Anno XXI n. 1
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Trimestrale di informazioni dal mondo della tutela dei diritti e del risarcimento del danno
L'editoriale di Massimo Quezel
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Risarcimento diretto: il delitto perfetto
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Perdita del rapporto parentale: meglio applicare le tabelle di Roma
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In tempi di pandemia le compagnie fanno affari d’oro
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Come dovrebbe cambiare il sistema di risarcimento diretto
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L’EDITORIALE DI MASSIMO QUEZEL
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ino a qualche tempo fa, quando si parlava di "sicurezza stradale" qualsiasi ragionamento partiva dall'importanza del fattore umano. Anche dopo l'introduzione delle cinture di sicurezza (obbligatorie da più di trent'anni) e degli airbag, e nonostante la diffusione di dispositivi di sicurezza attivi come i sistemi antibloccaggio delle ruote (ABS) e di miglioramento della stabilità (ESP), l'abilità dell'automobilista, la sua prontezza di riessi e l'attenzione rivolta ad osservare una guida sicura restavano le variabili principali in grado di inuire sulle possibilità di causare o restare comunque coinvolto in un sinistro. Negli ultimi tempi, però, le nostre autovetture hanno visto aumentare in maniera signicativa la presenza di dispositivi elettronici. Grazie alla tecnologia messa al servizio degli automobilisti, oggi possiamo contare su sistemi di guida assistita, radar anticollisione e addirittura allarmi automatici che ci avvisano di mantenere l'attenzione alla guida nel caso in cui il nostro sguardo si allontanasse troppo a lungo dalla strada, impedendoci anche di incorrere nei pericolosissimi colpi di sonno. Strumenti utilissimi, che hanno però lo svantaggio di relegare sempre più la componente umana in secondo piano, con la prospettiva di renderci quasi esclusivamente dei passeggeri delle nostre autovetture... anche se ci troviamo alla guida. In tale contesto appare inverisimile che non si sia rivolta quasi nessuna attenzione all'implementazione generalizzata di un ulteriore dispositivo di fondamentale importanza, in particolare in caso di incidente stradale. Sto parlando delle cosiddette dashcam, le piccole telecamere posizionabili sul parabrezza dell'autovettura (se non anche sul lunotto posteriore o lungo le ancate) in grado di registrare quanto accade all'esterno mentre l'auto è in movimento, in modo costante, memorizzando all'occorrenza i lmati che possono essere utili, in particolare in caso di incidente o di danneggiamento del mezzo mentre è in sosta. E' facilmente immaginabile la fondamentale importanza di queste riprese di fronte ad un giudice o anche soltanto in fase di richiesta di risarcimento stragiudiziale, visto che possono consentire di ricostruire in maniera dettagliata la dinamica del sinistro, così da stabilire in modo inequivocabile la ripartizione delle responsabilità tra i soggetti coinvolti e supportare la legittimità della relativa istanza risarcitoria. Parliamo di un dispositivo relativamente molto più semplice della maggior parte dei componenti elettronici attualmente di serie anche nella più economica delle utilitarie, che però i principali costruttori non hanno mai implementato su larga scala. Solo le ipertecologiche vetture elettriche (Tesla in primis) prevedono di serie un sistema di telecamere attive, ma
parliamo di una fetta di mercato, per quanto in crescita, molto marginale. Certo, esistono soluzioni "aftermarket" che consentono di dotare la propria auto di una dashcam in modo semplice e con una spesa di poche centinaia di euro, ma è chiaro che soltanto una alta diffusione di questi dispositivi tra i veicoli circolanti consentirebbe di sfruttarne in modo efciente tutti i vantaggi, diffusione che solo una dotazione di serie sarebbe in grado di garantire. Basta immaginare il caso di un incidente avvenuto su una strada dove, oltre ai veicoli coinvolti, si trovano a transitare altre autovetture. Ebbene, se fosse possibile mettere a disposizione delle forze dell'ordine e delle compagnie assicuratrici non soltanto i video registrati della auto incidentate, ma anche quelli di tutti gli altri mezzi che si trovavano su quella strada in quel momento, sarebbe possibile ricostruire perfettamente la dinamica del sinistro. Perchè non si investe in questa tecnologia? Perchè, se i produttori ne hanno la possibilità, non si montano in tutte le auto questi sistemi? Crescono, invece, il numero di autovetture sulle quali le compagnie assicurative impongono di montare sistemi di monitoraggio satellitare (le cosiddette "blackbox") che gli automobilisti, invogliati da sconti spesso risibili sul premio, accettano di buon grado e, anzi, considerano un vantaggio in termini di sicurezza. Parliamo di dispositivi in grado di rilevare costantemente la posizione dell'auto, monitorando velocità e abitudini di guida, dati che sono a disposizione delle compagnie (ed esclusivamente a loro) in particolare in caso di sinistro, al ne di stabilire l'eventuale responsabilità del conducente. Perché non sono le stesse compagnie ad investire nelle dashcam, invece che nelle blackbox? Di certo, se loro non hanno interesse, sarebbe il caso che gli automobilisti si rendessero nalmente conto dell'utilità di questo strumento.
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Massimo Quezel Fondatore e Presidente di Studio Blu
WWW.MASSIMOQUEZEL.IT
Risarcimento diretto: il delitto perfetto In diretta televisiva la prima tavola rotonda pubblica tra patrocinatori, avvocati, carrozzieri, assicuratori e rappresentanti dei consumatori, dedicata al risarcimento diretto. Il 20 dicembre scorso è andato in onda sulla rete nazionale Canale Italia, in prima serata, uno speciale dedicato al mondo assicurativo, condotto dal prof. Vito Monaco. A confrontarsi sul delicatissimo tema del risarcimento diretto c’erano Claudio Demozzi, presidente del Sindacato Nazionale Agenti di Assicurazioni, Massimo Trefletti, responsabile settore assicurativo per Konsumer Italia, Massimo Quezel, patrocinatore stragiudiziale, ex liquidatore e autore del bestseller «Assicurazione a Delinquere», l’avvocato Francesco Carraro, Massimo Speri, presidente regionale Confartigianato Carrozzieri Veneto e, in collegamento remoto, la dottoressa Silvia Pansini, Responsabile Controlli Strategici Gestione Sinistri Itas Mutua Assicurazioni. Durante le due ore di trasmissione gli argomenti portati all’attenzione del pubblico sono stati molti, e il confronto tra i partecipanti ha permesso di approfondire diverse tematiche che normalmente restano appannaggio degli addetti ai lavori. Scopo dell’incontro, infatti, era proprio far capire ai telespettatori come funziona il sistema liquidativo in Italia, e come è attualmente disciplinato. Un obiettivo non facile da perseguire ma che, grazie al notevole sforzo degli ospiti di evitare di scendere in tecnicismi troppo ostici, possiamo dire sia stato raggiunto se non altro stimolando il pubblico nel volerne sapere di più. Troppo spesso, infatti, manca negli assicurati la pur minima consapevolezza delle basilari procedure liquidative in caso di sinistro. Perché se sono assicurato per la responsabilità civile
automobilistica, in caso di incidente a risarcirmi è la mia compagnia e non la compagnia di chi mi ha causato il danno? E perché in caso di incidente più grave, o con dinamica più complessa magari coinvolgente più veicoli, me la devo vedere con la compagnia di controparte mentre la mia si dela? A queste e a molte altre domande hanno dato una risposta in particolare l’avvocato Francesco Carraro del Foro di Padova, civilista esperto in materia di risarcimento danni, e Massimo Quezel, fondatore e presidente di Studio Blu. Ma l’approfondimento sul tema ha riguardato anche questioni più controverse, come il funzionamento della cosiddetta «Stanza di compensazione», ilnmerito al quale ha avuto parole di critica sia Massimo Trefletti che la dottoressa Silvia Pansini, ritenendo entrambi che sia auspicabile una revisione dei meccanismi di funzionamento di tale strumento, volta a renderne più efciente il funzionamento, a vantaggio di una valutazione più equa e trasparente del risarcimento dovuto al danneggiato. Claudio Demozzi ha poi avuto modo di sottolineare il ruolo cruciale della gura degli agenti assicurativi anche nella delicata fase post sinistro, i quali spesso si trovano nella
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Massimo Trefletti, responsabile settore assicurativo Konsumer Italia.
Massimo Quezel, patrocinatore stragiudiziale, fondatore e presidente di Studio Blu.
scomoda posizione di dover rendere conto ai propri clienti delle inefcienze degli ufci liquidativi delle compagnie loro mandanti. Inne Massimo Speri ha precisato la fondamentale importanza di poter garantire agli autoriparatori di lavorare in piena autonomia, senza vincoli impositivi posti dalle compagnie che limitino la possibilità di offrire ai propri clienti riparazioni sempre a regola d’arte. All’esito del confronto su questo interessante argomento, che avrebbe necessitato senz’altro di un tempo ancora
introduzione ha dimostrato di avere bisogno di una serie di aggiustamenti ormai improcastinabili. E se questa trasmissione è servita quantomeno a rendere consapevoli di questo non soltanto gli operatori del settore, ma anche il pubblico, allora possiamo dire che un primo,
Francesco Carraro, avvocato civilista esperto in risarcimento del danno.
fondamentale obiettivo, è stato raggiunto. Claudio Demozzi, presidente Sindacato Nazionale Agenti di assicurazioni.
maggiore di quello già ampio offerto dalla trasmissione, è emersa l’assoluta urgenza di un confronto costruttivo tra tutti i soggetti coinvolti nella fase di valutazione e liquidazione del danno, patrocinatori, avvocati, agenti assicurativi, medici legali, autoriparatori, afnché possano instaurare un dialogo propositivo con la compagnie assicurative, nalizzato a denire un progetto di riforma del sistema di risarcimento diretto, che in quattordici anni dalla sua
Dott.ssa Silvia Pansini (sullo sfondo), Responsabile Controlli Strategici Gestione Sinistri Itas Mutua Assicurazioni.
Per vedere su YouTube il video integrale della trasmissione, scansiona questo codice QR
Massimo Speri, presidente regionale Confartigianato carrozzieri Veneto.
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Perdita del rapporto parentale: meglio applicare le tabelle di Roma La sofferenza patita per la perdita di una persona cara avvenuta a causa di un fatto illecito trova parametri più equi e corretti per definirne il risarcimento nelle tabelle emanate dal Tribunale della Capitale. E’ la fine del primato delle tabelle di Milano? La Corte di Cassazione ha emenato recentemente una sentenza (la n. 33005 del 10 novembre 2021) con la quale ha confermato che, in tema di danno da perdita del rapporto parentale, i criteri più corretti per stabilire il risarcimento dovuto sarebbero, sostanzialmente, quelli indicati nelle tabelle in uso presso il Tribunale di Roma. Queste ultime, a differenza delle tabelle del Tribunale di Milano (normalmente utilizzate come riferimento a livello nazionale per la liquidazione del danno non patrimoniale) prevedono specici parametri correttivi che consentono una più adeguata valutazione del caso concreto e una maggiore uniformità di giudizio sui casi analoghi, basandosi su un sistema a punti modulabile anche su elementi come l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e altro. Tutti questi elementi consentono di denire un risarcimento più corretto e riferito con maggiore precisione al danno effettivamente patito dalla persona. Le tabelle di Milano seguono, invece, un criterio di
denizione dell’importo da liquidare diverso e meno analitico, individuando una soglia minima ed una massima di importo, che però costituisce una forbice troppo ampia e che può dare luogo (come normalmente accade) a speculazioni al ribasso da parte del soggetto tenuto a risarcire il danno. Giusto per citare un esempio, se consideriamo il caso di un incidente stradale che abbia comportato esiti mortali per il conducente, il danno subìto dalla moglie di quest’ultimo per la perdita del rapporto parentale sarebbe quanticabile, secondo i riferimenti milanesi, tra un minimo di 168 mila euro e un massimo di 336 mila euro, senza che i medesimi riferimenti tabellari forniscano, ad ausilio della parte debitrice e c r e d i t r i c e , l’indicazione di parametri e criteri per stabilire quale importo
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liquidare nel caso specico. Le tabelle romane, invece, non adottano un criterio di «massimo» e «minimo», ma si basano sul «punto variabile» che, nello specico, può portare ad ottenere risarcimenti ben più signicativi rispetto al minimo previsto dalle tabelle di Milano (valore al quale, inevitabilmente, mirerà sempre e comunque il soggetto debitore tenuto a risarcire il danno). In sostanza, come specica esplicitamente la sentenza della Cassazione, «il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo nale dei
correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella». Va notato che gli ermellini tengono a precisare che i parametri indicati nelle tabelle di Milano per la liquidazione del danno non patrimoniale diverso dal danno da perdita del rapporto parentale sono comunque conformi al diritto. In altre parole, la Cassazione non ha gettato nel cestino in toto il riferimento tabellare milanese, ma ha precisato che soltanto con riferimento al danno da perdita del rapporto parentale queste ultime offrono parametri troppo vaghi e, pertanto, è più corretto fare riferimento a riferimenti tabellari diversi, come quelli richiamati dalle tabelle di Roma (che però nella sentenza non vengono mai citate esplicitamente).
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In tempi di pandemia le compagnie fanno affari d’oro Utili record per le imprese d’assicurazioni nel corso del 2020, mentre negli altri settori si sono registrati cali enormi di fatturato dovuti alle misure restrittive imposte dal governo. Com’è stato possibile? Negli ultimi giorni del 2021 l'IVASS, l'Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni, ha pubblicato i dati riguardanti gli utili delle compagnie assicurative per il 2020, "annus horribilis" per la nostra economia in generale, ma a quanto pare non per il settore dell'insurance. Emerge, infatti, come i guadagni delle compagnie di assicurazioni, con particolare riguardo al ramo danni, siano letteralmente volati, segnando un +134,8% rispetto al 2019, per complessivi 1,5 miliardi di guadagno netto. Si fa presto a capire da cosa sia dipeso questo eclatante risultato. Durante i lunghi periodi di lockdown, la limitazione degli spostamenti per i cittadini ha comportato un calo drastico dei sinistri stradali. Ed è evidente che se diminuiscono i sinistri, le compagnie hanno meno risarcimenti da riconoscere. Pertanto, a fronte del costante pagamento dei premi da parte degli automobilisti, le ridottissime uscite di cassa hanno determinato tale utile record. Eppure, nonostante questa situazione, i costi medi delle polizze RC auto sono rimasti sostanzialmente invariati laddove sarebbe stato logico aspettarsi una signicativa diminuzione dei premi annuali. Ad alzare la voce e a denunciare quella che sembrerebbe essere una manovra altamente speculativa da parte delle compagnie sono le associazioni dei consumatori, da sempre in prima linea in tema di assicurazione obbligatoria, ma anche gli stessi agenti di assicurazione. Claudio Demozzi, presidente dello SNA (Sindacato Nazionale Agenti di Assicurazioni) ha infatti criticato
duramente come le compagnie, pur avendo conseguito utili da capogiro "grazie" al lockdown, non abbiano posto in essere politiche di redistribuzione a benecio della rete agenziale, costretta a sopportare un signicativo calo della raccolta premi complessiva. Va ricordato che le agenzie, a differenza delle loro mandanti, hanno risentito come la gran parte degli imprenditori e liberi professionisti di altri settori, delle misure restrittive imposte dal nostro governo, senza possibilità di ammortizzare il colpo, tra cassa integrazione per i dipendenti, quarantene e saracinesche abbassate, senza dimenticare le fortissime limitazioni all’attività di vendita diretta ai clienti. Dalle pagine del sito dello SNA, www.snachannel.it, Demozzi ha precisato che «le compagnie di assicurazioni non possono continuare ad ignorare la richiesta proveniente dalle reti agenziali di una revisione
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sostanziale, in aumento, delle tabelle provvigionali di mandato, soprattutto in questo periodo storico e soprattutto alla luce di numeri così eloquenti! La situazione degli agenti è altresì aggravata dal mancato rinnovo dell’Accordo Nazionale Agenti Imprese, scaduto ormai da più di dieci anni, che costituisce l’unica vera piattaforma sulla quale si basano i principali diritti e le tutele fondamentali degli agenti di assicurazione. Vista la scarsa sensibilità delle imprese sul fronte economico, ci auguriamo che almeno la loro rappresentanza, l’Ania, si dimostri più aperta al confronto e capace di ristabilire il giusto equilibrio tra l’industria assicurativa ed il principale canale distributivo professionale in Italia, le agenzie.» Su questi numeri, in ogni caso, l'IVASS sta ragionando già da luglio dello scorso anno, quando ha avuto modo di censurare la situazione di forte squilibrio tra una discesa dei premi all’epoca del tutto modesta (-5,5%) e la circostanza che durante il lockdown e il relativo crollo verticale dei sinistri gli oneri relativi ai risarcimenti erano calati addirittura del 20%. La "bacchettata" dell'IVASS si era fatta sentire per voce del
presidente Federico Signorini, il quale auspicava che tutte le compagnie riconoscessero, su base volontaria, forme di ristoro ai propri assicurati, sotto forma di riduzione o restituzione parziale del premio annuale, invitando i consumatori a vericare il comportamento della propria assicurazione al ne di scegliere in modo più oculato con chi rinnovare la polizza alla scadenza. «Può apparire singolare che un colossale evento dannoso come la pandemia abbia avuto in Italia, nel complesso, conseguenze economicamente positive per chi, per mestiere, assicura contro i danni», ha dichiarato il presidente dell'IVASS. E in effetti all'estero le compagnie hanno subito esborsi signicativi nei rami danni esposti alla pandemia, che hanno compensato in buona misura i soldi risparmiati nel ramo danni RC Auto. Ma in Italia, come abbiamo avuto modo di dire spesso anche nelle pagine di BluNews, c’è sempre stata una scarsa predisposizione da parte dei cittadini ad assicurarsi e, pertanto, l'unico ramo danni sviluppato nel nostro Paese è quello dell'auto. Quindi alle compagnie nostrane sono rimasti solo i guadagni.
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Come dovrebbe cambiare la RC Auto In esclusiva per BluNews, Massimo Treffiletti, da profondo conoscitore della materia assicurativa, ci spiega perché e come andrebbero riviste le norme in materia di responsabilità civile automobilistica.
Massimo Treffiletti, un passato in ANIA da dirigente, oggi direttore generale di Metakol, azienda italiana operante nel settore dell'insurtech specializzata nell'analisi e certificazione di documenti digitali. Un'esperienza professionale, quella di Treffiletti, che gli ha permesso di conoscere la materia assicurativa in modo trasversale e che gli è valsa anche la nomina di responsabile del settore assicurativo presso Konsumer Italia, associazione a tutela dei diritti dei consumatori. Porta la sua firma la proposta di modifica della normativa in materia RCA presentata dalla stessa associazione nei mesi scorsi. Dottor Treffiletti, la riforma strutturale del sistema RC Auto elaborata da Konsumer Italia tocca, in particolare, tre diversi ambiti: il sistema di risarcimento diretto, la sicurezza stradale (con particolare riferimento alla riparazione dei mezzi incidentati) e il meccanismo del bonus/malus. Partiamo da quest'ultimo. Perché, e come, ritiene che sia necessario rivedere i criteri di assegnazione delle classi di merito degli automobilisti? Il sistema bonus/malus nasce per premiare gli assicurati virtuosi a discapito di quelli che provocano dei sinistri. Nel corso degli anni, vari interventi normativi, volti a calmierare i prezzi delle polizze assicurative, hanno snaturato le finalità del bonus/malus: la legge Bersani, ad esempio, che ha esteso a tutti componenti del nucleo familiare la classe di merito del familiare più virtuoso, oppure la norma che non fa scattare il malus in presenza di un concorso di colpa. Il risultato è che oggi oltre l’80% dei veicoli sono collocati nella classe di merito più bassa. Come Konsumer Italia riteniamo che sia giunto il momento per riformare questo sistema per convertirlo in una sorta di «rating assicurativo» dove la sinistrosità del veicolo non rappresenta l’unico parametro di riferimento per misurare la propensione al rischio di un assicurato. Nella proposta di legge messa a punto dalla n o s t r a
Associazione, a b b i a m o prospeettato l’assegnazione di tale rating (es. AAA per gli automobilisti più virtuosi) che tenga conto anche di specifici elementi che p o s s o n o integrare la storia assicurativa del possessore del mezzo. Nello specifico si tratta dei punti Massimo Trefletti patente dei conducenti abituali indicati in polizza, dell'indice di riparabilità del veicolo assicurato, del costo del sinistro causato, della presenza o meno di score riferiti al contraente e ai conducenti dichiarati in polizza sull'archivio integrato antifrode IVASS e, infine, dei comportamenti di guida rilevati dalla scatola nera o da dispositivi equivalenti. In questo modo è plausibile ipotizzare che, per gli assicurati veramente virtuosi, i benefici economici sul costo delle polizze possano essere molto più tangibili. Alcune delle proposte di modifica normativa riguardano il delicato argomento della sicurezza stradale, con particolare riferimento alla riparazione dei veicoli incidentati. Quali sono le criticità nell'attuale normativa in questo senso? La normativa vigente prevede che un danneggiato a seguito di incidente stradale possa decidere di non procedere alla riparazione del proprio veicolo, optando per un risarcimento esclusivamente monetario. I dati statistici ci dicono che solo nel 50% dei sinistri il veicolo danneggiato viene fatto riparare. Questo fenomeno determina almeno due evidenti situazioni patologiche: una minore sicurezza del parco veicoli circolante e un maggiore rischio di comportamenti fraudolenti. Non va dimenticato, inoltre, che un veicolo non riparato può prestarsi a nuove (e più onerose) richieste di risarcimento. Le proposte di modifica normativa avanzate da Konsumer Italia prevedono invece l'obbligo di revisione del veicolo in
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presenza di danni strutturali o che incidano sulla sicurezza stradale, nonchè il riconoscimento del diritto del danneggiato a chiedere una verifica peritale sulla correttezza dei lavori di riparazione effettuati dal carrozziere convenzionato con l’impresa di assicurazione. Inoltre, riteniamo che vada rivisto il concetto di "riparazione antieconomica", riferibile soltanto ai casi in cui il valore del danno sia superiore del 50% rispetto al valore commerciale del veicolo. Lei ha un passato professionale in ANIA durato quasi trent'anni, metà di questi in qualità di dirigente prima presso il Consorzio CID e, dal 2008 al 2019, quale Responsabile nei settori CARD, Accordi Assicurativi e Antifrode. Possiamo dire, pertanto, che lei conosca molto bene la normativa riguardante il risarcimento diretto, avendo avuto una parte attiva fondamentale nella sua genesi. Appare evidente, però, che gli obiettivi inizialmente posti dal Legislatore siano stati in larga parte disattesi. A 14 anni dall'entrata in vigore di questa procedura, che cosa non ha funzionato? E' un sistema che si può ancora "aggiustare" o deve essere definitivamente "rottamato"? Sia personalmente ma anche come Konsumer Italia non riteniamo che la soluzione del problema sia la rottamazione del risarcimento diretto. Al contrario, pensiamo che la possibilità di rivolgere la richiesta di risarcimento direttamente al proprio assicuratore possa rappresentare un vantaggio per il consumatore che ha modo di rivolgersi all’assicuratore di fiducia potendolo valutare non soltanto per il prezzo della polizza ma anche per il servizio offerto in caso di sinistro. Fatta questa doverosa premessa va tuttavia precisato che la normativa che regolamenta il risarcimento diretto è vetusta e necessita di una profonda revisione.
Anche su questo tema Konsumer Italia ha voluto essere propositiva indicando una serie di soluzioni per riequilibrare un sistema che nel corso degli anni ha evidenziato profonde criticità. Quali sono le proposte di Konsumer Italia? Innanzitutto crediamo sia necessario prevedere la facoltatività della procedura di risarcimento diretto, in ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale n. 180/2009. L’assicurato non deve essere obbligato ad attivare questa procedura che in realtà deve solo rappresentare un’opzione aggiuntiva rispetto a quella tradizionale dove la richiesta di risarcimento va presentata direttamente all’assicuratore del veicolo responsabile del sinistro. Altro correttivo è prevedere che i rimborsi tra imprese assicuratrici partecipanti al risarcimento diretto vengano effettuati a piè di lista e non sulla base dei cosiddetti forfait. Per rendere ancora più trasparente la procedura, riteniamo che si debba consentire all'assicuratore tenuto al rimborso del danno di eseguire controlli a richiesta sui contenuti della liquidazione operata per suo conto. Inoltre, si rende necessario prevedere l'interruzione della procedura in presenza di parametri di significatività antifrode evidenziate dalla Banca dati sinistri (art. 135 CdA) oppure quando ci si trova in presenza di contestazioni sull’esistenza stessa del sinistro (c.d. sinistri fantasma). Va poi istituita la figura del “perito terzo”, incaricato da CONSAP, il quale è chiamato ad intervenire quando tra danneggiato/autoriparatore e perito incaricato dall’assicuratore diretto non si raggiunga un accordo conservativo sulla quantificazione del danno. La valutazione del danno effettuata dal perito terzo è incontestabile dalle parti. Infine, l'istituzione presso CONSAP di uno specifico archivio centralizzato dei fascicoli di sinistro CARD consentirebbe di favorire l’accesso ai relativi atti (art. 146 CdA) e i controlli sul rispetto delle normative correlate all’organizzazione del sistema CARD. Ci può spiegare cos'è, come funziona e quali sono i limiti del rimborso a forfait previsto nella procedura di risarcimento diretto? E quali potrebbero essere i correttivi più idonei a renderla più efficiente? L’Italia è l’unico Paese Europeo con un sistema di risarcimento diretto che non consente all’assicuratore del veicolo responsabile del sinistro di non conoscere l’importo del risarcimento operato per suo conto dall’assicuratore del veicolo non responsabile. Infatti, il sistema di rimborsi stabilito dalla normativa sul risarcimento diretto prevede che l’assicuratore del veicolo responsabile non rimborsi il reale costo del risarcimento ma un
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costo medio stabilito dal Ministero dello Sviluppo Economico all’inizio di ogni anno. Facendo un esempio concreto, supponiamo che il costo medio di riferimento “Forfait CARD” sia di 2.000,00 . L’Assicuratore del veicolo non responsabile al quale viene demandata la gestione del danno sa a priori che per un sinistro riceve un rimborso di 2.000,00 a prescindere dai costi reali che va a sostenere. Ne consegue una sorta di “corsa al ribasso” per comprimere il costo reale del danno entro tale valore per limitare la quota di danno a suo carico (danni superiori al forfait) o per massimizzare il guadagno in caso di danni inferiori al valore del forfait. È evidente che queste regole, nel corso degli anni, hanno spostato la concorrenza delle imprese assicuratrici dalla tecnica liquidativa a logiche prettamente finanziare finalizzate a cogliere i benefici economici del sistema. In questa competizione sono risultate vincenti le imprese assicuratrici con un portafoglio veicoli di basso valore o con clausole contrattuali in grado di canalizzare le riparazioni verso reti di autoriparatori convenzionati spesso costretti a lavorare a condizioni economiche poco remunerative. In questo contesto chi verifica che i lavori sul veicolo incidentato siano effettuati a regola d'arte e non al risparmio? Ma non è la sola criticità del sistema di risarcimento diretto. Non va dimenticato, infatti, che il sistema di risarcimento diretto ha contribuito alla modifica delle basi tecniche per l'elaborazione dei premi assicurativi: non si tiene più conto del valore del danno causato ma del forfait erogato abbinato costo del danno subito. In altre parole, abbiamo assistito allo snaturamento della garanzia RCA, che è diventata un ibrido che assomiglia ad una garanzia kasko. Altro limite dell'attuale sistema è l'assenza di controllo sulla liquidazione del danno. L’oscuramento dell’importo liquidato dall’assicuratore diretto implica che l’altra compagnia (assicuratore del veicolo responsabile del sinistro), non avendo accesso al fascicolo del sinistro, non può sollevare contestazioni sulle modalità liquidative adottate. Inoltre, l'assenza di controlli sulla liquidazione operata dall’assicuratore diretto può incentivare comportamenti speculativi nel risarcire danni di valore inferiore al forfait di riferimento, che produrrebbero un guadagno tra importo del danno liquidato e rimborso ottenuto dall’altra compagnia. Questo aspetto genera implicazioni di non poco conto rispetto alle attività antifrode. Va ricordato anche il rischio di doppi pagamenti, eventualità non poi così rara viste le modalità di gestione del sinistro e le regole stabilite tra gli assicuratori per il riparto delle responsabilità adottate nella Convenzione CARD, che determinano spesso sdoppiamenti gestionali. Esiste poi il pericolo di inquinamento dei dati della stanza di compensazione. Ad oggi, infatti, non è previsto un sistema di controlli per verificare che l’importo risarcito al proprio assicurato corrisponda a quello comunicato alla stanza di
compensazione, sia in punto di an che di quantum. Questa discordanza potrebbe derivare da comportamenti opportunistici dell’impresa gestionaria finalizzati al contenimento del proprio costo medio assunto come riferimento nel meccanismo di “Incentivi penalizzazioni” che IVASS adotta per rendere ancora più rigoroso il sistema dei forfait. In tale contesto, le proposte di riforma di Konsumer Italia permetterebbero di rimediare anche a queste distorsioni. In un articolo de Il Sole 24 Ore del 15 novembre 2021, firmato da Maurizio Caprino, si illustra come il sistema di risarcimento diretto possa costituire un incentivo, per le compagnie, a non indagare su richieste danni che potrebbero nascondere una truffa. Per i piccoli danni, infatti, il sistema di rimborso a forfait attualmente previsto consentirebbe alle assicurazioni di lucrare sulla differenza tra quanto liquidato e quanto ottenuto in sede di compensazione. E' d'accordo? I dati ufficiali rilevabili nella relazione annuale dell’Autorità di vigilanza evidenziano che il 20% circa dei sinistri RCA sono a rischio di frode. In sostanza in oltre 500.000 sinistri le banche dati antifrode evidenziano la presenza di elementi di anomalia sui quali l’impresa di assicurazione dovrebbe indagare prima di procedere alla liquidazione del danno. Gli stessi dati dell’Autorità ci dicono anche che gli approfondimenti per stabilire se un sinistro sia o meno fraudolento vengono effettuati solo nel 55% dei casi. Nessun controllo viene ad esempio effettuato per capire se la foto di un danno è stata ritoccata o se è stata utilizzata anche in altre richieste di risarcimento. Ma il dato più preoccupante è quello ci dice che il 90% dei sinistri a rischio frode viene comunque liquidato mentre solo nel 2% dei casi si procede con una querela per frode assicurativa. Davanti a questi dati possono essere svolte due considerazioni. Innanzitutto, il sistema di rilevazione dei sinistri potenzialmente fraudolenti non funziona correttamente,
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generando in gran parte dei “falsi positivi”. Inoltre, il settore non ha interesse a svolgere un’effettiva attività antifrode. Tornando ai sinistri gestiti con procedura di risarcimento diretto, viene da domandarsi che interesse possa avere un assicuratore ad impegnare risorse economiche per investigatori e legali per danni che avendo un costo inferiori al valore del forfait generano comunque un vantaggio economico per la compagnia di assicurazione, forte anche del fatto che il sistema non prevede controlli di merito sulle liquidazioni effettuate. La risposta mi pare scontata… Restiamo in argomento frodi. Da sempre le compagnie tendono a giustificare gli aumenti dei costi assicurativi a carico dei clienti richiamando i dati sulle frodi e sull'incidenza che esse hanno sulle casse delle medesime compagnie. Ma ad un osservatore attento non sfugge che si citano sempre i dati riguardanti i sinistri "a rischio frode", non di truffe accertate. Il fatto che l'IVASS giunga a stimare addirittura più del 20% di sinistri "a rischio frode" non andrebbe visto anche come un limite del sistema accertativo e risarcitorio, evidentemente incapace di evitare tali incertezze sulla genuinità dei sinistri denunciati? Secondo lei oggi
esiste una vera ed efficace lotta alle truffe da parte delle imprese assicuratrici? Si può fare di più? E in che modo? Essendo stato responsabile per molti anni dell’antifrode di ANIA, devo precisare che la normativa civilistica sulla liquidazione del danno e la situazione giudiziaria delle Procure non aiutano a condurre in maniera efficacie la lotta alle frodi. Occorre infatti ricordare che solo una minima parte delle querele presentate dalle imprese assicuratrici si conclude con una sentenza di condanna mentre la gran parte delle azioni giudiziarie termina con provvedimenti di prescrizione o di archiviazione. Fatta questa doverosa premessa va tuttavia osservato che il 20% dei sinistri a rischio frode, tradotto in termini economici rappresenta circa 1 miliardo di euro (500.000 sinistri al costo medio di euro 2.000) che pesano sulle tasche degli assicurati in maniera significativa: circa l’8% del costo della polizza! Da questo punto di vista sarebbe auspicabile un maggiore controllo sulla liquidazione dei sinistri a rischio frode chiedendo conto all’impresa assicuratrice dell’attività istruttoria compiuta per giungere alla liquidazione del sinistro.
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