L'altraitalia Dicembre 2011

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visto da

Sotto la lente Lingua e cultura italiana all’estero

l’altraitalia

numero 35 - dicembre 2011

Fr. 5.20 Euro 5.00

la voce e l’immagine degli italiani nel mondo

POLITICA

L’incompresa gioventù italiana ATTUALITÀ

LITERATUR

Dramma in Liguria

Italo Svevo

www.laltraitalia.eu



EDITORIALE di Maria C. Bernasconi

Sono passati soltanto alcuni mesi da quando, con il nostro “sotto la lente”, avevamo approfondito la questione dei corsi di lingua e cultura italiana all'estero. Nel frattempo, la situazione sta precipitando. La situazione di forte instabilità, dovuta ai continui, ripetuti tagli dei contributi finanziari che si sono succeduti negli ultimi anni, ha prodotto un forte ridimensionamento dell’offerta dei corsi. È urgente una riorganizzazione dell'offerta scolastica per evitare la chiusura dei corsi stessi. Ed è proprio in considerazione della gravità del momento che abbiamo deciso di dare spazio e di analizzare, nuovamente, l'andamento dei corsi, prendendo come punto di riferimento la Svizzera. Una schietta analisi deve indurci a porci alcune domande. Siamo davvero sicuri che le nostre non siano lacrime di coccodrillo? Non era forse prevedibile pensare che, prima o poi, tutto ciò sarebbe successo? Già da tre anni a questa parte, il governo uscente ha iniziato ad applicare una politica di tagli alle risorse per l’emigrazione, annunciando, di finanziaria in finanziaria, ulteriori decurtazioni. E per il 2012, Alfredo Mantica, Sottosegretario agli Esteri, con delega per gli italiani nel mondo, aveva parlato di “una riduzione consistente che inciderebbe sul capitolo Italiani nel Mondo per il 15-20% del bilancio”. Quindi: sempre meno soldi per gli italiani nel Mondo! Illuderci che le cose possano cambiare è utopia! La grave crisi economica e finanziaria internazionale che sta vedendo protagonista anche l'Italia, implica notevoli sacrifici da parte di tutti, nessuno escluso! Lo ha annunciato e sottolineato più volte il Professor Mario Monti, attuale Presidente del Consiglio, sia in Parlamento che alla Camera. Chiedere al neo Presidente del Consiglio Monti di guardare con maggiore attenzione ai connazionali all'estero per riaprire quel dialogo che si è interrotto da tempo, chiedergli che la delega sia affidata a persone che abbiano una profonda conoscenza dei problemi che toccano la collettività all'estero è senz'altro legittimo, anzi, d'obbligo, ma immaginare che lo stato delle cose possa cambiare sostanzialmente è utopia! Non penso, quindi, sia utile continuare a limitarci al lamento fine a se stesso, come ormai facciamo da molto, troppo, tempo; ora dobbiamo agire! Non penso sia utile dividerci su posizioni rigide o di retroguardia o, ancor peggio, di mero interesse politico. Tenendo conto che il passato governo ci ha lasciato solo le “briciole”, occorrerebbe aprire una seria, coscienziosa e scrupolosa discussione, che tenga conto delle esigenze e delle differenti specificità nel mondo, per capire come agire prescindendo dallo Stato italiano e tenendo conto degli sforzi ai quali nessuno di noi può sottrarsi in questa fase così critica. Tra i discendenti dei primi emigranti vi è sicuramente il desiderio di riscoprire le proprie radici e la volontà di imparare la lingua dei loro padri come veicolo di informazione e di conoscenza della realtà italiana. Per mantenere un ponte con le nuove generazioni è indispensabile difendere e conservare i corsi di lingua e cultura italiana, anche se, a mio modesto parere, utile sarebbe rivederne la loro struttura. Dunque, armiamoci di buona volontà e ... partiamo. Una volta tanto non ... armiamoci e ... partite!

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l’altraitalia Editore l'altraitalia Kirchenrainstrasse 27 CH - 8632 Tann-Rüti 0041 (0)56 535 31 30 info@laltraitalia.eu www.laltraitalia.eu Direttore Responsabile Maria Bernasconi

SOMMARIO Sotto la lente CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA Intervista all’On. Franco Narducci Gli emendamenti del Senatore Claudio Micheloni Il parere di Guglielmo Bozzolini No alla privatizzazione dei corsi L’apprzzamento del Coordinamento Enti Gestori Manifestazioni del 19 novembre

Vice direttore Manuel Figliolini

Collaboratori Giovanni il Battista Gianmaria Bavestrello Umberto Fantauzzo Patrizia Gioia Simona Guidicelli Teresita Lenzo Christian Lombardi Luisa Mazzetti Marco Minoletti Chiara Morassut Armando Rotondi

Foto rsp futura sagl

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OPINIONI Frecciatine

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ATTUALITÀ SOCIETÀ Perché odio Roma Dramma in Liguria

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CULTURA MODA Consigli per le festività

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POLITICA L’incompresa gioventù italiana

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CINEMA This must be the place

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MUSICA Paco de Lucia Grandi autori italiani a Zurigo Festival della canzone napoletana

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I SEMI DELLA GIOIA “Il cuore pulsante della baracca”

Redazione grafica e stampa VisualFB - Magliaso visual.fb@bluewin.ch

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L’INTRUSO Meno male che Silvio c’é ... ra

Direttore di Redazione Rossana Paola Seghezzi

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LETTERATURA Il ballo

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RACCONTI Il ritorno

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BENESSERE E SALUTE

Webmaster Alfredo Panzera

Il castagno

ENOGASTRONOMIA Figli di un Dio minore

Contatti redazione@laltraitalia.eu Pubblicità info@laltraitalia.eu

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Für unsere deutschsprachigen Freunde Italo Svevo Die Stadt Triest

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ATTUALITÀ

L’intruso dalla Redazione

Meno male che Silvio c’é ... ra Il dilemma di un regalo Quando frequentavo il liceo, il padre di un mio compagno di classe andò in pensione e la ditta, per festeggiare la dipartita lavorativa, gli regalò un orologio placcato oro con inciso, sul retro, una frase “convenzionale” per ringraziarlo del lavoro svolto e della fedeltà dimostrata. È di una ventina di giorni fa la notizia delle dimissioni del Presidente del Consiglio, il buon caro Silvio Berlusconi; i sentimenti confusi che provai in quel momento, si dissiparono davanti alla grande questione: “ma se va in pensione cosa gli regaliamo per ringraziarlo di tutto il lavoro che ha fatto?”. La scelta di un regalo da fare ad un imprenditore come lui, che possiede tutto, è molto difficile … Ha case magnifiche nelle migliori posizioni del mondo, ha barche e pezzi d’arte. Forse bisognerebbe trovare qualcosa di piccolo, minimo investimento, ma con il più grande significato che lo rappresenti. Ecco alcune delle idee che mi sono venute: Miniatura di una piramide egizia: è stata una delle mie prime opzioni ma subito lo scartai, mi dissi: “chissà quante miniature gli avrà regalato Ruby Rubacuori … dopotutto è la nipote di Mubarak, l’ex leader egiziano”. Cellulare: no, neanche questo va bene … ne ha appena ricevuto uno da Lavitola. Cassa di buon rhum cubano: ecco questa mi sembrava una buona idea, utile per le sue innumerevoli feste … ma poi mi sono ricordato che la legge vieta la somministrazione di alcolici alle minorenni Miniatura del Duomo di Milano: inizialmente era una buona idea, il monumento più importante che rappresenta la sua città natale … ma poi mi sono ricordato che glielo avevano lanciato durante un congresso in piazza Duomo e lui non lo aveva neanche preso (con le mani)… forse ne ha già tanti. Auto: l’ho scartata da subito … un ex Presidente del Consiglio ha l’auto blu … e poi ogni volta che non lavorava usava sempre lo stesso modello. Tutti i giornali infatti titolavano: “ Escort ad Arcore”, “Escort a Palazzo Grazioli” … È chiaro che un grande imprenditore abbia una convenzione con una grande casa automobilistica come la Ford. Ma forse, invece di un banale regalo, bisognerebbe rompere gli schemi e dedicargli un’opera pubblica che lo ricordi … ma che non sia banale, ad esempio non una via o una piazza, nemmeno un teatro … È vero anche che da quando c’è lui si è sentito sempre parlare di P2,P3,P4 … ecco ci sono: gli potremmo intitolare un autosilo ... ma non ne sono tanto convinto. O forse un tunnel!?! … Si, e poi chi spiega al Ministro Gelmini che non lo possiamo intitolare a lei perché lo abbiamo dato a Silvio Berlusconi.Allora un ponte … magari quello sullo stretto … no troppo fantasioso. Uffa … è veramente difficile. Magari un gioco in scatola per le domeniche con i nipotini; l’altro giorno ho visto un vecchio gioco bellissimo: Ok il prezzo è giusto … Ma anche questo non va bene, è una trasmissione vecchia dove Iva Zanicchi lanciava le scarpe e cantava … È chiaro che non gli piacerà, Berlusconi le ha viste sicuramente tutte le sue trasmissioni … gli piaceva così tanto che a messo l’aquila di Ligonchio nel parlamento europeo… figuriamoci se ha bisogno del gioco in scatola Mah non so se va bene. E poi perché ci devo pensare io … è quasi natale e voglio godermi una meritata vacanza in un isola da favola: Lampedusa … di giorno gioco a golf e di notte spendo tutti i risparmi al Casinò … non fate quella faccia, lo ha detto Silvio Berlusconi che faceva il Casinò e il golf sull’isola di Lampedusa … ed io ci credo, lui fa sempre quello che dice … Non ha detto forse che non metteva le mani in tasca agli italiani? Non ha detto forse che creava 1 milione di posti di lavoro? Non ha detto forse che alzava le pensioni sociali? Non ha detto forse che non si sarebbe più alleato con la Lega? … eh, non le ha dette forse queste cose? E quindi chi ha ragione?

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OPINIONI

Frecciatine di Giovanni il Battista

Ma mi faccia il piacere! In memoria, sempre viva, di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino Grandi persone le soprannominate! Giuristi, Giudici, investigatori, impareggiabili lavoratori, imperativamente al servizio dello Stato e in pari tempo contro lo Stato (quello corrotto). Persone che per anni hanno abitato in caserma, lontano dalle loro famiglie, dai loro affetti, dimenticando il significato di una vita normale, sotto stretta sorveglianza. Di uomini a loro fedeli fino alla morte. Hanno lottato per il raggiungimento dei loro obiettivi contro tutto e contro tutti, qualche volta fidandosi, in buona fede, di persone deviate, doppiogiochisti all’interno del loro stesso sistema, persone che li hanno ingannati e, quando il loro lavoro stava dando frutti tangibili ed importanti, lo Stato? quello deviato? le persone corrotte? qualche loro stesso collega o presunto tale?, li hanno fatti ammazzare!

Malgrado i loro detrattori, quelli che li hanno annientati fisicamente e corporalmente, i loro assoluti valori restano e rimarranno indelebili nello spirito e nell’anima degli italiani e non solo; per la gente onesta un rimpianto per la perdita di due come loro e per l’opera rimasta incompiuta (anche se le sensibilità che sostengono la lotta alla malavita macinano, nel ricordo e nell’esempio di Giovanni e Paolo, operatività che stanno sempre più dando risultati significativi): per la gente disonesta, anche e seppur inconsciamente, un tarlo li roderà dentro per tutta la loro esistenza, comunque ed a prescindere dalla “soddisfazione” goduta nei momenti successivi la fine orrenda che hanno “servito” a due grandi Uomini perché della propria coscienza non ce se ne può disfare, non la si può vigliaccamente “ammazzare”!

La strage di Capaci (23 maggio 1992) Un'esplosione uccide il giudice Giovanni Falcone (nel riquadro), la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Antonio Montinari, Rocco Di Cillo e Vito Schifani.

Questa prefazio, m’è venuta, di getto, un secondo dopo aver letto (e riletto), per caso, da Quassù, delle considerazioni (chiamiamole cosi) esternate da un signore ancora vivente, tale Giuseppe Bondi, che a proposito delle polemiche nate

Grandi persone, consapevoli, purtroppo, del destino finale al quale andavano incontro che hanno lottato ed hanno, fisicamente, corporalmente, perso, lasciando però, indelebile, la loro impronta, per i loro connazionali, sul come si fa o si dovrebbe fare per il bene dell’umanità!

in seguito ai tagli per i corsi di lingua e cultura italiana all’estero, previsti dalla legge di stabilità, commentando un emendamento presentato dal senatore Claudio Micheloni (PD) e dal deputato Franco Narducci (PD), eletti nella circoscrizione estero dagli italiani all’estero, ha paragonato i

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19 luglio 1992. La strage di via D’Amelio nella quale vengono uccisi il procuratore aggiunto presso la Procura di Palermo, Paolo Borsellino (nel riquadro sopra), e gli agenti della sua scorta.

due onorevoli a Giovanni Falcone ed a Paolo Borsellino precisando: “... e torniamo alla dimensione epocale della presa di posizione di Micheloni e compagni. Essa consiste nel coraggio con cui è stata adottata. Narducci e Micheloni passeranno alla storia come Falcone e Borsellino. Anch’essi stanno intaccando grossi interessi. Interessi di potere, finanziario e politico.” Concludendo poi cosi la sua fatica: “… una cosa é certa: Falcone e Borsellino furono abbandonati e sparirono dalla trincea. Micheloni e Narducci godono invece del sostegno e della solidarietà degli enti che lavorano all’estero e delle migliaia di addetti ai lavori ... Il coraggio va sempre premiato con chi difende onestamente i diritti di gente che sino ad ora non aveva né difensori né Lobbysti (che dir si voglia) …” Non desidero entrare nel merito della problematica che si dibatte, ma unicamente sull’accostamento fatto. Se il signor Bondi è un nuovo comico italico e le sue considerazioni sono satira (abberrante) e/o umorismo (macabro e sconcertante), possiamo tutti in coro, penso, proporgli di cambiare mestiere visto come il Cabaret non fa per lui. Se invece (ed è quello che temo) l’articolo dell'ancor vivente signor Bondi é serio e intimamente sentito, allora mi sento di proporgli di scrivere altre due righe per correggere il tiro, per scusarsi con tutti, per quanto, in un momento di sicura follia esistenziale gli è “scappato” dalla sua luminosa penna. D’altra parte, ritengo di non poter nemmeno pensare che, i due ancor viventi onorevoli, se hanno letto quanto qui racconto, possano esserne compiaciuti e d’accordo. Ritengo, e sono sicuro, che gli Onorevoli Micheloni e Narducci proporranno subito un comunicato dissociandosi dalle affermazioni dell'ancor vivente signor Bondi. Direi che sarebbe opportuno che i precitati, rappresentanti del Popolo italiano, per serietà e dignità (e disgusto?), dovrebbero querelare il signor Bondi e chiedere un risarcimento per il torto mora-

le indirettamente patito. Falcone e Borsellino erano mal pagati, vivevano sotto costante ed estremo stress, non era previsto per loro un vitalizio assicurato dopo una legislatura, il barbiere di palazzo ed il menu gratuito a Palazzo Madama ed a Montecitorio non era a loro disposizione, i loro “portaborse” portavano il giubbotto antiproiettile e la pistola al fianco e furono trucidati; il loro “nemico” era la malavita organizzata alla quale gli “amici” dei due Giudici hanno commissionato il loro annientamento. Mi mancano le parole e non voglio forzarmi a trovarle per completare il mio inevitabile confronto con le vite “spericolate” dei due Onorevoli. Niente di personale contro gli Onorevoli Micheloni e Narducci, sicuramente “vittime innocenti” di questo scempio. Molto di personale invece con il signor Giuseppe Bondi. “Sogno” di “sognare” che questa faccenda sia stata solo un gran brutto “sogno”; un incidente di percorso dei protagonisti ancor viventi di questa brutta storia. Sono convinto che l'ancor vivente signor Bondi proporrà una rettifica al suo racconto e che, almeno sui loro Blog, il Senatore Micheloni ed il Deptutato Narducci si distanzieranno dal'ancor vivente signor Bondi. Il Popolo italiano, che Falcone e Borsellino servivano e che Micheloni e Narducci rappresentano, sa che non meritano tanta umiliazione. I due Giudici con la loro scorta, i loro assistenti, le guardie del corpo, i corpi di polizia e tutte le vittime della cattiveria umana, da Quassù, accanto a me, non sono per niente felici di questa brutta faccenda. Lasciamoli tranquilli e sereni almeno in Paradiso. Noi profeti e uomini di Gesù siamo sempre disposti a perdonare: è il nostro Credo, la nostra Missione, la nostra Fede ed Amore dei nostri Simili. Una speciale benedizione alle vittime della crudeltà e del delirio degli uomini disperati.

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ATTUALITÀ

Società di Chiara Morassut

Perché odio Roma La Capitale vista in chiaro/scuro ...

Perché odio Roma. Qualcosina che avreste voluto sapere e nessuno (o quasi) vi ha mai detto sulla città più bella del mondo. Partiamo subito dicendo che Roma è bellissima. Le foto che corredano questo articolo lo dimostrano meglio di tante parole. Chi c'è stato d'altra parte lo sa, e chi non c'è stato ha sicuramente tutto un immaginario di meravigliosi posti e scenari legati a questa città che mai gli potrebbero far dubitare della sua straordinaria bellezza. E non lo mette in dubbio nessuno infatti: Roma è bellissima. Detto questo passiamo oltre. Meriterebbe qui, detto fra noi (voi) più o meno migranti, nel descrivere questa città, soffermarsi un attimo su quella differenza fondamentale tra turista e migrante, tra chi viaggia per viaggiare e chi, a un certo punto alla fine del viaggio, vuole ritrovarsi in un altrove che, quasi senza accorgersene, ha imparato a chiamare casa.Nel mio piccolo sto vivendo una dimensione di migrante che mi ha portato nel tempo a vive-

re in tre Paesi che non sono il mio, e che infine, in odore di rientri, mi ha lasciato a Roma, la capitale, la città delle opportunità, del clima mite e gli indigeni amichevoli … o almeno questo credevo. Se dicono che Berlino non è la Germania e Amsterdam non è l'Olanda, e lo dicono in senso positivo, beh, Roma non è l'Italia, non più almeno, e per fortuna. Il non romano che si trova per lavoro, amore o altre circostanze a vivere nella capitale, inizialmente resta interdetto, poi passa alcuni mesi nel limbo del “dovrò abituarmi” e infine, almeno è il mio caso, si ferma un attimo e si chiede: ma cosa sto facendo? Perché la vita a Roma è impossibile, i mezzi non passano e quando passano impiegano delle ore dal punto A al punto B che poi tu guardi la cartina e pensi: ma possibile che ci si debba mettere tanto? I prezzi delle case sono altissimi, il doppio o il triplo rispetto alle altre città italiane, e poi comunque finisce che, per risparmiare un po', ti ritrovi in sperdute periferie che la sera

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hai paura delle brutte facce che girano. Le bellezze di Roma le vedi nel tuo tempo libero, quel poco che ti rimane, tu e un altro milione di turisti a fare la foto con il gladiatore abusivo, prima di schiacciarsi nel primo autobus per Termini, e attenzione alla borsetta. Che poi sarà banale dirlo, ma è un peccato. È un peccato che non ci sia più la Roma della Dolce Vita: Anita Ekberg che fa il bagno nella fontana di Trevi, l'apparizione della Madonna in periferia, ritratto senza veli, cinematograficamente parlando il primo, di un'epoca e di un Paese fra sacro e profano, sogno e tragedia, realtà e illusione è la Roma che fu. Che poi ultimamente anche la Roma cinematografica è cambiata; è quella molto italiana di Moccia e dei lucchetti di ponte Milvio, o quella molto stereotipata di Julia Roberts in Mangia, Prega, Ama in cui i romani sono raffigurati come macchiette pigre interessate solo agli spaghetti e al buon vino e la protagonista deve ancora scaldare l'acqua nelle pentole per farsi il bagno.

C'è chi dice che Roma paghi forse il dazio di essere il museo del mondo. Un museo dove non si può fare tanta baldoria altrimenti si graffiano le teche, si rompono i reperti, si scheggiano anfore e monili.

Quasi a sottolineare come della Roma magica e sofisticata siano rimaste solo le rovine e i cliché triti e ritriti che fanno della città eterna solo la vetrina di un'Italia che sta andando tutta pian piano a rotoli. Cori di protesta e solidarietà ai funerali delle vittime

E se è certo vero che Roma è un museo a cielo aperto con sfondi da cartolina, non solo di passato si può vivere, ma è vero anche che quel museo esiste e resiste solo perché costantemente vigilato, e appena girato l'angolo regnano purtroppo caos e degrado. Insomma, la way of life della capitale, se non sei romano, è difficilmente sopportabile, è una di quelle cose che se te lo raccontano non puoi capire. Poi ci sono le passeggiate a Trastevere, i tramonti a Ostia, gli aperitivi al Pigneto, la pizza più buona del mondo a Testaccio, la notte dei musei e i centri commerciali immensi nelle domeniche di pioggia e pensi che sì, forse, potresti quasi rimanerci. Ma Roma, in questa mia storia personale di psedo migrante, è l'unico posto in cui, nemmeno una volta, sono stata contenta di tornare e questo vuol dire tanto. “Semo tutti romani”, ha detto l'ex Papa che di questa città ha finito per essere uno dei simboli. Io, direi proprio di no. l’altraitalia 7


Monterosso

25 OTTOBRE 2011 DISASTRO NELLE CINQUE TERRE

Brugnato

Maltempo, l’alluvione ha devastato una dei più bei gioielli naturali d’Italia: Monterosso. 30 milioni di euro sono solo i danni materiali, poi ci sono i danni culturali di un territorio che ha ispirato Eugenio Montale, un luogo che dal 1997 è stato inserito nei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Monterosso é stato travolto dal fango e insieme a lui, altri paesi nella lunigiana e nel levante ligure si sono piegati sotto la forza dell’acqua: Vernazza, Borghetto Vara, Brugnato e tanti altri paesi meno conosciuti. Otto vittime, persone che hanno perso la vita e altre migliaia di persone che hanno perso tutto … che dovranno ricostruire la propria vita sociale, lavorativa … e pulire dal fango la dignità di una vita normale.


4 NOVEMBRE 2011 IL MALTEMPO COLPISCE ANCORA LA LIGURIA Una nuova perturbazione si è abbattuta sulla Liguria colpendo il capoluogo: Genova. Fiumi in piena hanno travolto una città … e l’hanno prosciugata. L’ossimoro dell’acqua impetuosa è questo, ti colpisce e ti prosciuga. Famiglie spezzate, gente sui tetti, studenti bloccati nelle scuole, fughe di gas, voli dirottati e treni in difficoltà. Immagini sconvolgenti, l’acqua che abbiamo tanto difeso durante i referendum si è rivoltata contro di noi. Negozi, case, automobili e autobus travolti dall’onda del fiume … uno tsunami che ha fatto sei vittime. Ma non solo uno tsunami ambientale ma anche uno tsunami politico che si è abbattuto sul primo cittadino di Genova … e ha portato via tutto anche il cuore di molti cittadini. Per gli italiani (e non) all’estero che volessero sostenere economicamente la ricostruzione di queste bellissime città italiane, basta andare sul sito della Croce Rossa e con carta di credito effettuare un versamento. Ecco il sito internet: http://cri.it/flex/FixedPages/EN/Donazioni.php/L/EN Grazie

GENOVA



La Direzione Generale per gli Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie si occupa della promozione linguistico-culturale a favore della collettività italiana all'estero, che viene svolta principalmente tramite i corsi di lingua e cultura italiana previsti dal decreto legislativo n. 297/1994, art. 636 (ex legge 153/1971) e dalla Circolare n. 13 del 7 agosto 2003. Vengono realizzate attività di insegnamento e di sostegno scolastico che possono essere gestite da enti, associazioni, comitati e scuole locali ai quali il Ministero degli Affari Esteri concede contributi. I corsi di lingua e cultura sono organizzati a favore dei connazionali all'estero e dovrebbero assolvere eminentemente la funzione di mantenere vivo il loro legame con la lingua di origine. Per l’attuazione dei corsi di lingua e cultura italiane sono impiegati soprattutto dei docenti locali non di ruolo assunti direttamente, sulla base della normativa locale, da enti gestori e dal personale di ruolo inviato dall’Italia. Ai docenti viene richiesto un titolo di studio valido per l'insegnamento.


CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA

di Marco Minoletti

Intervista all’On. Franco Narducci Abbiamo incontrato l'On. Franco Narducci a Zurigo per fare un punto sulle circoscrizioni estere, sui consolati e sui tagli dei corsi di lingua e cultura italiana. Le diverse manovre finanziarie di questi ultimi tre anni, a differenza degli interventi prodotti dall'ultimo Governo di centro sinistra guidato da Romano Prodi, hanno generato solo tagli lineari agli interventi verso le comunità all'estero. Una scelta asettica che ha prodotto macerie sulle quali sarà difficile ricostruire una nuova prospettiva sistematica. Come se ne esce riguardo ai corsi di Lingua e cultura italiana e all'insegnamento dell'italiano all'estero? È vero questo Governo ha adottato in campo economico una politica basata essenzialmente sui tagli lineari, senza distinguere ciò che è strategico dal superfluo e ne vediamo le conseguenze proprio in questi giorni. La promozione della lingua italiana per i figli dei connazionali emigrati, ma non solo, è stata pesantemente colpita dalla suddetta politica e le risorse, dopo successive pesanti riduzioni, nel 2012 saranno ridotte al lumicino. In ogni caso, soprattutto le risorse accantonate sul capitolo 3153 del bilancio della Direzione generale italiani all'estero e politiche emigratorie (DGIEPM) sono assolutamente insufficienti per garantire la continuità dei corsi di lingua e cultura italiana affidati agli enti gestori. Secondo il coordinamento degli enti gestori nel 2012 si rischia la scomparsa di circa 400 corsi con oltre

4000 alunni. Alla scarsità di fondi destinati alla promozione della lingua italiana nel mondo, che non ha mai goduto di finanziamenti adeguati all’importanza strategica che rappresenta, poi, bisogna aggiungere l’effetto delle due ultime manovre finanziarie straordinarie - quella di luglio e quella agostana - effetto che sarà pagato soprattutto dai già citati enti gestori. Non dimentichiamo poi che i corsi di lingua e cultura italiana contano circa 377.000 allievi, un potenziale importantissimo per preservare il legame affettivo e i rapporti sociali, culturali ed economici tra le due Italie. Tuttavia, contrariamente a quanto ho sostenuto nei miei interventi in Parlamento, si continuano ad inviare persino i supplenti dall'Italia, un assurdo in un momento di drastica riduzione delle risorse. Invece bisognerebbe valorizzare il corpo docenti in forza agli enti gestori (“soggetti privati” che sono semplicemente organizzazioni senza scopo di lucro, e hanno dei nomi e una storia ben nota nel mondo dell'emigrazione) evitando l’ulteriore aggravio finanziario dovuto all’invio di supplenti che, tra l’altro, non conoscono il territorio in cui operano e in molti casi non ne parlano nemmeno la lingua. Non crede che se l'Italia non dà un segnale forte di tutela della propria lingua all'estero, si rischi un effetto a catena, per il quale anche le istituzioni straniere (in questo caso svizzere) cominceranno a tagliare le cattedre per l'insegnamento dell'italiano, come già è avvenuto recentemente in un liceo nel cantone di San Gallo? In termini di principio si è tutti d'accordo su un dato e cioè sulla consapevolezza da parte del Paese della necessità di valorizzare tutti gli aspetti della cultura italiana, tanto che si sta affermando l'idea dei cosiddetti “distretti culturali (omologati dai ben più conosciuti industriali), un concetto che punta a mettere insieme sinergicamente tutte le risorse del distretto, da quelle culturali a quelle economiche, paesaggistiche e gastronomiche. Distretti che per ora sono all’esordio, grazie soprattutto al sostegno di sponsor privati.

On. Franco Narducci

Purtroppo poi le azioni non sono conseguenti, per esempio nella riforma del Ministero degli affari esteri si è persa l'identità della Direzione per le politiche culturali, un errore che probabilmente stiamo già pagando. Che dire poi della riforma del quadro normativo di riferimento, a partire dalla Legge 153 del 1971, una necessità che ho sostenuto fin dai tempi in cui ero segretario generale del CGIE e che ho sostanziato in una proposta di riforma della predetta Legge. La mia proposta ha il pregio di “normalizzare” la coesistenza fra l’intervento attuato con i docenti di ruolo e quello affidato agli enti gestori, nati per iniziativa dello Stato, soprattutto per dare una risposta di servizio e per fare in modo che le nuove generazioni di italiani all’estero siano più partecipi della dimensione culturale dell’Italia. Credo che il rilancio l’altraitalia 12


della promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo sia un fatto strategico per il nostro Paese, soprattutto per un Paese postindustriale che ha bisogno di puntare molto sulle esportazioni e sulla valorizzazione dei cosiddetti “beni immateriali”, per non affievolire quella radice culturale che lega tanti nel mondo al made in Italy. Se si riducono anche le rappresentanze diplomatiche, come potranno essere erogati i servizi ai cittadini italiani e alle aziende italo-svizzere? Chi supporterà gli imprenditori stranieri che intendono avviare attività commerciali in Italia? Pensa che la soluzione al ribasso dei consoli onorari possa supplire alla presenza dello Stato italiano? Lo smantellamento della rete consolare che il MAE sta effettuando non soddisfa le reali esigenze del Sistema/Paese né quelle delle comunità italiane all’estero. Penso ai tanti anziani che dovranno impiegare ore per raggiungere le sedi consolari dopo che sono state chiuse quelle più vicine mentre il cosiddetto Consolato digitale non può essere considerato un’offerta sostitutiva, soprattutto per gli emigrati di vecchia generazione che non hanno dimestichezza con i sistemi informatici. Il danno riguarda tutto il Paese e non solo gli italiani all’estero, perché una drastica riduzione delle rappresentanze diplomatico/consolari, oltre a ridurre i servizi alla comunità italiana, indebolisce la rappresentanza degli interessi economici e commerciale dell’Italia. Un effetto che colpisce i nostri imprenditori che hanno bisogno di assistenza sui luoghi dove vanno ad investire portando il made in Italy, nonché gli imprenditori stranieri che vogliono avvicinarsi all’Italia trovando nella rappresentanza diplomatica un primo contatto per orientarsi sulle opportunità che il nostro Paese può offrire. Purtroppo a nulla sono valse le proteste e le iniziative parlamentari messe in atto da me e da altri parlamentari per incalzare il Governo su questi aspetti. Purtroppo mi sono trovato di fronte ad un muro e alla totale opposizione del Governo e dell’Amministrazione del MAE a riconsiderare le proprie decisioni. Credo che soprattutto nell’Unione Europea non occorrano più Consolati generali che costano tra l’altro moltissimo, bensì più rappresentanze sul territorio, sia per intercettare la domanda indirizzata al nostro Paese sia per fornire i servizi ai cittadini italiani emigrati. Tra l’altro tale necessità è più avvertita dopo la chiusura delle sedi dell’ICE (Istituto Commercio con l’Estero) decisa recentemente. Le riforme di cui si parla da tempo investono anche la rappresentanza parlamentare della Circoscrizione Estero. Il sistema di rappresentanza all'estero imperniato sui Com.It.Es e sul CGIE è giunto al capolinea oppure è pensabile che questi organismi possano essere interpretati come strumenti di valorizzazione del patrimonio italiano di cui le comunità non potranno privarsi? Vorrei anzitutto precisare che gli organismi di rappresentanza degli italiani residenti all’estero - Com.It.Es e CGIE ricoprono tuttora, e anche nei prossimi anni, una grande importanza per le nostre comunità. Sono anche convinto che le loro funzioni e il loro ruolo vadano adeguati al tempo che viviamo e ai cambiamenti in atto, sicuramente non per sminuirne il significato bensì per potenziarlo. La continua diminuzione delle risorse, che difficilmente segnerà una inversione di tendenza nel medio periodo, pone l’esigenza

di una riorganizzazione degli organismi di rappresentanza che in ogni caso devono guardare al mondo futuro e alla nuove generazioni. Sotto questo profilo credo che la riforma Tofani licenziata dal Senato della Repubblica lo scorso mese di maggio, attualmente all’esame della Camera dei Deputati, abbia bisogno di essere ritoccata in vari aspetti, a partire dagli emendamenti che aveva presentato il PD e che non furono accolti. Voglio anche sottolineare che sbaglia chi crede che il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero debba essere il diretto interlocutore del Governo, come se la rappresentanza parlamentare eletta all’estero non ne avesse la legittimità. Ritengo che CGIE parlamentari eletti all’estero debbano interagire vicendevolmente per il bene delle nostre comunità. Agli inizi di dicembre sarà rinnovato il Consiglio federale svizzero. Un nuovo Consigliere federale alla guida del dipartimento delle finanze potrebbe rimettere in moto i negoziati per risolvere l'impasse in cui si trovano l'Italia e la Svizzera? Sia alla Camera che al Senato è stato svolto un gran lavoro per far ripartire il dialogo tra Svizzera e Italia e con il cambiamento di Governo ritengo che si possa passare alla formalizzazione dei negoziati tra Italia e Svizzera che per ora sono ancora in una fase di contatti bilaterali. Nel frattempo vi è da registrare che la fuga di capitali verso la Svizzera, spinta dalla crisi finanziaria che colpisce l’Italia e l’Euro, è ripresa con un ritmo impressionante e naturalmente molto preoccupante. Io sono convinto che l’evasione fiscale e la fuga di capitali possano essere meglio contrastati e combattuti con l’accordo fiscale tra l’Italia e la Svizzera anziché con il vuoto che regna attualmente. Giova anche ricordare che l’interscambio commerciale tra Italia e Svizzera, con un consistente saldo a nostro favore, è di una tale ampiezza che indurrebbe chiunque a sedersi attorno ad un tavolo per negoziare regole certe in materia di doppie imposizioni fiscali, di fiscalità e lavoro italiano nelle zone di confine. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che il congelamento delle relazioni tra Roma e Berna è stato pagato soprattutto dai nostri lavoratori frontalieri, sottoposti a minacce di licenziamento, di riduzioni salariali ed esposti anche ad angherie a sfondo xenofobo. Tutto ciò deve finire e quindi mi auguro che il rinnovo del Consiglio federale da una parte e il nuovo Governo in Italia dall’altra possano portare alla normalizzazione dei rapporti tra due Paesi fondamentalmente amici. L'on. Franco Narducci è attivo sulla scena politica e sociale d'Oltralpe da molto tempo. In Svizzera ha ricoperto l'incarico di presidente delle Acli e di vicepresidente dei Sindacati cristiani (SYNA). Per diversi anni ha diretto il Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE) in qualità di Segretario Generale. Dal 2006 è membro del Parlamento della Repubblica italiana. In questa legislatura riveste, tra l'altro, la carica di Vice Presidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati. È stato protagonista, unitamente al senatore Claudio Micheloni, dell'iniziativa tesa a risolvere il contenzioso fiscale che vede la Svizzera impegnata a normalizzare i rapporti politici ed economici con l'Italia. In una recentissima inchiesta pubblicata dal settimanale italiano L'Espresso risulta che Franco Narducci è il terzo parlamentare più produttivo dell'emiciclo. Questa sua abnegazione al lavoro gli viene riconosciuta anche dai colleghi degli schieramenti avversari.

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CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA

dalla Redazione

Gli emendamenti presentati dal Senatore Claudio Micheloni Corsi di lingua italiana, Comites e Cgie, rete e servizi consolari Roma, 5 Novembre 2011 Oltre agli emendamenti necessari e presentati ogni anno in occasione della legge finanziaria, relativi alle detrazioni fiscali per i lavoratori frontalieri e ai carichi di famiglia dei contrattisti, il senatore Claudio Micheloni ha presentato ulteriori emendamenti di significativa ricaduta sulle comunità italiane all'estero. “In modo particolare - ha spiegato il senatore - mi preme ricordare che la legge di stabilità del Governo porta, in pratica, all'azzeramento delle attività dei corsi di lingua italiana e del finanziamento dei Comites e del Cgie e, inoltre, non prevede alcun investimento sulla rete e i servizi consolari”.

questa decisione dovrà essere destinato in maniera esclusiva per l'80% a favore dei servizi e della rete consolare all'estero. Un ultimo emendamento chiede al Governo di concludere entro il 30 marzo 2012 l'accordo fiscale con la Svizzera che permetterà di tassare, non di condonare, i fondi italiani rifugiati in Svizzera. L'accordo porterà adGuglielmo una entrata iniziale Bozzolini di circa 10 miliardi di euro e poi, a regime, di almeno un miliardo all'anno.

Pertanto, il senatore ha presentato un emendamento concernente i corsi di lingua e cultura italiana che mira a salvare tali corsi. L'emendamento in questione prevede il richiamo dei circa 350 insegnanti di ruolo operativi in questi corsi ed il loro reinserimento in Italia. Il risparmio di tale azione è pari a 18 milioni di euro all'anno che saranno così utilizzati: 1 milione di euro a favore dei Comites; 750 mila euro per il finanziamento del Cgie e 12 milioni di euro da destinare agli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana. Tali fondi garantiranno risorse necessarie per assumere in loco gli insegnanti e, soprattutto, la sopravvivenza dei corsi di lingua e cultura italiana. Il saldo andrà a riduzione del debito dello Stato. Un altro emendamento prevede la riduzione del 15% dell'ISE (Indennità di Servizio all'Estero) dei diplomatici e amministrativi di ruolo inviati dal Ministero degli Affari Esteri alla rete diplomatico/consolare nel mondo. Le risorse “liberate” dall'emendamento, pari a 54 milioni di euro, sono così destinate: 5 milioni di euro a sostegno delle Camere di Commercio Italiane all'Estero; 500 mila euro al Museo Nazionale dell'Emigrazione: 2 milioni di euro al finanziamento della stampa italiana all'estero. I circa 45 milioni restanti, sono riservati al rafforzamento della cooperazione allo sviluppo, “un capitolo di grande importanza per la politica estera italiana - ha commentato il Senatore - in pratica annullato dalla legge di stabilità del Governo”. In un terzo emendamento, presentato sempre dal Senatore Claudio Micheloni ed altri, viene stabilito che il MAE riorganizzi la presenza del personale impiegato nella rete diplomatico/consolare, a partire dal 1° gennaio 2012 fino al 31 dicembre 2014, per raggiungere il seguente obiettivo: il 20% dei diplomatici/amministrativi presso le sedi all'estero, deve essere composto dal personale di ruolo inviato dal MAE mentre l'80% deve essere rappresentato dal personale a contratto assunto in loco. Il risparmio prodotto da

“Questi emendamenti - ha affermato Micheloni - sono sicuramente ‘pesanti’ ed innovativi per quanto riguarda l'organizzazione del MAE, ma in perfetta coerenza con il difficoltoso lavoro dell'indagine conoscitiva in corso sul Ministero degli Esteri da parte delle Commissioni Esteri di Senato e Camera, e anche nello spirito della spending reviw, cioè la revisione della spesa pubblica, che il PD è riuscito ad inserire in Senato nella manovra di agosto. I gravi problemi toccati da questi emendamenti non sono né di destra né di sinistra, ma dei connazionali nel mondo, del funzionamento della politica estera italiana e dell'Amministrazione pubblica. Auspico - ha concluso il Senatore Claudio Micheloni - insieme ai colleghi, Tonini, Pegorer, Randazzo e Bertuzzi, che ringrazio per aver firmato con me gli emendamenti, e l'On. Franco Narducci con il quale ho condiviso questo lavoro - che la maggioranza sostenga questi emendamenti e che siano accolti dalla Commissione Bilancio e dal Senato della Repubblica”.

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CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA

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Il parere di Guglielmo Bozzolini, direttore Fondazione ECAP Nelle scorse settimane il Sottosegretario Mantica nella sua relazione al Consiglio generale degli Italiani all’estero ha lanciato la proposta di tagliare drasticamente il contingente dei Docenti MAE impiegati nei corsi di Lingua e Cultura Italiana e di compensare il taglio aumentando lerisorse destinate agli Enti Gestori per l’assunzione di personale in loco. Questa proposta è stata poi ripresa da alcuni parlamentari PD ed in particolare si è tradotta in un emendamento alla Legge di Stabilità presentato al Senato. Sostenere questa proposta è un errore di merito e di metodo! Al di là delle posizioni ideologiche rispetto alla gestione “pubblica” o di “privato sociale” dei corsi di Lingua e Cultura Italiana, sulla quale si possono avere pareri e opinioni diverse che andrebbero confrontate in un ampio dibattito, è infatti evidente che non ci siano alternative nei tempi rapidi all’attuale sistema misto e che un riordino del settore non possa che passare attraverso una nuova articolata legge specifica, che affronti e risolva i problemi emersi in questi anni, e non con emendamenti alla Legge di Stabilità. La proposta di tagliare il contingente dei docenti MAE e compensare il taglio con l’aumento dei fondi per gli enti gestori, fa pensare che il problema del settore sia in qualche forma di spreco o nei privilegi dei docenti e che basti la ridistribuzione delle risorse attuali per risolverlo. Il problema della scuola italiana all’estero è invece nella riduzione continua delle risorse praticata dal governo negli ultimi anni e che si preannuncia ancora maggiore per il 2012.

che le strutture attuali di molti enti gestori, indebolite ulteriormente da anni e anni di tagli dei contributi, sarebbero comunque in difficoltà ad affrontare questo ruolo. La proposta è poi un errore sul piano politico: sia perché sposta l’attenzione dalla necessità di opporsi con tutti i mezzi ai continui tagli delle risorse, sia perché divide e contrappone gli operatori del settore, mettendoli gli uni contro gli altri, anziché costruire unità e consenso attorno a proposte efficaci per il rilancio della scuola italiana all’estero. È quindi evidente che si debba dire no alle divisioni e si all’unità tra genitori, docenti assunti in loco, docenti MAE, organizzazioni sindacali e enti gestori. Unità nell’opporsi ai tagli e nel rivendicare con tutti gli strumenti necessari le necessarie risorse per il settore. A partire dal 19 novembre bisogna quindi costruire la mobilitazione unitaria e non scatenarci in una guerra tra poveri. Bisogna mobilitarsi per garantire il futuro dei Corsi di Lingua e Cultura italiana e della Scuola Italiana all’Estero per tutelare i diritti e i posti di lavoro dei docenti assunti in loco, non dividerci!

La proposta di destinare 12 milioni di Euro agli Enti Gestori per compensare il taglio di 350 docenti di ruolo, non tiene inoltre conto che tale somma costituirebbe semplicemente una restituzione parziale dei tagli fatti negli anni scorsi ai fondi per gli Enti e delle perdite per la variazione del rapporto di cambio. Complessivamente quindi gli effetti della proposta sarebbero comunque di drastica riduzione delle risorse complessive (fondi Enti + docenti di ruolo) destinate alla scuola italiana all’estero rispetto a quanto necessario per garantire il servizio, ovvero il diritto allo studio di milioni di giovani italiani, e giuste condizioni di impiego per chi vi lavora! Appare inoltre evidente che 12 milioni di Euro siano del tutto insufficienti per compensare il lavoro di 350 docenti, pari a circa 280'000 ore di lezione all’anno, e l’altraitalia 15


CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA

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No alla privatizzazione dei corsi di lingua e cultura La presa di posizione del Coordinamento degli Enti Gestori in Svizzera, nel cavalcare con baldanza la linea della privatizzazione, non fa cenno a problematiche che pure da anni sono state poste alla loro attenzione: la regolamentazione, anche attraverso criteri di verifica democratica del loro operato, il riferimento a precise regole per l’assunzione e il trattamento del personale, il rapporto con gli Uffici scolastici e con le Autorità consolari cui compete la responsabilità primaria dell’organizzazione e dell’amministrazione della rete dei corsi.

Eliminare l’impiego del contingente MAE nei corsi e destinare più risorse a soggetti privati, come proposto dal Coordinamento Svizzero, rappresenta l’ennesimo, goffo tentativo di privatizzare un servizio pubblico diretto dello Stato italiano a favore dei lavoratori italiani e dei loro congiunti. Chiedere la soppressione della gestione diretta dello Stato nella speranza , o forse nell’illusione, che le risorse risparmiate vengano destinate ai vari soggetti gestori che operano non solo in Svizzera, ma in tutto il mondo, rappresenta poi una mera operazione di ricollocazione a proprio vantaggio delle risorse: operazione che poco ha a che vedere con un rilancio dei corsi di lingua e cultura italiana all’estero che fino a qualche anno fa anche gli Enti gestori hanno in più occasioni evocato. Gli Enti Gestori della Svizzera dovrebbero ben conoscere le disposizioni legislative al riguardo che non solo sono coerenti con il dettato costituzionale, ma prevedono da parte dello Stato Italiano, per tramite del Ministero degliAffari esteri, l’istituzione e la gestione diretta dei corsi di lingua e cultura italiana all’estero proprio perchè destinati al raggiungimento di ben precise finalità educative a favore dei nostri connazionali. Con questa richiesta gli Enti Gestori Svizzeri non solo vogliono uscire definitivamente dal sistema pubblico d’istruzione italiano ma vogliono condannare i nostri connazionali al ritorno ad un passato remoto discutibile da un punto di vista dell’efficacia e della trasparenza e nel contempo insostenibile da un punto di visto del diritto allo studio.

La FLC Cgil giudica le scuole e le iniziative scolastiche statali italiane all'estero una risorsa strategica nel settore della politica estera del nostro paese. La presenza di personale qualificato, proveniente dall’esperienza professionale nella scuola italiana, costituisce un fattore di primaria importanza in grado di garantire il collegamento di questo segmento educativo con il sistema scolastico nazionale e con le stesse istituzioni pubbliche locali. I corsi e le istituzioni scolastiche gestiti dallo Stato italiano costituiscono per noi l'asse portante per la diffusione e la promozione della lingua e cultura italiane nel mondo; proprio per questo la FLC Cgil ritiene non più rinviabile una legge di riordino del sistema seria e coerente con i principi costituzionali che ribadisca la centralità dell’intervento pubblico e che, nell’ambito di ben precise regole, definisca l’orizzonte dei diritti e dei doveri degli altri soggetti privati chiamati a contribuire alla crescita del sistema scolastico italiano all’estero. La FLC Cgil valuta preoccupante, fuorviante e speculativa la posizione assunta dagli Enti Gestori della Svizzera e dal senatore Micheloni e dall’on Narducci perché si colloca all’interno di una visione della scuola tutta privatistica e lobbistica che di fatto avvalora la politica del governo di centrodestra che, a cominciare dal sottosegretario Mantica, tentava in maniera pervicace di smantellare il sistema di istruzione pubblico negando di fatto ai cittadini italiani residenti all’estero il sacrosanto diritto all’istruzione costituzionalmente garantito.

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FLC Cgil Nazionale Settore Estero - Massimo Mari


CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA

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L'apprezzamento del Coordinamento Enti gestori in Svizzera

19 novembre Manifestazioni a Zurigo, Berna e San Gallo

Il Coordinamento enti gestori in Svizzera, riunito in assemblea sabato 5 novembre scorso a Berna, esprime apprezzamento per le riflessioni e le proposte avanzate dal sottosegretario del Ministero degli affari esteri (MAE), Senatore Alfredo Mantica, nella sua relazione nel corso della recente assemblea plenaria del Cgie. Giustamente e finalmente Mantica ha evidenziato la necessità di ripensare l’intero impianto dell’insegnamento della lingua italiana all’estero.

“La profonda crisi economica ed istituzionale italiana ha degli effetti drammatici anche sul sistema dei servizi agli italiani all’estero. Tra questi il mondo dei corsi di lingua e cultura italiana in Svizzera risulta essere il settore più in difficoltà a causa dei ripetuti tagli dei contributi finanziari che si sono succeduti negli ultimi anni”. È quanto si leggeva in un comunicato del Gruppo Docenti Enti Gestori in Svizzera (DES). “L’intervento scolastico a favore degli scolari italiani all’estero - si leggeva ancora nel comunicato - sta vivendo da molto tempo una situazione di forte instabilità, che ha prodotto un forte ridimensionamento dell’offerta dei corsi. Senza un intervento legislativo che porti ad una riorganizzazione organizzativa dell’offerta scolastica questi corsi rischiano di chiudere”.

L’attuale sistema a “gestione mista”, con docenti di ruolo inviati dall’Italia e con docenti assunti in loco dagli enti gestori, è un onere non più sopportabile che alla luce della difficile situazione finanziaria dello Stato necessita urgentemente di una diversa modalità di gestione delle risorse disponibili. L’unica via percorribile per garantire la continuità dei corsi di lingua e cultura italiana consiste in una significativa riduzione del numero dei docenti di ruolo in servizio all’estero con conseguente e consistente riduzione dei relativi oneri. Le somme così risparmiate potranno essere destinate a sostenere gli enti gestori che sono in condizione di operare con maggiore flessibilità nel territorio e di rispondere alle esigenze peculiari delle realtà locali. In questo senso il Coordinamento sostiene con convinzione l’emendamento presentato dal Senatore Claudio Micheloni alla Legge di stabilità 2012. L’emendamento prevede il richiamo dei circa 350 insegnanti di ruolo che operano all’e-stero, destinando agli enti gestori una parte consistente delle somme così risparmiate. Solo con interventi di tale portata, che riducono il contingente MAE per recuperare fondi per gli enti gestori, sarà possibile a breve e medio termine garantire la continuità del sistema dei corsi di lingua e cultura italiana. I tagli agli enti gestori, infatti, già approvati con le manovre finanziarie sono di tale portata che entro due anni scompariranno nella sola Svizzera 400 corsi con personale docente locale e oltre 4000 alunni si vedranno privati di questo importante strumento di formazione. I soli docenti MAE saranno in grado di garantire, come ha giustamente rilevato il Senatore Mantica, un servizio “a macchia di leopardo” non più in grado di soddisfare le esigenze della collettività e le aspirazioni di promozione e diffusione della lingua e cultura italiana all’Estero. Roger Nesti, coordinatore

“Ai disagi degli scolari e dei comitati dei genitori impegnati nel reclutamento degli alunni si aggiunge la progressiva precarizzazione lavorativa degli insegnanti assunti in loco già dal 1993, che specialmente negli ultimi tre anni si sono confrontati con la disoccupazione o con la riduzione significativa del proprio lavoro. In alcune circoscrizioni consolari gli stessi insegnanti con contratto locale, oltre a percepire un salario di gran lunga inferiore rispetto ai colleghi di ruolo inviati dal ministero degli esteri, sono remunerati periodicamente e con diversi mesi di ritardo”. Un momento della “protesta” a Zurigo

Per rendere manifesto questo diffuso disagio presente nel mondo dei corsi di lingua e cultura italiana in Svizzera sono state organizzate delle manifestazioni pacifiche per sabato, 19 novembre, dalle 9:00 alle 11:00 nella città di Berna presso l'Ambasciata d'Italia, e dalle 10:30 alle 12:30 presso i Consolati di Zurigo e di San Gallo. Gli organizzatori si sono appellati ai comitati dei genitori, al mondo associativo italiano, ai Comites, ai media ed ai singoli cittadini che hanno a cuore le sorti dei corsi di lingua e cultura italiana in Svizzera invitandoli a partecipare alle manifestazioni con spirito propositivo.

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CULTURA

Moda di Manuel Figliolini

Consigli per le festività Con o senza cappello

Lo scorso anno, nello stesso numero de “l’altraitalia”, i consigli per le festività vertevano sull’abito da comprare per l’evento natale … un abito COSCIENZA cucito conAmore. Quest’anno la ditta produttrice, visti gli scarsi risultati del mio redazionale, non mi ha rinnovato la possibilità di parlare di un loro abito. Mi hanno gentilmente invitato a ripresentare lo stesso abito con l’aggiunta di un nuovo accessorio indispensabile: il copricapo. La curiosità mischiata alla professionalità mi ha suggerito una domanda elementare ma essenziale: “come si chiama questo modello?”. Lapidaria la risposta della stilista: “ETICA”. Quindi per riassumere dovrei presentare un completo da sera, da cocktail, passe partout, con il nome COSCIENZA e in abbinamento il suo cappello ETICA ?!?! Ma cosa vuol dire ETICA? (fonte internet) è un ramo della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontologico, ovvero distinguerli in buoni, giusti o moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati. Leggendo i giornali ti rendi conto che questo usuale copricapo si è alzato in volo al primo colpo di vento. Forse aveva ragione la stilista: “tutti l’abbiamo ma molti di noi l’hanno perso e bisogna convincerli a ricomprarne subito un altro”. Ricordo il giorno nefasto come fosse ieri, eravamo tutti davanti al televisore intenti a guardare il palinsesto. Ben vestiti con il nostro cappello sulle nostre teste, un forte vento ci ha sgualcito l’abito e fatto volare il cappello. Lo ricordo bene perché tutte le finestre erano chiuse … ed il vento sembrava provenire dal teleschermo. Non era un canale nazionale pubblico, quelli non si guardavano più, erano noiosi, vecchi e non stuzzicavano appetiti particolari. Sono sicuro che era un programma su una televisione privata, una di quelle con tante pubblicità e con ragazze mono-neuroniche e allergiche ai cotoni … si, si era proprio così infatti non indossavano quasi niente. Ma non ci posso comunque credere che sia stata colpa della televisione se i nostri cappelli sono volati via. Forse non li abbiamo affrancati bene alle nostre teste, o forse siamo solo stati colpiti all’improvviso. Comunque adesso dobbiamo farcene fare un altro; come redattore di moda vi consiglio di farvelo fare di un materiale non troppo pesante … il peso del modello ETICA può far venire il mal di testa. Non un colore troppo pastello perché

ci obbliga a portarlo solo di giorno, sarebbe meglio un bel colore scuro, magari nero che si addice anche ai funerali (fa sempre molta scena in quelle occasioni far vedere di avere dell’ETICA). E, per finire, non lesinate sulle dimensioni, tanto nei locali chiusi siete obbligati a levarvelo. Un ultimo consiglio non lo indossate davanti al televisore, non perché c'è il rischio che voli via, ma perché dentro allo schermo nessuno lo indossa … sareste maleducati e mettereste i VIP in condizione di disagio … e questo non si fa. Le regole per indossare il cappello ETICAsono molte precise e devono essere rispettate, non dite che non le sapete … la quotidianità ce le ricorda di continuo. E non ascoltate gli altri che vi dicono che non indossate il cappello … solo voi potete sapere cosa indossate. Ad esempio il gagliardo nonnetto che si fa ritrarre in foto con i nipotini su di un giornale scandalistico … è evidente l’audacia dell’ETICA … dove prima non indossavano il cappello, lui l’ha fatto. Anche se tutti dicevano il contrario, lui lo indossava, controcorrente. O altro esempio: lo stesso simpatico nonnetto che fa apparire sui quotidiani le sue conversazioni oscene con minorenni dell’età dei nipoti … non è che non ha il cappello dell’ETICA, è che lui è una persona educata e si leva sempre il cappello quando parla con il gentil sesso … anche al telefono. Oppure quando lo stesso tenero nonnetto ha detto di voler guidare un Paese … nessuno ha detto niente ma era evidente che non indossava il cappello dell’ETICA … si stava facendo il trapianto. Buon Natale e Buon Anno a tutti.

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CULTURA

Politica di Umberto Fantauzzo

L’incompresa gioventù italiana Dal ‘68 ad oggi bliche piazze, si costituirono in opposizione extraparlamentare, che biasimando le rigide strutture della società e degli atenei italiani, criticavano impetuosamente l’obsolescenza delle istituzioni e dei partiti politici, l’ineffabilità, l’incompetenza ed il malcostume dei parlamentari.

La contestazione studentesca del sessantotto manifestava un disagio culturale generalizzato della gioventù europea ed americana per la crisi morale causata dall’inumano e crudele massiccio intervento militare in Vietnam da parte degli Stati Uniti, storicamente famigerati guerrafondai. In Europa ed in particolare in Italia in modo più incisivo, il movimento studentesco sessantottino assumeva una specifica rilevanza politico/sociale. La nostra giovane Repubblica costituzionale sin dall’immediato dopoguerra aveva ininterrottamente subito una conduzione governativa di matrice clericale/conservativa, i cui responsabili democratici/cristiani, un’accozzaglia di nostalgici fascisti, opportunisti, improvvisati pseudo intellettuali, ipocriti cattolici e ortodossi filoamericani, con pretesa di missione metafisica nel nome della cristianità per l’impunità delle loro innumerevoli scelleratezze, il cui simbolo del partito di appartenenza presentava uno “scudo crociato” e la sua denominazione recitava “democrazia cristiana”, gestivano il paese con una forma mentis papalina consentendo pesanti ed irragionevoli ingerenze politiche da parte del Vaticano negli affari interni dello stato italiano al punto tale che il Papa Pio XII aveva osato l’impudenza di emanare la scomunica per tutti gli elettori simpatizzanti per il partito comunista. Dal 1965 presso gli atenei italiani, la classica sede di produzione culturale ed intellettuale della nazione, su iniziativa di critici studenti universitari, si configuravano progressivamente raggruppamenti politici di orientamento marxista e organizzazioni di base che ulteriormente davano adito all’insorgenza di un movimento politico/culturale denominato “lotta continua” i cui esponenti nell’anno accademico 1968, con le loro irruenti contestazioni politiche nelle pub-

I “sessantottini” hanno saputo coinvolgere nella loro causa di opposizione extraparlamentare ingenti masse del “proletariato” italiano, a cotesto movimento aderirono diversi intellettuali di sinistra come Feltrinelli, Pasolini e tanti altri; inoltre numerosi militanti della sinistra politica e sindacalisti, identificandosi con le ragioni socio/culturali della contestazione studentesca, si aggregarono. In virtù della solidarietà con gran parte del proletariato italiano, unitamente ai tanti attivisti di sinistra ed intellettuali simpatizzanti , al movimento studentesco del sessantotto va ascritto il merito storico per aver effettuato una conversione culturale/politica consistente nel trionfo della laicità sul clericalismo per la gestione politica della “Repubblica italiana”. Tale rinnovamento radicale ha implicato: l’abolizione dell’inumano “manicomio” (i vecchi centri chiusi per l’emarginazione sociale dei cosiddetti “pazzi”) con l’introduzione della “psichiatria democratica” sulla base della legge 180/78, in virtù del neurologo Franco Basaglia, fondatore di una nuova concezione della salute mentale auspicante una terapia di recupero sociale del paziente affetto da patologia mentale per il tramite della libertà; la riforma del sistema scolastico con la legge 118/71 che prevede l’abolizione delle classi differenziali e scuole speciali concedendo a tutti i soggetti portatori di handicap il diritto di ricevere l’istruzione didattica nelle classi normali nel corso dell’ottemperanza all’obbligo scolastico a beneficio di un migliore inserimento sociale e non per ultimo per l’efficace contributo del movimento studentesco nell’ammodernamento culturale di un’ Italia clericale/borbonica, amministrata sino a quel momento dalla democrazia cristiana e dal Vaticano, con la legge 898/1970 veniva introdotta la normativa sul divorzio che disciplina lo scioglimento del matrimonio in caso di grave crisi coniugale. L’attuale crisi economica/finanziaria mondiale si riflette gravemente nella zona Euro del vecchio continente sotto forma di disastro valutario causato dall’enorme pubblico indebitamento di diversi stati membri della comunità europea geograficamente ubicati nella fascia mediterranea come Grecia, Spagna e Portogallo. Nel nostro paese tale tragedia globale,

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ripercuotendosi in una dimensione più spettrale, a causa dell’instabilità politica dovuta ad un governo di pulcinella, è degenerata in un baratro sociale non essendo stato il regime berlusconiano politicamente affidabile all’attenzione della comunità internazionale. In Italia la crisi economico/politica acuisce enormemente la triste realtà sociale in atto, precipuamente caratterizzata dal costante aumento della povertà e dalla crescente incertezza nell’intero orizzonte esistenziale: instabilità del posto di lavoro, insolvenza nel pagamento del mutuo con possibile rischio di sfratto per l’intera famiglia e un vigente diritto alla pensione che visibilmente sfuma divenendo una chimera. Giangiacomo Feltrinelli

rotto establishment politico e l’incapacità dei governi locali di rispondere con efficaci strategie alla grave crisi economica di dimensione mondiale. A questa generazione politicamente tradita il presidente della Repubblica intenzionalmente ha voluto dedicare il suo messaggio di Capodanno 2011 in cui, ammonendo i responsabili politici, ha consapevolmente enfatizzato la responsabilità etica di costoro nel “dover estinguere l’enorme cambiale di debito pubblico che nonni e padri hanno scaricato all’incasso di figli e nipoti macchiandosi di una colpa storica e morale”; in tale messaggio il Presidente ha inteso sottolineare l’esigenza di investire maggiori risorse finanziarie su scuola, università, formazione, ricerca e cultura a garanzia Leonardo Sciascia di un migliore futuro per le giovani generazioni. Ovviamente l’insensibile amministrazione politica berlusconiana con il suo consueto cinismo ed indolenza ha reagito all’appello del Presidente Napolitano con la famigerata riforma Gelmini che depauperando il sistema scolastico nazionale con un taglio di oltre dieci miliardi di Euro ha degradato la scuola italiana a “cenerentola della nazione”. Le recenti manifestazioni degli “indignados “ in Italia, come i “NO TAV” e la violenta contestazione del 15 ottobre a Roma, evidenziando il profondo sdegno della gioventù contro il corrotto ed ingiusto monopolio finanziario delle banche italiane, attestano l’in-sorgenza di una nuova opposizione extra-parlamentare nel nostro paese analoga a quella del 1968. Una viscerale rabbia ha indotto numerosi giovani italiani a protestare recentemente in maniera aggressiva contro il regime berlusconiano, insensibile verso la sofferenza sociale dei giovani e dei lavoratori italiani; un premier che, incapace di dialogare con gli oppressi, strumentalizzando politicamente le contestazioni, umiliava, come atavicamente perversa consuetudine biscioniana, i magistrati, la stampa di opposizione e la sinistra politica, imputando a costoro la responsabilità della violenta protesta romana.

Realtà ancora più crudele la precarietà di lavoro per i giovani che attualmente costituiscono una cospicua minoranza socialmente più svantaggiata nel nostro paese con una percentuale di disoccupazione che sta superando il 30% a livello nazionale e al 35,2% nel Sud dell’intera demografia giovanile, di cui un’enorme quantità di giovanissimi, circa il 24% compresa nella fascia di età tra i 16 e 29 anni, non dispone né di un lavoro né di una possibilità di formazione professionale. L’esecutivo berlusconiano lungo il suo iter di legislatura dal 2008 non ha dedicato un minimo di attenzione alla grave problematica del disagio sociale dei giovani; effettivamente il governo del biscione, soffrendo di una patologia mentale ossia di amnesia parziale, ha dimenticato di inserire nella sua agenda politica la grave problematica sociale della gioventù italiana. La loro assenza dal programma politico dell’attuale governo ha causato un’ondata di amara delusione e profonda indignazione nella lucida consapevolezza della classe giovanile nel nostro paese. Questo fenomeno negativo, che sta interessando i nostri giovani, evolve in Italia in piena sintonia con l’ enorme ondata di dissenso della gioventù mondiale “gli indignados” contro il selvaggio neocapitalismo globalizzato, l’egoismo del monopolio internazionale delle banche, il cor-

Da diversi anni nella nostra penisola, in opposizione all’esecutivo “pidiellino/leghista”, spirava un vento dell’antipolitica che ha contagiato diversi ambiti della nostra società come studenti universitari e della scuola media superiore, una nutrita schiera della gioventù tradita , numerosi lavoratori d’intermedia età ed intellettuali; questi ultimi due gruppi, dopo un lungo lasso di tempo per la prima volta in Italia, durante la scorsa primavera hanno dato origine ad un movimento politico/culturale generazionale denominato gruppo “trenta-quaranta”. L’ondata di contestazione nel nostro paese presentava analoghe premesse storico/culturali e peculiari caratteristiche portanti con la ribelle generazione studentesca sessantottina: per pretesto politico di avversione all’ebe-te populismo dei mediocri ciarlatani “pidiellini” ed il neoliberismo biscioniano; per obiettivi morali miranti ad una “catarsi etica” della politica e della pubblica amministrazione italiana purificandola dal criminogeno fenomeno della corruzione generalizzata; per l’anelito di una palingenesi sociale; per aspirazioni culturali ed intellettuali. Con la recente caduta dell’esecutivo berlusconiano che possibilmente segna la fine del regime biscioniano, unico responsabile dell’attuale baratro economico/finanziario in Italia, sarebbe auspicabile per il bene del nostro Paese un radicale rinnovamento etico/culturale/politico.

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CULTURA

Cinema di Armando Rotondi

This must be the place Paolo Sorrentino, un lavoro riuscito a metà narrativo e della storia, la pellicola sembra girare ben presto a vuoto, anzi su se stessa, risultando o troppo lenta o troppo pretenziosa, sia nel modo di presentare i personaggi che nel mostrare la loro evoluzione sullo schermo. Cheyenne, in particolare, ci sembra meno straordinario rispetto a quanto altri critici hanno detto. Pur potendo godere della buona interpretazione di Sean Penn, Sorrentino non riesce a descrivere davvero il viaggio interiore del personaggio che sembra sempre uguale a se stesso e a come era al principio, ma, improvvisamente, decide di modificarsi radicalmente e crescere negli ultimi minuti di film. Discorso diverso per il punto di vista visivo: This must be the place è eccezionale e Sorrentino ci regala immagini spettacolari degli Stati Uniti. Il pericolo è che il film si lasci vedere solo per questo motivo.

La nuova pellicola di Paolo Sorrentino (foto.sopra), This must be the place, ha un possibile doppio metro di giudizio. Ma si parta in primo luogo dalla storia narrata dal regista: Cheyenne (Sean Penn) è una ex-rockstar di musica postpunk e new wave. Nonostante i suoi 50 anni, si veste e si trucca come quando saliva sul palcoscenico e vive agiatamente, grazie alle royalties, con la moglie Jane a Dublino. Un giorno riceve la notizia della morte del padre, con il quale non aveva più alcun rapporto. Questa notizia lo spinge a tornare a New York e recarsi al suo capezzale. Lo spettatore viene quindi a sapere che sono di religione ebraica. Cheyenne scopre che l'uomo ha avuto per tutta la vita la stessa ossessione, ovvero trovare e vendicarsi del soldato nazista che lo umiliò in campo di concentramento. Cheyenne decide di proseguire la ricerca dal punto in cui il genitore è stato costretto ad abbandonarla e inizia un viaggio, sia vero che intimo, attraverso gli Stati Uniti.

Come ogni road movie che si rispetti, anche qui il rapporto con la musica è essenziale e la colonna sonora trasborda di brani pop, a partire proprio dalla canzone di David Byrne, presente nella pellicola con un cameo, e dei Talking Heads che dà il titolo al film. Canzone citata più volte e che dovrebbe rappresentare anche la chiave di lettura per il viaggio di Cheyenne. Sorrentino sembra aver voluto imitare le grande pellicole di viaggio che sono state il punto forte della carriera di Wim Wenders, grande regista tedesco da sempre affascinato dagli USA e che ha sempre avuto un occhio di riguardo nell'utilizzo di brani musicali. Ma il regista italiano non ha quella passione e quella visionarietà del collega tedesco e il risultato è molto inferiore alle attese. Molta superficie ma poco cuore. Sean Penn in una scena del film

Sorrentino realizza un road movie, un film di viaggio che è da intendersi un viaggio vero per le strade degli Stati Uniti, ma anche un viaggio interiore per il protagonista Cheyenne, che chiarisce alcuni punti della sua vita, sia in rapporto a suo padre che della sua passata carriera e ad un drammatico evento che sconvolse la sua carriera di artista. Il regista mostra ancora una volta il suo virtuosismo e la sua abilità nel utilizzare il mezzo cinematografico. Ma come detto ci sono due metri di giudizio. Dal punto di vista l’altraitalia 22


Festival di Roma, vince “Un cuento chino” Il Festival Internazionale del Film di Roma si è concluso, nonostante tutte le polemiche che, ogni anno, lo accompagnano. Quest'anno è toccato allo scontro verbale tra il Ministro dei Beni Culturali Galan e il Sindaco capitolino Alemanno, sempre sullo stesso argomento: la presunta necessità di creare un Festival di grande respiro, a discapito della più blasonata, prestigiosa e famosa Mostra diArte Cinematografica di Venezia, che fra l'altro ha luogo appena un mese prima circa. Questa sesta edizione della manifestazione romana ha visto vero trionfatore Un cuento chino di Sebastián Borensztein. I due premi principali sono stato infatti assegnati a questa pellicola, che si è portata quindi a casa il Premio Marc'Aurelio della Giuria al miglior film e il Premio BNL del pubblico al miglior film. Un giuria di alto profilo, capitanata da Ennio Morricone e composta da Susanne Bier, Roberto Bolle, Carmen Chaplin, David Puttnam, Pierre Thoretton, Debra Winger. Il Premio Marc'Aurelio della Giuria alla migliore attrice a Noomi Rapace per Babycall di Pal Sletaune, un thriller scandinavo sulla violenza domestica. Il Premio Marc'Aurelio della Giuria al miglior attore va invece a Guillaume Canet per Une vie meilleure di Cédric Kahn. Altri premiati sono stati Voyez comme ils dansent di Claude Miller e The Eye of the Storm di Fred Schepisi.

Cineturismo

Agenda

Alto Adige

di Dicembre

Un bel libro dal titolo Alto Adige. Guida ai luoghi del cinema, edito da Giunti di Firenze e curato da Mauro Bonetto per il Centro Audiovisivi dell'Assessorato alla cultura di lingua italiana, ci dà una panoramica davvero notevole sulle pellicole girate in Alto Adige e sui luoghi diventate locations. Molti sono i film che hanno visto le loro storie ambientate in questa regione. Ne ricordiamo qualcuno Si parta da Il Decameron (1971) di Pier Paolo Pasolini girato a Castel Roncolo e a Bressanone e Il deserto dei Tartari (1976) di Valerio Zurlini tratto dal romanzo di Dino Buzzati con diverse ambientazioni a Fortezza e Bressanone. Luchino Visconti, per Morte a Venezia (1971), gira una serie di scene nei dintorni di Siusi; stesso luogo per Monicelli e Il male oscuro (1989).

European Film Awards 3 dicembre 2011 Berlino, Potsdamer Platz. www.europeanfilmacademy.org L'European Film Academy è il grande riconoscimento assegnato annualmente ai migliori prodotti della cinematografia europea. La manifestazione torna, dopo il 2007, a Berlino. Una serata da non perdere per i veri Oscar europei.

Courmayeur Noir in Festival dal 5 all’11 dicembre 2011 Courmayeur (AO). Sedi varie. www.noirfest.com Il Noir in Festival, alla XXI edizione, è il principale festival cinematografico e letterario dedicato al mondo del noir. Il Raymond Chandler Award 2011, massimo riconoscimento letterario del Courmayeur Noir in Festival, riunira' quest'anno in un unico premio due delle piu' significative figure della letteratura europea: Andrea Camilleri e Petros Markaris. Per la XXI edizione del Courmayeur Noir in Festival, in programma a dicembre nella localita' valdostana con la direzione di Giorgio Gosetti, Marina Fabbri, Emanuela Cascia, il Raymond Chandler Award 2011 alla carriera letteraria raddoppia per rendere omaggio a due grandi maestri del genere che hanno molto in comune, a partire dalla stessa matrice culturale, quella mediterranea.

Castel Trauttmansdorff

E ancora: Orient Express di C .L. Bragaglia girato a San Candido nel '54 con protagonista una giovanissima Silvana Pampanini; La più bella serata della mia vita (1972) di Ettore Scola con Alberto Sordi, ambientato nel castello di Tures; Three Coins in the Fountain (1954) di Jean Negulesco con ambientazioni a Castel Trauttmansdorff; Uomini & donne, amori & bugie (2003), con Eleonora Giorgi e girato sull'altopiano dello Sciliar.

Capri Hollywood Festival 26 dicembre 2011 al 2 gennaio 2012 Capri (NA). Sedi varie. www.caprihollywood.com Capri, Hollywood è l'International Film Festival di Capri, appuntamento annuale dell'isola azzurra con il cinema mondiale, con personaggi e artisti del jet set internazionale e giovani talenti italiani, proiezioni in anteprima, rassegne, simposi e incontri.

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CULTURA

Musica di Rossana P. Seghezzi

Paco de Lucia L’incarnazione del Flamenco sbarca a Zurigo

Venerdì 18 novembre ho visto una Kongresshaus strapiena e partecipe a ciò che stava avvenendo sul palco che mi era capitato di vedere solo un'altra volta in passato, in occasione del concerto dei Solisti Veneti. Autore di questa magia il maestro del flamenco: Paco de Lucia. Lui, la sua chitarra, il suo gruppo di poche persone e un ballerino di flamenco. Luci soffuse, pochi effetti scenici, allestimento del palco ai minimi termini: il fulcro della serata è lui, il padre del flamenco (anche se non credo apprezzerebbe questo appellativo, il flamenco nasce dalle viscere del popolo, è un'espressione artistica che unisce e al contempo eleva una nazione intera), con il suo pizzicare sulla chitarra e la voce ben chiusa in gola. Paco de Lucia non canta, suona ed incanta una platea intera. Due ore di musica ininterrotta, brani che attingono alla tradizione spagnola, quella degli angoli polverosi andalusi, del sole cocente, del lamento che è in realtà gioia di vivere in quell'Andalusia lenta, sonnolente, incantevole e magica dove De Lucia è nato e che porta in ogni singolo brano composto. Il pubblico del Kongresshaus ha provenienza diversa: svizzeri amanti della musica spagnola, latini che sentono il richiamo del calore di casa, altri come me lì per il semplice gusto di sentire dell'ottima musica.

Organizzazione perfettamente riuscita per la All blues, agenzia specializzata in musica di alto livello: non c'era un posto libero in tutta la sala, molti sono dovuti rimanere in piedi. Tutti insieme, tutti ammaliati dalle dita del maestro che si muovono velocemente sulla chitarra, generando cambi di ritmo pazzeschi, dal lento straziante alla frenesia musicale che coinvolge non solo il ballerino di flamenco ma anche l'intera platea. Alla fine del concerto mi aspettavo il tipico atteggiamento composto svizzero: tutti in fila ordinatamente pronti a lasciare la sala e invece ... invece no! Pur di sentire il bis di Paco il pubblico ha iniziato a battere i piedi a ritmo per 5 lunghi minuti, incredibile! Tutti insieme, tutti lì, uniti dal fascino della musica immortale di questo chitarrista, classe 1947. Di lui si può quasi dire che abbia imparato a suonare la chitarra prima di imparare a leggere e scrivere: a 5 anni si esibiva già in giro per l'Andalusia e a 11 anni ha vinto il suo primo premio importante. Un bambino prodigio? Forse, sicuramente un uomo che ha fatto del suo amore per la musica la passione della propria vita e che, grazie a Dio, ha deciso di condividere il suo dono, il suo studio il suo tocco magico con noi, platea affascinata di oggi e di domani.

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Grandi autori italiani sulla scena musicale zurighese Gianluigi Troversi e Gianni Coscia Della musica dei suoi corregionali Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia, Umberto Eco dice: “non c'è nulla di più seducente della raffinatezza che ha l'umiltà di mascherarsi da ingenuità”. E prosegue: “la musica aulica diventa popolare e la musica popolare assume il tratto dell'opera d'arte”. Non chiediamoci a quale tempio appartengono i pezzi di Coscia e Trovesi: questi due artisti si sentirebbero a loro agio sia agli angoli delle strade, sia in un auditorium. La loro musica è sfaccettata, malleabile, adatta ad ogni posto e situazione. Venerdì 27 gennaio 2012 - Kirche Neumünster, Zurigo Informazioni e prenotazioni: AllBlues Konzert - www.allblues.ch

Gianmaria Testa Gianmaria Testa, classe 1958 nato da una famiglia contadina della provincia di Cuneo nel nord Italia si forma come chitarrista e cantante ma si impone nel corso degli anni soprattutto come compositore di canzoni senza tempo. A metà tra parola e jazz, Testa compone i brani come fossero piccole poesie rievocando immagini poetiche e piene di sentimento. Presenterà il suo nuovo album “Vitamia” al Kaufleuten. Un album in cui si fondono Tango, Bossanova, Habanera e Walzer. Chi ama Paolo Conte, adorerà Gianmaria Testa. Venerdì 10 febbraio 2012 - Kaufleuten, Zurigo Informazioni e prenotazioni: AllBlues Konzert - www.allblues.ch

Festival della canzone napoletana Le canzoni napoletane hanno spesso varcato i confini dell’Italia diventando famose in tutto il mondo. Composizioni come “O’ sole mio”, “Funiculì Funiculà” sono diventati simboli della musica italiana e dell’Italia stessa. Basta ricordare, per esempio, l’aneddoto secondo il quale ad un’edizione dei giochi olimpici fu suonato (per errore) “O’ Sole mio” al posto dell’inno italiano. Dopo il Festival della canzone napoletana, giunto alla sua 6a edizione ed organizzato dalla FACS (Federazione Associazioni Campane in Svizzera), tenutosi nel mese di ottobre a Tiziana Culiersi con Angelo Migliore, 1° classificato Zurigo, ospitato quest'anno dalla sala Pirandello della Casa d'Italia, si può affermare, ancora una volta, che la canzone napoletana è più viva che mai e fa breccia persino nei cuori dei più duri. Un festival per giovani e adulti, condotto quest'anno dalla brava Tiziana Culiersi, che ha avuto come scopo quello di offrire, attraverso la musica partenopea, un'opportunità di incontro e di svago. A dare lustro alla manifestazione la presenza del cantante/attore Lello Abate il quale, con la sua bella voce, calda e melodiosa, unita ad una naturale e brillante comunicatività, ha conquistato il pubblico presente in sala. l’altraitalia 25


Rubrica di Patrizia Gioia

“Il Cuore pulsante della baracca” “I desti hanno un mondo in comune. Tra i dormienti ognuno ha il suo proprio." (Eraclito) poco a poco, da burattino, trasformò tutto il cammino. Che ve ne pare? Non sarebbe bello svegliarsi la mattina sentendoci Geppetto, non a caso un Artigiano, uno che ne sa di Tecnè (Arte) e meno gli importa della tecnologia (protesi, macchine di secondo livello) uno che ha filo diretto tra mente cuore mano, sempre pronto e attento ad ascoltare quel che lo sta chiamando; perché c’è sempre qualcosa che ci chiama, magari anche dall’inferno, ma è proprio qui che possiamo essere la differenza e iniziare ad ascoltare “la vocina” e dargli spazio e voce. È rimanere aperti alla chiamata che ci fa vivi, vulnerabili e stupefatti ogni volta, pronti all’avventura della Vita. Tornare bambini, dove ogni giorno è un lunghissimo tempo in pienezza, che non ha durata, non ha inizio né fine, perché siamo al 100% dentro la vita, dato che siamo noi il tempo e noi lo spazio.

Semino questo nostro quarto semino tentando una fecondazione trinitaria, parole di Etty Hillesum “il cuore pulsante della baracca”, con quelle di Eraclito “i desti hanno un mondo in comune, tra i dormienti ognuno ha il suo proprio” e quelle di Italo Calvino, tratte da “Le città invisibili” del 1972, così da iniziare la nostra riflessione : “L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà, se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere che e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. A me pare che la domanda che chiama sia: come faccio a riconoscere cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno? Naturalmente stiamo parlando di quell’ inferno quotidiano che noi stessi alimentiamo, tanto per cominciare, chiamandolo inferno, mentre è solamente Vita, ancora irredenta. Noi ci svegliamo spesso la mattina già pensando a quando finirà la nostra giornata, mettiamo già la parola fine prima ancora di dare inizio al respiro nostro e del giorno, dando già per scontato che tutto quel che ci aspetta sarà “inferno”. Mentre quel che ci aspetta è creta, tutta da modellare con le nostre mani, con la nostra mente, con il nostro cuore. Mica a caso anche a Dio gli abbiamo messo in mano “terra” per modellare noi e il mondo. Una terra tenera e amabile che può presentarsi sotto tante forme, per esempio a Geppetto si presentò sotto forma di un pezzo di legno, da cui però Geppetto seppe tirar fuori un uomo! Perché seppe stare zitto e, in silenzio, ascoltare quella vocina (chi chiamava chi?) che,

Raimon Panikkar, sorridente saggio Geppetto, soleva dire: ma davvero pensate che un'ora d'amore, un’ora di dolore, un’ora di studio, un’ora di gioco, durino tutte 60 minuti ?! Ecco, l’inferno è anche questo, pensare che il numero sia solo quantità, mentre è anche e soprattutto qualità. 2 più 2 non sempre fa 4 . E se torniamo bambini sappiamo bene cosa stiamo dicendo. “Ti voglio tanto bene” non è quantificabile, è gioia allo stato puro, eppure i grandi, che ( come diceva anche il Piccolo Principe nell’illuminante libro di Antoine de Saint Exupery) sono spesso molto stupidi, si chiedono sempre: “si, ma quanto?”. Solo se oseremo il rischio di tornare bambini potremo uscire dalle sabbie mobili dell’economicismo in cui ci siamo impantanati: un’economia senza più cuore. Noi non siamo più espressione del nostro essere più profondo, ci siamo dimenticati di lui, di quel piccolo bambino, “cuore pulsante della baracca”, questo voleva essere Etty Hillesum, prigioniera “di” Auschwitz,ma non “in” Auschwitz, (uomo, sii nel mondo, non del mondo), che sa bene riconoscere quel che inferno non è. Ed è questo “non inferno” che possiamo far durare. Come? Provando a dargli spazio in noi, che vuole dire stare nelle cose, invece di scapparci fuori subito, come lepri con dietro il fucile e il cacciatore. Facciamo qualche esempio. Ho voglia di mangiarmi un buon piatto di spaghetti. Dai giochiamo! Prendo la cesta sotto il lavandino, scelgo una cipolla, occhi dentro gli occhi, mi avvicino. È bella tonda e dalla testa rubiconda sbuca come treno un gran ciuffo di verde tenero. Inizio a presentarmi. La giro piano tra mente cuore mano, respiro con lei il profumo, sulla mano sento la sensazione strana come se fossi una barca su una rana, la sua pelle umida è delicata come un canarino. Posso? la sfoglio e, come se fosse sposa, le tolgo il primo strato di rosa, e poi un altro, e un altro petalo ancora.

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Nuda? Da cosa? Adesso è lei che all’orecchio mi sussurra: “vorrei essere mangiata! è per questo, sai, che sono nata. Però, fa piano, è il modo che mi fa a te “vocina”. “E' vero”dico io - “dai parliamo un po'”. In quanto a voi state tranquilli, se qualcuno sente e dice che siamo pazzi, non è il caso di preoccuparsi, è uno della banda di quegli economisti senza cuore, che continuano a contare soldi stracci. Nessuna paura di loro, andiamo avanti e abbandoniamoci insieme alla cipolla, nessuno sa abbandonarsi così dentro la padella. Spudorata!? no, lei sa che è amore quello che cuoce in pentola ed è per questo che ci commuoviamo, qualche volta addirittura lacrimiamo, e sapete perché? È ogni volta matrimonio di gioia il nostro! E ascoltatela adesso, canta e sfrigola come la Callas; ma sentitela, non sta più nella pelle, una pelle che è diventata d'oro come una cornice che è felice e dice: “dai, fa presto, vieni, che è ora del gran ballo; aspetto il pomodoro, e il peperoncino, due foglie di basilico, magari qualche capperino e, perché no,

un’olivetta nera che questa sera la festa è in costume e, come Desdemona, ballo con Otello, fino a farmi trafiggere felice dalla tua forchetta e dal tuo coltello.” Ecco, se siete stati bravi e giocato bene non c'è più nessuna differenza tra voi la cipolla e la pentola. Un momento di “tempiternità”, tutto in contemporanea e un sugo d’alta qualità. Ah ... dimenticavo gli spaghetti! stanno arrivando saltellando e uno ad uno raccontano la storia, ma mica quella che si impara a scuola, tutta a memoria. No, da noi si inventa, noi siamo co-creatori, tutti a giocar sul campo con i calzettoni corti e in alto tutti i cuori. E qui sta la differenza, tra chi sa ancora giocare e chi invece preferisce sbadigliare, continuando a credere a chi dice che la vita è un inferno e che se dormi ... sei più felice! Se volete approfondire l’argomento con Patrizia, potete scrivere a: patrizia.gioia@spaziostudio.net

LETTERATURA “Il ballo” è un racconto lungo di Irène Némirovsky, molto scorrevole e ironico che non trascura le reazioni sociali di fronte ad una ricchezza acquisita. In questo racconto lungo la scrittrice inserisce dei temi autobiografici che ha sempre inserito e rielaborato nella sua produzione letteraria. Nata in una famiglia borghese (il padre era un ricco banchiere) nel 1903 nella fredda Kiev, crea un rapporto filiale con la sua governante francese che sostituì a pieno titolo un vero rapporto materno inesistente. Perché la madre era la stessa madre che ritroviamo in questo racconto, una donna che scala la società e che non ha tempo di perdersi nelle frivolezze di un focolare familiare. È impossibile raccontare la trama di questo racconto senza svelare il finale, “il ballo” è un susseguirsi di colpi di scena e sentimenti contrastanti che sfociano nell'assurdità della ricchezza improvvisa e dell'affermazione spietata di una borghesia nascente. Molto interessante il conflitto tra madre e figlia che vedrà le due protagoniste alternarsi in emozioni contrastanti. L'autrice Irène Némirovski è stata una riscoperta letteraria postuma, un'autrice che poteva benissimo essere paragonata al connazionale Tolstoj; dal 2000 le case editrici europee hanno cominciato a pubblicare la sua produzione letteraria. Il successo postumo della Némirovsky si consolidò, nel 2004, quando ricevette il Prix Renaudot; la giuria del concorso contravenne ad una regola fondamentale nell'attribuzione dei premi: tutti gli autori premiati devono essere viventi. Pur essendo morta giovane, a soli 39 anni, in un campo di concentramento, Irène Némirovsky ha saputo evidenziare le problematiche di una società, molte volte attigendo alla sua esperienza personale regalandoci ogni volta un sapore autobiografico e realista. La vita nel lusso, l'appartenenza all'ebraismo sono le fondamenta di una vita che ha sempre messo in discussione in ogni suo libro. l’altraitalia 27



CULTURA

Racconti di Luisa Mazzetti

Il ritorno i prati delle aspirazioni, i boschi dei desideri? Che fine ha fatto la ragazza che ero, ha chiuso per cessata attività? A piccoli, lenti passi, finalmente arriviamo a casa. “Entra”, le dico. “Dammi la giacca. Siediti qui. Togli le scarpe. Tieni le ciabatte. Mettitele. Vieni in cucina, che preparo il tè”. Le metto davanti i biscotti, così per un po' sta tranquilla. Poi la tazza, il cucchiaino, lo zucchero, il latte. “A me non metterlo”, la prevengo e lei, come ogni giorno, si stupisce. Ma non c'è bisogno di risponderle. Infine mi siedo anch'io e la vedo alzare su di me uno sguardo perso. “E la Marta che fine ha fatto?”, domanda. “Sono io la Marta, mamma”. “Oh, scusa …”, dice lei con un gesto vago, “ero convinta di stare parlando con mia figlia”. Per fortuna non c'è bisogno di risponderle. Torniamo verso casa attraversando strade desolate. Nonostante sia un po' stanca dopo la passeggiata, lei parla, parla … per fortuna non c'è bisogno di risponderle. Così mi lascio andare ai ricordi. Quand'ero ragazzina questo era un ridente paese di villeggiatura. Lì c'era il negozio di alimentari, ora chiuso per cessata attività; qui c'era la macelleria… chiusa per cessata attività. E là, il bar sempre circondato da una selva di motorini, dalle note del jukebox che fuoriuscivano e dalle risate dei giovani che lo avevano eletto a punto di ritrovo. Ora tutto tace: chiuso per cessata attività. Su per quella via, c'era un bazar dove si trovava di tutto … in piazza, invece, il giornalaio con articoli di cancelleria. Chiusi per cessata attività. Eppure, il numero delle abitazioni è cresciuto a dismisura. Si è costruito ovunque, erodendo col cemento i campi, i prati, i boschi. Cos'è successo a questo paese? Io non lo so, non c'ero. Appena maggiorenne me ne sono scappata. Via da qui, via da lei. Il cielo si è rannuvolato e la sento rabbrividire al mio fianco. Allora le chiudo bene la giacca, mi sfilo la sciarpa e gliela avvolgo attorno al collo. Lei sorride soddisfatta. All'improvviso una domanda mi stringe la gola: e a me, cos'è successo? A me, che dopo tanti anni mi ritrovo qui, con lei che si aggrappa al mio braccio, pesante come una zavorra? Ho cementificato anch'io i campi delle possibilità,

Luisa Mazzetti Luisa Mazzetti è nata a Premosello Chiovenda (VB) il 15 settembre 1964 e ha vissuto a Premeno (VB) fino al conseguimento della maturità nel 1983 presso il Liceo Classico Statale “V. Tonolli” di Verbania. Poi si è trasferita a Roma, dove ha frequentato lo “Studio Fersen - Scuola Internazionale dell’Attore”, diplomandosi nel 1986. Come attrice ha lavorato soprattutto in teatro, con diversi registi tra i quali Michele Placido, Egisto Marcucci, Giovanni Lombardo Radice, Luigi Squarzina, Antonio Calenda, Irene Papas e Jürgen Müller/La Fura dels Baus. Dal 1995 si dedica alla sceneggiatura collaborando con autori di cinema e fiction televisive. A partire dal 2007 è stata autrice di diverse sceneggiature di fumetti divulgativi per il Senato della Repubblica, e di un cortometraggio a cartoni animati per una campagna informativa COMIECO . Ha in seguito prodotto la sceneggiatura dello spettacolo teatrale Hera, di e con Ivano Marescotti in scena nel febbraio del 2009, quella del lungometraggio “L’uomo nello specchio”, e quella per un cortometraggio a cartoni animati per una campagna informativa istituzionaleADOC.

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CULTURA

Benessere e salute di Simona Guidicelli

Il castagno Castanea sativa Quando si raccoglie Le castagne selvatiche e i marroni si raccolgono all'inizio dell'autunno, nel momento in cui i ricci cadono a terra e si aprono spontaneamente. Si conservano in ambiente fresco e aerato, oppure si lasciano seccare al sole. Le foglie si staccano a primavera o estate e si seccano all'ombra.

Come si utilizza Le castagne, saporite e nutrienti, si consumano in vari modi e si utilizzano per preparare ottime marmellate, il famoso castagnaccio o altre confetture, oppure vengono candite. Le altre parti della pianta contengono tannino e hanno spiccate proprietà astringenti.

Come si riconosce È un albero spogliante, molto longevo, di grande sviluppo e alto fino a 30 metri, con tronco molto grosso, talvolta cavo, e con chioma maestosa; le foglie sono lanceolate e seghettate e i fiori unisessuali (la specie è monoica), con quelli maschili ben evidenti e riuniti in caratteristici amenti penduli; i frutti sono acheni.

Curiosità La corteccia e il legno del castagno sono ricchi di tannini e possono essere impiegate per la sua estrazione, destinata alle concerie. Questa destinazione d'uso, in Italia, ha riscosso un particolare interesse nei primi decenni del XX secolo, epoca in cui l'industria del tannino nazionale faceva largo impiego del castagno, ma dopo il 1940 ha perso importanza sia per la contrazione di questo settore sia per il ricorso, come materia prima, al legno di scarto.

Il castagno è un albero di grande sviluppo che forma dei boschi spontanei abbastanza estesi in tutta l'Europa meridionale; inoltre viene anche coltivato come pianta fruttifera. In Italia i castagneti selvatici si estendono, sulle Prealpi e sugli Appennini, unicamente su terreni profondi, freschi e acidi (infatti è una pianta tipicamente calcifuga), ad altitudini comprese tra i 300 e i 900 metri, cioè in zone a clima temperato/freddo ma in posizioni ben soleggiate e calde. Il castagno selvatico, nato da seme, forma dei boschi fitti, se lasciato crescere liberamente o se allevato per lo sfruttamento del legname; invece nei castagneti da frutto le piante vengono opportunamente diradate e allevate in forma arborea. Nei castagneti specializzati, sfruttati per la produzione dei frutti, si coltivano di preferenza i marroni, una varietà a frutti più grossi, dolci e saporiti. l’altraitalia 30


I consigli dell’erborista

La ricetta Mont Blanc

Come si prepara per la conservazione Vengono essiccate le foglie all'ombra e quindi conservate in sacchi di carta o tela. Per scurire e rinforzare le ciglia Far bollire in un quarto d'acqua calda due cucchiai di foglie di castagno per 10 minuti. Filtrare con un telino e spremere bene. Lasciare raffreddare il liquido ed aggiungere un cucchiaio di olio di ricino. Mescolare bene. Pettinare tutte le sere le ciglia con uno spazzolino imbevuto nel liquido, conservato in una bottiglia chiusa. Per mantenere il colore ai capelli Versare un cucchiaio di foglie in un quarto di acqua calda e bollire per 5 minuti. Filtrare. Aggiungere un bicchiere di aceto rosso ed usare quando ci si pettina bagnando ripetutamente il pettine nel liquido.

Ingredienti per 4 persone 500gr. di castagne 30gr. di zucchero a velo 60gr. di cioccolato sbriciolato 2 cucchiai di rum 300gr. di panna montata non zuccherata Lessare le castagne con la buccia. Quindi sbucciarle e pelarle. Passarle nel passaverdure. Sciogliere il cioccolato a bagnomaria, far raffreddare e unirlo alle castagne con il rum e lo zucchero.

Contro la pertosse Versare un cucchiaino di foglie in una tazzina da caffè di acqua calda. Coprire e filtrare dopo 10 minuti. Addolcire con miele e berne almeno 2/3 tazze al giorno, lentamente e a piccoli sorsi. Per eliminare il catarro bronchiale In mezzo litro di acqua calda versare due cucchiai di foglie e far bollire per 3 minuti. Coprire e filtrare dopo 10 minuti. Aggiungere eventualmente del miele e bere a sorsi nel corso della giornata. Per ridonare ai capelli un colore scuro Far bollire per 10 minuti in due litri di acqua calda 100 grammi di foglie di castagno. Filtrare ed usare come ultimo risciacquo, dopo aver lavato i capelli. Ripetere questo trattamento per almeno due mesi.

Amalgamare e sul piatto di portata passare il composto in un setaccio in modo da formare una montagnola di piccoli vermicelli. Ricoprire con la panna e mettere in frigo per almeno 1 ora.

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CULTURA

Enogastronomia di Gianmaria Bavestrello

Figli di un Dio minore Ingredienti poveri

L'etnologo e psicologo Gustav Le Bon scrisse che “i movimenti delle folle fanno parte di quelle potenze misteriose che rientrano nella genesi della maggior parte dei fenomeni sociali. I fatti visibili registrati dalla storia sono paragonabili alle onde superficiali che rivelano alla superficie dell'Oceano sommovimenti profondi, i quali rimangono ignorati”. Dietro la patina della storia, in cui rientrano a pieno titolo anche la storia e la pratica della cucina, agiscono dunque elementi o ingredienti anonimi e tuttavia essenziali a produrre un risultato straordinario che merita di essere raccontato nel grande libro dei fatti, o in un libro di ricette. I gregari, i militi ignoti, gli ingredienti che accompagnano la preparazione di un piatto, insaporendolo e garantendo al “generale”, l'ingrediente principale, di entrare trionfante sotto l'arco del nostro palato, sono fondamentali e insostibuibili per la riuscita di ogni umana impresa. Oltre a invitarci, saggiamente, a non trascurare spocchiosamente nessuno di quei piccoli dettagli che, in silenzio e senza pretese, contribuiscono alla normalità della nostra stessa esistenza: tutto ciò che abbiamo a portata di mano, dalla penna, al giornale, al computer, per non parlare del cibo e del vino, è il frutto di una lunga filiera di piccoli gesti, mestieri e ruoli sociali che vivono sotto-traccia ma che consentono al mondo che ci circonda di avere una fisionomia umana.

In cucina gli ingredienti “gregari” sono moltissimi. La maggioranza. I più noti e utilizzati sono quattro: carota, sedano, aglio e cipolla. A questi andrebbe aggiunto naturalmente anche l'olio extra vergine di oliva, che recentemente ha avuto tuttavia la propria ribalta uscendo da un destino anonimo per ergersi, non senza merito, ad oggetto di degustazioni, tipicizzazioni e dissertazioni salutistiche.Altri non hanno avuto la stessa sorte e insistono nella propria consegna a un limbo di onestà povertà, “tirando la volata” a ingredienti ricchi di proteine nobili nel quadro di più complesse visioni gastronomiche. Capita tuttavia che anche a loro, così come a molti membri di questa gelatinosa società di massa, di poter vivere il proprio momento di gloria e di poter essere eroi, come cantava David Bowie, almeno per un giorno, soprattutto ai margini dei pasti, dove si situano gli spazi maggiori per la creatività, la fantasia, la ricerca e la sperimentazione. Antipasti e dolci possono essere una straordinaria opportunità di scoprire nuovi gusti e tentar di aprire la via a nuovi abbinamenti. Val la pena riflettere sul fatto che in Italia ognuno di questi quattro ingredienti ha almeno un corrispettivo DOP o IGP, a testimonianza non solo del fatto che il Bel Paese riserva almeno un tempio all'ingrediente ignoto, ma anche di quanto ricco, complesso e articolato sia il pantheon dei nostri sapori.

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AGENDA di Dicembre

Sedano Il termine “sedano” deriva dal greco selinon; i Greci impiegavano il sedano per ottenerne medicinali naturali, sfruttando le virtù di questo ortaggio. L'IGP italiana è spettanza del Sedano Bianco di Sperlonga, che si distingue dal sedano comune a coste per avere un sapore particolarmente sapido e aromatico. Il sedano è ottimo crudo, in pinzimonio, ma anche cotto e stufato. Insaporisce primi piatti, zuppe e minestre e, naturalmente, è abbondantemente usato nei triti per i soffritti. Le sue coste, adeguatamente farcite (ad esempio con formaggio spalmabile e trito di nocciole, rucola, aglio, il tutto amalgamato da olio extra vergine) possono essere base di succulenti antipasti crudi. Aglio Quello dell'aglio è un destino singolare: la sua notorietà è legata sovente al rifiuto che molti oppongono al suo aroma , al suo sapore, alla sua digeribilità. La sua è una fama prima letteraria che culinaria, dove gioca sovente nelle retroguardie anche quando nell'equilibrio organolettico del piatto recita un ruolo di primo piano. L'Italia ha 2 DOP che interessano l'aglio: il bianco polesano, nel Veneto (l'unico, si dice, che possa supportare il tartufo), e l'Aglio di Voghiera, nel ferrarese.

Un ottimo espediente per gustare l'aglio è nella versione marinata, dove risulta più digeribile e delicato, evocando addirittura la mandorla. Condito con capperi tritati, origano

Aperitivi Medicei - Assaggi di Toscana 17 dicembre 2011 A Seravezza (LU) in Via del Palazzo 358 info su Seravezza e mappa interattiva www.terremedicee.it Torna Aperitivo Mediceo. "Assaggi di Toscana", organizzata dalla Fondazione Terre Medicee a Seravezza (LU) e ideata dal giornalista e conduttore televisivo Fabrizio Diolaiuti. Sabato 17 dicembre, con inizio alle ore 17.30, presso le Scuderie Granducali adiacenti al Palazzo Mediceo, segue la formula dell'incontro del pubblico con un grande chef che racconta un piatto tipico e particolare della Toscana. In questa nuova edizione autunnale è prevista una partecipazione dei bambini con il laboratorio "Nell'orto con Arcimboldo" in cui i piccoli, dopo una prima introduzione sull'opera di Arcimboldo e sull'importanza di una buona e sana alimentazione, si cimenteranno con la riproduzione delle opere del maestro, utilizzando proprio i prodotti naturali. Cene Galeotte Casa di reclusione di Volterra (Pisa) dal 18 novembre 2011 al 22 giugno 2012 ore 19.30 www.cenegaleotte.it Tornano le ormai celebri cene aperte al pubblico realizzate nella Casa di Reclusione di Volterra. Nella cucina del carcere chef titolati fianco a fianco con i carcerati per un'iniziativa dall'alto valore sociale e benefico. Un appuntamento unico che non smette di destare interesse per la sua forte carica sociale ed emotiva. Una volta superate le porte dello storico carcere ricavato in una fortezza medicea, il pubblico sarà accolto con un piacevole aperitivo consumato all'interno del cortile, nello spazio sotto le antiche mura. La cappella, invece, sarà trasformata per l'occasione in una sala da pranzo con tanto di candele, camerieri/carcerati dall'impeccabile servizio, sommelier e vini a cura della Fisar di Volterra. Una cena dal ricco menu preparato interamente dai detenuti, affiancati da un rinomato chef, ogni volta differente, che metterà a disposizione tutta la sua esperienza. L'evento di dicembre, previsto il giorno 16, sarà curato dallo chef Andrea Mattei del Ristorante Magnolia Hotel Lord Byron di Forte dei Marmi. Il Desco - VII Edizione dal 19/11/2011 al 11/12/2011 Dove: Piazza del Collegio 1 - Lucca (LU) L'autunno a Lucca è la stagione de Il Desco, un'esplosione di profumi e colori che si diffonderanno nelle sale e nei chiostri del Real Collegio a partire dal 19 novembre, per quattro fine settimana. Più di una mostra-mercato, il Desco è un vero e proprio itinerario alla scoperta di tutti quei prodotti, tipici e tradizionali, che rendono unica la provincia di Lucca per la varietà e la ricchezza. Saranno le aziende produttrici, tra le migliori del territorio e vera anima della manifestazione, a condurvi in questo viaggio attraverso le montagne e le colline, fino al mare della Versilia.

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e olio risulta ottimo da servire come aperitivo. La sua preparazione è a base di aceto, alloro, chiodi di garofano, ginepro, pepe, sale, vino bianco secco e zucchero. Carota La carota è un ortaggio molto ricco di caroteni, sostanze che l'organismo utilizza per la produzione di vitamina A, importante per diverse funzioni dell'organismo e , in particolare, per la vista. Proprio a questo, piuttosto che ad altre sue qualità, deve la sua quota di notorietà. A Ispica, dalle parti de L'Aquila, la carota pare avere un destino più allettante grazie alla novella IGP.

bicchiere di vino bianco. Mescolate e lasciate macerare per 6 ore, mescolando di tanto in tanto. Ponete quindi gli ingredienti in una pentola e aggiungete 2 cucchiai di uvetta sultanina già ammorbiditi in acqua tiepida. Fate bollire lentamente per 30 minuti, infine invasate la marmellata e, una volta freddi, fateli bollire in acqua per 20 minuti.

La ricetta Zuppa di cipolle 750 gr di cipolle sbucciate 50 gr di burro 25 gr di farina 1 litro di brodo 6 fette di pane casereccio tostato in forno 200 gr di groviera parmigiano grattugiato

Una sua straordinaria fonte di valorizzazione è il regno dei dolci: pensiamo alle tortine di carote, che riscuotono fortuna anche presso la grande industria ma che si possono facilmente preparare in casa: oltre a 2 etti e mezzo carote, vi serviranno 1 scorza di arance, 70 grammi di farina di mandorle, 180 di farina di grano, 50 grammi fecola di patate, 1 bustina di lievito, olio di oliva, 1 uovo intero e 1 tuorlo, 1 bustina di vanillina e 200 grammi zucchero. Tritate le carote sbucciate e lavate, quindi in un’ampia ciotola montate uova e zucchero creando infine un composto. Setacciate e mescolate farina, farina di mandorle, fecola di patate, lievito e vanillina, incorporando anche questo preparato al composto di carote, uova e zucchero. Infine aggiungete la scorza di arancia e l'olio. Foderate stampi da muffin adeguatamente imburrati e farinati e versatevi il tutto, infornando a 18 gradi per 25 minuti. Deliziose. Cipolla La cipolla, già apprezzata da Romani, Egizi e Greci, è la pianta da orto più diffusa in Italia e utilizzata in tanti condimenti nonché come verdura sia cotta che cruda. Nonostante questa 'fortuna', ci ricordiamo di essa soprattutto quando la sbucciamo dolorosamente e siamo portati a pensare che in fin dei conti si potrebbe forse farne a meno; che le soddisfazioni che è destinata a darci sono di misura infima rispetto a quella di altri alimenti. Non è del tutto vero. Una tra le cipolle più pregiate, insieme al cipollotto nocerino DOP, è la cipolla di Tropea DOP, rossa e dolce, ideale per la celebre marmellata, da gustare con pane tostato, formaggi o carni. Una vera leccornia, facile da preparare e capace di accrescere esponenzialmente la vostra reputazione di palati fini presso i vostri ospiti e commensali. Sbucciate e lavate 3 cipolle, asciugatele, tagliatele a metà e poi affettate le in modo sottile. Consegnatele a una ciotola e aggiungete 300 grammi di zucchero semolato e 300 di canna, 2 foglie di alloro, 3 chiodi di garofano, 1 bicchierino di Cognac e un

Fate dorare lentamente le cipolle nel burro mescolando quanto basta per evitare che si attacchino al fondo. Aggiungete la farina e mescolatele per un minuto, quindi versate il brodo. Lasciate cuocere per 25 minuti. Nel frattempo ricoprite 6 ciotole individuali di terracotta da forno o pirofiline da soufflé con 1 fetta di pane tostato, poi versatevi la minestra di cipolle e groviera, ripetendo per tre volte l'operazione e terminando con la fetta di pane tostato su cui, oltre al groviera, aggiungerete fiocchi di burro. Fatele gratinare in forno fino alla formazione di una crosticina dorata.

DA ABBINARE CON ... Maso Toresella Cuvé Vino IGT prodotto con uve bianche selezionate del Maso Toresella, nella Valle dei Laghi e in particolare nel comune di Calavino. Tra le cultivar spiccano Sauvignon Blanc, Chardonnay, Gewurztraminer e Riesling. Giallo paglierino con riflessi verdolini, è complesso, elegante e speziato all'olfatto. I suoi profumi, in particolare quello di salvia, integrano le note fruttate di agrumi, pesca ed ananas matura. Il sapore è strutturato, armonico e fresco.

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Italo Svevo Die Leidenschaft f端r Literatur

Die Stadt Triest Ein Blick auf die Welt


KULTUR

Literatur von Christian Lombardi

Italo Svevo Die Leidenschaft für Literatur Ettore Schmitz, der unter dem Pseudonym Italo Svevo schrieb, wurde in Triest, am 19. Dezember 1861 geboren und stammte aus einer wohlhabenden jüdischen Familie. Der autoritäre und energische Vater Francis besaß eine Glasfabrik; die liebevolle und sanfmütige Mutter Allegra Moravia widmete sich ihrem Mann und ihren acht Kindern.

Im September 1880 nahm Ettore eine Stelle bei der Banca Union, der triester Filiale der wiener Unionbank an, wo er die französische und deutsche Korrespondenz erledigen musste. Neben der ungeliebten Büroarbeit kultivierte er seine Leidenschaft für Literatur weiter und schrieb für die triester Zeitung “L'indipendente”. Immer mehr entschlossen, die Karriere als Schriftsteller zu ergreifen, verbrachte er nach der Arbeit viele Stunden in der öffentlichen Bibliothek in Triest, um die klassischen italienischen Autoren zu lesen: Boccaccio, Machiavelli, Guicciardini und andere zeitgenössischen Schriftsteller. Dann vertiefte er die Kenntnis der Werke Tolstojs. Er las französische Schriftsteller wie Flaubert, Daudet, Zola, Balzac und Stendhal. Er fing an einige Theaterstücke zu schreiben: “Ariosto governatore”, “Il primo amore”, “Le roi est mort: vive le Roi”, “I due poeti” und einige Novellen: “Difetto moderno”, “La storia dei miei lavori”, “La gente superiore”. Unter dem Pseudonym Ettore Samigli konnte er für die Zeitung “L'Indipendente” zwei Geschichten veröffentlichen lassen: “Una lotta” (1888) und “L'assassinio di via Belpoggio” (1890). Nach zwei Jahren entschied er unter dem Pseudonym Italo Svevo zu schreiben, um seine Doppel-Zugehörigkeit, die Deutsche und die Italienische zu betonen und er ließ seinen ersten Roman “Una vita” (1892) auf eigene Kosten von dem Verleger Vram von Triest veröffentlichen, der von den Kritikern fast ignoriert wurde.

Mit zwölf Jahren wurde Ettore mit seinen Brüdern Adolfo und Elio auf ein Internat nach Segnitz bei Würzburg geschickt. Zu seinen Studien gehörten technische Handelsfächer sowie das Erlernen von vier Sprachen, die erforderlich, insbesondere die deutsche, für die von dem Vater für ihn geplante kaufmännische Karriere waren. Die deutsche Sprache, in ein paar Monaten gelernt, und seine Leidenschaft für Literatur, ermöglichten ihm die deutschen Hauptklassiker zu lesen: u.a. Richter, Schiller und Goethe. Er las ebenfalls die deutschen Übersetzungen von einigen großen Werken von Turgenjew und Shakespeare und begeisterte sich für die Werke des Philosophes Schopenhauer. Im Jahre 1878 kehrten die Brüder Schmitz nach Triest zurück, wo er am Istituto Superiore di Commercio “P. Revoltella”, einer Handelsschule, studierte. Eigentlich strebte Ettore nach Literatur und nach einer Reise nach Florenz, um dort die italienische Sprache richtig erlernen zu können. Nachdem die Firma seines Vaters in Konkurs gegangen war, musste er wegen der folgenden finanziellen Schwierigkeiten jedoch nachArbeit suchen.

1886 nach dem Tod des Lieblings-Bruders, der ihm einen sehr tiefen Schmerz verursachte, starben sein Vater im Jahre 1892, seine Mutter 1895 und die Schwestern Naomi und Hortense. Italo Svevo nahm auf sich die Tortur dieser Familientragoedie mit der liebevollen Unterstützung von seinem triester Freund, dem Maler Umberto Veruda und der nachdenklichen Aufmerksamkeit der 18-Jährigen Cousine Livia Veneziani. Ganz verliebt in Livia heiratete er sie 30. Juli 1896. Im Jahr darauf wurde die Tochter Letizia geboren. Das ruhige und friedliche Eheleben ging weiter, indem Italo Svevo gleichzeitig drei Aufgaben zu verrichten hatte: die Stelle bei der Bank, unterrichten von Französisch und Deutsch am Institut Revoltella und die Nachtarbeit bei der Zeitung “Il Piccolo”, wo er für die Durchsicht der ausländischen Presse verantwortlich war. Trotz der vielen Arbeitstunden, fand er noch genügende Zeit, um seinen zweiten Roman, “Senilità” (1898) schreiben zu können, der wieder auf Kosten des Autors bei Vram veröffentlicht wurde.

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Die Kritiker warfen ihm eine zu bescheidene Verwendung der italienischen Sprache vor und seine Lieblings-Tätigkeit kam noch nicht in Gang. Dieses zweite Scheitern mit Kritikern und Lesern führte ihn dazu, seine Leidenschaft für das Schreiben aufzugeben und sich dem Lesen der großen Autoren wie Ibsen, Cechov und Dostoevskij zu widmen. Nachdem er im Jahr 1899 seine Arbeit bei der Bank endgueltig aufgegeben hatte, tritt er in die Leitung der Firma seines Schwiegervaters ein. Dadurch konnte er viele Geschäftsreisen durch Europa unternehmen: Frankreich, Österreich, Deutschland, England. Die Leidenschaft für das Schreiben starb nicht: Zwei Jahre später veröffentlichte er ein Stück mit viel Engagement “Un marito” (1903). Im Jahr 1904 starb sein Freund Umberto Veruda. Dieser erneute schmerzhafte Verlust verursachte fuer Svevo viel Leid. Ihm half die Organisation der Ausstellung von dem Gesamt-Werk Verudas, das er geerbt hatte und Ganzen nach dem Willen desAutors halten sollte den Verlust zu verarbeiten. Im Jahr 1905 brachten ihn die zunehmenden Amtspflichten von Italo Svevo dazu seine englische Sprache zu verbessern. So lernte Svevo den irischen Schriftsteller James Joyce kennen, der vor ein paar Jahren nach Triest umgezogen war, wo er an Berltz Scholl Englisch lehrte. Ab sofort weden sie enge Freunde. Beide interessierten sich für die Literatur und tauschten deshalb Einschätzungen über ihre Werke aus. Joyce begeisterte sich für die Romane von Svevo und drückte seinem Freund Ermutigungs- und Anerkennungworte aus. Darin fand Svevo noch einmal jene Unterstuetzung und jene Überzeugung, die ihn dazu führte, seine schriftstellerische Taetigkeit wieder aufzunehmen. Die Freunde wurden durch den Ausbruch des ersten Weltkrieges getrennt. Joyce verliess Italien, während Svevo in Triest blieb, um sein Geschaeftsvermögen zu schützen. In diesen Jahren vertiefte Italo Svevo das Wissen der englischen Literatur und er interessierte sich für die Psychoanalyse mit der Übersetzung von “La scienza die sogni” von Sigmund Freud, indem er weiterhin Notizen und Ideen für einen zukunftigen Roman sammelte. Nach dem Krieg arbeitete er bei der ersten großen Zeitung in Triest, “La Nazione”, gegründet von einem Freund von ihm Giulio Cesari nachdem die Stadt von den Habsburgern an Italien abgegeben wurde. Zugleich schloss er seinen dritten Roman ab. “La coscienza di Zeno” (1923), vom Cappelli Verlag veröffentlicht, noch einmal auf seine eigenen Kosten, und noch einmal von den italienischen Kritikern unterschätzt. “La coscienza di Zeno” erzielte den Erfolg dank der Hilfe von James Joyce, welcher den Roman erhalten und gelesen, davon ganz begeistert war und daher Svevo ueberzeugte, das Buch an die französischen Literaturkritiker V. Larbaud und B. Cremieux zu senden. Beide begeisterten sich dafür: Das verhalf dem Roman zu grosser Achtung und einem außerordentlichen Erfolg in ganz Europa. Im Frühjahr 1925 fuhr Italo Svevo nach Paris, wo er seinen Bewunderern begegnete, unter ihnen die süße Dame Cremieux, die mit ihm über die Werke von Marcel Proust sprach, der ihm bisher noch unbekannt war. Im Dezember

1925, in Italien schrieb Eugenio Montale im “L’Esame” den Essay “Omaggio a Svevo” ueber die drei Werke, die ihm Svevo selbst gesendet hatte. In welchem er den Autor auf die hoechste Stufe der zeitgenössischen Literatur stellte. Das hohe europäische Lob und die Anerkennung der neuen literarischen Generationen, die sich um “Solaria” und “Convegno” versammelten, veränderten definitiv die italienische Meinungen, vielleicht nicht ganz von antisemitischen Komponenten vorurteilsfrei. Die Gesundheit Svevos wurde von einem durch zu vieles Rauchen verursachtenen Lungenemphysem bedroht. Trotzdem schrieb er weiter Erzählungen: “La madre”, “Una burla riuscita”, “Vino generoso”, “La novella del buon vecchio e della bella fanciulla”, die alle im Jahr 1925 veröffentlicht wurden. Im gleichen Jahr wurde der Einakter “Terzetto spezzato”in Rom uraufgeführt. Er schrieb auch die unvollendete “Corto viaggio sentimentale”, die 1949 nach seinem Tod veröffentlicht wurde. Mit nach wie vor grosser Leidenschaft für die Literatur las Italo Svevo begeistert in selben Jahren die Werke von Marcel Proust und Franz Kafka. Das Wissen der freudschen Theorie und der zeitgenössischen europäischen Kultur entwickelte die natürliche Tendenz des Schriftsteller, Menschen zu analysieren, von seiner inneren zur äußeren Realität. Der Mensch, den er beschreibt, wurde aus der Krise der europäischen Zivilisation des neunzehnten Jahrhunderts geboren und weiss nicht mit dem Scheitern alle seiner Bestrebungen umzugehen (z.B.in “Una vita”). Der Protagonist von “Senilità” ist apathisch und abgestumpf, spirituell alt und resegniert, sein Leben zu ertragen. Gleichermassen hat der reiche Bürger “Zeno” keine gute Eigenschaft; er ist willenlos und eingebildet-krank. Sein ganzes Leben ist voll guter unverwirklichter Absichten und vom Zufall beherrscht. In der Romantrilogie stellte Italo Svevo durch eine bittere und ironische Sprache das Scheitern der großen Idealen des neunzehnten Jahrhunderts dar. Er grub im Bewusstsein seiner Mitmenschen und entdeckte daher die Schwächen und die Armseligkeit der menschlichen Natur, aber immer dargestellt durch liebevolle und resignierte Traurigkeit. Sein Werk steht ueber der zeitgenössischen italienischen Literatur und drückt das existentielle Drama des modernen Menschen aus, die man zu dieser Zeit, auch in der Europäischen Romanen finden konnte. Im Jahr 1928 begann er seinen vierten Roman, “Il vecchione”, der jedoch unvollendet blieb. Zwei Tagen danach, am 13. September 1928 starb Italo Svevo in Motta di Livenza an den Folgen eines schwerenAutounfalls. Die Romane von Italo Svevo haben einen autobiographischen Hintergrund; ihre wichtigste Funktion ist aber die psychologische Vertiefung der Charaktere, die der Autor durch das Graben in ihren unruhigen und unsicheren Seelen sowie in all ihren Falten und Nuancen analysiert. Mittlerweile schafft er um sie herum ein Umfeld und ein wirklich trauriges und glanzloses Szenario.

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KULTUR

Die schönsten Ecken Italiens von Teresita Lenzo

Die Stadt Triest Ein Blick auf die Welt Tausend Gesichter betrachten, die originelle Mischung aus Kulturen, Religionen, Baustilen bewundern. Die von großen Schriftstellern beschriebenen Stimmungen genießen oder eigene erschaffen - und hierbei auch Anregungen in den historischen Cafés und Konditoreien finden … Zwischen dem herben Karst und der Adria liegend, bietet Triest seinem Besucher das Erlebnis eines einzigartigen und unvergesslichen Aufenthalts. Grenzland und Handelshafen, mit einer von der frühen Vergangenheit bis in die jüngere Zeit hinein stets turbulenten Geschichte - Triest ist ein Schmelztiegel aus Kulturen, Religionen, Baustilen, Sprachen, Ethnien und hochinteressanten Produkten. Es gibt unendlich viele Möglichkeiten für einen Rundgang durch die Stadt, die ursprünglich auf dem Hügel San Giusto entstand, wo auch das gleichnamige mittelalterliche Schloss steht. In Triest sind zahlreiche religiöse Kultstätten angesiedelt: Im Laufe der Jahrhunderte haben die wichtigsten Religionen hier ein Zuhause gefunden.Auch der Stil der werke ist extrem vielfältig: Neoklassizismus, Jugendstil,

Eklektizismus und Barock leben harmonisch zusammen, ebenso wie viele Reste von römischen Bauten sowie Bauwerke aus dem 18. Jahrhundert. Hier können Sie in den vielen Antiquitätenläden der Gassen der Altstadt, die fern von jeder Geometrie ist, die Zeit vergessen oder die Habsburger Ordnung des Borgo Teresiano (von Kaiserin Maria Theresia von Österreich erbauen lassen) bewundern; im historischen Caffé Tommaseo die besten Kaffeemischungen kosten oder in der Konditorei, wo James Joyce zu verkehren pflegte, ein köstliches Presnitz probieren; ganz zu schweigen vom Genuss der berühmten Fleischtöpfe österreichischer Tradition oder der "Sardoni in savor" (Sardinen in typischer Marinade), begleitet von einem guten Wein, in den hundertjährigen Gasthäusern. In Triest werden Sie Wege, Bilder und Stimmungen wiedererkennen, die von berühmten Schriftstellern beschrieben wurden, können aber auch von eigenen erzählen. Der unendliche Zauber dieser Stadt wird es Ihnen leicht machen, ein neues unvergessliches Kapitel über Ihren Besuch in der Region Friuli Venezia Giulia zu schreiben.

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Heute ist der herrliche große, rechteckige Platz von imposanten Palazzi perfekt eingerahmt: Hinten das Rathaus, mit dessen Bau man 1872 begonnen hatte; an der nordöstlichen Seite der 1870 errichtete Palazzo Modello, die Casa Stratti, in der sich das Caffé degli Specchi befindet, eines der ältesten Triester Cafés, 1839 eröffnet und kürzlich vollkommen renoviert, dann der Palazzo del Governo; auf der gegenüberliegenden Seite der Piazza befinden sich der Palazzo Pitteri und der Palazzo von Lloyd Triestino, der ältesten Schifffahrtsgesellschaft Italiens und einer der ältesten der ganzen Welt.

Piazza Unità

Am Meer entlang bummeln und dabei die feinen, zum Horizont schauenden Palazzi betrachten. Auf der suggestiven Piazza Unità ankommen und dort historische Bauwerke und Cafés entdecken. Ohne festes Ziel durch die Altstadt bummeln oder die breiten Straßen im unverwechselbaren Habsburger Stil entlanglaufen. Zum Beispiel bis zum lebenssprühenden "Viale". Vom Hauptbahnhof, auf der Piazza Libertà, aus gehen Sie in den Corso Cavour und gelangen zum Canal Grande, der 1756 angelegt wurde, damit die Segelschiffe ihre Waren bis in die Stadt hinein transportieren konnten. Der Kanal reichte nämlich früher einmal bis zur Kirche Sant'Antonio Nuovo, während sein letzter Abschnitt heute eingegraben ist. Er kann jetzt, auch wegen der festen Brücke, welche die Durchfahrt von Segelschiffen verhindert, nur noch von kleinen Booten genutzt werden.

Von der Piazza Unità können Sie einen Bummel durch die malerischen Straßen der Cavana, der charakteristischen Altstadt, machen oder aber nach links zur ganz nahen Piazza della Borsa gehen, um sich den imposanten Palazzo della Borsa mit seiner großen Vorhalle und den riesigen allegorischen Statuen anzusehen. Dann gelangen Sie zum Corso Italia, schlicht und einfach auch nur "Corso" genannt. Er ist die wichtigste Arterie der Stadt und wird ebenfalls von interessanten Bauten gesäumt. Anschließend kommen Sie auf die Piazza Goldoni, wo mehrere Straßen zusammenführen. Außerdem geht von diesem Platz die Scala dei Giganti (Treppe der Giganten) ab, die 1904 gebaut wurde und die hinauf nach San Giusto und zur Galleria Sandrinelli führt. Von der Piazza aus kommt man auf die Via Carducci, eine weitere wichtige Straße der Stadt, die 1850 in einem vollkommen geschlossenen Flussbett angelegt wurde: Ihre Ehrfurcht gebietenden Palazzi, die majestätische, von Bäu-

Der Kanal, dessen suggestiven Hintergrund die Kirche Sant'Antonio bildet und der von der Brücke "Ponterosso" überspannt wird - nach ihr wurde übrigens auch das Viertel benannt -, wird von schönen Palazzi flankiert, darunter auch der Palazzo Carciotti, heutiger Sitz des Hafenamts. Anschließend stoßen Sie - am Meer entlang laufend - linker Hand auf das ehemalige Rathaus, dann auf die Kirche San Nicolò dei Greci, die Piazzetta Tommaseo mit dem berühmten alten Café, das einst Mittelpunkt patriotischer Unruhen war und noch heute gern von Künstlern besucht wird, und gelangen, nachdem Sie auf der rechten Seite die Mole "Molo Audace" hinter sich gelassen haben, auf die große Piazza Unità, einen der schönsten Orte der Stadt.

Treppe der Giganten

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tige funktionen in sich: er erleuchtet den Golf von Trieste und dient somit der schiffahrt; gleichzeitig ist er aber auch ein denkmal an die im 1° weltkrieg gefalIenen marinesoldaten, wie es in de inschrift heißt: "SPLENDI E RICORDA I CADUTI SUL MARE MCMXVMCMXVIII" ("Leuchte un gedenke der Gefallenen zur See 1915-1918").

men eingerahmte Breite, die schönen, von hier abgehenden Alleen (insbesondere Viale XX Settembre, auch liebevoll "Viale" oder "Acquedotto" genannt, denn hier verlief einst die theresianische Wasserleitung) beschwören die Anlage österreichischer Prägung herauf, die das Triest des 19. Jahrhunderts bestimmte. Siegesleuchtturm Ein imposantes bauwerk, das vom triestiner architekten Arduino Berlam (1880-1946) und vom bildhauer Giovanni Mayer (1863-1943) geschaffen wurde, vereinigt zwei wich-

Schon 1918 kam man auf die idee, den leuchtturm zu errichten. Dazu ausersehen wurde die Anhöhe von Gretta, die wegen ihrer hoehe (60 m. über dem meeresspiegel) sowie wegen der festen grundmauern der runden bastion der ehemaligen österreichischen festung Kressich (zwischen 1854 und Viale XX Settembre 1857 erbaut) ideal dafür erschien.Der leuchtturm besteht aus einem breiten sockel, der die bastion der österreichischen festung einschließt; außen ist er mit steinblöcken vom Karst und aus lstrien verkleidet.Auf der säule steht ein kapitell, auf dem der sogenannte "Mastkorb" ruht; in ihm befindet sich das käfigförmige gerüst aus bronze un glas der laterne, die von einer bronzekuppel mit schuppenartiger verzierung bedeckt ist. Die kuppel krönt die kühne "statua della Vittoria" (ca. 700 kg schwer) aus getriebenem kupfer, des bildhauers Giovanni Mayer. Zum ornamentalen teil gehört auch die mächtig wirkende, 100 tonnen schwere gestalt des Marinesoldaten aus OrseraStein, die ebenfalls von Mayer geschaffen wurde. Unter der statue befindet sich der anker des zerstörers Audace (d.h. des ersten italienischen schiffes, das den Triester Hafen am 3 november 1918 anlief), ein geschenk des marineministers admiral Thaon di Revel, zusamrnen mit den zwei geschossen der Viribus Unitis, die sich an den seiten des leuchtturmeingangs befinden. Die laterne Iiegt in ungefähr 130 m höhe über dem durchschnittlichen meeresspiegel und besteht aus einem leuchtkörper mit einer durchshnittsstärke von 1.25O.OOO NK und einer reichweite von 34-35 meilen. Der leuchtkörper dreht sich alle 45 sekunden einmal um seine achse. Die im februar 1923 begonnenen bauarbeiten wurden am 24 mai 1927 mit der einweihungsfeier in anwesehneit von König Vittorio Emanuele III. Abgeschlossen. Für den bau dieses imposanten werkes, dessen gesamtgewicht 8.000 tonnen beträgt, wurden 1.300 m3 Orsera und Gabrie stein. 2.000 m3 beton und 11 waggons d.h. 100 tonnen eisen verwendet. Der Schlosspark In Golf von Grignano liegt der Park von Castello di Miramare. Bis 1851 war dieses Gebiet Ödland. Dann veränderte der junge und romantische Erzherzog Maximilian von Habsburg diese Gegend, indem er dort sein eklektisches weißes Schloss, mit dem wunderschönen Park, errichten ließ. Vermutlich war es der junge und von der Botanik begeisterte Erzherzog, der die Gartengestaltung der Hügellandschaft übernahm, unterstützt durch seinen treuen Gärt-

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Park von Miramare

ner Jellinek. Das Ergebnis ist ein Küstengarten auf einem kleinen Kap, mit gewundenen Wegen, Treppchen und einem Parterre mit Terrassen, die nach Westen blicken. Auf Wunsch des Erzherzogs entwickelte sich der Park von Miramare zu einem ausgesprochenen botanischen Labor, wo dem kalten Winter von Triest durch die Aklimatisierung der exotischen Pflanzen getrotzt wurde. Um zumindest einen Teil der durch den Bora-Wind verursachten Schäden zu vermeiden, ließ der Erzherzog einen dichten österreichischen Schwarzkiefernwald als Windschutz pflanzen. Eine Notlösung, die auch in anderen Besitztümern an der Küste zur Anwendung kam. Vom Parkeingang führt ein Weg zum weißen Bau des Schlosses aus Istrien-Stein. Beim Schloss gabelt sich eine monumentale und über 100-jährige Glyzinienlaube, eine Erinnerung der Reisen nach Süditalien: Richtung Norden führt sie zu einem Teich, umgeben von Chamaerops humilis Hainen und weiter zum größeren Lago dei Cigni (Schwanenteich), mit blühenden Kaiserbäumen auf der kleinen Insel, und schließlich zum Bambushain und zur Macchia mediterranea aus Lorbeer und Erdbeerbäumen. In der entgegengesetzten Richtung, gibt die Laube den Blick auf das sonnige Parterre frei, mit terrassierten Gärten zum Meer und zur Sonne hin. Beschnittene Buchsbaumhecken bestimmen die Geometrie der Blumenbeete, in denen einjährige Pflanzen, Tulpen, Prächtiger Salbei und die vom Erzherzog bevorzugten Veilchen blühen, u. a. die gelbe Zwerg-Levkoje. Letztere wurde vom Gärtner Jellinek zwischen den Felsen des nahen Castello di Duino gepflückt. In der Mitte vom Parterre erheben sich klassische Statuen,

Kopien der berühmten Modelle aus der Antike, auf Säulen aus rosarotem Granit. Aus dem angelegten Park geht es über Terrassen und Treppen hinunter ans Meer. Der Weg wird durch wunderschöne Steineichen, Zypressen und AleppoKiefern gesäumt. Stadtmuseum Baron Revoltella Es wurde der Stadt im 1869 vom Baron Pasquale Revoltella, einem großen Mäzen, gestiftet. Er liebte es, sich mit Werken alter Meister und der Avantgarde zu umgeben. Das vom Architekten Carlo Scarpa restaurierte und erweiterte Museum beherbergt heute eine der wichtigsten italienischen Kunstsammlungen des 19. Jahrhunderts an moderner und zeitgenössischer Kunst. Das römische Theater

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Die Küstenstrasse Sistiana - Triest Die Küstenstrecke von Triest bis ins 12 km nordwestlich gelegene Sistiana ist wohl die schönste Panoramafahrt entlang der italienischen Adria. Faszinierende elf Kilometer. Bevor die Küstenstraße im Jahr 1928 verwirklicht und im gleichen Jahr vom US-Magazin „Life“ als schönste in Europa bezeichnet wurde, konnte man, wenn man von Venedig nach Triest reisen wollte, nur zwischen einer Schiffsreise und einer Zugsfahrt wählen.Was für die Bewohner von Los Angeles der Highway Number One oder für die Menschen, die in Nizza leben, die Corniche, ist den Triestinern ihre Strada Costiera - die Küstenstraße zwischen der AdriaHafenstadt und dem Seebad Sistiana. Die Traumstraße der Adria feiert heuer ihren 80. Geburtstag. Wenn man sich von Udine kommend und das Seebad Sistiana hinter sich lassend der Stadt nähert und das erste Mal das Meer vor Augen hat, empfängt einen eine atemberaubende Aussicht: Der Blick streift den Golf entlang vorbei an Piran und Isola, man sieht die Hügel des Karsts, die weiße Stadt Triest und das Schloss Miramar. Wenn man den Blick zur Steilküste lenkt, erblickt man Santa Croce, das alte Dorf der Fischer, das 200 Meter über dem Meer am Fels kauert. Weiter unten, wo die Klippen ins Meer zu stürzen scheinen, sieht man kleine Buchten und Galerien aus Fels. Eine Reihe von Aussichtspunkten erlaubt es, in Ruhe die Panoramen zu genießen. Tief unten glitzern kleine Buchten, die nur teilweise von der Landseite her zugänglich sind, oft bleibt nur der neidvolle Blick auf die Besitzer der zahlreich kreuzenden Yachten und Motorboote. Von Norden nach Süden die Buchten, die von der Küstenstraße aus zugänglich sind, sei es, weil sie an einer solchen Urbanisation liegen, weil eine Schotterpiste hinab angelegt wurde oder weil es einen Fußweg gibt. Eine Tankstelle existiert auf der gesamten 11 Kilometer langen Strecke nicht. Die Rilkepromenade Auf der Strecke der Riviera Triestina zwischen Duino und Sistiana bietet der "Rilke Spazierweg" Gelegenheit zu einem im ganzen Mittelmeerraum einzigartigen Spaziergang. Seinen Namen verdankt er dem aus Prag stammenden Dichter Rainer Maria Rilke, der 1911 und 1912 im Schloss von Duino Gast der Fürsten von Thurn und Taxis war; traditionsgemäß soll der Dichter während seiner Spaziergänge auf diesem Weg zu den Versen der „Duineser Elegien“ inspiriert worden sein. Von der Provinz Triest und der Gemeinde Duino-Aurisina wieder instandgesetzt, ist der Spazierweg, nachdem er jahrelang unbegehbar war, jetzt wieder dem Publikum zugänglich gemacht worden, dank vor allem der großzügigen Konzession und auf Wunsch Seiner Durchlaucht, des Fürsten von Thurn und Taxis. Der Rilke Spaziergang ist von beeindruckender

Schönheit und erhielt seinen Namen zu Ehren des Dichters, der während seines Aufenthalts im Schloss von Duino die Duineser Elegien schrieb. Il Sentiero Rilke, der Rilke-Weg im Golf von Triest, beginnt auf dem letzten Felssporn des Karst über dem Fischerstädtchen Duino. Auf der Terrasse vor den festungsartigen Mauern

Die Küstenstrasse Sistiana

der Residenz hat der österreichische Schriftsteller bei seinem Aufenthalt im Jahre 1912 am liebsten geschrieben. Vielleicht, weil der Blick von der Isonzo-Mündung über weiße Segeldreiecke in der Bucht von Triest bis hinüber zu den Spitzen Istriens nicht nur einfach wunderschön, sondern auch symbolträchtig ist. Der von Rilke gerne aufgegriffene Kontrast zwischen technisierter und lyrischer Welt spiegelt sich wie nachträglich inszeniert in der hiesigen Landschaft. In einiger Entfernung die großstädtisch-technische neoklassizistische Skyline von Triest mit ihrem ausufernden Hafen. Andererseits die lyrische Welt des Schlosses samt idyllischem Gartenparadies mit Terrassen, Palmen, Zypressen, Bougainvilleae, römischen Statuen und Springbrunnen. Und noch viel mehr gibt es auf dem Rilke-Weg. An der senkrecht in die See stürzenden Felsküste schlängelt sich, 80 Meter hoch, zwischen Adria und azurblauem Himmel der Sentiero vom Schloss bis hinüber zum Yachthafen in der Bucht von Sistiana. Wer nicht gezwungen ist, am Wochenende den Dichterspuren durch die mediterrane Flora zu folgen, kann unter dichtgrünem Dach Weltentrückung und poetische Empfindungen genießen. Die Luft ist geschwängert vom Duft von Lavendel und Rosmarin. Inmitten bizarrer Steinfelder im nackten Karstfels leuchten lila Glockenblumen und an den Wurzeln verschlungenen Strauchwerks Veilchen. Im Herbst kontrastiert das flammend rote Laub der Macchia besonders intensiv mit dem weißen Kalkstein. Pilgerfalken kreisen, Blaumerlen und Sandkopfgrasmücken schwirren am Himmel über den Karstklippen wild zwischen Möwen und Dohlen. Immer wieder tun sich im dichten Grün des Weges "Fens-

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ter" auf, die den Blick in stets neuer Perspektive auf Fels, Golf und Castello Duino freigeben. Noch nicht einmal die ehemaligen deutschen FlakBatterien stören. Im Gegenteil, bei Sonnenuntergang sind sie heute überaus begehrte Rast und Aussichtsplätze. So viel besinnliche Schönheit für alle gibt es erst seit fünf Jahren. Lange Zeit konnten nur die von "Torre e Tasso" den Reiz des Rilke-Wegs genießen. Wenn auch nicht ohne Gefahr. Der Pfad war unwegsam, an etlichen Stellen musste regelrecht durch die Klippen gekraxelt werden. Inzwischen gestattet der italienische Zweig derer von Thurn und Taxis den Zugang und hat gemeinsam mit der Provinz Triest und der Kommune Duino-Aurisina einen gut begehbaren Weg durch die Felsen angelegt. Trotzdem sind feste Schuhe wegen der Passagen auf zerklüftetem Kalkstein anzuraten. Eine Reise durch die Gaumenfreuden Wunderschön sind die Cafes und die kleinen Büfetts, wo man ein "misto caldaia" (Eintopf) kosten kann. Interessant sind auch im nahen Karstgebiet die "Osmizze", characteristsche Lokale, wo man die Gelegenheit wahrnehmen kann, Weine und typische Produkte der Gegend zu probieren. Österreichische, ungarische und slawische Einflüsse haben in Triest zu einer einzigartigen, unnachahmbaren Einheit gefunden. In den einzigartigen Buschenschenken und traditionellen Konditoreien viele Spezialitäten und Gaumenfreuden. n der gastronomischen Tradition von Triest vermischen sich Einflüsse, die es in keinem anderen Teil Italiens gibt. Die Triestiner Küche wurde von der deutschen, slawischen, ungarischen und sogar der griechischen Küche beeinflusst. Eine der typischen Gewohnheiten ist der Rebechin, der aus einem traditionellen Imbiss besteht, den man zu jeder Tageszeit normalerweise im Stehen einnehmen kann in den Imbissstuben, die man überall in der Stadt findet. Eine echte Touristenattraktion sind die aus der slowenischen Tradition übernommenen Osmizze. Privathäuser im

Acquarium

Karst öffnen für kurze Zeit Gästen ihre Türen; da kann man dann typische, bodenständige Produkte (Wein, aber auch Wurst und Käse) in einer reizenden ländlichen Umgebung probieren. Das Triestiner Hinterland bietet eine Vielfalt von ausgezeichneten Produkten an; nicht nur Weine, insbesondere Weißweine, werden hoch geschätzt von Kennern und Experten der Kochkunst, sondern auch das Triestiner Olivenöl vom Karst. Eine besondere Spezialität der julischeu Küche, ein einfaches Gericht, das aber heute in den besten Restaurants serviert wird, ist die Jota, eine schmackhafte Suppe, deren Grundzutaten Bohnen, Kartoffeln und Sauer-kraut sind. Was den Kuchen angeht, hat Triest das Beste der mitteleuropäischen Tradition aufbewahrt. In den Konditoreien der Stadt findet man österreichischen, ungarischen und slawischen Kuchen darunter Krapfen und Strudel, Sachertorte, Dobos und Rigojanci, Presnitz und Putizza. Eine Pause, um den Gaumenfreuden zu frönen, wird zu einer richtigen Reise durch Aromen, Genüsse, Düfte und Farben, die verschiedenen Kulturen angehören, aber in dieser Stadt zu einer Café San Marco einmaligen und unnachahmbaren Einheit gefunden haben.

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Triestiner Kulinarium Triest ist vom Duft nach Zimt, Vanille und Schokolade durchdrungen, und legt Wert darauf, eine Art olfaktorisches kollektives Gedächtnis am Leben zu erhalten, so als könnte man sich nur aufgrund dieser Gerüche und Geschmäcker wirklich als Triestiner fühlen. In den Rezepten dieser friaulischen Koiné, ein Ergebnis von neuen Zubereitungsformen aus den unterschiedlichen Traditionen, lassen sich zumindest drei verschiedene Schichten unterscheiden: Die

erste ist ein Erbe der volkstümlichen Küche des Karsts und der angrenzenden istrischen Gegenden. Die zweite beinhaltet die feine, bürgerliche Küche, die von den Familien der Beamten und Militärs des Habsburgerreiches einge führt wurde, aber auch von bedeutenden Kaufleuten aus Dalmatien, Griechenland und der Türkei. Die dritte Schicht ist schließlich das Erbe einer äußerst anspruchsvollen internationalen Küche, die auf den Schiffen des österreichischen Lloyd gepflegt wurde..

Typische Rezepte Triester Torte

Triester Schmorschnitzel

Zutaten für 12 Portionen

Zutaten für 4 Personen 4 Schweineschnitzel 60 g Dörrfleisch 3 Zwiebel(n) 4 Tomate(n) 1 Paprikaschote(n), grüne ½ Dose Champignons, oder ca.300 g frische 1 TL Brühe, gekörnte 1 Becher saure Sahne Mehl, Salz, Öl

210 g Mandel(n), gemahlen 210 g Butter 210 g Zucker 6 Ei(er) 100 g Zwieback, gemahlen 100 g Schokolade, zartbitter 2 Gläser Rum 1 Pkt. Backpulver 200 g Kuvertüre Zubereitung Eier trennen. Butter, Zucker, Eigelb weißschaumig rühren. Die gemahlenen Mandeln und den gemahlenen Zwieback mit dem Backpulver löffelweise hinzugeben. Eiweiß zu steifen Schnee schlagen, Schokolade in kleine Stücke schneiden (nicht reiben!) Die Schokoladenstückchen in den Teig geben zum Schluss vorsichtig den Einschnee hinzugeben. In eine gefettete, mit Backpapier ausgelegte Springform geben. Bei Mittelhitze 3/4 bis 1 Stunde im vorgeheizten Bachofen abbacken. Kuchen abkühlen lassen, mit dem 2 Gläsern Rum tränken. Kuvertüre oder Zartbitterschokolade im Wasserbad oder in der Mikrowelle schmelzen und den Kuchen damit überziehen.

Zubereitung Schnitzel salzen, pfeffern und in Mehl wenden, von beiden Seiten anbraten, herausnehmen und in eine gefettete Auflaufform geben.

Dörrfleisch und Zwiebeln würfeln und in etwas Öl anbraten, dann über die Schnitzel geben. Die Tomaten häuten und achteln. Die Paprikaschote in Streifen schneiden. Frische Champignons in Scheiben schneiden und leicht anbraten (bei den Dosenchampignons ist das Anbraten nicht nötig). Der Kuchen schmeckt am besten, wenn er mindestens 2 Tage durchgezogen ist. Ist ein traumhafter Kuchen, der sich wunderbar vorbereiten lässt, mit geschlagener Sahne serviert ein absoluter Genuss!

Tomaten, Paprikaschote und Pilze in die Auflaufform geben. Im Backofen bei 200- 220 Grad ca. 45 Minuten schmoren lassen. 1 TL gekörnte Brühe und nach Belieben die saure Sahne in den Sud rühren. Dazu passt prima Reis.

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