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di Emilio Antonio Salatino
© La Dea Editori Via Tasso, 2 87052 Camigliatello Silano (CS) Italy tel. e fax +39 0984 578125 • tel. +39 0984 570878 tel. mobile +39 335 6689611 info@ladeaeditori.it • ladea1@alice.it www.ladeaeditori.it Direttore editoriale: Egidio Bevilacqua Direttore artistico: Elvira Pacenza Impaginazione e grafica: Dea Graphic Prima edizione Camigliatello Silano (CS), marzo 2020 ISBN 978-88-88557-77-9 Finito di stampare in Italia nel mese di marzo 2020, per conto di La Dea Editori di Egidio Bevilacqua © Tutti i diritti sono riservati di traduzione, riproduzione e adattamento parziale o totale, compreso microfilm o copie fotostatiche
Copertina e retro Camigliatello Silano (CS) Sila Grande Sentiero “Foresta Incantata”, Tasso-monte Curcio 2
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Prefazione Sono profondamente convinto che l’Eremita di Paola, come ogni calabrese, nutriva una grande predilezione per i luoghi a cielo aperto e soprattutto per i boschi: l’aria pura, la flora e la fauna del suo habitat – per molti tratti ancora oggi rimasto incontaminato – lo avvolgevano e lo affascinavano. Egli sapeva bene che il primo libro a parlarci di Dio non era la Bibbia, ma la natura, «la nostra casa comune – scrive Papa Francesco – che è anche come una sorella con la quale condividiamo l’esistenza e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia» (LS, 1). E a tal proposito, per meglio lasciarsi avvolgere nel grembo di Madre Natura, anche il saio e la barba canuta del nostro Eremita avevano il colore tipico della terra. Lo testimoniano alcuni indumenti del Santo che la tradizione antica ha consegnato intatti e che vengono custoditi gelosamente in apposite teche nella Cappella delle Reliquie del Santuario di Paola. In effetti, chi si mette sulle orme di S. Francesco di Paola e visita i tanti Eremi da lui fondati si imbatte direttamente con il mistero del creato, la cui bellezza non solo riempie il cuore di Dio ma regala anche sorprese inaudite che lasciano increduli e con il fiato sospeso. È il caso dei grossi macigni ai piedi del Santuario di Paola che ancora oggi sfidano la forza di gravità; l’architrave sospeso tra cielo e terra sull’ingresso della Chiesa di Paterno Calabro; una dura pietra che Egli utilizzava come guanciale presso l’eremo di Corigliano Calabro, ecc. ecc. Tante testimonianze che si uniscono felicemente a quella del suo largo Mantello che utilizzò – secondo la tradizione – per attraversare lo Stretto di Messina. Tutto ciò poté accadere perché colui che ama profondamente Dio ama anche la natura e di conseguenza è anche il vero adoratore di Dio. «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mc12, 31), esorta Gesù nel Vangelo. E invece, dal silenzio dei suoi eremi, Francesco di Paola grida ancora: «Ama la tua terra 5
come te stesso!», un monito vecchio di seicento anni che non vuole essere uno slogan ambientalista e nemmeno San Francesco lo concepirebbe tale. Il monito, invece, scaturisce da una profonda esperienza esistenziale che Egli stesso seppe impreziosire come l’oro nel crogiuolo, stando quotidianamente a diretto contatto con la sua terra. La terra di Francesco, infatti, non è soltanto quella localizzata geograficamente; anche le sue grotte, i ruscelli, le colline, i suoi animali, il mare ionio e tirreno, il cielo italiano e francese, gli eremi e perfino i suoi affetti rientrano a buon diritto nel concetto di “terra” da lui propriamente inteso. Tutto armonizzato perfettamente e diretto, come accade in un’orchestra sinfonica, dal maestro austero della semplicità. Infatti, la severità che incombe per molti chilometri sui tratti della macchia calabrese è l’immagine più bella di quell’austerità che accompagnò il nostro Santo per tutta la sua esistenza. La vita, l’opera e la spiritualità di Francesco sono lo specchio più rappresentativo della vivacità della natura calabrese: «il mare sempre viola, la rosa sbocciante a dicembre, il cielo terso, le campagne fertili, le messi pingui, l’acqua abbondante, il clima mite, il profumo delle erbe inebriante» (L. Repaci). Proprio questa natura lo spinse continuamente in una ricercata simbiosi, esprimendo la sua calabresità ovunque Egli si trovasse: nella grotta, tra la gente, sulle colline di Paola, in Sicilia, nei boschi della Sila e del Pollino, alla corte di Papi e Re potenti, tra gli umili e i meno abbienti, fino in Francia sulle sponde della Senna e della Loira. L’Autore di questo Libro, Terziario dei Minimi e profondo conoscitore della vita e della spiritualità del Paolano, vuole presentare tutto questo, indicando al lettore fresche oasi dello spirito nel deserto arido di questa terra bella ma tanto martoriata, ove poter curare con i rimedi di Francesco “l’anemia evangelica” tanto dilagante. Nello stesso tempo, si vogliono indicare nelle pagine che seguono le qualità più spiccate del pellegrinaggio umano e spirituale che arricchirono i giorni di Francesco di Paola, in 6
un cammino affrontato non solo in salita ma anche in discesa e in pianura, percorso prima dai membri della sua Minima Congregazione e oggi da tutti coloro che si sforzano di ricalcare i suoi passi nella fatica della quotidianità. Sono i cercatori di Dio, «cercatori di felicità, appassionati e mai sazi» (Lettera ai cercatori di Dio, ed. Paoline, 2009). P. Francesco M. Trebisonda Correttore Provinciale dei Minimi
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Paterno Calabro Incastonato nella meravigliosa corona dei Casali del destro, Paterno Calabro affonda le sue radici nella storia romana attraverso il passaggio della via “Popilia”, la strada che collegava Capua a Reggio Calabria edificata nel 132 A. C. Edificato sulla roccia il paese si estende su cinque casali: Casal di basso, Merendi, Calendini, Capore e Scodalupi nella zona di San Marco e nelle frazioni. Paese ricco di cultura cristiana rappresentato dai numerosi luoghi di culto, Paterno Calabro vanta la presenza del Santuario di San Francesco di Paola, convento eretto dal Santo stesso intorno al 1472 quando fu invitato fra queste colline da una Università del tempo con a capo il paternese Padre Paolo Rendace, uomo di vita santa che sposò lo stile penitenziale di San Francesco che divenne vice generale dell’Ordine dei Minimi, alla partenza del Santo Taumaturgo per la Francia. Napoleone Imperatore dei francesi e Re d’Italia, sentito il consiglio di Stato, il 25 aprile 1810, dispone il “Decreto portante la soppressione delle compagnie, congregazioni, comuni e ed associazioni ecclesiastiche”, stabilisce che non è permesso vestire l’abito di alcun ordine religioso ed impone che i religiosi forestieri siano rimandati nei loro Paesi d’origine. Bernardo Maria Clausi, molto devoto di Francesco di Paola entra in convento e divenne punto di riferimento per molti fedeli. Arriva a Paterno Calabro nel 1847 per ricostruire l’Eremo ormai in rovina, e grazie alla sua forte fede e caparbietà riesce a riaprire al culto il Convento tanto caro a San Francesco ed ai paternesi. Paterno Calabro diede i natali a Nicola Misasi, scrittore di stampo verista e a Maurizio Quintieri musicista conosciuto in tutta la nazione. Attraversato da interessanti sentieri naturalistici, alberi e presenza di abbondante acqua, Paterno Calabro rappresentò per molti anni un luogo ricco di economia rurale legato alla coltivazione e lavorazione delle castagne, ancora oggi attiva e all’allevamento del 9
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baco da seta, antico mestiere presente fino alla fine degli anni 50. La visita in questi luoghi consente di effettuare un tuffo nella storia attraverso le bellezze dei palazzi, delle chiese e delle fontane ed è possibile ammirare opere d’arte di pittori come C. Santanna, che in memoria ci ha lasciato preziose tele oggi custodite nel Santuario. L’Enogastronomia è rappresentata da gustosi dolci locali come i “Ginetti” ed i “Mostaccioli al miele di fico”. Un prodotto tutto paternese è il “Fagiolo Monachella” nella varietà lungo e tondo che viene mangiato con la pasta o condito ad insalata, consumato quando ancora è tenerissimo come fagiolino da pasta. Si conservano le tradizioni locali e in particolare la “Quadara”, e si stagionano salumi prelibati quali la salsiccia di fegato e di polmone. Paterno Calabro rientra nel cammino dell’eremita, che porta da Paterno a Paola abbracciando un patrimonio naturalistico molto particolare. Un cammino che riporta alla spiritualità minima di San Francesco ancora avvertibile nella grotta in cui il Santo era solito ritirarsi in preghiera. Tra le feste più importanti si ricorda la festa patronale di San Francesco di Paola, la seconda domenica dopo Pasqua che accoglie turisti e devoti da ogni luogo. Le due feste votive che richiamano al Santo sono il dodici Febbraio e l’otto Settembre, date che rievocano due grandi terremoti in cui Paterno non ebbe ingenti danni e per questo la pietà popolare volle istituire tali feste votive. In sinergia con le varie associazioni locali, l’amministrazione comunale, organizza numerosi eventi per promuovere il paese attraverso concorsi di poesia, manifestazioni per bambini, concerti natalizi ed eventi estivi, quale “Paterno nel Tempo”, manifestazione culturale che ha riportato in vita le antiche maestranze locali. Lucia Papaianni Sindaco di Paterno Calabro
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Pedace di Casali del Manco Pedace, che sorge sulla destra del fiume “Cardone“, alle falde del monte “Tenna“, ricca di castagneti, faggeti e pinete, vanta un antico e glorioso passato: era una delle ventuno Baglive di Cosenza, centro di cultura umanistica e sede dei conventi dell’Ordine dei Domenicani, dei Cappuccini e dei Minimi. Come tutti i Casali del Manco ebbe origine dalla migrazione dei cosentini in seguito alla seconda invasione di Abucalsino nel 986. Un tempo era composta da tre frazioni: Serra, Jotta e Perito. Serra divenne, in seguito, comune e la divisione dei beni comunali avvenne il 12 ottobre 1844. A Pedace oltre al convento di San Francesco di Paola, collocato su un masso di notevoli dimensioni, è possibile visitare la Chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo edificata nel XVI secolo, la Chiesa di Santa Maria di Monte Oliveto che fu costruita nel 1563 dai frati del luogo, la Chiesa dell’Addolorata, l’interno della chiesa ospita la statua della Vergine Addolorata, detta “La Pecorella”. In onore della Madonna Addolorata, ogni anno la quarta domenica di settembre, si organizza la festa della “Pecorella”, le famiglie di Pedace preparano la “Cuccìa” piatto a base grano bollito con l’aggiunta di carne di maiale e con carne di capra, poi cotta al forno nel tradizionale tinìellu, tipico contenitore di coccio. Il 5 maggio 2017, mediante fusione, il comune di Pedace, insieme ai comuni di Casole Bruzio, Serra Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta, ai sensi della Legge Regionale n. 11/2017 diedero origine al comune di Casali del Manco. Oggi questa nuova cittadina conta oltre 10.000 abitanti. Ha una estensione territoriale di 167 Kmq di cui oltre 120 ricadenti nel Parco Nazionale della Sila. È il settimo comune più esteso della Calabria (su 401 Comuni). È uno dei 71 comuni che fanno parte del Mab Unesco (La riserva della Biosfera). 13
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È posto nel cuore del Parco Nazionale della Sila, al centro di un Altopiano a dir poco incantevole. Il paesaggio cambia con estrema dolcezza, e nel mentre stai ammirando un faggeto ti può apparire un bosco di abeti bianchi che dopo un po’ potrebbe trasformarsi in un bosco di pino laricio, di querce e/o di castagno. Una natura incontaminata e saggiamente protetta. Più in basso, a ridosso della città di Cosenza, si riscontrano i nuovi insediamenti urbani e i vecchi centri storici ricchi di tradizioni, cultura, buona gastronomia, monumenti e chiese. E in questi edifici dedicati al culto cristiano ed alle funzioni religiose si trovano numerosi capolavori spesso sconosciuti. Essi custodiscono tesori artistici di maestri della pittura, di scultori e di artigiani poco noti al grande pubblico e che aspettano e meritano di essere ammirati e apprezzati; cosi come merita di essere letto il libro di Don Emilio che, nel panorama complessivo delle ricerche storiche pubblicate, colma un vuoto con questo Suo specifico, puntuale e approfondito lavoro sull’itinerario attraverso la Magna Sila, gli Eremi, le Preghiere, i Conventi e il Castagno di San Francesco. Buona lettura. Stanislao Martire Sindaco di Casali del Manco
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Spezzano della Sila Spezzano della Sila è stato fondato, nel IX secolo, da un gruppo di profughi cosentini scampati alle invasioni saracene. Inizialmente denominato Spatianum Magnum, in seguito italianizzato in Spezzano Grande, ha assunto l’attuale nome nel 1928. Apprezzabile è il centro storico che, ben conservato, mantiene ancora oggi antiche tradizioni popolari. Degni di nota sono il Santuario di San Francesco di Paola, il campanile e la Chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo, quella dedicata al Patrono San Biagio, Palazzo Giudicessa e Piazza delle Quattro Fontane. La chiesa di San Biagio, verosimilmente edificata nel XV secolo, appare oggi con impianto architettonico a tre navate divise da pilastri in tufo, su cui si impostano archi a tutto sesto, con abside di fondo coperto con volta a crociera e costoloni in tufo, con l’abside che mantiene le caratteristiche quattrocentesche originarie. L’Altare Maggiore è abbellito con una pala lignea, datata intorno al XVIII secolo, raffigurante San Biagio e San Francesco di Paola che implorano la Trinità per ottenere la protezione su Spezzano, attribuita al pittore rendese Cristoforo Santanna. All’interno della chiesa si conservano molte opere, tra cui si segnalano un tugurio (cappello) in legno del fonte battesimale, oltre che un Crocifisso, sempre in legno, databile al XVI secolo scolpito da artisti calabresi e la bella e imponente statua del titolare. Si tratta di una delle più antiche sculture di un santo titolare rimaste in Calabria, datata all’ultimo quarto del secolo XV e attribuita a uno scultore meridionale. A poche centinaia di metri dalla chiesa, si trova Piazza delle Quattro Fontane dove si può gustare una gustosa e sempre fresca acqua di fonte. Imboccando le antiche viuzze del centro storico, contraddistinte dal caratteristico selciato in pietra locale, si può giungere a Palazzo Giudicessa. In esso venne ospitato San Francesco di Paola durante il suo soggiorno a Spezzano. La chiesa di San Pietro Apostolo è la più antica sede parrocchiale del paese, la prima citazione documentale è del 1425. Essa sorge 17
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Prima Tappa
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L’itinerario di San Francesco attraverso la Magna Sila L’intento della presente pubblicazione è quello di guidare i devoti del Santo, i pellegrini che si avviano sulle sue orme e i semplici camminatori, attraverso un itinerario di fede, di arte e di natura che coinvolga tutta la persona aprendola alla magnificenza della nostra magica montagna, convinti che proprio la Bellezza salverà il mondo. Seguendo Francesco, quindi, dai piedi dell’appennino calabro, attraverso la Sila, arriveremo in riva al mar Jonio. Il punto di partenza è il convento di Paterno Calabro, seconda casa costruita dal Paolano, e dopo aver sostato a Spezzano della Sila, terzo monastero edificato dall’Eremita, attraverso le vie della transumanza giungere a Corigliano Calabro, quarto convento realizzato da Francesco. Le pagine descrittive di questi tre luoghi si concludono con una preghiera che si collega al titolo dato da lui alla corrispondente chiesa. All’itinerario seguito dal Santo abbiamo pensato di aggiungere anche due tappe legate ai suoi figli, i Frati Minimi, fondatori dei conventi di Acri e di Rossano. La strada seguita da Francesco non è ben definita in tutto il suo percorso. Alcuni indizi ci aiuteranno a tracciarne un probabile cammino. La prima tappa (Paterno Calabro – Spezzano della Sila) sembra avvolta nel mistero. Nessun testimone dei processi di beatificazione e canonizzazione, né alcun biografo forniscono indicazioni in merito. Certune leggende tramandate in soli tre luoghi, però, vengono in nostro aiuto. A Pedace, Scalzati e Macchia, località in agro di Casali del Manco, si raccontano dei fatti ben specifici legati al passaggio dell’Eremita. Se consideriamo che la città di Cosenza non rientra mai nei percorsi seguiti dal Santo, anzi in quest’ultima egli veniva spesso aspramente criticato da diverse 47
fosse frequentata da tanta gente poiché la via inferiore, o della Valle del Crati, presentava due gravi problemi. Il fiume, infatti, era in quell’epoca navigabile e poteva essere risalito anche dalle imbarcazioni dei feroci pirati turchi, inoltre la presenza di acquitrini lungo le sue rive favoriva il diffondersi della malaria. Alla luce di questi dati, perciò, riteniamo che San Francesco abbia seguito il percorso Spezzano – sorgente del Mucone – Serra della Giumenta - Colamauci – Sila Greca - Corigliano. Quest’itinerario è ancora oggi in parte utilizzato in occasione delle transumanze stagionali.
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di Noviziato per i futuri religiosi dell’Ordine. Il culto pubblico a San Francesco viene reso in tutti i venerdì dell’anno e in ben quattro feste annuali di cui tre votive. La prima si celebra il 12 febbraio a ricordo del terremoto verificatosi nel 1854; la seconda si tiene la terza domenica di marzo a ricordo del terremoto del 1638; la terza l’otto settembre per il terremoto del 1905. La festa grande si celebra la seconda domenica dopo Pasqua.
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Il convento di Pedace Nel Casale di Pedace il 3 settembre 1617, con strumento redatto dal notaio Bartolo del Giudice, venne concesso ai frati Minimi un antecedente romitorio con annessa chiesuola intitolata a Santa Maria della Pietra30. Secondo una tradizione, accolta anche dal sacerdote e valente storico Domenico Martire, questo insediamento sarebbe stato addirittura predetto da san Francesco31. Lo studioso Maggiorino Iusi sostiene che ciò è molto probabile, dal momento che il Paolano potrebbe aver visitato la piccola costruzione della Madonna della Pietra durante uno dei suoi tanti passaggi da Pedace nei frequenti trasferimenti da Paterno a Spezzano e viceversa. Probabilmente la comunità locale avrebbe anche richiesto la costruzione di un convento ma «qualcosa non sarà andata per il verso giusto».32 Il convento venne posizionato spazialmente su due livelli principali: il primo comprendeva la Chiesa, il campanile ed i locali di sagrestia; il secondo livello, più a monte costituiva la zona contenente l’intero impianto propriamente monastico, dal punto di vista compositivo e architettonico, lo schema funzionale
Con atto dello stesso notaio del 25 gennaio 1618 avvenne la presa di possesso mentre era correttore provinciale padre Dionigi da Paola. nel 1650 la chiesa era già completata mentre il convento risultava ancora in costruzione ed era abitato da 12 frati. Ponte P., Vita di F. Nicolò di Longobardi. Oblato professo dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola. Riscritta fedelmente dalli processi di sua beatificazione e canonizzazione, edizione critica a cura di Rocco Benvenuto, Pubblisfera, San Giovanni in Fiore (CS) 2015, p. 416. Cfr. anche Valente G., Pedace, op. cit., p. 99. 31 Iusi M., Frammenti minimi, op. cit., p. 242. Il tema della predizione di nuovi insediamenti di frati Minimi ricorre abbastanza spesso nella biografia del Santo. Sempre Maggiorino Iusi ricorda quella relativa ai due conventi di Salerno, di Genova e della Santissima Trinità ai Monti di Roma. Ivi, pp. 242-243 nota 146. 32 Ibidem. Secondo Domenico Martire «S’opposero alcuni di Casa Nappara […] [e la costruzione del convento] s’arrestò». Ibidem, nota 145. A Pedace, a metà del Cinquecento, erano presenti due famiglie Napparo: Alfonso (un chierico) e Santo. Cfr. Cozza A.D., Famiglie dei Casali del Manco. Vol. 2. Pedace dal XI al XX secolo. Storia e fondazione dei casali, Pubblisfera, San Giovanni in Fiore (CS) 2015, p. 219. 30
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La causa che avrebbe spinto Francesco a privarsi della grotta, optando per una povera stanza interna ad un palazzo nobiliare, potrebbe ricondursi ai gravi problemi di ordine pubblico vissuti, in quel determinato periodo storico, nei Casali del Manco di Cosenza. Il romitorio di Spezzano, nonostante fosse posto a breve distanza dal paese, confinava con un fitto bosco. È risaputo che sui monti della Sila diverse bande di malfattori trovavano rifugio dopo le loro scorrerie a valle. L’incolumità fisica di Francesco, quindi, non poteva essere garantita fuori dal perimetro urbano. La crisi economica dilagante aveva spinto oltre la soglia della legalità numerose persone. Non bisogna dimenticare, infatti, che le condizioni finanziarie della Calabria, in quegli anni, erano disastrose ed il malcontento popolare si aggravava di giorno in giorno soprattutto per il progressivo declino dell’economia e della conseguente impossibilità dei contribuenti a pagare i già pesanti tributi. È significativo che proprio nella nostra regione, già duramente provata durante la dominazione angioina, siano scoppiate 81
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nali, fonte di acqua lustrale posta su di una colonna di porfido. Sul campanile erano presenti tre campane, la più grande annunciava al Casale la morte di una persona. In sagrestia, custodite in una credenza, si trovavano alcune sacre reliquie. In una piccola cassa di ebano, protetto da un vetro ornato, era conservato un cappuccio di San Francesco di Paola. Vi erano anche delle statue lignee contenenti nel petto delle reliquie di: Sant’Aniceto papa e martire, San Giacomo martire, Santa Vittoria, Santa Teodora, Sant’Alessandro martire. La comunità era composta da otto frati sacerdoti, due diaconi, un suddiacono, due chierici, due novizi, otto conversi ed un terziario (in totale 24 persone)54. La relazione si concluse affermando che il reddito annuale certificato del convento era pari a trecento ducati55. Le altre comunità dei frati minimi visitate erano così composte: Pedace n. 9; Paola n. 39; Fuscaldo n. 10; Montalto Uffugo n. 15; Cosenza n. 23; Paterno n. 12. 55 Cfr. Ivi, pp. 398-400. 54
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cando di scoprire. Il passaggio di San Francesco da questo luogo è molto probabile. Egli, infatti, proprio nei tempi in cui si narra sia nata la storia dell’albero, costruiva il convento di Spezzano e nei medesimi anni viaggiava spesso tra questa località e Corigliano Calabro. Ma, al di là della ricostruzione storica intorno alla vita del Paolano e anche al di là della devozione popolare, l’albero di castagno rimane comunque degno oggetto di studio e di attenzione. Esso è molto antico, probabilmente di 500 anni, insolito per la flora locale, unico in tutta la Sila. Ma perché Fran-
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piuto allorché il religioso Nicola de Franchis, più noto col nome di frà Silvestro, lanciò l’idea della costruzione di un ospedale […]. Ciò avvenuto, il vecchio locale di San Leonardo, dove prima si curavano gli infermi a spese della Congregazione del SS. Sacramento, divenne disponibile e dall’Università fu dato al monastero per ampliarsi, mentre il nuovo ospedale, sotto il nome di San Giovanni di Dio, […] poteva essere inaugurato nel 1595.73
La vita del convento continuò fino al 1809 quando, per effetto della legge approvata il 7 agosto del medesimo anno da Gioacchino Murat, venne soppresso. L’arcivescovo del tempo, Mons. Miceli, ne ottenne i locali che destinò ad accogliere il riaperto Seminario diocesano. Ciò fu reso possibile perché il governo murattiano riconobbe che quest’ultimo svolgeva un compito importantissimo per la cultura meridionale e che, per il suo ruolo, doveva anche disporre dei mezzi adeguati al suo funzionamento. Ancora oggi la struttura, più volte restaurata, continua ad accogliere il Seminario minore dell’arcidiocesi di Rossano-Cariati.
Gradilone A., Storia di Rossano, op. cit., p. 461.
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Nel 1907 il beato Francesco Maria Greco, cofondatore delle Suore Piccole Operaie dei Sacri Cuori, chiese al municipio la cessione dell’ormai diruto convento di San Francesco di Paola. L’iter della pratica fu molto lungo e assai laborioso tanto che solo il 2 dicembre 1911 fu steso il regolare contratto di cessione che, approvato dalla competente autorità di controllo, venne registrato in Acri il 28 successivo. Con quest’atto le suore si impegnarono a istituire un educandato, un asilo (aperti negli anni ’30 del Novecento) e un ospedale. I lavori di restauro iniziarono subito, ma solo dopo due anni le religiose potettero prendervi dimora. Il 2 aprile del 1916, infine, venne aperto l’ospedale Charitas, inaugurato ufficialmente il successivo 22 novembre 1922, che venne chiuso agli inizi degli anni ’80 con l’apertura del complesso ospedaliero, di proprietà pubblica, denominato Beato Angelo. La chiesa, consegnata alle suore nel 1945, è costituita da un’unica navata. Superato il portale d’ingresso, con un solo sguardo, se ne coglie la splendida armonia. L’aula liturgica ha una lunghezza complessiva di metri 25 per metri 8 di larghezza, mentre il presbiterio, di forma quadrata, misura metri 8. Nella controfacciata interna, sopra l’ingresso, è collocata la cantoria con grata che i frati utilizzavano quale coro notturno. Lungo le pareti dell’aula liturgica sono presenti sei altari laterali di ottima fattura, nel presbiterio si erge il grande altare maggiore sormontato da un dipinto, olio su tela di scuola napoletana, raffigurante la Madonna in gloria con il Bambino tra le braccia e san Francesco di Paola inginocchiato in adorazione, nonché un angelo che regge lo scudo con la scritta Charitas. Nella cimasa di coronamento è sistemato un dipinto, sempre olio su tela, con Gesù in gloria tra angeli e santi. Nella navata, tra il secondo e il terzo altare a destra, si trova un pulpito in legno riccamente intagliato, con postergale e baldacchino, probabilmente coevo dell’altare maggiore. Alle pareti del presbiterio sono addossati gli scanni del coro inferiore. Sulla facciata sussiste una nicchia in cui è collocata una statua di San Francesco di Paola. 133
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Sommario Prefazione 5 Paterno Calabro 9 Pedace di Casali del Manco 13 Spezzano della Sila 17 Celico 21 Acri 25 Corigliano Rossano 29 San Francesco di Paola nella storia del suo tempo 33 Introduzione 41 Prima Tappa 46 L’itinerario di San Francesco attraverso la Magna Sila 47 Seconda Tappa 48 L’eremo di Paterno Calabro 53 Preghiera a San Francesco 61 Scalzati e Macchia 63 Il convento di Pedace 67 L’eremo di Spezzano della Sila 75 Preghiera a San Francesco 107 Il castagno di Colamauci 109 L’eremo di Corigliano Calabro 113 Preghiera a San Francesco 123 Il convento di Rossano 125 Il convento di Acri 129 Bibliografia 135
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Biografia Emilio Antonio Salatino è nato a Cosenza nel 1963, presbitero dal 1990. Parroco di Spezzano della Sila, vicario foraneo della forania Silana e rettore del Santuario Diocesano di San Francesco di Paola in Spezzano della Sila. È docente stabile straordinario di materie teologiche presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Francesco di Sales” di Rende (CS) e docente invitato di Teologia Morale Fondamentale e Speciale presso l’Istituto Teologico Cosentino di Rende (CS). L’autore, nel proprio ambito disciplinare e professionale, ha curato la stesura di diversi articoli e saggi. Con la casa editrice Editoriale Progetto 2000 di Cosenza ha pubblicato: San Francesco di Paola eremita calabrese e riformatore cattolico (2015); San Francesco di Paola e l’amore alla maggiore penitenza (2017). Con la casa editrice Pubblisfera di San Giovanni in Fiore (CS) ha pubblicato: Sant’Umile da Bisignano. Un uomo da imitare (2005); L’etica della misericordia in San Francesco di Paola (2016); Miscellanea di scritti su San Francesco di Paola (2017); E chine arràzzi? Glossario dei soprannomi di Spezzano della Sila (2018); L’eremo di Spezzano della Sila. Terza casa fondata da San Francesco di Paola (2019). Con i tipi della tipografia La Silana di Casole Bruzio (CS) ha pubblicato: San Francesco di Paola fuoco vivo nei Casali del Manco di Cosenza (2016). Insieme a Francesco Fucile, con la casa editrice Apollo Edizioni di Bisignano (CS), ha pubblicato: Il cammino di salvezza e le opere di misericordia spirituale e corporale in Sant’Umile (2018). Ha curato: la voce San Francesco di Paola nel testo Eccellenze di Calabria edito dalla Pubblisfera Editrice e da Luigi Oliverio Editore (2016); l’intervento L’eremo della SS.ma Trinità di Spezzano della Sila nel testo La chiesa di San Francesco di Paola a Spezzano della Sila a cura di Antonella Salatino (2019). È membro del comitato scientifico delle riviste: Fides Quaerens. I quaderni e Veritatis diaconia. 140
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