Per l'Ora che Passa

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Editoriale

Sbarazzati degli affanni!

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“Getta sul Signore il tuo affanno, ed egli ti sosterrà; egli non permetterà mai che il giusto vacilli”. Salmo 55:22

uando salgo in montagna, lungo i sentieri che si inerpicano verso le cime, mi viene l’affanno e il cuore batte all’impazzata. Sulle spalle lo zaino pesa come un macigno e il sole implacabilmente mi picchia in testa... non rimane che sbarazzarmi dello zaino, e riprendere fiato, seduta su una pietra accanto al sentiero. Con l’affanno non si va avanti, perciò bisogna lasciare che la tachicardia diminuisca e che il fiatone si calmi. Anche nella vita ci coglie l’affanno, sotto forma di angoscia, di preoccupazione, di ansia, quando il nostro percorso si fa irto di problemi e di incognite. Leggiamo Davide, nello stesso Salmo: “Dentro di me palpita violentemente il mio cuore e una paura mortale mi è piombata addosso. Paura e tremito m’invadono, e sono preso dal panico” (4–5). Non ti sembra che stia parlando proprio di te, quando ti trovi in una situazione di emergenza, o quando la notte la tua mente è affollata di mille pensieri angosciosi? Talvolta l’affanno viene a causa dell’ingiustizia che ci colpisce o quando veniamo traditi dagli amici migliori. Avevamo dato la nostra fiducia, avevamo confidato i nostri problemi affinché si pregasse per noi, senza sapere che li avremmo aggravati ulteriormente... Il salmista Davide parla proprio di un tradimento cocente: “Se mi avesse offeso un nemico, l’avrei sopportato; se un avversario avesse cercato di sopraffarmi, mi sarei nascosto da lui; ma sei stato tu, l’uomo ch’io stimavo come mio pari, mio compagno e mio intimo amico” (12–13). Per questa ragione Davide arriva alla conclusione che il comportamento più saggio è quello di rivolgersi a Dio; infatti ci dà un ottimo consiglio: “Getta sul Signore il tuo affanno!” Getta via! Sbarazzati dell’affanno! Bisogna sbarazzarsi degli affanni su Colui che può prendersene cura nel modo migliore; gli uomini non possono capire fino in fondo la nostra situazione con tutti i suoi risvolti, ma Dio sì, Lui conosce ogni dettaglio della nostra vita e sa come agire al meglio! Cito le parole di H. E. Alexander (Manne du matin), parole che mi hanno incoraggiata spesso, quando mi prendeva l’affanno: “È un ordine di Dio, dobbiamo crederci, obbedirvi, ed avremo la prova che Egli è fedele. Colui che ha portato i nostri peccati alla croce e che li ha tolti per sempre, è vivente alla destra di Dio; ed è là per offrirci di portare al nostro posto i nostri pesi e le nostre preoccupazioni.

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Editoriale

Sbarazzati degli affanni! Perché vogliamo portare ciò di cui vuole scaricarci? Perché appesantirci con ciò che è troppo pesante per noi? Perché privarci della gioia di constatare che, in tutta verità, il nostro Signore porta le nostre preoccupazioni appena Gliele lasciamo, e che si prende cura di noi?” Sì, è un ordine di Dio: dobbiamo sbarazzarci di tutti i nostri affanni, perché solo in questo modo Lui potrà sostenerci. Come ci si sbarazza dell’affanno? 1. Cacciando risolutamente dalla nostra mente tutti i pensieri ansiosi che ci fanno dubitare della fedeltà di Dio per il futuro. La fiducia in Dio è il rimedio. 2. Allontanando quei pensieri di vendetta verso coloro che ci hanno ferito o calunniato, per contare sulla giustizia divina. Il perdono è l’unica soluzione. 3. Mandando via dalla nostra mente i ricordi dei nostri peccati, che ci opprimono con la colpa e ci fanno dubitare del perdono di Dio. La croce di Cristo è il punto di svolta. Davide arriva alla conclusione che parlare in preghiera con il Padre celeste, raccontare la propria pena ripetutamente, più volte al giorno, è la soluzione per ogni preoccupazione: “La sera, la mattina e a mezzogiorno mi lamenterò e gemerò, ed egli udrà la mia voce” (16–17). Gettiamo su Dio il nostro affanno la mattina, per poter affrontare con serenità la nostra giornata faticosa. Facciamolo a mezzogiorno, nel momento più impegnativo, quando i mille impegni ci fanno dubitare che arriveremo fino a sera. Lo faremo la sera, quando il consultivo della giornata non è stato positivo, quando siamo stanchi e la giornata successiva ci sta già preoccupando. Gli altri non vedranno che stiamo pregando, perché continueremo ad occuparci delle cose della vita; ma nella nostra mente faremo una santa pulizia, sbarazzandoci e gettando su Dio tutti i pensieri che ci provocano affanno e angoscia. Il re Davide aggiunge: “Io invocherò Dio, e il Signore mi salverà... darà pace all’anima mia” (16, 18). Lo scopo di questa pulizia dell’anima è la pace. Dio ha promesso che non permetterà mai che uno dei Suoi figli vacilli, cioè che si trovi nelle condizioni di cadere per non rialzarsi più. Possiamo inciampare, perché il nostro percorso è arduo e difficoltoso, ma se deponiamo ai Suoi piedi il nostro peso, potremo camminare più speditamente con Lui. Che la pace di Dio che “supera ogni intelligenza, custodisca i nostri cuori e i nostri pensieri in Cristo Gesù” (Fl 4:7).

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I I t c m p

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a cura di Claudia Guiati

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Martedì 1 Gennaio

Esodo 1:1–22

Schiavitù di Israele in Egitto

I figli di Israele scesi in Egitto (1–7) Con l’elenco dei loro nomi inizia questo libro storico, che fa parte, con altri quattro (Genesi, Levitico, Numeri, Deuteronomio) del cosiddetto “pentateuco” (termine derivato dal greco che significa consistente di cinque rotoli o libri). Questi libri, scritti da Mosè, sono dei capisaldi della storia del popolo di Israele. È bello che Dio non dimentichi nessuno dei nomi di quelli che facevano parte del suo popolo. Dio fa così con i suoi figli, anche oggi: Egli conosce tutto di loro, persino i loro “capelli sono contati” (Lu 12:7). Il nuovo re d’Egitto (8–14) I discendenti di Israele erano in Egitto ormai da quattro secoli, là si erano moltiplicati ed erano diventati potenti. Il nuovo faraone teme che il loro numero costituisca per il suo regno un grave pericolo, così cerca di opprimerli in ogni modo per limitarne l’espansione, sottoponendoli a una rigida schiavitù; ma il popolo continuava a crescere. Uno stratagemma (15–20) Il faraone cerca di servirsi delle levatrici che assistono al parto delle donne ebree per sbarazzarsi dei neonati maschi, ma Dio veglia sul suo popolo: l’uomo, per quanto astuto e potente, non potrà mai prevalere sulla potenza di Dio. Vediamo così che le levatrici temono Dio e non eseguono gli ordini del faraone. Ricompensa (21) Dio non dimentica ciò che è fatto per Lui e premia sempre l’ubbidienza. Questo è valido anche per noi, cari amici, non dimentichiamolo! G.A.

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La Bibbia in un anno: Salmi 1–7 Matteo 1

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Introduzione Esodo

Autore: Mosè Tema: la liberazione Data di redazione: 1450–1410 a.C. circa La parola “Esodo” (come “Genesi”) non deriva dall’ebraico ma dal greco. È il titolo del secondo libro della Bibbia dalla V. dei LXX, che è una traduzione greca dell’A.T. Significa “uscita, partenza”, e descrive l’uscita del popolo eletto dall’Egitto dove aveva sofferto in schiavitù per generazioni. Possiamo leggere la parola exodos in 19:1 (uscita), e anche nei seguenti brani del N.T.: Luca 9:31; 2 Pietro 1:15 (partenza); Ebrei 11:22 (uscita). Dio, che aveva liberato e fatto uscire il popolo dall’Egitto, non esigeva altro dagli Israeliti che la fede nell’efficacia del sangue versato (12:1–13). Come nel N.T., la redenzione doveva dare al popolo riscattato la possibilità di entrare in comunione con l’Altissimo. Dopo la redenzione, Dio diede al popolo la legge, poi la rivelazione dei principi basilari del culto a Lui gradito: Tabernacolo, sacrifici e sacerdozio. Fino a questo momento, Dio si era legato al popolo di Israele solo per mezzo del patto con Abraamo (Ge 12:2); adesso si lega a Israele come nazione mediante la redenzione, concludendo il patto del Sinai e manifestando la sua presenza in mezzo al popolo con la nube di gloria. L’Epistola ai Galati spiega la relazione tra la legge e il patto concluso con Abraamo. Per mezzo dei comandamenti, Dio fa conoscere le sue giuste richieste. L’uso che il popolo ne fa lo conduce inevitabilmente alla convinzione di peccato. Il sacerdozio e i sacrifici, che prefigurano l’opera di Cristo, rivelano ai peccatori, divenuti coscienti della loro colpevolezza, la via del perdono, della purificazione, del ripristino della comunione e dell’adorazione. L’Esodo è ricco di illustrazioni: Mosè prefigura Cristo (2:2). È bene notare anche il significato simbolico della Pasqua (12:11), della manna (16:35), della roccia (17:6), del Tabernacolo (25:9), dell’olio (27:20), del sacerdozio (29:4–5). L’Esodo può essere suddiviso in tre sezioni. I. Israele in Egitto; oppressione e conflitto con Faraone, 1:1–12:36. II. Uscita di Israele dall’Egitto e arrivo al monte Sinai, 12:37–18:27. III. Israele al monte Sinai; dono della legge e costruzione del Tabernacolo, 19:1– 40:38.

N L n d p d b A s

P L p l d u u

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Mercoledì 2 Gennaio Esodo 2:1–25

Nascita e fuga di Mosè Nascita di Mosè (1–10) L’ordine del Faraone, che ha potere di vita e di morte sui sudditi, è di gettare i neonati ebrei nel fiume Nilo. Amran e Jochebed (6:20), genitori ebrei, cercano di nascondere per tre mesi il loro piccolo Mosè. Il bambino cresce e non può più essere tenuto nascosto, così essi lo pongono in un cesto di vimini spalmato di bitume sulla riva del Nilo, il fiume della morte, popolato di coccodrilli. Idea bizzarra e inaccettabile dalla ragione umana ma non dalla fede. Amran, la madre, riavrà suo figlio dalle mani della figlia del faraone, e sarà lei stessa ad allattarlo. La risposta di Dio alla fede è meravigliosa. Primi atti di Mosè (11–15) La vita di Mosè, allevato dalla figlia di Faraone, non conosce né povertà né soprusi; ma, diventato grande, all’età di quarant’anni (At 7:23), non può ignorare la triste condizione del suo popolo d’origine, dei suoi fratelli resi schiavi. Per difenderne uno, dopo aver “volto lo sguardo di qua e di là” (12), chiaro segno di una coscienza a disagio, ne uccide l’aguzzino; poi, per paura di essere a sua volta ucciso, è costretto a fuggire. Esilio di Mosè (16–22) Arrivato a Madian, Mosè fuggiasco si riposa presso un pozzo, e là vengono ad attingere le sette figlie di un sacerdote, che vengono aggredite da alcuni pastori. Mosè le difende, le libera, abbevera il loro gregge; poi viene accolto in famiglia, e sposerà una delle figlie, Sefora. Misericordia divina (23–25) Qui sono ricordati tre fatti che testimoniano della grazia di Dio: • muore il faraone che voleva uccidere Mosè; • Dio ode il dolore del suo popolo; • per il patto stabilito a suo tempo con Abraamo, Isacco e Giacobbe, Dio interviene per soccorrerlo. È su questa fedeltà divina che possiamo contare anche noi, credenti di oggi. G.A.

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La Bibbia in un anno: Genesi 1–3 Matteo 2

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Giovedì 3 Gennaio 6

Esodo 3:1–12

Chiamata di Mosè Da sapiente a umile pastore (1–4) Mosè alla corte egiziana aveva goduto di grandi privilegi ed era stato istruito in ogni sapienza (At 7:22), ma durante l’esilio Dio ne fa un umile pastore e gli parla miracolosamente. Mentre guida il gregge, solo, sulla “montagna di Dio” a Oreb (1), nella penisola del Sinai, Mosè vede una fiamma abbagliante: è un pruno in fiamme che stranamente non si consuma. Questo fatto straordinario lo attira, e Dio lo osserva mentre si avvicina. Com’è commovente l’amore di Dio che non perde di vista i suoi neppure per un istante! Egli è veramente la nostra “ombra” (Sl 121:5). “Mosè, Mosè” (5–6) Dio lo chiama per nome e riceve dal suo servo una risposta immediata: “Eccomi”. Mosè è attento perché sa che il Signore vuole parlargli: Dio gli dice di non avvicinarsi al pruno e di togliersi i calzari dai piedi per rispetto alla santità della sua presenza in quel luogo; poi lo rassicura presentandosi come il Dio dei suoi padri e gli espone il suo piano. Il piano divino e le paure di Mosè (7–12) Dio ha visto la sofferenza del suo popolo, ne ha udito i lamenti e ha deciso di liberarlo. Mosè dovrà andare, lui in persona, dal faraone per ordinargli di lasciar uscire Israele dall’Egitto. Che compito difficile! Comprendiamo il timore di Mosè, che si sente debole e impotente: “Chi sono io per andare dal faraone?” (11). La risposta di Dio non tarda e lo tranquillizza: “Va’, perché io sarò con te” (12). Il popolo liberato dovrà poi servire Dio su quello stesso monte in cui Dio gli stava parlando. Possano questi bei racconti incoraggiare anche noi. Quando siamo senza forze possiamo confidare nell’aiuto del Dio di Mosè, che è sempre lo stesso, immutabile, eterno. G.A.

La Bibbia in un anno: Genesi 4–6 Matteo 3

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Venerdì 4 Gennaio

Esodo 3:13–22 Missione di Mosè

Perplessità di Mosè (13) Mosè ha appena ricevuto da Dio un compito importante e la promessa del suo aiuto, ma ha ancora qualche dubbio: “...se essi dicono... che cosa risponderò?” La pazienza di Dio è senza limiti, per Mosè come per tutti i suoi, e Dio gli risponde in modo esauriente. “L’IO SONO mi ha mandato da voi” (14) È questo il nome con cui Dio si presenta al suo popolo; il Dio dei loro padri, di Abraamo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio vivente ed eterno. Questo è il suo nome, e così sarà invocato da una generazione all’altra. Rassicurazioni e promesse (15–20) Per quattro secoli gli Israeliti erano vissuti come schiavi, oppressi dagli Egiziani che li sfruttavano costringendoli ai lavori più pesanti; alcuni di loro erano anche stati indotti a praticare i culti idolatri degli Egiziani. Sembrava che Dio avesse dimenticato il suo popolo, ma non era così, allora come oggi: i credenti possono contare sempre su un Dio che veglia su loro (Sl 121:3–4). Dio affida a Mosè un discorso chiaro e rincuorante da portare agli Israeliti, con una promessa meravigliosa: “Io vi farò uscire dall’Egitto” (17); non solo li libererà ma li porterà anche in un paese dove saranno grandemente benedetti. Dio che vede o conosce ogni cosa rassicura Mosè: gli anziani e il popolo ubbidiranno, e il faraone sarà piegato dalla potenza di Dio. Conclusione incredibile (21–22) Solo Dio può operare dei miracoli nella vita dei suoi figli. Il potente faraone non potrà resistere all’Onnipotente, e alla fine il popolo schiavo potrà partire carico di doni: abiti, oro, argento. Queste le promesse di Dio in favore del suo popolo. Noi, amici, sappiamo abbandonarci con fiducia a Dio, contando sulle sue promesse? G.A.

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La Bibbia in un anno: Genesi 7–9 Matteo 4

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Sabato 5 Gennaio 8

Esodo 4:1–17

Obiezioni di Mosè Pazienza infinita di Dio (1–9) A un Mosè sempre preoccupato per il compito affidatogli, Dio risponde con amore compiendo due miracoli per convincerlo della sua potenza; anche gli Israeliti più diffidenti ubbidiranno a Mosè vedendone i prodigi: il bastone trasformato in serpente e ridiventato bastone, la mano sana diventata lebbrosa e ritornata sana. “Farai questo affinché credano” (5), aveva detto Dio; ma il cuore dell’uomo è così duro che Dio, nella sua pazienza infinita, dà ancora al popolo una terza possibilità di credere alle sue parole trasmessegli da Mosè: l’acqua presa dal fiume e versata sull’asciutto diventerà sangue. Replica di Mosè (10–17) Mosè continua a guardare a se stesso, alla sua fragilità umana anziché alla potenza di Dio, e prorompe in un lamento accorato: “Ahimè, Signore... sono lento di parola e di lingua...” (10); ma, ancora una volta, la pazienza e l’amore di Dio lo soccorrono: “Va’, io sarò la tua bocca e t’insegnerò...” (12). Mosè vorrebbe essere sostituito in questo ingrato compito, e Dio, nonostante abbia motivo per essere irato (14), ha ancora pietà di lui e gli affianca il fratello Aaronne, che “parla bene” (14) e annuncerà al popolo, come se fosse la bocca di Mosè, gli ordini di Dio. “Ora basta”, sembra dire il Signore, “prendi in mano questo bastone con cui farai i prodigi (17) e confida nella mia potenza”. Riflettiamo sul fatto che spesso anche noi, come Mosè, siamo increduli; chiediamo a Dio la forza per confidare nella sua potenza. G.A.

La Bibbia in un anno: Genesi 10–12 Matteo 5:1–20

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Domenica 6 Gennaio Salmo 100

Invito a lodare il Signore

Questo è un canto di lode Si cantava nel tempio in occasione dei sacrifici di ringraziamento. Le espressioni di questo Salmo vengono collegate ai precedenti Salmi di insediamento (47; 93; 95; 99) che celebrano il governo del Signore e le meraviglie che ha compiuto. Servite al Signore con gioia (1–3) Il salmista esorta l’assemblea dei fedeli a servire il Signore con gioia perchè Egli è il creatore di tutte le cose. Entrate nei cortili del Signore con ringraziamento (4–5) In questa seconda parte il salmista invita i fedeli a entrare nel tempio con ringraziamento perchè il Signore è buono e fedele. Infatti il popolo deve celebrarlo per la sua bontà, per il suo amore e per la sua fedeltà. Anche noi oggi dobbiamo fare nostro questo antico Salmo di ringraziamento e celebrare in tal modo il Signore. Signore, aiutaci a ricominciare, anche se sentiamo la stanchezza, anche se un’illusione si spegne, anche se il dolore brucia gli occhi, anche se tutto rimane nell’indifferenza. Amen

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La Bibbia in un anno: Genesi 13–16 Matteo 5:21–37

E.P.

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Lunedì 7 Gennaio 10

Esodo 4:18–31 Ritorno in Egitto

Passo dopo passo (18–22) Dio fa capire a Mosè che deve tornare dai fratelli sofferenti per svolgere il suo compito. Mosè ora sembra forte e determinato, e prima di partire va da Jetro, il suocero, per informarlo della sua partenza; prende moglie e figli, senza dimenticare il prezioso “bastone di Dio” con cui avrebbe compiuto i prodigi davanti al popolo incredulo (20). Dio segue Mosè col suo amore un passo dopo l’altro nel suo cammino verso l’Egitto, quarant’anni dopo che era fuggito da quel paese (At 7:30): aveva quindi ottant’anni. Gli ricorda poi i prodigi che dovrà fare davanti al faraone; inoltre gli preannuncia che questi non basteranno a convincerlo perché Dio stesso gli ha indurito il cuore come punizione per il suo atteggiamento arrogante e dovrà intervenire con un giudizio più severo (22). Una storia personale (23–26) Emerge qui un profondo segreto: Sefora, moglie di Mosè, si era opposta alla circoncisione del loro figlio e Mosè aveva ceduto al suo rifiuto. Dio però, che deve avere la precedenza in tutto, interviene con mano pesante e fa capire a Sefora che deve sottomettersi. Così ella stessa procede alla circoncisione in quella notte, anche per evitare gravi conseguenze a Mosè che lei, con riferimento all’operazione che aveva effettuato, ora definisce “sposo di sangue”. Verso l’adempimento delle promesse divine (27–31) Dio dice chiaramente ad Aaronne di mettersi in cammino per andare incontro al fratello Mosè, che gli comunicherà molte cose da parte di Dio. L’incontro fra i due fratelli al “monte di Dio” è pieno di affetto. Da qui il futuro condottiero e il sacerdote procedono verso il popolo con un’unica bocca e un unico pensiero. Il finale non può essere che di pace e di gloria a Dio: gli Israeliti capiscono che Dio non li ha abbandonati, si prostrano e adorano. G.A.

La Bibbia in un anno: Genesi 17–19 Matteo 5:38–6:15

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