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Ottomania Vicken Cheterian
Ottomania
Vicken Cheterian
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Negli ultimi anni si sta manifestando una marcata nostalgia dell'impero ottomano. In Turchia e nei paesi arabi fioriscono sceneggiati televisivi, libri storici e romanzi che esprimono un crescente interesse popolare per quell'epoca. Dopo quasi un secolo durante il quale avevamo cercato di dimenticarli, gli ottomani sono tornati.
Dopo la sconfitta dell'impero nella Prima Guerra Mondiale, le forze che si erano imposte nel Medio Oriente non erano interessate alla sua storia. Per la Francia e per la Gran Bretagna, che occupavano ampi territori della regione, gli ottomani dovevano essere soltanto delegittimati e dimenticati. Questi paesi si proponevano come i rappresentanti della civiltà contro l'oscurantismo ottomano. Lo stesso pensavano i nazionalisti turchi come Mustafa Kemal. Gli ottomani appartenevano a un passato che doveva essere dimenticato, cancellato dalla memoria. Sulle macerie del loro impero doveva nascere una "nazione" nuova e vittoriosa. La scrittura araba venne abbandonata, l'Islam privato del suo ruolo sociale, e tutto quello che ricordava gli ottomani venne cancellato.
Negli stati arabi nati dopo la fine del colonialismo si sviluppò un atteggiamento analogo, anche se per motivi diversi: gli ottomani erano una forza d'occupazione straniera e reazionaria. Diventarono orde di barbari turchi venuti con i Selgiuchidi e i Mongoli a occupare la terra araba, a ridurre Baghdad in cenere e a corrompere la civiltà arabo-islamica. L'arretratezza araba, si disse, era dovuta all'occupazione turca. Con l'indipendenza, però, era arrivato il momento della rinascita (Baath, il nome del partito socialista nato in vari paesi arabi, significa appunto rinascita, ndt). Il kemalismo turco, ideologia totalitaria fondata sul partito unico, ebbe una longevità sorprendente. Cosa ancora più sorprendente, ha ceduto il potere a un partito nato da poco, l'AKP, senza colpo ferire. I suoi omologhi iracheni e siriani hanno avuto breve vita e sono finiti nel sangue. La rivolta popolare del 2011 ha sprofondato il paese in una tragedia che sembra senza fine.
Tornando alla nostalgia dell'impero ottomano, questa è strettamente legata ai fallimenti degli stati mediorientali e alla politicizzazione dell'Islam, in particolare quello sunnita. Il moderno Islam politico è pesantemente condizionato dal trauma del collasso ottomano e dalla conseguente fine del califfato. La Fratellanza Musulmana fu fondata in Egitto nel 1928, mentre il Partito della Liberazione (Hizb ul-Tahrir) vide la luce in Giordania nel 1953: entrambi cercavano di creare un nuovo ordine islamico che colmasse il vuoto lasciato dalla fine del califfato ottomano.
L'evento politico che ha riportato all'attenzione pubblica l'eredità ottomana è stata la vittoria elettorale dell'AKP alle elezioni politiche del 2001 (il partito di Erdo an ha ottenuto la maggioranza relativa con il 34,28% dei voti, ndt). Gli islamo-democratici, come venivano chiamati all'epoca, rifiutavano il nazionalismo kemalista e volevano ricollegarsi al passato ottomano. Ricordate il termine diplomazia neo-ottomana, utilizzato dai commentatori politici di molti paesi stranieri?
Questa "ottomania" che si è diffusa in Turchia e in altri paesi pone una serie di problemi. Per spiegare di cosa si tratta, ecco due esempi. Nel gennaio del 2015, poco dopo aver inaugurato il nuovo palazzo presidenziale di Ankara, Erdo an ha ricevuto il primo ospite straniero, il leader palestinese Abu Mazen. Questo era stato scelto per sottolineare l'importanza che la questione palestinese riveste per arabi e musulmani. Un'importanza teorica, dato che arabi e musulmani hanno soprattutto dannegiato la causa palestinese. Nella foto che ritrae Erdo an e Mazen vediamo che il primo, più alto del secondo, sta leggermente chinato. Dietro di loro si vedono due file di soldati con tanto di scudi e lance. Non è una festa in maschera, ma pura ottomania!
Il regno ottomano, uno degli imperi più multiculturali di tutti i tempi, si estendeva su tre continenti. Nato all'inizio del quattordicesimo secolo, è durato fino agli albori del ventesimo. Gli otto-
mani dominarono la Serbia per 440 anni, quindi più della Palestina, che fu dominata dai discendenti per "soli" 402 anni. Quindi cosa significa questa nostalgia dell'impero? Cosa ci può insegnare quel passato che sia ancora valido? Quale sultano dobbiamo prendere a modello?
Ma ecco un'altra foto: è il congresso dell'AKP (il partito di Erdo an) a Eskishehir. Su un grande manifesto si vede la faccia sorridente di Davuto lu a sinistra e il volto serio del sultano Abdulhamid II a destra. Il testo dice: "Padisahim, Sultan Abdulhamid im Emanetin Artik Emin Ellerde Rahat Uyuyabilirsim" (Mio Padishah, mio sultano Abdulhamid, dormi sereno ora che la tua eredità è in mani sicure). L'AKP, come la Fratellanza Musulmana e Hizb ul-Tahrir, non rievoca i tempi d'oro dell'impero, ma il suo periodo finale, quello del sultano Abdulhamid II. Fu lui ad accantonare le riforme varate fra il 1839 e il 1876 e il retaggio ottomano classico per abbracciare il panislamismo. Questo spiega perché gli islamisti odierni lo abbiano preso a modello.
Ma Abdulhamid è lo stesso che sospese la Costituzione, creò il primo stato di polizia moderno e soffocò la stampa con la censura. Fece massacrare la sua gente nelle province e nella capitale, anziché proteggere le loro vite e le loro proprietà. Ma soprattutto, perse tutto quello che poteva perdere: territori, prestigio, e alla fine anche l'impero. Alla fine del suo regno l'impero aveva perduto le sue province più ricche, quelle balcaniche, ed era diventato un povero stato mediorientale. Se l'impero ottomano che viene vagheggiato somiglia a quello di Abdulhamid, siamo davvero sulla strada giusta?
Erdoğan sogna un nuovo impero ottomano
Il 29 maggio 2016, in una splendida giornata di sole, si è svolta a Istanbul una grande manifestazione organizzata dal governo turco per celebrare i 563 anni della conquista della città da parte degli ottomani. Alla sfarzosa iniziativa, allestita con misure di sicurezza impressionanti, hanno preso parte decine di migliaia di persone. Per l’occasione era stata preparata una gigantesca mappa tridimensionale che riproduceva la conformazione della città nell’anno in cui il sultano Mehmed II la ribattezzò Istanbul e la dichiarò capitale dell'i mpero ottomano al posto di Edirne (Adrianopoli). La conquista della città non veniva celebrata nel periodo ottomano: i primi festeggiamenti si tennero in occasione del cinquecentenario (1953), quando il governo era guidato da Adnan Menderes. Con la grande iniziativa di quest’anno Erdoğan ha voluto festeggiare, più della ricorrenza in quanto tale, la sua politica improntata all’islamizza zione e alla liquidazione dell’eredità kemalista. La grande manifestazione voluta da Erdoğan è soltanto la manifestazione più recente del rinnovato interesse per l’eredità ottomana. Basti pensare al Museo Panorama 1453, aperto nel 2009 e interamente dedicato alla conquista della metropoli, oppure al kolossal Fetih 1453 (2012), il film più costoso mai realizzato in Turchia (si parla di 17.000.000 di dollari).
Alessandro Michelucci
Bibliografia
AA. VV., "Il ritorno del su lt ano" , Limes, 4, 2010. AA. VV., "Il lupo grigi o al b ivio" , Eura sia, 30, 2/2013. Fuller G. E., The New Turki sh Repu blic: Turk ey as a Pivo tal State in the Mu slim Worl d, United States Insti tute of Peace Press, Washi ngt on ( DC) 2007.