Holding 04

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Holding e controllate nazionali

SOMMARIO 4.1

Introduzione

4.2

Il consolidato fiscale nazionale

4.3

Le cessioni delle eccedenze d’imposta nell’ambito del gruppo societario

4


142 4.1

IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING

Introduzione Nel caso la società holding detenga delle partecipazioni di controllo in società residenti in Italia, di particolare interesse potrebbe essere – per le ragioni di seguito esposte – l’adesione all’istituto del consolidato fiscale nazionale. L’istituto del consolidato fiscale nazionale così come quello della trasparenza, di cui ci siamo occupati nel capitolo precedente, è stato introdotto dalla riforma fiscale del 2004 (di cui al D.lgs. n. 344/2003). Esso consente la determinazione di un unico reddito complessivo IRES, per tutte le società partecipanti al consolidato, indipendentemente dalla distribuzione di dividendi, senza che sia necessario redigere un bilancio consolidato. Tale reddito complessivo risulta dalla somma algebrica degli imponibili e delle perdite fiscali di ciascuna società partecipante, inclusa la capogruppo, risultanti dalle rispettive dichiarazioni dei redditi. La disciplina del consolidato fiscale nazionale rileva unicamente ai fini IRES e, pertanto, non produce alcun effetto con riferimento all’IRAP. Le norme sul consolidato fiscale, previste agli articoli da 117 a 129 del TUIR (così come riscritti dal citato D.lgs. n. 344/2003), sono integrate dalle disposizioni attuative contenute nel decreto ministeriale del 9 giugno 2004 (nel presente capitolo anche «decreto attuativo» o «decreto di attuazione»).

4.2

Il consolidato fiscale nazionale

4.2.1

Soggetti ammessi L’istituto del consolidato fiscale consente la determinazione dell’imponibile complessivo del gruppo in capo alla società controllante, in presenza di gruppi aventi le caratteristiche richieste dalla citata normativa fiscale. L’art. 117 del TUIR individua i soggetti che possono rivestire la qualifica di soggetti controllanti ai sensi della disciplina in esame: • società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione, residenti nel territorio dello Stato; • enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; Possono inoltre optare per la tassazione di gruppo in qualità di controllanti i soggetti non residenti e, precisamente, società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, purché in possesso di entrambi in seguenti requisiti: • residenza in Paesi con i quali è in vigore un accordo bilaterale per evitare la doppia imposizione;


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• esercizio di un’attività d’impresa in Italia mediante una stabile organizzazione dal cui patrimonio risultino le partecipazioni nelle società controllate residenti. In merito al primo requisito, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 53/E/2004 ha precisato che la residenza in uno Stato estero con cui sia in vigore esclusivamente un trattato contro le doppie imposizioni non sia idonea ad integrare il requisito in esame, se non è anche previsto un accordo che consenta lo scambio di informazioni con lo Stato italiano. Inoltre, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del D.M. 9 giugno 2004 possono esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo in qualità di soggetti controllanti: • i soggetti che trasferiscono la loro residenza dall’estero in Italia, sin dall’esercizio in cui avviene il trasferimento; • gli enti e le società non soggette all’IRES che per effetto di operazioni di trasformazione risultino assoggettabili a tale imposta, a decorrere dall’esercizio che inizia dalla data in cui ha effetto la trasformazione. In merito alla prima fattispecie, ricordiamo che la circolare 53/E/2004 ha precisato che se il trasferimento avviene nella prima metà dell’esercizio, il soggetto potrà aderire al consolidato sin dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento. Qualora invece il trasferimento si perfezioni nella seconda metà dell’esercizio, l’opzione potrà essere esercitata solo a partire dal periodo di imposta successivo). Inoltre, con la risoluzione 12 agosto 2005, n. 123, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le società estere che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia possono esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo a condizione che la loro forma giuridica sia analoga a quella richiesta per le società italiane. Inoltre ha ricordato che qualora l’operazione di trasferimento di residenza in Italia fosse posta in essere esclusivamente per motivi fiscali la stessa potrebbe essere considerata come elusiva ai sensi dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 I soggetti controllati possono essere, invece, solamente società di capitali residenti. Tuttavia, con la risoluzione n. 409/2008 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che ai sensi dell’art. 73, comma 5-bis del TUIR, anche una società di diritto straniero che non abbia la sede legale o la sede dell’amministrazione principale in Italia, si considera residente nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, se possiede partecipazioni di controllo ex art. 2359, comma 1, del Codice civile e, contemporaneamente, si verifica una delle seguenti situazioni: • la società estera è controllata, anche indirettamente, da un soggetto italiano, ovvero • la società estera è amministrata da un CdA, o altro organo equivalente di gestione, composto in maggioranza da amministratori residenti nel territorio dello Stato.


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In tali circostanze, l’Agenzia delle Entrate precisa che la società estera, essendo trattata come residente nel territorio dello Stato, ha la possibilità di esercitare l’opzione per il consolidato fiscale nazionale. 4.2.2

Il requisito di controllo Una società può esercitare l’opzione, in qualità di controllante, se: • partecipa al capitale sociale della società partecipata, direttamente o indirettamente, per una percentuale superiore al 50%, tenuto conto della demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo (partecipazione al capitale sociale» prevista dall’art. 120, comma 1, lett. a, del TUIR); • partecipa, direttamente o indirettamente, all’utile di bilancio della società partecipata per una percentuale superiore al 50%; anche in questo si deve tener conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo («partecipazione all’utile» prevista dall’rt. 120, comma 1, lett. b, del TUIR). Ai fini dell’inclusione di una società partecipata nel consolidato, tali requisiti devono sussistere congiuntamente; inoltre, il controllo nella società partecipata deve sussistere sin dall’inizio di ogni esercizio in relazione al quale la società o ente controllante e la società controllata si avvalgono dell’esercizio dell’opzione. Il riferimento alle percentuali di diritto di voto deve essere riferito alle assemblee di cui agli artt. 2364 (assemblea ordinaria nelle società prive di consiglio di sorveglianza), 2364-bis (assemblea ordinaria nelle società con consiglio di sorveglianza) e 2479-bis (assemblea dei soci delle società a responsabilità limitata) del Codice civile, come precisato dall’art. 3 del decreto di attuazione. È pertanto da escludersi che alla determinazione del requisito del controllo rilevante possano concorrere anche le partecipazioni sociali attributive dei diritti di voto nella sola assemblea straordinaria (come nel caso del possesso di azioni privilegiate, di azioni con voto limitato, di azioni di mero godimento). La norma esclude dal computo sia del capitale sia degli utili le azioni prive del diritto di voto esercitabile nell’assemblea generale richiamata dall’art. 2346 del Codice civile. Le azioni prive del diritto di voto vanno escluse sia dal numeratore che dal denominatore. Nel caso in cui il diritto di voto esercitabile nelle assemblee ordinarie sia attribuito ad un soggetto diverso dal titolare (pegno, usufrutto, sequestro), i relativi titoli azionari andranno presi in considerazione soltanto ai fini del computo del denominatore del rapporto (capitale sociale di riferimento), e non anche del numeratore, in quanto non consentono l’esercizio del controllo. Anche la soglia minima di partecipazione all’utile di bilancio delle società controllate deve essere superiore al 50 per cento (art. 120, comma 1, lett. b, del


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TUIR). Tale percentuale è data dal rapporto tra il numero di azioni con diritto agli utili (numeratore) detenute dal soggetto controllante e il numero totale di azioni che danno diritto agli utili (denominatore) della società controllate. Analogamente a quanto specificato in relazione al contenuto della partecipazione al capitale, anche in relazione alla partecipazione agli utili la circolare n. 53/E/2004 precisa che il legislatore ha inteso escludere dalla determinazione della percentuale di partecipazione agli utili (sia al numeratore che al denominatore) tutte le tipologie di azioni o titoli rappresentativi del capitale sociale che non attribuiscano al titolare il diritto di voto da esercitarsi nell’assemblea ordinaria. Per quanto concerne il caso in cui il diritto di voto sia attribuito ad un soggetto diverso dal titolare, i relativi titoli azionari dovranno essere presi in considerazione ai fini del computo della percentuale in esame, tanto al numeratore quanto al denominatore del rapporto, nel caso in cui il titolare del titolo mantenga il diritto alla percezione degli utili. In merito si segnala che l’Agenzia delle Entrate con risoluzione 27 agosto 2009, n. 240/E, ha affrontato in modo sistematico il tema delle partecipazioni di controllo costituite (totalmente o parzialmente) in pegno, ai fini della verifica del requisito del controllo di cui all’art. 117 del TUIR arrivando alle seguenti conclusioni: a. nella «partecipazione al capitale sociale» prevista dall’rt. 120, comma 1, lett. a), del TUIR: - non rilevano le azioni vincolate in regime «legale», ai sensi del predetto art. 2352, rispetto alle quali il titolare delle azioni è privato del diritto di voto nell’assemblea ordinaria; - rilevano le azioni vincolate in regime «convenzionale», ai sensi del predetto art. 2352, rispetto alle quali il titolare delle azioni mantiene il diritto di voto nell’assemblea ordinaria in modo «pieno ed esclusivo»; - non rilevano le azioni vincolate in regime «convenzionale», ai sensi del predetto art. 2352, allorquando le clausole pattizie che regolamentano il pegno, pur derogando alla disciplina legale sancita dal citato art. 2352 attribuendo al socio il diritto di voto, stabiliscano condizioni che ne «depotenziano» l’esercizio da parte del socio (quale ad esempio, come nella fattispecie in esame, la facoltà del creditore di esercitare, in talune occasioni, il diritto di voto nell’assemblea); b. nella «partecipazione all’utile» prevista dall’rt. 120, comma 1, lett. b), del TUIR, rilevano tutte le azioni vincolate non assumendo rilevanza la circostanza che in base all’art. 2791 del codice civile il creditore pignoratizio possa far propri i relativi utili distribuiti. Si tenga presente che l’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 240/2009 ha precisato che le clausole del contratto di pegno che attribuiscono al creditore pi-


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gnoratizio (ad esempio banca) il diritto di voto nelle assemblee straordinarie non rappresentano una causa ostativa all’esercizio dell’opzione (o, se l’opzione è già stata esercitata, al mantenimento dei relativi effetti). Infine, ricordiamo che il comma 2 dell’art. 3 del decreto attuativo chiarisce che ai fini della determinazione della percentuale di partecipazione agli utili dell’art. 120, comma 1, lett. b) del TUIR la quota di utili delle azioni correlate all’attività sociale in un determinato settore (emesse in base all’art. 2350 comma 2 del codice civile) si assume pari alla quota di partecipazione al capitale delle azioni medesime. 4.2.3

L’esercizio dell’opzione Ciascuna società può esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo solamente in qualità di controllante o di società controllata. Inoltre, detta opzione ha natura bilaterale e non multilaterale tra società controllante e società controllata con la conseguenza che, all’interno dello stesso gruppo, potranno di fatto aversi differenti assetti negoziali. In altri termini, potrebbero essere predisposti tanti contratti di consolidato quante sono le possibili società consolidate. Per quanto riguarda le modalità pratiche di invio, con la circolare n. 53/E/2004 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito, tuttavia, che la comunicazione di avvio del regime è unica, dovendo essere presentata dal soggetto consolidante rispetto a tutte le proprie partecipate che abbiano esercitato l’opzione per la tassazione di gruppo. L’art. 2, comma 3, del decreto di attuazione prevede che l’opzione per la tassazione di gruppo possa essere esercitata dalla società controllata anche a decorrere da un esercizio successivo a quello in cui ha avuto inizio la tassazione di gruppo cui partecipa la controllante. Anche in tal caso, tuttavia, l’opzione sarà irrevocabile per tre esercizi sociali (art. 15 comma 1 del decreto di attuazione). L’opzione ha efficacia se si verificano le seguenti condizioni: • i soggetti che la esercitano devono avere la chiusura dell’esercizio sociale identica a quella della società controllante; • deve essere esercitata congiuntamente da parte di ciascuna società controllata e dalla società consolidante; • le società controllate, ai fini della notifica degli atti, devono eleggere il proprio domicilio presso la società controllante fino a quando il reddito consolidato risulti accertabile. L’art. 1, comma 33, lett. r) e seguenti della legge n. 244/2007 (Legge finanziaria 2008) ha previsto che l’avvenuto esercizio dell’opzione per il Consolidato


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fiscale nazionale deve essere comunicato all’Agenzia delle Entrate entro il sedicesimo giorno – e non più il ventesimo – del sesto mese successivo alla chiusura del periodo di imposta precedente a quello a cui si riferisce l’opzione. L’esercizio congiunto dell’opzione per la tassazione di gruppo deve essere comunicato all’Agenzia delle Entrate, mediante apposito modello approvato dalla stessa Agenzia, e deve indicare la ragione sociale e il codice fiscale delle società che esercitano l’opzione, la qualità di controllante, ovvero di controllata, l’elezione del domicilio della controllata presso la società controllante, l’individuazione delle società che hanno effettuato il versamento dell’acconto in modo separato, nonché il criterio utilizzato per l’attribuzione delle perdite residue nei casi di interruzione anticipata della tassazione di gruppo, ovvero di mancato rinnovo. Con riferimento al criterio utilizzato per l’attribuzione delle perdite residue nei casi d’interruzione anticipata della tassazione di gruppo, ovvero di mancato rinnovo, con la circolare n. 10/E del 16 marzo 2005 è stato chiarito che il criterio di attribuzione delle perdite va adottato all’atto della comunicazione dell’esercizio dell’opzione o del suo rinnovo. Tuttavia, l’omessa indicazione non determina ex se l’invalidità della comunicazione, ma, «l’eventuale mancata indicazione del criterio per l’attribuzione delle perdite residue non impedisce il valido avvio del regime, avendo quale unica conseguenza quella di imporre ai soggetti partecipanti alla tassazione di gruppo di utilizzare il criterio generale all’atto dell’imputazione delle perdite in esame [esclusiva spettanza delle perdite al consolidante]». Sempre con riferimento alla comunicazione relativa al criterio di ripartizione delle perdite, l’Agenzia delle Entrate – con riferimento a una società che aveva erroneamente compilato il modello di comunicazione barrando il codice 2 (attribuzione in modo proporzionale alle società che le hanno prodotte) anziché il codice 1 (attribuzione alla società o ente consolidante), nonostante l’indicazione nel Regolamento al consolidato circa il fatto che le perdite, in caso di interruzione anticipata, restassero alla consolidante – ha chiarito, con la risoluzione 13 ottobre 2006, n. 113/E, che resta precluso la possibilità di modificare la scelta comunicata. Non si potrà pertanto adottare, all’atto dell’interruzione anticipata o del mancato rinnovo, un criterio diverso da quello comunicato in fase di avvio del regime. 4.2.4

La determinazione del reddito complessivo globale A seguito dell’esercizio dell’opzione per il consolidato fiscale nazionale, la società, ovvero l’ente consolidante, determina il reddito complessivo globale pari alla somma algebrica dei redditi complessivi netti delle singole società consolidate;


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detti redditi devono essere considerati per l’intero ammontare, indipendentemente dalla quota di partecipazione detenuta dal soggetto controllante. La società consolidante ha il diritto del riporto a nuovo dell’eventuale perdita prodotta dalle società incluse nel perimetro di consolidamento e deve liquidare l’imposta dovuta; in particolare, il secondo periodo del comma 1 dell’art. 118 del TUIR, prevede che la società controllante avrà il diritto di riportare l’eventuale perdita emergente dal consolidato nel periodo d’imposta successivo. Ne consegue che le perdite delle singole società consolidate confluite nella tassazione di gruppo non potranno più essere utilizzate dalle società che le hanno prodotte. Inoltre, per effetto dell’esercizio dell’opzione, la società controllante deve effettuare la liquidazione dell’IRES di gruppo, ovvero dell’eccedenza rimborsabile o riportabile a nuovo. Il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero L’esercizio dell’opzione determina anche importanti conseguenze ai fini della determinazione del credito d’imposta per il reddito complessivo globale prodotto all’estero. In questo senso dispone il comma 1-bis dell’art. 118 del TUIR. Innanzitutto, la determinazione di tale credito deve essere effettuata per società, a prescindere, quindi, dalla circostanza che nello stesso Paese estero siano residenti più società consolidate, e per singolo Paese. Inoltre, come chiarito dalla lett. c) del citato comma 1-bis, nei casi di interruzione, ovvero di mancato rinnovo, della tassazione di gruppo, il diritto al riporto dell’eventuale eccedenza di imposta estera spetta al soggetto che ha prodotto i redditi all’estero e non al soggetto consolidante. Le perdite pregresse Il comma 2 dell’art. 118 introduce delle limitazioni all’utilizzo delle perdite fiscali pregresse formatesi anteriormente all’adesione al consolidato fiscale. A seguito dell’esercizio dell’opzione, le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo possono essere utilizzate esclusivamente dalle società che le hanno prodotte e, quindi, non sono trasferibili al Consolidato. In altri termini, le perdite relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo potranno essere compensate unicamente con gli utili imponibili del soggetto che le ha realizzate; la società controllata trasferirà alla società controllante l’utile imponibile al netto di tale perdita. Tali società dovranno, quindi, compensare tali perdite con i proprio imponibili positivi e successivamente trasferire il proprio saldo positivo, ovvero la perdita


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d’esercizio, alla società consolidante. Sul punto la circolare n. 53/E/2004 chiarisce che dette regole riguardano anche il soggetto consolidante, il quale non potrà di conseguenza abbattere il reddito complessivo globale consolidato delle proprie perdite pregresse, ma potrà eventualmente utilizzarle solo ad abbattimento dell’imponibile positivo dallo stesso conseguito in esercizi in cui l’opzione è efficace. Le perdite del consolidato Come accennato, il comma 1 dell’art. 118 consente alla controllante il riporto a nuovo dell’eventuale perdita risultante dalla somma algebrica degli imponibili. Il comma 2 dell’art. 9 del decreto di attuazione si occupa in modo specifico del trattamento delle perdite, stabilendo che le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato possono essere portate in deduzione del reddito dei periodi di imposta successivi secondo le modalità previste dai commi 1 e 2 dell’art. 84 del TUIR. Nella circolare n. 53/E/2004 , viene chiarito che le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato conseguite negli esercizi di validità dell’opzione possono essere portate a nuovo esclusivamente dal soggetto consolidante e, quindi, compensate con il reddito complessivo globale dei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, fatta salva l’ipotesi di perdite illimitatamente riportabili che, se realizzate dalle società consolidate nei periodi di validità dell’opzione, mantengono tale caratteristica anche nell’ambito del consolidato. Le eccedenze d’imposta pregresse Il comma 2 dell’art. 118 stabilisce che le eccedenze d’imposta relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo possono esser utilizzate dalla società controllante o, alternativamente, dalle società che le hanno prodotte. Per effetto del richiamo operato all’art. 43-ter del D.P.R. n. 602/1973, tali eccedenze potranno essere cedute, in tutto o in parte, ad una o più società, ovvero ente, appartenenti allo stesso gruppo, senza l’osservanza delle ordinarie formalità. La cessione è efficace a condizione che il cedente indichi nella propria dichiarazione dei redditi i dati dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di questi. Il cessionario acquisisce irreversibilmente la titolarità del credito con la presentazione della dichiarazione del cedente, ma può utilizzare in compensazione tale credito fin dall’inizio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione. Inoltre, il cessionario nella prima dichiarazione dei redditi presentata dalla data di cessione del credito deve indicare i soggetti cedenti, le date di effettuazione delle cessioni e, distintamente, la parte di credito utilizzata per i versamenti e la


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parte non ancora utilizzata. In merito si ricorda che con circolare 18 luglio 2005, n. 35, l’Agenzia delle Entrate, con riferimento alla cessione delle eccedenze IRES emerse in sede di redazione della dichiarazione dei redditi del consolidato, ha chiarito che la società consolidante potrà cedere, ai sensi dell’art. 43-ter del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 602, le eccedenze IRES in parola sia ai soggetti che rientrano nell’ambito della nozione di gruppo fornita dal comma 4 dell’art. 43-ter citato sia ai soggetti inclusi nel perimetro di consolidamento. Inoltre, l’Agenzia ha specificato che, in virtù del fatto che l’art. 43-ter prevede un requisito temporale più gravoso rispetto a quello prescritto dall’art. 120 del TUIR, tale requisito deve essere rispettato non solo nell’ipotesi in cui il soggetto consolidante intenda attribuire eccedenze IRES prodotte dal consolidato a società appartenenti al più ampio gruppo individuato dall’art. 43-ter, ma anche nel caso in cui intenda attribuirle ai soggetti che rientrano nel perimetro di consolidamento. L’art. 7, lett. b), del decreto attuativo stabilisce che «ciascun soggetto può cedere, ai fini della compensazione con l’imposta sul reddito delle società dovuta dalla consolidante, i crediti utilizzabili in compensazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nel limite previsto dall’art. 25 di tale decreto per l’importo non utilizzato dal medesimo soggetto». Pertanto le consolidate che intendono cedere alla consolidante i propri crediti d’imposta devono rispettare i seguenti limiti: • i crediti trasferiti non possono superare l’IRES che risulta a titolo di saldo e acconto dalla dichiarazione dei redditi del consolidato; • la controllante potrà utilizzarli solo per il pagamento dell’IRES; • i crediti che residuano al momento dell’interruzione del regime o del mancato rinnovo dell’opzione restano nell’esclusiva disponibilità della società o ente controllante (art. 124 comma 4 del TUIR); • il limite di importo è fissato in 516.456,90 euro. Le eccedenze d’imposta trasferite alla consolidante non scontano il predetto limite, in quanto vengono utilizzate in compensazione «interna», ovvero in diminuzione dell’IRES risultante dalla successiva dichiarazione dei redditi del consolidato presentata dalla consolidante. La stessa circolare n. 35/E/2005 sopra citata ha chiarito che: • il limite fissato in euro 516.456,90 riguarda ciascun soggetto partecipante al consolidato, nel senso che le singole consolidate che intendono trasferire i propri crediti di imposta alla consolidante debbono rispettare tale limite, al raggiungimento del quale concorrono anche eventuali utilizzi compiuti «in proprio» dai singoli partecipanti in compensazione dei propri debiti di imposta; • la consolidante potrà utilizzare i crediti di imposta ricevuti (in compensazione


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con l’IRES di gruppo) anche oltre il limite di euro 516.456,90, in quanto la verifica di tale limite, operata in capo a ciascuna delle singole società aderenti al consolidato, assorbe quella da effettuare in capo alla società consolidante.

• Obblighi di versamento degli acconti e del saldo

A seguito dell’esercizio dell’opzione, gli obblighi di versamento a saldo e in acconto competono alla società consolidante. L’acconto dovuto è pari all’imposta netta relativa al periodo precedente, come indicata nella dichiarazione dei redditi presentata dalla società controllante. È fatta salva la disposizione di cui all’art. 4 del D.L. n. 69/89 che consente di commisurare l’acconto anche su base previsionale (ossia sulla base dell’imposta che si prevede di liquidare per il periodo). Per il primo periodo di validità dell’opzione, l’acconto dovuto dalla consolidante è determinato avuto riguardo all’imposta netta corrispondente alla somma algebrica dei redditi delle società consolidate relative al periodo precedente, così come indicati nelle dichiarazioni dei redditi presentate delle singole società per tale periodo. Le compensazioni infragruppo e gli accordi di consolidamento Nell’ambito del consolidato fiscale si fa ampio ricorso a versamenti di somme tra le società controllate e la società controllante – e viceversa – per compensare i vantaggi fiscali attribuiti o ricevuti. In proposito, l’art. 118, comma 4, del TUIR dispone l’irrilevanza reddituale delle somme percepite o versate tra le società aderenti alla tassazione consolidata in contropartita dei vantaggi fiscali ricevuti. In altri termini, dette somme non concorreranno alla formazione del reddito imponibile delle società che riceveranno le medesime. L’aspetto relativo alla regolamentazione dei rapporti infragruppo, che bilancino le posizioni debitorie e creditorie trasferite tra società aderenti alla tassazione di gruppo, è lasciato, quindi, completamente all’autonomia delle società aderenti al consolidato. La regolamentazione dei rapporti infragruppo si sostanzia, quindi, nella redazione tra le parti interessate di un atto contrattuale infragruppo (cosiddetto contratto di consolidamento), che rappresenta lo strumento attraverso cui stabilire, ad esempio, se e in quale misura: • remunerare i vantaggi economici e/o finanziari conseguiti dal gruppo, per effetto dell’esercizio della tassazione consolidata; • remunerare i risparmi di imposta conseguiti dal gruppo, a fronte della rinuncia da parte dei singoli soggetti aderenti alla tassazione di gruppo dei


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vantaggi dei quali avrebbero fruito in assenza della tassazione consolidata. Nella circolare n. 53/E/2004, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il comma 4 dell’art. 118 (ossia la previsione della non concorrenza alla formazione del reddito imponibile delle somme versate tra le società consolidate in contropartita dei vantaggi fiscali ricevuti) si applica anche alle somme percepite e versate per compensare i vantaggi fiscali che derivano dalla interruzione della tassazione di gruppo, ovvero dall’interruzione del consolidato prima del compimento del triennio di validità dell’opzione. Nella circolare 19 febbraio 2008, n. 12/E, risposta 5.3, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che nella disposizione di irrilevanza fiscale di cui all’art. 118 comma 4, del TUIR ricade anche l’eventuale remunerazione del vantaggio fiscale apportato alla consolidato fiscale dal soggetto partecipante al regime titolare del ROL capiente (utilizzato per permettere la deducibilità di interessi passivi fiscalmente irrilevanti, a livello individuale, in conseguenza della disciplina di cui all’art. 96) (si rinvia al capitolo relativo per maggiori dettagli). Nella stessa circolare,l’Agenzia delle Entrate precisa che «coerentemente con quanto affermato nella circolare 20 dicembre 2004, n. 53/E (par. 4.2.5) l’esclusione delle somme in questione dal concorso alla formazione dell’imponibile individuale del soggetto che ha trasferito il proprio ROL capiente (individualmente inutilizzato) opererà fino a concorrenza dell’IRES teorica cui le stesse somme siano commisurate (calcolata, nel caso di specie, sulla riduzione dell’imponibile complessivo di gruppo che l’utilizzo del predetto ROL capiente consente di conseguire)». 4.2.5

Le operazioni straordinarie che coinvolgono le società partecipanti al consolidato fiscale L’efficacia dell’opzione non viene meno qualora per effetto di operazioni straordinarie all’interno dello stesso esercizio si determinano più periodi d’imposta (come nel caso di fusioni, scissioni, ovvero liquidazioni volontarie). Il D.M. 9 giugno 2004 ha disciplinato espressamente gli effetti sulla tassazione di gruppo delle diverse tipologie di operazioni societarie straordinarie, subordinando la continuazione della tassazione consolidata al persistere o meno dei requisiti relativi oggettivi e soggettivi di cui all’art. 117 del TUIR. In particolare, l’art. 11 del decreto di attuazione disciplina una serie di operazioni in presenza delle quali non ha luogo l’interruzione della tassazione di gruppo, non producendosi, pertanto, gli effetti previsti dall’art. 124 del TUIR, di cui si dirà più oltre. L’art. 12 del decreto ministeriale disciplina, invece, le modalità relative alle operazioni straordinarie che avvengono in corso di esercizio (le liquidazioni) o con efficacia successiva rispetto all’inizio del periodo di imposta (fusioni e scis-


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sioni) – v. tavola 4.1. In particolare, la fusione tra società consolidate non interrompe la tassazione di gruppo; in tal caso, infatti, il vincolo di permanenza temporale nel consolidato delle società partecipanti alla fusione si trasferisce alla società risultante dalla medesima. Ai fini della determinazione del reddito complessivo globale del consolidato, qualora gli effetti fiscali della fusione decorrano da una data successiva a quella di inizio del periodo d’imposta, la società incorporante, ovvero risultante dalla fusione stessa, comunica al soggetto consolidante il reddito dell’intero esercizio, risultante dalla somma algebrica dei redditi (e delle perdite) delle società partecipanti all’operazione per il periodo d’imposta antecedente a quello da cui ha effetto la fusione, nonché dei redditi e delle perdite relativi al periodo d’imposta da cui la stessa ha effetto. Qualora, invece, intervenga la fusione della società consolidante con una o più società consolidate, la tassazione di gruppo tra i soggetti stessi si estingue, senza gli effetti di ripresa a tassazione delle agevolazioni fiscali concesse durante il periodo di vigenza del consolidato, mentre l’opzione permane nei confronti delle altre società consolidate. La scissione totale o parziale di una società consolidata, che lascia invariata la compagine sociale, non interrompe la tassazione di gruppo, ferma restando la sussistenza, in capo ai soggetti coinvolti, dei requisiti previsti per l’esercizio dell’opzione in questione. In tal caso, le società beneficiarie neo-costituite parteciperanno alla tassazione di gruppo per un periodo pari a quello residuo della società consolidata che si è scissa. Tavola 4.1

Fusione tra società consolidate

Non interrompe la tassazione di gruppo; il vincolo triennale si trasferisce alla società risultante dalla fusione, che ha l’obbligo di rispettare il termine che scade per ultimo

Fusione tra società consolidante e una o più Estingue la tassazione di gruppo tra i società consolidate soggetti stessi senza tuttavia produrre gli effetti dell’art. 124 del TUIR. Nel caso di incorporazione della consolidante in una consolidata fusione inversa permane la tassazione di gruppo nei confronti delle altre consolidate


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IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ HOLDING

Fusione per incorporazione di società Non interrompe la tassazione di gruppo estranea in una società inclusa nel qualora permangano i requisiti del consolidato controllo

Fusione propria o per incorporazione della La società risultante non partecipa consolidante con (o in) società estranea al automaticamente al consolidato, ma consolidato occorre presentare interpello ai sensi della legge n. 212/2000. Scissione totale o parziale di società Non si configura quale causa estintiva consolidata della validità dell’opzione qualora l’operazione non comporti alcuna modifica della compagine sociale e permangano intatti i requisiti del controllo dell’art. 117 del TUIR Scissione di società non consolidata a Non si verifica interruzione nella favore di società consolidata tassazione di gruppo qualora permangano con riferimento alla consolidata i requisiti del controllo Scissione parziale della consolidante

Non dà luogo ad alcuna modifica degli effetti connessi all’esercizio dell’opzione effettuato dalla scissa, qualora rimangano soddisfatti i requisiti del controllo

Scissione totale della consolidante

Il proseguimento del consolidato è subordinato alla presentazione dell’istanza di interpello ai sensi della legge 212/2000.

Liquidazione volontaria della consolidante o Non interrompe la tassazione di gruppo della consolidata Conferimenti

I conferimenti effettuati da soggetti partecipanti alla tassazione di gruppo non interrompono la tassazione di gruppo stessa qualora permangano i requisiti del controllo

casi Particolari

in tutti i casi diversi da quelli previsti dagli artt. 11 e 13 del decreto di attuazione è possibile richiedere la continuazione della tassazione di gruppo da parte della società che effettua l’operazione attraverso l’interpello previsto dall’art. 11 della legge 212/2000


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Perdite e operazioni straordinarie di fusione o scissione Aspetti di particolare complessità si pongono in caso di fusione o scissione in presenza di perdite fiscali, sia pregresse che maturate in corso di consolidato, in ragione della necessità di conciliare quanto previsto dall’art. 172, comma 7, e dall’art. 173, comma 10, del TUIR con la specifica disciplina dettata in tema di consolidato fiscale nazionale. La disciplina generale delle perdite nell’operazione di fusione – contenuta nell’art. 172, comma 7, del TUIR – prevede che «le perdite delle società che partecipano all’operazione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede l’ammontare del rispettivo patrimonio netto, quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell’art. 2501-quater del Codice civile, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa». Il patrimonio netto cui fare riferimento (c.d. «limite patrimoniale») – che costituisce il limite massimo dell’ammontare delle perdite fiscali delle società partecipanti alla fusione riportabili in diminuzione del reddito della società incorporante o risultante dalla fusione – deve, pertanto, essere ridotto dell’importo di eventuali ricapitalizzazioni (conferimenti e versamenti) posti in essere nei ventiquattro mesi precedenti, neutralizzando così i tentativi volti a consentire un pieno recupero delle perdite fiscali. Inoltre, il diritto al riporto delle perdite è condizionato, in ogni caso, alla permanenza di condizioni di vitalità economica (c.d. «requisiti economici») delle società in perdita – desunte dai ricavi conseguiti e dalle spese per prestazioni di lavoro subordinato sostenute – al fine di verificare che la società portatrice di perdite fiscali pregresse non si sia depotenziata precedentemente all’operazione di fusione. La ratio di tale disposizione è quella di contrastare la realizzazione di fusioni con società prive di capacità produttiva poste in essere al fine di attuare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di una società con gli utili imponibili dell’altra, introducendo un divieto al riporto delle stesse qualora non sussistano quelle minime condizioni di vitalità economica previste dalla norma. In proposito, si ricorda che l’Agenzia delle Entrate nella risoluzione 24 ottobre 2006, n. 116/E, ha precisato che la disposizione in esame richiede, in primis, che la società, la cui perdita si vuole riportare, sia operativa, negando, in sostanza, il diritto al riporto delle perdite se non esiste più l’attività economica cui tali perdite si riferiscono. Secondo l’Agenzia, quindi, in un’ottica antielusiva, i requisiti minimi di vitalità economica debbono sussistere non solo nel periodo precedente alla fusione, così come si ricava dal dato letterale, bensì debbono continuare a permanere fino al momento in cui la fusione viene attuata. Ai fini di tale verifica,


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l’ammontare dei ricavi e proventi dell’attività caratteristica e delle spese per prestazioni di lavoro relativi a detto intervallo di tempo deve essere ragguagliato ad anno, per consentire che il raffronto con la media dell’ammontare dei medesimi elementi contabili degli ultimi due esercizi precedenti sia effettuato tra dati omogenei (risoluzione 10 aprile 2008, n. 143). La stessa disposizione, infatti, verrebbe privata della sua portata antielusiva qualora fosse consentito il riporto delle perdite fiscali ad una società che è stata completamente depotenziata nell’arco di tempo intercorrente fra la chiusura dell’esercizio precedente alla delibera di fusione e la data di efficacia giuridica dell’operazione medesima. La stessa Agenzia delle Entrate ha però precisato che sussiste la possibilità per il contribuente di richiedere la disapplicazione, ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600/1973, della disposizione esame qualora sia dimostrato che l’operazione di fusione non rappresenta l’epilogo di una manovra elusiva consistente nella fusione di una società priva di vitalità economica, allo scopo di decurtare il reddito imponibile di una delle altre società partecipanti con le perdite fiscali accumulate dall’altra società negli esercizi precedenti la fusione, la cui attività economica sia ormai inesistente. La disciplina delle perdite nell’operazione di scissione – contenuta nell’art. 173, comma 10, del TUIR – risulta regolata mediante un rinvio, seppur con qualche adeguamento, alla disciplina normativa prevista per le fusioni. Ai sensi del primo periodo del comma 10 dell’art. 173, infatti, «alle perdite fiscali delle società che partecipano alla scissione si applicano le disposizioni del comma 7 dell’art. 172, riferendosi alla società scissa le disposizioni riguardanti le società fuse o incorporate e alle beneficiarie quelle riguardanti la società risultante dalla fusione o incorporante». Le considerazioni sopra riportate, su cui trova fondamento la disciplina delle perdite nelle operazioni di fusione, pur rilevando in linea di massima anche per la scissione, devono in ogni caso essere adattate alle caratteristiche di quest’ultima operazione. Le due operazioni di riorganizzazione aziendale, infatti, presentano differenze significative, atteso che con la fusione si verifica sempre un’aggregazione di soggetti, mentre la scissione comporta in ogni caso la «suddivisione» del soggetto scisso e – solo eventualmente – anche una unificazione di soggetti diversi in caso di beneficiaria preesistente. In merito alla posizione della società che procede alla scissione, si osserva che non può configurarsi un rischio di elusione legato alla «compensazione intersoggettiva» delle perdite, dal momento che la stessa, successivamente all’operazione, manterrà la titolarità (di una parte) di perdite da lei stessa generate, che non possono essere compensate con risultati positivi realizzati da altri soggetti. Lo stesso tenore letterale della disposizione contenuta nell’art. 173, comma 10, del TUIR, rinviando alle disposizioni contenute nel comma 7 dell’art. 172 in


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materia di fusioni, assimila la posizione della società scissa a quella delle società fuse o incorporate. Ne deriva che le perdite che restano nella disponibilità della società scissa non sono sottoposte alla speciale disciplina recata dall’art. 173, comma 10, del TUIR, con la conseguenza che la stessa mantiene pienamente il diritto al riporto delle perdite dalla stessa maturate e non trasferite alla beneficiaria, non essendo applicabile alle perdite rimaste in carico alla società scissa la disposizione antielusiva ivi contenuta, in quanto – non realizzandosi in capo alla stessa alcuna concentrazione soggettiva – non sussiste il rischio che le stesse possano essere indebitamente compensate con redditi di una diversa organizzazione. Questa importante conclusione- oggetto di ampio dibattito in passato – è stata recentemente confermata dalla stessa Agenzia delle Entrate nella risoluzione 30 giugno 2009, n. 168/E). In merito alla posizione della società beneficiaria – che è equiparata alla società risultante dalla fusione o all’incorporante –il rischio di elusione legato alla «compensazione intersoggettiva» delle perdite sussiste solo nel caso in cui la beneficiaria stessa preesista alla scissione e non sia, quindi, di nuova costituzione; in tal caso, le limitazioni alla riportabilità recate dal comma 10 in commento riguardano tanto le perdite fiscali pregresse realizzate dalla stessa beneficiaria quanto quelle trasferite dalla scissa in base al criterio di attribuzione proporzionale. In altre parole, al verificarsi di tale fattispecie, la società beneficiaria dovrà: • applicare le limitazioni contenute nel comma 10 in commento alle «proprie» perdite, confrontando l’ammontare delle stesse con il proprio patrimonio netto (nettizzato dei conferimenti e dei versamenti effettuati nei 24 mesi precedenti), nel rispetto degli indicatori di vitalità; • applicare le medesime limitazioni alle perdite della società scissa, confrontando l’ammontare di quelle da questa trasferite alla beneficiaria con il patrimonio netto ricevuto per effetto della scissione dalla beneficiaria stessa (rettificato dei conferimenti e dei versamenti effettuati nei 24 mesi precedenti), in ogni caso rispettando il test di «vitalità» economica in capo alla società scissa. In caso di società beneficiaria preesistente all’operazione di scissione si realizza,infatti, un’aggregazione di soggetti (del tutto analoga a quella che si realizza in ipotesi di fusione per incorporazione) e sussiste, pertanto, un possibile rischio di compensazione delle perdite pregresse provenienti dalla società scissa con redditi di un soggetto diverso, o viceversa. Qualora, invece, la società beneficiaria venga costituita contestualmente e per effetto dell’operazione di scissione, così che il suo patrimonio provenga unicamente dalla scissa, nessun effetto elusivo è ravvisabile con riferimento al riporto


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delle perdite maturate dalla scissa e trasferite insieme al ramo scisso alla beneficiaria. Anche questa posizione è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate nella citata risoluzione n. 168/E/2009. Le norme in materia di consolidato fiscale nazionale non contengono specifiche disposizioni in merito all’applicabilità delle limitazioni al riporto delle perdite in operazioni di fusione e scissione tra società che hanno optato per il regime del consolidato fiscale nazionale. L’unico riferimento normativo è fornito dall’art. 12, comma 1, lett. a), del decreto ministeriale 9 giugno 2004, secondo cui – alle fusioni tra società consolidate – «si applicano comunque, le disposizioni dell’art. 172, del Testo Unico ». La successiva lett. b), estende l’applicazione delle disposizioni recate dalla lett. a), ove compatibili, anche alle ipotesi di scissione di consolidata che non comporta una modifica della compagine sociale rilevante ai fini del consolidato, di cui al comma 4 del precedente art. 11. In base al dato letterale, in presenza di operazioni di fusione o scissione realizzate nell’ambito di un consolidato fiscale nazionale, pertanto, troveranno – in linea generale – applicazione le disposizioni limitative al riporto delle perdite contenute rispettivamente nel comma 7 dell’art. 172 del TUIR e nel comma 10 dell’art. 173 del TUIR. Tuttavia – al fine di coordinare tali disposizioni limitative al riporto delle perdite con la disciplina del consolidato fiscale nazionale – è necessario indagare gli effetti, a livello di tassazione di gruppo, dell’operazione di aggregazione aziendale realizzata (con particolare riferimento alle eventuali conseguenze in termini di perdite fiscali). In tale direzione si è mossa la circolare 9 marzo 2010, n. 9/E, dell’Agenzia delle Entrate, la quale si esprime nel modo che segue: «In via preliminare, si osserva che uno dei criteri direttivi del regime del consolidato fiscale nazionale è rappresentato dal limite all’utilizzo di perdite fiscali anteriori all’ingresso nel gruppo (cfr. art. 4, comma 1, lett. a), della legge 7 aprile 2003, n. 80). L’art. 118, comma 2, del TUIR stabilisce che «le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo possono essere utilizzate solo dalle società cui si riferiscono», prevedendo in buona sostanza che le perdite fiscali maturate anteriormente all’ingresso nel regime possano essere utilizzate esclusivamente dal soggetto che le ha generate in compensazione con i propri redditi; viceversa, nessun limite è previsto per perdite maturate dalle singole società in un esercizio ricompreso nel periodo di validità dell’opzione per la tassazione consolidata, che ai sensi del comma 1 del medesimo art. 118, vengono «trasferite» al soggetto consolidante al fine della determinazione del reddito complessivo globale di gruppo». L’Agenzia delle Entrate distingue le operazioni che non interrompono la tassazione di gruppo ai sensi dell’art. 11 del decreto da quelle che, invece,


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interrompono la stessa prima del triennio ovvero subordinano la continuazione della tassazione su base consolidata alla presentazione dell’interpello ai sensi dell’art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212. In presenza di operazioni di fusione tra società partecipanti al medesimo consolidato nazionale (cfr. art. 11, commi 1 e 2, del decreto) e con perdite fiscali riportabili conseguite «in costanza» di consolidato, può escludersi qualsiasi manovra elusiva tesa a realizzare, con l’operazione di aggregazione, la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali tra i soggetti coinvolti, atteso che questi, per effetto dell’operazione medesima, non possono fruire di alcun vantaggio addizionale in termini di compensazione degli imponibili in quanto le perdite prodotte dalle società aderenti al consolidato «nascono» già compensabili con gli utili di altre società incluse nella tassazione di gruppo. Pertanto, in ipotesi di fusione che, ai sensi dell’art. 11 del decreto, non interrompono la tassazione di gruppo, le disposizioni limitative al riporto delle perdite si applicano solo con riferimento alle perdite «pregresse» all’ingresso nel regime consolidato di ciascuna società partecipante all’operazione, rimanendo escluse le perdite prodotte in vigenza del consolidato. Le riferite considerazioni valgono – in linea generale – anche in ipotesi di scissione che, ai sensi dell’art. 11 del decreto, non interrompono il consolidato, con la conseguenza ulteriore che – in virtù del principio generale della unitarietà del consolidato e dello «spossessamento» degli imponibili, realizzati nei periodi di vigenza dell’opzione, dai diversi soggetti in favore della fiscal unit – le perdite realizzate dalla società scissa nei periodi di vigenza dell’opzione e trasferite alla tassazione di gruppo rimarranno nella esclusiva disponibilità della fiscal unit. Più in particolare, nelle ipotesi di scissione, indicate dal comma 4 (scissione di consolidata che non determini una modifica della compagine sociale rilevante ai fini del consolidato, cfr. risoluzione 30 marzo 2007, n. 65/E) e dal comma 6 (scissione parziale della consolidante che non modifica gli effetti derivanti dall’opzione alla tassazione di gruppo da parte della scissa) del citato art. 11 del decreto, che non interrompono la tassazione di gruppo, le perdite fiscali realizzate in vigenza del regime non soggiaceranno alle limitazioni contenute nel comma 10 dell’art. 173 del TUIR e non potranno essere ripartite tra la società scissa e la società beneficiaria, essendo – finché il consolidato resta in vita – nella esclusiva disponibilità della fiscal unit. Ciò, naturalmente, non vale per le perdite conseguite in esercizi anteriori all’ingresso nella tassazione di gruppo, nei confronti delle quali rimangono pienamente applicabili tutte le disposizioni di cui all’art. 173 del TUIR. Nelle ipotesi di scissione recate dal comma 5, le limitazioni di cui all’art. 173, comma 10 del TUIR risulteranno applicabili alle perdite realizzate dalla società


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beneficiaria consolidata in esercizi anteriori all’ingresso nella tassazione di gruppo e alle perdite relative al ramo scisso della società non inclusa. 4.2.6

Obblighi della società o ente controllante La società, ovvero l’ente, consolidante dovrà presentare la dichiarazione dei redditi del consolidato e calcolare il reddito complessivo globale. A seguito delle modifiche introdotte dalla Legge n. 244/2007, il reddito complessivo globale è semplicemente quello risultante dalla somma algebrica dei redditi complessivi netti dichiarati da ciascuna delle società partecipanti al regime del consolidato. In altre parole è stata eliminata la possibilità prevista originariamente di rettificare il reddito consolidato con riferimento alla quota imponibile dei dividendi distribuiti dalle società controllate; inoltre, è stato abolito il regime di neutralità per i trasferimenti infragruppo. Ne deriva che la società controllante, in sede di presentazione della dichiarazione non dovrà più effettuare: • la variazione in diminuzione per un importo corrispondente alla quota imponibile dei dividendi distribuiti dalle società controllate (pari al 5% dei dividendi), anche se provenienti da utili assoggettati a tassazione in esercizi precedenti a quello di inizio dell’opzione; • la variazione, in aumento o in diminuzione, per effetto della rideterminazione del pro rata patrimoniale, anch’esso abolito dalla legge n. 244/2007; • la variazione in diminuzione per tener conto della differenza tra valore contabile e valore fiscale dei beni ceduti all’interno del gruppo in regime di neutralità fiscale. Per effetto delle modiche apportate dalla legge n. 244/2007, quindi, anche il dividendo distribuito all’interno del consolidato concorrerà alla formazione del reddito per il 5% del suo ammontare; tale modifica ha effetto dalle delibere di distribuzione adottate a partire dal 1° settembre 2007, esclusa la delibera riguardante la distribuzione dell’utile relativo all’esercizio anteriore a quello in corso al 31 dicembre 2007. La data da cui decorre la modifica in parola è stata antergata al 1° settembre 2007 per evidenti finalità antielusive. Inoltre, la cessione di beni diversi da quelli alla cui produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa e delle partecipazioni che non godono dei requisiti per il regime della participation exemption non potrà più essere effettuata in regime di neutralità fiscale. Ciò è da collegarsi all’abrogazione dell’art. 123 del TUIR operata dall’art. 1, comma 33, lett. v) della legge n. 244/2007. La società consolidante è responsabile: • della maggiore imposta e degli interessi connessi con il reddito complessivo globale così come risulta dalla dichiarazione del consolidato;


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• per le somme dovute risultanti dalla dichiarazione del consolidato a seguito dell’attività di controllo formale (art. 36-ter del D.P.R. n. 600/73) effettuata sulle dichiarazioni di ciascun partecipante e dell’attività di liquidazione ex (art. 36-bis) del D.P.R. n. 600/73; • dell’adempimento degli obblighi dell’art. 122 del TUIR per la determinazione del reddito complessivo globale; • in via solidale con ciascun partecipante per le sanzioni a questi comminate in conseguenza della rettifica del reddito del partecipante stesso che modifica il reddito complessivo globale o dell’attività di controllo formale e liquidazione effettuata sulla dichiarazione del singolo partecipante e che influisce sulla dichiarazione del consolidato. Obblighi delle società controllate

4.2.7

L’esercizio dell’opzione comporta che ogni soggetto che aderisce al consolidato fiscale deve compilare il Modello della dichiarazione dei redditi al fine di comunicare alla società o ente controllante la determinazione del proprio reddito complessivo, delle ritenute subite, delle detrazioni, nonché dei crediti d’imposta spettanti. Ciascuna società controllata, inoltre, può cedere alla controllante i crediti utilizzabili in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. n. 241/97, nonché le eccedenze di imposta ricevute ai sensi dell’art. 43-ter del D.P.R. n. 602/73. Inoltre, ciascun soggetto nella propria dichiarazione dei redditi deve indicare il reddito prodotto all’estero e la relativa imposta ivi pagata. L’art. 8 del decreto di attuazione, in aggiunta a quanto previsto dall’art. 121 del TUIR, stabilisce che le controllate dovranno trasmettere al soggetto consolidante: • la copia della dichiarazione dei redditi; • i dati relativi ai dividendi percepiti per i quali occorre effettuare, in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi del gruppo, la variazione in diminuzione della quota imponibile determinata ai sensi dell’art. 89 del TUIR; • i dati relativi alla rideterminazione del pro-rata patrimoniale atta a generare la rettifica di consolidamento dell’art. 122 del TUIR. Per effetto delle modifiche apportate alla disciplina dalla legge n. 244/2007 le informazioni di cui ai punti 2 e 3 che precedono non si renderanno più necessarie in quanto: • è stata abrogata la norma che rendeva totalmente esenti i dividendi distribuiti nell’ambito del consolidato fiscale (per cui la variazione in diminuzione per un importo corrispondente alla quota imponibile dei dividendi distribuiti dalle società controllate (pari al 5% dei dividendi), non sarà più possibile; • è stata abrogata la disciplina del pro-rata patrimoniale e conseguentemente la


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norma di sterilizzazione dello stesso nell’ambito del consolidato fiscale Si sottolinea che ciascuna delle società controllate sarà responsabile:

4.2.8

• solidalmente con il soggetto consolidante per la maggiore imposta e gli interessi che scaturiscono dalla dichiarazione dei redditi del consolidato a seguito della rettifica della dichiarazione del singolo partecipante o per le somme rivenienti dall’attività di controllo formale e di liquidazione operata sulla dichiarazione del singolo partecipante e avente effetto sulla dichiarazione del consolidato; • per le sanzioni derivanti dalle attività di accertamento, controllo formale e liquidazione della dichiarazione del singolo partecipante e aventi effetto sulla dichiarazione del consolidato nonché per tutte le altre sanzioni. • Interruzione della tassazione di gruppo prima del compimento del triennio Sulla base delle disposizioni del TUIR e dell’art. 13 comma 1 del decreto di attuazione, le altre ipotesi di interruzione della tassazione di gruppo, che comportano gli effetti previsti dall’art. 124 del TUIR (oltre al venir meno del requisito del controllo prima del compimento del triennio di cui all’art. 124, comma 1) sono le seguenti: • fusione di società consolidata in altra non inclusa nel consolidato, sia che si tratti di fusione propria sia per incorporazione (art. 124, comma 5, del TUIR e art. 13, comma 1, lett. f, del decreto attuativo); • fallimento e liquidazione coatta amministrativa, a decorrere dall’inizio dell’esercizio in cui interviene la dichiarazione del fallimento o il provvedimento che ordina la liquidazione (art. 126, comma 2, del TUIR); società assoggettate alle procedure di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (art. 4, comma 1, lett. b, del decreto attuativo); • liquidazione giudiziale, in considerazione del fatto che in tale ipotesi non è più esercitabile dai soci il controllo sulle altre società (art. 13, comma 1, lett. a); • trasformazione di società soggetta ad IRES in società non soggetta a tale imposta (art. 13, comma 1, lett. b); • trasformazione della consolidata in un soggetto con natura giuridica diversa da quella di società di capitali prevista dall’art. 120 del TUIR (art. 13, comma 1, lett. c); • trasformazione della consolidante in un soggetto con natura giuridica diversa da quelle previste dall’art. 117 del TUIR (società di capitali, enti di natura commerciale, società non residenti con stabile organizzazione e


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comunque residenti in paesi con cui sono in vigore accordi per evitare la doppia imposizione (art. 13, comma 1, lett. d); • trasferimento all’estero della residenza della controllata, in ogni caso, o della controllante, nel caso in cui non rispetti il disposto dell’art. 117, comma 2, del TUIR, cioè società non residenti con stabile organizzazione e comunque residenti in paesi con cui sono in vigore accordi per evitare la doppia imposizione (art. 13, comma 1, lett. e)); • fusione tra consolidante e una o più consolidate, che estingue la tassazione di gruppo senza, tuttavia, produrre gli effetti dell’art. 124 del TUIR (art. 11 comma 2 del decreto di attuazione); • opzione della consolidante, in qualità di controllata, in un nuovo consolidato (art. 13 comma 5 del decreto di attuazione). Qualora s’interrompa la tassazione di gruppo prima del compimento del triennio, si determinano rilevanti conseguenze in capo alla società consolidante e alle singole società consolidate. Dal punto di vista sostanziale, in caso d’interruzione della tassazione di gruppo, la consolidante dovrà operare variazioni in aumento o in diminuzione nella dichiarazione dei redditi del relativo periodo. Le variazioni riguardano: • gli interessi dedotti o non dedotti per applicazione della norma del pro rata patrimoniale; • il riallineamento dei valori dei beni trasferiti in neutralità. La variazione in aumento in misura corrispondente agli interessi passivi dedotti e non dedotti nei precedenti esercizi del triennio in base alle disposizioni del prorata patrimoniale (art. 124, comma 1, lett. a, del TUIR) non si applica in caso di interruzione della tassazione di gruppo per società assoggettate alle procedure di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (art. 13, comma 4, del decreto di attuazione). Per quanto riguarda i trasferimenti in neutralità, occorre ricordare che in caso di uscita dal perimetro di consolidamento anche di una sola delle società che avevano perfezionato l’operazione in regime di continuità di valori fiscali riconosciuti, la controllante dovrà procedere al riallineamento dei valori fiscali a quelli contabili, con recupero a tassazione dell’eventuale differenza residua. La variazione in aumento sarà pertanto effettuata dal soggetto consolidante nella misura in cui il valore di libro residuo risulti ancora superiore al valore fiscale trasferito in regime di continuità. L’esigenza di riallineamento potrebbe però non sussistere nel caso in cui il regime di neutralità sia già cessato per: • successiva cessione del bene a soggetti consolidati senza opzione per la neutralità;


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• successiva cessione del bene a soggetti estranei al consolidato; • successiva cessione del bene ad un prezzo inferiore al valore fiscale, realizzando una minusvalenza fiscalmente rilevante. Tali disposizioni devono essere coordinate con l’abrogazione, a partire dal 1° gennaio 2008, delle disposizioni in materia di pro-rata patrimoniale e in materia di neutralità per i trasferimenti infragruppo. Pertanto si ritiene che tali disposizioni continueranno a trovare applicazione limitatamente ai recuperi degli interessi dedotti o non dedotti per applicazione della norma del pro rata patrimoniale in esercizi precedenti (del triennio) anteriori a quello che inizia a partire dal 1° gennaio 2008, ovvero per il riallineamento dei valori dei beni trasferiti in neutralità in esercizi precedenti (del triennio) anteriori a quello che inizia a partire dal 1° gennaio 2008. Entro trenta giorni dal venir meno del requisito del controllo la società consolidante deve integrare quanto versato a titolo di acconto se, con riferimento alle società per le quali continua la validità dell’opzione, il versamento effettuato è inferiore a quello dovuto. Detta integrazione dovrà essere effettuata, entro lo stesso termine, da ogni società controllata, con riferimento ai propri redditi. La società consolidante può attribuire, in tutto o in parte, i versamenti effettuati, per quanto eccedenti il proprio obbligo, alle società controllate nei cui confronti è venuto meno il requisito del controllo. A seguito dell’interruzione della tassazione di gruppo: • le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato, • i crediti di cui si è chiesto il rimborso, • l’eccedenza d’imposta riportate a nuovo permangono nella esclusiva disponibilità del soggetto controllante. Il comma 4 dell’art. 124 stabilisce inoltre che a seguito dell’interruzione della tassazione di gruppo, le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato, i crediti chiesti a rimborso e, salvo l’eventuale attribuzione dalla consolidante alle società controllate nei cui confronti è venuto meno il requisito del controllo dei versamenti effettuati, per quanto eccedenti il proprio obbligo, le eccedenze riportate a nuovo permangono nell’esclusiva disponibilità della società o ente controllante. Per quanto riguarda le perdite, il comma 4 precisa tuttavia che il decreto di attuazione potrà prevedere appositi criteri per l’attribuzione delle perdite fiscali, alle società che le hanno prodotte, al netto di quelle utilizzate, e nei cui confronti viene meno il requisito del controllo. In effetti, il decreto di attuazione, all’art. 13, comma 8, stabilisce infatti che la riattribuzione delle perdite alle società che le hanno prodotte potrà avvenire «secondo i criteri stabiliti dai soggetti interessati»


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(art. 13, comma 8). Il modello per la «Comunicazione relativa al regime di tassazione del consolidato nazionale» prevede una apposita casella da compilare per la preventiva comunicazione all’Agenzia delle Entrate del criterio prescelto. Le possibili opzioni sono le seguenti: 1. attribuzione alla società o ente consolidante; 2. attribuzione proporzionale alle società che hanno prodotto le perdite; 3. attribuzione alle società che hanno prodotto le perdite secondo modalità diverse dalla precedenti. Lo stesso decreto di attuazione, all’art. 13, comma 9, precisa che il riporto in avanti e all’indietro del credito di imposta per i redditi prodotti all’estero (art. 165, comma 6, del TUIR) spetta esclusivamente alla consolidante. Nella risoluzione 12 marzo 2007, n. 44, l’Agenzia delle Entrate ha trattato il caso della riattribuzione delle perdite in caso di una fusione per incorporazione della società consolidante, che viene fusa per incorporazione in un’altra società non inclusa nel perimetro di consolidamento. In questo caso la continuazione del consolidato è subordinata, oltre che alla permanenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla disciplina, alla presentazione di apposita istanza di interpello. Nel caso in cui la società incorporante, nel rispetto dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla norma, eserciti il diritto di proseguire il consolidato avviato dal soggetto incorporato, le eventuali perdite riattribuite si qualificheranno quali perdite pregresse e, come tali, saranno utilizzabili soltanto in capo ai soggetti che le hanno generate. La risoluzione ministeriale in commento, inoltre, ha confermato che, qualora la società consolidante, a seguito dell’operazione di fusione, dovesse optare per l’adesione al consolidato fiscale nazionale in qualità di controllata, ciò comporterebbe la riattribuzione delle perdite già acquisite alle società comprese nel perimetro di consolidamento, secondo i criteri indicati in sede di esercizio dell’opzione. Nella risoluzione risoluzione 13 marzo 2007, n. 48, l’Agenzia delle Entrate ha trattato il caso della riattribuzione delle perdite in caso di una scissione parziale della società consolidante che non avendo trasferito alla società beneficiaria la propria partecipazione di controllo nel soggetto consolidato, non aveva determinato l’interruzione dell’opzione già esercitata con la stessa consolidata. Le perdite prodotte dalla scissa in vigenza del consolidato sono da includere nel plafond di perdite oggetto di riparto con le società beneficiarie, proporzionalmente al patrimonio netto trasferito. Con particolare riferimento alle perdite pregresse prodotte nel periodo di vigenza dell’opzione, la risoluzione ha precisato che le perdite trasferibili alla società beneficiaria sono solo quelle effettivamente prodotte dalla società scissa


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consolidante per effetto della propria gestione patrimoniale. Viceversa, non possono essere trasferite alla beneficiaria le perdite generate in applicazione delle rettifiche di consolidamento previste dalla normativa in materia di consolidato fiscale nazionale (artt. 122 e 123 del TUIR), che, in quanto tali, non possono considerarsi perdite della società consolidante. Trasferimenti compensativi Infine il comma 6 dell’art. 124 chiarisce che l’art. 118, comma 4, si applica anche relativamente alle somme percepite o versate tra le società del comma 1 per compensare gli oneri connessi con l’interruzione della tassazione di gruppo relativi all’imposta sulle società. In altre parole, le somme percepite o versate tra le società del gruppo per compensare gli oneri connessi relativamente all’IRES a seguito dell’interruzione della tassazione di gruppo non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto escluse. 4.2.9

Mancato rinnovo dell’opzione L’art. 125 disciplina il caso dell’interruzione della tassazione di gruppo nel caso di mancato rinnovo dell’opzione. L’art. 14 del decreto prevede, similmente a quanto accade per l’inizio della tassazione di gruppo, che il rinnovo dell’opzione al termine del triennio debba essere espressamente comunicato all’Agenzia delle Entrate entro il sedicesimo giorno del sesto mese successivo alla chiusura del periodo di imposta precedente rispetto all’inizio dell’esercizio successivo al triennio appena scaduto, utilizzando il modello per la «Comunicazione relativa al regime di tassazione del consolidato Il mancato rinnovo dell’opzione alla scadenza triennale, comporta delle conseguenze relative agli obblighi d’acconto e alle perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato. In particolare, gli obblighi di acconto devono essere calcolati con riferimento a ciascuna singola società sulla base dei redditi propri cosi come risultanti dai modelli di dichiarazione comunicati al soggetto consolidante. Inoltre si dovrà operare il solo riallineamento dei beni trasferiti in neutralità all’interno del gruppo. Pertanto, la controllante dovrà effettuare una variazione in aumento dell’importo corrispondente alla residua differenza tra il valore di libro e quello fiscalmente riconosciuto dei beni in regime di neutralità fiscale. Per effetto del richiamo operato dall’art. 125 del TUIR al comma 4 dell’art. 124, anche nel caso di mancato rinnovo dell’opzione, dovranno essere riattribuite le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato secondo i criteri stabiliti dai soggetti interessati, i crediti chiesti a rimborso e, salvo l’eventuale attribuzione dalla consolidante alle società controllate nei cui confronti è venuto meno il requisito del controllo dei versamenti effettuati, per


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quanto eccedenti il proprio obbligo, le eccedenze riportate a nuovo permangono nell’esclusiva disponibilità della società o ente controllante. Anche le somme percepite o versate tra le società del gruppo per compensare gli oneri connessi relativamente all’IRES a seguito del mancato rinnovo della tassazione di gruppo non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto escluse. 4.2.10 La norma antielusiva di cui all’art. 128 del TUIR

A fini antielusivi, l’art. 128 del TUIR prevede una disciplina transitoria il cui scopo è quello di consentire il riallineamento tra valori civilisti e valori fiscali nel caso in cui sussistano delle differenze tra gli stessi, conseguenti a svalutazioni che si sono determinate per effetto di rettifiche di valore e accantonamenti fiscalmente non riconosciuti. Tale riallineamento riguarda l’esercizio in cui è esercitata l’opzione per il consolidato e i nove precedenti. La ratio di questa disposizione è quella di evitare che, nel passaggio da un sistema che ammetteva la svalutazione della partecipazione (quale quello esistente ante riforma 2004) ad un sistema che prevede la tassazione di gruppo, gli stessi costi concorrano più volte alla riduzione del reddito imponibile; in un primo momento, indirettamente tramite le svalutazioni delle partecipazioni operate a fronte di rettifiche di valore e di accantonamenti a fondi rischi non deducibili effettuati dalla società controllata e tali da ridurre il proprio patrimonio contabile e, in un secondo momento, all’atto dell’utilizzo dei fondi, mediante la conseguente variazione in diminuzione. L’art. 16 del decreto di attuazione individua le svalutazioni, le rettifiche di valore e gli accantonamenti rilevanti ai fini dell’art. 128 del TUIR, la procedura da seguire. Il comma 1, lett. a), dell’art. 16 del decreto di attuazione chiarisce che ai fini dell’applicazione dell’art. 128, rilevano le svalutazioni – dipendenti da diminuzioni del patrimonio netto determinate da rettifiche di valore e accantonamenti fiscalmente non riconosciuti (art. 16, comma 1, lett. b) – relative alle partecipazioni detenute direttamente nelle società consolidate, ivi comprese quelle che si considerano dedotte ai sensi dell’ art. 4, comma 1, lett. p), del D.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, al netto delle rivalutazioni assoggettate a tassazione, e operate, nel periodo d’imposta antecedente a quello dal quale ha effetto ciascuna opzione e nei nove precedenti, da parte: 1. della società o ente consolidante e dalle società controllate che partecipano alla tassazione di gruppo o che hanno i requisiti per parteciparvi; 2. delle società che partecipano alla tassazione di gruppo o che hanno i requisiti per parteciparvi relativamente alle partecipazioni trasferite alle società che hanno i medesimi requisiti. In tali casi le svalutazioni sono ridotte dei maggiori valori che sono stati assoggettati a tassazione dalla società cedente per effetto della cessione; 3. delle società o enti che controllano, direttamente o indirettamente, la società consolidante ai sensi dell’art. 117 del Testo Unico.


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Come detto, rilevano esclusivamente le partecipazioni detenute direttamente nelle società consolidate. Si consideri il seguente esempio: A, controlla al 100% B, che controlla a sua volta al 100% C. In ipotesi di consolidato fiscale tra A e B, le eventuali svalutazioni operate da B sulla partecipazione detenuta in C non rilevano, poiché C non ha aderito al consolidato fiscale. Con riferimento alla fattispecie «società controllate (…) che hanno i requisiti per parteciparvi», la circolare n. 53/E/2004 riporta il seguente esempio di un gruppo composto da tre società: A, controlla al 100% B, che controlla a sua volta al 100% C. In ipotesi di consolidato fiscale tra A e c, le eventuali svalutazioni operate da B sulla partecipazione detenuta in C rilevano ai fini del riallineamento dei valori fiscali della consolidata C (in quanto B che possiede i requisiti per partecipare alla tassazione di gruppo ancorché non eserciti l’opzione) I disallineamenti tra valori civili e fiscali che richiedono l’applicazione del correttivo sono soltanto quelli che generano fenomeni di doppia deduzione (art. 16, comma 2, del decreto) ovvero diverse dalle rettifiche di valore e gli accantonamenti diversi da quelli costituiti a fronte di oneri la cui irrilevanza fiscale è considerata definitiva. L’art. 16, comma 3, del decreto di attuazione stabilisce che è compito della consolidante individuare l’importo delle svalutazioni e quello delle rettifiche di valore e degli accantonamenti fiscalmente non riconosciuti che hanno determinato tali svalutazioni e comunicare alle controllate il minore tra i due importi (art. 16, comma 3, del decreto). Ai sensi del successivo comma 4, spetta a ciascuna società consolidata rettificare i valori fiscali degli elementi dell’attivo patrimoniale e dei fondi di accantonamento del passivo patrimoniale del bilancio relativo all’esercizio precedente a quello da cui ha effetto l’opzione, qualora il loro valore fiscale risulti, rispettivamente, superiore e inferiore a quello contabile, dandone indicazione in apposito prospetto della dichiarazione. La rettifica va operata in diminuzione del valore degli elementi dell’attivo e in aumento di quello dei fondi di accantonamento, ripartendo su ciascuno di essi, e fino al riassorbimento delle predette differenze, l’importo calcolato ai sensi dei precedenti commi, in base al rapporto tra la differenza del valore fiscale rispetto a quello contabile relativo a ciascun elemento e fondo e l’ammontare complessivo delle differenze relative a tutti gli elementi e fondi. Una volta operato il riallineamento, la società consolidata deve ricalcolare il reddito imponibile, alla luce dei nuovi valori fiscali (riallineati) dell’attivo e del passivo. In sostanza, la società consolidata determina il reddito tenendo


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conto delle rettifiche operate (art. 16, comma 4, del decreto). Con la risoluzione 19 ottobre 2005, n. 147/E, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che: • l’obbligo alla compilazione del prospetto «Prospetto dei dati per la rettifica dei valori fiscali ex art. 128 del TUIR» non sorge a fronte di rettifiche di valore e accantonamenti fiscalmente non riconosciuti operati dalle società consolidate non sono state effettuate svalutazioni delle partecipazioni né da parte del soggetto consolidante, né da parte degli altri soggetti richiamati dall’art. 16, comma 1, lett. a), nn. 1), 2) e 3), del decreto di attuazione; • le svalutazioni operate non rientrano tra quelle «determinatesi per effetto di rettifiche di valore e accantonamenti fiscalmente non riconosciuti», ai sensi dell’art. 128 del TUIR. Ai sensi dell’art. 16, comma 5, del decreto di attuazione, le disposizioni riguardanti il riallineamento si applicano esclusivamente con riferimento al periodo di efficacia dell’opzione. Considerate le difficoltà applicative della disposizione in esame, l’art. 1, comma 49, della Legge finanziaria 2008 stabilisce che «l’ammontare delle differenze tra valori civili e valori fiscali degli elementi patrimoniali delle società aderenti al consolidato fiscale, risultanti dal bilancio relativo all’esercizio precedente a quello di esercizio dell’opzione per l’adesione al consolidato o di rinnovo dell’opzione stessa, da riallineare ai sensi degli artt. 128 e 141 del citato Testo Unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al netto delle rettifiche già operate, può essere assoggettato ad un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle società nella misura del 6 per cento». L’imposta sostitutiva è dovuta sui disallineamenti tra valori civilisti e fiscali al netto delle rettifiche già operate; dovrebbe pertanto poter trovare applicazione anche nel caso di Consolidati in essere. Inoltre la formulazione letterale della norma porta a ritenere che la base imponibile su cui calcolare l’imposta sostitutiva del 6% sia costituita dall’intero importo oggetto di riallineamento, con la conseguente esclusione del c.d. riallineamento parziale. In ogni caso lo stesso comma 49 dell’art. 1 della legge n. 244/2007 prevede che con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze siano adottate le disposizioni attuative della disposizione in argomento. 4.3

Le cessioni delle eccedenze d’imposta nell’ambito del gruppo societario Nei paragrafi precedenti abbiamo ricordato che il comma 2 dell’art. 118 stabilisca che le eccedenze d’imposta relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazio-


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ne di gruppo possono esser utilizzate dalla società controllante o, alternativamente, dalle società che le hanno prodotte. Il richiamo operato dal citato comma 2 all’art. 43-ter del D.P.R. n. 602/1973 sta a significare che le eccedenze potranno essere cedute, in tutto o in parte, ad una o più società, ovvero ente, appartenenti allo stesso gruppo, senza l’osservanza delle ordinarie formalità. La cessione, come abbiamo detto, è efficace a condizione che il cedente indichi nella propria dichiarazione dei redditi i dati dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di questi. Il cessionario acquisisce irreversibilmente la titolarità del credito con la presentazione della dichiarazione del cedente, ma può utilizzare in compensazione tale credito fin dall’inizio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione. Il cessionario nella prima dichiarazione dei redditi presentata dalla data di cessione del credito deve indicare i soggetti cedenti, le date di effettuazione delle cessioni e, distintamente, la parte di credito utilizzata per i versamenti e la parte non ancora utilizzata. Inoltre, abbiamo ricordato i chiarimenti forniti dall’Agenzia con la circolare 18 luglio 2005, n. 35. Venendo ora specificamente all’art. 43-ter del D.P.R. n. 602/1973, il quale ha rilevanza unicamente per le imposte sui redditi, lo stesso prevede che le eccedenze IRES risultanti dalla dichiarazione dei redditi delle società o enti appartenenti ad un gruppo possono essere cedute, in tutto o in parte, a una o più società o all’ente dello stesso gruppo, senza l’osservanza delle formalità di cui agli artt. 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440. Ai fini del citato art. 43-ter, appartengono ad un gruppo l’ente o società controllante e le società da questo controllate; si considerano controllate le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata le cui azioni o quote sono possedute dall’ente o società controllante o tramite altra società controllata da questo ai sensi del presente articolo per una percentuale superiore al 50% del capitale, fin dall’inizio del periodo di imposta precedente a quello cui si riferiscono i crediti di imposta ceduti. Le disposizioni dell’art. 43-ter si applicano, in ogni caso, alle società e agli enti tenuti alla redazione del bilancio consolidato ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127, e del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, e alle imprese, soggette all’imposta sul reddito delle persone giuridiche, indicate nell’elenco di cui alla lett. a) del comma 2 dell’art. 38 del predetto decreto n. 127/1991 e nell’elenco di cui alla lett. a) del comma 2 dell’art. 40 del predetto decreto n. 87/1992. Come si vede, l’ambito di applicazione dell’art. 43-bis, ossia il «gruppo», e quello del consolidato nazionale possono non coincidere. Il cessionario risponde in solido con il contribuente fino a concorrenza delle somme indebitamente rimborsate, a condizione che gli siano notificati gli atti con i quali l’ufficio delle entrate o il centro di servizio procedono al recupero delle somme stesse.


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