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Marcello Bernardo Francesco De Pascale

LE VIE DELLA TRANSUMANZA IN CALABRIA Un itinerario culturale percepito tra geostoria, economia e letteratura

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© La Dea Editori Via Tasso, 2 87052 Camigliatello Silano (CS) Italy tel. e fax +39 0984 578125 • tel. +39 0984 570878 tel. mobile +39 335 6689611 info@ladeaeditori.it • ladea1@alice.it www.ladeaeditori.it Direttore editoriale: Egidio Bevilacqua Direttore artistico: Elvira Pacenza Impaginazione e grafica: Dea Graphic Prima edizione Camigliatello Silano (CS), agosto 2017 ISBN 978-88-88557-67-0 Finito di stampare nel mese di agosto 2017, presso la tipografia De Rose Montalto Uffugo (CS) per conto di La Dea Editori di Egidio Bevilacqua Il volume è stato soggetto a double-blind peer review da parte di revisori anonimi esterni. © Tutti i diritti sono riservati di traduzione, riproduzione e adattamento parziale o totale, compreso microfilm o copie fotostatiche Copertina e a pagina 1 San Giovanni in Fiore, località Germano (CS) Sila Grande Mucche podoliche in cammino 2


Marcello Bernardo Francesco De Pascale

LE VIE DELLA TRANSUMANZA IN CALABRIA Un itinerario culturale percepito tra geostoria, economia e letteratura

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San Giovanni in Fiore, localitĂ Germano (CS) - Sila Grande, animali al pascolo

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Introduzione Lo studio della transumanza, anche se limitato alla Calabria, suscita inevitabilmente una serie di riflessioni, di analisi vaste e profonde, che coinvolgono fatalmente il quadro storico-economico, antropologico e psicologico, senza trascurare, soprattutto, il ruolo della geografia, se questa disciplina viene considerata nell’approccio metodologico nuovo. Nella concezione contemporanea secondo cui, nel contesto dell’unità del sapere, anche la letteratura viene valutata secondo un processo scientifico, non si può negare che la disciplina geografica abbia assunto un carattere sempre più dinamico, sintetico, pluridisciplinare ed interdisciplinare; studiare la transumanza nei suoi aspetti geografici risulta assai interessante, stimolante e suggestivo, tenendo conto anche del fatto che i caratteristici paesaggi che raffigurano il pastore che conduce il gregge al pascolo hanno ispirato non solo la mente degli storici, degli economisti, ma anche dei pittori, dei poeti, dei letterati e degli artisti illustri di tutte le epoche. La transumanza è il trasferimento di greggi e mandrie da un’area all’altra e consiste in uno spostamento periodico e stagionale compiuto da allevatori e pastori fra due regioni diverse o in due luoghi diversi della stessa regione. La stessa origine della parola ci fa comprendere il suo significato; la parola transumanza deriva dal verbo “transumare” che è composto da due parole latine (trans che significa “di là da” e humus che significa “terra”). Lo spostamento avviene allo scopo di assicurare agli animali ottime condizioni di pascolo e di approvvigionamento idrico. 5


La transumanza si compie due volte l’anno e le due fasi prendono il nome di monticazione e demonticazione. È vero che la transumanza in Calabria viene identificata per lo più con il processo di arretratezza socio-economica della regione e non risulta agevole e fluido ripercorrere con la mente quei luoghi, quel contesto di sofferenze, di ingiustizie, di inquietudini, di disagi, che già la persona di Corrado Alvaro ha descritto nel capolavoro letterario Gente in Aspromonte. Senza ignorare nessun aspetto che possa ridimensionare il valore della ricerca, ci si soffermerà con razionalità, con consapevolezza critica, ma anche con spirito lirico e letterario su un argomento che pure il Vangelo tiene in grande considerazione. I pastori a cui l’angelo annuncia la nascita del Redentore e che sono i primi ad essere onorati dalla nascita di Gesù Bambino erano certamente i pastori transumanti, che conducevano il gregge in quel paesaggio selvaggio e inospitale, ma romantico e pittoresco. Non si può non citare il grande Giacomo Leopardi nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, dove il poeta di Recanati immagina quel pastore transumante, mentre erra di notte, si rivolge direttamente alla luna e la interroga sul significato dell’esistenza, del dolore universale, dello scopo e della ragione dell’universo. Ma in nessuno passa inosservata la descrizione dei pastori d’Abruzzo, descritti da D’Annunzio, quando, all’avvicinarsi dell’inverno, scendono dai loro monti e prendono il cammino verso il selvaggio Adriatico per quelle vie erbose dette tratturi. La ricordanza dei loro monti, delle loro case, delle loro campagne li porta verso il mare, suscitando nostalgia e rimpianto. Con lirismo e fantasia, il poeta ha creato nella mente di tutti un mondo poetico suggestivo, magico, un quadro di pastori transumanti che ormai nessuno dimentica più. “La pittura di paesaggio” che indica un’espressione artistica del Cinquecento ed una specializzazione pittorica nel Seicento ha inaugurato un genere che troverà nelle forme rappresentative delle campagne e dei pastori transumanti un punto cardine esemplare. È il graduale processo che porta il paesaggio ad assumere piena autonomia e dignità tematica. Adriaen Van de Velde e Paulus Potter sono i primi pittori che 6


presentano nelle loro opere paesaggi con pastori transumanti (Fig. 1-2). Molte correnti artistiche successive hanno rappresentato questo aspetto del paesaggio secondo le varie tendenze pittoriche. Ritornando all’aspetto specifico della ricerca, è noto che la Calabria è stata per secoli una regione di latifondo pastorale. Ancora oggi il ruolo della pastorizia è notevole: certamente, l’antica pastorizia transumante non è più compatibile con l’uso agricolo delle terre pianeggianti costiere; la pastorizia è diventata quasi stanziale, continua a basarsi sugli ovini e sui caprini, produce carni, latte e lane, però con una nuova attenzione e con diverse strategie legate alle richieste del nuovo mercato a cui vengono forniti carne di agnello e latticini, che riguardano ormai il contesto del villaggio globale. Il paesaggio calabrese, d’altronde, è ormai cambiato; l’economia della regione stenta a collocarsi in una dimensione di normalità; lo sviluppo sostenibile è lontano, continua l’emigrazione e lo spopolamento della regione. Una delle risorse principali del suo paesaggio è rappresentato dai boschi presenti sui massicci montuosi e in particolare sulla Sila; essi forniscono legna da ardere e legna da costruzione. Ma in quei luoghi è raro osservare pastori in transumanza, anche perché si registra un continuo dissesto idrogeologico e frequenti incendi dolosi, che distruggono, purtroppo, boschi secolari. Queste situazioni favoriscono in parte il sorgere di prati spontanei, che sono assai utili alla pastorizia. D’altra parte, si registra, addirittura, l’azione di pericolosi incendiari che distruggono il paesaggio per trovare occupazione nell’opera di spegnimento e rimboschimento. Sono stati danneggiati da poco i boschi ombrosi e le montagne selvagge dell’area del Pollino, dove una volta i pastori diventavano parte integrante del paesaggio e dove, ancora oggi, si può ammirare una natura incontaminata. Quei pastori che, una volta, con religiosità, con infinita pazienza, con naturale passione, esercitavano il loro mestiere accettando ineluttabilmente tutte le intemperie, i fenomeni di disagio che la natura poteva loro riservare, si trasformano oggi in pericolosi incendiari, ai fini di poter ottenere nuove zone verdi da adibire al pascolo dei loro animali, appiccano incendi in Sicilia e Calabria, in determinate aree a loro favorevoli, noncuranti di quanti danni generino queste azioni. 7


Figura 1. Adriaen Van de Velde, Paesaggio con armenti e pastori al riposo. Olio su tela, cm 70x87

Figura 2. Paulus Potter, Paesaggio con pastore e pastorella. Olio 67x114 cm, 1642 (Szépmûvészeti Múzeum (Budapest, Ungheria)

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Si registrano perfino danni al Parco del Pollino, l’area protetta più estesa d’Italia (190mila ettari), al Parco Nazionale dell’Aspromonte e della Sila. In aggiunta, tra le vette del Dolcedorme, del Cozzo del Pellegrino e lungo i massicci del Pollino e dell’Orsomarso, si possono scoprire ancora esemplari di pino loricato, l’abete bianco, l’acero di Lobellus; in questi posti, una volta i pastori, certamente, potevano ammirare l’aquila reale. Là vicino si ammiravano, inoltre, le rocche medievali, dove i pastori transumanti, fino a pochi decenni fa, si fermavano talvolta per cercare una chiesa, un santuario dove invocare la Madonna della Sila, San Francesco di Paola o San Michele Arcangelo. Li invocavano o li ringraziavano prima o dopo il percorso della transumanza. Senza pretese di completezza e di esaustività, ma con intenti di descrizione accurata e sperimentale delle fonti, si cercherà di illustrare questo fenomeno in Calabria, che risulta collegato, naturalmente, a tutta l’area centro-meridionale dell’Italia. C’è da rilevare, infatti, che emergono pubblicazioni sulla transumanza in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, ma sono poche quelle sulla Calabria, anche se essa merita gli stessi studi ed approfondimenti per ciò che concerne il fenomeno. Resta, pertanto, necessario osservare il fenomeno a scala locale, per illustrarlo comparativamente a scala nazionale. È positivo, tuttavia, che si cominci a volgere l’attenzione in Calabria su un fenomeno che storicamente non è inferiore né all’agricoltura, né all’industrializzazione, ma piuttosto complementare. Nel 1984 è sorta l’Associazione Culturale per la Storia della Civiltà della Transumanza e si organizzarono quattro giornate internazionali di studio. È interessante citare quanto affermò nella presentazione lo studioso Alessandro Clementi, Presidente della Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi e dell’Associazione Culturale per la Storia della Civiltà della Transumanza: «Vi sono fenomeni che come fiumi sotterranei solcano la storia d’Italia e che ne determinano le linee di fondo senza che appaiano se non per brevi tratti e per subitanee emergenze in superficie. Uno di questi è la transumanza che costituiva la spina dorsale di molta parte dell’economia italiana, quanto 9


meno di quella meridionale, senza che la grande storiografia si sia mai occupata di essa, quasi fosse un fatto estremamente marginale dell’avventura umana. A riguardare, però, molta documentazione sotto l’angolazione di questo interesse ci si accorge che la transumanza con le sue oscillanti fortune è il filo conduttore nel bene e nel male di tanti eventi che incideranno in maniera duratura nella storia d’Italia. Ricostruire i percorsi umani della preistoria e della protostoria lungo i cammini delle greggi, vedere i fenomeni indotti dalle guerre puniche come quelli capaci di sconvolgere le modalità produttive tanto da trasformare l’agricoltura intensiva in attività di allevamento transumante, avvertire attraverso i Dialoghi di Gregorio Magno il lento morire della grande attività pastorale, registrare la morte del transumare tra il tardo antico ed alto Medioevo per quel dividersi, le giurisdizioni, tra Spoleto e Benevento, il ripresentarsi del fenomeno in maniera maestosa quando i Normanni ricombatteranno i grandi altipiani abruzzesi con il Tavoliere, o ancora l’organizzazione stabile del transumare attraverso la Dogana di Foggia dalla quale gli Aragonesi trarranno le linfe finanziarie per la loro ambiziosa politica, il registrare ed il considerare criticamente tutti questi fenomeni è quanto ci siamo proposti di sollecitare attraverso questi nostri convegni. Da una esigenza culturale che proveniva dal basso ovvero da quanti tra L’Aquila e Foggia vissero gli ultimi aneliti della Transumanza e che si riprometteva di riproporre un tema della storia del Sud che, ignorato in passato, rischiava di non essere consegnato come problema ai giovani studiosi, nacque l’Associazione Culturale per la Storia della Civiltà della Transumanza»1. La ricerca presentata in questo volume, pertanto, vuole raccogliere diverse testimonianze attraverso metodologie partecipative che coinvolgono molteplici studiosi di questo fenomeno e, contemporaneamente, quei pochi pastori transumanti che, ancora oggi, continuano a praticare 10


questo antico mestiere, seppure con notevoli difficoltà. Scopriremo attraverso i diari di viaggio e le interviste agli ultimi pastori transumanti, un mondo fatto di gesti arcaici, di fatiche dimenticate, un’attività quasi del tutto scomparsa e così lontana dal nostro attuale stile di vita, un lavoro che piega i propri ritmi a quelli della natura in una civiltà tesa, ormai da tempo, a piegare la natura ai propri ritmi. I metodi utilizzati sono quelli riconosciuti nell’ambito della geografia della percezione2 come metodi indiretti e inconsapevoli, quell’insieme di tecniche di rilevazione che esaminano le testimonianze di percezione prodotte inconsapevolmente, cioè senza l’intenzione di essere sottoposte all’attenzione di un ricercatore, ma per il piacere di chi le produce o per motivi pratici3. Nel caso della presente ricerca, si tratta, soprattutto, di analisi di documenti, tecnica che si propone di esaminare le descrizioni della transumanza presenti in letteratura, nei diari di viaggio, nei testi antichi. Ma, come vedremo, la ricerca fa tesoro anche dei metodi diretti e consapevoli, quei sistemi e tecniche di rilevazione appositamente organizzati per rilevare dati sulla percezione ambientale4. Si fa uso, infatti, di descrizioni verbali orali sulla transumanza, nel territorio oggetto di percezione, di interviste e questionari strutturati somministrati in una scuola e dell’elaborazione delle mappe mentali. Per completare il quadro, dunque, nell’ultimo capitolo viene proposta un’Unità di Apprendimento sulla percezione della pratica della transumanza nella scuola primaria, arricchita con l’osservazione diretta sul campo, che ha suscitato molto entusiasmo e curiosità nei bambini, i quali hanno disegnato anche le mental maps del percorso. Pertanto, ognuno di noi, dal più giovane al più anziano, può leggere ed interpretare nell’intensa e lenta marcia della transumanza un proprio, soggettivo percorso di conoscenza geostorica, di avvicinamento spirituale ad un mondo antico e per tanti versi immutato, di consapevolezza di un patrimonio identitario di cultura locale e di ricchezza naturalistica di millenario valore. Marcello Bernardo Francesco De Pascale 11


LocalitĂ Lorica (CS) - Sila Grande, animali al pascolo sulle sponde del lago Arvo

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CAPITOLO I La transumanza, un fenomeno macroregionale nel bacino del Mediterraneo: il caso della Calabria 1.1. La transumanza in Italia Il fenomeno della transumanza è parte integrante del patrimonio identitario italiano. A differenza dei beni artistico-monumentali, quelli identitari non possono essere tutelati al di fuori del paesaggio5; di esso costituiscono gli elementi caratterizzanti e significativi, le costanti identitarie, gli iconemi6 che garantiscono unicità e riconoscibilità. Le attività pastorali, infatti, hanno impresso sul paesaggio trasformazioni più o meno marcate e durevoli in relazione a vari fattori, tra i quali hanno efficacia preponderante il contesto geografico (e, quindi, la vegetazione), il carico dell’allevamento ed il suo ruolo economico7. La transumanza porta uomini e greggi in montagna e in pianura con un doppio trasferimento stagionale, di andata e di ritorno, nella maggior parte dei casi lungo ed attraverso sentieri particolari8. La transumanza fu alla base dell’attività economica dell’Abruzzo, del Molise, della Puglia, della Campania e della Basilicata; essa favoriva numerose occasioni di scambio di prodotti pastorali, come manufatti artigianali legati alle esigenze dei pastori e delle loro greggi e man13


drie. Proprio intorno alla pastorizia si organizzava la vita economica di molte comunità, così lungo i tratturi non passavano solo uomini e mandrie, ma si affermavano costumi di vita, riti religiosi e attività commerciali. Le regioni maggiormente interessate da questo fenomeno furono Abruzzo e Puglia, grazie alla loro conformazione morfologica: l’Abruzzo, di natura prevalentemente montuosa, e la Puglia con la presenza di una vasta pianura, il Tavoliere. Proprio la presenza di zone prevalentemente montuose ha favorito la nascita della pastorizia transumante, che, per millenni, è stata alla base dell’economia, della cultura e della religione della quasi totalità delle comunità abruzzesi. Storicamente, la transumanza è, dunque, una realtà molto radicata in Italia, dove, già le popolazioni preromane dell’Appennino conoscevano e praticavano da tempo immemorabile la pastorizia transumante, a partire dai rudi e bellicosi Sanniti, dai quali, sembra che i Romani avessero ereditato tale pratica. Difatti, secondo la studiosa Aromatario, l’importanza dell’allevamento e la mobilità pastorale delle genti dell’Appennino abruzzese e molisano sono ben documentate sin da epoca preistorica. Con il popolamento delle nostre zone, sulla fine del secondo millennio a. C., da parte di genti appartenenti alla cultura appenninica l’incidenza della pastorizia ed un diffuso nomadismo stagionale si evidenziano con una certa chiarezza. Nel periodo di tempo compreso tra il 1400 e il 1300 a. C. le variate condizioni climatiche che favorirono lo sviluppo di un’abbondante vegetazione, crearono condizioni particolarmente adatte allo sviluppo dell’allevamento9. Ma è con l’arrivo, nell’età del ferro, di genti appartenenti al gruppo sabellico o sannita che si avvertì con maggior chiarezza la tendenza al passaggio da un nomadismo più o meno dispersivo, da una transumanza a piccolo raggio ad un regime di monticazione effettuata entro limiti più ampi e più precisamente definibili10. La pastorizia dell’Appennino centro-meridionale, che interessava particolarmente l’Abruzzo, il Molise, la Puglia e la Basilicata, gettava le sue fondamenta, come è noto, sulle vie armentizie dette tratturi. Probabilmente già in età preromana ed ancora prima in epoca prei14


storica e protostorica, certamente in età repubblicana ed imperiale le zone territoriali proprie della transumanza11 (Appennino, Puglia, Lucania) presentavano una rete viaria funzionale alla trasmigrazione periodica delle greggi, imposta dalle caratteristiche geomorfologiche e climatiche delle zone stesse12. La frammentazione politica dell’Italia preromana, il clima di generale confusione dell’alto medioevo prima e delle ultime due guerre poi, non hanno impedito, infatti, sia pure in clima di totale insicurezza dei percorsi, la necessaria e forzosa pratica della transumanza. I romani, gli svevi, gli angioini, gli aragonesi ed anche governi più recenti hanno disciplinato e fissato sul territorio la fitta rete delle vie armentizie comunque sfruttando e riattivando, di volta in volta, antichi tracciati che l’evidenza archeologica mostra sfruttati, per i collegamenti dell’area appenninica con quella del Tavoliere, sin dagli albori della storia. Non meraviglia, quindi, la frequente coincidenza del moderno tracciato tratturale con le romane viae pubblicae e calles, anch’esse sovrappostesi a precedenti tracciati naturali, determinati dalla natura del territorio e già in uso, nelle varie zone, prima della stessa conquista romana13. Le più importanti reti tratturali collegavano proprio Abruzzo e Puglia. Uno dei tratturi più importanti è il Pescasseroli-Candela (Fig. 3). Durante le transumanze che, appunto, si svolgevano due volte l’anno, nel passare lungo i vari territori, molti proprietari terrieri chiedevano ai pastori il pagamento di una tassa, in quanto ritenevano più fruttuoso economicamente, far passare greggi e mandrie due volte l’anno e non lasciare le terre nelle mani dei contadini per coltivarle. Dopo una serie di iniziative atte a regolare questa pratica, nel 1447 Alfonso I di Aragona riorganizzò la “Regia Dogana delle Pecore di Puglia”, con sede a Foggia; essa consisteva nel pagamento del pedaggio, da parte dei pastori abruzzesi, per l’utilizzo degli erbaggi in Puglia. Grazie a questa istituzione finirono i soprusi economici a spese dei pastori, lungo i sentieri della transumanza. In continuità con la tradizione angioina di Giovanna e forte dell’esperienza della propria terra d’origine, inoltre, Alfonso I nel 1447 con la Pramma15


tica 1 agosto disciplinò tutta la materia in modo organico e globale attorno a due scelte politiche di fondo: 1) la gestione diretta dello Stato; 2) l’incremento della produzione della lana, il cui mercato a livello mondiale in quel periodo aveva subito notevoli cambiamenti a causa dello sviluppo industriale dell’Inghilterra, dove erano state ridotte le esportazioni favorendo la domanda italiana14. La transumanza in Abruzzo interessò principalmente le pecore; i pastori, insieme alle loro greggi, iniziavano a spostarsi intorno alla seconda settimana di ottobre, le quali scendevano una dietro l’altra dalla montagna fino al villaggio sottostante, dove si fermavano per una notte prima di riprendere il loro viaggio lungo i sentieri. I tempi della marcia lungo i tratturi erano regolati dal cammino delle pecore che camminavano molto più facilmente di giorno rispetto alla notte, momento in cui si facevano riposare in alcuni “stazzi” adibiti qualche ora prima da pastori, i quali avevano anticipatamente raggiunto il luogo del “riposo”, stazioni provvidenziali del gigantesco sistema viario di Alfonso I15, in cui bisognava stare molto attenti agli attacchi dei lupi. Da qui si ripartiva, poi, in mattinata, il giorno seguente. Lungo i tratturi c’erano aree di sosta a intervalli regolari di 15-20 km, sempre in prossimità di masserie, fiumi o centri abitati presso le quali si poteva abbeverare il gregge, o per le pulizie degli stessi pastori e degli attrezzi usati per la mungitura e la lavorazione del latte. Non si sa di preciso quanto impiegassero i transumanti a raggiungere le zone dove trascorrevano inverni o estati, perché non c’era un ritmo preciso; spesso la marcia si poteva rallentare a causa delle condizioni climatiche16. Non si può parlare, a scala globale, di una data precisa per la nascita del fenomeno della transumanza ma, almeno per l’area del Mediterraneo, se ne fa risalire l’origine al remoto periodo dell’olocenico. L’allevamento basato sulla transumanza risulta, infatti, una delle attività a cui l’uomo si è dedicato più precocemente. I segni di questa civiltà sono rintracciabili in molti luoghi: tutte le terre intorno al Mediterraneo, dall’Atlantico fino alle propaggini montuose dell’Asia Minore, dei Balcani, dell’Africa settentrionale 16


conoscono o hanno conosciuto forme più o meno estese ed evolute di questo fenomeno. Tuttavia, la vera transumanza, nella sua forma più caratteristica va circoscritta a pochi territori del bacino del Mediterraneo, caratterizzati da pianure a clima piovoso e mite in inverno e da altopiani ricchi di acque e di vegetazione in estate. Questo flusso diede una spinta propulsiva alla vita economica e sociale delle macroregioni interessate alla transumanza e favorì interscambi e integrazioni reciproche fra aree di pianura e aree di montagna, caratterizzando anche la produzione di latticini e le abitudini alimentari. In Italia si formarono diverse macroregioni sia nelle aree alpine settentrionali, sia nelle fasce appenniniche dell’Italia centrale e nel Mezzogiorno. In Europa essa fu praticata più massicciamente in Spagna, nel sud della Francia, in Svizzera, nella Germania meridionale, nell’area dei Balcani e, naturalmente, in Italia. Qui conobbe la sua affermazione più originale ed evoluta lungo la fascia adriatica della penisola, fra l’Abruzzo e la Puglia, coinvolgendo anche Marche, Molise, Campania e Basilicata17. Ad esempio, parlando di transumanza nelle Marche, è doveroso ricordare la famosa Via Salaria18 (Fig. 4), che da Ascoli Piceno portava a Roma19, la quale oggi è diventata strada statale 4. Purtroppo, i terremoti avvenuti nel Centro Italia nel 2016 hanno messo in ginocchio le attività di allevamento degli agricoltori che, attualmente, costituiscono ancora un tassello importante del sistema economico e produttivo dei luoghi colpiti dal sisma.

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Figura 3. ---- Il percorso del regio tratturo Pescasseroli-Candela. Fonte: www.stella-alpina.com.

Figura 4. La via Salaria, che passa attraverso vari Comuni colpiti dai terremoti del 2016. Fonte: http://pasuco.blogspot.it/2015/10/via-salaria.html.

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1.2. I tratturi: le vie della transumanza I sentieri sui quali per anni passarono greggi, mandrie e pastori, sono denominati tratturi. Il tratturo è un sentiero erboso o in terra battuta, nato dal continuo passaggio degli animali durante la transumanza, su quest’ultimo, dando così origine a vere e proprie “vie transumanti”. I tratturi si svilupparono numerosi, soprattutto in pianura, mentre in montagna erano limitati, a causa della sua conformazione morfologica. Il termine “tratturo” deriva dal verbo latino trahere, che vuol dire trascinare, tirare; la larghezza di un tratturo solitamente era di 111 metri, corrispondenti a 60 passi20. Nel Basso Medioevo, per far sì che gli spostamenti di bestiame (che avvenivano a piedi), si svolgessero nel modo più sicuro e agevole possibile, si cercò di costruire una sorta di “linea urbana”, ossia delle “vie delle pecore”, costituite da tratturi, tratturelli e bracci, permettendo così di spostarsi tranquillamente durante le transumanze. I tratturi sono nati con la stessa transumanza. Troviamo testimonianza di questi antichi sentieri non solo in Italia, ma anche in Europa. In Spagna troviamo le Vias Pecuarias, le quali vengono distinte in base alla loro ampiezza in canadas, cordeles e descansaderos; le prime sono larghe 75 metri, le seconde 37,50 metri e le ultime hanno una larghezza indeterminata. In Francia troviamo le carraires, nei Carpazi le drumurile oierilor o drumul oilor romene. In Italia invece, troviamo la definizione di questi sentieri con il nome di tratturi in Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata; in Sicilia vengono definiti trazzere o stocchi di regie trazzere; in Calabria vengono denominati carrere, chiubbiche o carovanili, larghe almeno sei metri. Nella nostra penisola, tra i tratturi più importanti spiccano: Aquila-Foggia lungo 243,597 km, detto anche tratturo del re; Celano-Foggia lungo 207 km; Candela-Pescasseroli lungo 211 km; Lucera-Castel di Sangro lungo 127 km; Foggia-Ofanto lungo 47 km e Sant’Andrea-Biferno di 27 km21 (Fig. 5). Nell’Italia meridionale, almeno fino all’affermarsi del governo borbonico, i tratturi non erano 19


ben definiti. Dopo l’avvento dei Borboni, furono segnati da termini lapidei, dei blocchi di pietra squadrati, divisi in principali, propri, fissi, casuali ed amovibili, con le incisioni delle lettere R.T. che andavano a significare Regi Tratturi, ed un numero. Queste lunghe “vie transumanti”, divennero con il tempo dei mezzi di comunicazione tra popoli e culture diversi, in quanto mettevano in relazione vari centri abitati, favorendo così lo scambio di usi, costumi, tradizioni e culture tra uomini appartenenti a diverse comunità. Lungo i tratturi, si sviluppò una sorta di commercio dove si creavano luoghi di mercato e fiere, nei quali si vendevano i prodotti della pastorizia transumante (quali latte, ricotta e formaggi vari); proprio da questi primi scambi commerciali, nacque l’industria ed il commercio della lana. Nelle regioni italiane interessate al fenomeno della transumanza, lungo questi sentieri nacquero dei centri abitati, proprio grazie alle opportunità di scambio che si crearono. Non potevano mancare,

Figura 5. La rete dei tratturi. Fonte: www.leviedeitratturi.com.

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inoltre, sulle “vie transumanti” chiese e santuari, in quanto la maggior parte dei pastori erano molto religiosi e devoti a molti santi. Spesso, infatti, erano proprio i pastori che facevano costruire chiese, grazie alle loro innumerevoli offerte. Esse, appunto, rappresentavano dei luoghi nei quali potersi rifugiare dalle avversità incontrate lungo il cammino, e nei quali ritrovare la pace e l’armonia per continuare ad affrontare il viaggio. Nemico immutabile del pastore lungo i tratturi era rappresentato dal lupo; infatti, quest’ultimo attaccava, con più facilità, greggi e mandrie lungo questi sentieri, forse perché si nascondeva e si confondeva più facilmente tra le alte siepi. Si trattava di un pericolo reale «che viene espresso con il tabù linguistico di nominarlo, perché non compaia e con riproduzioni verbali e figurali inserite nella vita quotidiana e domestica che funzionano come antidoti»22. Numerosi sentieri, con il passare degli anni sono stati distrutti per far posto alle nuove costruzioni. I tratturi hanno segnato per millenni l’economia, la cultura e la società di diverse comunità, in particolare dell’Abruzzo, Puglia, Molise, Campania, Basilicata e, come vedremo nei prossimi paragrafi, anche della Calabria.

1.3. La transumanza in Calabria È piuttosto difficile risalire con sicurezza alle origini di questo fenomeno in Calabria, come del resto altrove, ed averne notizie per i tempi in cui mancano precisi riferimenti letterari. In questo caso, può essere d’aiuto la presenza di quei particolari manufatti rinvenuti nell’ambiente e nel contesto adatto, specialmente se legati all’economia pastorale. La Calabria presenta una situazione morfologica certamente non semplice, la cui caratteristica principale è data dal susseguirsi quasi incalzante di diversi sistemi montuosi. Il Massiccio del Pollino, l’altopiano della Sila, la Catena Costiera, i complessi delle Serre e dell’Aspromonte sono, comunque, ben individuati da una rete idrografica piuttosto articolata, cui si aggiungono, talora, precisi fattori d’identifi21


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