Dio esiste

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ISBN 978-88-88747-91-0 Titolo originale: There is a God. How the World’s Most Notorious Atheist Changed His Mind Per l’edizione inglese: Copyright © 2007 Antony Flew Copyright © 2007 Roy Abraham Varghese per la “Prefazione” e l’“Appendice A: Il ‘nuovo ateismo’: una valutazione critica di Dawkins, Dennett, Wolpert, Harris e Stanger” Copyright © 2007 N. T. Wright per l’“Appendice B: L’auto-rivelazione di Dio nella storia umana: un dibattito su Gesù con N.T. Wright” Pubblicato con permesso concesso dalla HarperOne, una sigla editoriale della HarperCollins Publishers New York, NY, USA. Per l’edizione italiana: Copyright © 2010 Alfa & Omega Casella Postale 77, 93100 Caltanissetta, IT e-mail: info@alfaeomega.org - www.alfaeomega.org Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, non autorizzata Traduzione e adattamento: Alessandra Baroni Revisione: Nazzareno Ulfo Impaginazione: Giovanni Marino Copertina: “whatever”, Milano Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione “Nuova Riveduta”


Antony Flew

con Roy Abraham

Varghese

Dio esiste Come l’ateo piÚ famoso del mondo ha cambiato idea



Indice

Encomio a Dio esiste................................................................. 7 Prefazione............................................................................... 13 Introduzione........................................................................... 29

Prima parte: La mia negazione del divino 1. La creazione di un ateo.................................................... 35 2. Dove conduce l’evidenza.................................................. 53 3. L’ateismo considerato con calma...................................... 81

Seconda parte: La mia scoperta del divino 4. Un pellegrinaggio della ragione........................................ 97 5. Chi scrisse le leggi della natura?.................................... 105 6. L’universo sapeva del nostro arrivo?................................ 121 7. Com’è iniziata la vita?..................................................... 129 8. È mai nato qualcosa dal nulla?....................................... 137 9. Fare spazio a Dio............................................................ 149 10. Aprirsi all’onnipotenza.................................................... 155


Terza parte: Appendici Appendice A Il “nuovo ateismo”: una valutazione critica di Dawkins, Dennett, Wolpert, Harris e Stanger (Roy A. Varghese).......... 163 Appendice B L’auto-rivelazione di Dio nella storia umana: un dibattito su Gesù con N. T. Wright (N. T. Wright).......... 183


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«Quanto conta oggi porsi il tema dell’esistenza di Dio? Nell’ambito culturale caratterizzato da un indifferente post-nichilismo e dal neomaterialismo riduzionista, rilanciato nelle recenti discipline delle neuroscienze e delle scienze bio-fisiche, in cosa crede la persona che crede? Non nascondiamoci. Affrontiamo la questione. Oggi chi crede in Dio e lo afferma è sempre più soggetto a polemiche attenzioni. Si è ritenuti dogmatici e bigotti, con tutta una serie di conseguenze sul piano etico e sociale (tradizionalista, integralista, conservatore); si è considerati immaturi ed infantili, o untuosamente pietosi e consolatori verso se stessi. Si è accusati di mancanza di “senso critico” a favore di una vuota e mielata apologetica. Oppure il credere in Dio è un’opzione personale e, come tale, alla stessa stregua di tante altre opzioni garantite dal diritto pragmatico di convenienza del convivere sociale, il cui baricentro sembra essere la convinzione che l’individuo sia l’unica fonte creativa dei valori etici. Forse è una storia vecchia: la fede come menzogna, superstizione e dominio delle masse. In sintesi il tema di Dio non è accessibile per la scienza, il pensiero e la ragione: per tali forme di ricerca, Dio è un ignoto, è noli me tangere. Antony Flew è stato un esponente sui generis di rilievo della filosofia analitica inglese. È noto come la sua posizione speculativa sia stata rigorosamente atea. L’essenza della sua argomentazione si ispira e rielabora in modo originale – con il ricorso ad argomentazioni fisicobiologiche – la legge di Hume: il divieto di dedurre il dover essere (l’esistenza di Dio) dalla constatazione di fatto. Colpisce perciò la sua


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scandalosa apostasia. Nel libro There is a God – qui accuratamente tradotto – abiura il suo ateismo in forza di una scoperta talmente evidente e forse per questo tanto negata: avere fede nella ragione. Una ragione che nel suo legittimo e difficile interrogarsi sulla comprensione della complessità della natura ci racconta di Dio e della sua creazione poiché il creato ed il suo significato non possono reggersi sul vuoto, sul caso o tanto meno sul niente. Flew esemplifica magnificamente tale situazione con l’allegoria di un telefono satellitare sbarcato in un’isola primitiva che, manovrato dai nativi dell’isola, emette delle voci umane. Chi emette tale voci? Gli scienziati dei nativi ne costruiscono una copia simile ed ecco sentire le stesse voci. Conclusione: le voci sono prodotte dallo stesso telefono. Ma il saggio della tribù pone la possibilità dell’esistenza reale di esseri umani che possano comunicare con l’apparecchio telefonico e forse varrebbe la pena di investigare l’esistenza di qualche misteriosa rete di comunicazione. Il saggio viene ridicolizzato: basta rompere l’apparecchio e le voci scompaiono, quindi perché deve esistere un mondo di persone? Le voci provengono dall’apparecchio. Basta così! È il punto cruciale di rottura con la ricerca del senso del senso. Ma la ragione del saggio dell’allegoria di Flew si chiede: “Come può da metalli e da sostanze chimiche del telefono satellitare saltar fuori la voce umana?”. Sintesi: Flew – come il saggio della tribù – è convinto che il senso può nascere solo dal senso. La vita, la consapevolezza, la mente e l’io possono solo provenire da una fonte che è viva, consapevole e pensante (infra, pp. 179ss.). La domanda posta all’inizio, «In cosa crede la persona che crede?», ha la sua risposta: «Nel divenire di Dio». Una risposta inspirata dalla fede e dalla ragione. L’apostasia dall’ateismo di Flew, lascia anche un grande interrogativo ai lividi ateisti contemporanei, molti dei quali allievi ideali dell’autore in terra anglosassone: «In cosa crede la persona che non crede”? Come diceva G. K. Chesterton, un altro grande uomo d’Inghilterra: «Forse, chi non crede in nulla crede semplicemente in tutto», ed è un credulone che si fa schiavo di tutti gli dei, creandoseli a proprio uso e consumo, nel tentativo di dissetare quel desiderio ultimo e irriducibile del proprio cuore. Del 8


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proprio cuore, certo, ma anche della propria ragione, come ben dimostra la sincera conversione di Antony Flew, raccontata in queste meravigliose pagine». Luca Volontè, presidente Gruppo Popolari-Cristiano Democratici Consiglio di Europa «La clamorosa abiura dell’ateismo da parte di uno dei suoi esponenti più famosi, Antony Flew, ha suscitato scalpore all’interno della comunità scientifica poiché a far cambiare idea al filosofo inglese non è stata un’improvvisa illuminazione religiosa o una nuova argomentazione teoretica, ma le sempre più convincenti prove empiriche che sembrano dimostrare, per l’estrema complessità dell’universo e dei modi in cui si è formata la vita, il coinvolgimento di un’intelligenza superiore» Guglielmo Piombini, opinionista «Il 9 dicembre 2004 una notizia viene ripresa e diffusa dall’agenzia Associated Press: all’età di 81 anni Antony Flew si è persuaso dell’esistenza di Dio. Per il Flew prima maniera, l’uomo autenticamente “ragionevole” non può affatto accettare l’esistenza di un Essere Supremo, men che meno l’idea di un Dio Creatore come lo è il Dio rivelato nella Bibbia. Autorevole e influente, lo “scandalo” che le posizioni del filosofo hanno generato è stato notevole. Tutto cominciò quando Flew cercò di confutare la plausibilità dei miracoli difesa in pubblico da C.S. Lewis (1898-1963). Oggi invece Flew si arrende e s’inchina, e afferma che la scienza – la scienza vera – spazza come pula al vento le superstizioni e le ubbie neodarwiniste». Marco Respinti, autore di Processo a Darwin (2007) «Flew si conferma un interprete importante della cultura filosofica contemporanea. Dopo decenni di ateismo militante, vissuto nelle aule e nelle accademie più prestigiose, si arrende all’evidenza e ricomincia a credere e pensare partendo dal Creatore. Il libro Dio esiste è una 9


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straordinaria testimonianza della vitalità e della coerenza del teismo, oltre che della sua onestà intellettuale». Giuseppe Rizza, Università di Trento, docente di apologetica presso l’IFED di Padova «In gioventù, l’ateo Antony Flew si affidò al principio socratico di “seguire il ragionamento fin dove ci porti”. Dopo una vita passata ad esplorare l’indagine filosofica, questa mente forte e coraggiosa è giunta ora alla conclusione che il ragionamento conduce a Dio. I suoi colleghi della chiesa del fondamentalismo ateo rimarranno scandalizzati dalla sua storia ma i credenti ne saranno enormemente incoraggiati, mentre gli investigatori zelanti troveranno nel viaggio di Flew molte cose che illumineranno il loro stesso cammino verso la verità». Francis S. Collins, New York Times, autore de Il linguaggio di Dio. «Una stupenda mente filosofica medita sulle più recenti scoperte scientifiche. La conclusione: c’è un Dio dietro la razionalità della natura». Michael Behe, autore di La scatola nera di Darwin. «Ci sarà un interesse considerevole sul resoconto chiaro e accessibile che Antony Flew presenta del “pellegrinaggio della ragione” che l’ha condotto dall’ateismo alla fede in Dio». John Polkinghorne, autore di Credere in Dio nell’età della scienza. «Antony Flew è stato per gran parte della sua vita un notissimo difensore filosofico dell’ateismo. Ora ha scritto un libro molto chiaro e piacevole che ricostruisce il suo cammino verso il teismo, rivelando la sua totale apertura a nuovi ragionamenti razionali». Richard Swinburne, autore di The Existence of God. «È un libro notevole sotto diversi aspetti. È sempre confortante trovare un importante pensatore che riconosca il proprio errore. Ma c’è di più. Questo libro spazia, ma senza fare digressioni. Nel capitolo Il nuovo 10


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ateismo, Dawkins e Dennett vengono messi al proprio posto da uno studioso che non possono liquidare come inferiore». Huston Smith, autore di The World’s Religions. «È un resoconto affascinante e molto piacevole di come un insigne filosofo, ateo militante per gran parte della sua vita lavorativa, arrivò a credere in un disegno intelligente dell’universo e, quindi, nel deismo. Questo libro provocherà tanti dibattiti quanti ne determinarono i suoi precedenti scritti ateistici». Professore John Hick, membro dell’Istituto per la ricerca avanzata nelle arti e nelle scienze sociali, Università di Birmingham. «Antony Flew non possiede soltanto le virtù filosofiche, ma anche quelle del filosofo. Pacato nell’argomentazione e costantemente ragionevole, la sua ricerca della verità, durata tutta la sua vita, era, implicitamente, la ricerca del Garante di tutta la verità. È giusto che lo abbia finalmente reso esplicito». Ralph McInerny, professore di filosofia, Università di Notre Dame. «Poche storie religiose hanno avuto un tale impatto. Questo sorprendente volume documenta le ragioni del cambiamento di Tony […] e rende questo piacevole libro una lettura assolutamente necessaria». Gary Habermas, professore, ricercatore e presidente, dipartimento di filosofia e teologia, Università “Liberty”. «Dio esiste di Antony Flew è una testimonianza affascinante di come uno degli atei contemporanei più noti sia giunto alla convinzione che Dio esista davvero. Il racconto è una testimonianza eloquente dell’apertura mentale, dell’imparzialità e dell’integrità intellettuale di Flew. Arriverà come una scossa per coloro che una volta erano i sui colleghi atei». Nicholas Wolterstorff, professore emerito di teologia filosofica, Università di Yale. 11


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«Quando Antony Flew, con uno spirito votato alla libertà di pensiero, seguì l’evidenza dove pensava conducesse, cioè al teismo, fu denunciato esplicitamente da presunti liberi pensatori con i più severi dei termini. Aveva commesso, a quanto pareva, un peccato imperdonabile. Ora abbiamo il racconto personale del suo viaggio dall’anti-teismo al teismo. Lo raccomando a tutti i ricercatori della verità dotati davvero di una mente aperta». William L. Craig, professore al Talbot School of Theology. «Il libro di Antony Flew farà infuriare gli atei che sostengono (erroneamente) che la scienza dimostri che non esiste alcun Dio. Flew è un insigne filosofo la cui posizione è stata cambiata dalla forza del ragionamento sul significato delle scoperte scientifiche. Quest’affascinante retrospettiva personale sul suo pellegrinaggio filosofico mostra quanto sia pericoloso per un ateo riflettere troppo sul proprio impegno religioso… potrebbe diventare scettico». Ian H. Hutchinson, professore e capo del Dipartimento di scienza e ingegneria nucleare, MIT.

«In Dio esiste uno dei principali filosofi analitici del ventesimo secolo condivide con i lettori un pellegrinaggio intellettuale che inizia con uno scetticismo sano e di principio e culmina in un teismo basato su garanzie razionali e una disponibilità ad accettare l’evidenza come data. Forse la soddisfazione più grande che si può ricavare dalla lettura di questo saggio filosofico è l’integrità trasparente dell’autore, così consueta nel corso di una vita di realizzazioni da essere, come per Aristotele, una seconda natura. Quanto risultano striduli e incentrati solo su loro stessi i lavori contrapposti di un Dawkins o di un Dennett a confronto! Anche se utilizza una scrittura in parte diversa dal registro metafisico dell’Apologia di Newman, l’esposizione del professor Flew sarà una fonte d’indagine meditativa per molti anni. In gioventù, era guidato dal coraggioso Socrate. Ora, più grande, servirà da modello per altri». Daniel N. Robinson, Università di Oxford. 12


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Un pellegrinaggio della ragione

I

niziamo con un’allegoria. Immaginiamo che un telefono satellitare sbarchi sulla spiaggia di una lontana isola, abitata da una tribù mai entrata in contatto con la civilizzazione moderna. I nativi giocano con i numeri sulla tastiera e ascoltano voci diverse dopo aver premuto determinate sequenze. Ne deducono, per prima cosa, che sia il dispositivo a emettere questi rumori. Alcuni dei nativi più intelligenti, gli scienziati della tribù, costruiscono una copia esatta e premono nuovamente i numeri. Sentono ancora quelle voci. La conclusione sembra a loro ovvia: questa particolare combinazione di cristalli, metalli e sostanze chimiche produce ciò che appaiono essere voci umane; ciò significa che esse sono semplicemente delle proprietà del dispositivo. Ma il saggio della tribù aduna gli scienziati per un confronto. Ci ha pensato molto e a lungo ed è giunto alla seguente conclusione: le voci che giungono attraverso lo strumento devono arrivare da persone come loro, gente viva e consapevole nonostante parli un’altra lingua. Invece di supporre che le voci siano semplicemente proprietà del microtelefono, dovrebbero investigare la possibilità che, attraverso una qualche misteriosa rete di comunicazione, siano “in contatto” con altri umani. Forse, un’ulteriore studio su queste linee potrebbe condurre a una più grande comprensione del mondo al di là della loro isola. Gli scienziati, però, deridono il saggio e dicono: «Guarda, quando danneggiamo l’ap97


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parecchio, le voci smettono di arrivare. Quindi, ovviamente, non sono nient’altro che suoni prodotti da un’unica combinazione di litio, quadri di circuito stampato e diodi che emettono luce». In quest’allegoria vediamo quanto sia facile lasciare che le teorie preconcette determinino il modo in cui vediamo l’evidenza, invece di lasciare che sia quest’ultima a definire le nostre teorie. Un enorme progresso copernicano può così essere impedito da mille epicicli tolemaici (i difensori del modello geocentrico del sistema solare di Tolomeo resistettero a quello eliocentrico di Copernico utilizzando il concetto degli epicicli per giustificare le osservazioni del moto planetario in conflitto con il loro modello). Mi pare che stia proprio qui il pericolo peculiare, il male endemico dell’ateismo dogmatico. Prendiamo dichiarazioni come: «Non dovremmo chiedere spiegazioni sul perché esista il mondo. È qui. E questo è quanto», oppure: «Dato che non possiamo accettare una fonte di vita trascendente, scegliamo di credere all’impossibile: che la vita nacque spontaneamente, per caso, dalla materia», o anche: «Le leggi della fisica sono “leggi senza legge” che emergono dal vuoto. Fine della discussione». Appaiono, a prima vista, come degli argomenti razionali che hanno un’autorità particolare in quanto non si presentano come dei nonsensi. Certamente, questo non è un segno del loro essere razionali o dei veri argomenti. Ora, per costruire un’argomentazione razionale che un determinato caso sia così com’è, è necessario fornire ragioni per sostenere la propria causa. Supponiamo quindi di essere in dubbio su cosa stia dichiarando qualcuno che dà sfogo a una dichiarazione di questo tipo, o supponiamo che, in modo più radicale, siamo scettici sul fatto che si stia realmente dichiarando qualcosa, un modo per cercare di comprendere quell’affermazione è provare a scorgere quale prova, se ce n’è qualcuna, venga offerta per sostenere la verità di quelle asserzioni. In effetti, se la dichiarazione è davvero razionale 98


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ed è una vera tesi, deve di fatto fornire ragioni a suo favore, tratte dalla scienza o dalla filosofia. Inoltre, tutto ciò che dovesse pesare contro quella dichiarazione o che dovesse indurre l’oratore a ritirarla e ammettere che era sbagliata, dev’essere messo in mostra. Ma se non c’è alcuna ragione o prova offerta a suo sostegno, allora non c’è alcuna ragione o prova che sia un argomento razionale. Quando il saggio della storiella dice agli scienziati di indagare tutte le dimensioni dell’evidenza, stava suggerendo che una mancata esplorazione di ciò che sembra ragionevole e promettente prima facie preclude, ipso facto, la possibilità di una maggiore comprensione del mondo al di là dell’isola abitata dalla tribù. Ora, a chi non è ateo spesso pare non esista alcuna traccia di prova ammissibile che gli atei dogmatici, apparentemente dotati di una mente scientifica, possano ammettere sia una ragione sufficiente per concedere che «dopo tutto, potrebbe esserci un Dio». Dunque, pongo ai miei precedenti colleghi atei la semplice e centrale domanda: «Cosa dovrebbe accadere, o cosa sarebbe dovuto accadere, perché ci sia, a parer vostro, almeno una ragione per prendere in considerazione l’esistenza di una Mente superiore?».

Mettere le carte in tavola Mettendo da parte l’allegoria, è giunto il momento di disporre le carte in tavola ed esporre le mie vedute e le ragioni che le supportano. Ora, credo che l’universo sia stato creato da un’Intelligenza infinita e che le sue intricate leggi manifestino ciò che gli scienziati hanno chiamato la Mente di Dio. Ritengo che la vita e la riproduzione abbiano origine da una Fonte divina. Perché credo così, pur avendo esposto e difeso l’ateismo per più di mezzo secolo? La breve risposta è questa: è il quadro del mondo, come lo vedo io, che è emerso dalla scienza moderna. 99


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Essa mette in luce tre dimensioni della natura che puntano verso Dio. La prima è il fatto che la natura obbedisca a delle leggi; la seconda è la dimensione della vita, degli esseri organizzati in modo intelligente e guidati da uno scopo, che emerse dalla materia; la terza è l’esistenza stessa della natura. Ma non è stata la scienza da sola ad avermi guidato; sono stato aiutato anche da uno studio rinnovato delle argomentazioni filosofiche classiche. Il mio allontanamento dall’ateismo non fu occasionato da alcun fenomeno o argomento nuovo. Durante gli ultimi due decenni, la mia intera struttura di pensiero si è trovata in uno stato di migrazione. Questo fu una conseguenza della mia continua valutazione dell’evidenza della natura. Quando finalmente giunsi a riconoscere l’esistenza di un Dio, non fu un cambiamento di paradigma, in quanto esso rimane lo stesso per me, come Platone nella Repubblica fa sì che il suo Socrate insista nel dire che bisogna seguire il ragionamento fin dove ci porta. Ci si potrebbe chiedere come mai io, un filosofo, parli di questioni trattate da scienziati. Il miglior modo di rispondere è ponendo un’altra domanda: ci stiamo occupando di scienza o di filosofia? Quando si studia l’interazione di due corpi fisici, per esempio due particelle subatomiche, si sta trattando la scienza. Quando si domanda come quelle due particelle subatomiche – o qualsiasi cosa fisica – possano esistere e perché, ci si sta occupando di filosofia. Quando si traggono conclusioni filosofiche da dati scientifici, allora si sta ragionando da filosofi.

Ragionando da filosofi Applichiamo qui, quindi, l’intuizione menzionata sopra. Nel 2004 affermai che l’origine della vita non può essere spiegata se si parte dalla sola materia. I miei critici risposero annunciando in modo 100


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trionfale che non avevo letto una particolare relazione in una certa rivista scientifica, o che non avevo seguito uno sviluppo nuovo di zecca che si riferiva all’abiogenesi (la generazione spontanea della vita da materia inanimata). Nel far questo, mancarono l’intero punto della questione. Il mio interesse non era verso questo o quel fatto di chimica o di genetica, ma si rivolgeva alla questione fondamentale di cosa significhi essere vivo e come questo sia connesso al nucleo dei fatti chimici e genetici visti nella loro totalità. Ragionare a questo livello è ragionare filosoficamente e, rischiando di sembrare immodesto, devo dire che questo è propriamente il lavoro dei filosofi, non degli scienziati come tali. La competenza specifica degli scienziati non offre alcun vantaggio quando arriva a considerare tale questione, proprio come un campione di baseball non ha alcuna competenza particolare sui benefici che i denti traggono da un particolare dentifricio. Ovviamente, gli scienziati sono tanto liberi di ragionare da filosofi come chiunque altro e, certamente, non tutti gli uomini di scienza saranno d’accordo con la mia particolare interpretazione dei fatti che essi concepiscono. Ma i loro disaccordi dovranno stare su due piedi filosofici. In altre parole, se si occupano di analisi filosofica, né la loro autorità né la loro competenza come scienziati sono di qualche rilevanza. Questo dovrebbe essere facile da capire. Se presentassero le loro vedute sull’economia della scienza, per esempio con delle affermazioni sul numero di posti di lavoro creati dalla scienza e dalla tecnologia, dovrebbero portare le loro argomentazioni alla corte dell’analisi economica. Allo stesso modo, uno scienziato che parla da filosofo dovrà fornire un’argomentazione filosofica. Come disse lo stesso Albert Einstein: «L’uomo di scienza è un filosofo mediocre»1. Albert Einstein, Pensieri degli anni difficili, trad. it di L. Bianchi, Torino, Boringhieri, 1965, p. 36. 1

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Fortunatamente, non è sempre questo il caso. I grandi della scienza degli ultimi cento anni, insieme ad alcuni dei più influenti scienziati di oggi, hanno costruito una visione filosoficamente convincente di un universo razionale derivato da una Mente divina. È proprio questa la specifica visione del mondo che ora trovo essere la spiegazione filosofica più valida di una moltitudine di fenomeni in cui s’imbattono sia gli scienziati sia l’uomo comune. Tre campi della ricerca scientifica sono stati particolarmente importanti per me, e li esaminerò mentre procediamo alla luce dell’evidenza di oggi. Il primo riguarda la questione che lasciò perplessi, e continua a farlo, gran parte degli scienziati riflessivi: come sono sorte le leggi della natura? Il secondo è palese per tutti: come ha potuto originarsi il fenomeno della vita dalla non-vita? Il terzo si riferisce al problema che i filosofi hanno trasferito ai cosmologi: com’è nato l’universo, inteso come tutto ciò che è fisico?

Il recupero della sapienza Per quanto riguarda la mia nuova posizione sui dibattiti filosofici classici su Dio, rimasi persuaso soprattutto dall’argomentazione a favore della sua esistenza del filosofo David Conway, esposte in The Rediscovery of Wisdom: From Here to Antiquity in Quest of Sophia. Si tratta di un distinto filosofo britannico dell’Università Middlesex, a proprio agio sia con la filosofia classica che con quella moderna. Il Dio la cui esistenza è difesa tanto da lui quanto da me è il Dio di Aristotele. Conway scrive: In breve, all’Essere che riteneva fosse la spiegazione del mondo e della sua forma, Aristotele ascriveva i seguenti attributi: 102


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