La trinità e i genitori LE RELAZIONI INTERTRINITARIE COME MODELLO PER I GENITORI
INDICE Prefazione Introduzione 1. L’importanza della dottrina 3. Il contesto di Giovanni 5:19-20 3. I figli hanno bisogno dei genitori in tutto e per tutto 4. I figli hanno bisogno dell’esempio dei genitori 5. I figli hanno bisogno di sapere che i genitori li amano 6. I figli hanno bisogno di comunicare con i genitori Preghiera: la famiglia
ESTRATTO DALLA PRIMA MEDITAZIONE
L'importanza della dottrina […] In secondo luogo, la dottrina della Trinità è «una luce sul nostro sentiero» perché ci aiuta a farci strada nel frammentato mondo postmoderno1. La moralità della nostra epoca è stata privata di validi codici etici e non esistono più standard universali. Il dato più sorprendente dei tempi in cui viviamo sembra essere la «totale accettazione della caducità, della frammentazione, della discontinuità e del caos […]. Il postmodernismo galleggia, sguazza addirittura, nelle correnti frammentarie e caotiche del cambiamento come se oltre a queste non ci fosse null’altro»2. Questa situazione è spesso descritta col termine “pluralismo”3. Si tratta di una condizione che privilegia con orgoglio la specificità e la diversità, inducendo le persone ad accogliere una visione del mondo frammentaria, discontinua e incoerente, la quale rifiuta volutamente e per principio l’esistenza di un centro fondante della realtà e la possibilità di un’armonia che sia capace di riconciliare la diversità e la molteplicità. Essendo questa l’ideologia prevalente, la nostra è divenuta la cultura del narcisismo e dell’egoismo elevato a virtù (cfr. Isaia 5:20). Sembra che il maggiore “dovere” delle persone sia di godersi la vita il più possibile. L’esistenza della gente è segnata da un individualismo esasperato e ciascuno, divertendosi nel campo da gioco dei
propri desideri, ha abbracciato l’“etica dell’io”4. Questi brevi accenni allo stato del mondo in cui viviamo, ci permettono di comprendere quanto possano essere consistenti le ricadute pratiche della riflessione dottrinale sulla Trinità, per quanto impegnativa e faticosa possa essere. Quindi, tenendo presente che la natura di Dio è, al tempo stesso, unitaria e molteplice, una e trina, riflettiamo sulle seguenti osservazioni. La Trinità c’insegna a coltivare la dimensione comunitaria dell’esistenza. Essendo stati creati ad immagine di Dio (cfr. Genesi 1:26), ed essendo Dio un Dio trino che vive eternamente nel contesto di un’esistenza interpersonale, comprendiamo che la dimensione naturale e normale della vita umana è quella comunitaria e della solidarietà. La nostra società separa le persone: separa i mariti dalle mogli, i genitori dai figli, i nipoti dai nonni, i credenti sono impediti nella pratica della comunione fraterna e l’amicizia e la lealtà sono virtù oramai insignificanti per le quali nessuno s’impegna più. Seppure in continuo contatto con gli altri, la gente vive isolata dagli altri! Ora, di fronte a questo stato di cose, la Trinità ci ricorda qual è la vera dimensione della nostra vita e che dobbiamo impegnarci e lottare per preservare e coltivare un’esistenza comunitaria e solidale nella chiesa e nel mondo. La Trinità c’insegna a coltivare l’amore. Come la relazione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito è fondata sull’amore così la nostra esistenza comunitaria deve essere fondata sulla pratica dell’amore. Dio è amore, e dove possiamo vedere la manifestazione più piena di questo amore se non in seno alla Trinità? Il nostro testo afferma che «il Padre ama il Figlio» (Giovanni 3:35) e, in una preghiera rivolta al Padre, il Figlio considera la propria condizione nell’eternità e dice: «Mi hai amato prima della fondazione del mondo» (Giovanni 17:24; cfr. 17:5). L’amore divino è motivo di diletto per Dio: egli si rallegra nell’amare e si compiace dell’amore. Quale grande lezione in un mondo che a causa del peccato è pieno d’odio, d’inimicizia, di conflitti e di egoismo! Dunque, come cristiani dobbiamo sforzarci di imparare a vivere amando e a dilettarci nell’amare e dell’amore. La Trinità c’insegna a coltivare la diversità. La vita della Trinità è caratterizzata non soltanto dall’unità, ma anche dalla diversità. Il teologo olandese Herman Bavinck spiega: «La gloria della dottrina della Trinità consiste in questo: che l’assoluta unità di Dio non esclude ma piuttosto esige la diversità. L’essere di Dio non è unità astratta, o un’idea astratta, è bensì pienezza d’essere e infinita abbondanza di vita la cui diversità manifesta la somma unità»5. Ad esempio, possiamo ammirare l’espressione della diversità divina nella bellezza e nella varietà del creato e del genere umano, oppure riflettendo sul modo in cui si è realizzata la redenzione che il Padre ha concepito, che il Figlio ha reso possibile col suo sacrificio e che lo Spirito rende efficace nella vita degli uomini. Infine, la Trinità c’insegna a coltivare l’ordine. La diversità e la differenza vissute e incoraggiate dalla Trinità non sono caos, anarchia, disordine e nichilismo. «Dio non è un Dio di confusione (akatastasias) – afferma la Scrittura – ma di armonia
(eirenes)» (I Corinzi 14:33)6. Nel suo esistere Dio manifesta la perfezione della sua natura e dei suoi attributi; quindi, in Dio non può esservi contraddizione perciò la sua molteplicità non può opporsi alla sua unità. Diversità e ordine coesistono in Dio, anzi coincidono perfettamente in Dio. Di conseguenza, quando la diversità e la differenza si oppongono all’ordine divino e naturale delle cose diventano una perversione della ricchezza della varietà di ciò che Dio ha creato. Perciò, come cristiani dobbiamo impegnarci al massimo per vivere una vita che sia un riflesso del carattere del nostro Dio, evitando di abusare del principio della diversità a scapito di quelli dell’ordine e della coerenza. A cavallo tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo, nella cittadina inglese di Wethersfield svolgeva il ministero pastorale il predicatore puritano Richard Rogers. Si racconta che un giorno Rogers stesse percorrendo un tragitto a cavallo a fianco del signorotto locale, il quale, ad un certo punto, gli disse: «Pastore Rogers, voi e la vostra chiesa mi piacete, ma siete così precisi!». Allora Rogers replicò: «Certo Messere, perché serviamo un Dio preciso!»7. Ricordiamoci, dunque, che il Dio che serviamo è un Dio preciso!
1 Con questo termine, entrato ormai nell’uso comune, si vuole indicare l’epoca attuale ponendola a confronto con la modernità. Leonardo De Chirico, pastore di una chiesa evangelica a Ferrara, spiega che «modernità e postmodernità sono due categorie riassuntive, due concetti epocali, due chiavi interpretative della cultura occidentale che si trovano spesso accoppiate nella riflessione del mondo contemporaneo su se stesso» (“L’evangelismo tra crisi della modernità e sfida della postmodernità”, in Modernità e postmodernità, «Studi di teologia», VIII, 1997/1, p. 3). Il sociologo Zygmunt Bauman ha intitolato un suo recente libro sulla moralità postmoderna Life in Fragments (Vivere in frammenti), Oxford, Balckwell, 1995. 2 DAVID HARVEY, La crisi della modernità, Milano, Il Saggiatore, 1993, p. 63. 3 Sul tema del “pluralismo” si veda PHILIP G. RYKEN, Gesù è l’unica via?, Caltanissetta, Alfa & Omega, 2002. 4 Il teologo evangelico David F. Wells sviluppa un’analisi teologica e sociologica dell’individualismo postmoderno in Losing our Virtue, Grand Rapids, Eerdmans, 1998. 5 HERMAN BAVINCK, The Doctrine of God, Edinburgh, Banner of Truth, 1977, p. 298. 6 La traduzione con l’impiego del sostantivo “armonia” è mia. 7 PAUL S. SEAVER, The Puritan Lecturships, Stanford, Stanford University Press, 1970, p. 37.