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Piano d’area e Progetto territoriale operativo del Po nel tratto cuneese di pianura
LIMITEDEL SISTEMADELLE AREE PROTETTE
L.R. 28/90 E S.M.I
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LIMITE RISERVA NATURALE SPECIALE
L.R. 28/90 E S.M.I
FASCIA DI PERTINENZA FLUVIALE - art. 2.2
ARTICOLAZIONI IN ZONE - da 1 a 313 - art. 2.3
Zone di interesse naturalistico - art. 2.4
N1 - Zone di primario interesse
N2 - Zone di integrazione tra aree naturali ed agrarie
N3 - Zone di potenziale interesse
Zone di prevalente interesse agricolo - art. 2.5
A1 - Zone senza sostanziali limitazioni all’uso agricolo
A2 - Zone con parziali limitazioni all’uso agricolo
A3 - Zone con forti limitazioni all’uso agricolo
Zone urbanizzate - art. 2.6
U1 - Zone urbane consolidate
U2 - Zone di sviluppo urbanolo
U3 - Zone per impianti produttivi o specialistici di livello territoriale
T - Zone di trasformazione orientata
EMERGENZE DEL SISTEMA NATURALISTICO - art. 3.3
Lanche
Boschi
Sito ad alta concentrazione di specie faunistiche rare Garzaie
Siti di interesse geologico
Principali corridoi ecologici Reticolo ecologico minore
Centri e nuclei storici
Emergenze architettoniche di rilevante interesse storico-culturale
Beni di interesse documentario e di architettura minore
Annucleamenti rurali
Siti di interesse archeologico
Percorsi storici accertati
Percorsi panoramici collinari
AREE DEGRADATE - INSEDIAMENTI MARGINALI E AMBIENTALI - art. 3.11
Insediamenti arteriali
Baracche fluviali
Principali aree degradate
STRADE, PERCORSI E CIRCUITI DI ACCESSO E DI FRUIZIONE - art. 3.8
Ferrovie e stazioni di interesse del Parco
Autostrade e superstrade
Assi portanti del sistema di accessibilità
Percorsi di connessione secondaria e di accessibilità al fiume
Attestamenti del sistema di accessibilità
Percorsi di fruizione
Traghetti, porti natanti, guadi, passerelle pedonali
ATTREZZATURE PER LA FRUIZIONESTRUTTURE DI INTERESSE DEL PARCO - art. 3.9
Attrezzature del sistema di fruizione
Strutture di interesse del Parco
STRUMENTI ATTUATIVI - art. 4.1
Ambiti relativi alle schede progettuali e agli schemi grafici illustrativi - art. 4.1.3
Il Piano d’area del Po, approvato nel 1995 per tutta l’asta piemontese del fiume, è ad oggi l’unico strumento pubblico che assicura un’attenzione senza soluzioni di continuità lungo la fascia fluviale, in modo da farle svolgere un effettivo ruolo di asta di connessione della rete ecologica, in un territorio intensamente sfruttato dall’agricoltura intensiva e quindi ecologicamente poco permeabile. Accompagnava il Piano d’area un Piano territoriale operativo (PTO), oggi decaduto, redatto ai sensi della legge urbanistica regionale, che individuava gli interventi infrastrutturali e di gestione urbanistica di maggior peso, da realizzare per completare le strategie di valorizzazione e tutela della fascia fluviale.
Il Piano d’area individua in modo articolato le aree sottoposte a diversa disciplina di attenzione, di fatto separando l’area considerata “pertinenza fluviale”, da restituire al paesaggio e alla vegetazione spontanea, dalle aree rurali o insediate del contesto, che dovrebbero essere semplicemente “allertate” della presenza delle risorse ambientali. In tali aree il piano raccomanda da una parte la permeabilità ambientale negli usi rurali e dall’altra un’attenzione specifica alle situazioni critiche e agli inserimenti paesistico ambientali delle trasformazioni funzionali.
Nel Piano d’area il primo tratto di Po di pianura non risultano situazioni gravemente problematiche, anzi, le modeste risorse ambientali evidenziate come zone N, di interesse naturalistico, sono per lo più state riprese come siti di interesse comunitario.
D’altra parte, i riquadri in cartografia segnalano le aree dove sono concentrate le attività estrattive, posizionate immediatamente a valle delle zone di confluenza, per gli apporti di materiale recati dagli affluenti, e quindi, e coincidenti aree di interesse naturalistico.
Il Piano d’area dedica un’attenzione particolare al tema delle attività estrattive in zona parco, curandone gli aspetti gestionali e il processo di sistemazione.
Una norma di attuazione prevede il progressivo allontanamento delle attività produttive esistenti, e soprattutto vieta l’apertura di nuove attività; ad essa si accompagnano però le indicazioni sulla contrattualizzazione dei recuperi ambientali conseguenti alla fine delle coltivazioni di cava. Infatti il piano agisce sul doppio registro, di disciplina regolativa e di incentivo alla sistemazione, in modo che l’intero processo di conclusione dell’attività estrattiva si risolva in opere di sistemazione qualificate e non richiedano ulteriori costi per interventi di bonifica o recupero a carico della mano pubblica.
Le indicazioni generali per il recupero (e il contestuale prolungamento dell’attività estrattiva sino ad un massimo di 20-22 anni) sono contenute in una normativa dettagliata che definisce anche i contenuti della convenzione che accompagna gli accordi tra Parco, Comuni e operatori, e in una serie di schemi cartografici di dettaglio, indicativi delle potenzialità e dei limiti posti nei siti di trasformazione, già oggi interessati da attività estrattive pregresse, come quello a valle della confluenza del Pellice.
Piano d’area e Progetto territoriale operativo del Po. Stralci per le aree delle cave Laurentia e Bastie (sotto ) e per la zona dell’ambito 16 di Faule e Casalgrasso (a destra) Schema grafico Ambito 16 del PIano d-Area del Po - Comuni di Casalgrasso, Faule e Polonghera
La carta geologica rende evidente la relativa omogeneità della stratigrafia alluvionale della pianura saluzzese, interessata solo per una parte dai relitti del terrazzo argilloso più antico e per il resto occupata da sedimenti ghiaiosi di diversa portata ma relativamente omogenei, soprattutto nell’ampia fascia di “riempimento” accumulata nell’ultimo periodo (geologico, naturalmente) dal Po e dai suoi affluenti (in giallo chiaro).
E’ evidente che i giacimenti di ghiaie, di interesse produttivo per il settore edilizio, sono diffusi in tutta la fascia di accumulo più recente, ma sono particolarmente accessibili quelli a ridosso delle fasce fluviali, dove lo strato fertile del terreno non si è ancora consolidato, e con esso la risorsa produttiva per l’agricoltura.
D’altra parte si deve tener conto che la propensione degli operatori, a rimanere a ridosso del fiume, deriva dalla modalità storica di estrazione delle ghiaie: direttamente dall’alveo, con tecniche che sfruttavano la capacità della corrente di apportare sempre nuovi materiali nelle fosse predisposte lungo il corso d’acqua, o rimuovevano i depositi accumulati nelle parti interne dei meandri.
Così lungo il Po insistono quattro cave per lo più localizzate in siti recentemente percorsi dal fiume o ad esso limitrofi, in qualche caso in zona di riserva naturale a valle delle confluenze, e allo stesso modo lungo il Varaita si localizzano due importanti attività con i bacini posti in parallelo all’alveo, come a triplicarne la portata.
La localizzazione prossima al fiume consente di predisporre progetti di recupero non isolati ma integrati a formare tratti reali della rete ecologica, nominalmente riconosciuta lungo l’asta fluviale con le aree protette.
I recuperi realizzeranno le uniche “stepping stones” di questo tratto di fiume, punti tappa che saranno preziosi per la connettività complessiva della rete nella piana agricola, come dimostrano le seguenti schede analitiche dei progetti di riqualificazione ambientale.
Dimensione attività [mc/anno]
> 200.000
50.000 - 100.000
20.000 - 50.000
< 20.000
Alluvioni fluvio-glaciali ghiaiose e ciottolose, talora con grossi trovanti alterate in terreni argillosi Alluvioni ghiaiose talora sabbiose e limose, antiche e terrazzate Depositi alluvionali prevalentemente limoso-argillosi con lenti sabbioso-ghiaiose, loess argillificato, ferretto Alluvioni sabbiose e limose con debole strato di alterazione
Alluvioni ghiaiose e sabbiose non recenti
Alluvioni ghiaiose recenti ed attuali degli alvei fluviali
Cave di sabbie e ghiaie per quantità estrattiva autorizzata al 2012 su carta litologico giacimentologica (Arpa)