Ricerca Università Firenze - Gruppo Chianti

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STUDENTI: BARRACO ILEANA BIANCHI GIANCARLO BOBKOVA POLINA BRAGA LUCAS DE ALFIERI CRISTINA DI CLEMENTE CESARE DI DOMENICO DOMENICO D’AGOSTO DANIELA IANNOTTA ANGELO MIRABELLI DEBORA MORETTI MARTA NENCIONI RACHELE OLIVEIRA ROBERTA ANDRIES PRADO LETÌCIA RAQUEL LILIANE RIBEIRO VICTOR STAGNITTA JESSICA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE - CDL MAGISTRALE IN DESIGN ANNO ACCADEMICO 2015-2016 CORSO DI: Design e Tecnologie per la Sostenibilità DOCENTI: Prof. Giuseppe Lotti - Prof. Marco Fioravanti COLLABORATORI: Valentina Frosini, Debora Giorgi, Ronaldo Gulfke, Marco Marseglia, Stefano Visconti, Ambra Qurcioli, Irene Fiesoli SEMINARIO: GREVE IN CHIANTI


SOMMARIO

1 IL TERRITORIO DEL CHIANTI 1.1 IL CHIANTI E LA SUA STORIA 1.2 CHIANTI:PATRIMONIO CUTURALE (MATERIALE -IMMATERIALE) 1.3 IL CHIANTI, PRODUZIONE MANIFATTURIERA ED AGROALIMENTARE 1.4 IL PAESAGGIO DEL CHIANTI 2 TOSCANA 2.1 CULTURA CONTADINA E MANUFATTI 2.2 CONNESSIONI CON ALTRI TERRITORI 3 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6

ARTE E DESIGN ARTE AMBIENTALE DESIGN E BENI CULTURALI NUOVI LINGUAGGI ARTISTICI TERRACOTTA E DESIGN DESIGN E VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO DESIGN E ARREDO PER ESTERNI (URBANO E NON SOLO)

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IL PERCORSO, ESPERIENZA DIRETTA SUL TERRITORIO


1 IL TERRITORIO DEL CHIANTI 1.1 ll Chianti e la sua storia Cesare Di Clemente, Marta Moretti, Jessica Stagnitta

In alto a destra, territorio chiantigiano in vista tramonto. In basso a destra, costruzione di un villaggio etrusco. In basso a sinistra, vaso etrusco con pitture nere su sfondo rosso che raffigura la raccolta dell’uva.

Il Chianti Storico è quel territorio, posto tra Siena e Firenze, costituito dagli attuali comuni di Radda, Gaiole e Castellina, entrati a far parte del Senese all’inizio dell’Ottocento, durante la dominazione francese, e poi confermati alla Provincia di Siena con l’Unità d’Italia. Nel Medioevo Siena ghibellina, dalla parte dell’Imperatore, e Firenze guelfa, schierata con il Papa, si scontrarono più volte nel territorio chiantigiano per estendere i propri domini. Le ostilità fra le due città ebbero una prima tregua all’inizio del Duecento e, con il Lodo di Poggibonsi del 1203, si stabiliva in maniera definitiva una linea di confine tra i contadi delle due città rivali, che sanciva il controllo fiorentino del Chianti. Firenze, una volta assicuratasi il potere delle terre di confine con lo stato di Siena, nel quadro della ristrutturazione del proprio contado in “leghe”, a partire dalla metà del Duecento, istituì la Lega del Chianti, documentata per la prima volta nel 1306. Si trattava di un’organizzazione politico-militare con la funzione di amministrare un vasto territorio che, per la sua ampiezza, venne diviso nei ‘terzieri’ di Radda, Gaiole e Castellina. In questo modo Firenze aveva un organismo che ne rappresentava il potere su quelle terre. Il capo della Lega era il Podestà che aveva dimora a Radda e dal quale dipendevano anche i Terzieri di Gaiole e Castellina. Sebbene ogni paese fosse sostanzialmente autonomo, tutti dovevano sottostare all’autorità del Podestà e, quando necessario, lo spirito dell’ordinamento voleva che i “popoli’” dei tre terzieri si aiutassero a vicenda. L’origine del nome Chianti non è del tutto sicura. Le fonti storiche fanno pensare che a “battezzare” queste terre siano stati gli Etruschi. Clanis sembra essere stato il nome con cui questo popolo indicava un torrente che scaturiva vicino a Montegrossi, l’attuale Massellone. Altre fonti ci ricordano però che in numerose iscrizioni è stato ritrovato il nome Clante appartenuto ad un’importante famiglia etrusca che abitava questi luoghi. Tracce dei primi insediamenti umani e della prima realtà contadina, si riscontrano in Toscana fin dal II millennio a.C. Ma la storia di questa regione è fortemente ancorata alla civiltà degli Etruschi, che proprio in questa regione affondarono le radici del loro regno. Gli Etruschi incisero fortemente sul territorio del Chianti, poiché la sua posizione, il clima mite e salubre, i ricchi boschi e il terreno fertile, permisero a questo popolo saggio e ingegnoso di insediarsi e sviluppare le proprie capacità.


Nel territorio toscano e in particolare nel chiantigiano, gli etruschi modificarono e portarono importanti trasformazioni nel campo dell’agricoltura e della pastorizia, in quanto regolate da leggi molto severe, di carattere sacro, costituivano la risorsa principale dell’economia etrusca. Inoltre, a loro si deve anche l’introduzione della coltivazione della vite. Furono gli Etruschi a introdurre in Italia la scienza della misurazione dei terreni, facendo ricorso ad uno strumento particolare che si chiamava groma. I loro sacerdoti delimitarono per primi, con un rituale solenne, i campi dei singoli proprietari, decretando che chi avesse spostato una pietra o cippo di confine, sarebbe stato condannato a morte. Gli etruschi riuscivano ad ottenere un raccolto pari a quindici volte il seminato: una quantità che farebbe disperare un agricoltore di oggi, ma per l’epoca era veramente considerevole. I buoni risultati erano dovuti, oltre alla fertilità della terra e alle favorevoli condizioni climatiche, ma molto anche al lavoro: gli agricoltori etruschi arrivarono ad arare sino a nove volte i campi scelti per la semina e a realizzare una fitta rete di cunicoli sotterranei, come a Chiusi, a Caere(Cerveteri) e soprattutto a Veio, per drenare o irrigare, a seconda della necessità, il terreno.

La groma, strumento utilizzato dagli Etruschi e, successivamente, dell’antica Roma, che serviva per tracciare sul territorio allineamenti tra loro ortogonali, necessari per il tracciamento di nuove città, quartieri e strade o per frazionare il territorio in quadrati o rettangoli, al fine del calcolo delle superfici. In alto a destra, aratro etrusco. In basso a destra, buoi che servivano ai contadini etruschi nell’utilizzo dell’aratro.


La produzione agricola etrusca veniva lodata anche per la qualità del frumento. I prodotti agricoli raccolti erano anche commercializzati, ad esempio durante il V secolo a. C., in occasione di periodiche carestie. Il vino e l’olio, le cui produzioni iniziarono attorno al 630 a. C., erano esportati in zone geograficamente molto distanti. Sui sistemi di conduzione agricola influì l’insegnamento dei coloni greci, intorno all’ VIII secolo a.C., poiché gli etruschi erano bravi allievi e acquisirono rapidamente le conoscenze e le svilupparono in modo originale. Ad esempio, per quanto riguarda il funzionamento di una fattoria nella civiltà etrusca, si provvedeva alle coltivazioni, ma anche alla conservazione e alla vendita dei prodotti; vi si realizzavano i contenitori di terracotta e vi si tessevano le vesti dei contadini. L’attrezzatura dell’agricoltore etrusco comprendeva anche una serie di attrezzi agricoli: zappe, falci, vanghe e aratri leggerissimi dotati di vomeri di ferro. Alcuni sono stati rinvenuti, talvolta in forma miniaturizzata, negli scavi, altri sono raffigurati su oggetti d’arte. L’aratro, soprattutto, era uno strumento che doveva aiutare l’agricoltore nella sua fatica quotidiana e consentirgli di svolgere al meglio il proprio lavoro, poichè in principio era trainato dalla forza dell’uomo con il passare del tempo venne trascinato da buoi di straordinaria potenza.Una risorsa ulteriore era rappresentata dallo sfruttamento dei boschi, che coprivano vaste zone del territorio del Chianti: gli alberi ad alto fusto erano utilizzati nell’edilizia e nella costruzione di

navi, gli altri per il riscaldamento. Sempre per il mondo etrusco, un notevole salto di qualità nei procedimenti di coltivazione dei cereali fu costituito dall’avvento del sistema a maggese; esso si sostituì a sistemi più antichi, come quello “a campo d’erba”, che prevedeva l’abbandono del lotto di terra dopo il raccolto, o quello a “debbio”, che sfruttava i suoli disboscati, il cui legname veniva bruciato. Il sistema a maggese, che prevedeva l’uso dell’aratro e il riposo annuale del campo con una sua utilizzazione secondaria (coltivazione di legumi, pascolo), si accompagnò all’affermazione di un regime di proprietà ben definito. Nell’introduzione delle colture intensive della vite e dell’ulivo in Italia non è agevole determinare il reale influsso esercitato dai coloni greci; poiché la diversità dei termini vino e olio e dei loro significati, hanno fatto ipotizzare che la coltivazione della vite e dell’ulivo, con il conseguente consumo di vino e di olio, si sia affermata in due fasi differenti. La coltivazione degli ulivi non sembra avere raggiunto la dimensione di quella della vite, ma le olive erano considerate un alimento particolarmente proteico e l’olio era utilizzato anche come componente importante nei balsami (in proposito va richiamata l’ampia distribuzione degli unguentari in bucchero o in argilla figulina imitanti la produzione corinzia) e come liquido per l’illuminazione.

Nella foto sotto, gruppo bronzeo etrusco con aratore e buoi pertinenti alla decorazione plastica di un carrello bruciaprofumi da Bisenzio, fine VIII secolo a. C.

Nella foto sopra, aratro votivo in bronzo.


Nell’antichità gli Etruschi erano considerati maestri di idraulica, poiché conoscevano perfettamente anche le tecniche idrauliche già sperimentate in Egitto, Mesopotamia e Grecia. Anche la tradizione letteraria è stata confermata dalla ricerca archeologica, che ha iniziato, in particolare dal secondo dopoguerra, a investigare l’articolato sistema di canali di irrigazione presente nel territorio trusco e in Toscana. Dietro ai notevoli risultati ottenuti dagli agricoltori etruschi, vi erano salde conoscenze teoriche, fra cui quelle necessarie a regolamentare le risorse idriche, infatti sapevano

Qui sotto a sinistra, Gaiole in Chianti, scavi pozzo etrusco che ritrae uno dei sistemi di canalizzazione dell’acqua sviluppata dagli etruschi. In basso a destra, vinaccioli (ovvero semi dell’acino dell’uva utilizzati durante il processo di produzione del vino in quanto svolgono funzioni organolettiche e sensoriali) ritrovati all’ interno del pozzo di Gaiole.

costruire canali e dighe per irrigare terreni aridi e, sapevano anche prosciugare paludi col sistema del drenaggio. Inoltre in Maremma si trovano ancora oggi i resti degli impianti progettati per lo sfruttamento dell’acqua piovana. Non sembra invece che gli Etruschi si occupassero della coltura degli ortaggi, che per caratteristica, causa la facile deperibilità, non potevano diventare merce di scambio con territori lontani.


Il passaggio all’epoca romana è documentato con scarsi reperti, rispetto all’epoca etrusca: l’unico fatto di rilievo è la divisone amministrativa operata dai Romani tra i municipi di Fiesole, di Arezzo e in epoca augustea di Siena. Il periodo longobardo ci è noto per le lunghe contese tra i vescovi di Siena e di Arezzo per la spartizione del territorio. All’Alto Medioevo si può quindi far risalire una sommaria divisione del territorio fra i feudatari e i religiosi delle grandi abbazie, un’equilibrata spartizione tra potere temporale e spirituale. Nel X secolo il Chianti appariva diviso in vari feudi, ma nel Medioevo non ci furono mai rivolte di schiavi e contadini, come durante il periodo romano. Il feudo era organizzato come un sistema chiuso, una grande famiglia: i contadini dovevano cedere una parte del raccolto al signore, ma questo gli offriva protezione e riparo in caso di scorrerie e aggressioni dall’esterno. In questo periodo la regione si dissemina di una miriade di castelli, posti per la maggior parte su collinette in posizioni militarmente strategiche. Le famiglie della nobiltà longobarda e franca sono spesso rimaste proprietarie fino ai giorni nostri di grandi tenute che, non hanno mai abbandonato, dedicandosi alla cura del territorio: profondamente legati alla loro terra.

A sinistra. il passaggio storico del Chianti. A destra, ingresso di una casa rurale.

Per un secolo, a partire dalla metà del Quattrocento, il Chianti fu sconvolto da guerre e invasioni che coinvolsero tutta l’Italia. Nel 1452 nel Chianti il bestiame venne razziato, il raccolto depredato, i migliori uomini uccisi o fatti prigionieri. Nei venticinque anni successivi la Repubblica Fiorentina si dedicò completamente alla ricostruzione del suo territorio. Ma nel 1555 Firenze ebbe finalmente ragione dell’odiata rivale: con la caduta della Repubblica Senese e l’affermarsi del potere forte e pacificatore del ducato mediceo su tutto il territorio toscano, iniziò per il Chianti un lungo periodo di pace e di tranquillità. I suoi abitanti poterono finalmente dedicarsi completamente alla cura e alla valorizzazione del proprio territorio. Il Chianti cambiò progressivamente volto: i castelli persero la loro funzione e si trasformarono in grandi ed eleganti ville e fattorie. L’agricoltura si sviluppò appieno: è sintomatico che proprio a partire da quest’epoca cominciò a diffondersi la fama del suo più illustre prodotto. Durante il Granducato mediceo e lorenese il sistema della mezzadria improntava i rapporti sociali e il paesaggio rurale.


Nel 1716 Cosimo III individuò per la prima volta una zona di produzione vinicola di particolare pregio che, oltre a quelle storiche, comprendeva anche le terre di Castelnuovo Berardenga, Barberino Valdelsa, Tavarnelle e San Casciano. I granduchi lorenesi incoraggiarono sia lo sviluppo di tecniche agricole più moderne, sia il miglioramento delle condizioni dei contadini, premiando le fattorie che applicavano soluzioni sociali dettate dalle idee illuministiche. Ma è nella seconda metà del Novecento che la zona vive una straordinaria trasformazione: dal sistema poderale mezzadrile si passa velocemente all’organizzazione di vigneti specializzati e di grandi dimensioni, gestiti da moderne aziende che determinano il successo internazionale

Nelle foto sotto, veduta di un casolare contadino e capanno degli attrezzi.

del Chianti. Le suggestioni della modernità spingono migliaia di contadini a trasferirsi in città e se i paesi chiantigiani non si spopolano è solo grazie all’arrivo di immigrati meridionali. Le vecchie vigne, le colture praticate all’epoca della mezzadria, scompaiono per lasciare il posto a vigneti dai filari geometrici predisposti per un’agricoltura meccanizzata. Una parallela trasformazione si verifica anche per le case coloniche: persa la loro funzione di abitazioni contadine, diventano o seconde case o agriturismi o nuove abitazioni per italiani e stranieri desiderosi di fuggire la caotica società urbana per stabilirsi in uno dei più bei paesaggi collinari italiani.


“Il museo Emilio Ferrari della Cultura Contadina” raccoglie ed espone al pubblico oggetti che provengono dalla donazione dell’ingegnere Emilio Ferrari (1915-1990), a cui è intitolato il Museo. L’ingegnere di origini liguri, si trasferì a San Donato in Poggio (Tavarnelle Val di Pesa) negli anni Settanta, e grande appassionato della cultura contadina toscana nei suoi molteplici aspetti, iniziò a raccogliere oggetti e utensili legati agli antichi mestieri della zona chiantigiana. Della raccolta fa parte una nutrita collezione di attrezzi, utensili e strumenti che documentano lo svolgimento delle attività produttive ed il piccolo artigianato legato alle attività del mondo rurale chiantigiano, nonché un cospicuo gruppo di utensili e contenitori in rame prevalentemente del XIX secolo, di varia provenienza. il museo della civiltà contadina è esposto in due sezioni separate da un arco in muratura. La prima di esse contiene pannelli del falegname, del ciabattino e del fabbro. La seconda sezione del museo è invece dedicata al mestiere del contadino, figura attorno alla quale ruota tutto. il mondo rurale: un primo pannello offre una scelta di utensili legati al lavoro nei campi

(roncole, martelli e falci da pagliaio), segue un pannello dedicato alla zootecnia con strumenti utilizzati per il lavoro con gli animali (morsi, gioghi, forbici da tosatura, brusche) e un calesse sul quale sono appoggiate due selle, un basto e dei finimenti; un pannello specifico è dedicato alla produzione e alla conservazione dell’olio e del vino, con strumenti utilizzati nelle varie fasi di lavorazione. Un pannello dedicato alla casa contadina termina idealmente il percorso espositivo offrendo una serie di oggetti legati alla vita quotidiana (ferri da stiro, strumenti per la tessitura e la lavorazione della canapa, utensili per la cottura e la preparazione dei cibi). Oltre ai monumenti, molte altre “bellezze minori “: austeri castelli, stupende ville storiche e antiche Fattorie che raccontano la cultura, la sensibilità e la ricchezza delle antiche famiglie signorili, ma anche le semplici dimore contadine, divenute nella loro armoniosa essenzialità parte del paesaggio chiantigiano e simbolo del “casale toscano”.

Nelle foto qui sotto, tegami e strumenti quotidiani esposti nel museo “Emilio Ferrari della Cultura Contadina”, Pieve di San Donato in Poggio.

Nella foto sopra, sala espositiva nel museo “Emilio Ferrari della Cultura Contadina”, Pieve di San Donato in Poggio.


Il Museo della Civiltà Contadina di Gaville ha trovato sede, sin dal 1974, nei locali della canonica della pieve romanica di San Romolo e in altri annessi rurali. Il materiale esposto, testimonianza della comunità agricola del Valdarno fiorentino, è organizzato secondo due sezioni principali: il tema del “lavoro”, legato ai cicli produttivi della campagna, come la coltivazione e la lavorazione dei prodotti tipici (in particolare grano, olio e vino) e le attività domestiche di tessitura e di filature; il tema della “vita quotidiana”, con l’accuratissima ricostruzione ambientale di spazi esemplari, come la cucina, la camera da letto, la cantina. Il museo accoglie oltre 6500 pezzi – il cui numero è continuamente accresciuto grazie a private donazioni – disposti in tredici sale e nel cortile esterno, dove sono sistemate ruote di carri e barrocci, ruote

Nella foto in bassdo a sinistra, veduta paesaggistica del museo di Gaville. Nella foto in alto a destra, sala esposizione dell’ erbario. Nella foto in basso a destra, sala esposizione della camera da letto.

per fare le funi, una macina in granito, un truogolo, la cisterna per la raccolta delle acque piovane e l’abbeveratoio in pietra. Il cuore di tutto il museo è però un frantoio in pietra del 1729 di dimensioni monumentali, corredato da tutti i macchinari e gli attrezzi indispensabili alla produzione dell’olio. In una saletta dedicata all’erbario secco è invece esposta la raccolta delle erbe medicinali più comuni della zona, collezionata nei primi anni del Novecento da un ragazzo genovese, figlio di una insegnante dei dintorni. Particolarmente curiosa è invece la raccolta di santini e immaginette sacre, conservata nella sala delle tradizioni religiose, anche questa costantemente ampliata da acquisti e doni.


La collezione di attrezzi, attrezzature ed arredi, dal 2012 denominata Casa della Civiltà Contadina, è gestita dall’Associazione Culturale “Museo della Civiltà Contadina di Gaville” che ne cura la conservazione e organizza tutte le attività di informazione e valorizzazione.

Nella foto in basso a sinistra, sala di esposizione del frantoio. Nella foto in alto a destra, cantina. In basso a destra, sala esposizione della cucina all’ interno del museo di Gaville.


L’ antico territorio del Chianti, già etrusco poi romano, ricco di fitti boschi, di acque e di selvaggina aveva un aspetto quasi più montuoso che collinare anche se con cime modeste. Ai margini delle grandi vie di comunicazione, era poco accessibile e questo lo ha in qualche misura posto al riparo dalle grandi invasioni barbariche dopo la caduta dell’Impero romano. L’ attuale territorio di Greve è una terra di antico insediamento, come provano la stratificazione toponomastica ed alcuni ritrovamenti (Canonica, Citrulle, Casole, Lucolena), che troviamo nel Medioevo inserita nel contado fiorentino in diocesi di Fiesole. Greve era allora “un piccolo borgo nel piviere di San Cresci di Monteficalli”, destinato però a svilupparsi come “mercatale” ad un incrocio di strade che conducevano a Firenze, nel Valdarno superiore, in val di Pesa e nel Chianti. Anche se altre località svolsero funzioni di luogo di scambi, come Strada e Rubbiana, crebbe poi tanto da divenire capoluogo della omonima comunità leopardina che, nella seconda metà del XVIII secolo, sostituì le “leghe” di Val di Greve e di Cintoia, già riunite in un unica podesteria. Sul mercatale di Greve, incentrato urbanisticamente sulla suggestiva piazza triangolare ancora cinta di portici, convergevano gli interessi di vari castellieri dei dintorni, i più importanti dei quali erano Montefioralle, una vera e propria “terra murata” con un castello feudale e la chiesa, Panzano, che fu dei Firidolfi ed originò un borgo che fu per secoli il centro più popoloso del territorio, Lamole, di minor consistenza ma al centro di un’ area di intenso popolamento sparso, e più lontano, sul versante opposto dei Monti del Chianti, Lucolena, che ha perso ormai le fortificazioni. Dal Medioevo al Rinascimento è stato invece un continuo campo di battaglia e scaramucce fra i potenti Comuni delle città di Siena e Firenze, che si contendevano quelle terre. Di questi scontri e battaglie sono fedeli testimoni i molti castelli e borghi fortificati, che si incontrano anche a breve distanza l’uno dall’altro, proprio per il reciproco controllo che le guerre feudali, richiedevano. Castelli, borghi e piccoli paesi, case coloniche, pievi, ville rinascimentali, spesso seminascosti da boschi e valli, costruiti nella pietra emergevano come elementi naturali del paesaggio: gioielli che in parte si offrono ancora agli occhi di un visitatore più attento. Quando i signori medievali cessarono di guerreggiare, alcune vallate sono state disboscate e rese adatte all’agricoltura: boschi di castagni e querce, ma anche da campi di olivi e sopratutto di viti. Tutte coltivazioni di qualità altamente specializzate, che contribuiscono ancora oggi alla ricchezza del territorio del Chianti.

Ingresso di una tomba etrusca, Vista di Montefioralle


La parte settentrionale del territorio comunale era occupata dalla lega che prendeva il nome dal castello di Cintoia, sulle pendici occidentali del Montescalari e forse di origine longobarda, che nel XVII e XVIII secolo troviamo come principale centro della Val d’ Ema, in grado di gestire una certa autonomia ma oggi con i caratteri di un piccolo borgo rurale. Altrettanto può dirsi di Dudda, antico feudo dei conti Guidi, mentre più munito di difese appare ancora Sezzate, che fu sede di un comunello rurale. Molti dei numerosi castelli della podesteria sono stati in seguito trasformati in ville e fattorie, come Uzzano, della famiglia del celebre Niccolò, Vicchiomaggio, il Viculo de Longobardis’ del X secolo, Mugnana, con interessanti elementi architettonici del Duecento. Altri invece, hanno perso i caratteri originali, come Citille, Collegalle, Convertoie, Rignana, Torsoli, Linari, o conservano qualche resto medievale, come Montegonzi e le Stinche (ora Stinche Alte ma già in comune di Radda), mentre di altri ne è addirittura difficile l’ ubicazione, come Montagliari e Robbiana. Numerose sono anche le “case da Signore” medievali trasformate poi in ville, delle quali ricordiamo almeno Verazzano, che appartenne alla famiglia del navigatore Giovanni, Colognole, Vignamaggio, Vitigliano, Santa Lucia. Ben cinque pievi attestano l’ antica organizzazione religiosa del territorio grevignano: Rubbiana, Cintoia, Sillano, San Cresci eSan Leolino, tutte con cospicui resti

Villa Cintoia (in basso), Commenda di Sant’Eufrosino - 1433, Volpaia(a destra)

delle strutture romaniche, in particolare in quest’ ultima, che è affiancata da un chiostro trecentesco, è preceduta da un porticato cinquecentesco e conserva numerose opere d’ arte. Hanno invece perso i caratteri medievali quasi tutte le numerose chiese che dipendevano dalle pievi ricordate, fatta eccezione per quelle di Vicchiomaggio, delle Convertoie e delle Strinche. Presso Greve sorse anche un piccolo convento francescano, di cui oggi rimane qualche traccia, e si ha notizia di un ospizio sorto vicino a Mercatale; a San Martino in Cecione fu un monastero di donne, la cui chiesa fu ridotta poi a parrocchiale, ma il complesso monastico più consistente fu l’ abbazia vallombrosana di Montescalari, ristrutturata tra Cinque e Seicento da Alfonso Parigi e, dopo la soppressione, trasformata in villa-fattoria. Espressioni della religiosità popolare degne di rilievo sono l’ oratorio di Sant’ Eufrosino, presso Panzano, dedicato a un santo particolarmente venerato nel Chianti, e la cappella della Madonna della Neve a Montagliari, costruita nel 1632 con pianta a croce circondata da un aereo porticato, oltre a varie costruzioni minori di cui ricordiamo la piccola ma elegante cappella di Ottavo, presso Lucolena.


«Centro di rilevante importanza strategica, durante l’ultimo conflitto mondiale, fu teatro di violenti scontri fra gli opposti schieramenti, subendo devastanti bombardamenti che causarono la quasi totale distruzione dell’abitato e delle infrastrutture. La popolazione, con eroico coraggio, profonda fede nella libertà e fierissimo contegno partecipava alla lotta partigiana, esponendosi a feroci rappresaglie e sopportando la perdita di un numero elevato dei suoi figli migliori. Offriva inoltre un’ammirevole prova di generoso spirito di solidarietà, dando ospitalità e rifugio ai soldati italiani e alleati sbandati o fuggiti dai campi di concentramento.»

Medaglia d’oro al Merito Civile Greve in Chianti (FI), 1940-1945

La 22^ Brigata Sinigaglia Partigiani del Chianti (in alto),


1.2 CHIANTI PATRIMONIO CULTURALE Cesare Di Clemente

Logo Chianti

Il Gallo Nero è lo storico simbolo del Chianti, adottato come marchio per il vino Chianti Classico dal consorzio che ne raggruppa i produttori. Fino al 2005 il Gallo Nero era il simbolo del Consorzio del Marchio Storico, un consorzio che gestiva l’immagine di un gruppo di produttori all’interno del Consorzio del Vino Chianti Classico. Dal 2005 il simbolo è stato esteso a tutti i produttori della sottozona Classico L’origine di questo simbolo deriva da un’antica leggenda. Si narra che al tempo delle lotte medievali Firenze e Siena, da sempre in guerra per il possesso di questo preziosissimo angolo di Toscana ed entrambe stanche di battaglie sanguinose, decidessero di regolare la questione con un singolare arbitrato. Le due città decisero infatti di affidare la definizione del confine ad una prova tra due cavalieri, uno con i colori di Firenze ed uno con i colori di Siena. Il confine fiorentino-senese sarebbe stato fissato nel punto dove i due cavalieri si fossero incontrati partendo all’alba dalle rispettive città, al canto del gallo. I senesi scelsero un gallo bianco e lo rimpinzarono di cibo, convinti che all’alba questo avrebbe cantato più forte, mentre i fiorentini scelsero un gallo nero che lasciarono a stecchetto. Il giorno della prova, il gallo nero fiorentino, morso dalla fame, cominciò a cantare prima ancora che il sole fosse sorto, mentre quello bianco, senese, dormiva ancora beato perché ancora sazio. Il cavaliere fiorentino, al segnale convenuto, si mise subito al galoppo, mentre il collega senese dovette aspettare ancora molto prima che l’altro volatile si decidesse a cantare: il risultato della pacifica tenzone fu che i due cavalieri si incontrarono a soli 12 km dalle mura di Siena e così la Repubblica Fiorentina poté annettersi tutto il Chianti. La storiella del gallo nero è di per sè particolarmente divertente. Tuttavia, se ci vogliamo addentrare nelle effettive origini storiche del rinomato emblema del Chianti Classico, dobbiamo risalire al pieno Medioevo, ed in particolare alla cosiddetta Lega del Chianti. Questa Lega, che raggruppava in un unico sodalizio politico militare i Comuni di Radda, Gaiole e Castellina, in funzione di baluardo anti-senese nel Chianti, rientrava sotto il controllo territoriale di Firenze, ed aveva come proprio stemma un galletto nero, che è stato poi mutuato nel simbolo del vino. Ma la Lega del Chianti, a sua volta, da dove aveva tratto il proprio simbolo? Aldilà della leggenda, si ha notizia di una razza autoctona di polli, il gallo nero chiantigiano. Questa razza, immortalata per sempre nell’emblema del Chianti Classico è ormai estinta. Ecco perchè esiste attualmente un porgetto di ripopolazione del Chianti con razze di polli che presentano galletti di un bel colore nero: la razza Valdarno e la Livornese Nera.


Greve in Chianti è protetta dalla Natività della Beata Vergine Maria festa liturgica della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa che ricorda la nascita di Maria e che si celebra l’8 settembre. Secondo la tradizione tramandata dal Protovangelo di Giacomo, uno dei vangeli apocrifi, Maria è nata da Gioacchino ed Anna. Per la Chiesa ortodossa la nascita di Maria riveste un’importanza particolare ed è computata come una delle 12 feste maggiori. Nella tradizione cattolica la festa è celebrata in tante località. Nella tradizione agricola il ricordo della nascita di Maria coincide con il termine dell’estate e dei raccolti. Molte chiese hanno come titolo la Natività di Maria. La festa è nata dapprima in Oriente; è stata introdotta nella chiesa d’Occidente dal papa Sergio I. In particolare la devozione verso la natività di Maria si sviluppò nella diocesi ambrosiana, dove risulta attestata fin dal X secolo. Splendida espressione di questa devozione è lo stesso Duomo di Milano.


Pievi, palazzi, borghi medievali: la Natività, artigianale e vivente, frutto dalla creatività ecosostenibile dei cittadini, anima gli spazi più prestigiosi del Chianti In pieno clima natalizio la magia dei presepi scende sui borghi e anima gli spazi più prestigiosi del Chianti. Tra le chiese, le piazze medievali e i palazzi rinascimentali di Barberino, San Casciano e Tavarnelle la scena della Natività, raffigurata nelle forme più diverse, animata, vivente, fatta a mano, diventa un’occasione speciale per celebrare il Natale e scoprire le abilità artigianali e i tesori religiosi e storicoartistici del ricco patrimonio culturale di cui è caratterizzato il territorio. Nel borgo di San Donato i presepi da visitare sono due, realizzati entrambi da cittadini e artigiani del paese con materiale di recupero. Il primo è allestito nelle cantine storiche di Palazzo Malaspina e si estende su una superficie di 14 mq. Legno tratto da vecchi pancali e oggetti di arredo danno forma alla scena centrale, al mulino in funzione, mentre il contesto paesaggistico, le montagne e il deserto sono realizzati in pietra calcarea, la roccia più comune presente nelle terre del Chianti. L’acqua scorre realmente per rendere vivo il fiume e l’area rurale che ricorda quella di una campagna chiantigiana con gli attrezzi e i marchingegni di una volta. Il secondo è esposto all’esterno dell’antica pieve di San Donato ed è il capolavoro di un fabbro, Paolo Melani, che ha intagliato il ferro per riprodurre i personaggi della sacra famiglia a grandezza naturale Anche Barberino Val d’Elsa ha i suoi presepi d’autore, firmati di cittadini e dai fedeli che li hanno allestiti all’interno e all’esterno della Chiesa di San Bartolomeo, fulcro del castello medievale. Luci, suoni e movimenti meccanici arricchiscono la Natività collocata tra le navate della Propositura di Barberino. Suggestiva anche la composizione, a grandezza naturale, collocata in una grande grotta costruita nel giardino della chiesa. I sindaci consigliano una visita anche alla Pieve di Sant’Appiano, gioiello dell’arte romanica, che ospita il suo presepe sull’altare. Passando alle colline sancascianesi l’Antica pieve di Santa Cecilia a Decimo propone un presepe vivente. Il tour invita ad ammirare i bellissimi presepi realizzati dalla parrocchia di Santa Maria ad Argiano, nella stalla adiacente alla chiesa, dal convento dei Cappuccini e delle Clarisse accanto alla Torre del Chianti. Altre due tappe obbligate sono il grande presepe esposto all’esterno della Propositura di San Casciano e la mostra che raccoglie sugli altari della chiesa di Santa Maria sul Prato una collezione di antichi Gesù Bambini, prototipi in cera realizzati dal 1700 fino ai giorni nostri.


Molti sono i personaggi illustri legati alla Terra del Chianti, navigatori, pittori, poeti, scrittori, giornalisti, politici e militari. Probabilmente il personaggio più famoso è il navigatore Giovanni Verrazzano nato attorno al 1485, di buona famiglia, al Castello di Verrazzano, che si trova su un poggio sopra la Val di Greve, non lontano da Greve in Chianti. Dopo essere entrato nel servizio navale di Francesco I di Francia, divenne presto famoso come corsaro, predando le navi di Spagna e Portogallo. Uno dei suoi trofei fu nel 1522 la nave del tesoro, carica di oro e argento messicani, che Cortés aveva inviato a Carlo V. Nel gennaio 1524, iniziò un viaggio di scoperta nel Nuovo Mondo per conto del suo mecenate Francesco I, durante il quale tenne un diario. Nel 1556 Ramusio pubblicò nella sua raccolta di viaggi una lettera in cui Verrazzano parlava del suo viaggio sulla costa dell’America del Nord e sulla sua esplorazione da 30 gradi a 50 gradi nord di latitudine. Si tratta della prima descrizione postcolombiana della costa dell’Atlantico del Nord e comprende la prima descrizione della baia di New York e dell’attuale fiume Hudson. In seguito navigò lungo Long Island Sound fino a Block Island e Newport, di cui fa menzione. Sulla scorta di questo diario di viaggio, il fratello Girolamo tracciò nel 1529 una mappa della costa dell’Atlantico del Nord, ora conservata al museo della Propaganda di Roma, che testimonia la precisione delle osservazioni di Giovanni lungo la costa fino all’attuale Stato del Maine. Sulla sua successiva carriera si hanno poche notizie certe. Verrazzano scrisse relazioni interessanti, anche se talvolta imprecise, sui paesi e sugli abitati che incontrò. Le sue esplorazioni si conclusero nella parte orientale di Terranova. Il suo rientro in Francia l’8 luglio 1524 consentì al re Francesco I di rivendicare diritti sul Nuovo Mondo. Intraprese altri due viaggi in America. Nel 1527 comandò una flotta in una spedizione in Brasile che consentì alla Francia di trarre profitto dal legno da tintura. Il suo viaggio finale iniziò nella primavera del 1528, quando con il fratello Girolamo partì da Dieppe con due o tre navi. La flotta toccò la Florida, le isole Bahamas e infine le Piccole Antille. Ancorò la nave al largo delle isole (probabilmente Guadalupa), sbarcò e venne catturato, ucciso, quindi mangiato da cannibali. La piazza principale di Greve in Chianti, Piazza Matteotti, è dominata da un’elegante statua del navigatore. Il monumento di Romeo Pazzini fu inaugurato il 14 settembre 1913 nella piazza principale di Greve in Chianti. La statua è stata realizzata con i contributi dei comuni di Firenze, Genova, Siena, Rimini, Prato, Greve e del Re Vittorio Emanuele III. Il monumento è stato restaurato nell’anno 2005.

Statua di Giovanni Da Verrazzano a Greve in Chianti


Altra illustre personalità è Nino Tirinnanzi, pittore, allievo di Ottone Rosai, ha esposto per la prima volta nel 1947 alla galleria d’arte Il Fiore. Nel 1951 viene invitato alla Biennale di Venezia e in seguito alla Quadriennale di Roma. Nel 1953 gli viene assegnato il premio Olivetti al 5º Premio Nazionale “Golfo della Spezia”. Nel 1954 si tiene una sua personale a Milano introdotta da una saggio di Pier Carlo Santini. Nel 2006 si tiene una sua personale nella sala d’armi di Palazzo Vecchio in occasione dei 40 anni di carriera. Il suo stile pittorico fu influenzato dal Rosai e si caratterizza per il disegno delicato, per la tranquillità delle composizioni e il colore inondato di luce poetica. Le sue opere si trovano esposte in numerose raccolte d’arte pubbliche e private in Italia e fuori.

La scuola elementare di Strada in Chianti è intitolata a Giulio Bucciolini giornalista, commediografo e scrittore italiano, laureato in Giurisprudenza aSiena. In gioventù scrisse la sua prima opera intitolata Fuoco morente e due atti unici. Nel 1910 scrisse Le burle del Piovano Arlotto, testo comico nel vernacolo di campagna, rielaborato nel 1922 dalla compagnia di Raffaello Niccoli . Nel 1923 scrisse Giocondo Zappaterra ; La Fiera dell’Impruneta; La brigata dei begliumori; il Re Salsiccia, che doveva essere musicato da Pietro Mascagni, ma poi fu musicato daVirgilio Ranzato; le Settantasette lodole e un marito; La Baronessa Schiccherona; La famiglia patriarcale; C’è sotto qualcosa. Morì nel 1974 e nel cimitero di Strada in Chianti è stata posta una lapide in sua memoria.

Opera del Tirinnanzi,

Sede centrale de La Nazione dove Bucciolini lavorò


Niccolò da Uzzano è stato un politico e umanista italiano, gonfaloniere di Giustizia di Firenze. La famiglia di Niccolò prendeva il nome dal castello di Uzzano che possedeva vicino a Greve in Chianti. Fu un politico molto influente, rivestendo numerosi incarichi: deputato dell’Arte di Calimala, fu gonfaloniere di giustizia, giudice, commissario dell’esercito fiorentino e console del mare. Fu tra gli esecutori testamentari, nel 1410, delle disposizioni del deposto papa Giovanni XXIII e si occupò, con altri, dell’erezione del suo monumento funebre nel Battistero. Intrattenne rapporti con l’Ungheria e, nel 1426, è ricordata una sua fervida arringa dal pulpito di Santo Stefano al Ponte in difesa di Firenze In consorteria con gli Albizi, gli Strozzi e i Quaratesi, Niccolò visse la stagione dell’ascesa al potere dei Medici, fu oppositore di Cosimo il Vecchio. Rinaldo degli Albizi fu suo alleato e assieme a lui promosse l’istituzione del catasto nel 1427. Fu inoltre tra i principali umanisti fiorentini del primo Quattrocento, amico di Palla Strozzi col quale si dedicò alla ricerca di manoscritti antichi. Il palazzo Capponi delle Rovinate di Firenze fu costruito per suo conto nella prima metà del XV secolo da Lorenzo di Bicci, il quale eseguì, sempre su richiesta di Niccolò, anche degli affreschi e una tavola per la chiesa di Santa Lucia dei Magnoli, opere

documentate ma perdute. Altri ritratti si trovavano nei perduti affreschi di Santa Lucia dei Magnoli e nella Sagra di Masaccio. Forse, a partire dai bozzetti di quest’ultima opera, Masaccio aveva creato anche un ritratto di Niccolò, che risultava in casa Corsi, assieme a quelli analoghi di Giovanni di Bicci de’ Medici e di Bartolomeo Valori. Prima di morire, nel 1429 destinò una cospicua somma alla fondazione della “Sapienza”, ovvero un collegio per l’università, e si industriò affinché fosse patronata dall’Arte dei Mercatanti, e potesse accogliere accogliere cinquanta giovani, per metà stranieri e metà fiorentini. Predispose un edificio, pure progettato da Lorenzo di Bicci, che oggi, dopo varie trasformazioni, è sede del Rettorato dell’Università di Firenze in piazza San Marco. Tuttavia l’opera non vide presto la luce, poiché molti dei denari lasciati da Niccolò furono dirottati dalla Repubblica per finanziare guerre e altri bisogni.

Busto di Niccolò da Uzzano di Donatello (1432) Museo Nazionale del Bargello, Firenze

Castello di Uzzano


Scrittori come Domenico Giuliotti e Tobia Manuelli, quest ultimo un “poeta di strada” come amava definirsi, un autodidatta. Nato a Greve, nel 1884, come da tradizione familiare diviene uno scalpellino, fino a quando un infortunio all’occhio riportato durante la lavorazione della pietra lo porterà a lavorare nella pubblica amministrazione presso l’esatoria comunale di Viareggio prima, e in quella di Firenze dopo. Nel frattempo legge moltissimo, impara a memoria parti della Divina Commedia, e si esercita a scrivere sonetti dedicandoli a familiari, amici e colleghi di lavoro. Si confronta con altri colleghi, per affinare la tecnica e l’abilità nelle rime. La sua opera più famosa è “Benedetti Toscani!” Una raccolta di poesie popolari, cha spaziano dalla politica, alla società sino alla storia. Storico illustre fu Carlo Baldini, padre del filosofo Massimo Baldini Le sue ricerche sono confluite in numerose pubblicazioni specifiche nella collana “Memorie religiose e civili del comune di Greve in Chianti” che Carlo Baldini ha diretto per Polistampa e che comprende circa 35 volumi. Tra i titoli di interesse storico più significativi si ricordano: “Greve in Chianti etrusco e romano”, “Statuti della lega di Val di Greve”, “Le tre leghe del Chianti” e “La seconda guerra mondiale da Greve in Chianti a Firenze”. Quest’ultima ricerca si estende per ben tre volumi di quasi 1500 pagine ed è preceduta da una prefazione dello storico Renzo De Felice. Altri numeri della collana sono dedicati ai luoghi e alle opere architettoniche del comune, tra cui: “I mille anni della chiesa di Santa Croce a Greve”, “Pievi, parrocchie e castelli di Greve in Chianti” e “Vie, piazze e strade del comune di Greve in Chianti” che segnala i personaggi, fatti storici e circostanze a cui i toponimi stradali fanno riferimento. Durante tutta la vita ha collezionato fotografie e cartoline sulla guerra e sulle tradizioni di Greve in Chianti costituendo così un importante archivio privato. Il primo maggio 2013 è stata inaugurata a Greve in Chianti la nuova biblioteca comunale “Carlo e Massimo Baldini”.

Interno della Biblioteca comunale di Greve in Chianti (a sinistra)


«Sfidando ogni pericolo consacrava la sua attività ad animare, suscitare, rafforzare il fronte della Resistenza in Toscana. Organizzatore dei primi distaccamenti partigiani in quella zona costituì la Brigata Garibaldi Lanciotto, la comandò in ripetuti durissimi scontri guidandola con intrepido valore ed alto spirito di sacrificio in vittoriosi combattimenti come quelli ormai leggendari per la difesa di Cetica. Comandante della Divisione Garibaldi Arno portava i propri reparti all’avanguardia dell’esercito alleato nella battaglia per la liberazione di Firenze. Affrontava eroicamente l’ostinata e rabbiosa resistenza tedesca, apriva un varco tra le file nemiche e guidava i volontari italiani ad entrare combattendo primi in Firenze, sua città natale. Alla testa come sempre dei propri uomini mentre dirigeva l’azione dei Garibaldini contro le retroguardie tedesche asserragliate nella città, cadeva colpito da una granata nemica»

Aligi Barducci detto Potente (Firenze, 10 maggio 1913 – Greve in Chianti, 9 agosto 1944) militare e partigiano italiano. Eroe della Resistenza toscana, protagonista di numerose azioni tra cui la liberazione di Firenze nell’agosto del 1944, decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.


Un cappello pieno di ciliege è il libro scritto da Oriana Fallaci che collega la scrittrice fiorentina al territorio chiantigiano, raccontando la storia della sua famiglia tra il 1773 e il 1889. Un prologo e quattro parti che possono essere considerati libri compiuti a sé perché ciascuno riguarda la famiglia di uno dei quattro nonni della scrittrice. Una cavalcata storica che parte da metà del Settecento, mentre in Europa si respirano i fermenti dell’Illuminismo e si prepara aria di Rivoluzioni, e si conclude nel 1889, anno di morte di Anastasìa, bisnonna dell’autrice, il personaggio più avventuroso del libro, donna autonoma, ribelle, coraggiosa che approda e si afferma in America. Ma il fulcro della vicenda è la Toscana, è il Chianti, è Panzano, “quel poggio a mezza strada tra Firenze e Siena” che due secoli e mezzo fa era una terra di contadini poveri ma dignitosi. Una terra che già serbava, però, il tesoro di un’agricoltura vinicola invidiata nel resto del mondo. Ed è così che la storia sin dall’inizio sfiora la Storia con la “s” maiuscola: nientemeno che Thomas Jefferson, il principale artefice della Dichiarazione d’Indipendenza americana, possidente terriero in Virginia e appassionato agronomo. Jefferson propone al commerciante fiorentino Filippo Mazzei, suo amico, di impiantare oltreoceano un’azienda per la coltivazione della vite e dell’ulivo, chiedendogli di portare con sé una decina di contadini. Tra questi si offre per la spedizione Carlo Fallaci, secondogenito di Luca, mezzadro che nel podere di Vitigliano di Sotto lavorava per i Da Verrazzano, discendenti dell’esploratore che scoprì il fiume Hudson e la baia di New York. Il microcosmo chiantigiano si confronta così con i vastissimi orizzonti del Nuovo Mondo ma non era ancora il tempo dell’America per i Fallaci: Carlo, biondo con gli occhi azzurri, proprio come l’Oriana, cede al suo carattere di toscanaccio orgoglioso: basta un disguido nel luogo dell’appuntamento per la partenza e decide di tornare al paese. «Nel 1773… corsi il rischio di non nascere», scrive Oriana nell’incipit. Perché Carlo è il primo tra gli “arcavoli” ritrovati in cui lei individua quei cromosomi di libertà e di ribellione che le appartenevano. Sarà così anche, e certamente di più, per l’indomita moglie di Carlo, la senese Caterina Zani (il titolo del libro è preso dal cappello da lei indossato nel primo incontro con il futuro marito) che Oriana fa scagliare, incinta di tre mesi, contro l’oppressore Napoleone in passerella a Firenze sulla carrozza degli Asburgo Lorena: «Accident’a te e alla troia che t’ha partorito! Che statue sei venuto a rubarci, che guerre sei venuto a portarci, uccellaccio rapace?». Una visita che la scrittrice associa, per gli onori tributati, a quella cui lei stessa assistette di Hitler e Mussolini a Firenze. Mentre la ribellione all’invasore rimanda alla lotta partigiana che vide il padre di Oriana in prima linea e lei coinvolta come staffetta. Ed ecco che Oriana rivive, nel secondo libro, anche in Montserrat, la spagnola che per le nozze esibisce sulla parrucca un veliero in omaggio allo sposo Francesco Launaro, marinaio che deve vendicare la morte del padre ucciso da crudeli pirati algerini; o, nel terzo libro, in Giovan Battista (detto Giobatta) Cantini, attivista politico anarchico. E poi, nel quarto, nella bellissima Anastasìa, repubblicana che ha una figlia da un aristocratico piemontese rimasto per sempre l’Innominato, la lascia in un orfanotrofio per andare in America dove rischia di finire sposata a un mormone nello Utah e poi arriva a San Francisco dove apre (probabilmente) un redditizio bordello. Quando torna in Italia ritrova la figlia e la vicenda acquista un sapore di feuilleton per un finale da film. Ma sono una cinquantina i personaggi principali della saga: cinque generazioni unite dagli oggetti riposti in una cassapanca del XVI secolo appartenuta a un’altra antenata, Ildebranda, accusata di eresia e bruciata dall’Inquisizione perché cucinava l’agnello in tempo di Quaresima («la mia antenata strega», amava vantarsi Oriana).

Oriana Fallaci (Firenze, 29 giugno 1929 – Firenze, 15 settembre 2006) scrittrice, giornalista e attivista italiana.


“Senti Oriana, io mi ritrovo anche questo tuo bambino (i suoi libri lei li chiamava così) ma cosa devo farne: pubblicarlo, chiuderlo in banca, bruciarlo?”. “Oh, ma che tu sei rincitrullito?!? Certo che lo devi pubblicare. Controlla che non ci siano puttanate e pubblicalo!”

tratto dal articolo “Oriana e le ciliege” di Alessandro Cannavò per ‘Magazine’


L’opera di Fuad presente nel centro storico di Greve, propone una creazione di fiera autenticità artistica. Lo scultore ci mostra la Sua ricorrente ossessione della ‘donnaforma’ greco orientale che si afferma oltre le frontiere geografiche, come il risultato di un incontro tra due culture. Nella sua opera è spesso presente un richiamo o un riferimento alla musica come nei “Suonatori di Flauto” l’opera di Monsummano Terme, o nel suo libro di fiabe “Il Viaggio di un violoncello”, dove nel racconto la musica è sinonimo di libertà.

Descrizione immagine: Fuad AZIZ La suonatrice (2007) Bronzo, h.2 m Greve, Piazzetta Tirinnanzi

“C’è qualcosa di antico che unisce ancora uomini e animali nel loro carattere”. Queste le parole di Bino Bino che Antonio Paolucci riporta, per l’efficacia comprensione della sua personalità artistica, in occasione della mostra tenuta a San Marino nel 1997, ed aggiunge: “Il mondo è un libro figurato dove ogni cosa è metafore di altre cose, dove ogni creatura esiste perché serva da esempio a da monito. Parlano, infatti, il gallo e la volpe. Parlano di se stessi, della loro viva naturalità.” Esattamente come nei formulari dei grandi anima listi dell’antichità, il suo immaginario artistico prende corpo, si manifesta cçn acuta descrizione, con cura del particolare ma soprattutto con dinamica vitalità. Il suo stile è la sintesi tra il rigore formale, consapevolezza della storia e del mito ed espressione di un cuore puro che non scade mai in descrittivismo o vuoto sentimentalismo. I suoi animali sono realistici ma allusivi, stilizzati eppure così “veri”, come il gallo nero, la scultura in bronzo realizzata per Greve in Chianti, nel quale dalle parole dell’autore apprendiamo: “la stilizzazione ‘del gallo non trasforma la verità, anzi la esalta e la rende vera, forse più vera del vero”.

Descrizione immagine: Bino BINI “Gallo nero” Bronzo, h. 2.70 m Greve, Largo Bino Bini


Riferendosi ad una simbologia cara al territorio del Chianti, Alberto Cavallini realizza una colonna in galestro (un’argilla usata per manufatti destinati all’arredo di ambienti esterni) sulla cui sommità si ergono due galli neri che richiamano il vino di cui Greve vanta lo stemma della città. L’opera è collocata nello spazio antistante al Museo di San Francesco. Per lo lavorazione della colonna l’artista ha utilizzato lo tecnica del colombino. Questa particolare lavorazione consiste nel modellare parallelepipedi disponendo a spirale le corde di argilla, di circa mezzo metro di altezza, sovrapponendoli l’uno sull’altro fino a formare una colonna. Sui due lati alcune figure traforate o in rilievo “ingobbiate”, vale a dire colorate con una miscela di argilla, silice e ossido metallico. Si tratta di una tecnica usata fin dall’antichità che raggiunse il suo apice con i ceramisti greci e gli etruschi. La colonna è stata cotta, in un forno costruito con pannelli di fibra ceramica, alimentato a legna e, quando lo temperatura ha raggiunto i mille gradi (1000°), è stato aperto mostrando il manufatto incandescente.

Descrizione immagine: Alberto CAVALLINI “Suggestioni chiantigiane (2008) Galestro, h. 1,80 m. Greve, Terrazza panoramica Museo S. Francesco

Nata da una proposta dell’amministrazione del Comune di Greve in Chianti, Sarah e Giacomo del Giudice realizzano, per lo piazza di Ponzano, un’opera sullo stile delle grandi medaglie d’impostazione classica. Le ipotesi e le idee nate nella fase di progettazione sono state diverse, prima fra tutte lo necessità di inserire un lavoro in scultura che fosse chiaro e leggibile per tutti e, allo stesso tempo, dare una interpretazione personale sia sul piano della scrittura che su quello dell’immagine. Un bassorilievo da collocare in una piazza come indicatore di uno splendido borgo situato al centro di due città, Firenze e Siena, come un punto di unione di due luoghi che in passato erano state rivali, ora unite da un sigillo di pace. Per questo motivo i due artisti optano per lo rappresentazione di una moneta ingrandita come da una lente: un oggetto prezioso e di valore, reso fruibile per tutti. Il Medaglione riporta l’icona stilizzata dei tre luoghi citati fra i quali spicca il borgo medievale di Ponzano ed è modellato come una rosa dei venti, che riporta le indicazioni delle strade di congiunzione per Firenze e per Siena. AI centro si riconosce il paese di collocazione Ponzano, visto dall’alto, con una veduta generale del borgo e della facciata della chiesa di S. Maria, sui lati lo rappresentazione in bassorilievo, quasi in stile “stiacciato”, del Palio di Siena e piazza del Campo, e di Firenze con lo cupola del Brunelleschi, il campanile di Giotto e il Battistero. Descrizione immagine: Sarah e Giacomo DEL GIUDICE “Medaglione” (2007) Bronzo, diametro l,10m. Panzano, Piazza Bucciarelli


Nella parte più alta della Tenuta il Molino di Grace, tra i filari di una vigna solatia, la location di una particolare istallazione dai connotati e contenuti sia di ordine sacro che ambientale, voluta da Mr. Frank Grace e realizzata dall’artista di Greve Sandro Granucci nel 2009 con la collaborazione particolare della figlia Viola Granucci. L’istallazione consiste in una scultura in bronzo, raffigurante un inedito San Francesco che tiene i simboli del Sole e della Luna con le mani, insieme al suo basa mento, realizzato esternamente con le stesse pietre a secco degli antichi terrazzamenti. Granucci sviluppa in parallelo le due problematiche fondamentali, quella dell’inserimento ambientale e quella della rappresentazione in senso Sacro, strettamente dipendenti l’una dall’altra.

In tal senso, le lunghe scanalature verticali della parte inferiore della scultura, vanno a costituire una forma che ha sia una funzione di tipo ambientale, in quanto costituisce l’innesto dell’opera nell’ordito disegnato dei vigneti, sia una funzione di tipo evocativo, poiché rimanda al concetto di Pilastro o Colonna portante espresso dallo storico sogno di Papa Innocenzo 111 su Francesco. La forma del saio viene poi sublimata nella parte superiore per diventare radiante e restituire all’esterno i segnali ambientali, arricchiti ora da un’esperienza poetica e spirituale.

Descrizione immagine: “Sequenza” Bronzo e pietra Alberese, estensione 60 metri, Greve

Descrizione immagine: Sandro GRANUCCI San Francesco delle Vigne (2009) Bronzo e pietra, h. 7,60 m Panzano (loc. Il Volano), Azienda Molino di Grace


Nei lavori di Alicia Framis il nucleo fondamentale attorno al quale si realizza l’evento artistico è la costante ricerca dell’immediata comunicazione tra l’artista e il suo pubblico. Lo spettatore è chiamato ad interagire sia mentalmente che fisicamente. Nelle sue opere si viene a creare una sorta di comunicazione tangibile, sostanziale, in grado di creare emozioni e suggestioni intellettive di intensa partecipazione. In linea con la tradizione delle performance, sviluppatesi negli anni Settanta, i suoi lavori sono per lo più definiti nel tempo e limitati da un piccolo gruppo di persone. Sono frammenti di condivisione, momenti di vita comune e di aggregazione.

L’opera Kidea progettata per Greve in Chianti è un labirinto per bambini che si trova all’interno di un giardino pubblico attrezzato con scivoli, altalene e piste di pattinaggio, un passaggio ludico e colorato che si inserisce nell’ambiente circostante. Il gioco viene riproposto come un momento di aggregazione e svago ma anche come luogo di riflessione per gli adulti, come possibilità di recupero di uno spazio negato alla società contemporanea. “Kidea è il sogno degli adulti, un giocattolo per adulti” afferma Alicia riferendosi alla sua opera.

Descrizione immagine: Alicia FRAMIS “Kldeo” (2001-2003) Labirinto/installazione Greve, Giardino pubblico Via Allende


Nella valenza ‘simbolica’ della scultura del Guasti, ed al di là della sua contiguità con le forme e motivi curvilinei da lui spesso utilizzati, il cipresso rappresenta il simbolo della terra toscana, l’anima dei guerrieri uccisi dai romani. La luna, invece, richiama alla femminilità ma è anche collegato al simbolismo della spirale che nel suo svolgersi dal centro verso l’alto, può essere considerato infinito e allo stesso tempo cosmico Descrizione immagine: Marcello GUASTI “La luna e il suo cipresso” (2004) Ferro e acciaio inox, h. 5. m Greve, Piazzetta delle Cantine

Mitoraj realizza un “Torso alato”. Il celebre scultore è molto conosciuto in Italia e nel mondo per le sue caratteristiche ‘maschere’ e statue di chiara reminiscenza classica. Surrealismo e citazionismo si mescolano nelle sue sculture, creando effetti di monumentalità e insieme di mistero: come in molti resti dell’antichità, le figure non sono mai intere, spesso hanno braccia o parti del corpo mancanti e talvolta sono vere e proprie composizioni di frammenti di statue. Si ispira in primo luogo ai paesi dell’antichità come la Grecia e l’Italia per l’impiego dei marmi e del bronzo, ma anche all’Egitto per la monumentalità, senza mai perdere quell’allusione continua, spesso anche ironica, al concetto di reperto e di frammentarietà proprie delle sculture greco-romane.

Descrizione Immaggine: Igor MITORAJ “Torso alato” (2002) Bronzo, m. 2 ca. Greve, Piazza Matteotti Per la piazza di Greve in Chianti


La fontana dell’artista Moradei “L’incontro”, dal titolo originario “Lympha”, donata al Comune di Greve in Chianti, è un intervento che invita, come suggerisce il titolo stesso, ad una riflessione sul ciclo della vita.

La scultura di Nicolaus è situata davanti al teatro Boito. L’opera, dal titolo “Testa- piedi” è un grande orcio in cotto alto quasi due metri e chiuso da una sorta di tappo costituito da quattro teste di uomo, atteggiate ciascuna con una diversa espressione a suggerire un moderno Giano.

Descrizione immagine: Valentino MORADEI GABBRIELLI “L’incontro” (2008) Bronzo, h. 2,90 m. Greve, Piazza Don Reggioli

Descrizione immagine: Heinrich NICOLAUS “Testa-pledi” (1996) Cotto, h. 2 m. Greve, rotatoria Via Battisti / Via R. Libri


Descrizione immagine: Mauro Staccioli “Stollo” (1997) Ferro e cemento rosso, h 10 m. ca. Greve, Piazza Antonio Vassallo

Descrizione immagine: Giampaolo TALANI “La Madonna della Rosal” (2009) Affresco Greve, terrazza panoramica Museo di S. Francesco

L’opera di Mauro Staccioli, “Stollo”, viene realizzata nel 1997 per Greve in Chianti in occasione della mostra “Tusciaelecta” che dal 1996, anno della sua prima edizione, ha ospitato più di trenta artisti, invitandoli a visitare i paesi del Chianti e a progettare opere che intervenissero nel territorio. A seguito di un lavoro di restauro ad opera delle maestranze locali, la scultura di Mauro Staccioli viene ricollocata, in forma definitiva nel 2009, nella sua attuale posizione. Dagli anni Sessanta le opere di Staccioli si caratterizzano per il loro forte legame con lo spazio fisico rivolto, al tempo stesso, a reinterpretare sia la forma sia la storia del luogo. La pittura di Talani, soprattutto negli anni giovanili, appare inquieta, venata da un crudo espressionismo, quasi pervasa da una sorta di ‘horror vacui’ ispirata ai modelli dei maestri più illustri tra cui il belga James Ensor. Nella fase più matura, invece, la sua visione poetica gradualmente si addolcisce e, con questa, anche l’espressione pittorica. Come ben evidenzia Stefano Rosa, le opere di Talani sono fatte di assenze. Il vento, il rumore del mare, le grida festose dei bagnanti sono ingredienti più autentici dei suoi quadri. Nelle sue tele dominano i soggetti umani, ma l’attenzione è principalmente attirata dal volto.


Descrizione immagine: Il Seminatore - Fonderia Artistica Del Giudice di Sarah e Giacomo Del Giucice Rotatoria Nord Variate di Strada in Chianti

UNA SCULTURA PER ... STRADA di Sarah Del Giudice - L’idea ci fu proposta da due simpatici anziani abitanti della frazione di Strada. L’enfasi con cui ci illustrarono la loro idea di lasciare a Strada un simbolo del loro passato, del loro vissuto e della storia che accumunava chi come loro aveva una certa origine territoriale e culturale ci coinvolse a tal punto che non esitammo a preparare un bozzetto di quanto ci andavano a richiedere. La scelta del soggetto ricadeva sulla realizzazione di un contadino nell’atto della semina, che simboleggiava molto di più; chi semina infatti lavora nella speranza di raccogliere i frutti della propria fatica, una lezione morale anche perché chi semina programma il futuro.


Descrizione immagine: Il Cerro, la Roverella, il Leccio e il Cipresso


Descrizione immagine: Il Capriolo, il cinghiale, l’istrice, lo scoiattolo e la vipera


La zona di produzione del vino Chianti Classico, con i suoi circa 70.000 ettari di superficie, è la D.O.C.G. più estesa d’Italia. La prima distinzione per capire questo vino ed il suo territorio riguarda l’area di appartenenza, ovvero il Chianti, che si distingue in Chianti fiorentino e in Chianti senese. Il primo, del quale il Comune di Greve in Chianti fa parte, è caratterizzato innanzitutto da due lunghe valli che lo percorrono da sud verso nord. Prendendo come punto di riferimento i Monti del Chianti, che ad est dividono il Chianti Classico dalla Valle dell’Arno, si incontrano successivamente la Val di Greve e poi la Val di Pesa. In entrambe queste valli, i lati generalmente più adatti alla coltivazione della vite e del sangiovese (con le dovute ed ovvie eccezioni) sono quelli posti alla destra orografica dei rispettivi fiumi. Questi fianchi, a loro volta tagliati da torrenti che scendono perpendicolarmente al corso del fiume, sono mossi da una serie di crinali, tra loro paralleli, il cui lato esposto a sud è a sua volta quello adatto alla coltivazione della vite.

Descrizione immagine: Vigneti


Il Chianti Classico è uno dei vini rossi italiani maggiormente conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, al quale sono destinate fin dalla vendemmia le uve migliori. Viene prodotto in una zona geografica in gran parte collinare della Toscana centrale, caratterizzata da differenti condizioni geologiche, fisiche e climatiche, compresa fra le province di Firenze e Siena, secondo un disciplinare di produzione definito nel secolo XIX da Bettino Ricasoli, l’uomo che riordinò anche la principale via di comunicazione del territorio, l’attuale S.R. 222 Chiantigiana. Nonostante il termine Chianti venga considerato sinonimo di vino, il territorio produce anche molti altri prodotti di qualità: tra questi ha una rilevante importanza la produzione dell’olio extra vergine d’oliva, che dopo il vino è il prodotto più conosciuto. La sua produzione è tutelata dal Consorzio “Olio D.O.P. Chianti Classico” che ne garantisce la qualità e che fissa con un disciplinare le sue caratteristiche.

Descrizione immagine: Botti contenenti vino, olivo

L’olio extra vergine d’oliva si ottiene principalmente dai frutti di quattro varietà di olivo le cui olive vengono raccolte a mano direttamente dalle piante. Frantoio: olivo molto diffuso per la sua elevata produttività, dà vita ad un olio fruttato, lievemente piccante e di colore intenso; Leccino: olivo caratterizzato da una forte adattabilità ai climi rigidi e, grazie ad una maturazione omogenea, consente raccolte regolari seppure di modesta resa. Moraiolo: il motivo della sua ampia diffusione è legato ad una maturazione relativamente precoce e ad una elevata resa produttiva. L’olio di moraiolo è caratterizzato da un lieve sapore erbaceo con note di amaro. Il colore può variare da giallo verde a giallo; Correggiolo: appartenente alla varietà frantoio, si differenzia da quest’ultimo per una maturazione tardiva così da permettere una raccolta tardiva. L’olio di correggiolo è spiccatamente fruttato ed allo stesso tempo delicato. Il suo colore è tendente al verde.


1.2. CHIANTI: PATRIMONIO CULTURALE ARCHITETTURA Roberta Andries G. Oliveira Descrizione immagine: Un po ‘di questo castello nell’architettura toscana: Castello di Vincigliata, Castello di Brolio, interno della architettura dove puòi vedere il tipo di pietra usata.

Indubbiamente La Toscana è la terra dei castelli. La combinazione della turbolenta storia della città-contendenti e predoni eserciti stranieri con una pronta fornitura di pietra e pietra muratori ha prodotto un gran numero di pittoreschi castelli toscani - fortezze, borghi murati, Abbazie e torri fortificate in Toscana. La straordinaria varietà di strutture in pietra fortificate in Toscana, la grande maggioranza di loro risalente alla fine del Medioevo. Il Medioevo sono stati seguiti dal Alto Medioevo (11 C, 12 C e 13 C) e l’ascesa delle città-stato della Toscana, di primo piano tra cui spicca Firenze, Pisa, Lucca e Siena. Il tardo Medioevo (14 C e 15 C), caratterizzato da un forte aumento della popolazione, ha portato fino al Rinascimento italiano che fiorirono soprattutto a Firenze e Siena, alle estremità nord e sud del Chianti, rispettivamente. Non a caso, l’influenza del Rinascimento è fortemente evidente nello stile dei numerosi castelli del Chianti che sono stati convertiti in archetipiche “ville toscane”. Tuttavia, il Chianti ha una ricca architettura vernacolare manifestato nelle sue innumerevoli case-torri, monasteri, abbazie, ville e borghi murati. Sono questi ultimi, in combinazione con un paesaggio di vigneti altamente coltivati e uliveti, circondato da una fitta foresta che cattura l’occhio di un visitatore di Chianti, Italia.

Descrizione immagine: Montefioralle nell Greve in Chianti


Architettura nell Greve in Chianti Il materiali: La pietra forte e la pietra macigno famiglia delle arenarie, che sono formate dalla sono le pietre tipiche dell’architettura cementazione naturale di una sabbia e trovano rinascimentale fiorentina. Appartengono alla vasto impiego come materiale da costruzione.

Descrizione immagine: Materiali usato nella costruzione di Chianti.

Greve in Chianti è ricca di pievi e chiese rurali di notevole interesse, tra le quali risaltano: la Pieve di San Cresci, databile al XII secolo e situata su una delle colline che dominano il paese poco fuori Montefioralle; la Pieve di San Leolino a Panzano in Chianti, frazione di Greve, ricordata fin dal X secolo anche se l’attuale edificio di impianto romanico venne ricostruito nella prima metà del XII secolo; e la Chiesa di San Donato a Citille, una delle più antiche chiese di Greve. Di particolare interesse nella zona e nei dintorni vi sono anche alcuni suggestivi castelli come: il Castello di Mugnana, il Castello di Sezzate, il Castello di Vicchiomaggio e il Castello di Uzzano. Per di più, a Greve in Chianti si trovano anche alcuni interessanti musei: il Museo d’arte sacra di San Francesco, ospitato nei locali dell’ex convento di San Francesco e dove è possibile ammirare una meravigliosa raccolta di opere d’arte, paramenti e arredi sacri; e il Museo del Vino, il quale offre ai visitatori la degustazione di oltre 200 vini diversi. Descrizione immagine: Alcuni luoghi chianti dove si vede la tipica architettura.

Descrizione immagine: Uno dei materiali usato nella costruzione di Chianti: Pietra Forte e Pietra Macigno.


Villa Body: Pensata come casa per vacanze per l’industriale Brody e la sua famiglia, la villa è stata realizzata tra il 1972 e il 1973su progetto dell’arch. Roberto Monsani, all’epoca associato agli architetti Giancarlo

e Luigi Bicocchi. La denominazione di villa Brody è rimasta all’edificio anche dopo il passaggio di proprietà allo stesso architetto Monsani, avvenuto pochi anni più tardi.

Descrizione immagine: Vista del Villa Body,

Villa Vignamaggio: La Villa di Vignamaggio, circondata da un elegante giardino all’italiana, sorge in una splendida cornice chiantigiana di oliveti e vigneti ed è una autentica e mirabile testimonianza del modello di vita agreste rinascimentale. Il nucleo della villa risale al secolo XIV per opera dei Gherardini, a cui apparteneva la celebre Monna Lisa, la “Gioconda” di Leonardo da Vinci. I Gherardini erano una nobile famiglia toscana, probabilmente di origini etrusche o romane, che nella seconda metà del ‘200 prese a costruire il proprio castello a Montagliari su una collina dominante la valle del fiume Greve. Vignamaggio toccò il suo massimo splendore verso la metà del XVII secolo ed appartenne ai Gherardi fino al 1886.

Descrizione immagine: Vista del Villa Body.

Descrizione immagine: Teatro Boito


Biblioteca di Chianti Il 1° Maggio 2013 è stata inaugurata la nuova sede in Piazza Terra Madre, realizzata su progetto dell’Arch. Cristiano Cosi della MDU Architetti. L’immagine architettonica della nuova biblioteca è riconducibile a due temi: la “solidità” del basamento formato da blocchi in travertino, e la leggerezza del volume in terracotta sovrastante. Il basamento, appare pesante, durevole, solido, ma al suo interno trova posto un ampio atrio di ingresso a doppia altezza, il banco informazioni e prestito, mentre una grande scaffalatura alta due piani divide questo spazio dall’ufficio dell’amministrazione e da altri locali destinati ad attività di carattere culturale e ricreativo. Al piano superiore all’interno del volume in cotto si trova la sala di lettura, che si affaccia sul vuoto centrale a tutta altezza, garantendo lo svolgimento delle diverse funzioni in ambiti separati ma comunicanti visivamente tra loro. Nella sala di lettura il dosaggio della luce naturale, e la sua diffusione in modo armonico, avviene attraverso l’utilizzo di pareti “diaframma” realizzate con elementi in cotto. Queste pareti si presentano ricche di fenditure, tessiture, e di ritmi chiaroscurali, dando vita ad un’affascinante variazione materica che arricchisce l’immagine complessiva dell’edificio. Un trattamento particolare che conferisce al volume superiore l’aspetto di una grande “trina in terracotta”, in grado di trattenere e riflettere la luce secondo un ritmo variabile sia in base all’articolazione delle pareti sui diversi lati dell’edificio, sia in base alle condizioni atmosferiche esterne. Al calare del sole il volume in cotto si accende internamente e svela in negativo la sua trama di vuoti e cavità, configurandosi come una grande “lanterna”, segno nel territorio. Contestualmente al trasferimeno nella nuova sede, la Biblioteca Comunale di Greve in Chianti è stata intitolata a Carlo e Massimo Baldini.

Descrizione immagine: Nuova Biblioteca diz Chianti


Archiettura Religiosa Nel Chianti, a partire dall’XI secolo vennero ricostruite in forme romaniche la maggior parte degli edifici religiosi, al punto che la zona ne offre un numero altissimo, tutte che meritano di essere visitate per la loro inconfondibile bellezza. è possibile scoprire le principali testimonianze dell’architettura romanica religiosa del Chianti. Partendo da Firenze, la prima deviazione conduce ad Impruneta, dove si può ammirare la magnifica Pieve di S. Maria, fondata nel 1060 e al cui interno sono conservate opere di artisti come Michelozzo e Luca della Robbia. Proseguendo, a Strada in Chianti si trova la Chiesa di San Cristoforo, e arrivati a Greve in Chianti, su una delle colline che dominano il paese, è possibile ammirare la Pieve di San Cresci a Montefioralle. Da Greve si prosegue fino a Panzano in Chianti, dove si trova la bellissima Pieve di San Leolino, risalente al X secolo e al cui interno sono conservate preziose opere d’arte. Nella vicina Barberino Val d’Elsa c’è la stupenda Pieve di Sant’Appiano del XII – XII sec, con i resti dell’antico Battistero. Tornando sulla via chiantigiana, si raggiunge Castellina in Chianti, dove si possono ammirare la Pieve di San Leonino in Conio e la Pieve di Sant’Agnese.

Pieve di San Donato a Mugnana: La Pieve di San Donato a Mugnana sorge sul terreno che fu di proprietà dei Bardi di Vernio. Essa ha subito negli anni diverse ristrutturazioni, a partire dal Trecento, epoca nella quale alla Pieve fu dato uno stile romanico e, nel 1934 fu ricostruita. Non molto distante dalla Pieve c’è un piccolo cimitero che è stato ristrutturato in epoca recente.

Descrizione immagine: Pieve di San Donato a Mugnana

Propositura di Santa Croce: Al vertice della piazza del mercatale è la chiesa di Santa Croce, ricostruita sul luogo di una piccola cappella (la cui costruzione fu autorizzata dal vescovo di Fiesole Fuligno Carboni), in forme neoclassiche alla metà dell’Ottocento secondo il progetto dell’architetto Cambray Digny, al cui interno si conservano, fra le altre, una Madonna e santi del cosiddetto Maestro di Greve (che si trovava nel tabernacolo sulla facciata esterna ed ancor prima nella piazza del mercatale), e al primo altare della navata sinistra una riproduzione della Madonna del Conforto, una terracotta invetriata venerata ad Arezzo a partire dal 1796 ed il cui culto si diffuse fin nella zona di Greve. All’interno si trovano l’affresco trecentesco con la Madonna col Bambino, già nel tabernacolo della antistante piazza del Mercatale, il trittico con Madonna e santi di Bicci di Lorenzo, l’ Annunciazione di scuola fiorentina del XIV secolo, un Crocifisso ligneo del Trecento e il ciborio attribuito a Santi Buglioni. Descrizione immagine: Poropositura di Santa Croce

Pieve di San Leolino: È ricordata fin dal X secolo, con la denominazione di San Leolino a Flacciano, ma l’attuale edificio, di impianto romanico a tre navate spartite da pilastri quadrangolari, coperte da capriate lignee, risale al XII secolo, ed è preceduto da un porticato del XVI secolo. Sulla destra si trova un chiostro trecentesco

Descrizione immagine: Pieve di San Leolino


Pieve di San Cresci: L’antica chiesa è intitolata ad uno dei più importanti evangelizzatori del contado fiorentino. Il suo suggestivo esterno in stile romanico risale al XII secolo; vi è stato aggiunto un portico nel XV, con arco a tutto sesto e due bifore, le cui colonnine sono sormontate da capitelli cubici e pulvini a gruccia, completato da un secondo ordine agli inizi dell’Ottocento, ad imitazione del sottostante. La Pieve di San Cresci è ad oggi una delle più significative testimonianze dell’architettura romanica religiosa del Chianti. La Pieve comincia ad essere ricordata dal 948. Intitolata al “Santo martire Acrisio”, volgarmente detto “Cresci”, la Pieve fa parte di un complesso formato dalla Canonica, la Cappella del SS. Sacramento, la sacrestia e una casa colonica.La semplice struttura della chiesa è costituita da una sala centrale terminante con un presbiterio, composto da quattro colonne e da sei semicolonne sorreggenti una cupola formata da una `volta a vela`. Oggi, della struttura architettonica originale resta ben poco: la data 1668, rinvenuta sull`architrave di una delle porte che si aprono sul cortile, può confermare una generale sistemazione di tutto il complesso, realizzata appunto, nella seconda metà XVII sec. Al XIII secolo risale il portale con paramento murario a filaretti di bianco alberese, su cui si stagliano le decorazioni in laterizio degli archivolti del portale e delle bifore.

Descrizione immagine: Interno e Esterno della Chiesa San Cresci


1.3. Il CHIANTI, PRODUZIONE MANIFATTURIERA ED AGROALIMENTARE SETTORE ALIMENTARE Gastronomia significa qualità, identità col territorio, mani capaci di lavorare i frutti della terra traendone sapori unici al mondo. La cucina toscana in generale e quella del Chianti in particolare si basano su ingredienti semplici e genuini, piatti poveri che anticamente venivano preparati con i pochi mezzi a disposizione per sfamare la famiglia. I piatti tipici toscani sono divenuti simbolo di buona cucina e oggi sono conosciuti e apprezzati in tutto il Mondo. Accanto al vino, nel territorio di Greve in Chianti si producono un eccellente olio extravergine d’oliva e un ottimo formaggio caprino da agricoltura biologica.

Antica Macelleria Falorni Dal 1806 un punto di riferimento per chi ama i salumi, soprattutto quelli derivati dal maiale. Oggi, insieme alla macelleria, i proprietari hanno sviluppato il bistrot per permettere alla clientela di gustare i loro prodotti. In primis il tagliere dei salumi, tra i quale il salame grevigiano, oppure una tartara di vitellone o il classico bollito. Per una sosta più breve, i classici panini dai Falorni non sono mai una scelta di secondo piano, ci sono le pratiche confezioni take-away a venirvi in soccorso.

Descrizione immagine: Mezzone: è un salume prodotto soprattutto con carne di maiale, a cui viene aggiunta carne di bovino in percentuali; MELLA variabili, spezie, sale e pepe. Si produce tutto l’anno a Greve in Chianti (Fi) e con alcune varianti in tutta la Toscana.

Descrizione immagine: Falorni, negozio di salumi prosciutto tradizionale di Chianti.


Descrizione immagine: Tonno del Chianti: si ottiene facendo bollire pezzi di carne suina nel vino bianco, procedimento che viene fatto solo a luglio. Una volta cotto, viene messo in vasetti sott’olio. Ha profumo e sapore di tonno.

Descrizione immagine: Marzolino del Chianti: è ottenuto da latte intero di pecora. Deve essere stagionato per un periodo variabile da 30 a 180 giorni.


Descrizione immagine: La schiacciata con l’uva: Questo pan dolce è diffuso, talvolta con piccole varianti, in molte altre zone della Toscana, una regione dove la coltivazione dell’uva ha una tradizione antica e radicata. La sua origine contadina è testimoniata dalla semplicità degli ingredienti: pasta lievitata, olio d’oliva, zucchero e uva. Un prodotto stagionale gustoso, che viene preparato solo durante un breve periodo dell’anno, seguendo i ritmi della natura, proprio come si faceva una volta.

Descrizione immagine: Il cinghiale.

Descrizione immagine: Le frittelle.

Descrizione immagine: Gli uccellini nel girarrosto.


Dal l ’ al t oi ns ens oor ar i o:pi et r af or t e,l as t r edipi et r a s er ena,vas idecor at ii nt er r acot t a


PI ETRAFORTE

Des cr i zi onegeol ogi ca:r occi as edi ment ar i at or bi di t i ca appar t enent eal l aomoni maf or mazi onef acent epar t edel S u p e r g r u p p o d e l l a C a l v a n a ( L i g u r i d i e s t e r n e ) ; g l i a f fi or ament i Lapi et r af or t eèunapi et r aar enar i a,chealt agl i oi ncavas ipr es ent adiuncol or egr i s i pr es ent anoi ns t r at is ot t i l i( 20-100cm)i nt er cal at i gi oazzur r ognol oes it r as f or mapoi ,i noper a,i nungr i gi omar r oneogi al l oi nt ens oa a d a r g i l l i t i s i l t o s e . caus adel l avel oceal t er azi onedelf er r ocont enut onel l api et r a. Si l i ceadigr anafine,compat t aer es i s t ent e,l api et r af or t eavevadat ol ’ i mpr ont aal l a or e:gr i gi oazzur r ognol oalt agl i of r es co,ocr a( “ f er r i gno” ) Fi r enzemedi eval e“ t ut t api et r adicol orf er r i gno”ef uancor aus at aneipar ament idei Col peral t er azi one. pal azzidelpi enoRi nas ci ment o( Medi ci ,Ant i nor i ,Pi t t i ,St r ozzi ,Gondi ) . As pet t omacr os copi co:ar enar i aagr anafineconevi dent il ami nazi oniconvol ut eef r equent ivenedical ci t e. Cl as s i ficazi onepet r ogr afica:ar enar i al i t i caacement ocar bonat i co. Di s t r i buzi onegeogr afica:l epi ùnot ezonediaf fior ament oi nTos canas onol ecol l i nea SuddiFi r enze,Gr eve,Sant aFi or a,Mont idel l aTol f a. Nelt er r i t or i odelComunediGr evei nChi ant i ,i nl ocal i t àSant aCr i s t i na,èi nat t i vi t à unacavadipi et r af or t edal l aqual es ies t r aggonomedi ament e2. 500mc.dipi et r a ognianno.

Res i s t enzaal l ’ al t er azi one:buonar es i s t enzaagl iagent iat mos f er i ci ;degr adoperdi s t accodibl occhil ungol evenecal ci t i cheeperes f ol i azi onel ungol es uper ficidil ami nazi one.

I nbas s o:cavadiGr evei nChi ant ii nLocal i t àSant a Cr i s t i na

I nal t o: bl occhidipi et r af or t e


Ladur ezzadel l api et r af or t el ar endei deal eper l ' ar chi t et t ur amadi f ďŹ ci l edas col pi r e,perques t omot i vo abbi amos ol opochicas ii ncuii lmat er i al eès t at ous at o perl ar eal i zzazi onedior nament iar chi t et t oni ci. Sipos s onoci t ar ecomees empi ol et es t el eoni nenel l af acci at adiPal azzoPi t t i ,icapi t el l idel l aLoggi adeiLanzi oquel l ii nSant aMar i adelFi or e.

I nal t o:Font anacont es t al eoni nas col pi t anel l api et r af or t ePal azzoPi t t i I nbas s o:Peducci oi npi et r af or t es col pi t onel l aLoggi adeiLanzi


Ut i l i zzat afindalMedi oevocomemat er i al e dacos t r uzi onei nconcidivar i edi mens i onienel Ri nas ci ment operl al avor azi onedeiconcia “ bugnat o” . Edi ficidimaggi or ei nt er es s ei nFi r enze: Pal azzoPi t t i ,P.St r ozzi ,P.Ant i nor i ,P.Medi ci Ri ccar di ,P.Rucel l ai ,P.Ugucci oni ,Pal azzo Vecchi o,Loggi adeiLanzi ,Chi es ediS. Gaet ano,S.Tr i ni t a,Or s anmi chel e,Bi bl i ot eca Nazi onal e.

Caveant i che:S.Fel i ci t a,Bobol i ,Cos t aSan Gi or gi o,Mont er i pal di( t ut t enelcomunedi Fi r enze)

Caveat t ual i :Ri s caggi o,( FI )eGr evei n Chi ant i( FI ) .

Pal azzoVecchi oalt r amont o


PI ETRASERENA Lapi et r as er enahauncol or ecer ul eochi ar ot endent ealgr i gi oazzur r ognol oet r ova l ar goi mpi egocomemat er i al edacos t r uzi oneper chéf aci l ment el avor abi l e.Venneut i l i zzat anelpas s at operl ar eal i zzazi onedicapi t el l iepeduccieperl ecol onnemonol i t i chedigr andidi mens i oni( i nt er nidiSanLor enzoediSant oSpi r i t o,cor t i l idiPal azzo St r ozzieGondi ) .Nel l ar eal i zzazi onedel l o“ Spedal edegl iI nnocent i ”i lBr unel l es chii nt r odus s el ’ us odel l api et r as er enaancheperl ar eal i zzazi onedel l af acci at a.

Des cr i zi onegeol ogi ca:r occi as edi ment ar i at or bi di t i ca appar t enent eal l ef or mazi onidelMaci gnoediMont eModi noal t et t odel l aSer i eTos cana;af fior ai ns t r at ianchedinot evol e s pes s or e( finoadol t r e5m) . Col or e:gr i gi oazzur r ognol oalt agl i of r es coe dagr i gi ochi ar oadavanaperal t er azi one. As pet t omacr os copi co:ar enar i aagr anamedi ogr os s a,mas s i va;puòpr es ent ar es por adi cii ncl us ipel i t i ci . Cl as s i ficazi onepet r ogr afica:ar cos el i t i caamat r i cear gi l l os a. Di s t r i buzi onegeogr afica:af fior al ungot ut t al ador s al edel l ’ Appenni noSet t ent r i onal ee s uiMont idelChi ant i .

Nelt er r i t or i odelComunediGr evei nChi ant i ,i nl ocal i t àCapr ol o,èi nat t i vi t àuna cavadipi et r as er enadal l aqual es ies t r aggonomedi ament e3. 000mc.dipi et r aogni anno.

Res i s t enzaal l ’ al t er azi one:bas s ar es i s t enzaagl iagent iat mos f er i ci ,conal t er azi ones i a peres f ol i azi onecheperdecoes i ones uper fici al e

I nbas s o:cavadiCapr ol ol ocal i t àGr evei nChi ant i

I nal t o: bl occhidipi et r as er ena


Apar t i r edalr i nas ci ment ol ecavedipi et r as er enaebber o unagr andi s s i macr es ci t as opr at ut t operveni r ei ncont r oe s oddi s f ar el agr ander i chi es t adipi et r aperl ar eal i zzazi one digr andipal azziemonument idel l aTos cana,ment r efino adal l or aer as t at ous at os ol onel l ’ edi l i zi ami nor e. NelXI Xs ecol ol ’ at t i vi t àdel l ecaveebbedinuovounf or t e i ncr ement oi ns egui t oalvas t i s s i mopr ogr ammadicos t r uzi onicons eguent eal l apr ocl amazi onedifir enzecomecapi t al edelr egnod’ i t al i a.

I nal t o:Bl occhidipi et r as er ena I nbas s o:Bas i l i cadiSant oSpi r i t oi nFi r enze


Sf r ut t at agi ài nper i odoet r us coer omano,ha avut omas s i mout i l i zzonelRi nas ci ment o,i n par t i col ar enel l ar eal i zzazi onedicol onneedi al t r iel ement idecor at i viar chi t et t oni ci . Edi ficidimaggi or ei nt er es s ei nFi r enze: Os pedal edegl iI nnocent i ,Chi es adel l a Sant i s s i ma.Annunzi at a,Cor t i l edel l aBi bl i ot eca Laur enzi ana,Chi os t r idelConvent odel Car mi ne,Chi os t r odegl iAr ancinel l aBadi a Fi or ent i na,Por t i cat odegl iUf fizi ,chi es adiS. Lor enzo,chi es adiS.Spi r i t o. Caveant i che:Fi es ol e,Gonf ol i na. Caveat t ual i :Gr evei nChi ant i ,Tuor os ul Tr as i meno( i npr ovi nci adiPG,nont r oppo di s t ant edalt er r i t or i ofior ent i no) .

Pi l as t r odell oggi at odel l aSant i s s i maAnnunzi at aaFi r enzechemos t r a al t er azi onecol oravanaedes f ol i azi one


ARGI LLA

Des cr i zi onegeol ogi ca:s edi ment ononl i t i ficat oes t r emament e fine( l edi mens i onideigr anul is onoi nf er i or ia3, 9µ m didi amet r o) èunar occi as edi ment ar i acl as t i ca,dias pet t ot er r os o,mol l eegr as s a,chei mbevut adi cos t i t ui t opr i nci pal ment edaal l umi nos i l i cat ii dr at iappar t enent i acquas it r as f or mai nunamas s apl as t i ca,f aci l ment emodel l abi l e.Vi eneut i l i zzat a al l acl as s edeifil l os i l i cat i comemat er i apr i manel l ar eal i zzazi onedimat er i al iperl ’ edi l i zi aedor nament al ii n t er r acot t a. Col or e:gpr eval ent ement egr i gi o,t endent edal l ' azzur r oal Tr ami t epr oces s odicot t ur ai nf or naceat emper at ur echepos s onos uper ar ei1000°C gi al l omar r one. s iot t engonoi mpas t iar gi l l os ivar i ament emodel l at i . As pet t omacr os copi co:L' ar gi l l e,acaus adel l ar i dot t i s s i madi mens i onedel l epar t i cel l e eal l ael evat acapaci t àdias s or bi ment o,s ono,as s i emeail i miel i miar gi l l os i ,r occe ps eudocoer ent i ,ovver or occel ecuicar at t er i s t i chemeccani ches onodet er mi nat e dal l acoes i onef r al epar t i cel l e( equi ndidal l os t at odii dr at azi one)pi ut t os t oche dal l ' at t r i t of r al es t es s e. Cl as s i ficazi onepet r ogr afica:Imi ner al ichecompongonol ' ar gi l l as onot ut t iappar t enent ial l as ot t ocl as s edeifil l os i l i cat iedefini t icol l et t i vament emi ner al iar gi l l os i . Nelt er r i t or i odelComunediGr evei nChi ant i ,i nl ocal i t àI lFer r oneeSt r adai nChi an- Di s t r i buzi onegeogr afica:l epi ùnot ezonediaf fior ament oel avor azi onei nTos cana t i ,s onoi nat t i vi t à3cavediar gi l l adal l equal is ies t r aggonomedi ament e30. 000mc. s onol ecol l i neaSuddiFi r enzeal l ’ I mpr unat aenel l ezonedelchi ant i . diar gi l l aognianno,des t i nat ial l ar eal i zzazi onedeil at er i ziedogget t ior nament al ii n

I nbas s o:es t r azi onear gi l l a

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Laci vi l t àdel l at er r acot t as ir adi ca das ecol inelt er r i t or i oi nt or noa Fi r enze,i npar t i col ar enel l azona del l ’ I mpr unet a,t r al eval l idel l a Gr eveedel l ’ Ema,dovel ear gi l l e par t i col ar igar ant i s conounpr odot t odelt ut t ouni coperl equal i t à i nt r i ns echeeperl et onal i t ài nconf ondi bi l i .Neis ecol ii lcot t oèdi vent at oi lmat er i al ebas eperogni ar chi t et t ur a,daquel l as pont anea er us t i cadicuièr i cchi s s i moi l mondocol oni codel l acampagna fior ent i na,finoaquel l api ùi l l us t r e edi mpor t ant e:bas t ipens ar eal l a cupol adelBr unel l es chiaFi r enze oal l aPi azzadiSanGi mi gnano.

I nal t o:Cupol adelDuomodifir enzer i ves t i t ai ncot t o I nbas s o:Pi azzadiSanGi mi gnano


I LFERRONE Lacavai nl ocal i t àI lFer r onepr oducepavi ment azi oni ,vas ieel ement idiar chi t et t ur aus andoes cl us i vament eunar gi l l ar i ccadigal es t r oecar bonat odical ci o s econdopr at i chear t i gi anal ii mmut at eneis ecol iedaf fiancat edapi ùmoder ne t ecnol ogi e. L’ ar gi l l avi enei ns egui t omaci nat aas eccoperot t ener eunapol ver ecar at t er i zzat adaunagr anul omet r i amol t ofineedi lpi ùuni f or mepos s i bi l e,dopodi ché vi eneaggi unt aacquaal15% che,as s or bi t a,f or mauni mpas t of aci l ment emodel l abi l e.I lcompos t oès ucces s i vament es pi nt oal l aboccadel l amat t oni er aat t r aver s ocuivi eneef f et t uat al af or mat ur adel l at avel l aperes t r us i one.I lper cor s opr os eguepoifinoal l at agl i er i nechei nci donol ’ ar gi l l adi mens i onandol a s econdol os peci ficopr oget t opr odut t i vo. I lpas s aggi os eguent evedepr ot agoni s t aun’ azi onecombi nat adivent i l azi onee cal or ei ncel l et unnelconunat empi s t i caches idi f f er enzi as ul l abas edel l at i pol ogi adipr odot t oches idever eal i zzar e.L’ umi di t àèes t r at t ai nmodomol t o l ent o,cos ìdaevi t ar er ot t ur eoi ncr i nat ur edel l es uper fici ,dovut eabr us chi cambi ament it er mi cioadun’ evapor azi oner api da. Icumol idiar gi l l avengono poir af finat iperel i mi nar eevent ual ii mpur i t àdovut ealpr oces s odies t r azi one.

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I MPRUNETA Lal avor azi onedel l at er r acot t ai mpr unet i nar i s al egi à aipr i mii ns edi ament iet r us chi del l azona.Nel1308s icos t i t ui s ceunacor por azi onedior ci ai ol iemezzi nai( maes t r i del l at er r acot t a)pr es s ol aPi evediSant aMar i adel l ' I mpr unet a. Lamat er i apr i mavi enees t r at t aaI mpr unet aenel l evi ci nanze,alFer r one,aTavar nuzzeonel l aValdiGr eve.L' ar gi l l apl as mat aecot t ahaconnot at oi lpaes aggi o,l ' ar chi t et t ur a,i ldecor our bano,l ' economi al ocal e. L' ' ar gi l l ai nques t azonahacar at t er i s t i chepar t i col ar i :ès ci s t os a,mol t or i ccadif er r o, mol t omal l eabi l eeal l os t es s ot empoel as t i caer es i s t ent e.

Tr adi zi onal ment econl at er r acot t as ir eal i zzavanovas i ,cat i ni ,s t ovi gl i e,mat t oni ; al l ' I mpr unet acis iandòs peci al i zzandonel l al avor azi onedior ci ,anchedigr andidi mens i oni ,percont ener el ' ol i oei lvi no,l eal t r ei mpor t ant i s s i mepr oduzi onidel l a zona.Nelcor s odeis ecol i ,s opr at t ut t ogr azi eal l aal t ar es i s t enzaal l ei nt emper i e,l el avor azi onii nt er r acot t aandar onoacopr i r et et t i ,or nar egi ar di ni ,decor ar ef acci at e.La t r adi zi onedelcot t oi mpr unet i nor es i s t eancor aoggieimanuf at t i ,r eal i zzat inel l epi ccol eegr andif or nacidel l azona,s onounpunt odir i f er i ment os i anel l ' edi l i zi ache nel l ' ar r edament oeneldecor o.

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1.3. Il Chianti, produzione manifatturiera ed agroalimentare INDUSTRIA E/O ARTIGIANATO LUCAS BRAGA

Chianti terra di vino … e di artigiani! Interi secoli di lavoro a mano e pregiate rarità raccontano la storia di questo territorio di antiche origini e consentono ai visitatori di acquistare pezzi unici di inestimabile valore. In Toscana sopravvivono le botteghe artigiane, dove si lavorano ancora secondo tradizione ferro battuto, marmo, legno, vetro soffiato, creta e travertino. Di rilievo anche la lavorazione della terracotta, con cui anticamente si plasmavano gli orci in cui si conservava l’eccellente olio che si produce in queste zone. Tante le botteghe che ancora oggi producono ceramiche artistiche avvalendosi dei segreti che furono dei Della Robbia. è possibile trovare oggetti artistici in marmo, alabastro e travertino di Rapolano. I piccoli borghi racchiudono entro le loro antiche mura i laboratori di un tempo: la bottega del sarto che si affacciano sulla strada, le cantine basse, scure e profonde piene di carte, sughero, fiaschi, le genuine norcinerie con l’antica arte dell’insaccatura artigianale con aglio e spezie al posto dei conservanti … inestimabili tesori di un’antica tradizione.


RICAMO La parola ricamo indica sia l’attività artigianale del ricamare, sia il prodotto di quell’attività. Tale oggetto è un disegno, una decorazione o un ornamento creato con ago e filo su un tessuto. È un’attività antichissima, ancora oggi praticata, che si sviluppa generalmente come lavoro artigianale (raro e molto costoso), o hobby diffuso in tutto il mondo


FERRO BATUTTO

Ferro battutoIl ferro battuto è stato il primo tipo di acciaio ad essere scoperto; è stato probabilmente ottenuto casualmente come sottoprodotto della produzione del rame. Si produceva mettendo in un forno a cupola del minerale di ferro su uno strato di carbone di legna. Il forno era sigillato, la combustione si otteneva insufflando aria con un mantice. Il processo durava alcune ore. Alla fine del processo il forno doveva essere distrutto per estrarre la risultante spugna di ferro, o blumo, che doveva essere battuta per eliminarne le numerose scorie, da cui la denominazione ferro battuto. Il ferro battuto era un acciaio con basso contenuto di carbonio (vedi ferro dolce), che risultava quindi impossibile da temprare. Gli oggetti in ferro battuto erano pertanto molto duttili e si piegavano con facilità. Per poter essere resi più resistenti dovevano essere arricchiti di carbonio mediante primitivi metodi di carbocementazione. Per lo stesso motivo si elaborò successivamente la più efficace e laboriosa tecnica dell’acciaio a pacchetto.




CERAMICA

La tecnica che maggiormente utilizzo per costruire tutti i miei pezzi è il “colombino”. Si tratta di una tecnica molto antica e solo manuale, che consiste nel modellare un cordone d’argilla arrotolandolo su se stesso, allargando e stringendo per dare forma all’oggetto. Con lo stesso cordone o “spaghetto”, torcendolo in vari modi, ottengo tutte le decorazioni, che rimangono in terracotta grezza.



COTTO

La lavorazione dell’argilla per la produzione di giare, orci, anfore, mattoni e tegole ha una tradizione molto antica in Italia. L’artigiano dell’Impruneta lavora l’argilla, secondo un’antica tradizione, a mano e con creatività. Un vaso può essere ad esempio formato “a modello”: esistono degli stampi di gesso, realizzati su forme antiche, sui quali si stende il materiale di base nel giusto spessore. Si deve aspettare circa un giorno affinché il materiale si secchi correttamente, poi lo stampo viene rimosso e il prodotto rifinito a mano. Il metodo del “lavoro tondo” è una tecnica antica. Lo stampo è generalmente di terracotta e l’argilla è aggiunta “a colombini” all’esterno; in questo caso, è l’uomo che gira attorno allo stampo e non il pezzo su sé stesso, come accade con l’utilizzo del tornio. Quando la terra è compatta, il prodotto viene capovolto e, una volta rimosso lo stampo, rifinito aggiungendo bordi e decorazioni. Ben pochi artigiani sono oggi in grado di utilizzare la tecnica più antica e complessa, il “lavoro di fondo”.



1.3 CHIANTI PRODUZIONE MANUFATURERA Victor Hugo do Valle Ribeiro

Greve in Chianti è

‘‘Il Chianti non è solo il vino’’

Il Chianti è un territorio ricchissimo dal punto di vista naturalistico, ma anche molto prezioso sotto il profilo storico artistico e naturalmente, enogastronomico


La posizione intermedia tra Firenze e Siena, in un periodo di grande crescita culturale, artistica ed economica delle due principali città della Toscana, ebbe conseguenze importanti per lo sviluppo dell’intero territorio grevigiano, al quale contribuÏ anche la presenza regolare, nelle residenze di campagna, di un qualificato ceto dirigente, rappresentato dalle principali famiglie fiorentine.

Piazza matteotti greve chianti


Museo D’Arte Sacra Di San Francesco

Il Museo d’arte sacra di San Francesco di Greve in Chianti occupa gli spazi dell’exoratorio di San Francesco, della sua sacrestia e di alcune sale al piano superiore. Inaugurato nel 2002, ospita pitture, sculture, parati e oreficerie provenienti dalle chiese del territorio comunale grevigiano.

San Francesco - Scultore toscano dell’inizio del XV secolo

Vetrata dell’inizio del XVI secolo , proveniente dalla chiesa di San Silvestro a Convertoie con San Silvestro Papa Benedicente


Nanni di Bartolo, Madonna col Bambino in stucco dipinto della fine del Quattrocento

Il convento di San Fracesco fu ereto nella prima metà del Cinquecento lungo la strada che conduce al borgo di Montefioralle. Lavisitaháinizionell’ampiaauladell’oratório,dovesonoriuniteoperedigrandepregio,mentre nell’anticasagrestiaealpianosuperioresonocollocatelasezionedeiparamentisacriedegli arredi:traquestispiccanoumacrocereliquiariotrecentescaincristallodiroccaeumapiccola vetrata raffigurante San Silvestro, proveniente dalla chiesa di Convertoie

Ambito di Baccio da Montelupo, Compianto su Cristo morto


Artigianato

Artigiani lavorando

Chianti terra di vino … e di artigiani! Interi secoli di lavoro a mano e pregiate rarità raccontano la storia di questo territorio di antiche origini e consentono ai visitatori di acquistare pezzi unici di inestimabile valore. La lavorazione della terracotta, con cui anticamente si plasmavano gli orci in cui si conservava l’eccellente olio che si produce in queste zone. Tante le botteghe che ancora oggi produconoceramiche artistiche avvalendosi dei segreti che furono dei Della Robbia. A Greve in Chianti (in piazza Matteotti 56) La Bottega dell’artigianatorealizza mestoli, ciotole, taglieri di tante forme e dimensioni in legno d’ulivo e decorativi cesti in vimini.


Festa della ceramica Greve in Chianti


Statua Galo Nero - Greve , fatto nella piazza matteottigreve


Vino

Dici Chianti e pensi al vino. Niente di più vero, perché il Chianti è il vino più conosciuto e rinomato del mondo L’area del Chianti, è una delle regioni produttrici di vino più importante d’Italia. La produzione del Chianti è di 35 milioni di bottiglie all’anno, l’80% per l’esportazione, che si muovono intorno a 250 milioni di euro. Il consorzio del Chianti Classico Gallo Nero, si compone di 600 vigneti. LazonadiproduzionecontrollatadelvinoChiantièlapiùanticad’Italia,caratterizzatodaun decreto ministeriale del 1932

Bicchieri di vino a Chianti


Il vino italiano Chianti è prodotto interamente o prevalentemente con uve Sangiovese, solo è possibile ricevere l’etichetta se è da un regição nel sud della Toscana

Uva Sangiovese

Il lavoro nelle vigneto


Greve è il cuore pulsante della produzione vinicola Chianti Classico Gallo Nero, è qui che si trovano famose cantine inserite in scenari da favola come il Castello di Verrazzano

Bottiglia di vino - Chainti Classico


Il castello di Verrazzano si trova nel comune di Greve in Chianti, su una collina a 348 metri s.l.m. Questo castello, nato forse come guardingo (ne resta una torre merlata del Duecento), fu

Castello di Verrazzano

Castello di Verrazzano Chianti Classico Riserva Docg.


Olive/Olio Il disciplinare impone che la raccolta delle olive sia effettuata dalla pianta con mezzi meccanici o brucatura manuale, cui deve conseguire lavaggio e molinatura delle olive. Nel Chianti Classico viene prodotto fin dal 1300 un ottimo olio di oliva al quale nel 2000 è stata riconosciuta dalla comunità europea la denominazione di origine protetta – Dop. Il processo può avvenire sia col sistema tradizionale della spremitura a freddo con macine in pietra sia con il cosiddetto “ciclo continuo”: entrambi si basano sull’utilizzo di macchinari che lavorano a temperature non superiori ai 28° C. Per la conservazione, invece, è previsto l’impiego esclusivo di materiali in acciaio inox. .

Olive nel percorso in Chianti

Olio, del Chianti


Olive in Chianti


1.4 CHIANTI PAESAGGIO Angelo Iannotta

Localizzazione di GREVE IN CHIANTI in ITALIA (foto in alto a sinistra) Localizzazione del Comune di GREVE IN CHIANTI nella provincia di FIENZE (foto in alto a destra)

LOCALIZZAZIONE Stato: ITALIA Regione: TOSCANA Provincia: FIRENZE TERRITORIO Coordinate: 43°35′00″N 11°19′00″E Altitudine: 236 m s.l.m. Superficie: 169,38 km² Frazioni : Chiocchio, Cintoia Bassa, Dudda, Ferrone, Greti, Montefioralle, Lamole, Lucolena in Chianti, La Panca, Panzano in Chianti, Passo dei Pecorai, Poggio alla Croce, San Polo in Chianti, Strada in Chianti Distanza da Firenze: 30km

Piazza Matteoti, CREVE IN CHIANTI (foto in alto) Il borgo di Montefioralle (foto in basso)


Strutturazione geologica e geomorfologica Il territorio dell’ambito è dominato dalla presenza di rilievi collinari che in successione si elevano da ovest ad est, verso la dorsale dei Monti del Chianti, che separa il Chianti dal bacino del Val d’Arno Superiore, ad E-NE. Lungo i margini occidentale e meridionale, l’ambito confina con i bacini della Val d’Elsa e di Siena. L’assetto geologico è dominato da una sequenza di unità geologiche, rappresentate rispettivamente dai depositi pliocenici, dalle Unità del Dominio Ligure, con crinali e dorsali principali ad andamento appenninico (NW-SE), con morfologie più marcate ad ovest, che si raccordano anche con ampi piani sommitali (corrispondenti ad estesi lembi residuali di una superficie regressiva) ai più elevati rilievi collinari nei terreni del Dominio Ligure, fino alla dorsale dei Monti del Chianti, costituiti dalle Formazioni prevalentemente torbiditiche. I Monti del Chianti fanno parte della struttura centrale dell’appennino e costituiscono, infatti, la parte centro-meridionale della “Dorsale Abetone- M. Cetona”, la seconda grande dorsale che si incontra in Toscana proseguendo da ovest verso est. Dopo l’evento compressivo, che si esaurì nell’Oligocene superiore, e che causò l’impilamento dei Domini Liguri e SubLiguri, si instaurarono movimenti tettonici

Chianti Storico

distensivi che portarono l’assetto delle formazioni della Falda Toscana e dei Domini Liguri alla conformazione attuale. L’evoluzione paleogeografica del Chianti, a partire dal Tortoniano, è strettamente legata ad una serie di movimenti di sprofondamento e sollevamento a cui si sono associati, a partire dal Messiniano medio superiore, processi di trasgressione e regressione marina che hanno dato origine ai sedimenti che occupano la Val di Pesa. Durante il Pliocene, la faglia di Poggibonsi ha determinato un abbassamento dell’area compresa fra la Val di Pesa, Val d’Elsa e il bacino di Siena ed un forte sollevamento dei monti del Chianti, con conseguenti fenomeni erosivi molto intensi. Nei Monti del Chianti, questo ha portato all’erosione di una parte della copertura “Ligure”. Nel Pliocene continua il sollevamento dei monti del Chianti con la conseguente formazione dei bacini limitrofi di Firenze e Val d’Arno superiore, mentre gli altri bacini rimangono stabili fino al Pleistocene medio quando, sotto l’azione di faglie in direzione appenninica, hanno indotto il sollevamento dei bacini di Val d’Elsa e di Pesa. Le Unità Toscane affiorano, quindi, lungo lo spartiacque con il confinante Valdarno di Sopra e in una finestra tettonica che evidenzia il complesso mesozoico, a sud-est di Castellina in Chianti. Lungo lo spartiacque, l’erosione ha portato alla luce i calcari e le argilliti della “Scaglia Toscana”, mentre il grosso delle Unità Toscane nel territorio del Chianti è rappresentato dalla ben nota Formazione del Macigno. In particolare l’assetto strutturale è caratterizzato da un sistema di grandi fratture ortogonali alle catene, tipica dell’Appennino, che controlla i principali elementi morfologici, quali lo sviluppo di valli trasversali che forniscono le vie di comunicazione tra Chianti e Valdarno e la posizione di massiccio rialzato compatto, quasi a quadrilatero, del cuore del Chianti “storico”.


Come cambiano i vigneti nel chianti classico in base all’altitudine che regola i fattori pedologici e climatici La regione del Chianti Classico è costituita da una serie di vallate più o meno grandi suddivise in numerose vallette laterali. Ovviamente un’accurata descrizione di un’area così ricca di variabilità richiederebbe un grande dettaglio dei particolari descritti da chi li conosce bene. Da un punto di vista più generale, si può dire che all’interno del territorio l’elemento che più caratterizza la differente espressione vegeto-produttiva dei vigneti è l’ALTITUDINE perché regola i fattori pedologici e climatici decisivi, che sono la tessitura del suolo e la temperatura atmosferica media. Le caratteristiche del clima, del terreno e le diverse altitudini rendono il territorio del Chianti una regione vocata alla produzione di vini di qualità. Elemento caratteristico del paesaggio agrario chiantigiano sono, infatti, i filari di viti che si alternano agli oliveti. Gli oltre 7.000 ettari di vigneti iscritti all’Albo della D.O.C.G. per la produzione di Chianti Classico fanno di questa denominazione una delle più importanti d’Italia. Il clima è di tipo continentale, con temperature anche molto basse in inverno al di sotto dei 4-5 gradi ed estati siccitose e roventi, durante le quali non di rado si superano i 35 gradi. Discrete sono le escursioni termiche nell’arco della giornata, anche a causa di un’altitudine piuttosto accentuata che dai 250 metri giunge fino ai 600, superando gli 800 metri sui Monti del Chianti. Le precipitazioni annue si attestano attorno ai 700-800 millimetri di pioggia, con una certa prevalenza nel tardo autunno e in primavera.


TESSITURA DEL SUOLO : La matrice geo-pedologica dipende dall’origine dei suoli : in genere più si sale sul versante più si trova la roccia madre (aumenta la presenza di scheletro) e più si scende più si trova il terreno di trasporto (aumenta la presenza di argilla) La presenza di scheletro drena e riscalda il terreno, rallenta la spinta vegetativa ma accentua i fenomeni di stress termo-idrici estivi, la differente natura dello scheletro (es. galestro/ alberese) incide molto e in modo diverso sulle caratteristiche organolettiche delle uve.

Un dato comune a quasi tutta la zona di produzione del Chianti Classico è, comunque, la ricca presenza di scheletro, ovvero di ciottoli o sassi in particolare di galestro.

La presenza di argilla mantiene la necessaria riserva idrica che in certi casi può però rivelarsi eccessiva con troppo vigore o asfissia radicale; se ben gestita l’argilla può essere invece un fattore positivo di autocontrollo vegetativo contro l’eccesso di vigore e il blocco per stress idrico estivo


In base a questa sommaria divisione possiamo quindi riconoscere 4 zone caratteristiche ABCD di cui nella prima e nell’ultima possono essere riconosciute due ulteriori sottozone. Naturalmente si tratta sempre di aree ad altissima vocazione vitivinicola e questa generica suddivisione non è una scala di merito ma serve solo a cercare di caratterizzarne meglio le risorse native e le potenzialità.

A1 l’altitudine media è elevata (per lo più da 350 a 450 m slm) e raggiunge i picchi più alti della denominazione. I suoli sono ricchi di scheletro (soprattutto galestro con alberese a Radda, pietraforte a Panzano) ma hanno anche una buona dotazione in argilla (mediamente 25-30%) il che permette un ideale equilibrio tra capacità di drenaggio e ritenzione idrica. Questa zona presenta valori medi di temperatura più bassi soprattutto nella prima parte della stagione con uno sviluppo vegetativo inizialmente rallentato e un vigore contenuto. La produzione unitaria è spontaneamente limitata e si ottengono facilmente grappoli di Sangiovese più piccoli che maturano lentamente nell’epoca ideale non precoce e di norma senza problemi sanitari. Più si sale verso i Monti del Chianti più si trovano terreni sempre meno profondi e più poveri dove lo sviluppo vegetativo è ancora più contenuto e anche la maturazione è più tardiva. Nella parte più alta i suoli di Lamole rappresentano un’unicità oltre che per l’altitudine (da 450 a oltre 550 m slm) anche perché sono fortemente caratterizzati dalla presenza di arenaria e macigno. La combinazione di terreni più ricchi di sabbia con somme termiche inferiori esalta l’elegante ricchezza olfattiva (i noti “profumi di Lamole”). Nella zona più a sud, a confine con A2 troviamo alcuni altopiani in quota (es. Monti in Chianti) dove “sasso, sole e vento” a volontà creano un ambiente molto favorevole per la qualità delle uve. A2 dal centro abitato di Castelnuovo Berardenga e risalendo il versante verso Gaiole prevale la formazione del Massiccio del Chianti con un’elevata pietrosità calcarea compatta (su base di arenaria e/o alberese) che (oltre a incidere sui costi d’impianto e di gestione) tende -in combinazione con l’altitudine- a frenare il vigore e allungare il ciclo. Rispetto alle altre zone il ph del suolo tende maggiormente alla neutralità. Anche qui il Sangiovese trova fattori naturali di autocontrollo esprimendosi con grappoli tendenzialmente più piccoli e meno compatti che giungono facilmente a completa maturazione. B al contrario dell’area A (che dall’asse centrale risale il versante dei Monti del Chianti), qui il gradiente altimetrico è inverso e scende verso la Valdelsa. La zona compresa tra Radda e Castellina presenta caratteristiche generali simili ad A1 ma rispetto a questa la progressiva riduzione di quota e il lieve spostamento verso ovest determinano già un graduale aumento della temperatura media. La presenza di scheletro è normalmente ancora molto alta : nei vigneti più in quota si trova la maggior percentuale di alberese ma scendendo in direzione Valdelsa comincia ad aumentare la presenza di argilla. Questo comporta nel Sangiovese la tendenza a una maggiore produzione unitaria con grappoli tendenzialmente più grandi. La maturazione è comunque ampiamente sostenuta dalla maggiore temperatura media e dall’ottima

alberese


cittoli silicei

luminosità. In quest’area si risente, molto più che in A1, il gradiente altimetrico all’interno dello stesso vigneto (tra zona alta erosa e zona bassa di accumulo). C nella zona bassa di San Casciano Valdipesa la riduzione dell’altitudine è accompagnata dall’aumento della temperatura media. I terreni sono tendenzialmente più freschi e fertili ma spesso non manca una buona percentuale di scheletro (localmente anche sotto forma di ciottoli silicei). Il vigore vegetativo e la dimensione del grappolo tendono ad aumentare e nella maggior parte dei vigneti vanno preventivamente contenuti (soprattutto dove la pietrosità è molto bassa o assente). Le produzioni unitarie sono più alte, la preoccupazione per la sanità del grappolo a fine stagione è maggiore ma la maturazione è comunque tendenzialmente più precoce. D1 nella parte più vicina e più a sud del comune di Castelnuovo Berardenga (e una piccola parte di Gaiole) aumenta la presenza di tufo e arenaria fino a diventare dominante a un’altitudine massima di 300 m slm attorno a Pianella. Il clima è più caldo, molto luminoso e generalmente meno piovoso. Qui il Sangiovese matura con un certo anticipo rispetto alle zone interne, il vigore è buono ma a volte bisogna controllare gli eccessi. La produzione è quantitativamente più alta ma in genere le uve non hanno difficoltà ad accumulare zuccheri e sostanze nobili. D2 scendendo verso Castellina Scalo la riduzione dell’altitudine è accompagnata dall’aumento di argilla nel suolo. Qui è molto importante evitare problemi di asfissia radicale ed eccessi di produzione in assenza dei quali si possono avere uve molto ricche grazie anche all’esposizione a ovest del versante. Anche a sud del centro abitato di Castelnuovo ci sono terreni con elevata presenza di argille grigie che si avvicinano alla composizione delle crete senesi. Scendendo invece da Castellina verso Poggibonsi si trovano diverse situazioni simili a D1.

“il SANGIOVESE ha grandissime capacità di modificare il suo comportamento in funzione dell’ambiente in cui è coltivato”


argilla con tufo

In estrema sintesi l’ampia variabilità di situazioni descritte rappresenta la gradualità intermedia tra le due condizioni limite : -in alta collina i suoli sono più poveri, l’ambiente è più secco e la somma termica è minore, la vegetazione e la produzione sono limitate, la maturazione è più tardiva = situazioni favorevoli alla massima qualità, il fattore limitante non è, come in passato, l’insufficiente temperatura in fase di maturazione, ma il forte stress termo-idrico che può verificarsi in estate -in bassa collina i suoli sono più ricchi e freschi ma, nonostante l’aumento di vigoria e produttività, la maturazione è di norma più precoce perché è favorita dalla maggiore somma termica = il fattore limitante può essere la maggior dimensione del grappolo e la scarsa sincronia di maturazione tra polpa e buccia. Come si sa, l’alta collina favorisce l’eleganza e i profumi del vino, mentre la bassa accentua la struttura e il colore. In genere le annate fresche premiano le zone alte, mentre quelle calde favoriscono quelle più basse.


Caratteri del Paesaggio


Lunedì 28 Dicembre 2009 su Repubblica esce un articolo:

Chianti restaura i suoi vigneti.

GREVE IN CHIANTI LA RIVOLUZIONE parte da Lamole, Val di Greve, luogo di vino fra i più pregiati di tutto il Chianti. Ci si volge indietro, ma si guarda molto anche al futuro. Qui si restaurano i paesaggi storici e tornano gli antichi vigneti. Al posto dei filari che con perfezione geometrica scalano in verticale le colline e le solcano come tanti graffi sulla pelle, ecco di nuovo i terrazzamenti, un po’ più arruffati, che vennero abbandonati dagli anni Sessanta, sbancati con i Caterpillar e sostituiti da sistemi di coltivazione che chiamano a “rittochino”, più agevoli per i potenti trattori. Anche Paolo Socci piallò le colline dove da decenni la sua famiglia faceva il vino. «Così si deve fare ora, dicevano tutti. E così feci anch’io». Poi si accorse che, oltre ad aver stravolto un assetto di paesaggio che durava da secoli, quel sistema da agricoltura industriale riduceva i costi, è vero, ma il vino che veniva fuori non era buono come un tempo. Sulle piazze internazionali sbarcavano bottiglie provenienti dall’est europeo o dal Sud America che, Chianti o non Chianti, scalzavano i concorrenti.

Baldeschi, che stava elaborando un progetto di tutela dell’intero Chianti fiorentino, e capì una cosa importante: il paesaggio del Chianti era un paesaggio storico, anzi, culturale, nel senso che aveva ben poco di naturale, ed era esattamente il prodotto di una serie di adattamenti selezionati nel tempo e di regole produttive tutte orientate a ottenere un vino buono. Risuonavano nella sua memoria le parole di Emilio Sereni, quelle sul paesaggio come costruzione cosciente di una comunità, da cui discende che ogni comunità ha il paesaggio che si merita. E così Socci invertì la rotta. Chiese e ottenne un contributo attraverso il Piano di sviluppo rurale della Toscana, che recependo norme nazionali e comunitarie favoriva la tutela dei paesaggi, e iniziò a restaurare le terrazze, segnalate qui fin dal Settecento, o a costruirle ex novo, ma con le tecniche antiche e recuperando un geniale sistema di drenaggio. Le terrazze evitano il dilavamento del terreno causato dalle piogge, che invece è favorito dal “rittochino” e dai trattori che salgono e scendono dalle colline. L’erosione, oltre ad agevolare il dissesto in caso di grandi piogge - è un fenomeno che interessa tutto l´Appennino - , fa scivolare giù la sabbia, che è essenziale per le viti ad alberello e che le terrazze, invece, custodiscono.

E allora si mise a studiare le tecniche tradizionali, si confrontò con l’urbanista Paolo

Geometria vigneti, Chianti Storico

L’erosione, inoltre, diminuisce la fertilità del terreno e impone i concimi chimici. E non è tutto: le pietre dei muraglioni sono una specie di radiatore, trattengono il calore del sole e lo rilasciano lentamente, favorendo una giusta maturazione dell’uva. Maturazione che le terrazze agevolano anche perché i filari sono orientati da Nord a Sud, e quindi incamerano più sole rispetto al “rittochino”.


«Tutti questi sistemi allungavano le ore di fotosintesi», racconta Socci. «Poi sono arrivati i vigneti standard dell’agricoltura meccanizzata, venduti come un kit di montaggio». Ora sono pronte le prime bottiglie con le uve nate lungo i ciglioni della collina. Il vino si chiama “Antico Lamole. San Gioveto Terrazzi”. Niente etichetta, scritto a mano. Insieme a Socci, altri proprietari di Lamole hanno o ripristinato o realizzato muraglioni a secco che seguono in orizzontale il tracciato delle colline. Non tutti abbandonano il “rittochino”, ma intanto il paesaggio di Lamole va riacquistando l’antico aspetto. «Restaurare il paesaggio», dice Mauro Agnoletti, professore di agraria a Firenze e curatore del Catalogo dei paesaggi rurali storici (dove figura anche Lamole), «non è solo un’operazione estetica, pure indispensabile visto il valore che queste colline hanno assunto. Ma incontra un’esigenza della futura agricoltura: un prodotto ha più forza sui mercati se è riconducibile a una storia e a un luogo e se è il frutto di tecniche specifiche». Socci si fa aiutare da boscaioli che vengono da Laviano, in provincia di Salerno, il paese distrutto dal terremoto del 1980, e da Rocco Falivena che di Laviano è il sindaco. Ma se per l’avvio dei lavori sono arrivati contributi pubblici, per la manutenzione non ci sono erogazioni. Il Piano di sviluppo rurale nazionale 2007-

Terrazzamenti

2013 stabilisce che il paesaggio è elemento essenziale per una buona agricoltura e ha dato alle Regioni la possibilità di finanziare progetti di recupero e di promuovere prodotti legati a questi paesaggi. Ma non tutte le Regioni si sono attrezzate. E senza sostegni, questo tipo di agricoltura e di paesaggi stentano”.


Gli antichi terrazzamenti del Chianti I vigneti di collina Molti produttori di vino del Chianti stanno ripristinando i “terrazzamenti” che sin dal Settecento caratterizzano un paesaggio unico, tinteggiato dal viola pallido dei giaggioli a inizio maggio, dal giallo delle ginestre da fine primavera, dal verde brillante delle viti e quello argentato degli olivi, dai colori più cupi del bosco fino ai gialli e ai rossi della maturazione autunnale. Fin dal basso Medioevo e dal Rinascimento gli spazi coltivabili sono stati conquistati con il frutto del lavoro di centinaia di persone e di una tecnica affinata nei secoli. L’ostacolo ambientale di gran lunga più importante era ed è la pendenza del terreno mediamente superiore al 30% e spesso oltre il 50%. La realizzazione dei terrazzamenti consentiva di “rimettere in piano” il terreno, rendendolo coltivabile. Ma per trattenere quella terra sciolta, fine come cipria era necessaria anche una capillare regimazione delle acque che consentisse anche agli scrosci più impetuosi di essere assorbiti dal terreno senza asportare quel suolo prezioso. Se la terra mancava, i sassi avanzavano sempre e, per non essere costretti ad allontanarli, si suddivideva

vigneti, GREVE IN CHIANTI

l’appezzamento avvicinando i muri fra loro e creando terrazze della larghezza di pochi metri. Lingue di terra, piccole lame, in latino “lamulae”, da cui probabilmente deriva il nome del luogo. La roccia, suddivisa in pietre squadrate ed ordinata in muretti, diveniva così un prezioso alleato nella maturazione dell’uva cedendo nella notte il calore accumulato durante il giorno ai pochi grappoli vicini al terreno delle viti basse, coltivate nella forma di allevamento ad alberello tipica della tradizione di Lamole. A partire dal Settecento la pratica del terrazzamento si estende dalle pendici rocciose anche alle fasce collinari plioceniche, con i ciglioni dove prevale il tufo (sabbia) e con le colmate di monte dove prevale il mattaione o creta (argilla), ma una serie di trattati agronomici dell’epoca rivela che fra il Sette e l’Ottocento la situazione era diventata molto critica, con una prevalenza di sistemazioni dette “a rittochino”. Fino agli anni ’50 tutta la parte collinare della Toscana centrale era ancora interessata da queste particolari sistemazioni agrarie: ciglionamenti nei terreni sabbiosi, terrazzamenti in quelli rocciosi. Poco prima degli anni Sessanta inizia però l’esodo dei mezzadri, attratti dalle fabbriche della città, e i filari che solcavano in verticale le colline con i terrazzamentiurono sostituiti dai sistemi di coltivazioni con una nuova versione del rittochino, questa volta fatto a macchina.


L’abbandono interessò anche l’utilizzazione del bosco, che un’antropizzazione millenaria aveva condotto al governo a ceduo e che forniva alla comunità locale combustibile, legname da opera (castagno) utilizzato nella viticoltura e nell’edilizia rurale e pascolo per il bestiame. Un bosco che, abbandonati i turni di ceduazione e avviato ad alto fusto, versa ora, salvo poche eccezioni in uno stato di grave degrado, nonostante studi recenti abbiano messo in luce la possibilità di destinare il ceduo alla produzione di biomassa vegetale per la produzione di energia. Dagli anni ’90 in poi una maggiore attenzione al prodotto di qualità favorisce il restauro o il recupero di sistemi e pratiche tradizionali rivisitate alla luce delle nuove condizioni tecnologiche e produttive e numerose aziende del Chianti fiorentino e di quello senese riprendono la pratica del terrazzamento dando vita ad un’opera di ricostruzione non solo vitivinicola ma anche paesaggistica. Una evoluzione del terrazzamento tradizionale è la sistemazione a “ripiani raccordati” con appezzamenti di ampiezza variabile realizzati con scarpate in terra battuta inerbite o con pietrame disposto a muro. Le sistemazioni a “piani raccordati” consentono: - il consolidamento delle pendici con buona difesa contro i fenomeni erosivi - il recupero di aree diversamente non destinabili all’utilizzo agricolo - il mantenimento delle caratteristiche agronomiche costanti nel tempo - l’utilizzo di qualsiasi macchinario agricolo nella massima sicurezza per l’operatore, con riduzione di costi di esercizio

I muri a secco sono un elemento fondamentale nella realizzazione di terrazzamenti, strade bianche e vigneti e svolgono una funzione estetica oltre che pratica.

Esempi di lavorazioni e sistemazioni : a rittochino (A); a cavalcapoggio (B); a superficie unita (C); divisa in ciglioni (D)


2. TOSCANA 2.1 CULTURA CONTADINA E MANUFATTI IN TOSCANA Cristina De Alfieri

Colline fiorentine;

“I campi e le colline sembrano giardini”. Era il 1582 e Michel de Montagne così annotava nel suo “Viaggio in Italia” riferendosi alle colline fiorentine. Simbiosi perfetta tra architettura e paesaggio, il segreto del fascino delle colline a forma di ferro di cavallo che circondano Firenze. I dintorni della Regina del Rinascimento non splendono solo di luce riflessa ma ne lusingano la bellezza. Molte hanno resistito all’urto dei secoli, altre solo deboli tracce lì dal Medioevo. I potenti della città, nobili, ricchi mercanti e persino artigiani, desiderosi d’abbandonare gli affanni della vita cittadina, di “fuggire gli strepiti e i tumulti della piazza e del palagio”, decidono di comprare le terre oltre le mura. Fuori le mura si stendono sfumature di zolle brune rovesciate dall’aratro, le terre plasmate dai contadini che sono stati e sono ancora la spina dorsale di questa regione. La storia della Toscana abbraccia un lunghissimo periodo di tempo, che spazia dalla preistoria i giorni nostri, risultando fondamentale dal Medioevo in poi per la nascita della lingua italiana. Si inizia nell’ VIII secolo a.C: con gli Etruschi, sconfitti poi dall’Impero Romano. Dopo la caduta dell’Impero Romano la regione passò attraverso le dominazioni ostrogota e bizantina, prima di divenire oggetto di conquista da parte dei Longobardi (569), che la eressero a ducato con sede a Lucca (Ducato di Tuscia). Cultura contadina in Toscana Per comprendere al meglio la cultura contadina in Toscana, si può fare riferimento al testo “Cultura Contadina in Toscana”, edito da Bonechi. Un viaggio affascinante nella vita quotidiana, l’ambiente, le tradizioni delle antiche campagne toscane. La collana è composta da n.3 volumi : vol.1 Il lavoro e i prodotti della terra, vol.2 La casa e gli animali, vol.3 Il paesaggio e la vita quotidiana. I volumi rappresentano lo spirito contadino oltre che il semplice lavoro fisico da tutti conosciuto, trattando l’argomento ampiamente partendo ad esempio da “Archeologia del Paesaggio Agrario” dove gli autori vogliono porre l’attenzione sulla piu’ antica testimonianza del paesaggio agrario del passato basata sull’organizzazione degli “agri” delle colonie romane, la cosiddetta “ centuriazione”, le cui tracce si possono ritrovare nel paesaggio agrario toscano; si parla dell’origine dei “terrazzamenti” molto diffusi nelle campagne toscane, dei “Tabernacoli e le Immagini sacre” in cui si tratta dei molti aspetti della religiosita’ contadina che hanno dato luogo a manifestazioni ben concrete e visibili, rappresentate da tutte quelle architetture minori ( piccoli oratori,cappelle votive,tabernacoli ecc.), che sono nate come punti di aggregazione della religiosita’ popolare: tutta la campagna toscana,infatti, e’ punteggiata di queste testimonianze della spiritualita’ contadina. I volumi si protraggono poi sulla vita del contadino, partendo dall’infanzia, la gioventù, il matrimonio, le tradizioni, la lingua, esaltandone tutti i punti sconosciuti.


Civiltà contadina: sacrificio, umiltà, forza La civiltà contadina toscana fatta di feste campestri e di superstizione ma anche di un antico sapere legato all’uso di strumenti e tecniche agricole è un’erede privilegiato del mondo culturale etrusco. “Il contadino va nel campo e lancia il seme, lo consegna alla terra e poi, aspetta; passano i giorni, passano le settimane e i mesi interi, uno dopo l’altro. Non si stanca di aspettare, perché sa che deve essere così”. Il contadino pone in essere l’atteggiamento prioritario del cristiano nel mondo: è l’attesa fiduciosa e non l’impazienza degli zelati. Oggi la cultura contadina sta pian piano sfumando nei tenui ricordi dei più anziani. Buona parte delle attività del passato, fino agli anni del secondo dopoguerra, hanno costituito una ricchezza sociale ed umana di grande valore. La cultura della civiltà contadina, intesa come il mezzo per avvicinarsi sempre più al modo di crescere insieme e progredire nella ricerca della solidarietà tra le persone, che ha preceduto l’era tecnologica del momento, deve avere ampio riconoscimento. Nel nostro territorio, l’attività contadina era sostenuta quasi esclusivamente dagli uomini, a livello familiare, con l’aiuto di asini, buoi, cavalli e muli e di attrezzi rudimentali come per esempio gli aratri di legno.

Da sinistra: Contadini lavorano negli anni ‘60; contadini lavorano ai giorni nostri;

La cultura ufficiale, quella scritta sui libri per intenderci, aiuta certo a comprendere la storia, ma quello che nasce dalla mente e dalle braccia del contadino (in genere poco istruito perché ai tempi non vi erano le possibilità per studiare), nei campi o nelle stalle, ha del prodigioso. Il contadino attinge le sue informazioni dall’osservazione diretta delle voci della natura, ne fa tesoro, le trasmette, le applica, le modifica, producendo conoscenze a suo vantaggio e degli altri, in reciproco e proficuo rapporto: quei contadini che uscivano all’alba, con l’asino a la cavezza e la zappa o la vanga sulla spalla. L’attività dei contadini delle terre toscane non si limitava alla sola coltivazione dei campi, ma comprendeva una serie di tante altre azioni collaterali o di complemento, come allevare e pascolare pecore, vacche, buoi, produrre formaggi , costruire attrezzi d’ogni tipo e con materiali i più diversi. All’opera defaticante degli uomini si affiancava quella, forse più duramente sentita, delle donne su cui gravava il peso di portare avanti la casa: allevare i figli, lavare la biancheria nell’acqua gelata delle pubbliche fontane o ai lavatoi, cucinare per tutti con i pochi ingredienti, confezionare indumenti con lana e cotone da loro stesse tessuti.


Un tempo la donna contadina era impareggiabile in molte attività e comunque instancabile,ogni spazio del giorno era riempito dalla loro operosità, inarrestabile e continua, dall’alba a notte inoltrata. L’attività dei contadini consisteva: subito dopo ferragosto venivano arati i campi per la semina del grano, con ingegnosi aratri di legno tirati da buoi. Gli aratri erano costruiti spesso dagli stessi contadini, d’inverno, quando per la neve o per il freddo, erano costretti a restare in casa. Nei piccoli appezzamenti o nei siti scomodi il terreno si lavorava a “bidente” con la zappa a due denti. Per la calura e per la durezza del lavoro, il sudore sgorgava a fontanella dalla fronte dei contadini inzuppando, non solo la “pezzola” in testa ma anche i miseri indumenti che indossavano. A tarda sera, col bidente in spalla, tornavano a casa, stanchi e rassegnati. Dopo la misera cena, governati gli animali, andavano a dormire per ricuperare forze per il giorno dopo. La giornata di lavoro cominciava all’alba e si chiudeva a sera tardi. Anche le donne aiutavano soprattutto ad ammucchiare i sassi che man mano uscivano zappando. Ancora oggi sono presenti nei campi questi mucchi di pietre. Vengono spesso fotografati a futura memoria, ma non si può certo fotografare il sudore di quelle povere donne, spesso in gravidanza, costrette alla durissima attività. Sono ancora ben visibili in diverse parti del territorio le costruzioni di pietre erette per sostegno dei dirupi. Molte sono ancora integre, dopo tanto tempo, a testimonianza della perizia di quei contadini nel saper

porre le pietre, una sopra l’altra, in modo stabile. Il Museo della cultura contadina Il paese di Montecastelli, allo scopo di raccogliere e conservare attrezzi da lavoro agricolo e domestico utilizzati tra la fine dell’800 e l’inizio del’900, ha recentemente allestito un Museo della civiltà contadina. Il Museo è nato grazie alla collaborazione degli abitanti di Montecastelli, che hanno creduto in questo progetto, donando tutti gli oggetti esposti. Gli strumenti e gli attrezzi, opportunamente restaurati e catalogati testimoniano la vita, che si svolgeva nel paese, talvolta in condizioni economiche ed ambientali assai difficili. Nel Museo sono documentate anche le diverse attività artigianali del passato, in modo che il visitatore possa capire meglio tecniche e mestieri, riscoprendo in tal modo un’epoca altrimenti perduta per sempre.

Contadine toscane raggruppate intorno al focolare domestico, anni ‘50;

Una sala del Museo della Civiltà contadina a Montecastelli;


GLI STRUMENTI DEL CONTADINO Si potrebbe quasi calendarizzare l’anno attraverso l’elenco degli attrezzi legati alla scansione dei lavori stagionali dei contadini, quali aratura, semina,”masciatura”, sarchiatura, mietitura, “pisatura”, attività che avevano bisogno di vomeri, zappe di varie forme e dimensioni, sarchiarole, falci, “pisare”, pale,”sciatichi” e tanti altri utensili, ognuno dei quali era legato ad una attività, a sua volta legata alla stagione in un rituale ripetitivo ed incessante che univa alla monotonia, la durezza del lavoro e l’incertezza del raccolto. Per capire meglio i processi lavorativi, andiamo ad analizzare quali sono gli strumenti più usati. 1.GRANATA: Scopa fatta con la saggina per le pulizie. 2.FRUSTO: Prima dell‘avvento della macchina per trebbiare, il grano si batteva con il frusto e poi veniva ventilato per separare i chicci dalla pula. 3.PALA: La pala veniva utilizzata per svariate operazioni, tra cui ammassare granaglie (frumento, mais…) sull’aia. Era utilizzata anche per la ripulitura a vento del grano, ossia per la separazione della pula dal chicco di grano. 4.ZAPPA: Attrezzo agricolo in ferro con impugnatura in legno. Veniva utilizzato per estirpare le erbe, sminuzzare e pareggiare il terreno e consolidare le piccole piante del campo in crescita.

5. FORCONE: Una volta che il foraggio, tagliato e lasciato al suolo per 2-3 giorni affinché seccasse fosse pronto, veniva radunato con i rastrelli e organizzato sul campo con forconi in cumuli, che successivamente venivano caricati sui carri trainati dai buoi e portati sull’aia per accatastarli sul pagliaio. 6.BADILE: Attrezzo agricolo per smuovere la terra, veniva usato anche per spalare neve. 7.VANGA:La vanga è un attrezzo utilizzato in campo agricolo per smuovere superficialmente la terra. Si usava per rivoltare le zolle di terra, spaccarle e preparare dunque il terreno alla semina. Si differenzia dalla pala per la presenza di una staffa sulla quale poggia il piede, che imprime la spinta per farla penetrare nel terreno. 8.RASTRELLI: Con il rastrello si radunava il fieno nei campi di modo che poi con il forcone potesse essere raccolto facilmente e organizzato in cumuli per poter essere trasportato sull’aia. 9. TAGLIAFIENO PER PAGLIAI: Attrezzo in ferro che solitamente si usava per tagliare piccole quantità di fieno dal pagliaio. 10.SGRANATORE PER PANNOCCHIE: Attrezzo agricolo per sgranare il mais, costituito da una tavola lunga in cui in cima vi ara fissato un ferro un po’ tagliente; il contadino a cavalcioni sulla tavola strisciava sul ferro il cartoccio sgranandolo. 11.FALCE: Quando il grano era ormai maturo si affilavano le falci battendole per bene con un martello e si partiva in gruppo nei campi per mietere. Per tagliare il grano, con una mano si teneva la falce e con l’altra il grano. 12.FALCE FIENAIA:La fienagione costituisce una delle pratiche dell’agricoltura più importanti, in quanto consente il pieno utilizzo dei prati e dei pascoli e l’allevamento del bestiame. Utilizzando la falce fienaia,il contadino tagliava il foraggio ( erba medica e fieno) che lasciava seccare al suolo per due o tre giorni. Veniva poi successivamente raccolto e portato sull’aia. Il lungo manico di legno con due impugnature, permettevano di tagliare l’erba stando in piedi con un movimento semicircolare. La falciatura aveva inizio di primo mattino, poiché l’umidità residua della notte facilitava il taglio , per poi proseguire tutta la giornata con qualche pausa ristorativa. 13.RONCOLA A MANICO CORTO 14.FORCA: Le forche erano usate esclusivamente per la raccolta del fieno. 15.RONCOLA: Arnese utilizzato per tagliare le spine dai rami di particolari arbusti o alberi. La roncola a manico lungo evitava al contadino di pungersi e graffiarsi.

Da sinistra numerati, gli attrezzi del contadino spiegati in lista;


Aratro in legno: usato per smuovere la terra e creare solchi per la semina; sullo sfondo sono ben visibili i pagliai

Erpice in legno: veniva usato principalmente per sminuzzare le zolle del terreno


Contadini durante la battitura del grano;

Treggia: carretto agricolo senza ruote per il trasporto di materiale


Svecciatoio: macchina agricola usata per separare i cereali da semi differenti;

Giogo: usato fin da quando l’uomo riuscÏ ad addomesticare i buoi per aiutarlo a lavorare la terra. Si appoggiava sul collo dei due animali e si fissava alle corna con le cinghie di cuoio. Al centro del giogo si trova un anello su cui veniva fissato il palo di legno o successivamente di ferro e che consentiva dunquedi collegare il giogo con l’attrezzo da tirare.


Manufatti in Toscana La Toscana è una regione con un ricco patrimonio culturale, artistico e architettonico. Tra le tante ricchezze ci sono anche prodotti realizzati a mano, testimoni di una tradizione antica che racconta in tanti oggetti, manufatti ed eventi la storia di questo territorio. Per prodotti tipici di una regione non si intendono solo prodotti legati all’enogastronomia, ma anche tutta una serie di oggetti lavorati artigianalmente. Per questo la Toscana è una delle regioni italiane con una più lunga e prestigiosa storia dell’artigianato artistico. Tra le tante lavorazioni tipiche della tradizione toscana si ricordano quella del merletto, la produzione e il ricamo di tessuti artigianali di alta qualità, la lavorazione e produzione di abiti e accessori in pelle e cuoio, l’arte orafa, molto diffusa in tutta la provincia di Arezzo, con la creazione di gioielli fatti interamente a mano, la lavorazione del ferro battuto tipica di Stia e del Casentino dove si svolge la Biennale dell’arte del ferro battuto che ospita anche il Campionato del Mondo della Forgiatura.

Montelupo in provincia di Firenze, vanta una tradizione molto antica che risale addirittura a prima del 1000. La zona della Val d’Elsa è molto ricca dell’argilla che è la materia prima per produrre poi la ceramica. Con il tempo, di fronte all’esigenza di dare un rivestimento più raffinato all’argilla grezza, fu adottata la tecnica di cottura e smaltatura che permetteva così di creare un rivestimento bianco dove si potessero apportare delle decorazioni artistiche. In molte botteghe della Toscana si possono apprezzare e acquistare ceramiche dipinte a mano. La terracotta è un altro prodotto tipico dell’artigianato toscano, la cui pratica di lavorazione risale al Medioevo. In terracotta venivano e vengono ancora oggi realizzati anche contenitori per la conservazione e il trasporto del vino e dell’olio d’oliva. SIGARO TOSCANO. Un prodotto molto caratteristico della Toscana è il rinomato e apprezzato sigaro toscano, conosciuto e ricercato da molti intenditori e la cui storia risale addirittura al 1815 quando a Firenze per la prima volta si provò questo nuovo uso del tabacco Kentucky che riscosse cos’ tanto successo che nel 1818 iniziò la produzione industriale del sigaro toscano.

CERAMICA E TERRACOTTA. La ceramica, in particolare la ceramica nel territorio di FIERE E MERCATINI DELL’ARTIGIANATO. A far conoscere la storia di un territorio

Da sinistra: Piatto in ceramica Ginori; tipici prodotti fiorentini in pelle; sigaro toscano;


possono essere anche tradizioni e antichi mestieri. Proprio per questo uno dei viaggi alla scoperta della Toscana potrebbe essere anche quello di apprezzare o acquistare oggetti lavorati a mano oppure ammirare artigiani intenti al loro lavoro mentre svolgono antichi mestieri. - Art-Mostra Mercato Internazionale dell’Artigianato, che si svolge a Firenze tra il mese di aprile e maggio e a cui ogni anno prendono parte centinaia di espositori; - Cortonantiquaria, che si tiene nel mese di agosto a Cortona, in provincia di Arezzo, una delle più rinomate manifestazioni fieristiche dell’antiquariato; - Fiera Antiquaria di Arezzo, una delle più grandi fiere del Centro Italia del settore che si svolge il primo sabato e la prima domenica di ogni mese nel centro storico di Arezzo e dove si possono acquistare mobili, gioielli e stampe antiche e tanti altri prodotti artigianali; - Mostra Mercato dell’Artigianato della Valtiberina Toscana, che ogni anno tra il mese di aprile e maggio si tiene ad Anghiari, borgo in provincia di Arezzo, e dove nel centro storico sono allestite le vecchie botteghe artigiane con prodotti dell’artigianato artistico come tessuti, gioielli fatti a mano, mobili in stile e in arte povera, vetrate artistiche; - Chiantilife, mostra mercato dell’artigianato artistico e gastronomico che ha luogo a maggio a Impruneta in provincia di Firenze;

- Festa internazionale della ceramica e festa della terracotta, che si svolgono nei mesi di maggio-giugno a Montelupo in provincia di Firenze; - Fiera Arcobaleni a Sesto Fiorentino, in provincia di Firenze, evento che ha luogo a maggio e dedicato ai prodotti naturali e all’agricoltura biologica; - Moda pelle by Pitti immagine, che si svolge a Firenze ed è dedicata alla lavorazione dei tessuti in pelle. Senza dimenticare ovviamente, gli altri numerosi settori in cui si ritrovano i manufatti toscani, come la lavorazione dell’alabastro fatta particolarmente a Volterra; le calzature, riconosciute e richieste da tutto il mondo; il settore tessile di cui la città di Prato è la principale produttrice, e soprattutto la particolarità della “lana cotta”, un tessuto di antiche tradizioni toscane e contadine, la cui origine viene fatta risalire al IX secolo, le ceramiche Ginori e così via.

Fiera antiquaria in piazza ad Arezzo;

Statue in alabastro, Volterra;


2.2 CONNESSIONI CON ALTRI TERRITORI Cristina De Alfieri

Da sinistra: “Cani” 1955, Salvatore Cipolla, “Il pouff” 1973, Omaggio alle madri di Algeria 1998;

La Toscana è stata sempre centro di interesse e motivo di ricerca e connessione, da parte sia delle altre regioni italiane che di luoghi più o meno lontani. Si pensi già a come la storia abbia contribuito all’eccellenza di questa terra: gli etruschi in epoche antichissime, arricchivano le sale da pranzo con rami d’alloro e mirto, importarono spezie dall’Oriente creando un’armonia che divenne scuola alla corte De Medici, favorendo l’esportazione della cucina toscana “oltre le alpi” verso Parigi. Un territorio così generoso e ricco di arte è sempre stato sogno di svariati artisti, come Salvatore Cipolla, ceramista siciliano fiorito in terra fiorentina ed oggi riconosciuto a livello nazionale. Salvatore Cipolla Cipolla, dopo la sua formazione tra diverse scuole di ceramica siciliane, capì che “non si sentiva stimolato nella creazione di quelle figure di costume”, tipiche della tradizione locale: i classici giocatori di carte, i pescatori, i ricottari. Così, dopo soli due mesi, tornò a Mirabella, suo luogo d’origine, per convincere la madre a trasferirlo a Firenze. Nonostante gli anni duri, la voglia di realizzare il proprio sogno e di emergere ebbero la meglio. Nel 1949 Salvatore riuscì a raggranellare qualche soldo grazie ad una serie di disegni che vendette ad un compagno di scuola. “Tutta la mia vita è partita da queste prime cinquemila lire che riuscii a guadagnare”. Con questi soldi, a soli 16 anni, partì alla volta di Firenze portandosi sottobraccio una cartella di disegni e fotografie con ritratti di generali e uomini politici. Dopo aver ottenuto il diploma nel 1953, Salvatore mise mano all’opera “Lotta di gatti” con la quale prese parte al concorso nazionale di ceramica di Faenza aggiudicandosi, nel 1954, il premio ex aequo dell’Ente Turismo di Ravenna. Tra il 1956 e il 1960 proseguirà la sua formazione artistica completando gli studi all’Accademia di Belle Arti, sempre a Firenze, proseguendo la sua carriera in ascesa, come artista ed anche insegnante, influendo sul territorio anche grazie ad opere pubbliche. In Aprile/ Maggio 2007 viene inaugurata la Fondazione Salvatore Cipolla, che ha patrocinato e collaborato alla realizzazione di una importante mostra sull’artista a Castelfiorentino dedicata all’ultima produzione ceramica del maestro. La mostra è stata allestita all’interno delle sale espositive del Ridotto del Teatro del Popolo. Per l’occasione è stato pubblicato il catalogo “Salvatore Cipolla - La ceramica” curato da Maurizio Vanni con foto a colori di tutte le opere esposte e testi critici di vari autori tra cui il Prof.Antonio Paolucci. La manifestazione oltre che dalla Fondazione è stata patrocinata dal Comune di Castelfiorentino, dalla Banca del Credito di Cambiano e dalla Provincia di Firenze ed è stata inserita tra le manifestazioni de “Il Genio Fiorentino”.


La campagna toscana è stata costruita come un’opera d’arte da un popolo raffinato, quello stesso che ordinava nel ‘400 ai suoi pittori dipinti ed affreschi: è questa la caratteristica, il tratto principale calato nel corso dei secoli nel disegno dei campi, nell’architettura delle case toscane. È incredibile come questa gente si sia costruita i suoi paesaggi rurali come se non avesse altra preoccupazione che la bellezza.

Henri Desplanques

Veduta di paesaggio toscano dall’alto;


3. ARTE E DESIGN


3. ARTE E DESIGN 3.1 ARTE AMBIENTALE Debora Mirabelli e Daniela D’Agosto Esempio di Arte Ambientale

Il termine Arte Ambientale viene utilizzato per descrivere genericamente il processo artistico o l’opera d’arte in cui l’artista si confronta attivamente con l’ambiente. Questo ambiente, oltre alla sua dimensione ecologica e naturale, può essere inteso quindi anche come contesto formale, politico, storico e sociale.Alcuni critici contemporanei definiscono le opere di arte ambientale come ”progetti di sculture site-specific che utilizzano materiale tratto dall’ambiente al fine di creare nuove forme o per re-indirizzare le nostre percezioni del contesto; programmi che importano oggetti nuovi, innaturali in uno scenario naturale a scopi simili; attività individuali sul paesaggio in cui il fattore tempo svolge un ruolo determinante; interventi collaborativi e socialmente consapevoli.” Germano Celant, noto critico d’arte italiano, afferma inoltre che tra l’opera e il contesto vi sia uno scambio reciproco: “l’arte crea uno spazio ambientale, nella stessa misura in cui l’ambiente crea l’arte”. Il coinvolgimento dello spazio reale inizia ad essere un aspetto significativo delle opere d’arte a partire dalle fine degli anni ’50, per poi continuare ad interessare le principali correnti artistiche (Neo-dadaismo, Arte Programmata, Minimalismo, Arte Processuale, Arte Povera, Arte Concettuale) per tutti gli anni ’60, fino all’inizio dei ’70. Inizialmente l’Arte Ambientale era molto più legata alla scultura, (in particolare come Site-Specific Art, Land Art e Arte Povera ) considerando la crescente critica nei confronti della scultura tradizionale e delle pratiche che venivano viste come sempre più obsolete e potenzialmente in disarmonia con l’ambiente naturale.


Contributi decisivi per quello che riguarda le installazioni ambientali sono rintracciabili anche in alcuni interventi d’allestimento compiuti da Marcel Duchamp: nel 1938 alla Galerie des Beux-Arts di Parigi nel corso dell’Esposizione internazionale del Surrealismo appende al soffitto più di 1000 sacchi di carbone; mentre nel 1942 per la mostra “First Paper of Surrealismo” tenutasi a New York riempie lo spazio con una fitta ragnatela creata con 12 miglia di filo.

Marcel Duchamp Ragnatela

Lo spazio, come sottolineano alcuni titoli delle sue opere (Ambiente spaziale con forme spaziali ed illuminazione a luce nera, Galleria del Naviglio, Milano 1949), diviene uno degli elementi fondamentali nel lavoro di Lucio Fontana. L’interazione dello spazio con “giochi di luce” è mirata a produrre un effetto di spaesamento nello spettatore.

Lucio Fontana Effetto della luce


L’Arte Ambientale a Greve in Chianti “Arte lasciata alla Terra” Nella definizione di Arte Ambientale, bisogna innanzitutto fare una distinzione tra quegli artisti che non prendono in considerazione gli effetti che provocano sull’ambiente e quelli che invece non intendono provocare alcun danno, al contrario si impegnano a riportare il contesto al suo stato naturale. Un esempio di artista che opera nell’arte ambientale oggi è David Hollander che durante la permanenza presso la residenza degli artisti in Greve in Chianti decide di dedicarsi a un progetto particolare: nelle sue opere si occupa di tre elementi che sono mano, piede e dito in argilla che dopo averli modellati in tale forme decide di restituire il materiale “argilla non cotta” alla natura per vedere gli effetti e le trasformazioni che questa ne determina sui pezzi.

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David Hollander, Grave in Chianti

Lavorazione dei pezzi presso la Residenza degli Artisti a Greve in Chianti


Modellazione dei pezzi David Hollander


Opere contatto con la natura

Le opere a contatto con la natura e quindi con i fenomeni naturali, mutano la loro forma. Scopo del progetto è stato quello di verificare come la natura può modificare un materilale. Nelle immagini si può vivamente notare come la natura si riappropria del materiale precedentemente sottratto alla natura stessa in quanto l’argilla si ricava dalla terra.


Arte ambientale “Opere lasciate all’acqua” Jason de Caires Taylor ha fondato e creato il primo parco di sculture sottomarino del mondo. Si trova al largo della costa di Grenada nelle Indie Occidentali, chiamato MUSA (Museo Subacuatico de Arte), un museo monumentale con una collezione di

Jason deCaires Taylor Opere a contatto con l’acqua

oltre 500 delle sue opere scultoree. Le opere sono state realizzate per essere assimilate dal mare e trasformate da oggetti inerti quali sono, in vere e proprie creature marine. L’arte di Taylor cerca di incoraggiare la consapevolezza ambientale, avviando una sorta di cambiamento sociale e portandoci ad apprez-


La lavorazione di queste opere viene effettuata all’esterno del mare Jason de Caires Taylor costruisce figure umane a grandezza naturale: partendo da calchi di gesso, ricava degli stampi in silicone poi rafforzati con una struttura interna in acciaio. Le figure umane sono la rappresentazione della società messicana mentre compiono gesti quotidiani come stare al computer, fare yoga o giardinaggio, sorridere estasiati, mettersi in cerchio. Non mancano poi richiami alla cultura e alle divinità Maya, ad una spiritualità che si è persa nei secoli lasciando però una traccia

Processo di lavorazione delle opere

indelebile nelle cultura popolare messicana. Una volta creata la scultura, le opere vengono immerse completamente in mare e raggiungono il fondo marino dove l’artista prosegue con la sua realizzazione applicando coralli in modo da creare una sorta di barriera corallina ma in particolar modo vuole avvicinare l’umanità alla natura.

Discesa delle opere sul fondo marino


Le sue sculture, che lasciano senza fiato, hanno ricevuto premi prestigiosi e sono stati oggetto di numerose pubblicazioni (The Guardian, Vogue, New Scientist ) e documentari (BBC, CNN, USA Today, e Discovery Channel). Da oggi un selfie sott’acqua non è più ‘roba da ragazzini’, grazie all’arte. “Le figure umane si fonderanno con l’ambiente marino circostante diventando un tutt’uno con esso.” Sculture sul fondo del mare con coralli, alghe e altre specie viventi a contatto


Arte Ambientale “Opere lasciate al vento” Un altro artista che cerca di collegare l’uomo all’ambiente è Anthony Howe partendo però non dall’elemento dell’acqua ma dall’elemento dell’aria. Da oltre venticinque anni quest’artista progetta sculture consapevole di quanto il movimento sia importante nella percezione visiva e per questo le sue opere si distinguono per quel tocco vitale che le rende uniche e magiche. Realizzate in materiali leggeri e resistenti come l’acciaio e la fibra di vetro per sfruttare anche la minima brezza, le sculture usano anche dei motori per generare dei movimenti continui e costanti, a cui si sommano, imprevedibili, quelli delle parti lasciate libere di muoversi col vento.

La meccanica non è tutto in queste sculture incredibili e anche l’ambiente – generalmente grandi spazi esterni – in cui sono inserite gioca un ruolo fondamentale. I movimenti dolci e circolari delle opere enfatizzano la natura che le circonda, connettendo il mondo naturale e le sculture tra di loro. Eppure, per quanto influenzate dal paesaggio queste opere incantevoli non tradiscono mai la propria natura artificiale e la loro bellezza è anche nella percezione dell’aspetto meccanico. Alcune sculture sembrano nuotare nell’aria con movimenti fluidi, come bellissime meduse, in altre invece gli effetti di luce accentuano il dinamismo, giocando con specchi rotanti che riflettono lo spazio circostante in frammenti luminosi e imprevedibili.

Anthony Howe Opere eoliche


“Una dopo l’altra vi faranno entrare nella meraviglia di un mondo di strane creature che sembrano provenire dal fondo del mare o da universi lontani o dal potere dell’immaginazione.”

Una dopo l’altra vi faranno entrare nella meraviglia di un mondo di strane creature che sembrano provenire dal fondo del mare o da universi lontani o dal potere dell’immaginazione.


3.2 DESIGN E BENI CULTURALI Daniela D’Agosto

L’Italia uno dei territori più ricco di beni culturali

I beni culturali sono tutti i beni definiti da ciascuno Stato come importanti per l’archeologia, la letteratura, l’arte, la scienza, la demologia, l’etnologia o l’antropologia. I beni culturali sono tutte le testimonianze, materiali e immateriali, aventi valore di civiltà. Dunque, si comprende che sono beni culturali non solo gli oggetti d’arte, ma tutte quelle cose che hanno un valore storico, quali libri, documenti, oggetti d’uso comune, vestiti, strumenti scientifici, ecc. Il patrimonio culturale è visto come uno dei segni più distintivi dell’identità nazionale. Una prima distinzione si può fare tra beni materiali e immateriali. Un bene è materiale quando è fisicamente tangibile, per esempio, una scultura. Un bene è immateriale quando non è fisicamente tangibile, per esempio, un dialetto o un rito religioso. Una seconda suddivisione si ha tra beni mobili e beni immobili: mobili cioè che possono essere spostati da un luogo a un altro; immobili invece che non possono essere spostati dal luogo d’origine. Gli enti di riferimento per ladefinizione istituzionale dei beni culturali sono a livello nazionale il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (MiBAC) e a livello internazionale l’UNESCO, l’ICOM, l’ICOMOS e l’ICCROM. I riferimenti normativi a livello italiano sono il Testo Unico dei Beni Culturali e il Codice dei beni Culturali e del Paesaggio. Il più recente Codice dei beni culturali e del paesaggio definisce beni culturali: “cose immobili e mobili appartenenti allo stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”. L’interesse del bene deve essere ovviamente verificato e dichiarato tramite procedure specifiche. I beni di interesse paesaggistico sono intesi come testimonianza dell’ambiente nei suoi valori naturali o culturali e comunque vincolati in quanto di insolito pregio. Parlando dal punto di vista del design si sposta la complessità del fenomeno ai codici propri del design. Le specificità dell’approccio di questa del design si possono riassumere in: approccio al progetto che punta all’innovazione come valore; generazione di modelli come chiavi di lettura, di interpretazione e di azione dei fenomeni su cui si opera; centralità dell’uomo come destinatario. L’elaborazione e l’uso di strumenti e modelli, visuali e non solo, di design diventa un atto interpretativo del settore dei beni culturali in grado di attivare dinamiche di innovazione e di coinvolgimento degli attori umani. Per tutti i beni è necessario sviluppare finalità di conservazione e uso. Le azioni di tutela hanno principalmente finalità conservative; la gestione, valorizzazione e promozione sono finalità legate all’uso. Tutte comunque sono strettamente collegate. La tutela ha un carattere difensivo e conservatorio e si sviluppa come attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere beni culturali e ambientali. La conservazione comprende tutte quelle attività che incidono sull’integrità dei beni e comprende il mantenimento, la sicurezza e il restauro. La tutela non va vista fine a se stessa ma deve costituire il necessario presupposto per soddisfare l’interesse pubblico. Per gestione si intende ogni attività che assicura la fruizione dei beni, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e valorizzazione.


Con valorizzazione si identifica ogni attività interessata a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ad incrementarne la fruizione. La valorizzazione consiste in: miglioramento dell’accesso ai beni e la diffusione della conoscenza anche mediante riproduzioni o ogni mezzo di comunicazione; fruizione agevolata di beni da parte delle categorie meno favorite; organizzazione di studi, ricerche e iniziative in collaborazione con università e istituti culturli; organizzazione di attività didattiche e divulgative ; organizzazione di mostre; organizzazione di eventi culturali connessi ad aspetti dei beni o ad operazioni di recupero, restauro o acquisizione; Organizzazione di itinerari culturali individuati mediante connessione tra beni culturali e ambientali diversi. Tra le azioni di valorizzazione rientrano la promozione di attività di studio e di ricerca, la diffusione della conoscenza del patrimonio culturale nelle scuole, la sponsorizzazione. Si include in questo settore il servizio di assistenza culturale e ospitalità per il pubblico.La progettazione culturale, intesa come attività integrata di progetto di gestione e valorizzazione dei beni culturali, raggruppa tutte le componenti dei beni culturali. Infatti al suo interno si trovano competenze gestionali, strategiche, operative, comunicative, progettuali. Gli obiettivi della progettazione culturale vanno dalla tutela, conoscenza e godimento del patrimonio allo sviluppo economico. Una progettazione culturale è sensata quando quando ottimizza una situazione esistente o corregge una situazione inadeguata.

Il concetto in se di beni culturali è storicamnete associato alla conservazione, valorizzazione e a elementi di restauro. Recentemente però si è assistito ad una rivalutazione strategica dei beni culturali che ha portato a una progettazione culturale integrata e all’elaborazione di differenti azioni di valorizzazione finalizzate alla crezione di valore, sociale ed economico, dei beni culturali. Man mano si sono delimitati spazi di progettazione strategici e associabili alla cultura del design. Il design in questo senso comincia ad agire con il sapere specialistico e strategico non solo per la valorizzazione ma anche nella tutela e conoscenza dei beni. Da una parte quindi ci sono pratiche associate per tradizione al design, come l’ allestimento, dall’altra ci sono azioni complesse legate a strategie che si collegano al concetto stesso di bene culturale. Il design ha allargato le sue competenze configurando quello che oggi viene definito come sistema-prodotto, cioè la componente di servizio e comunicazione associata al prodotto.Il design oltre progettare artefatti, suggerisce significati, interpretazioni, procedure relazionandosi al sistema sociale, economico, tecnologico e produttivo. Proprio per questo si assiste ad un avvicinamento tra le strategie e i processi che stanno nel mondo del design e nel mondo dei beni culturali. Questo avvicinamento comincia a svilupparsi quando sorgono le grandi esposizioni universali che propongono un modo diverso di esporre: nuovi edifici pensati appositamente facilitando la comprensione e il confronto con gli oggetti esposti, mettendo il publico al centro del progetto.

Lavoro di restauro di un dipinto

Premiere Exposition des produits de l’industrie Francaise a Parigi nel 1789


Il ruolo del design nel sistema dei beni culturali assume un approccio esteso alla valorizzazione, in grado di innescare processi complessi di progettazione integrata tra beni, contesto e comunità. Quando il bene si identifica con un sistema di valori urbani e territoriali occorre costruire l’immagine percepibile di questo bene attraverso il progetto che può essere di design della comunicazione, di design degli eventi e di design dei servizi. Tutto ciò si sintetizza attraverso una teoria e una strategia chiamata appunto design dei beni culturali. In questo sistema caraterizzato da momenti progettuali, la comunicazione avvicina il bene al pubblico, l’evento accompagna la fruizione con specifici momenti e i servizi definiscono le modalità per praticabilità del rapporto beni-utenti. La componente territoriale dei beni culturali non si riferisce solo alla localizzazione fisica ma anche alla dimensione contestuale, cioè un legame col contesto che genera la comprensione del bene.Il legame con il territorio può essere definito come contenitore di un bene culturale in quanto il collegamento bene-contesto lo comprende. Il bene culturale deve diventare luogo di esperienza emotiva e culturale, accessibile ad utenza ampia e aggiornata culturalmente.

Il design oggi opera a pieno titolo nei beni culturali. Si occupa in primo luogo di sistemi di conoscenza, divulgazione, comunicazione e promozione dei beni culturali: al design si associa storicamente la capacità di progettare sistemi espositivi e tecnologie per la conoscenza, lo studio e la comunicazione dei beni (rilievo 3D, riproduzioni multimediali), inoltre la capacità di elaborare immagini di musei, siti archeologici e luoghi di cultura.Recentemente viene riconosciuto il fatto che queste attività presentano anche aspetti gestionali e strategici e che il ruolo del design si è evoluto in tal senso negli aspetti di management, servizi e infrastrutture. Se si prova a visualizzare il design per i beni culturali, si nota che il design opera su tre assi: quello verticale, cioè le competenze specialistiche nell’ambito della conoscenza e della valorizzazione dei beni; quello orizzontale, cioè la strategia; quello trasversale cioè la comunicazione in relazione sia ai beni che ai processi.

I beni culturali nel territorio

Galleria del Planetario, Firenze, 2002


Beni Culturali a Greve in Chianti Il Museo d’Arte Sacra Di San Francesco Il Museo d’arte sacra di San Francesco di Greve in Chianti occupa gli spazi dell’exoratorio di San Francesco, della sua sacrestia e di alcune sale al piano superiore. Inaugurato nel 2002, ospita pitture, sculture, parati e oreficerie provenienti dalle chiese del territorio comunale grevigiano. L’oratorio fu costruito probabilmente all’inizio del XVI secolo come parte di un complesso comprendenteancheunospizioperfratifrancescaniviandanti,dipendentedalconventoLaCroce diSanCascianoValdiPesa.L’importanzadellapresenzafrancescananelterritoriogrevigiano traspareanchedallafrequenzaconcuiilfondatoredell’Ordinevienerappresentatonelleopere confluitenellacollezionemuseale.L’oratoriostessoconservarestidiaffreschidelXVIIIsecolo:sulla volta si trova ad esempio la Gloria di San Francesco.

San Francesco è tra i personaggi che popolano la pala di terracotta policroma col Compianto su Cristo morto conservata forse nella sua posizione originaria sull’altare dell’oratorio e attribuita all’ambito di Baccio da Montelupo verso il secondo decennio del XVI secolo; la cornice a festoni in terracotta invetriata non pertinente è all’opera. San Francesco figura anche sul bassorilievo marmoreo di inizio Quattrocento proveniente da San Pietro a Sillano, di cui non si conosce il complesso originario di appartenenza; recentemente si è proposto di attribuirlo a Pasquino da Montepulciano, così come il paliotto di marmo col “Ritrovamento dell’immagine della Vegline dell’Impruneta” conservato nel Museo del Tesoro di quel paese. Ancora, il santo di Assisi figura insieme a San Bartolomeo nella Sacra Conversazione di Francesco Granacci del 1498 circa, purtroppo molto rovinata a causa di puliture poco attente.

Museo d’Arte Sacra di San Francesco Esterno

Ambito di Baccio da Montelupo, Compianto su Cristo morto XVI sec.


Nello spazio dell’oratorio è conservata, tra l’altro, anche la l’Annunciazione proveniente dalla chiesa di Santa Croce a Greve, soppressa nell’Ottocento. È l’opera più antica del Museo, caratterizzata dai tratti tipici della pittura fiorentina di metà Trecento, con Maria inserita entro un’architettura piuttosto articolata. Qui si trova anche la tavola di inizio Cinquecento con la Madonna col Bambino, San Giovannino e i Santi Antonio Abate e Lucia e due donatori, questi ultimi forse membri della famiglia Bardi, feudataria del castello di Sezzate, riprodotto con precisione sullo sfondo.

Nella sacrestia sono esposti paramenti del XVI-XVIII secolo e alcuni arredi sacri. Una piccola vetrata con San Silvestro dell’inizio del XVI secolo, proveniente dalla chiesa di San Silvestro a Convertoie, è stata inserita entro la struttura di un piccolo confessionale. La tavoletta che il santo regge nella sinistra mostra le teste dei Santi Pietro e Paolo e richiama l’episodio in cui Silvestro mostrò i loro ritratti all’imperatore Costantino, che li riconobbe come protagonisti di un suo sogno. L’ambito di produzione è stato indicato nella bottega dei Frati Gesuati di San Giusto alle Mura a Firenze.

Pittore fiorentino della metà del XIV secolo Annunciazione

Vetrata proveniente dalla chiesa di San Silvestro a Convertoie con San Silvestro Papa Benedicente XVI secolo


Nella sala delle oreficerie al primo piano sono esposti molti arredi sacri: reliquiari, ostensori, pissidi, calici e altri oggetti provenienti dalle chiese del territorio grevigiano e realizzati tra XIV e XIX secolo. Vi si trovano inoltre una campana del 1312 dalla chiesa di Santa Maria a Vicchiomaggio; una piccola “pace” in avorio con Maria e San Giovanni Evangelista dolenti. Il Museo dell’Arte Sacra possiede inoltre un oggetto molto particolare e apprezzato: la croce di cristallo. Il cristallo di rocca è una varietà di quarzo da sempre apprezzato e ricercato per essere assolutamente incolore e trasparente: queste qualità suscitava affascinanti ipotesi circa le sue origini. Nel secolo XVI si riteneva che fosse in origine composto di acqua pura che per essere stata a lungo congelata sulle montagne si era trasformata in questo prezioso minerale. La Croce, dopo il restauro eseguito presso i laboratori dell’Opificio delle Pietre dure è uno dei pezzi più importanti del museo d’ Arte Sacra di San Francesco a Greve in Chianti: si tratta di un raro esemplare di reliquario multiplo nel quale 5 cristalli sono montati insieme da una cornice in argento dorato traforato. Il cristallo centrale è quadrato, mentre gli altri trilobati costituiscono i bracci. Un nastro perimetrale in argento dorato, traforato a quadrilobi, avvolge i cristalli. All’incrocio e lungo le terminazioni dei bracci sono saldate, su entrambi i lati, delle fascette con smalti blu traslucido e rosso opaco indicanti la proprietà delle reliquie. Un sistema di cerniere e perni consente l’apertura dei bracci,

Croce di Cristallo nel Museo di San Francesco seconda meta del XIV secolo

così da accedere alle reliqueie. Il puntale in lamina d’argento reca sul recto un piccolo castone rettangolare con reliquie, incorniciato da scritte in smalto blu. Le scritte in smalto blu e rosso si riferiscono alle reliquie. Al centro del recto si legge “De enerabilis ligno Crucis Jesus Christi”; a sinistra “De ossibus Innocentium, Laurentii martiries; Apollenaris Episcopii et martiris; Blasii episcopier martiri set capillis beati Francisci”; a destra “De veste Christi vestimentis simil domine nostre et Johannis baptiste, mana Iohannis Evangeliste”, “De ossibus Marie Magdalene, Margharite virginia, capilli beate Clarae”. Sul retro in basso vi è anche la reliquia “De osse S. Stephani protomartiri” che consente di identificare l’appartenenza originale della croce all chiesa di Santo Stefano nel borgo medievale di Montefioralle.


Oltre a opere d’arte di grande valore materiale, di oggetti di orificeria quindi creati con materiali preziosi, sono presenti oggetti e decori creati con materiali poveri ed economici che sviluppano ugualmente curiosità e attenzione nel visitatore. Nel museo di San Francesco di Greve sono presenti oggetti particolari e affascinanti sia per valore e sia per ricchezza soprattutto dal punto di vista del decoro. Interessante è l’intarsio dell’epoca. Nella cultura popolare, estremamente povera e priva di ricchezze, c’era il desiderio di avere e costruire oggetti intarsiati in legno. All’epoca, e ancora oggi, queste tecniche rappresentavano un grande valore estetico sociale ed economico. Nelle società contadine dunque si risolveva il problema producendo artefatti costruiti da uno strato di tessuto su cui venivano incollate le foglie della paglia, fino a creare proprio un illusione dell’intarsio. Era fedelmente riprodotto. Si utilizzavano steli di grano, di orzo o di avena; sia al naturale, che tinti. Si selezionavano gli steli necessari alla composizione, si aprivano nel senso della lunghezza con l’unghia e li si distendeva con un ferro caldo. Ancora oggi con un occhio nudo ma attento è difficile capire se si tratta di intarsio di legno o paglia. Questa pratica purtroppo è andata perduta. Una delle poche opere sopravvissute ad alluvione ed agenti esterni è proprio quella nel Museo di Greve in Chianti, inoltre è l’opera di maggiori dimensioni per quanto riguarda l’intarsio con paglia.

Tecnica di intarsio con paglia Museo di San Francesco in Greve in Chianti

Particolare intarsio in paglia


Casi di design per i beni culturali SAP Pompei Nel contemporaneo il design è stato protagonista di casi eccellenti, quindi concorsi, premi e riconoscimenti, per quanto riguarda i beni culturali. Nel 2004 è stato realizzato dallo studio Zelig un progetto per la Soprintendenza Archeologica di Pompei. L’area archeologica di Pompei è uno dei circuiti archeologici più visitati in Italia, solamente dopo il circuito archeologico del Colosseo. Include gli scavi di 5 siti: Pompei, Ercolano, Oplontis, Boscoreale e Stabia. Nel caso, le competenze del design sono sfociate nella grafica, nell’immagine coordinata e nella segnaletica. Il progetto è stato orientato all’attività di comunicazione. La Sopraintendenza richiedeva un marchio istituzionale e un marchio prodotto, relativo al circuito archeologico più la realizzazione di una serie di artefatti comunicativiper comunicare i siti, con relativo manuale. Zelig ha proposto un approccio al marchio slegato all’iconografia dei luoghi e concentrato sull’elemento del sigillo declinabile sia per l’istituzione amministrativa che per i cinque siti con l’intento di concentrare l’attenzione anche sugli altri 4 siti (oltre a Pompei, oggi più nota). Logo SAP - Soprintendenza archeologica di Pompei

POMPEI

ERCOLANO

BOSCOREALE

OPLONTIS

99 idee Calls for Pompei Più recente è invece il Grande Progetto Pompei nel quale è sviluppato un Concorso internazionale di idee per la valorizzazione del territorio di Pompei. Il concorso punta a raccogliere idee per valorizzare gli attrattori presenti sul territorio, innovare e migliorare il sistema produttivo locale e potenziare la filiera turistico-culturale, con l’obiettivo di rendere la città più attraente, accogliente e vivibile. Il 29 luglio 2013 la Commissione di valutazione ha decretato le idee vincitrici del concorso. Una delle idee interessanti è stata quella di fornire nuovi spunti di ricerca agli studiosi e nuove curiosità ai turisti attraverso un progetto a basso impatto ambientale con il supporto di strumenti innovativi: nasce l’idea di applicare le rilevazioni all’infrarosso all’area archeologica di Pompei. Attraverso queste tecniche di riprese sarà possibile evidenziare immagini latenti cancellate dal tempo nell’area archeologica (scritte, graffiti, affreschi) senza alterare lo stato dei luoghi. Con le immagini infrarosse verranno realizzati grandi pannelli che potranno essere esposti accanto agli originali negli scavi, aumentandone la leggibilità e fornendo sia spunti di interattività con i visitatori sia materiale per attività ludiche. Altra idea è quella di promuovere l’immagine di Pompei nel mondo attraverso la progettazione e produzione di un oggetto di design: la SediaPompei che verrà realizzata in 99 esemplari, esposta ed utilizzata nel sito archeologico e, successivamente, commercializzata. La competizione per professionisti affermati sarà, poi, l’occasione per lanciare un nuovo concorso “SediaPompei” dedicato a giovani creativi. Al concorso farà seguito la produzione su base locale della SediaPompei, attraverso partnership tra amministrazioni pubbliche, imprese e commercianti, ma anche incentivando la partecipazione delle imprese sociali e delle associazioni del terzo settore. I 99 esemplari realizzati saranno destinati all’istallazione all’interno del Sito Archeologico. Dopo un anno di esposizione all’interno del sito – dove verranno installate le nuove creazioni frutto del concorso successivo – le sedute verranno donate ai comuni vesuviani o anche a comuni gemellati in altre regioni/paesi. Una collezione permanente nel sito archeologico o in altro luogo, conserverà un esemplare di tutte le sedie disegnate e prodotte per Pompei.

STABIA

Grande Progetto Pompei Concorso “99 Calls for Pompei” - Fine entro dicembre 2015


Musei di Carta Un altra particolare idea per quanto riguarda il design per i beni culturali è da attribuire all’iniziativa “Musei di Carta”. I musei italiani conservano alcuni dei più spettacolari tesori della storia dell’arte internazionale e potrebbero trarre maggiori benefici economici, di quanto non avvenga attualmente, grazie ad una più attenta selezione dei prodotti offerti ai visitatori nei bookshop interni. Sono stati presentati durante questo concorso 20 prototipi disegnati da 20 designer italiani ognuno associato ad uno dei più importanti musei nazionali e sono tutti realizzati in carta o cartone riciclati. Si tratta di oggetti leggeri, economici ma in grado di costituire un piacevole ricordo del museo visitato. Uno dei progetti più interessanti è la Dama degli Uffizi. La Dama degli Uffizi è un gioco della Dama ‘da viaggio’ composto da scacchiera in cartoncino stampato e da 24 pedine di cartoncino bicolore. La scacchiera ripiegabile riprende un dettaglio della “Primavera” del Botticelli elaborato al computer. Le pedine si ottengono alzando le estremità di un quadrifoglio bidimensionale, così da ricavare 12 fiori artificiali scuri e 12 chiari.

“Dama degli Uffizi” Particolare

“Dama degli Uffizi” Alessandro Loschiavo e Samantha Acciuffi


Parco lineare di Caltagirone Il progetto è stato effettuato dall’architetto Marco Navarra e dallo studio Nowa e ha vinto il premio Opera prima Medaglia d’Oro all’architettura della Triennale nel 2003. Ilprogettoconsistenellacreazionediunparcolinearecioèunpercorsopedonaleeciclabile,lungo la ferrovia abbandonata di Caltagirone. Il bene culturale in esame è un bene minore ma codificato: si tratta di episodi del tessuto paesaggistico periferici, minori e marginali, densi di richiami alla storia e all’identità dei terrotori. Seguendo la ferrovia si assiste a tracce che la storia dell’architettura ha disegnato sul territorio: una necropoli preistorica, masserie settecentesche, mulidi ad acqua, villa di epoca romana. Le competenze progettuali risultavano molteplici: comprensione del contesto, allestimento, comunicazione, eventi. La realizzazione del parco era caratterizzata da allestimenti leggeri, colori, giardini, piccoli belvedere. Inoltre, il progetto prevedeva anche la manutenzione, la ristrutturazione e l’utilizzo dei vecchi caselli ferroviari. L’attività si articolava secondo l’architetto su 3 concetti: linee, punti e superfici.

L’idea di linea è suggerita dal movimento della pista ciclabile, dalla passeggiata, corsa e pattinaggio. L’idea di punto si materializza nella sosta possibile negli spazi espositivi, nei luoghi di ristoro. Le superfici infine si spiegano attraverso i colori e i profumi della macchia mediterranea. L’allestimento segnala percorsi e tracciati e individua luoghi di sosta attraverso elementi materici leggeri: pittura colorata, profilati in alluminio, materiali di riciclo. Gli eventi sono stati pensati come laboratori istantanei di progetto, all’interno dei quali, con oggetti trovati e materile di riciclo, sono state prodotte le installazioni ed immaginate nuove forme d’uso, su questa particolare scena del paesaggio siciliano. Scopo definitivo del progetto è stato promuovere l’immagine di Caltagirone per incoraggiare e sviluppare il turismo di qualità che lega il parco lineare con l’archeologia e l’architettura della città.

Parco lineare di Caltagirone - Il progetto

Pista ciclabile di Caltagirone


3.3 NUOVI LINGUAGGI ARTISTICI Artis & food Debora Mirabelli

Immag. 1-2 Grafica intuitiva per la dieta, 2015, di Ryan Maceachern.

Il food art è un insieme di pratiche artistiche che utilizzano il cibo come materiale crativo. Negli anni molti sono stati i cambiamenti che hanno rivoluzionato questa disciplina. In questo capitolo faremo un analisi dal food art dal 1800 ai giorni nosti, andando ad analizzare i diversi stili che si sono affermati e come questi abbiano influito sulla società, creando nuovi comportaenti.Sostanzialmente potremmo sintetizzare il tutto con una frase: “il cibo veniva inserito nelle creazioni artistiche facendone da contorno o quasi raramente da soggetto. Oggi l’arte viene inserita nel cibo o meglio l’arte diventa cibo.” Assistiamo ad una vera e propria rivoluzione, passando dal food artis al food aesthetic . Nascono nuovi stili e metodi di rappresentare il cibo come “ opera artistica”, come il food design, food scapes, food photografy, slow food ed altri ancora. Un esempio attuale proviene da Ryan Maceachern, uno studente tedesco, trovandosi alle prese con una dieta alimentare, molto ristrettiva e noiosa decide di farne una rappresentazione grafica, questo progetto esplora i valori nutrizionali della dieta e la presenta in un modo contrastante, si contrappone l’aspetto opaco e noioso del cibo che mangiava. Decide di presentare i dati nutrizionali associati ad alimenti colorati e vivaci.

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Immag. 3 L’osservatore è immerso nell’era della Rivoluzione industriale quando la produzione di massa muove i primi passi influenzando le abitudinie la quotidianità di tutte le classi sociali, senza distinzione. Dipinto di James Ensor, Nature morte au canard, 1880, Collection Musèe des Beaux-Arts de la Ville de Tournai.

Immag. 4 Ambienti in scala reale, argenti, porcellane, ricettari e libri di gastronomia, dipinti e fotografie rappresentano la vita delle case, nei caffè e nei bar dell’epoca. Una serie di oggetti circondano la scena quotidiana della tavola e della vita reale ancora una volta. Immag. 5 Siamo nel XX secolo, quello in cui le avanguardie storiche hanno rivoluzionato la produzione artistica, dalla pittura, alla pubblicità, dal design all’architettura. Dipinto di Georges Barque, Natura morta con clarinetto, grappolo d’uva e ventaglio, 1911, Roma, Archivio fotogragico.

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Immag. 6 L’arte coinvolge sempre più spesso il cibo e la cucina, per esempio, lo studio di arredi, oggetti, pubblicità, e modificano l’estetica e la funzionalità dei locali pubblici. Filippo Tommaso marinetti, il poema del vestito di latte, a cura dell’ufficio propaganda SNIA Viscosa, Milano, Officina grafica esperia, 1937. Copertina illustrata a colori di Bruno Munari, collezione Guido Andrea Pautasso , Milano.

Immag. 7 Dopo la fine della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti si affermano come potenza mondiale. La loro egemonia si riflette anche nella diffusione di modelli di consumo, alimenti e abitudini alimentari. Andy Warhol & The Velvet Underground,1966-1967

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Immag. 8-9 La Pop Art pone al centro della sua riflessione il rapporto tra arte e cibo, mentre nuovi processi industriali, come l’inscatolamento degli elementi, trasformano l’alimentazione e gli spazi a essa dedicati. Joe Colombo e Ambrogio Pozzi, set prima classe Alitalia, 1970-1972, courtesy Alessantro Pedretti Design Collection. Immag. 10 Il mondo si avvia verso la globalizzazione, nasce internet, la questione alimentare diventa politica. In voga nuove tendenze culinarie ed un inedito senso edonistico del cibo. Tom Weselmann, STILL LIFE#3, 1962, mixed media and collage on board, 30X30.

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Immag.11 La diffusione dei prodotti è sempre più slegata dalle tradizioni gastronimiche, processo che negli ultimi anni sta subendo un ’inversione di rotta con il ritorno a una dimensione più locale e alla valorizzazione delle identità in ottica di risparmi energetico e tutela dell’ambiente. Claes Oldenburg and coosje van bruggen, Leanig FORK with Meatball and spaghetti, 1994.

Immag.12 La distribuzione iniqua del cibo, solleva molteplici questioni: dall’opulenza ai disturbi alimentari, dalla fame nel terzo mondo alle patalogie legate ai problemi di nutrizione. Issey Miyake, 2008.

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Food aesthetic Immag.13-14-15 La preparazione dei piatti in cucina e i suoi ingredienti, Noara Luther

Assistiamo ad un cambiamento radicale con il passare degli anni, il cibo crea arte nelle interpretazioni più libere e spettacolari. Queste immagini nascono dal progetto della designer Noara Luther, grazie alla collaborazione del fotografo Pavel Becker, riescono a sfidare la gravità con questi scatti sorprendenti dove l’immagine non è solo un anticipo del piatto, ma anche degli ingredienti che lo compongono e la sua preparazione. Le i mmagini sono accompagnate da una serie di frasi che fanno riflettere sulle nostre abitudini. “The look of the ready cooked dish is left to your own imagination.” 13

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Food Photograghy Immag.16 Mittongtare Studio, California

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La Food Photografy ha come scopo la riproduzione di immagini ritraenti il cibo. Alla figura del fotografo si associa il food stylist, questo dovrà avere le capacità di comporre immaginiel’abilitàditradurrelesensazioniolfattive,gustativeetuttal’attrattivadiunpiatto reale in foto. Il cibo fotografato avvolte è commestibile, a volte no. La differenza sta nel trattamento che ha ricevuto ( per esempio se sono state aggiunte sostanze tossiche per migliorane la resa fotografica). Un opera perfetta composta da cibo.

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Immag.17 Marcusnilsson, Brooklyn, NY 11249


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Immag. 18 Opere d’arte da mangiare, fotografia di Francesco Tonelli, Whole Roasted Chicken Immag. 19 Anthony Genove, fotografia di AromiCreativi, Gambero rosso, limone e porro bruciato

Immag. 20 Matias Kyriazis, fotografia di Sergio Coimbra, Restaurante Paraje Arèvalo, Buenos Aires

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SOCIAL ARTIS# Immag.21-22-23-24-25-26-28 cibo#toscana#love#misonoimbriacheto#vinochianti#composizioneartistica#artenatura#mentana#simpaticomentana# Andy warhol# friends#############

La società ha manifestato molto interesse per l’estetica del cibo, non apprezzando soltanto le opere prodotte da artisti, fotografi, designer, ma inizia ad interagire grazie all’utilizzo dei social. “Lo spettatore diventa attore “. Milioni di foto vengono quotidianamente pubblicati sui social, come Facebook, instagram e Pinteres.


Food scapes Immag.29 Carl Warner, albero fungo Immag.30 Brock Davis, casa sull’albero

La Food scapes consiste nel ricreare ambientazioni, città fantastiche, oggetti o particolari con l’utilizzo del cipo, in perfetta scala. Con una cura minuziosa dei dettagli, si possono osservare opere sorprendenti. Foodscapes, è il termine coniato dal fotografo inglese Carl Warner per definire i suoi “gustosi” scatti dall’atmosfera surreale. Ed è questa fortunata serie che nel 2008 porta il nome di Warner tra le pagine di Times e alla collaborazione al fianco dei più rinomati marchi del mondo alimentare. Ma facciamo un passo indietro.Il percorso di Warner è un ottimo esempio del lungo viaggio che intraprende chi fa della creatività il proprio mestiere. Warner frequenta il Kent College di Arte e Design a Maidstone con l’intento di diventare illustratore, ma come accade a molti durante il percorso di studio, rimane affascinato da un’altra forma di comunicazione. La fotografia è più immediata ed eccitante per Warner, così rinuncia all’illustrazione e studia fotografia a Londra. Dopo una insoddisfacente esperienza come fotografo pubblicitario, torna alla ricerca di qualcosa che riesca a saziare il suo appetito creativo. Ma accade solo per caso che un giorno passeggiando al mercato si imbatte in dei funghi dall’aspetto bizarro, simili ad alberi che si potrebbero trovare in chissà quali mondi extraterrestri. Decide così di comprarli e fotografarli nel suo studio, inscenando un piccolo set in miniatura sul suo tavolo da lavoro. 29

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Immag.31-32-33 Opera di Carl warner

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IL Cambiamento nel tempo In sintesi, dopo questa presentazione, possiamo affermare che l’approccio al cibo come elemento artistico sia cambiato nel tempo rivoluzionando usi, modi e costumi.

Immag.34 Arcimboldo, ritratto di Rodolfo II in veste di Vertumno, 1591.

Immag.35 Italian radical furniture design, 1967 boomerang desk by Maurice Calka, fotografia di Maurizio Cattelan e Immag.36 The Venice-born, UK-based photographer published a book of images inspired by Ridley Road market. His colour-saturated vegetable sculptures and surreal portraits capture the spirit of the east London landmark.












3.5 DESIGN E VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO Domenico Di Domenico

Il territorio inteso come concetto dinamico, stratificato, complesso di cicli di civilizzazione.

Comprendere quale sia la relazione tra design e sistema territoriale significa dal nostro punto di vista affrontare questioni che riguardano modelli organizzativi sia della sfera sociale sia delle forme di produzione industriale. Il territorio, inteso come luogo integrato di competenze, conoscenze, cultura, beni materiali, ambientali è oggetto di interesse per i modelli e le strategie cosiddette ‘di sviluppo’, concetto che chiaramente va declinato nelle sue forme economiche e sociali. Usando le parole di Alberto Magnaghi, uno dei più importanti esponenti della scuola territorialista, “il territorio non esiste in natura: esso è un esisto dinamico, stratificato, complesso di successivi cicli di civilizzazione; è un complesso sistema di relazioni fra comunità insediate (e loro culture) e ambiente”. E poiché l’intreccio che produce il territorio è incessante, questo è in continua evoluzione e può essere paragonato ad un “organismo vivente ad alta complessità”. Sempre secondo Magnaghi l’idea di agire progettualmente su un territorio può seguire atteggiamenti ‘dissipativi’ o al contrario che valorizzino le risorse di un area attraverso meccanismi virtuosi in grado di generarne ulteriori. L’idea di promuovere cambiamenti sostenibili per i luoghi e le persone che in essi vi abitano è alla base del concetto di ‘sviluppo locale’. Si tratta di un processo inserito in una prospettiva temporale di lungo termine in grado di favorire la costruzione di reti tra attori pubblici e privati, tra cittadini e società civile al fine di promuovere un benessere economico, sociale, culturale e ambientale. La rete. Lo spazio con il quale ci confrontiamo quotidianamente è uno spazio reticolare. E’ lo spazio dell’interazione, in cui le relazioni avvengono anche in tempo reale attraverso distanze enormi. Quotidianamente, agiamo in una forma nuova di spazio sociale caratterizzato dallo scambio e dal continuo movimento di informazioni, beni e persone. Le azioni progettuali capaci di innescare processi di valorizzazione sostenibile delle risorse locali sono attività che dunque mirano a connettere saperi e luoghi, diffondere conoscenza, favorire la co-operazione.


CONNESSIONE TRA DESIGN E SISTEMA TERRITORIALE Il design per il territorio deve avere una forte dimensione partecipativa che ne caratterizzi le azioni, essendo attività di natura collettiva. Le premesse perché si possa concretizzare un cambiamento si basano su situazioni che hanno una forte componente relazionale e sociale. Il progetto nasce e si sviluppa in contesti in cui la co-operazione e la collaborazione è una parte fondamentale, proprio per il sistema complesso di interessi e di realtà che compongono e identificano un sistema territoriale. Se consideriamo quindi il sistema territoriale oggetto di interesse progettuale per il design, l’azione di design assume: carattere sociale: è un processo discontinuo e negoziato, per cui l’intervento sul territorio, in chiave di sviluppo sostenibile, non si configura come il risultato di una decisione imposta dall’alto bensì deriva da un processo negoziale tra parti che rappresentano interessi differenti; natura differente del focus progettuale: le attività progettuali possono confrontarsi con la dimensione economica e tecnico-produttiva, ampliando il campo di attività alle pratiche in campo sociale, culturale, ambientale;

carattere negoziato: l’azione di design si colloca all’interno di un processo ampio che connette pubblico e privato e che coinvolge diversi livelli di competenze, e di soggetti istituzionali, economici, come gli stessi individui, i rappresentanti delle parti sociali; valenza connettiva: l’attività progettuale può essere essa stessa lo strumento per abilitare e facilitare i processi di natura creativa e progettuale e dunque la condivisione del sapere tra comunità eterogenee. Queste caratteristiche possono essere descritte in attività concrete, e cioè in sistemi di servizi, prodotti e sistemi di comunicazione.

Campi di azione del design per la valorizzazione del territorio

DIMENSIONE ECONOMICA

CARATTERE SOCIALE

DESIGN DEL TERRITORIO

VALENZA CONNETTIVA

CARATTERE NEGOZIATO


Il design è sempre più riconosciuto come strumento strategico per la valorizzazione dei prodotti locali. Progettare per il territorio significa promuovere il riconoscimento e la preservazione dell’identità e della cultura locale. “Prodotto locale” è tutto ciò che possiede un stretto legame con il territorio e con la comunità che lo ha originato e, in tale senso, i prodotti locali comprendono anche gli eventi culturali. Questi prodotti sono il risultato di una rete tessu ta nel corso del tempo, che coinvolge le risorse della biodiversità, gli usi e costumi tradizionali e anche le abitudini dei consumatori. L’identità territoriale diventa quindi il punto di partenza di qualsiasi ipotesi progettuale di rilocalizzazione; un’identità che deve essere selezionata tra le diverse sfaccettature possibili che un territorio può esprimere. Essa deve essere riconosciuta, rinnovata o pianificata, per poi essere condivisa e partecipata dagli attori locali (Parente 2010)

Un approccio progettuale per la valorizzazione del territorio può essere quello di dividere il processo di progettazione in tre principali fasi: -Analisi del territorio, per rilevare i settori produttivi caratterizzanti e la loro interazione con gli altri settori come ad esempio servizi, beni culturali e tradizione, -Costruzione di un approccio dinterdisciplinare e di una rete di contatti con attori sia istituzionali e privati per identificare successivamente gli ambiti territoriali e le aziende dove poter rendere possibili le attività della ricerca. -Organizzazione e sviluppo di produzioni e/o servizi eco-efficienti.

Identità territoriale e valorizzazione dei prodotti locali

Promozione Olio Pruneti


3.6 DESIGN E ARREDO PER ESTERNI Rachele Nencioni

Il dialogo tra uomo e ambiente è da sempre una relazione dinamica e in continua evoluzione, i cambiamenti ambientali producono cioè cambiamenti dell’individuo che a sua volta agisce in cambiamenti sull’ambiente. La progettazione e la gestione degli spazi pubblici non può prescindere dall’arredo urbano che si configura come episodio della vita sociale e aggregata, fenomeno identitario per interi quartieri, per singoli episodi urbani e per la città nel suo insieme. Il design pertanto diventa creatività, diversità, abbattimento delle barriere tra discipline, libertà del conformismo e della prevedibilità. Poiché l’uomo vive in armonia con il suo prossimo con l’economia e con l’ambiente è necessario affrontare la sfida dello sviluppo sostenibile con un approccio olistico e in modo equilibrato. Marco Costa dice ”la psicologia si è da sempre concentrata sull’uomo esaminandolo prevalentemente nella sua “interiorità” fatta di cognizioni, emozioni, personalità, ma le ricerche degli ultimi decennio, ci dimostrano come sia impossibile predire il comportamento umano senza tener conto del “dove” esso si svolge. L’ambiente e l’architettura hanno influenze fondamentali nel formare la nostra identità, i nostri pensieri, e le nostre emozioni.

LUOGHI E NON LUOGHI Geertz si sofferma sulla questione dell’incompletezza biologica dell’uomo, sulla sua incapacità di vivere in base alla sola dotazione biologica di cui dispone fin dalla nascita e alla conseguente necessità di costruire un sistema di significati e modelli di comportamento indispensabili tanto al vivere quotidiano quanto alla sua realizzazione esistenziale. Un oggetto diventa un insieme di segni (unità minime di significato che insieme danno origine al significato complessivo e specifico di una data entità) che ne costituiscono il senso e che il più delle volte lo trascendono, rimandando ad altre realtà pur sempre culturali. L’uomo vive nello spazio e nel tempo “nutrendosi” dei significati che trova nella sua cultura vive in luoghi sociali in cui si scambiano parole, gesti, suoni, nei quali idee e emozioni, forme di pensiero evolvono per costituire nuove identità. Vediamo così che l’individuo percepisce e vive lo spazio non più astrattamente ma lo rappresenta,lo racconta, lo descrive e lo studia, senza l’uomo non esisterebbe paesaggio. Ogni paesaggio quindi è in sostanza una creazione di eventi, un insieme di norme, di segni, di memorie.


Se è vero che l’uomo agendo quotidianamente i luoghi, ne assimila i significati, cosa si può dire invece dell’azione dell’uomo su di essi? Più una società è multietnica e più si potranno notare elementi culturali e simboli diversi. Uno degli aspetti del rapporto uomo-ambiente è rappresentato dalla dimensione affettiva connessa al sentimento di radicamento e di continuità, alle memorie personali e all’investimento, ad uno spazio fisico oltre che sociale che indichi senso di sicurezza, protezione e benessere e che diventi rilevante per la costruzione dell’identità personale e sociale. Non sempre i soggetti hanno consapevolezza dell’attaccamento ai luoghi percepiti come significativi per il sé. Ma oggi l’autenticità del luogo viene perduta dalla spersonificazione del luogo stesso, dalla modernità, dalla globalizzazione come ci dice Marc Augè nel nel suo testo “non Luoghi”che sconvolgono modi di essere, di pensare, di esistere, dimenticandoci troppo spesso del passato, vivendo quindi l’artificio, la superficialità, l’edonismo consumistico. Ne consegue l’incapacità di ascoltare ciò che il luogo ci dice. Poiché ogni nuova architettura contribuisce positivamente o negativamente a ridefinire il luogo trasformando il paesaggio e il territorio in nuove realtà, il luogo cambia continuamente racchiudendo in se sempre gli opposti che lo determinano:

inizio e fine, spazio e limite, natura e costruito, permanenza e mutevolezza, passato e futuro. Un nuovo intervento sul proprio territorio, all’uomo sembra quasi sempre peggiore del vecchio. Questo accade perchè vengono modificati i ricordi e le relazioni. Oggi i bambini nascono in ospedale,vivono in condomini anonimi, sono presi dalle tecnologie sempre più avanzate e frequentano molto spesso i non luoghi, centri commerciali, aeroporti, autogrill, stazioni quindi luoghi di passaggio, che non creano identità che non favoriscono lo scambio tra uomo-mondo perennemente specchio dell’interiorità umana. Sono zone di saluti affrettati, di solitudine sfrenata, di isolamento nonostante la folla. Così, per sentirsi meno soli, gli individui che sciamano nei non luoghi fanno di continuo la stessa cosa: si guardano! Che si osservino palesemente, o si lancino occhiate furtive, in ogni caso tutti contemplano senza sosta lo spettacolo muto e anonimo degli altri. Insomma, i non luoghi non sono dedicati alle persone, ma al loro transito, peggio, a quello di merci, denaro, informazioni. Mentre i luoghi invogliano le persone a intrecciare relazioni, i non luoghi si affollano di individui solitari; se i luoghi hanno tradizioni e significati da custodire, i non luoghi hanno senso solo perchè servono a qualcosa: mangiare, dormire, viaggiare, comprare.


RISCOPRIRE L’ANIMA DEI LUOGHI L’identità di uno spazio trasforma il territorio in un luogo, ed è stabilendo un’appartenenza che la cittadinanza regolamenta sia i rapporti tra le diverse identità, sia i rapporti con l’ente civico. Questo fa apparire come la costruzione dell’identità sia oltre che un fatto sociale anche un’importante determinazione culturale, e come la memoria storica presente svolge un ruolo da protagonista. Prima di ogni progettazione, anche l’architetto raccoglie elementi esperienziali e storici del luogo e li ascolta per avviare la collocazione della sua opera nel contesto prescelto. Ascoltare i luoghi è un’espressione che si riferisce al processo di ascolto dei luoghi fisici, ma allo stesso tempo, di come questi luoghi risuonano in noi stessi. L’essenza interiore del luogo fu coniata dai latini con il Genius Loci il nume tutelare di ogni singolo luogo. Proteggere e conservare il Genius Loci significa concretizzare l’essenza in contesti storici sempre nuovi. Si può anche dire che la storia di un luogo dovrebbe essere la sua autorealizzazione.

L’indifferenza del luogo non è diversa dall’incapacità di riconoscere sé stessi come individui sociali. La distruzione dei luoghi non è un incidente, ma un obiettivo del sistema economico dominante costringendo l’individuo nella sola dimensione produttiva/consumistica. Spaesamento, sradicamento sono effetti coerenti di una logica di dominio volta ad annichilire l’individuo. Sta a noi cittadini riappropriarci degli elementi che caratterizzano la nostra vita, attraverso processi di democrazia diretta e attraverso la difesa dei beni culturali. Decrescendo la dipendenza della società dalla logica del mercato capitalistico ed abbandonando definitivamente un modello di sviluppo che ci ha portato alla distruzione delle risorse naturali potremmo agire nell’azione di difesa del paesaggio evitando di compromettere la vita stessa dell’intero pianeta. Il ventaglio delle azioni possibili è davvero ampio: si va dalla campagna “salviamo il paesaggio” alla campagna per l’obiezione di coscienza contro gli incarichi professionali di progetti di edifici su terreni non edificati, alle amministrazioni comunali che modificano i piani regolatori a “zero consumo di suolo”, alla campagna “rifiuti zero”. Preservare il Genius Loci non vuol dire, dunque ricopiare i modelli antichi e fare così come si è sempre fatto, ma intrattenere con il luogo un dialogo ricco e stimolante, suscettibile di nuove e stimolanti interpretazioni, nel contesto di una tradizione viva.”


L’ARREDO URBANO L’estetica è un bisogno reale e sociale che tutti desiderano ricercare in qualsiasi cosa, dai vestiti che indossiamo, ai diversi oggetti che possediamo, dall’arredo della nostra casa o del nostro giardino. Diventa quindi un bisogno anche per la città, attraverso spazi collettivi, strutture, vie di comunicazioni e altri elementi che la completino. Elementi che la rendono migliore e che insieme alla progettazione urbanistica si crei uno spazio urbano “vivibile” nel tempo e nello spazio. Compito dell’urbanistica moderna è inserire le singole parti che compongono la città all’interno di relazioni che appartengono al contesto più ampio, a valutazione di fattibilità e materialità. Mentre in passato la disciplina urbanistica si è occupata essenzialmente di progettare e gestire le nuove espansioni delle città, oggi tale scienza abbraccia anche la sua programmazione e gestione nel tempo, perde i convenzionali confini territoriali per guardare alla cosiddetta “città diffusa” dove il

limite tra città e campagna perde il suo senso. Le tematiche come la sostenibilità (usare le risorse presenti sul territorio in modo da non pregiudicarne l’uso alle prossime generazioni) la pianificazione territoriale, la progettazione ambientale e quella delle infrastrutture e dei trasporti sono oggi al centro dei nuovi progetti urbani. Pertanto elementi che la rendono migliore, la facciano vivere, bella e funzionale, ordinata fanno parte del mondo dell’arredo urbano. Si tratta di un importante elemento di designer che ha il compito di attrezzare gli spazi pubblici urbani con diversi manufatti che consentono un utilizzo adeguato degli stessi, che diano un aspetto di omogeneità, coerenza e fruibilità tra le parti della città, dando loro le attrezzature per poter essere vissuti. gli spazi. L’arredo urbano è un elemento in grado di poter cambiare il volto di una città e il modo di viverla, attraverso estetica, funzionalità e storia. Possiamo anche dire che l’arredo urbano è un biglietto da visita della città stessa. Qualsiasi elemento fa parte dell’arredo urbano, i segnali stradali, le panchine, i gettacarte ecc..


una seduta, un gettacarte sono elementi appunto che hanno una funzione ben precisa, devono essere inseriti all’interno dello spazio ponendo attenzione all’uso dei materiali, alla forma, alle dimensioni. Ogni parte della città deve avere il suo arredo funzionale ad essa e non è una materia da trattare separatamente da quella urbanistica, poiché bisogna saperla adattare alle diverse parti, all’area pedonale, alla pista ciclabile alle aree trafficate. L’utilizzo di elementi naturali come arredo urbano è fondamentale, acqua, alberi, rampicanti possono avere diverse funzioni, come l’assorbimento dello smog, la protezione dell’irraggiamento solare e dal vento rappresentando un arredo urbano sostenibile. Deve inoltre essere garantita la sicurezza dei cittadini mediante un’opportuna scelta e distribuzione della segnaletica stradale, l’installazione di illuminazione pubblica di qualità nel rispetto del contenimento delle risorse energetiche, dissuadori di transito per la delimitazione di aree pedonali, anche integrabili con la comunicazione grafica. Per utenza d’uso si intende i soggetti nei confronti dei quali l’attrezzatura svolge un servizio. Lo spazio pubblico che viene utilizzato indipendentemente da sesso, età, razza o

status socio-economico presuppone un uso multifunzionale collettivo e sociale. La qualità dello spazio può essere valutata principalmente per l’intensità delle relazioni sociali che fornisce per i gruppi di miscelazione forza e comportamenti, per la sua capacità di stimolare l’identificazione simbolica, espressione e integrazione delle culture. E’ pertanto opportuno che lo spazio pubblico abbia capacità di auto-organizzazione urbana, sia generosa nelle sue forme e che il suo design con i suoi materiali sia adattabile a diversi usi nel tempo. L’arredo urbano dovrà quindi soddisfare ed essere in grado di rispondere a tutti gli utenti senza alcuna eccezione, anche se le disuguaglianze e i fattori di differenziazione compresi i luoghi di appartenenza delle persone creeranno una certa complessità di organizzazione. L’adozione pertanto di regolamenti che definiscono criteri di uniformità e diversità, le dimensioni, la distribuzione nello spazio si renderà necessaria per una buona progettazione di arredo urbano. L’accessibilità e la sicurezza nell’uso delle diverse attrezzature andranno garantite tenendo conto di prestazioni diversificate per le varie utenze: adulti, bambini, disabili, anziani. Una attrezzatura funzionalmente efficiente ed espressivamente integrata

Nassie - B scape

508A - Calimero


nell’ambiente non è di per sé condizione sufficiente per un intervento significativo di arredo, andranno pertanto evitate collocazioni incoerenti sia nei confronti dell’utenza d’uso, sia nei confronti dell’utenza ambientale. L’affidabilità di un’attrezzatura interessa sia l’utenza d’uso che l’utenza di gestione, per la quale si traduce in costi minori di manutenzione. È necessaria infatti la corretta considerazione delle problematiche che deve costituire un indirizzo di ricerca già a livello di progettazione, al fine di assicurare alcune fondamentali prestazioni, quali l’utilizzo di componenti tendenzialmente reperibili sul mercato, e la facilità di pulizia dell’attrezzatura stessa e del luogo intorno.

Lift - Damd

Portabiciclette


4. IL PERCORSO ESPERIENZA DIRETTA SUL TERRITORIO LETÍCIA PRADO e LILIANE BLAYA Gita per il percorso “slow road” in Chianti. Greve in Chianti


Il Museo di Arte Sacra di Greve in Chianti, con annesso un centro di documentazione sull’arte sacra del Chianti, che informa i visitatori sulle principali opere contenute nelle chiese e nelle pievi del territorio. La terrazza panoramica del museo, che ospita numerosi eventi culturali nell’arco della stagione estiva, è il primo luogo d’interesse del progetto.

Gita per il percorso “slow road” in Chianti. Prima postazione Il Museo d’Arte Sacra di San Francesco, Greve in Chianti


Gita per il percorso “slow road” in Chianti. Prima postazione Il Museo d’Arte Sacra di San Francesco, Greve in Chianti


Gita per il percorso “slow road� in Chianti. Seconda postazione Montefioralle


Gita per il percorso “slow road� in Chianti. Seconda postazione Montefioralle


Gita per il percorso “slow road� in Chianti. Seconda postazione Montefioralle


Gita per il percorso “slow road” in Chianti. Terza postazione San Cresci


Gita per il percorso “slow road” in Chianti. Terza postazione San Cresci


Gita per il percorso “slow road� in Chianti. Quarta postazione Zano


Gita per il percorso “slow road� in Chianti. Quarta postazione Zano


Gita per il percorso “slow road� in Chianti. Residenza per Artisti, San Cresci di Demetria Verducci e Duccio Trassinelli.


4.1 IMPRUNETA ANTICA FORNACE MARIANI M.I.T.A.L.

L’antica arte del cotto è testimoniata nell’area di Impruneta fin dal Medioevo, facilitata dalla natura estremamente favorevole del terreno e dalla vicinanza di Firenze, dove la terracotta è stata utilizzata nel corso dei secoli sia come materiale da costruzione, sia come componente ornamentale e dei manfatti d’arte.

M.I.T.A.L. Manufattura Imprunetana Terracotte Artistiche e Laterizi


M.I.T.A.L. Manufattura Imprunetana Terracotte Artistiche e Laterizi


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