di decadenza per l’applicazione del regime di trasparenza a condizione che i partecipanti possiedano tutti i requisiti di ammissione al regime stesso. Questo è un importante chiarimento contenuto nella circolare n. 49/E/2004 (par. 4) dell’Agenzia delle Entrate. I redditi della partecipata, comunicati alla fiduciaria dovranno essere poi imputati ai fiducianti; la partecipata trasmette alla fiduciaria l’attestazione delle quote di reddito che risultano imputabili ai soci dalla stessa rappresentati. Per l’esercizio dell’opzione tutti i fiducianti dovranno manifestare la volontà di avvalersi del regime alla fiduciaria; la fiduciaria comunicherà alla partecipata la volontà di optare per la trasparenza, garantendo che tutti i fiducianti abbiano i requisiti richiesti dalle norme per l’accesso al regime e in particolare in caso di trasparenza ex art. 115 del TUIR che tutte le società rappresentate abbiano le percentuali di voto e utili previste dalla norma citata e, in caso di società estera, che non vi sia obbligo di ritenuta sui dividendi3. I dati da indicare nel modello di comunicazione non saranno quelli dei fiducianti ma quelli della società fiduciaria. Questo consente, da una parte, di garantire la riservatezza sull’identità dei fiduciante, dall’altra, di garantire la possibilità di valutare l’esistenza dei presupposti di legge per accedere al regime di trasparenza. Al venir meno dei requisiti in capo ai soci la fiduciaria ha l’obbligo di informare
3 in caso di trasparenza ex art. 116 del TUIR (si veda il paragrafo successivo) la fiduciaria dovrà dichiarare il numero dei soci persone fisiche che la fiduciaria rappresenta e, in caso di socio non residente, che non vi sia obbligo di ritenuta sui dividendi
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la partecipata che effettuerà la comunicazione di decadenza dal regime. I controlli da parte dell’amministrazione circa la corretta dichiarazione delle quote di reddito dei soci avverranno sul modello 770 che andrà presentato dalla società fiduciaria. 3.2.8
La trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria Il legislatore nazionale, con l’art. 116 del TUIR, ha voluto introdurre la possibilità di imputazione per trasparenza ai soci persone fisiche del reddito prodotto dalle società a responsabilità limitata («piccola trasparenza»). Le regole applicabili a questo istituto sono in gran parte quelle applicabili alla trasparenza delle società di capitali. La citata norma consente di esercitare l’opzione per la trasparenza fiscale alle società a responsabilità limitata con un volume di ricavi non superiore alle soglie previste per l’applicazione degli studi di settore e con una compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche in numero non superiore a 10 (o a 20 nel caso di società cooperativa). Si noti che non è rilevante la quota di partecipazione detenuta da ciascun socio: è quindi possibile l’opzione anche nel caso di società uni personale. Le modalità e le condizioni per l’esercizio dell’opzione sono analoghe a quelle previste dall’art. 115 del TUIR: è quindi, per esempio, richiesta l’adesione all’istituto da parte di tutti i soci persone fisiche, adesione da comunicare alla società partecipata mediante raccomandata con ricevuta di ritorno. Nel caso di società con socio unipersonale (in cui l’unico socio era anche amministratore unico della società trasparente), l’Agenzia delle Entrate con risoluzione 11dicembre 2007, n. 361/E, ha avuto modo di chiarire che, anche in assenza di raccomandata da parte del socio unico alla società, si potesse considerare soddisfatta la condizione di cognizione da parte della società della volontà dell’unico socio di optare per la tassazione per trasparenza. Inizialmente non era consentito effettuare l’opzione per la trasparenza (ed era quindi motivo di decadenza dall’opzione già esercitata l’eventuale acquisto) se la società a responsabilità limitata possedeva una partecipazione in un’altra società e tale partecipazione aveva i requisiti per beneficiare della participation exemption (ai sensi dell’art. 87 del TUIR). Infatti, in tal caso, i soci persone fisiche, cui è attribuito il reddito per trasparenza, avrebbero potuto beneficiare del regime della società IRES ha trasparente, per la quale si ha una tassazione ridotta della eventuale plusvalenza da cessione della partecipazione e l’esclusione dal reddito del 95% dei dividendi percepiti. Il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006 n. 248 è intervenuto sull’art. 116 del TUIR, modificandone il testo nel senso che attualmente:
3. LE HOLDING QUALI SOGGETTI INTERPOSTI
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● la detenzione di partecipazioni di cui all’art. 87 non è ostativa alla trasparenza; ● le plusvalenze da cessione di partecipazioni di cui all’art. 87 e i dividendi di cui all’art. 89, commi 2 e 3, sono tassati nella percentuale prevista per le società di persone dagli artt. 58 e 59 del TUIR (attualmente, il 49,72% per quanto riguarda le partecipazioni qualificate). Durante il periodo di validità dell’opzione si considerano, salvo diversa delibera assembleare, distribuiti per primi i dividendi relativi a utili imputati per trasparenza. Gli utili distribuiti e già tassati per trasparenza non sono imponibili per il percettore: per gli altri dividendi o distribuzioni vale la regola generale dell’art. 47 del TUIR. Il costo fiscale della partecipazione si incrementa degli utili attribuiti e non riscossi e diminuisce delle perdite attribuite e degli utili riscossi. Nella tavola 3.6 si riporta, similmente a quanto fatto dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 49/E/2004, il quadro completo delle norme, che disciplinano l’istituto della «grande trasparenza» delle altre società di capitali, applicabili anche alle società a responsabilità limitata (e alle cooperative) a ristretta base partecipativa («piccola trasparenza»), in quanto «compatibili» con la disciplina sulla trasparenza riservata a queste ultime, come previsto l’art. 14, comma 4, del decreto attuativo. Tavola 3.6
Norma
Applicabilità a «piccola trasparenza»
Art. 115 del TUIR Comma 1, primo e secondo periodo («Accesso al regime»)
Si applica solo con riferimento a: - esercizio dell’opzione; - regole di imputazione del reddito (imputazione indipendente dalla percezione della quota di reddito spettante) - ininterrotto possesso dei requisiti
Comma 1, ultimo periodo («Cause che inibiscono l’accesso alla trasparenza»)
Si applica solo per il riferimento al consolidato nazionale e internazionale (v. anche D.M., art. 2, lett. b)
Comma 2 («Società non residenti ed esercizio per l’opzione»)
Si applica, con riferimento ai soci persone fisiche non residenti (cfr. D.M., art. 14, comma 1, lett. b)
138
IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING
Comma 3, primo e secondo periodo («Imputazione del reddito e delle ritenute della partecipata»)
Si applica
Comma 3, ultimo periodo («Imputazione della perdita della partecipata»)
Si applica
Comma 4 («Esercizio e durata dell’opzione»)
Si applica
Comma 5 («Il regime delle riserve e utili pregressi»)
Si applica
Comma 6 («Decadenza dal regime»)
Si applica, tranne per il riferimento al comma 1 dell’art. 115, riferito alle percentuali di voto e utili, ininfluenti nel regime di trasparenza ex art. 116.
Comma 7 («Versamento degli acconti»)
Si applica
Commi 8, 9 e 10 («Responsabilità e accertamento»)
Si applicano
Comma 11 («Rideterminazione imponibile»)
Si applica, se il socio persona fisica è imprenditore
del
reddito
Comma 12 («Costo della partecipazione»)
Si applica
Decreto ministeriale 23 aprile 2004 Art. 1, comma 2 («Soggetti non residenti»)
Si applica con riferimento ai soci persone fisiche non residenti (cfr. art. 14, comma 1, lett. b)
Art. 2, lett. b) e c) («Incompatibilità con il Consolidato e procedure concorsuali»)
Si applica
Art. 3, comma 1 («Percentuali di partecipazione»)
Il socio persona fisica potrà detenere le quote di partecipazione anche a mezzo società fiduciaria
Artt. 4 e 5 («Esercizio e rinnovo dell’opzione»)
Si applicano
Art. 6, comma 1, lett. a) e b) («Perdita dell’efficacia dell’opzione»)
Si applica (la lett. a può riferirsi solo all’opzione per il consolidato)
Art. 6, comma 2. («Mutamento compagine sociale»)
Si applica, con riferimento alla qualità di «persona fisica» del socio
3. LE HOLDING QUALI SOGGETTI INTERPOSTI
Art. 7 («Imputazione del reddito, perdite e degli oneri»)
139
Si applica delle
Art. 8 («Distribuzione di utili e riserve»)
Si applica
Art. 9 («Acconti»)
Si applica, la procedura attribuzione degli acconti versati dai soci è quella di cui all’art. 43-ter del D.P.R. n. 602/1973
Art. 10 («Operazioni straordinarie»)
Si applica
Art. 11 («Rideterminazione del reddito»)
Si applica, se il socio è imprenditore
Artt. 12 e 13 («Accertamento comunicazioni»)
Si applicano responsabilità
e