Più che vincitori CAP 1

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Indice Capitolo 1

Non c’è paragone

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Capitolo 2

L’universo soffre e aspetta insieme a noi

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Capitolo 3

Una meravigliosa liberazione

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Capitolo 4

Già salvati, ma non del tutto

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Capitolo 5

Un sostegno onnipotente

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Capitolo 6

Lo Spirito d’intercessione

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Capitolo 7

Tutte le cose cooperano al nostro bene

47

Capitolo 8

Un piano infallibile

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Capitolo 9

Una catena che mai si spezzerà

67

Capitolo 10

Dio è per noi!

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Capitolo 11

Nulla mai ci mancherà

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Capitolo 12

Inaccusabili!

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Capitolo 13

Incondannabili!

93

Capitolo 14

Accada quel che accada

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Capitolo 15

Persecuzione ci sarà

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Capitolo 16

Più che vincitori

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Capitolo 17

Nulla potrà mai separarci dal suo amore

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Capitolo 18

Un legame indissolubile

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Capitolo 1

Non c’è paragone “Io ritengo, che le sofferenze del tempo presente non sono affatto da eguagliarsi alla gloria che sarà manifestata in noi” (Romani 8:18).

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’Apostolo ha appena ricordato ai cristiani di Roma che le loro sofferenze per Cristo sono la via che Dio ha stabilito per condurli alla gloria: “Se siamo figli, siamo anche eredi di Dio e coeredi di Cristo, se pure soffriamo con lui per essere anche con lui glorificati” (Rom 8:17). Ora li incoraggia a sopportare queste sofferenze perché non possono essere paragonate alla gloria futura. Per animare gli Israeliti a vincere le difficoltà che si opponevano alla loro entrata nella Terra Promessa, Dio mandò loro dei frutti del paese quando essi erano ancora nel deserto. Anche il nostro Signore permise ad alcuni dei suoi di­scepoli di essere testimoni della sua trasfigurazione, quando la sua faccia risplendette come il sole e le sue vesti divennero bianche come la luce. Questo intendeva ispirare in loro un ardente desiderio di go­dere di quella celeste gloria, che in quell’occasione era balenata davanti ai loro occhi, e renderli più pazienti nel sostenere le tante difficoltà che li attendevano. Nello stesso modo Dio opera verso di noi, suoi figli, quando soffriamo in questo mondo. Ci manda dei frutti della Terra Promessa celeste, e dandoci di godere in parte di quella pace che supera ogni conoscenza, ci fa pregustare la gloria che dovrà essere rivelata. 5

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Più che vincitori

La prima testimonianza della verità qui enunciata dall’Apostolo è la sua propria: “Io ritengo”. – Paolo era più di chiunque altro nelle condizioni di affermare questa verità, sia per aver sostenuto le più grandi sofferenze, sia per essere stato gratificato con visioni della gloria celeste. Le sue sofferenze (I Cor 4:9; II Cor 9:23) non sembrano inferiori a quelle che affrontò Giobbe, mentre l’essere rapito fino al terzo cielo fu particolare a lui solo. Ma anche indipendentemente da questo, abbiamo qui la testimonianza di un Apostolo ispirato, che deve essere conforme a verità perché im­ mediatamente comunicata dallo Spirito Santo. Paolo si serve di un termine di contabilità – “io ritengo” – che esprime precisamente il computo che si fa, com­parando una cosa con un’altra, per arrivare a un risultato esatto. “Le sofferenze del tempo presente”. – Queste parole ci ricordano che quello presente è un tempo di sofferenze, che questo mondo è per i credenti un luogo di combattimento. Esse alludono anche alla relativa brevità del periodo di sofferenza che si sperimenta nella vita presente, rispetto alla quale l’uomo è paragonato a un fiore che sboccia e viene reciso, o ad un’ombra che viene e scompare: “Ora i miei giorni passano più veloci di un corridore… come l’aquila che piomba sulla preda” (Giob 9:25, 26). È solo in questa vita che i figli di Dio sono chiamati a sopportare sofferenze; ma se in questo tempo essi credono di godere agiatezza e prosperità, essi equivocano i tempi e confondono il presente con il futuro. Dimen­ticano i tanti avvertimenti datici dal nostro Padre celeste, il quale ci ricorda che questo non è il luogo del nostro riposo; e non considerano l’esempio di coloro che per fede hanno ottenuto una buona testimonianza. Mosè rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del Faraone, scegliendo di soffrire con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo dei piaceri del peccato (Ebr 11:24-26). Davide, in­ vidiando per un istante la prosperità degli empi, quando poi entrò nel Santuario e considerò la loro fine, vide tutto sotto un’altra luce: “Ma pure io sono sempre con te;tu mi hai preso per la man destra. Tu mi guiderai col tuo consiglio, e poi mi porterai nella gloria” (Sal 73:23); “C’è abbondanza di gioia alla tua presenza; alla tu destra vi sono delizie in eterno” (Sal 16:11); “Tu mi hai messo più gioia nel cuore di quanto ne 6

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Capitolo 1 – Non c’è paragone

provino essi, quando il loro grano e il loro mosto abbondano. In pace mi coricherò e in pace dormirò, poiché tu solo, o Eterno, mi fai dimorare al sicuro” (Sal 4:7-8). Troppo spesso noi cristiani pensiamo alle nostre sofferenze senza considerare quelle che patì il nostro Signore, al quale dobbiamo conformarci. Dimentichiamo i peccati per i quali veniamo corretti dal Signore, a volte anche aspramente, affinché non siamo condannati con il mondo (I Cor 11:32). Siccome però non c’è pro­ porzione fra ciò che è finito e ciò che è infinito, le afflizioni che sperimentiamo in questo mondo, per quanto lunghe possano essere, quand’anche non ci dessero mai tregua, non potrebbero essere minimamente paragonate alla gloria che ci aspetta in futuro, né per in­tensità né per durata. La felicità di quella gloria è inesprimibile, mentre le nostre afflizioni terrene non sono insopportabili, e comunque sono sempre accompagnate dalla compassione e consolazione di Dio: “Come abbondano in noi le sofferenze di Cristo, così per mezzo di Cristo abbonda pure la nostra consolazione” (II Cor 1:5). Il patriarca Giacobbe, mentre fuggiva dalla casa paterna, costretto a passare la notte all’aperto, con pietre per cuscino, ebbe una visione che sorpassava tutto ciò di cui era stato favorito sino ad allora (Gen 28:10-15). Questo fatto ci viene ricordato per mostrarci che spesso il credente, quando si trova nelle afflizioni, prova più gioia e pace di quando è nella prosperità: “Così dice il Signore l’Eterno: benché io li abbia allontanati fra le nazioni e li abbia dispersi in paesi stranieri, io sarò per loro come un piccolo santuario nei paesi dove sono andati” (Ezec 11:16). Dio non permette che le sofferenze del suo popolo giungano all’estremo. “Alla gloria che sarà manifestata”. – Mentre le sofferenze dei cre­ denti durano un tempo, la gloria che sarà manifestata è eterna. Quantunque ancora nascosta, essa esiste; solo la sua manifestazione è futura. Per ora non possiamo vederla, ma presto ci sarà rivelata. Dio è fonte di luce e di gioia ineffabile, non meno che di conoscenza, potenza e bontà. Egli è il Sommo Bene e in un modo incomprensibile comunicherà se stesso a coloro che lo contemplano. “In noi”. – A questa gloria allude l’Apostolo Giovanni quando scrive: “Saremo simili a lui, perché lo vedremo come Egli è” (I Giov 7

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Più che vincitori

3:2). Se i raggi del sole illuminano le tenebre sulle quali risplendono, come sarà quella luce che il Sole di Giustizia emanerà sui figli di Colui che è il Padre dei lumi! Se la faccia di Mosè risplendeva quando parlava con Dio in mezzo ai terrori della legge, come sarà la condizione di coloro che Lo vedranno non sul monte che poteva essere toccato e ardeva di fuoco, ma nel cielo dei cieli; non in mezzo a lampi e tuoni, ma fra le esplicite testimonianze della sua grazia e della sua benedizione! Essi compariranno nel santuario del Signore e comprenderanno pienamente i misteri della sapienza di Dio. Vedranno non l’arca e il propiziatorio, ma le realtà celesti che essi rappresentavano. Allora ve­dranno e conosceranno come ora sono visti e conosciuti (I Cor 13:12). Lo Sposo viene rappresentato mentre chiama la sua Sposa a godere di questa gloria, dopo le persecuzioni e i turbamenti di questa vita: “Ecco, l’inverno é passato, la pioggia è cessata, se n’é andata, i fiori appaiono sulla terra, il tempo del cantare è giunto. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni” (Cant 2:11-13). Come non c’è pro­porzione tra il finito e l’infinito, cosi non vi può esser paragone tra le cose visibili e temporanee da una parte, e le cose invisibili ed eterne dall’altra, tra la nostra leggera afflizione che è solo per un momento e quello “smisurato, eccellente peso eterno di gloria” (II Cor 4:17) che un giorno sarà manifestato in noi. Tale è la consolazione che l’Apostolo presenta a noi, figli di Dio.

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