N. 29 / ANNO V / 2018
Novembre - Dicembre
• Come vive Genova dopo il crollo
• Piatti e accordi della politica seduta a tavola
• Sara Modigliani: la storia e le storie dei canti popolari
TUTTO ITALIANO From Italy for learners of Italian
IN ALTO I CALICI!
Cambia il clima, cambia il vino. E i vigneti salgono in montagna
AUDIO RIVISTA
2 EDITORIALE
TUTTO ITALIANO
N.29, NOVEMBRE - DICEMBRE 2018
TUTTO ITALIANO L A SQUADR A
REDAZIONE Livia Borghese, Roberta Carlini coordinatrici Laura Guglielmi Imelda Hogan Sabina Castelfranco Alessandra Zuliani Marita Bartolazzi Federico Castelli Gattinara Stefania Martorelli Arianna Di Genova CONSULENTE GRAMMATICALE Vanessa Polselli VOCI Luca Alcini, Livia Borghese, Gianpaolo Fiocchi, Marita Bartolazzi, Roberta Carlini TECNICO DEL SUONO Mirko Bertini Exit Music Studios GRAFICA Gillian Marles Giacomo De Panfilis ILLUSTRAZIONI Daniela d’Amely PRODUZIONE ITALIANA A CURA DI Tea Time Film Srl Via di Pallacorda, 14 00186 Roma P.I. e Cod. Fisc.: 11338441006 ISSN 2054-5908
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Care lettrici e cari lettori, si conclude un anno ricco di avvenimenti, per molti versi sconcertanti. Abbiamo ancora tutti negli occhi l’immagine dei monconi del ponte di Genova crollato ad agosto. Quando fu costruito, negli anni Sessanta, era il simbolo di un’Italia audace, capace di sfidare il futuro. L’inchiesta in corso sta facendo luce sui molti allarmi rimasti inascoltati, e non solo di recente, sulla necessità di interventi di manutenzione. Ma nessuno poteva immaginare quanto fosse fragile quel gigante. Come ha detto Renzo Piano, architetto di origine genovese che alla sua città ha regalato il progetto per un nuovo viadotto, «i ponti non devono crollare, perché sono un simbolo che unisce, che tiene assieme». Una metafora che si adatta perfettamente allo studio delle lingue; per questo vi proponiamo un servizio sulla voglia di riscatto e sull’impegno dei genovesi, pronti a rimboccarsi le maniche per costruirsi un nuovo futuro. Su Tutto avevamo parlato di Riace, il paese calabrese in cui il sindaco, Mimmo Lucano, ha costruito un modello di accoglienza dei migranti. All’inizio di ottobre Lucano è finito agli arresti domiciliari, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Su questo e su molto altro ancora vi aggiorniamo nelle prossime pagine. Come sempre, buon ascolto e buona lettura! La redazione di Tutto italiano Dear Readers, We are at the end of an eventful year packed with news, much of it astonishing. We still have in our mind’s eye the image of the twisted ruins of the Genoa bridge that collapsed in August. When it was built in the 1960s, it was the symbol of a daring Italy, a country capable of challenging the future. The current investigation into the tragedy is shedding light on the many alarms raised on the need for maintenance that went unheard. But nobody could have imagined just how fragile this giant structure was. As Renzo Piano, an architect of Genoese origin, said during the presentation of his design for a project for a new viaduct for the city, “Bridges must not collapse, because they are a symbol that unites, that holds everything together”. A metaphor that equally applies to the study of languages; for this reason, we hope you will enjoy an article that charts the Genoese people’s desire for redemption and their commitment and readiness to “roll up their sleeves” to build a new, better future. In this issue of Tutto we also talk about Riace, the Calabrian village whose mayor, Mimmo Lucano, has created an innovative civic model for welcoming migrants. At the beginning of October he ended up under house arrest, accused of facilitating illegal immigration. We will update you on this, and much more, in the following pages. As always, we wish you a good listen and a good read! The Editorial Team of Tutto italiano 3
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SOMMARIO A1
Elementare
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Elementare superiore
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Intermedio
B2
Intermedio superiore
C1
Avanzato
C2
Tracce Audio CD
41 ARCHITETTURA
EDITORIALE 2
Canti celestiali
Alvara Aalto tra il fiume
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7 TENDENZE
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Parole d’autore
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4-8
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9-10
8 LE BREVI 10 ATTUALITÀ
di Riace
11-12
e famiglia
Cosa è vero e cosa no
•
26 ITALIANO VISIVO IL DIALOGO
17
••
18-20
e la musica popolare
•
33 ARCHEOLOGIA Romolo e Remo,
La politica a tavola
••
•
44 L’EVENTO
Sara Modigliani
Arrestata la speranza
19 ECONOMIA
e la montagna
15-16
Domeniche tra compere
28 L’INTERVISTA
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•
23 A VIVA VOCE
47 L’ANGOLO DELLA GRAMMATICA
Fare le compere - Alla cassa
14 IL CASO
16 LINGUAGGI
una storia vera
13-14
Un purosangue al galoppo 4
••
21 MUSICA
Genova, la città spezzata Avanzato superiore
••
INTRODUZIONE 1
•
37 21-23 A TAVOLA E DINTORNI Il clima nel bicchiere
ASCOLTA, RIPETI, TR ASCRIVI 50 SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI
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TUTTO ITALIANO
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TUTTO ITALIANO
IN QUESTO NUMERO VISITIAMO TRENTINO ALTO ADIGE VALLE D’AOSTA
LOMBARDIA 10
41
PIEMONTE
VENETO
You can read the articles in order or, alternatively, access them by level of difficulty, following the coloured icons at the top of the page. We suggest, though, to get the most from Tutto italiano, try listening first to the audio before plunging into the articles and grammar exercises. To help you do this, we’ve subdivided the audio of longer articles into more tracks that are marked in the margin of the transcript by purple magaphone icons.
FRIULI VENEZIA GIULIA
44 EMILIA ROM AGNA
LIGURIA
TOSC ANA M ARCHE UMBRIA 33
ABRUZZO MOLISE
L A ZIO
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PUGLIA BASILIC ATA
C A MPANIA C AL ABRIA SARDEGNA
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SICILIA
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Pompei
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C A MPANIA 10
Genova Riace C AL ABRIA
Roma L A ZIO
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LIGURIA 14
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Riola EMILIA ROM AGNA
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Modena EMILIA ROM AGNA
Tutto italiano audio magazine is published by Language Passport, Spike Island, 133 Cumberland Road, Bristol BS1 6UX, United Kingdom +44 (0)117 927 2237 enquiries@language-passport.com ADVERTISING +44 (0)117 927 2236 - advertising@language-passport.com SUBSCRIPTIONS See page 2 for more details © 2018 Language Passport. All rights reserved. We cannot accept responsibility for any mistakes or misprints. Reproduction in part or whole is strictly prohibited without written permission from the publisher. Language Passport is a trading name of Languages Direct Ltd. Language Passport reserves rights of ownership. PHOTOCOPYING This publication is protected by copyright. All reproduction is prohibited except for teachers of Italian. Please call the publishers at the number above for reproduction rights. PRINTED BY Warners Front Cover Photo Giorgio1978 5
LA POSTA DEI LETTORI Mandateci le vostre lettere in italiano o in inglese! E, se c’è spazio, pubblicheremo i vostri commenti e consigli, ma anche foto, esperienze di viaggio o dubbi grammaticali! POST FROM OUR READERS Send us your letters in Italian or English! And, if there is enough space, we’ll publish your comments and suggestions, as well as your photos, travel experiences and grammar doubts! POTETE MANDARE LE VOSTRE EMAIL A redazione@tuttoitaliano.it OPPURE SPEDIRE
TUTTO IN VALIGIA Gentile redazione, sono appena ritornata dall'Italia dopo essere stata tre settimane in Sicilia e dove ho pensato a Tutto Italiano e alla scelta dei brani. Quando viaggio porto Tutto Italiano con me per passare le tante ore in aereo e anche mentre faccio una passeggiata la mattina. Grazie per le selezioni dei vari e interessanti brani che scegliete e le informazioni che questi brani ci offrono. A Roma, mentre stavo davanti alla chiesa di Santa Maria in Trastevere, ho ascoltato la descrizione del recente restauro e mentre camminavo sul lungomare a Marina di Ragusa, ho ascoltato il brano sulle spiagge premiate con la bandiera blu, tra le quali c’è quella di Marina di Ragusa. Grazie per tutto quello che i redattori fanno per noi appassionati della bella lingua e della cultura italiana. Vorrei proporre dei soggetti per le pubblicazioni di Tutto nel futuro: la storia del pistacchio siciliano e la Sagra del Pistacchio a Bronte; l'origine del gelato, l'influenza degli arabi e il Festival del Gelato a Palermo; il premio Strega, origine e la giuria. Beverly, New York Cara Signora Beverly, ci fa molto piacere immaginare i nostri lettori a spasso per l’Italia con la rivista in mano. Ottime le proposte di argomenti per articoli futuri, ci lavoreremo. Nel numero 28 di Tutto, al premio Strega abbiamo dedicato un breve articolo – edizione 2018 –, così come avevamo fatto nella rubrica Un libro per… nell’anno in cui vinse il libro La ferocia di Nicola Lagioia (2015). Ma volentieri affronteremo prossimamente il tema dell’origine e la storia del famoso premio letterario.
UNA LETTERA A UNO DEI NOSTRI INDIRIZZI Language Passport Spike Island, 133 Cumberland Road Bristol BS1 6UX UK Languages Direct 280 Madison Avenue #912 - 9th Floor New York NY 10016 USA Tutto italiano Tea Time Film Srl Via di Pallacorda, 14 00186 Roma Italia 6
MY FIRST TRIP TO ITALY I think Tutto italiano is superb. It’s easy to use and visually inviting as the magazine is so well presented. It keeps me up to date with what’s going on in Italy today as for the past two years I’ve had little free time to devote to my studies. Tutto is always topical and the enticing content acts as a real incentive to encourage me to book my first trip to Italy which, now I have the time, I intend to do soon. Ian Muir, North Shields, UK Grazie Signor Muir, lo sforzo della redazione di Tutto è proprio quello di proporre un utile e piacevole strumento per lo studio dell’italiano e, nello stesso tempo, soddisfare la vostra curiosità su temi di attualità e non solo. E l’aspettiamo in Italia!
ALLE LETTRICI E AI LETTORI In questo numero di Tutto c’è una piccola grande novità: gli articoli sono firmati. La comunità degli autori e collaboratori della rivista è cresciuta, e ci pare giusto associare a ogni testo il nome di chi l’ha scritto, in modo che voi possiate riconoscerlo, distinguere le diverse firme, cercarle nei numeri successivi come si fa con vecchi amici. Quando un testo è frutto di più mani, lo troverete indicato come “a cura della redazione”.
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3 TENDENZE
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N.29, NOVEMBRE - DICEMBRE 2018
PAROLE D’AUTORE
Il dizionario Zingarelli 2019 affida varie definizioni lessicali a musicisti, attori, atleti a cura della redazione
Foto: Mariano Montella / Shutterstock.com
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on sono più di 2mila le parole del “lessico fondamentale”, quello che utilizziamo per parlare e scrivere nella vita quotidiana nel 90 per cento dei casi. Eppure, ogni nuova uscita di un dizionario è una notizia, perché ci sono termini nuovi che entrano, oppure perché l’editore prende qualche buona iniziativa per attrarre i lettori. Nell’ultima edizione del dizionario Zingarelli, quella per il 2019, ci si affida ad alcune personalità molto popolari — dello spettacolo, dello sport, della cultura — per approfondire alcune parole. L’obiettivo non è tanto quello di dare il “vero” significato, quanto piuttosto fornire una versione soggettiva, e particolarmente di prevenire e affrontare gli ostacoli, non interessante, della parola stessa. evitarli». Da confrontare con la versione compassata del dizionario Treccani, Così, a Vasco Rossi, famoso cantautore rock che definisce “spericolato” chi «si espone italiano e idolo di varie generazioni, ormai ai pericoli con eccessiva imprudenza e sessantaseienne, è stato chiesto di illustrare temerarietà, che non teme il rischio». Ancora l’aggettivo “spericolato”. “Il Vasco” è infatti più soggettive altre versioni d’autore delle diventato popolarissimo, nel lontano 1983, parole sullo Zingarelli 2019. È il caso di con una canzone intitolata Vita spericolata. “discesa”, affidata alla campionessa di sci Cantava Vasco: «Voglio una vita spericolata / Sofia Goggia: «Un meraviglioso viaggio voglio una vita come quelle dei film… Voglio introspettivo che porta a sentire l’anima una vita esagerata / voglio una vita come nobile e pura della propria disciplina». Bello, Steve McQueen», per concludere «voglio una ma un po’ fuorviante se il termine viene vita / la voglio piena di guai». Non proprio utilizzato per indicare un percorso stradale. raccomandabile per i genitori, esaltante per i ragazzi. Adesso che quei ragazzi sono E ancora: l’aggettivo “verace”, spesso usato diventati a loro volta padri e madri, e forse per la pizza o per il pomodoro, è stato affidato nonni, Vasco Rossi sale in cattedra, si fa a un’attrice napoletana, Cristina Donadio; anche un po’ filosofo e spiega nel dizionario la parola “televisione” al critico Aldo Grasso. la sua versione dell’aggettivo “spericolato”: E il “sogno” a Bebe Vio, la campionessa «Rischioso, avventuroso. Nel senso che paralimpica di scherma (della quale abbiamo dice Nietzsche, vita vissuta pericolosamente parlato nel numero 24 di Tutto Italiano), che e pienamente accettandone le sfide, i rischi, ha scritto: «Sognare non basta: devi volere, le fatiche, le gioie e le sofferenze. Cercare programmare, inseguire, sudare». n
IL CANTANTE VASCO ROSSI HA SCRITTO LA DEFINIZIONE DI "SPERICOLATO"
affida entrusts eppure even so uscita exit (lit.) / publication ci si affida it relies upon approfondire to go into depth (about) cantautore singer songwriter spericolato reckless raccomandabile advisable esaltante exhilarating a loro volta in their turn sale in cattedra climb to the lectern (lit.) / lectures sfide challenges affrontare face up to evitarli avoid them compassata composed / calm anima soul fuorviante misleading percorso route scherma fencing inseguire chase sudare sweat 7
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4-8 LE BREVI
UN PROFESSORE LECCESE TRA I MIGLIORI AL MONDO scuola superiore secondary school provengono come imprenditorialità enterprise
Uno dei dodici migliori docenti al mondo è italiano. Si chiama Daniele Manni e insegna informatica a Lecce. È l’unico tra i candidati a insegnare in una scuola superiore, mentre gli altri finalisti provengono da prestigiose università in vari continenti. La classifica è stata presentata durante la Conferenza europea sull’innovazione e l’imprenditorialità che quest’anno si è svolta in Portogallo. Manni, che insegna da ventotto anni all’Istituto Galilei-Costa della città pugliese, dedica quasi la metà delle ore di lezione a materie non convenzionali come innovazione, creatività e cambiamento. Lo scopo è stimolare i suoi studenti nell’ideazione, e poi nella gestione innovativa, di piccole attività imprenditoriali. Nel 2004, insieme a una collega e a sedici studenti di quinto anno,
STARBUCKS SBARCA A MILANO «Arriviamo con umiltà e rispetto nel Paese del caffè. Ho passato la mia vita a studiare questo progetto». Così ha detto Howard Schultz, presidente onorario di Starbucks, in occasione dell’apertura del primo negozio italiano del gigante mondiale del caffè. Lo sbarco della catena di Starbucks in Italia è stato preceduto da lunghi anni di preparazione. L’occasione era importante, come spiega lo stesso Schultz: «Ho voluto portare la nostra interpretazione del caffè nella città dove ho assaggiato la mia prima tazzina di espresso». E il pubblico ha mostrato di gradire: ore di fila all’apertura del negozio
di piazza Cordusio. Non sono mancate le polemiche per i prezzi del nuovo negozio milanese: 1,60 euro per un espresso, 4,50 o 5,50 per il cappuccino (i prezzi nei bar italiani sono intorno a 1 euro per l’espresso, e da 1,20 a 2 euro per il cappuccino).
sbarca lands (lit.) arrives | catena chain | ho assaggiato I tasted I gradire appreciate (it) 8
ha fondato la società cooperativa Arianoa (aria nuova, nel dialetto locale), una sorta di pioneristico incubatore e acceleratore di startup giovanili che ancora oggi permette agli studenti minorenni di operare concretamente e legalmente nel mercato reale.
REBECCA LA PRIMA BIMBA Che i borghi antichi tra le montagne si stiano spopolando non è una notizia. Fa notizia invece la tendenza opposta. Così, ha conquistato le cronache dei giornali la nascita di Rebecca, avvenuta nella piccola borgata di Caldane, a 1.200 metri d’altezza nella splendida Val Varaina, provincia di Cuneo. Nella zona non nasceva un bambino da ben sessantadue anni. Rebecca è la sesta abitante del piccolo villaggio. «In realtà si può dire che la popolazione qui la fa la mia famiglia», ha detto il papà Luca Ruà al quotidiano La Stampa. In effetti Rebecca è il quinto componente della famiglia. borghi villages | si stiano spopolando are becoming depopulated
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N.29, NOVEMBRE - DICEMBRE 2018
NUOVE SCOPERTE A POMPEI Continuano gli straordinari ritrovamenti nel corso dei lavori di consolidamento a Pompei. Tra questi, un sontuoso larario dipinto, di circa quattro metri per cinque, ritrovato nel corso di uno scavo. La stanza, adibita al culto dei Lari, è pertinente a una casa già in parte scavata agli inizi del Novecento. Al centro di una parete decorata con paesaggi idilliaci e una lussureggiante natura con piante e uccelli, si trova l’edicola sacra ai cui lati sono dipinte le figure dei “Lari” protettori della casa e, al di sotto, due grandi serpenti “agatodemoni” (demoni buoni), simbolo di prosperità e buon auspicio. Sulla parete opposta, invece, una scena di caccia su fondo rosso. Ma l'ultima scoperta a Pompei è una scritta che
ritrovamenti finds adibita given over edicola booth caccia hunting datazione date
sposterebbe la datazione dell'eruzione del Vesuvio dal 24 agosto al 24 ottobre del 79 d.C.
Foto: Thor Kristbjornsson; Alessandro Scuderi / Shutterstock.com; Mibac; IISS Galilei-Costa
ADDIO ALLE STORICHE “BOTTICELLE” Così si chiamano a Roma le carrozzelle trainate dai cavalli. «Non emetteremo più licenze per nuove botticelle», ha dichiarato Daniele Diaco, presedente della Commissione comunale per l’ambiente. Una volta che i cavalli,
che ancora oggi attraversano le strade trafficate della capitale, andranno in pensione (sono una quarantina), forse i turisti potranno usare delle carrozzelle elettriche. Aggiunge Diaco: «È un grosso traguardo, una pagina storica, è un segnale molto importante sulla tutela animale». Anacronistiche anche nel nome, che viene da quando sulle carrozze si trasportavano le botti, sono state protagoniste negli ultimi anni di aspri contrasti con vari gruppi ambientalisti impegnati a denunciare quotidianamente le pesanti condizioni di lavoro a cui i vetturini sottopongono i cavalli: un carico eccessivo, il mancato rispetto delle ore di riposo e il trasporto di persone a cassetta.
carrozzelle trap trainate pulled traguardo goal botti barrels vetturini coachmen sottopongono submit carico load mancato rispetto failure to observe a cassetta in the box
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9-10 ATTUALITÀ
GENOVA, LA CITTÀ SPEZZATA
Costruito negli anni Sessanta, l’audace ponte dell’ingegnere Riccardo Morandi era diventato un elemento identitario per il capoluogo ligure, che ora deve riscrivere il proprio futuro di Laura Guglielmi
spezzata snapped / broken boato roar percuote shakes urlo cry straziato torn apart crolla collapses inghiottendo swallowing era stato inglobato had been encased gite trips entroterra inland tragitti routes sconcerto bewilderment / disquiet incuria neglect acciaccato run down striscia strip pericolante dilapidated / dangerous per lo meno at least sottoposto subjected 10
O
re 11.56 di martedì 14 agosto 2018: un terribile, devastante boato percuote Genova. È l'urlo del ponte Morandi, straziato, che crolla, inghiottendo auto e camion: quarantatré le vittime. Da quel giorno niente è stato più come prima, un trauma collettivo che è ancora vivo, inciso sulla pelle dei genovesi e di tanti italiani. Gli abitanti del capoluogo ligure avevano una forte familiarità con il loro ponte che con il tempo era stato inglobato nella città fino a diventarne un elemento “intimo”: ci si passava di ritorno dalle vacanze o dalle gite nell’entroterra montagnoso, per andare a lavorare o a fare
spese in centro. Insieme al vecchio gigante di ferro e cemento sono crollati tragitti, visioni, abitudini e questo amplifica lo sconcerto creato dal disastro. Erano un po’ tutti affezionati al ponte malato, abbandonato all’incuria. Era vecchio e acciaccato, non ce la faceva più, una lunga striscia di asfalto sospesa nel vuoto e pericolante. Da anni avrebbe dovuto essere sostituito con una struttura rispondente alle nuove tecnologie e al traffico in costante aumento o per lo meno essere monitorato meglio e sottoposto a una manutenzione più adeguata. Collegava Genova Ovest a Genova Est, ma anche il ponente al levante della Liguria e la Costa Azzurra con l’Italia. Una lunga
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N.29, NOVEMBRE - DICEMBRE 2018
autostrada costiera che oggi, interrotta, spacca in due la città. La Liguria è una terra scoscesa, difficile da attraversare, con le montagne a picco sul mare, con una costa frequentata da milioni di vacanzieri e dai camion di tutta Europa che la percorrono ininterrottamente tutto l’anno.
Foto: Fotonazario; Luca Rei; Antonello Marangi / Shutterstock.com
La notizia ha fatto il giro del mondo in poco meno di un’ora. Sul web centinaia di immagini con il ponte Morandi senza la sua parte centrale, quattro corsie autostradali che finiscono nel nulla, con un camioncino della catena di supermercati Basko bloccato a pochi metri dal vuoto. Oltre ai morti e ai feriti, anche gli sfollati, le persone che avevano casa sotto al Morandi e sono state sistemate in nuovi alloggi perché la zona è ritenuta pericolosa. Un pezzo di ponte infatti è crollato sulla ferrovia e sul torrente Polcevera, ma la parte che passa sopra la zona residenziale è fortunatamente rimasta in piedi. Per ora gli abitanti non possono tornare nelle loro case. Rimane la speranza per tutti di poterci rientrare, se non per viverci, almeno per recuperare gli oggetti più cari e preziosi. Anche questo è un dramma nel dramma.
Una coppia di trentenni conviveva da tre anni in un appartamento proprio sotto il viadotto, lo avevano rimesso a posto da poco, si stavano per sposare e i vestiti, le bomboniere, i biglietti di invito sono diventati irraggiungibili, rimasti intrappolati nella loro casa. E per il loro affollatissimo matrimonio ne hanno fatto a meno. È a rischio anche il turismo, ad esempio il fatturato dell’Acquario, una delle attrazioni più visitate della città, a fine agosto era in caduta libera. È la mobilità infatti uno degli elementi più in difficoltà: nonostante sia già stata aperta una nuova strada alternativa per i camion, il traffico verso il porto, che è il più grande e importante del Paese, è diventato difficile, con centinaia di mezzi che intasano il ponente genovese. Da quando poi sono ricominciate le attività scolastiche, l’incubo si è trasformato in un vero e proprio inferno: adesso per prendere l’autostrada e andare in Francia o a Torino, sulla costa o nell’entroterra ligure di Ponente, si deve entrare a Genova Aeroporto e non più a Genova Ovest, andando a intasare le strade della città, piene di mezzi pesanti e di automobili. Nonostante tutto, bisogna continuare a lavorare e a portare i bambini a scuola. ►
GENOVA, PRIMA E DOPO IL CROLLO DEL PONTE MORANDI IL 14 AGOSTO 2018
autostrada motorway / highway spacca divides scoscesa rugged a picco plunging towards vacanzieri holidaymakers percorrono travel corsie lanes sfollati evacuated (residents) viadotto viaduct (lit.) / bridge avevano rimesso a posto had fixed (it) up bomboniere wedding favours biglietti di invito invitations irraggiungibili out of reach fatturato revenue in caduta libera in free fall intasano blocking up mezzi pesanti heavy goods vehicles 11
sovrastano overshadow verrà messo in sicurezza will be made safe abbattuto demolished inchiesta investigation / enquiry fieri proud cavi cables in coda in a queue usura wear and tear campate spans pilastri pillars assomigliano look like chiglia hull brillerà will shine gremita packed / crowded parto delivery trafelato out of breath
Le attività commerciali vicino al Ponte Morandi stanno collassando, perché non è possibile passare sotto alle due parti rimaste in piedi e che sovrastano le strade della vallata, almeno fino a quando il viadotto non verrà messo in sicurezza o abbattuto, ma l’inchiesta per individuare i responsabili, le indecisioni e i conflitti a livello politico stanno rallentando ogni scelta operativa. Costruito tra 1963 e il 1967, anno dell’inaugurazione, il Morandi era anche il simbolo della Genova industriale, del boom economico, di un’Italia con un Pil in forte crescita. Gli abitanti erano fieri di quel ponte, lungo oltre un chilometro e alto quarantacinque metri. Era stato anche soprannominato "ponte di Brooklyn" per i suoi imponenti cavi metallici ricoperti di cemento che ricordavano un po’ New York. Progettato per il traffico degli anni Sessanta, il ponte Morandi forse ha resistito anche troppo. In tanti avevano paura a stare in coda lassù in cima, l’usura era visibile. Ma in pochi si sarebbero aspettati questo incredibile crollo. L’architetto genovese Renzo Piano, che ha costruito edifici famosi in tutto il mondo, tra cui il Beaubourg a Parigi e il grattacielo The Shard a Londra, ha regalato un progetto per il nuovo viadotto. Di colore chiaro, con quattro corsie, oltre a quelle d’emergenza, avrà ventidue campate, quarantatré lanterne, in ricordo delle vittime, e diciotto pilastri che assomigliano alla chiglia di una nave, un ponte che accumula energia durante il giorno per illuminarsi di notte. Chi arriverà a Genova in autostrada potrà attraversare questa “nave”, una struttura essenziale, che di notte brillerà della sua stessa luce. Un ponte in sintonia con le persone che abitano questa città, gente riservata e di poche parole. Ma non è ancora detto che sarà questo il progetto scelto.
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Intanto tutti hanno una storia da raccontare, migliaia di persone che potevano essere coinvolte nella tragedia, persone che avevano appena attraversato il ponte o lo stavano per attraversare. Il 14 agosto si parte per le vacanze, è la vigilia di Ferragosto, festa nazionale. Tanta paura, ma c’è la consolazione di essere sopravvissuti. Il comico Luca Bizzarri, genovese e presidente di Palazzo Ducale, l’istituzione culturale più importante della città, ha lanciato un appello su Facebook invitando i cittadini a raccontare un episodio legato al ponte Morandi. Ne ha ricevuti centinaia nel giro di pochi giorni. Tra questi ne ha scelto uno che è stato letto in pubblico nella cerimonia che ha avuto luogo nella piazza De Ferrari, la principale della città, gremita di persone, a un mese dal tragico evento. Ha scelto una storia di speranza, scritta dal padre di Erik, un bimbo nato proprio sul ponte Morandi un anno prima del terribile crollo, il 18 agosto del 2017: il parto della mamma, Anna, è avvenuto in auto alle 5 di mattina, proprio sul viadotto, mentre il papà Ilario stava guidando trafelato e preoccupato per raggiungere in fretta l’ospedale. Nel certificato di nascita del bimbo c’è scritto: «Erik Schiappacasse, nato al chilometro 0,500 sull’autostrada A10, ponte Morandi, direzione Genova». Speriamo sia di buon auspicio. n
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N.29, NOVEMBRE - DICEMBRE 2018
ESERCIZI DI COMPRENSIONE
GENOVA, LA CITTÀ SPEZZATA Attività 1. Scegli se l’affermazione è vera o falsa
VERO FALSO
1. Il ponte Morandi era una parte della vita quotidiana dei genovesi
2. Il ponte Morandi era una porzione di autostrada
3. Una coppia, non potendo raggiungere la propria casa, ha dovuto annullare il matrimonio
4. La caduta del ponte Morandi ha inciso sulle attività commerciali della vallata
5. Molti si aspettavano la caduta del ponte a causa della cattiva manutenzione
6. Il progetto di Renzo Piano presenta anche la memoria delle vittime
Attività 2. Associa le parole della colonna A a quelle della colonna B per creare una espressione. Poi trova il significato nella colonna C A
B
C
1. per
a. libera
I fare qualcosa rinunciando
2. fare a
b. pesanti
II al minimo, a dire poco
3. in caduta
c. lo meno
III in fila, un elemento dietro un altro
4. mezzi
d. meno (di qualcuno/qualcosa)
IV in rapida decrescita, crollo
5. in
e. coda
V veicoli di dimensione e peso notevoli
Attività 3. Sostituisci i termini in grassetto nelle frasi con le seguenti parole
gremita | boato | entroterra | viadotto | sovrastano | intasate | percorrevano | corsie 1. Prima del crollo del ponte si è sentito un rumore forte e cupo (________________) 2. Molti veicoli si muovevano lungo (________________) questa strada tutto l’anno, per andare in molte direzioni, dalla costa all’interno (________________) 3. Renzo Piano ha regalato il progetto per il nuovo ponte (________________) che sarà a quattro carreggiate (________________) 4. Il traffico è diventato difficile: le strade della città sono sempre più bloccate/ostruite (________________). 5. Le due parti rimaste in piedi del ponte sono sopra (________________) le zone della vallata 6. La piazza era pienissima (________________) di persone in occasione dell’evento a un mese dal crollo 13
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ATTUALITÀ
ARRESTATA LA SPERANZA DI RIACE
Da modello a scandalo. Sotto accusa il sindaco del paesino calabrese che da vent’anni accoglie i migranti nelle case lasciate vuote dagli emigrati italiani
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a cura della redazione
sindaco mayor paesino village antistante in front spopolamento depopulation siti (web)sites si sono ritrovate met up urlo cry arresti domiciliari house arrest resoconto account risiedono live autoctoni locals veliero sailing ship approdato (which) landed carico cargo bivaccano bivouac mantenimento maintenance avviare start corsi di formazione training courses laboratori artigianali artisan workshops affiancati supported mestiere trade a vicenda one another 14
ino a qualche tempo fa il piccolo paese di Riace, in Calabria, era noto solo per i due splendidi bronzi recuperati nei primi anni Settanta nel mare antistante e ora esposti nel capoluogo, Reggio Calabria. Ma in anni più recenti, Riace è diventato famoso per un’altra “scoperta”, o meglio un'invenzione, quella con la quale il sindaco Domenico Lucano, detto “Mimmo”, ha affrontato l’emergenza dell’immigrazione trasformandola da problema in soluzione, una preziosa risorsa per ridare vita a un borgo che, come tanti in Italia, soffriva per l’inesorabile spopolamento dei piccoli comuni iniziato nel Dopoguerra. È così nato il “modello Riace”, ben conosciuto dentro e fuori i confini italiani. Perciò, quando in una mattina di inizio autunno il sindaco è stato arrestato, la notizia è stata rilanciata su tutti i siti, nazionali e internazionali. Immediate anche le manifestazioni di protesta. Il giorno stesso dell’arresto, il 2 ottobre, centinaia di persone si sono ritrovate a piazza dell’Esquilino a Roma e hanno urlato “Mimmo libero, Mimmo libero”. Il sabato successivo a Riace si è alzato lo stesso urlo. Ma perché è così popolare Mimmo Lucano? E perché in poche ore si è trasformato da modello da imitare in personaggio pericoloso da tenere agli arresti domiciliari? Vi abbiamo dato su queste pagine un ampio resoconto (Tutto italiano
numero 15) del “modello Riace”. Riace è un paese dove oggi risiedono 400 migranti, contro i 380 autoctoni (ma se si considera anche Riace marina, gli abitanti complessivi sono 1.800). Fu un veliero di profughi curdi, approdato sulle coste calabresi nel 1998, a dare l’idea a Lucano. Era, sono le sue parole, «un carico di umanità verso un sogno di liberazione e di speranza». Da allora non ha mai smesso di accogliere nigeriani, ghanesi, eritrei, afghani, siriani. Al contrario dei grandi centri in cui gli immigrati bivaccano, o poco più, a Riace veniva data loro una casa vera; i 35 euro al giorno dati dallo Stato per il mantenimento dei migranti sono stati utilizzati non solo per l’assistenza, ma anche per avviare progetti per il futuro. Così, le varie associazioni e cooperative presenti sul territorio hanno organizzato corsi di formazione e laboratori artigianali in cui i migranti, spesso affiancati da maestranze locali, hanno imparato un mestiere. Il paese li ha accettati, migranti e locali si sono aiutati a vicenda. Il nome di Lucano è diventato popolare, e nel 2016 la rivista Fortune lo ha persino inserito nella lista degli uomini più influenti del mondo. È diventato il protagonista di servizi giornalistici, documentari e cortometraggi, come Il volo, girato da Wim Wenders nel 2010. Un corto che, a rivederlo oggi, fa impressione. Nelle prime scene, quasi profetiche, il prefetto manda a dire al sindaco che per il reato
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Foto: Igor Petyx
di favoreggiamento di immigrazione clandestina è prevista una pena di cinque anni. «Un burocrate», si infervora il sindaco. E, verso la fine del breve film, tra fiction e realtà, la voce fuori campo del grande regista tedesco commenta il lavoro di Lucano: «Una visione tanto coraggiosa non può che subire resistenze». E così è stato. Lucano è stato minacciato e i suoi cani uccisi: intimidazioni di stampo mafioso, dovute al fatto che la ’Ndrangheta sicuramente non riusciva a fare affari con l’attività di accoglienza di Lucano. Alla fine però non è stata la mafia calabrese a fermare il sindaco di Riace, ma la magistratura. La Procura della Repubblica di Locri accusa Lucano di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, di irregolarità nella gestione dei fondi e di aver organizzato dei matrimoni fittizi. Gli viene inoltre contestato di aver affidato il servizio della raccolta dei rifiuti nel suo Comune senza seguire le procedure previste per le gare pubbliche. «Sono stato arrestato per il “reato di umanità”», ha dichiarato Lucano ai molti cronisti presenti al termine del primo interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari di Locri, Domenico Di Croce. E ha aggiunto: «A Riace sono stati usati soldi pubblici solo per progetti relativi ai migranti e per alleviare sofferenze, per dare opportunità di lavoro e di integrazione, per dare una vita migliore a perseguitati o richiedenti asilo». L’indagine su Lucano è stata difesa dal procuratore di Locri, Luigi D’Alessio. «Le leggi non possono essere eluse per motivi umanitari», ha detto. Ma mentre la magistratura fa il suo lento corso e Lucano avrà modo di difendersi nelle aule dei tribunali, il dibattito politico e sociale si è infiammato. A gettare benzina sul fuoco il commento, dopo la notizia dell’arresto,
del ministro degli Interni Matteo Salvini, che pure, è bene ricordarlo, non ha nulla a che vedere con l’indagine. «Se qualcuno ha deciso di arrestare il campione del buonismo, dell’accoglienza, è la prova che l’immigrazione porta al malaffare», ha detto Salvini. In difesa del sindaco lo scrittore Roberto Saviano in un video pubblicato sui social ha detto: «A fronte dei milioni di euro che la ’Ndrangheta ha fatto sui rifiuti, Lucano a Riace, che ha strade piccole in cui i mezzi per la raccolta dei rifiuti si spostano difficilmente, ha deciso di usare gli asini. Il problema sono loro, gli asinelli usati per fare raccolta differenziata, gestiti da una cooperativa di migranti e di persone in difficoltà, tra cui anche riacesi, per mancanza di lavoro». Entrando nel merito delle accuse di aver organizzato matrimoni finti tra uomini di Riace e ragazze straniere, Saviano ha aggiunto rivolgendosi direttamente al sindaco Lucano di cui è amico: «Qualora anche ci fosse stato un matrimonio finalizzato a salvare una vita, dando cittadinanza a una ragazza disperata, io ti dico che è stato il gesto di più alto amore verso una persona e verso la Costituzione che tu potessi fare. Grazie». n
DOMENICO "MIMMO" LUCANO, SINDACO DI RIACE, IN CALABRIA
reato di favoreggiamento crime of aiding and abetting è prevista is established pena sentence subire undergo è stato minacciato has been threatened gestione management aver affidato having allocated raccolta dei rifiuti waste collection gare pubbliche public tender indagine investigation a gettare benzina sul fuoco throwing petrol on the flames / fuelling the debate a fronte dei compared with asini donkeys 15
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LINGUAGGI
LA POLITICA A TAVOLA
Breve storia degli accordi e delle alleanze, spesso trasversali, stretti davanti al cibo
M di Livia Borghese
trasversali across the board / cross party stretti made botta e risposta question and answer spuntano appear sardine sardines si sovrappongono overlap impegnato busy d’asporto take away barcone pleasure boat riflettori spotlights hanno immortalato immortalised / captured boccali beer glasses si sono sbizzarriti went wild rendimento yield titoli del tesoro treasury bonds doti talents cimentarsi to try his hand at tavola table magna-magna [espressione romanesca (mangia mangia) che indica ruberia] eat-eat /steal divoratori consumers pietanze dishes
entre si infiamma il dibattito sulla manovra economica, i botta e risposta tra il governo e i commissari di Bruxelles si fanno sempre più tesi e i nervosismi sui mercati internazionali salgono, dalle cronache politiche italiane spuntano anche parole ben più appetitose, come sardine e salmone, spumante e lambrusco; e ai tavoli dove si discute si sovrappongono quelli dove si mangia. È stato anche coniato il termine “gastrocrazia”, una crasi tra “gastronomia” e “democrazia” o, più semplicemente, “politica gastronomica”. Neanche i nuovi governanti si sono sottratti al rito conviviale. Sembrano già lontani i tempi in cui il primo ministro in pectore, Giuseppe Conte, impegnato a scrivere il “patto di governo” era stato visto mentre comprava una frugale pizza d’asporto sotto casa. Eppure era solo giugno del 2018. Pochi mesi dopo, Luigi Di Maio, il “capo” del Movimento Cinque Stelle, ha invitato le sue truppe “a bere una birra” su un barcone sul Tevere per festeggiare l’approvazione
del Def, il documento di economia e finanza. Ma i riflettori dei paparazzi hanno immortalato calici e non boccali, così i cronisti si sono sbizzarriti: «Dallo spread allo spritz», hanno titolato — lo spread è la parola che tutti usano per indicare la differenza di rendimento tra i titoli del tesoro italiani e quelli tedeschi. Porchetta d’Ariccia, vino e grappa invece per i 200 ospiti invitati dal “capitano” leghista Matteo Salvini sul terrazzo della sua nuova residenza romana: un appartamento abbastanza grande, 200 metri quadri, nella disponibilità del ministero degli Interni. A casa di Salvini, bisogna dire, si è anche ascoltata musica grazie a un deputato con doti di dj, che ha permesso allo stesso ospite di cimentarsi in un karaoke con Voglio una vita spericolata di Vasco Rossi. L’importanza della tavola nella politica italiana ha origine antica. A Roma l’espressione “magna-magna” è praticamente un sinonimo tanto di “politica” quanto dei suoi protagonisti, visti come divoratori di denari pubblici. Molti sono i patti battezzati con i nomi di pietanze.
L’OSPITE DALLE DUE FACCE
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Il termine “ospite” in italiano
contraddittorio, significato.
l’espressione “padrone di casa”
indica sia chi viene ospitato
Bisogna però avvertire
anche se la persona è ricevuta,
sia chi ospita, chi riceve e chi
che, nella lingua parlata, il
ad esempio, in un ufficio.
dà ospitalità. L’Accademia
termine è più comunemente
della Crusca offre una lunga
usato per indicare “chi viene
spiegazione etimologica per
ospitato”, mentre, a seconda del
questo doppio, e all’apparenza
contesto, per chi ospita si usa
avvertire to inform padrone landlord/lady
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Foto: ANDREA DELBO; emipress/ Shutterstock.com
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Solo per citare alcuni episodi degli ultimi decenni… Il “patto dell’arancino” fu siglato nel novembre del 2017 durante una cena a Catania e vide rinsaldarsi l’alleanza tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, i tre protagonisti di quello che sarebbe stato il fronte del centro-destra alle ultime elezioni. Il “patto delle sardine” si proponeva di far cadere il primo governo Berlusconi. A dispetto del nome non ha nulla di marinaro perché fu suggellato nella casa romana dell’allora leader leghista Umberto Bossi in una fredda serata del dicembre del 1994, ospiti Massimo D’Alema per la sinistra e Rocco Buttiglione per i popolari. Così ne descrive la genesi il padrone di casa: «La mia casa è molto modesta, roba da operai, niente a che vedere con le ville e i palazzi berlusconiani. Eravamo attorno a un tavolo, Buttiglione, D’Alema e io. A un certo punto chiesi: avete fame? La risposta fu un sì piuttosto timido: avevano capito che in quella casa non c’era da aspettarsi una gran cena. Oltretutto non si vedeva l’ombra di una colf, o di un cuoco. Andai in cucina, aprii il frigorifero, e ci trovai una confezione di pan carré, alcune scatole di sardine e tre o quattro lattine di birra e Coca-Cola. Piazzai tutto sul tavolo, aprii lo scatolame e cominciai a mettere insieme qualcosa di simile a dei tramezzini». Ne nacque un’intesa per appoggiare il governo tecnico di Lamberto Dini. Solo pochi mesi prima, Buttiglione e D’Alema, entrambi pugliesi, si erano visti a Gallipoli, dove raggiunsero un accordo sul doppio turno elettorale noto come “patto delle vongole”. Per la cronaca, la riforma elettorale ipotizzata allora non fu mai attuata. Del 2009 è il “patto della spigola” che mise le basi per la confluenza di Alleanza nazionale nel Pdl, il Partito della libertà, come allora si chiamava la formazione di Berlusconi. Più pesante e dagli esiti incerti il “patto della pajata”, tipico piatto romano, consumato in un’osteria della capitale tra l’allora sindaco
Gianni Alemanno e Umberto Bossi che, si dice, per bilanciare le forze intorno alla tavola imbandita, si portò alcuni fidati bergamaschi con paioli e polenta, tipico piatto della pianura padana. Gli intestini furono messi a dura prova quella sera, e anche il destino della capitale che era il principale argomento di discussione. Ai patti gastronomici non si sottrasse neanche Matteo Renzi quando, nel 2014, da segretario del Partito democratico, fu protagonista del “patto dei tortellini”: per sugellare l’alleanza europea con i suoi omologhi provenienti da Francia, Olanda, Spagna, alla festa dell’Unità di Bologna, malgrado una temperatura di 30 gradi, offrì tortellini in brodo. Dulcis in fundo… il “patto della crostata”. Qui siamo nel giugno 1997 a casa di Gianni Letta, grand-commis di Berlusconi. Sua moglie preparò il dolce con la marmellata per gli ospiti: ancora D’Alema, Franco Marini del Partito popolare, Gianfranco Fini di Alleanza nazionale e Silvio Berlusconi. E il dessert salvò la commissione parlamentare per le riforme istituzionali. n
MASSIMO D'ALEMA, SILVIO BERLUSCONI E GIANNI ALEMANNO
decenni decades arancino (Sicilian) rice croquette fu siglato was agreed rinsaldarsi the reinforcement fu suggellato was sealed oltretutto besides which colf (collaboratrice famigliare) housekeeper confezione packet lattine cans intesa agreement appoggiare to support vongole clams spigola sea bass bilanciare to balance imbandita laid fidati trusted paioli pots / cauldrons omologhi counterparts in brodo in broth crostata tart 17
ESERCIZI DI COMPRENSIONE
LA POLITICA A TAVOLA Attività 1. Scegli se l’affermazione è vera o falsa
VERO FALSO
1. Il dialogo tra il governo e Bruxelles è sempre più difficile
2. Di Maio ha celebrato con una birra sul Tevere l’approvazione del Def
3. Il contenuto degli accordi tra i politici combacia con il contenuto dei piatti
4. Il “patto delle sardine” è legato a una ricca cena a base di pesce
5. Una mai realizzata riforma elettorale venne discussa intorno a un piatto di vongole
6. Umberto Bossi ha portato la polenta a una cena romana
Attività 2. Il tavolo o la tavola? Completa con la forma (femminile o maschile, singolare o plurale) che ritieni giusta 1. Ecco bicchieri, piatti, posate: mi aiuti ad apparecchiare ___ tavol__? 2. Gli operai hanno collocato de__ tavol_ provvisori_ per attraversare il canale 3. Il paziente era su_ tavol__ operatori__ da diverse ore 4. Non ho bisogno de__ tavol_ da stiro, posso stirare su__ tavol__ 5. Puoi mettere questi documenti su_ mi_ tavol__? 6. Questo libro è pieno di tavol__ a colori 7. Quest__ tavol__ da ping pong è liber_? 8. Si tratta di un_ de__ più prezios__ tavol__ del Trecento 9. Speriamo che __ nuov_ tavol_ della pace tra i governi nazionali produca effetti reali 10. Vorrei __ tavol__ di marmo rosa Attività 3. Ogni parola ha due significati (entrambi corretti), scegli quello più appropriato rispetto al testo 1. s tretto
a. stipulato, realizzato; b. di dimensioni limitate nel senso della larghezza
2. t rasversale
a. perpendicolare; b. che coinvolge diversi partiti politici
3. s puntare
a. venire fuori, cominciare ad apparire; b. eliminare la punta
4. a ppoggiare
a. sostenere, supportare; b. mettere qualcosa su una superficie delicatamente
5. c onsumato
a. usato; b. mangiato
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13-14 ECONOMIA
N.29, NOVEMBRE - DICEMBRE 2018
UN PUROSANGUE AL GALOPPO
La Ferrari lancia un nuovo modello. E affronta l’era del dopoMarchionne, raccogliendo l’eredità del manager scomparso
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a cura della redazione
Foto: MikeDotta; Photo_works / Shutterstock.com
al Cavallino al Purosangue. Si chiamerà così il nuovo modello della Ferrari, annunciato nel settembre 2018, ma in produzione solo nel 2022. I nuovi vertici della casa di Maranello, cambiati traumaticamente dopo la morte dell’amministratore delegato di Fiat Chrysler (nonché di Ferrari) Sergio Marchionne, hanno reso solenne omaggio al manager prematuramente scomparso e allo stesso tempo hanno leggermente corretto la linea da lui intrapresa, procedendo con maggiore cautela nella previsione sugli utili, e anche nella tabella di marcia del lancio di nuovi modelli.
«Non chiamatelo suv», ha detto il nuovo amministratore delegato Louis Camilleri parlando del nuovo modello. «Non vorrei offendere nessuno se uso il termine con qualche difficoltà, ma ho qualche problema a mettere nella stessa frase la parola suv con il marchio Ferrari». La sigla suv — in italiano, veicolo di utilità sportiva — è ormai diventata sinonimo di macchina grande e a trazione integrale, nelle sue varie declinazioni: quelle più adatte a circuiti impervi, che richiamano avventure e strade accidentate; e quelle cittadine, ormai presenti in tante versioni e disponibili alle masse. Troppo, per un marchio che è sinonimo di ricercatezza ed esclusività. Dunque il “non-suv” Ferrari sarà diverso da tutto gli altri, ma ancora non è chiaro come sarà. Uscirà insieme ad altri quattordici nuovi modelli, tutti inseriti in un piano che di qui al 2022 prevede che il 60 per cento delle Ferrari sarà ibrido.
purosangue thoroughbred lancia presents affronta faces raccogliendo reaping vertici heads amministratore delegato CEO nonché as well as intrapresa undertaken cautela caution utili profits tabella di marcia timetable marchio brand declinazioni versions impervi demanding ricercatezza sophistication smonta takes apart rimonta puts together rampante unbridled fiancata flank asso ace
Di certo non sarà economico, non è su questo che punta la famosa casa di Maranello, gioiello di tecnologia e lusso nel cuore di un distretto industriale della meccanica in provincia di Modena (Emilia Romagna). Ogni ragazzo sogna un giorno di entrare nella fabbrica delle “rosse”, mentre smonta e rimonta motori nel garage di casa. Qui è iniziato il mito del “cavallino rampante”, simbolo della Ferrari: nato in realtà non su un’automobile, ma su un aereo. Infatti il cavallino era dipinto sulla fiancata destra del velivolo di Francesco Baracca, asso dell’aviazione durante la Prima guerra mondiale, e a questo si ispirarono i disegnatori dell’auto da corsa, su precisa indicazione del fondatore Enzo Ferrari. ► 19
SERGIO MARCHIONNE, AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA FCA E DELLA FERRARI FINO ALLA SUA MORTE NEL LUGLIO DI QUEST'ANNO; NELLA PAGINA PRECEDENTE IL CAVALLINO SIMBOLO DELLA FERRARI
Da allora è diventato uno dei marchi più famosi del mondo. Ma anche qui, nella punta di eccellenza del gruppo automobilistico ormai italo-americano, le sfide e le difficoltà del dopo-Marchionne si sono fatte sentire. Il manager, italo-canadese, nasce a Chieti, in Abruzzo, e cresce in Ontario (Canada), dove la famiglia emigra nel 1966. Oltreoceano trascorre gli anni della formazione e l’inizio della brillante carriera. Nel 2003 rientra in Italia per essere nominato l’anno successivo amministratore delegato del gruppo Fiat. È un momento difficilissimo per l’azienda della famiglia Agnelli, a un passo dalla chiusura o dalla vendita. Sotto la direzione di Marchionne, la Fiat viene profondamente innovata, sia nel processo produttivo nelle fabbriche sia nel modo di gestire le relazioni sindacali e politiche. Sono anni di scontri durissimi con i sindacati, che però portano all’accordo con Chrysler e al rilancio della casa torinese.
trascorre (he) spends successivo next azienda business relazioni sindacali interaction with trade unions scontri disputes rilancio relaunch prime file front line azionisti shareholders repentina sudden avvenuta (which) happened hanno troncato terminated ha rivestito played carica charge venuto a mancare passed away clamorosamente dramatically metalmeccanici metal and engineering workers dazi duties casata dinasty indizio clue compiuta made plancia bridge ritirarsi retire permetterselo afford it pur even if scommessa gamble 20
Marchionne aveva deciso di ritirarsi nel 2019 dalle prime file, per dedicarsi completamente proprio alla Ferrari, ma la malattia improvvisa, tenuta nascosta a tutti, anche ai suoi azionisti, e la morte repentina, avvenuta in Svizzera il 25 luglio di quest’anno, hanno troncato il progetto. «Sergio ha rivestito un ruolo fondamentale nel rendere possibile il futuro della Ferrari e di questo gli saremo profondamente grati», ha detto John Elkann, nipote di Gianni Agnelli e presidente della Ferrari. Ma molto è cambiato nello stile, a cominciare dalla nuova prudenza nel lancio dei modelli — “Purosangue” compreso — e nel più moderato tono della comunicazione degli obiettivi. Il punto è che l’eredità di Marchionne è complessa da gestire, non solo per la forte personalità e carica innovativa dell’uomo, ma anche per la fase difficile nella quale è venuto a mancare. Va detto però che il manager italo-canadese aveva già emancipato la Fiat dagli aiuti governativi e dal solo mercato
italiano, e non è tutto: aveva anche rotto, e clamorosamente, con l’associazione degli industriali italiani, uscendo da Confindustria, e con la Fiom, il sindacato più rappresentativo dei metalmeccanici a livello nazionale. Ma quella era un’altra epoca, di globalizzazione rampante — come il Cavallino — e di liberalizzazione degli scambi. Adesso tutto è cambiato. Sul piano internazionale, i dazi e le guerre commerciali hanno acquistato un peso notevole soprattutto nel settore della produzione di automobili; su quello nazionale, una classe politica completamente nuova, pronta a simpatizzare più con le piccole imprese che con le grandi, sembra poco disponibile ai tradizionali omaggi alla casata di Torino. Molti si chiedono come Marchionne avrebbe affrontato la nuova fase. Un indizio è proprio nella sua scelta, compiuta quando ancora non sapeva di essere malato, di lasciare la plancia di comando del gruppo e “ritirarsi” nella Ferrari: simbolo di un’Italia che punta sull’eccellenza e sul lusso, invece che sulla produzione di massa. Per dire: il nuovo modello Ferrari, “Monza”, già in produzione in meno di cinquecento esemplari, costerà 1,5 milioni di euro. Quanti possono permetterselo? Henry Ford diceva che voleva produrre solo auto che i suoi operai potessero comprare. Gli operai di Maranello, un’aristocrazia delle “tute blu”, pur essendo ben pagati, non potranno mai comprarsi quelle macchine rosse destinate invece a ricchi di tutto il mondo. Che saranno pochi, ma — questa la scommessa di Maranello — sono abbastanza da far volare il Cavallino. n
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MUSICA
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IL CORO DELLA CAPPELLA SISTINA; NELLA PAGINA SEGUENTE: I GIOVANI CANTORI CON PAPA FRANCESCO
CANTI CELESTIALI
Le voci bianche della Cappella musicale pontificia sono il coro personale del papa. Ma anche sull’antichissima istituzione oggi si abbattono scandali e inchieste giudiziarie di Sabina Castelfranco
Foto: Cappella Pontificia Sistina
È
il più antico coro del mondo ancora in attività. «Fu papa Gregorio, nel 597, a volere che i monaci inviati a evangelizzare l’Inghilterra fossero accompagnati anche da cantori, conscio che la musica riesce a comunicare ben oltre la parola», spiega monsignor Massimo Palombella, attuale direttore della Cappella musicale pontificia. Oltre agli adulti, tutti professionisti, ne fanno parte trentacinque giovanissimi, scelti attraverso una selezione che prevede ogni anno circa 700 audizioni. A differenza degli adulti, selezionati attraverso concorsi internazionali, i Pueri cantores sono reclutati principalmente tra le scuole e le parrocchie della capitale. Giocano, scherzano, ridono,
come tutti i loro coetanei, ma studiano anche, e molto. «Oltre a seguire il regolare curriculum scolastico, questi ragazzi arrivano a fare due ore e mezza, anche tre ore di musica al giorno, una delle quali insieme agli adulti», dice Palombella. Sono accolti nella Schola puerorum, in via Monte della Farina, nel centro di Roma, che frequentano dalla terza elementare alla terza media. È una scuola legalmente riconosciuta dallo Stato italiano per le tre classi elementari e paritaria per le tre delle medie. La Santa Sede offre ad ogni ragazzo della Cappella Musicale una borsa di studio che include le rate scolastiche e i libri di testo. Un’opportunità aperta a chiunque, a prescindere dalle condizioni economiche e dalla nazionalità. ►
voci bianche treble voices si abbattono are striking inchieste giudiziarie investigations ben oltre well beyond prevede involves parrocchie parishes coetanei peers frequentano go to paritaria chartered borsa di studio scholarship rate fees a prescindere dalle regardless of
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scuola dell’obbligo compulsory schooling visto che given that fiero proud subiscono undergo brano piece si esibisce performs inaugurazione inauguration allestita organised introiti income gestione management proventi proceeds fondi neri slush funds smentiscono deny infanzia childhood consapevoli aware
Nel 1471 papa Sisto IV riorganizzò l’istituzione, facendola diventare il coro personale del successore di Pietro. Tutti i giorni questi ragazzi partecipano alle loro regolari lezioni scolastiche, come qualunque altro studente della scuola dell’obbligo, ma a differenza dei loro coetanei, accanto alle comuni lezioni studiano quotidianamente anche teoria musicale, tecnica vocale, solfeggio e pianoforte: uno studio che richiede tanta tenacia, costanza e volontà. Eppure questi ragazzi non si lamentano mai della fatica perché si sentono onorati e privilegiati, visto che cantano in tutte le più importanti cerimonie dei papi. Molti di loro ricordano con emozione il primo incontro con un pontefice verso il quale hanno ammirazione e rispetto e che, al tempo stesso, vogliono rendere fiero del loro cantare.
la moda e l’immaginazione cattolica. Ha anche cantato a Buckingham Palace per la Regina d’Inghilterra. Ed è proprio su questi viaggi, e sugli introiti dei concerti, che si sono recentemente abbattute delle polemiche su Palombella e sul direttore amministrativo del coro, Michelangelo Nardella. Il Promotore di giustizia d’Oltretevere sta infatti indagando su quelle che potrebbero essere delle irregolarità nella gestione dei proventi dei concerti. Accuse di conti paralleli e fondi neri che i due interessati smentiscono categoricamente. La posizione di Palombella — sacerdote salesiano, diplomato al Conservatorio di Torino e nominato all’attuale incarico il 16 ottobre 2010 da Papa Benedetto XVI — è a rischio.
Il fatto che il coro sia esclusivamente maschile non è anacronistico, spiega Palombella, bensì una questione di «pertinenza estetica», visto il repertorio quasi esclusivamente rinascimentale. «Nel Rinascimento le donne non cantavano e noi in modo quasi monografico trattiamo solo questa musica, fatta per falsettisti e bambini. Nel bambino c’è un lento cambiare Tornando alle voci bianche, è bello sentire della voce, le bambine non subiscono lo come questi ragazzi, inclusi i non pochi stesso cambiamento». che hanno iniziato da piccoli con nessuna o pochissime nozioni di musica, si sentano Nessuna «preclusione culturale» quindi, ispirati dal cantare sotto lo sguardo dei assicura Palombella, tanto che nel personaggi che popolano il Giudizio 2017, quando i coristi hanno inciso il Universale di Michelangelo nella Cappella loro terzo cd — Veni Domine (Deutsche Sistina in Vaticano. La loro più grande Grammophon), un’antologia sul Natale dal paura resta comunque il momento in cui canto gregoriano al Rinascimento maturo cambieranno la voce, quando passeranno — hanno chiamato la mezzosoprano Cecilia dall’infanzia all’età adulta. Sono tutti ben Bartoli a interpretare un brano. consapevoli che quello sarà il momento in cui non potranno più continuare a stare Oltre che in Vaticano, il coro si esibisce tra le voci bianche. E chissà poi se un spesso all’estero. Quest’anno, ad esempio, è giorno, come è già successo in passato, stato al Metropolitan Museum di New York non ritorneranno a cantare per il papa, per l’inaugurazione della mostra allestita sotto le volte celesti, nel coro composto al Costume Institute dal titolo: Corpi celesti: dagli adulti. n 22
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15-16 A VIVA VOCE
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DOMENICHE TRA COMPERE E FAMIGLIA
Le proposte di legge per ridurre l’apertura degli esercizi commerciali nei giorni festivi fanno molto discutere a cura della redazione
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assare la domenica a casa, organizzando un pranzo con nonni e nipoti, o nei centri commerciali a guardare le vetrine e fare compere? Ci sono ben quattro proposte di legge all’esame del parlamento per rivedere l’apertura dei negozi nei giorni di festa. Tutte prevedono delle eccezioni, il più delle volte per le zone turistiche o per i periodi particolarmente “caldi” per gli acquisti, come le settimane prenatalizie. Proposte che hanno creato un vivace dibattito tra chi è a favore di una normativa più rigida e chi invece considera le nuove regole un’ingerenza nella libertà dei privati di scegliere quando e quanto
lavorare, oltre a considerarle anacronistiche. Tutti hanno qualcosa da dire e, in queste pagine, ve lo facciamo sentire “A viva voce”, nella nostra rubrica dedicata all’opinione delle persone su un determinato tema che, oltre a essere spesso interessante, è un ottimo modo per esercitare la comprensione dell’italiano ascoltando la lingua parlata per strada: “sporca”, con qualche errore, con intonazioni dialettali. Il commercio in Italia è un settore attualmente piuttosto liberalizzato: dal 1999 sono state abolite le licenze e dal 2011 è stata consentita, ai commercianti che lo vogliano, l’apertura durante le domeniche e nei giorni festivi. ►
compere shopping esercizi commerciali places of business giorni festivi non-working days centri commerciali shopping malls vetrine shop windows prevedono include acquisti purchases prenatalizie before Christmas normativa regulation ingerenza interference
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In pochi anni sono cambiate le abitudini di spesa e oggi si calcola che ogni domenica siano 12 milioni i cittadini che fanno acquisti. Lavorano nei festivi quasi 5 milioni di italiani, ma la maggior parte non sarebbe toccata dalle nuove norme, che non si applicheranno a chi lavora negli alberghi e nei ristoranti, nei musei e nella sanità, solo per fare alcuni esempi. Le nuove regole, se approvate, avrebbero effetto principalmente per i 500mila lavoratori nella grande distribuzione: centri commerciali (ormai arrivati a quota 792, sparsi sul territorio nazionale), supermercati e ipermercati.
a quota at quota sparsi scattered provvedimenti measures migliaia thousands posti di lavoro jobs catena chain obbligare obliging in rete on line gestiti run affiancati flanked (lit.) /backed sindacati trade unions appoggiano support a fronte del in the face of neo-assunti newly employed casa-famiglia foster home paga pay manca (it) is missing assieme a together with comodi convenient ci stiamo lasciando we are allowing ourselves prendere to be caught up frenesia frenzy trascuriamo neglect basta it is enough si tratta di it is all about appunto in fact farsi un giro get out and about ‘ando vai (dove vai) where can you go impedire preventing pastarelle pastries Capodanno new year Pasqua Easter feste comandate major holidays 24
Molti hanno sottolineato come simili provvedimenti mettano a rischio migliaia di posti di lavoro (fino a 50mila ha detto Francesco Pugliese, il direttore di una nota catena di supermercati e ipermercati). C’è chi ha sottolineato come obbligare i negozi a chiudere nei giorni festivi favorirebbe solo il commercio in rete, un settore già in notevole espansione e, dicono molti, il vero concorrente tanto dei piccoli negozi tradizionali quanto delle grandi catene di distribuzione. Dal 2012 a oggi si valuta che abbia chiuso l’1,9 per cento dei piccoli esercizi gestiti da commercianti che non hanno le forze per rimanere aperti 7 giorni su 7. I loro rappresentanti sono ovviamente favorevoli alle nuove regole; affiancati dai maggiori sindacati che, anche se cautamente, appoggiano un ritorno alle domeniche senza compere perché i lavoratori non sono sufficientemente tutelati a fronte del maggiore impegno richiesto. I giovani neo-assunti, magari a tempo determinato, non possono infatti rifiutarsi di lavorare la domenica, mentre chi ha un contratto a tempo indeterminato ha qualche possibilità in più di negoziare il giorno di riposo durante il fine settimana. E se la domenica è il “giorno di Dio”, oltre che della famiglia, ecco che nel dibattito è intervenuta anche la Chiesa per bocca dell’arcivescovo di Campobasso, monsignor Giancarlo Maria Bregantini, che
ricorda come «fu Costantino a introdurre, nel lontano 321, il riposo festivo». Insomma, tanti pro e tanti contro. Ma sentiamo direttamente l’opinione di alcuni cittadini e commercianti.
LUCIA
Campobasso Mi chiamo Lucia, vengo da Campobasso. Io sono la responsabile di una casa-famiglia. Mah, se si devono perdere posti di lavoro è meglio tenere i negozi aperti. Altrimenti possono anche essere chiusi. Però, per la gente che lavora, capisco che è necessario avere anche i negozi aperti la domenica.
MARCO
Roma Mi chiamo Marco, vengo da Roma, ho 27 anni e lavoro nel retail. Viviamo in un sistema capitalistico, quindi penso che sia veramente anacronistico pensare che la domenica si possa restare chiusi, perché comunque ce lo chiedono. Non c’è in questo momento un’idea di sistema al di fuori del sistema capitalistico e quindi siamo portati a consumare, siamo portati [a volere, ndr] che sia tutto aperto 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Adesso in Italia hanno aperto i supermercati 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Il problema è che a noi mancano dei diritti, ecco. Possiamo restare aperti la domenica? D’accordissimo! Però diamo dei diritti a dei lavoratori, diamo una paga superiore ai lavoratori, diamo una paga base superiore a quella che è. La domenica a me pagano il 30 per cento in più, sono 3 euro, 4 euro in più a domenica. Per 3-4 euro preferirei rimanere a casa.
MARIA CARLA
Roma Io mi chiamo Maria Carla Feola, ho 28 anni e sono a favore della chiusura dei negozi la domenica, in modo che anche i dipendenti dei supermercati o di altri negozi possano stare con la famiglia, la propria famiglia. Manca il pranzo domenicale assieme a tutti i componenti della famiglia e quindi si perde
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un po’ l’attaccamento, anche il legame tra i membri della stessa famiglia. Quindi non ci si vede più… si tende a perdere il rapporto. Io vivo qui a Roma e studio economia.
MONIA
Bari [Mi chiamo, ndr] Monia Pinzaglia, e sono un programmatore informatico di Bari. Io sono un po’ contraria, lo so che sono comodi per chi non ha tempo gli altri giorni. Però prima ce la facevamo e la domenica sarebbe bello recuperare un giorno da trascorrere con la famiglia, perché ci stiamo lasciando un po’ troppo prendere dalla frenesia del mondo e trascuriamo quelli che sono [i momenti, ndr] i più importanti per noi. Poi molti dicono “Basta un giorno di festa singolo nella settimana”… Ma se facciamo ognuno un suo [proprio, ndr] giorno di riposo comunque non siamo uniti. Per cui la domenica a casa con le famiglie!
NICCOLÒ
Verona Son Niccolò, lavoro come cuoco e sono di Verona. Non sono contro l’apertura dei locali la domenica perché comunque si tratta di lavoro. Perché ho un lavoro [che, ndr] è la mia passione e anche se mi chiedi di lavorare la domenica non faccio problemi. Ho sempre lavorato la domenica: pasticceria, ristoranti. Son tutti locali appunto per la gente che, stando a casa la domenica, vuole farsi un giro. Se stiamo tutti a casa… ma ‘ando vai?
Foto: MikeDotta; Venturelli Luca / Shutterstock.com
RAFFAELLA
Padova Mi chiamo Raffaella Roiatti, sono una traduttrice, una libera professionista. Sono nata a Padova. Io sono assolutamente a favore della… delle aperture domenicali, diciamo, non vedo perché si possa decidere dall’esterno se i negozi possono aprire o chiudere. Certamente il lavoro… chi lavora deve essere tutelato a livello di condizioni di lavoro. Però poi, impedire ai negozi di aprire la domenica mi sembra una misura completamente ingiustificata, soprattutto in questa epoca.
SARA
Roma Io mi chiamo Sara, ho 31 anni. Sono la responsabile di un negozio, quindi per me non c’è problema. Ho sempre lavorato durante i festivi, la domenica inclusa, quindi per me è assolutamente indifferente che siano aperti o chiusi. Credo che in Italia sicuramente c’è [ci sia, ndr] bisogno di ritrovarsi, di ritrovarsi con gli affetti. Nello specifico, non essendo madre di famiglia forse posso capire un po’ meno questo tipo di problematica. Diversamente, ragionerei in altri termini. Quindi sono aperta a tutte le opzioni, e rispetto tutti, le esigenze di tutti.
I CENTRI COMMERCIALI SONO FREQUENTATI, DURANTE I GIORNI FESTIVI, DA 5 MILIONI DI ITALIANI
VALENTINA
Roma Io sono Valentina, sono di Roma, sono commerciante. Sono, diciamo, a favore agli esercizi aperti la domenica, perché la domenica ormai è diventato un giorno come un altro. È vero le pastarelle, la domenica, i nonni… sono belli però oggi ce ne sono sempre di meno, quindi non è proprio così. Quello su cui io farei attenzione sono le feste, magari le feste sì… Tipo il Natale, Capodanno, la Pasqua, insomma quelle feste comandate che è giusto stare in famiglia, lì sono favorevole alla chiusura, per tutti. n 25
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IL DIALOGO
ALLA CASSA Grazie signora, il totale è 75 euro. Bancomat o carta? Carta, grazie. Però… aspetti… Sì, vedo che queste scarpe sono ancora in saldo... potrei prenderle per mio figlio. C’è il 43? È fortunata, lo abbiamo ancora, sono una vera occasione, stanno andando a ruba E magari, visto che ci siamo quasi, aspetto e le metto sotto l’albero di Natale. Potrebbe farmi un pacco regalo? 9
Mi dispiace non abbiamo la carta, ma posso metterle in una busta con un fiocchetto
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Va bene, grazie
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Ecco a lei e tenga lo scontrino nel caso di un eventuale cambio
10 cliente customer 11 buste di carta paper bags 12 vetrina shop wndow
13 promozioni bargains 14 saldi sales 15 offerte special offers
cassa till | in saldo in the sale | potrei I could | occasione bargain stanno andando a ruba they are going by theft (lit.) / flying off the shelves magari possibly | visto che seeing as | ci siamo quasi we are nearly there [Christmas] | pacco regalo gift pack | carta paper | fiocchetto bow tenga keep | scontrino receipt | cambio change 27
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L'INTERVISTA
SARA MODIGLIANI E LA MUSICA POPOLARE
I canti d’amore e quelli del lavoro, nei campi o in fabbrica, oggi rappresentano dei documenti storici capaci ancora di emozionare
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el 1973 uscì, per l’etichetta “I Dischi del Sole”, Quando nascesti tune, (Quando nascesti tu) primo lavoro del Nuovo Canzoniere del Lazio. Il gruppo musicale — composto da Piero Brega, Carlo Siliotto, Francesco Giannattasio e Sara Modigliani — si era formato un anno prima con l’intento di suonare, e mantenere vivo, il repertorio popolare raccolto da vari studiosi, fra cui Sandro Portelli, americanista ed esperto di storia orale.
e in Umbria — per documentare il grande patrimonio costituito dai canti contadini, di lavoro, politici, di protesta. Ne parliamo con Sara Modigliani, grande interprete del Canzoniere. intervista di Marita Bartolazzi
Sara Modigliani, cominciamo col dare una definizione di musica popolare... Sì. Il concetto di musica popolare, soprattutto per gli italiani, non è molto chiaro. La maggior parte della gente pensa alla musica popolare come al folklore, il folklore Erano anni in cui etnomusicologi, tradizionale, i canti di montagna, e le cose antropologi, musicisti di formazione popolare delle sagre popolari. e di formazione classica si dedicavano a In realtà la musica popolare è un universo ricerche sul campo — soprattutto nel Lazio culturale che si riferisce a tutto l’arco della
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vita di intere popolazioni, perché è un tipo di canto che esce spontaneamente dai tempi dei tempi per descrivere e commentare la vita, in generale. E quindi anche i fatti politici, i fatti sociali, ma anche le nascite, anche la quotidianità, il lavoro, l’amore, la protesta... qualsiasi attività umana è stata espressa attraverso canti, che siccome non hanno proprietari perché non si sa assolutamente chi, e quando, li ha composti, viene definita popolare. Quindi popolare perché viene dal popolo? La parola popolare è ambigua perché popolare può voler dire “molto diffusa”, una cosa molto popolare è una cosa conosciuta da tutti. In questo caso popolare è la provenienza: viene da una fonte che è il popolo. Quindi è un altro aspetto della parola popolare. E quindi diciamo che è un modo di esprimere, con la voce, perché nasce come canto, poi il fatto di venir accompagnata è un in più, è un arricchimento che avvolge le parole a seconda della zona dell'Italia, a seconda degli strumenti che si usano in quella zona dell'Italia. Com’è iniziata la riscoperta di questi canti? Diciamo che la ricerca più seria, più importante sui canti popolari italiani è iniziata grazie a un grandissimo studioso, americano, che si chiamava Alan Lomax, che verso la fine degli anni Cinquanta è venuto in Italia e ha fatto delle registrazioni a tappeto, ma soprattutto al sud, creando una situazione di grandissimo interesse tra i musicologi italiani. Ancora non esisteva proprio l’etnomusicologia. È nata dopo queste ricerche di Alan Lomax, che poi è stato affiancato da ricercatori italiani e da allora, fine anni Cinquanta inizio anni Sessanta, è iniziato questo grandissimo interesse per la musica popolare, ma come specchio della cultura popolare. Cioè ci si è cominciati ad
accorgere, a prendere in considerazione tutto un mondo culturale che è quel mondo culturale che non va sui libri di storia, ma se tu senti un canto dei primi dell'Ottocento, popolare, che parla della disperazione di chi deve partire perché arruolato a forza, e deve andare a combattere nell'esercito di Napoleone, tu ti rendi conto di quanto la storia è viva nella vita delle persone. La persona che ha inventato questo canto era una persona disperata di dover partire e lasciare la famiglia per dover andare a combattere, non si sa chi, non si sa per cosa. Questa espressività, così, così viva, così quotidiana ed è un modo questo di leggere anche la storia dal basso che è una cosa fondamentale, perché la storia non è solo quella dei libri di storia, la storia è fatta dalle persone. Parliamo del Canzoniere del Lazio: come avete iniziato? E perché? Sì, c'è stata questa operazione che è stata definita con una definizione che a me non piace molto, che è folk revival, no?. Quando Sandro Portelli — che per me è la persona di riferimento per le registrazioni dei canti popolari del Lazio e del Centro Italia ►
etichetta label raccolto collected si dedicavano dedicated contadini peasants interprete performer sagre popolari folk festivals dai tempi dei tempi from a long time ago proprietari owners (lit.) / lyric writers and composers popolo people fonte source un in più an extra avvolge envelops a seconda della according to riscoperta rediscovery studioso academic verso towards registrazioni recordings a tappeto on the carpet (lit.) / wall to wall è stato affiancato joined ricercatori researchers accorgere to notice arruolato recruited a forza by force ti rendi conto you realise
SARA MODIGLIANI; A SINISTRA: LA CANTANTE-RICERCATRICE, CON LA CHITARRA AL CENTRO DEL CORO
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decine e decine tens and tens (lit.) / dozens ninna nanna lullaby mietitura harvest restituzione restitution in prestito on loan inquadri frame / put in a category filone genre abbiamo messo su we put together in giro around stavano fiorendo they were flowering /appearing si occupava worked with seguito followers eravate accolti were you received organetto accordion tamburello tambourine ci mettevamo a we started addirittura even gare contests terzine tercets contese contests capiterà will come up cori choirs eravamo appoggiati we leaned c'ho I have got there a memoria off by heart tra l'altro besides affiatamento chemistry / cohesion intanto meanwhile guai troubles gomito a gomito elbow to elbow (lit.) / shoulder to shoulder
— [che, ndr] aveva un materiale enorme — decine e decine di ore di registrazione di canti popolari che andavano dalla ninna nanna al canto di lavoro, dalla serenata alla canzone d'amore, il canto di mietitura, un po' di tutto — ha cominciato a sentire l'esigenza della restituzione, questo è stato il meccanismo. Le [Alle, ndr] persone a cui noi abbiamo, non dico rubato, ma da cui sono stati presi in prestito questi canti, glielo vogliamo far sapere che sono una cosa preziosa, perché loro non lo sanno e ancora è così: se tu vai a registrare e ti accorgi che una persona ti canta una cosa che a te sembra meravigliosa, che tu inquadri perché fa parte di un filone di etnomusicologia che è un discorso intellettuale, quella persona non solo non lo sa, ma non gliene importa proprio niente della collocazione accademica di quello che sta cantando. E quindi abbiamo messo su questo gruppo che si chiamava il Canzoniere del Lazio per portare in giro i canti popolari del Lazio che erano stati registrati. Nello stesso tempo, più o meno, in ogni regione stavano fiorendo i vari Canzonieri, contemporaneamente c'era il Canzoniere di Mantova, il Canzoniere Veneto, il Canzoniere internazionale che era un canzoniere Toscano, la Nuova Compagnia di Canto Popolare che si occupava dei canti napoletani: c'è stato un fermento enorme — questo tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta — di recupero e di diffusione, e di restituzione di questi canti popolari E il pubblico vi seguiva? Il Canzoniere del Lazio aveva molto seguito, perché è stato uno dei primi gruppi a riportare queste canzoni. E cosa succedeva, come eravate accolti quando da Roma tornavate nei piccoli paesi, nelle campagne, dove la gente vi aveva “prestato” i suoi canti? Quando tornavamo nei paesi… la gente non sapeva… vedeva arrivare dei gruppi,
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delle persone — noi arrivavamo con la chitarra, l'organetto, il tamburello — e già questo fatto di vederci arrivare con i loro strumenti gli sembrava strano, perché pensavano: «Un gruppo che viene da Roma porterà le cose moderne». In più noi poi ci mettevamo a cantare i loro canti e vedevamo la trasformazione nelle loro facce di quelli che pensavano: «Ma allora siamo importanti», cioè, «Ma allora queste cose, se loro ce le vengono addirittura a riportare, allora contano!». C’è qualcosa che l'ha colpita particolarmente di quell’esperienza? Io ho scoperto una cosa meravigliosa che è l'improvvisazione nel mondo popolare, cosa che noi non sappiamo assolutamente fare perché ho capito, girando nei paesi, che l'improvvisazione cresce, cresce insieme ai bambini: cioè quelli che sanno improvvisare è perché hanno cominciato a imparare a sei, sette anni seguendo i poeti che andavano a fare le gare. Cosa sono queste gare? Le gare di improvvisazione sono una delle cose più difficili che io ho (abbia, ndr) mai visto in vita mia, sono l'eredità di Ariosto e Tasso, sono improvvisazioni in endecasillabi in ottava rima. Bellissime... Diciamo gli endecasillabi sono quelli che usa Dante nella Divina Commedia però Dante li usa in terzine, sempre; invece gli improvvisatori popolari, soprattutto del Lazio, fanno otto versi endecasillabi con uno schema metrico precisissimo, e non cambiano mai, però devono cambiare l'argomento e fanno delle contese, proprio. L'argomento della contesa lo dà il pubblico, che vuol dire che loro non sanno di che cosa parleranno. Ma quando il pubblico gli dà l'argomento, si dividono in due squadre, e una squadra deve sostenere una parte, una squadra deve sostenere l'altra parte, non sanno mai che cosa gli capiterà, ma riescono a improvvisare. Queste cose poi si sono diffuse in diversi cori e in diverse scuole... Tanto per
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citarne una, la scuola di Testaccio, che poi si collega anche al lavoro di un’altra grande interprete della musica popolare, Giovanna Marini. E al suo. Quando ha iniziato a insegnare questi canti? Io, i miei primi passi li ho fatti con Giovanna Marini perché quando ho cominciato a cantare con il Canzoniere del Lazio eravamo appoggiati a lei. Quando lei faceva i suoi concerti ci apriva una finestra e diceva al pubblico: «Adesso vi faccio sentire un gruppo, nuovo. Sono quattro ragazzi romani. Si chiama il Canzoniere del Lazio». Quando ha iniziato a insegnare questi canti? Per me il fatto di trasmettere questi canti è venuto abbastanza recentemente. Saranno dieci o dodici anni che io, a un certo punto, ho pensato che in testa c'ho talmente tante canzoni — e mi sono resa conto che io ne so a memoria quasi 200 — che ho pensato: ma perché non trasmettere, non insegnarle? Tra l'altro sono meccanismi didattici assolutamente spontanei e utili socialmente perché io mi sono accorta che [in, ndr] tutti i gruppi che si formano nei cori si creano delle situazioni di grandissimo affetto… Non
IL PRIMO DISCO DEL CANZONIERE DEL LAZIO; SOPRA UN CAMPO DI GRANO DOPO LA MIETITURA; NELLA PAGINA SUCCESSIVA IL PAESE LAZIALE DI FIUGGI
è un caso che la parola “affiatamento” viene dalla musica che (e, ndr) vuol dire proprio respirare insieme, affiatarsi. E cantare insieme è una cosa che fa bene, in qualsiasi tipo di coro, fa bene umanamente, fa bene fisicamente: io vedo tutte queste persone dopo un'ora, un'ora e mezzo di cantare insieme — intanto per un'ora, un'ora e mezza non hai pensato a tutti i tuoi guai, a tutti i tuoi problemi, a quello che c'è nella vita quotidiana — e, gomito a gomito, ti guardi negli occhi, respiri insieme a un'altra persona e impari ► 31
delle cose che ti piacciono. E non solo, ma trasmetti un patrimonio: è un repertorio che sennò si perde, completamente. I canti popolari però avevano anche una funzione precisa... Esattamente, i canti nascevano perché servivano a qualcosa. Per esempio i canti di lavoro, si lavorava cantando. Perché? Per due ragioni: per non sentire la fatica, ma soprattutto per darsi il ritmo. Avete mai avuto idea dei battipali veneziani che, siccome battevano a ritmo i pali — i pali per fare proprio le fondamenta di Venezia — cantavano per darsi il ritmo e per poter dare il colpo tutti insieme; ma anche la raccolta delle olive: la raccolta delle olive si fa quando fa freddo e quindi il canto è molto veloce; oppure il canto di mietitura che invece deve essere un canto molto lento perché la falce si deve muovere lentamente perché è pericolosa sennò ti tagli le gambe, mi diceva la signora che mi ha insegnato.
sennò if not battipali pile drivers pali piles falce sickle rivendicazione demands / grievances rivolgere to address ho strillato screamed urlato shouted padrone boss paga pay covoni sheaves / ricks si sciolgono undo nozze wedding talamo marriage bed catenelle chains nodo knot 32
E adesso? Queste funzioni non ci sono più adesso, non si lavora più cantando, si ascolta della musica lavorando, ma è una cosa completamente diversa, è diventato intrattenimento. La funzione non c'è più e, come dice Giovanna Marini, siccome non c'è più quella funzione, quello che noi possiamo — e dobbiamo — riferire e riportare è l'emozione, l'emozione di queste cose, l'impressione, che cosa ti lascia. Io la prima volta che ho sentito un canto di lavoro, e adesso ve ne faccio sentire un pezzettino, sono rimasta molto impressionata perché, ecco, il canto di lavoro oltre a dare il ritmo del lavoro, aveva un senso molto importante di rivendicazione, di cose da chiedere a un padrone al quale non ci si poteva rivolgere normalmente, ma cantando sì; oppure, stesso meccanismo, a un amore che sta nell'altro campo, una fidanzata o un fidanzato, a cui si possono dire delle cose che normalmente non si potevano dire perché era sconveniente. E allora per esempio:
E lo mio amore sta in campagna a mete e me le riporta le mele moscate... Questo è un classico “canto a stesa”, perché veniva cantato — adesso io non ho strillato tanto — perché dev’essere molto lento, molto urlato, sia per il lavoro — questo è un canto di mietitura — sia perché lo doveva sentire la persona che stava nell’altro campo. E doveva rispondere con la stessa lentezza, e la stessa forza.
E se lo padrone non me da’ lo cacio e io li manocchi glieli lego a bucio... Che vuol dire: se il padrone non mi dà il formaggio, oltre alla paga — perché i mietitori avevano diritto anche al cibo, oltre alla paga — i manocchi, che sono i covoni, glieli lego male e quando lui li va a prendere gli si sciolgono. Questa è una rivendicazione di lavoro, quindi la funzione non c'è più e adesso i manocchi li legano giusti e non cantano più. Dal lavoro passiamo a una cosa diversa: le chiederei di chiudere con un canto d'amore… Sì benissimo... C'è un antichissimo canto d'amore toscano che cantavano le donne la notte di nozze mentre preparavano il talamo, il letto della sposa:
E cinquecento catenelle d'oro hanno legato lo tuo cuore al mio e l’hanno fatto tanto stretto il nodo che non si scioglierà né te né io, e l’hanno fatto un nodo tanto forte che non si scioglierà fino alla morte… n
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ARCHEOLOGIA
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ROMOLO E REMO, UNA STORIA VERA
Gli scavi confermano il mito della fondazione di Roma. Il racconto dei sette re rivive in una mostra ai Musei Capitolini di Federico Castelli Gattinara UNA VEDUTA DELLA PIAZZA DEL CAMPIDOGLIO, DOVE HANNO SEDE I MUSEI CAPITOLINI
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lungo si è ritenuto che la tradizionale data di nascita di Roma, il 21 aprile del 753 a.C., facesse parte del mito della città – che in realtà presenta insediamenti risalenti all’età del bronzo sia sul colle Palatino che nei dintorni – e che la città vera e propria, dopo un lungo periodo proto-urbano, si fosse formata solo nella prima metà del VI secolo a.C., all’epoca dei re Tarquini.
riscritto la storia dell’Urbe dall’XI secolo a.C. in poi. «All’inizio», racconta Carandini, «cercavamo tutt’altro sulla pendice settentrionale del Palatino, davanti alla Basilica di Massenzio: il sistema dei magazzini e mercati imperiali e le case dei consoli della tarda repubblica. Rinvenute queste strutture, siamo scesi ancora e abbiamo trovato grandi dimore ad atrio attribuibili alla famiglia reale dei Tarquini, databili intorno al 530 a.C. Siamo scesi ulteriormente e abbiamo incontrato, con grande sorpresa, un fossato, delle Gli scavi archeologici, condotti da trentatré mura e una porta che dalla metà del VI anni dall’Università la Sapienza di Roma e secolo risalivano fino all’VIII secolo a.C.». diretti prima da Andrea Carandini e oggi È la prova, secondo il grande archeologo, da Paolo Carafa, si sono rivelati tuttavia della corrispondenza con le fonti antiche un gigantesco archivio e, di fatto, hanno che parlano di Romolo, ►
si è ritenuto it was believed risalenti dating back dintorni surrounding areas vera e propria actual si sono rivelati have turned out to be tutt’altro something completely different pendice slope magazzini warehouses rinvenute found dimore residences fossato trench / moat
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LA ROMA MAI VISTA
UNA VETRINA DELLA MOSTRA E ALCUNI OGGETTI ESPOSTI; DA SINISTRA: TAZZA D'IMPASTO, BALSAMARIO D'ARGILLA E ASKOS AD ANELLO
aratro plough solco furrow essere varcato be crossed avvoltoi vultures benvolere endearment ira anger in pugno in hand circostanti surrounding segnò marked fiorire flowering (lit.) / ascendance collegi colleges avrebbe ripreso would resume radendo al suolo razing to the ground foce mouth
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Ai Musei Capitolini La Roma dei Re. Il racconto dell'Archeologia, prima di una serie di mostre dedicate alla città attraverso le sue plurisecolari stratificazioni, testimonia le fasi più arcaiche di Roma, dal 1000 a.C. fino al fatidico 509 a.C., quando con la cacciata di Tarquinio il Superbo iniziò l’età repubblicana. Fino al 27 gennaio a Palazzo Caffarelli – e nell’area del Tempio di Giove – si dà conto di anni di ricerche e paziente lavoro di ricomposizione che hanno riportato in vita oltre 800 oggetti, per la maggior parte mai esposti, provenienti dai depositi o da scavi vecchi e nuovi. Curata da Isabella Damiani e Claudio Parisi Presicce, la mostra racconta vita, culti, costumi, commerci e strutture di una Roma arcaica ancora piuttosto ignota: l’abitato di fango e paglia prima, di legno e terracotta poi, che precede la città di pietra nata solo a partire dalla metà del VI secolo a.C. Il percorso dal VI secolo risale fino alle fasi più antiche, proto-urbane. La prima sezione è dedicata ai santuari e ai palazzi della Roma regia, con importanti
primo re di Roma, che con l’aratro traccia il “solco primigenio”, la linea su cui costruirà le sue mura a protezione del Palatino, quindi della città, delimitandone lo spazio e rendendolo sacro (non poteva essere varcato con le armi). Il mito riferisce della gara tra i due gemelli, Romolo e Remo, per stabilire a chi andasse il diritto di fondare la nuova città. In principio Remo crede di aver vinto, perché per primo vede sei avvoltoi, uccelli che annunciano il benvolere degli dei. Ma quasi nello stesso istante Romolo ne vede dodici, e ciò decreta la sua vittoria. L’ira spinge Remo a saltare, armi in pugno, il solco appena tracciato dal fratello, che lo
ricomposizioni di pezzi provenienti dagli scavi degli anni Trenta nell’area sacra di Sant’Omobono e da scavi più recenti, resi possibili grazie alle università della Calabria e del Michigan. I pezzi sono presentati in modo nuovo come nel caso del gruppo di Atena e Eracle che, già esposto ai Musei Capitolini, viene qui proposto nel timpano di un tempietto e affiancato da altri gruppi. Suggestive sono anche le cinque grandi volute in terracotta a coronamento dei tetti; i reperti e la storia dei riti sepolcrali (cremazioni, con i corredi miniaturizzati, inumazione, seppellimento dei neonati vicino alle abitazioni). Bellissimo e inedito è il plastico (4x4 metri) della
uccide pronunciando, secondo lo storico latino Tito Livio, queste parole: «Così d’ora in poi perisca chiunque varcherà le mie mura». I re di Roma sono sette: Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marcio e i re etruschi Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo. Romolo, il leggendario fondatore, fu colui che trasformò la proto-città – che con il tempo si era estesa su ben 250 ettari unendo il centro abitato del Palatino a quelli circostanti – in una vera e propria città, governata da un potere centrale, il re, e con un centro giuridico-sacrale, il Palatino. Più in generale l’VIII secolo a.C. segnò per
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Roma serviana di Lorenzo Quilici (1994), prestato dal Museo della Civiltà Romana purtroppo ancora chiuso. E ancora la storia degli scambi e dei commerci dall’Età del bronzo al periodo orientalizzante, con molto materiale proveniente dalla necropoli esquilina sterrata dal 1873 per costruirvi le abitazioni per i funzionari del neonato Regno d’Italia, gli indicatori di ruolo sia maschile che femminile, gli oggetti di lusso, i resti di armi e perfino di un carro, un importante scudo ricomposto. La mostra è realizzata in collaborazione con il Parco Archeologico del Colosseo e l’Università la Sapienza di Roma per i materiali di scavo dal Palatino e dalla collina Velia. si dà conto are being demonstrated provenienti coming | depositi storage abitato settlement | fango mud | paglia straw | risale goes back | affiancato flanked | volute scroll like ornamentation a coronamento crowning | corredi goods inedito unseen | plastico scale model sterrata disinterred
Foto: Lucian Milasan / Shutterstock.com
tutta la zona tirrenica centrale il fiorire delle grandi aristocrazie ricche, raffinate, aperte alla cultura ellenica della fase orientalizzante, che avrebbe trionfato il secolo successivo. La Roma romulea veniva celebrata in due importanti feste di fondazione, le Parilie e i Lupercalia (vedi il box), e nel santuario dedicato a Giove Feretrio eretto sul Campidoglio, il primo culto civico dei Romani. Numa Pompilio (715-673 a.C.), il secondo re, è una figura alquanto evanescente, ricordato specialmente per l’istituzione di diversi collegi sacerdotali e la riforma
del calendario (da alcune fonti sappiamo che avrebbe aggiunto due mesi, gennaio e febbraio, ai dieci istituiti da Romolo). Tullo Ostilio (673-642 a.C.) avrebbe ripreso la politica guerriera ed espansionistica di Romolo, radendo al suolo Alba Longa, la grande rivale di Roma, e vincendo sui popoli Latini, Sabini ed Etruschi. Anco Marcio (640-616 a.C.), nipote di Numa, continuò la politica religiosa del nonno, fondò Ostia, il grande porto di Roma alla foce del fiume Tevere, e conquistò molte città latine. Gli ultimi tre re, tutti di origine etrusca, governarono la città per quasi un secolo, secondo Tito Livio in modo dispotico e militaresco. Tarquinio Prisco (616-578 a.C.), ► 35
FESTE DI COMPLEANNO
IL GRUPPO DI ATENA ED ERACLE, RICOMPOSTO ED ESPOSTO NELLA MOSTRA LA ROMA DEI RE
oltre ad besides portato a termine completed prosciugamento draining rifondatore new founding father cinta muraria city walls rifacimento rebuilding venne cacciato he was thrown out basamento base
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oltre ad aver portato a termine imprese vittoriose contro Latini, Sabini ed Etruschi, fu il promotore di importanti riforme e grandi opere pubbliche, tra cui il prosciugamento del Foro con la Cloaca Massima e la costruzione del Circo Massimo. Servio Tullio (578-535 a.C.), il cui lungo regno segnò il definitivo consolidamento della città e dello Stato, venne considerato un rifondatore, un secondo Romolo. A lui infatti si devono sia la riforma della costituzione e dell’esercito sia una nuova e molto più ampia cinta muraria lunga quasi undici chilometri, di cui si conservano ancora dei tratti (ad esempio davanti alla stazione Termini), che in realtà appartengono al rifacimento di età repubblicana di due secoli dopo. Tarquinio il Superbo (534509 a.C.), l’ultimo re, figlio o nipote di Tarquinio Prisco, salì al trono uccidendo il suocero Servio Tullio, perseguitò i senatori e oppresse il popolo, tanto che nel 509 a.C. venne cacciato dalla città. Con lui Roma si rafforzò, e a lui si deve il completamento del gigantesco tempio di Giove, parte del cui basamento, dedicato alla triade Giove Ottimo Massimo, Giunone
Le Parilie, feste che cadevano il 21 aprile, il giorno del “Natale di Roma”, erano dedicate alla dea Pales. Erano un antichissimo capodanno pastorale dei popoli latini, legato al parto degli ovini, al consumo degli abbacchi e alla produzione del formaggio, con un valore purificatorio e insieme propiziatorio per i pastori, il bestiame e i campi, sia in campagna che in città. I Lupercalia, che si celebravano il 15 febbraio, consistevano in una corsa rituale attorno al muro del Palatino di giovani vestiti solo con un perizoma e muniti di fruste di pelle di capra, il cui contatto purificava la città e assicurava la fecondità delle donne. La festa evocava il passaggio dalla vita selvaggia a quella civile e urbana. cadevano fell / occurred | parto birth abbacchi lambs | pastori shepherds bestiame livestock | perizoma thong muniti equipped | fruste whips | capra goat selvaggia wild
e Minerva, è ancora visibile all’interno dei Musei Capitolini. Dopo di lui Roma fu una repubblica, governata per quasi 500 anni dalle sue istituzioni. n
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21-23 A TAVOLA E DINTORNI
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N.29, NOVEMBRE - DICEMBRE 2018
IL CLIMA NEL BICCHIERE
Effetti non previsti del riscaldamento globale: sale la gradazione del vino. E i produttori corrono ai ripari di Stefania Martorelli
Parmi, caro Pizzardo / l’autunno a venir tardo / con tal desio l’aspetto / e tanta smania in petto / ho di torre alle viti / gli acini coloriti. [Mi pare, caro Pizzardo, che l’autunno sia lento ad arrivare. Lo aspetto con tanto desiderio e ho nel cuore la grande voglia di togliere gli acini coloriti alle viti]
Q
uella che per il poeta mediceo Gabriello Chiabrera (15521638) era solo una sensazione, provocata dall’ansia di staccare dalla vite l’uva della vendemmia, oggi è realtà. Le estati si fanno più calde e più lunghe, le temperature salgono: secondo i dati dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, negli ultimi vent’anni la temperatura nelle
vigne italiane è aumentata di un 1,35 gradi centigradi contro 1 grado della media mondiale. Può sembrare una differenza irrilevante, ma gli effetti sulla viticoltura del nostro Paese sono già tangibili, soprattutto considerando che si tratta di una tendenza destinata ad accentuarsi. I risultati per ora sono vini dal contenuto alcolico più elevato, che vanno contro la richiesta del mercato. «È così», conferma Sandro Sangiorgi, esperto di vini ed editore della rivista di cultura enologica Porthos. «Nell’ultimo quinquennio in Italia si è fatto di tutto per alleggerire i vini. Si è passati da una richiesta di vini molto strutturati, molto alcolici, che ha caratterizzato il periodo iniziato dopo gli anni Ottanta (pensiamo ad esempio ai cosiddetti “Supertuscan”, come il celebre Sassicaia) a una fase che vede i produttori di vino fare di tutto per renderli più accessibili. Con qualche inevitabile caduta di gusto». ►
previsti expected corrono ai ripari try to fix things pare it seems acini (single) grapes viti vines staccare remove vendemmia grape harvest vigne vineyards media average si tratta it concerns tendenza tendency accentuarsi intensify alleggerire lighten cosiddetti so-called caduta di gusto loss of taste
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Una tendenza che si ritrova ad esempio nell’invito, da parte del consorzio produttori vini del Chianti, a bere il vino a una temperatura meno elevata, mai superiore ai 16 gradi. «L’estate è calda, il Chianti è fresco», è lo slogan che il consorzio ha lanciato qualche anno fa. Qual è stato l’impatto del cambiamento climatico sui vini toscani? «In Toscana i vini si sono generalmente ammorbiditi, perdendo buona parte del loro contenuto tannico (i tannini sono sostanze presenti nella buccia e nei vinaccioli dell’uva che contribuiscono alla struttura e al corpo dei vini rossi)», spiega Sangiorgi. «I produttori sono in bilico: per limitare il contenuto alcolico, quindi gli zuccheri, si anticipa ammorbiditi softened l’inizio della vendemmia ai primi di agosto, buccia peel se non addirittura a luglio. Ma gli aromi e vinaccioli grape pips and stalks i profumi non sono gli stessi di quelli che si corpo body ottengono con un’uva che ha avuto il tempo in bilico di svilupparli sulla pianta. E allora si ricorre balancing (on a fine line) sempre più alla tecnologia». si anticipa you bring forward addirittura even si ricorre you turn azienda winery vengono sorvolati are monitored in grado able di individuare to pick out annate years balzata (which has) leapt sfida challenge fa sì che makes so that (lit.) / means docente professor assistere witness riscatto redemption / salvation si sta verificando it is happening possiede owns quota altitude storcere il naso turn their noses up autoctoni local / native compiere carry out percorso route bollicine bubbles gas serra greenhouse gases finora to date ce la faremo will we manage
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Parliamo ad esempio della cosiddetta agricoltura di precisione, di cui l’azienda Marchesi Antinori rappresenta uno dei pionieri in Italia. I suoi 2mila ettari di vigneti nel Chianti vengono sorvolati ormai da qualche anno da droni in grado, tra l’altro, di individuare le aree più bisognose di irrigazione in annate particolarmente torride. L’impatto dell’aumento delle temperature è ancora più evidente sulla viticoltura della Sicilia, una terra balzata solo in tempi relativamente recenti sulla scena dei vini di qualità. «In una regione geograficamente più calda la crisi è già in atto. Produttori come Regaleali o Planeta nei decenni passati hanno lanciato la sfida di piantare vitigni destinati a climi più freddi, come lo Chardonnay, a 750-800 metri di altezza, compensando la latitudine con l’altitudine per consentire a queste uve di
mantenere caratteristiche simili a quelle della Borgogna, la regione francese di origine. Ma il territorio con queste peculiarità è limitato». Lo spostamento dei vitigni ad altitudini maggiori non è una pratica adottata solo in Sicilia, anzi. «L’aumento delle temperature in Europa occidentale e nel Mediterraneo fa sì che un vigneto, oggi, trovi le stesse condizioni di cent’anni fa, ma 250 metri più in alto e 200 chilometri di latitudine più a nord», ha affermato il meteorologo Luca Mercalli in uno dei sempre più frequenti congressi dedicati al tema dell’impatto del riscaldamento globale sulle nostre vigne. In pericolo, ha spiegato nella stessa occasione Attilio Scienza, docente di enologia all’Università di Milano, sono le viticolture lungo le coste, soprattutto nelle regioni meridionali, mentre si potrebbe assistere a un riscatto dell’Appennino. Anche in una regione settentrionale come il Trentino si sta già verificando un ritorno alla montagna: uno dei pionieri di questa corsa verso l’alto è Pojer & Sandri, un’azienda che nella regione possiede vigneti anche a 800 metri di altezza ed è fra le più all’avanguardia nella sperimentazione nel contrasto al cambiamento climatico. «Non basta però alzarsi di quota», ha detto Mario Pojer. «Servono nuovi vitigni che sappiano esprimere meglio il carattere dei luoghi montani». E se da una parte si guarda ai vini “ibridi”, prodotti dai genetisti (che dal punto di vista qualitativo fanno ancora storcere il naso a molti), i produttori
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riscoprono anche vitigni autoctoni, meglio adattati e quindi più resistenti – anche se meno “nobili” rispetto a Chardonnay e Pinot nero: Grillo, Catarratto, Aglianico, Negroamaro. Quello a cui assistiamo oggi non è un fenomeno nuovo. Nel Medioevo, tra il 900 e il 1300, in Europa le temperature si alzarono al punto che la viticoltura si spostò verso l’Inghilterra, arrivando fino in Scozia, durante quello che gli studiosi chiamano Little Climatic Optimum. «Nel 1200, l’ulivo cresceva nelle Langhe», dice Sangiorgi. In seguito, tra il XIV e il XVIII secolo, la tendenza si invertì: il vecchio continente fu attraversato da una piccola glaciazione che fece compiere alla viticoltura europea il percorso inverso, spostandone il centro verso la Champagne e consentendo la nascita delle bollicine più famose del mondo. Il cambiamento climatico attuale però non è un fenomeno naturale, ma è causato dall’industrializzazione e dall’emissione dei gas serra; e, finora, nulla fa immaginare
che le temperature globali possano tornare a diminuire. «La viticoltura, e quindi la nostra storia viticola europea, è sempre stata una storia di cambiamenti», ricorda Attilio Scienza. Ce la faremo, e ce la faranno i nostri vini ad adattarsi al futuro che ci aspetta? Parafrasando Lucio Battisti, che cantava “lo scopriremo solo vivendo”, noi lo scopriremo solo bevendo. n
UN VIGNETO IN ALTO ADIGE; A SINISTRA: LA VENDEMMIA AD ALBA, IN PIEMONTE; NELLA PAGINA PRECEDENTE: I VIGNETI DI QUARATE, NELLA ZONA DEL CHIANTI, IN TOSCANA
Foto: TDan74; Alexandre Rotenberg; Stefano Guidi / Shutterstock.com
QUESTIONE DI NASO Il naso è importante per gli
disgusto. Il naso ricorre spesso
programmazione, fidandosi
intenditori di vino, dato
in locuzioni idiomatiche. Ecco
del proprio intuito, mentre
che il profumo di un calice
qualche esempio. Se “avere
“sbatterci il naso” non è
ci può dire molto sul sapore
buon naso” vuol dire avere
positivo perché vuol dire
che poi si sentirà in bocca.
intuito, capire le cose prima
scoprire all’improvviso, e
Ma l’espressione “storcere
degli altri; quando qualcuno ti
con dolore, qualcosa che era
il naso”, usata in questo
“mena per il naso” non è una
evidente, ma alla quale non si
articolo, non si riferisce
bella cosa perché significa che
voleva credere. Infine, tra le
alla degustazione. Alla
ti sta prendendo in giro o
espressioni più usate, al punto
lettera, significa “girare il
ingannando. Chi “non vede
da essere diventata una parola
naso da un’altra parte”, ed
al di là del proprio naso” è un
sola, c’è “ficcare il naso”, cioè
è un modo figurato per dire
tipo gretto e ottuso, privo
essere invadenti e curiosi
“disapprovare”. Lo stesso
di lungimiranza; ma chi ha
delle faccende degli altri,
concetto si può esprimere
“il naso per aria” è sempre
ma anche un po’ pettegoli.
con “arricciare il naso”, ma
distratto. Andare “a lume
“Ficcanaso” è chi si dedica a
questa è una mossa più lieve
di naso” significa procedere
questa attività non simpatica
che denota anche un certo
senza elementi precisi e senza
ma… abbastanza diffusa!
intenditori connoisseur calice goblet | storcere twist (lit.) / turn up | girare to turn arricciare wrinkle | mossa movement | lieve delicate vuol dire means | mena pull | prendendo in giro making fun | ingannando misleading | al di là del beyond | gretto small minded | ottuso dull | privo without | lungimiranza farsightedness | a lume by the light | fidandosi trusting sbatterci bang | ficcare poke / stick in | invadenti invasive faccende affairs | pettegoli gossipy 39
ESERCIZI DI COMPRENSIONE
IL CLIMA NEL BICCHIERE Attività 1. Scegli se l’affermazione è vera o falsa
VERO FALSO
1. L’incremento della temperatura porta a un vino più alcolico
2. Il periodo della vendemmia è stato anticipato a causa delle piogge
3. Il mercato attuale ricerca vini abbastanza alcolici
4. L’Appennino sta diventando una buona regione per la coltivazione del vino
5. Al sud in prossimità del mare la viticoltura non avrà problemi
6. I vitigni locali possono rappresentare un’efficace risposta ai cambiamenti climatici
Attività 2. Completa le frasi con le seguenti parole (ci sono parole in più)
finora | si tratta | anticipare | in grado di | ricorrere | in bilico | verificarsi | autoctone | addirittura caduta di gusto | correre ai ripari | cosiddetta 1. La pianta, senza cedere, continuava a rimanere ______________ sul pendio della montagna. 2. È stata una vera e propria ______________ servire questo vino freddo: così facendo lo hanno rovinato. 3. Sarà necessario ______________ il raccolto di qualche mese, ______________ a luglio se necessario. 4. Questa estate non ha piovuto molto, bisogna ______________ e trovare una soluzione prima che sia tardi. 5. È necessario ______________ a piante ______________, resistenti e adatte a queste zone. Attività 3. Trova nel serpente di lettere le 6 parole legate al vino
seriareevitevolversimutesscvendemmiaomparirepastificioespandersialcunepastai viticolturaosotterraenologiarefobucciagliagrapivinaccioliantareestesurafar 1. studio e tecnica della produzione, conservazione, invecchiamento dei vini_________________________________ 2. strato, parte esterna, di un frutto__________________________________________________________________ 3. raccolta dell’uva, tempo della raccolta dell’uva_______________________________________________________ 4. semi contenuti nel chicco d’uva___________________________________________________________________ 5. pianta che produce l’uva________________________________________________________________________ 6. coltivazione dell’uva___________________________________________________________________________ 40
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ARCHITETTURA
N.29, NOVEMBRE - DICEMBRE 2018
ALVAR AALTO TRA IL FIUME E LA MONTAGNA
Le piacevoli commistioni della chiesa del borgo di Riola, unica opera italiana del grande architetto finlandese
L
di Roberta Carlini
a prima cosa che colpisce è il bianco, luminoso come la luce del mattino o come la neve che spesso ricopre queste terre. La seconda è lo spazio, che pare tanto ampio da poter accogliere una comunità ben più vasta di quella di Riola di Vergato, piccolo paese alle falde dell’Appennino emiliano. La terza è il portone, che ricorda più quello del capannone di una fabbrica che i portali delle chiese cattoliche italiane. Ma sono tante le suggestioni che suscita la chiesa di Santa Maria Assunta, gioiello
commistioni mixtures colpisce strikes (you) accogliere gather in falde slopes portone main door capannone warehouse suscita arouses
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LA NAVATA DELLA CHIESA DI ALVAR AALTO A RIOLA; UN MONUMENTO ALL'ARCHITETTO SCANDINAVO; NELLA PAGINA PRECEDENTE IL SAGRATO E IL CAMPANILE
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di architettura nordica nel cuore dell’Italia contadina e cattolica: unico edificio progettato in Italia da Alvar Aalto, e prima chiesa cristiana disegnata dall’architetto finlandese. La chiesa fu aperta ai fedeli nel 1978, ma i lavori, e la storia dello strano e felice innesto di un pezzo di Scandinavia in un tipico borgo italiano, erano iniziati molto tempo prima.
Bologna, Giacomo Lercaro, aveva visitato a Firenze, a palazzo Strozzi, una mostra dell’architetto finlandese e lo aveva personalmente incontrato. Va ricordato il particolare momento che la chiesa cattolica stava vivendo, con le innovazioni teologiche e culturali promosse dal Concilio Vaticano II che, tra le tante cose, portò anche a ripensare lo stesso disegno degli edifici di culto, includendo il popolo nella celebrazione e “girando” l’altare, in «Il sopralluogo fu fissato nell’inverno, modo che il prete si trovasse di fronte il 10 gennaio 1966. Tutta la popolazione alla gente, mentre prima celebrava la riolese si radunò per ricevere il Maestro messa dando le spalle ai fedeli. Lercaro alla testata sud del ponte, di fronte al propose ad Aalto di progettare una lotto scelto per l’edificazione. Nevicava chiesa in Italia: a dire il vero, l’arcivescovo fitto fitto e la strada era coperta di pensava alla sua Bologna, ma l’architetto quindici centimetri di neve…». Comincia espresse il desiderio di lavorare per così il racconto della prima visita di Alvar una chiesa di campagna, di esplorare, Aalto nel borgo di Riola. La penna è quella e rendere in opera, il rapporto tra sacro di Ottorino Gentilini, il geometra del e natura. Spuntò così la candidatura di paese che ha seguito sin dall’inizio i lavori Riola, comunità residente nell’Appennino, di costruzione della chiesa, trovandosi con non lontana dalla statale Porrettana che entusiasmo a lavorare a fianco del celebre fu la prima arteria a collegare Bologna architetto da lui chiamato “Maestro” (con con Firenze, e a ridosso della “linea la maiuscola). Ma come era arrivato Aalto gotica” che aveva diviso i due fronti della a Riola? Tutto era iniziato qualche anno Seconda guerra mondiale. I fedeli di Riola prima, quando l’allora arcivescovo di da tempo chiedevano una chiesa, dato
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Foto: Riccardo Bovina
che quella che avevano era insufficiente per una popolazione che all’epoca era in crescita, tanto che per anni le celebrazioni erano state ospitate nella sede della banca locale. Così, quando sentirono parlare della mostra di Firenze e dei colloqui tra Lercaro e Aalto, si fecero avanti. Sembrava una pazzia, ma — un po’ per l’ostinazione di un parroco particolarmente attivo, don Luigi Borri; un po’ per i contributi di una ricca famiglia locale; un po’ per il carattere delle genti dell’Appennino, abbastanza “tosto”; un po’ per una felice combinazione di eventi — la follia divenne realtà.
i quali sua moglie Elissa Aalto; fu proprio lei a dire, insistendo perché il progetto fosse completato integralmente, la frase che molti a Riola ricordano: «Una chiesa senza il campanile è come una faccia senza il naso».
Adesso, la faccia della chiesa di Santa Maria Assunta è visibile con il suo “naso”, e molti sono i turisti che arrivano per vederla. Provenendo dal paesino di Riola, sulla riva del fiume Reno, appena superato il ponte, ci si trova di fronte il complesso di marmo bianco di Carrara con cui è stata costruita la chiesa. Svetta la facciata, il Proseguiamo con il racconto di Gentilini cui profilo ricalca le tre cime dei monti della prima visita di Aalto a Riola, e che circondano la zona; poi compaiono della piccola folla che lo aspettava sotto un grande sagrato pedonale, dominato la neve. C’è a un certo punto un tratto dal campanile, e una casa canonica. involontariamente comico. «Si vide L’interno della chiesa è a una sola navata, una grossa auto imboccare il ponte e a pianta asimmetrica, dominato dalle allora i bambini, scolari in festa per il “vele”, le grandi arcate di cemento armato caso, si misero tutti a battere le mani e (che sono state costruite con la tecnica del sventolare le bandierine bianche, gialle prefabbricato, realizzate in un cantiere e azzurre». Possiamo immaginare la scena lungo lo stesso fiume Reno e poi portate a come in un film neorealista dell’Italia Riola come “trasporti eccezionali”: pesano che fu… Ma, sorpresa: «Trattavasi dalle 41 alle 60 tonnellate ciascuna). Le del tassista Guidoreni che transitava pareti sono bianche, e il bianco domina tranquillo. Si spensero subito gli evviva, ovunque, interrotto solo dal legno di rivolti all’intruso». Lieto fine: dopo un po’ faggio dei banchi e della croce collocata la macchina dell’architetto “vero” arrivò, dietro l’altare, una croce semplice, ripartirono gli “evviva” e lo sventolio di essenziale, senza il Cristo. A destra bandierine, sorrisi e strette di mano. Il dell’altare, leggermente più basso rispetto primo sopralluogo andò bene, anche se «la alla chiesa, c’è il battistero, con pareti di neve dava una visualità massima di venti vetro che danno direttamente sul fiume. metri». Il terreno prescelto era al bordo Un piano inclinato, un po’ sopraelevato del fiume. Si poteva cominciare. O quasi… rispetto all’area dove stanno i fedeli, perché in realtà, la storia della costruzione ospita la schola destinata all’organo e al del gioiello architettonico di Riola fu coro. Ma quello che rimane indescrivibile molto lunga e travagliata. Il progetto fu è la luce che inonda tutto: arriva da presentato nel dicembre 1966, ma i lavori grandi vetrate che, quando si sta nella iniziarono solo dieci anni dopo, e durarono chiesa, quasi non si vedono, poiché due anni: la chiesa fu aperta al pubblico sono aperte sopra gli archi di cemento nel 1978, ma il campanile fu completato che sorreggono la struttura; ma fanno solo nel 1994. Alvar Aalto non poté vedere piovere luce che va a rifrangersi sulle la fine dei lavori, dato che morì pochi pareti bianche, con un effetto considerato mesi dopo il loro inizio; la costruzione fu da tutti uno dei più grandi pregi della seguita dai suoi allievi e collaboratori, tra chiesa italiana di Aalto. n
contadina peasant (lit.) / rural innesto insertion sopralluogo survey si radunò gathered together testata end lotto lot / parcel of land fitto fitto thick thick (lit.) / very heavily geometra surveyor a fianco alongside allora then dando le spalle turning his shoulders (lit.) / back fedeli faithful / congregation spuntò appeared a ridosso close to si fecero avanti they put themselves forward parroco parish priest tosto tough imboccare accessing sventolare wave bandierine flags trattavasi it was rivolti aimed intruso intruder prescelto chosen al bordo on the banks travagliata troubled allievi students provenendo coming svetta stands out ricalca repeats circondano surround sagrato churchyard navata nave prefabbricato prefab elements cantiere building site faggio beech banchi pews sopraelevato raised inonda washes over vetrate large windows sorreggono support pregi merits
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L'EVENTO
COSA È VERO E COSA NO
Una mostra a Modena dedicata alle figurine pubblicitarie d’epoca, tra scienza e fantascienza. Da vedere per non credere a tutto di Arianna Di Genova
figurine pubblicitarie advertising picture cards spruzzo spray attentatore attacker malcapitata unfortunate è accaduto has happened poco oltre a little further along antenata ancestor roulotte caravan aspirapolvere vacuum cleaner bisnonne grandmothers scopa brushes dispositivo device elettrodomestici household appliances allestita put on rassegna exhibition / festival lente d’ingrandimento magnifying glass fonti sources 44
U
na donna passeggia tranquilla in strada, all’improvviso, viene colpita da uno spruzzo. All’apparenza sembra un innocuo scherzo, ma l’attentatore scappa, mentre alla malcapitata ragazza cresce una lunga barba con tanto di baffoni. Cosa le è accaduto? È stata centrata dalla potente acqua chinina, liquido considerato miracoloso a fine Ottocento per la ricrescita dei capelli e per la prevenzione della loro caduta. Poco oltre, una casaautomobile, antenata della nostra roulotte, passa davanti agli occhi di una coppia che, di spalle, la guarda sorpresa. Poi c’è il treno ad alta velocità — siamo intorno al 1897 — che promette di andare a cento chilometri al secondo e per farlo, viene catapultato nello spazio direttamente dalla bocca di un cannone che lo lancia fuori con un’energia supersonica. Fra le invenzioni altamente
desiderabili, c’è anche l’aspirapolvere delle nostre bisnonne: uno stumento che trasforma in modo molto rudimentale la scopa in un dispositivo automatico. È il 1899 e la strada che porterà agli elettrodomestici è ancora molto lunga. Queste sono solo alcune delle tante immagini pubblicitarie che compongono la mostra allestita al Museo della Figurina di Modena nella divertente rassegna Vero o falso? Le figurine sotto la lente d’ingrandimento della scienza a cura di Pleiadi Emilia (il duo Daniela Longo ed Erika Nerini), visitabile fino al 24 febbraio. La mostra è nata in occasione del Festival di filosofia, che si interrogava intorno al concetto di “verità” e alle sue possibili varianti, in un mondo dominato dal bombardamento di informazioni e dal caos delle fonti. In un’epoca in cui proliferano le “bufale”, false notizie lanciate su internet proprio
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Foto: Museo della Figurina di Modena
per disorientare la lettura della realtà o per manipolare l’opinione pubblica, questa esposizione non solo si propone di svelare alcuni semplici trucchi (il letto di chiodi del fachiro), ma va anche dritta al cuore del messaggio promozionale, seguendo la scia delle figurine del XIX secolo o dei primi del Novecento. Il percorso si sviluppa intorno a tre grandi temi: medicina, ambiente, alimentazione — e in questa sezione, per la gioia dei bambini, c’è anche molta cioccolata “prodigiosa”, in grado di guarire qualsiasi malattia. Non manca neanche la magia, dagli effetti speciali del cinema ai suoi
esordi — l’uomo che vola semplicemente perché viene “cancellata” una parte dell’inquadratura, l’indiano che galoppa, ma c’è uno steccato di legno a nascondere il cavallo meccanico — alle illusioni ottiche, per arrivare al sogno collettivo di un futuro galattico, dove tranquillamente si visita Marte. Per lasciare la terra in direzione del cielo, tutte le figurine indicavano come anno del traguardo proprio il 2000, il terzo millennio che stiamo vivendo. Qualche visione onirica oggi avveratasi? Sicuramente, gli automi al posto degli operai, alla catena di montaggio in fabbrica. ►
svelare reveal trucchi tricks chiodi nails scia trail percorso itinerary si sviluppa develops in grado di able to guarire cure non manca (it) is not missing inquadratura frame steccato fence traguardo objective avveratasi (which has) come true automi automatons / robots operai workers catena di montaggio assembly line
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QUI E NELLE PAGINE PRECEDENTI: VARIE IMMAGINI PUBBLICITARIE IN MOSTRA AL MUSEO DELLE FIGURINE DI MODENA
«Molte delle invenzioni che all’inizio del Novecento sembravano impossibili si sono poi avverate», raccontano le curatrici della mostra che parlano all’unisono. Qualche esempio? «Nelle figurine dell’epoca già si immaginava il foto-telefono, antesignano del nostro smartphone, o il postinovolante, che richiama la consegna a domicilio per mezzo di droni». E continuano entusiaste: «Queste immagini costituiscono un immenso patrimonio di memoria che ci ricorda invenzioni importantissime come il sistema radio di Marconi, la pastorizzazione e la nascita dei microscopi, che hanno permesso di compiere passi da gigante nel campo della medicina». Dopo una dettagliata consultazione dell’archivio del Museo alla ricerca di immagini che potessero convalidare o confutare la scienza, per la rassegna si è deciso di scegliere le pubblicità di alimenti e farmaci. «La prima domanda è stata: saranno reali i benefici dichiarati dalle figurine? ». Durante la visita alla mostra, il pubblico si rende conto che alcuni prodotti o rimedi antichi sono oggi considerati falsi miti, mentre altre sostanze sono rimaste “sempreverdi” e sono consigliate ancora oggi.
antesignano forerunner postino postman a domicilio to home passi da gigante gigantic steps inediti unheard of guantoni gloves omonima of the same name azienda business assieme ai together with raccolta collection era custodita was kept è stata donata was donated ha riallestita put (it) on display scrigno treasure chest bolli seals fiammiferi matches etichette labels svariati various si accostano approach (it) 46
Partire dal mondo alimentare e da quello medico ha offerto temi inediti, eppure molto frequenti nelle figurine. «Per tutti ci siamo poste un interrogativo, che poi è diventato il nostro titolo: vero o falso?», continuano le due curatrici, che in questo modo hanno svelato errori relativi all’ambiente terrestre ed extraterrestre, ai fenomeni naturali, e dato spiegazione ai giochi o trucchetti di magia che ci proponevano da bambini. L’itinerario offre anche due installazioni dove È vietato non toccare: ognuno è invitato a sperimentare, attraverso soluzioni ingegneristiche e illusioni ottiche. Sono inoltre presenti oggetti di eccezionale
rarità, tra cui i guantoni di un cosmonauta sovietico e la polvere lunare della missione Apollo 17. Il Museo della Figurina di Modena è un’affascinante macchina che viaggia nel tempo. Nato nel 2006, ha le sue radici nell’appassionata opera collezionistica di Giuseppe Panini, che fondò nel 1961 l’omonima azienda assieme ai fratelli e realizzò un album noto a tutti, “l’Album dei calciatori”, anche detto “’l’Album Panini”. La sua grande raccolta, che prima era custodita presso la Panini stessa, è stata donata al Comune di Modena, che poi l’ha riallestita presso Palazzo Margherita (sede anche della Biblioteca, della Galleria civica, e dell’Istituto superiore di studi musicali). Il museo fa parte della Fondazione Modena Arti Visive, diretta da Diana Baldon. È uno scrigno con 500mila pezzi, di cui circa 2.500 esposti in permanenza, tra figurine e altri oggetti: stampe antiche, bolli chiudilettera, scatole di fiammiferi, giornalini, calendarietti, menu di ristoranti, etichette d’albergo. Francesca Fontana, assistente curatrice di questo luogo così speciale, spiega che «Le figurine hanno trattato i temi più svariati. Qualsiasi argomento è stato rappresentato, in una sorta di enciclopedia per immagini; il loro valore didattico non è andato perso ed è ancora valido. I più giovani si accostano con interesse e curiosità a questi materiali che, nel tempo, si sono evoluti adottando formati differenti (come quello della card). Si avvicinano al mondo dei loro genitori e nonni, scoprendo diversi modi di socializzare — si pensi allo scambio di figurine tra bambini — e di giocare». n
Per informazioni su orari e prezzi della mostra Vero o falso? Le figurine sotto la lente d’ingrandimento della scienza, consultare il sito: www.comune.modena.it/museofigurina
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L’ANGOLO DELLA GRAMMATICA
L’INFINITO IN FRASI SEMPLICI L’infinito semplice (es. andare, viaggiare) o composto (es. essere andato/a/i/e, aver viaggiato) è presente in molte frasi dipendenti introdotte da preposizioni e congiunzioni. Questo numero di Tutto però sarà dedicato a un altro uso dell’infinito, cioè a quello che compare in frasi semplici e indipendenti. L’infinito in questo caso può esprimere diversi valori. Vediamone alcuni: A. UN DUBBIO
La frase interrogativa, unicamente all’infinito semplice, manifesta la presenza di un dubbio o di una incertezza e ha spesso carattere impersonale: ES. 1. E RA TARDI E STAVA PIOVENDO: CHE FARE? (= CHE SI POTEVA FARE) 2. A VEVANO PERSO LA PARTITA, È VERO, MA COME CRITICARLI? (= COME SI POTEVANO CRITICARE) AVEVANO GIOCATO BENE.
B. UNA ESCLAMAZIONE
La frase esclamativa (all’infinito semplice o composto) manifesta la presenza di sorpresa o stupore (in senso negativo o positivo) ed è accompagnata dal soggetto. In un dialogo l’infinito esclamativo riprende spesso l’affermazione dell’interlocutore che ha provocato nel secondo interlocutore la reazione di sorpresa: ES. 1. LUI, VENIRE CON NOI! È INACCETTABILE: LO DETESTO. (REAZIONE NEGATIVA) 2. G IOVANNI HA DECISO DI STUDIARE MEDICINA – GIOVANNI, STUDIARE MEDICINA! CHE BELLA NOTIZIA. (REAZIONE POSITIVA)
C. UN ORDINE O UN'ISTRUZIONE
Con la frase volitiva (all’infinito semplice) vengono dati ordini, istruzioni, indicazioni ad un interlocutore generale, come nel caso di ricette, indicazioni stradali, istruzioni d’uso. Questo tipo di frase compare anche nei titoli di giornale per riprodurre il pensiero di qualcuno in forma impersonale. ES. 1. N ON FUMARE A BORDO DEL TRENO (= NON SI PUÒ FUMARE...) 2. TAGLIARE I POMODORI A PICCOLI PEZZI (= SI DEVONO TAGLIARE...) 3. N ON PRENDERE (IL MEDICINALE) A STOMACO VUOTO (= NON SI DEVE PRENDERE...) 47
4. I L PRESIDENTE: «MANTENERE VIVA LA MEMORIA DEL PASSATO PER NON DIMENTICARE» (= SI DEVE MANTENERE VIVA LA MEMORIA)
D. UN DESIDERIO
La frase ottativa esprime un desiderio realizzabile (infinito semplice) o irrealizzato (infinito composto), spesso è preceduta dall’interiezioni oh. ES. 1. CORRERE, CORRERE, FINO AL TRAGUARDO (= VORREI CORRERE) 2. O H, AVERLE CAPITE PRIMA LE SUE PAROLE (= AVREI VOLUTO CAPIRE...)
E. UNA NARRAZIONE
Questo tipo di infinito (semplice) che racconta un fatto che sta avvenendo al momento della narrazione è accompagnato spesso dall’avverbio ecco. ES. 1. D OV’È GIOVANNI? – AH, ECCOLO ARRIVARE (= GIOVANNI STA ARRIVANDO) 2. A LL’ALBA ECCO GLI UCCELLI COMINCIARE A CANTARE (= GLI UCCELLI COMINCIANO A CANTARE)
F. UN SOSTANTIVO
L’infinito, con o senza articolo, può diventare un vero e proprio nome e come nome può essere affiancato da un avverbio o da un aggettivo. ES. 1. LEGGERE/IL LEGGERE MI AIUTA A PENSARE 2. M I RILASSO CON IL CAMMINARE 3. B ERE TROPPO NON FA BENE
Attività 1. Indicare il valore dell’infinito secondo le lettere (A-F) del quadro grammaticale 1. Che dire? (___) In questa situazione le parole sono inutili. 2. Ecco arrivare (___) i nostri amici con il pallone. 3. Non sporgersi (___) dal finestrino 4. Come reagire (___) alla situazione? Dobbiamo pensarci bene. 5. Oh, esserci andati (___) almeno una volta! 6. Fare un viaggio in Africa (___) è il desiderio di molti. 7. Oh, avere (___) sempre il sole e questa temperatura! 8. Camminare (___) ogni giorno è un buon modo per mantenersi in salute. 9. Mario, cucinare (___) per dieci persone! 10. Attendere (___), prego. Attività 2. Sostituire l’espressione sottolineata con una frase all’infinito 1. È vietato attraversare (__________________________) la strada fuori dalle strisce pedonali. 2. Vedo che la folla si sta radunando (__________________________). 3. Sarebbe bello andare (__________________________) in Irlanda per due mesi. 4. Luigi vorrebbe un lavoro (__________________________) con i bambini. 5. Abbiamo solo qualche ora in questa città: dove possiamo andare (__________________________)? 6. Come è possibile che Gino e Michela non si parlino (__________________________) più! 7. È obbligatorio allacciare (__________________________) la cintura di sicurezza. 8. Molti bambini hanno la passione 48
TUTTO ITALIANO
N.29, NOVEMBRE - DICEMBRE 2018
del calcio (__________________________). 9. Sarebbe stato tanto bello aver imparato (__________________________) a suonare il violino. 10. Vedo che il treno si è rimesso (__________________________) in movimento, finalmente. Attività 3. Inserire il corretto infinito nelle seguenti frasi: aggiungere | stirare | attendere | calpestare | cuocere | dare | digitare obliterare/timbrare | parcheggiare | ritirare 1. Non __________________________ in doppia fila. 2. __________________________ il biglietto prima di salire. 3. Non __________________________ le aiuole. 4. __________________________ a bassa temperatura. 5. __________________________ il proprio turno dietro la linea gialla. 6. __________________________ la carta entro dieci secondi 7. Non _________________________ cibo alle anatre. 8. __________________________ il codice. 9. __________________________ a fuoco lento. 10. __________________________ un pizzico di pepe all’impasto.
ASCOLTA - RIPETI - TRASCRIVI
Ascolta le parole dalla traccia audio 24. Trascrivile e poi completa le frasi
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1. Mario, viene con noi al mare! Stai scherzando! – Giovanni, è inutile che ________________: anche se non ti piace, lui è uno dei migliori amici di tuo fratello, dunque verrà 2. Dobbiamo pulire tutto il parco, è disgustoso, lo so, ma non ________________: e mettiti al lavoro 3. Pensi che sia un affare? – Io non ci capisco nulla, ma Pietro ________________ in questo settore, quindi chiediamo a lui 4. Questa settimana devi studiare: venerdì hai il compito in classe. Non provare a ________________. Se mi accorgo che accendi il computer, lo butto in acqua 5. Ma mamma, tu non ________________: il computer mi serve per studiare 6. Giovanni, tu sei sempre distratto, ________________: non ti serve il computer, ti servono libri e concentrazione 7. Maria ha sempre creduto alle sue parole, ma lui è un bugiardo di prima categoria. Prima o poi doveva ________________, tuttavia mi dispiace 8. Mia nonna ________________: aveva un grande intuito e raramente sbagliava valutazione 9. Scusami, ma la tua amica non mi piace: è una vera ________________, lei proprio vuole ________________ nella vita privata di tutti. Ha una curiosità malsana 49
SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI DI GRAMMATICA E COMPRENSIONE GENOVA, LA CITTÀ SPEZZATA
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Attività 1 1. V; 2. V; 3. F; 4. V; 5. F; 6. V Attività 2 1 / c / II; 2 / d / I; 3 / a / IV; 4 / b / V; 5 / e / III Attività 3 1. boato; 2. percorrevano, entroterra; 3. viadotto, corsie;
LA POLITICA A TAVOLA
Attività 1 1. V; 2. F; 3. F; 4. F; 5. V; 6. V Attività 2 1. la tavola; 2. delle tavole provvisorie; 3. sul tavolo operatorio;
IL CLIMA NEL BICCHIERE
Attività 1 1. V; 2. F; 3. F; 4. V; 5. F; 6. V Attività 2 1. in bilico; 2. caduta di gusto; 3. anticipare, addirittura;
L'ANGOLO DELLA GRAMMATICA
Attività 1 1. A; 2. E; 3. C; 4. A; 5. D; 6. F; 7. D; 8. F; 9. B; 10. C; Attività 2 1. non attraversare; 2. ecco ... radunarsi; 3. oh, andare; 4. lavorare;
ASCOLTA, RIPETI, TRASCRIVI
Le 10 parole in sequenza: andava sempre a lume di naso; arricciare il naso; ficcanaso; ha buon naso; hai sempre il naso per aria; ficcare il naso; menarmi per il naso; sbatterci il naso; storci il naso; vedi al di là del tuo naso 1. storci il naso; 2. arricciare il naso; 3. ha buon naso; 4. menarmi per il naso; 5. vedi al di là del tuo naso; 6. hai sempre il naso per aria; 7. sbatterci il naso; 8. andava sempre a lume di naso; 9. ficcanaso, ficcare il naso
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4. intasate; 5. sovrastano; 6. gremita
4. della tavola, sul tavolo; 5. sul mio tavolo; 6. tavole; 7. questo tavolo, libero; 8. una delle preziose tavole; 9. il nuovo tavolo; 10. un tavolo Attività 3 1 / a ; 2 / b; 3 / a; 4 / a; 5 / b
4. correre ai ripari; 5. ricorrere, autoctone Attività 3 1. enologia; 2. buccia; 3. vendemmia; 4. vinaccioli; 5. vite; 6. viticoltura
5. andare; 6. ...parlarsi; 7. allacciare; 8. di giocare; 9. oh, aver imparato; 10. ecco...rimettersi Attività 3 1. parcheggiare; 2. obliterare/timbrare; 3. calpestare; 4. stirare; 5. attendere; 6. ritirare; 7. dare; 8. digitare; 9. cuocere; 10. aggiungere