ph Valeri
Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda
Anno 2 - n. 3 – Marzo 2017
Euro 3,00
Tommaso Marino: Non solo basket 8 marzo: ritratti di donne PD Treviglio: Davide Beretta nuovo segretario
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Da fare 2 • tribuna magazine • Marzo 2017
N
el preparare il numero di marzo, noi della redazione ci siamo chiesti se fosse ancora attuale la necessità di dare spazio alla ricorrenza dell’8 marzo, la cosiddetta – impropriamente – festa della donna. Ed è stata proprio questa parola – festa – a suggerirci che forse era il caso di parlarne ancora. Perché non si tratta di una festa, a dispetto delle imbarazzanti serate goliardiche che negli ultimi anni l’hanno caratterizzata; si tratta di una ricorrenza che vuole sottolineare i traguardi raggiunti nella lotta per la parità di genere e farci riflettere su quanto ancora c’è da fare. Bello sarebbe, in realtà, che fosse davvero una festa: la festa delle donne che si sono realizzate, nel lavoro, nello studio, come mamme, nonne, pittrici, scienziate, ballerine, camioniste, quello che volete. Realizzate senza incontrare ostacoli, ottenendo risultati per il loro merito, il loro impegno, la loro volontà. Non ostacolate, né aiutate, ma solo valorizzate. Purtroppo non è così. Quante di noi possono dire di essersi completate, non come donne, ma semplicemente come persone? E quante possono dire, nel percorso intrapreso per realizzarsi come tali, di non aver incontrato ostacoli nel fatto di essere donne? Ecco perché questa ricorrenza è ancora necessaria;
perché questa società complicata, in continua evoluzione, la cosiddetta “società liquida”, dove i contorni sfumano e tutte le certezze si dissolvono, ci restituisce una visione del rapporto fra i generi ambigua e schizofrenica. Da un lato, infatti, nascono culture di superamento delle differenze e degli stereotipi legati al genere (la teoria gender, spesso male interpretata nella sua accezione originaria); dall’altro permangono, nella società civile e nella vita di tutti i giorni, atteggiamenti e comportamenti che non esiterei a definire medievali. Una seria riflessione sui ruoli nel mondo che cambia, una maggiore apertura mentale, l’accoglienza delle differenze fra i generi come un valore aggiunto e non come un limite, l’educazione dei più piccoli al superamento degli stereotipi (capito, mamme?): sono davvero tante le cose da fare per arrivare a una società dove vincono le PERSONE e dove una donna incinta che viene assunta non faccia davvero più notizia. In questo numero trovate i ritratti di quattro donne, diverse per età e contesto, che possiamo definire “eccellenti” perché credono in quello che fanno e non smettono di coltivare il loro sogno. A pagina 29 c’è invece un toccante ritratto di Raul, il giovane diciottenne
che ci ha lasciato pochi giorni fa: tre anni or sono se n’era andata anche la sorella gemella Serena. Tutta la comunità trevigliese si è stretta intorno a questa meravigliosa famiglia, per esprimere il dolore di quanti hanno conosciuto i due sfortunati ragazzi e i loro splendidi genitori. Ho avuto l’onore – sì, l’onore – di conoscerli entrambi; i nostri figli erano nella stessa classe alle elementari in Geromina. Ricordo che temevo che i bambini, troppo piccoli per capire, si facessero intimorire, non li prendessero in considerazione, che li abbandonassero lì, sulla loro sedia a rotelle, per correre a giocare tra di loro. Invece assistetti a qualcosa di straordinario: i bimbi facevano a turno per tenere compagnia a Raul e Serena, ma senza costrizione, lo facevano volentieri, con loro ridevano, comunicavano con facilità, si divertivano; fu un grande insegnamento per tutti noi. Oggi tutti quei bambini che per cinque anni hanno vissuto a stretto contatto con Raul e Serena sono diventate delle belle persone, rispettose degli altri, generose, intelligenti, altruiste. Questa è l’eredità di Raul e Serena, questo è il regalo di quei cinque anni passati insieme. Grazie, a nome di quei ragazzi e dei loro genitori. Il direttore Marzo 2017 •
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Sommario Euro 3,00
Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda
8
6 “Importante è la gente”
Anno 2 - n. 3 – Marzo 2017
copertina bozza
(Cristina Signorelli)
7 I gruppi di lavoro ph Valeri
(Ivan Scelsa)
8 Quattro ritratti di donne
(Cristina Signorelli, Daniela Invernizzi, Daria Locatelli, Daniela Regonesi)
Tommaso Marino: Non solo basket 8 marzo: ritratti di donne PD Treviglio: Davide Beretta nuovo segretario
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10 Premi e premiati Rivedere i criteri? (Ivan Scelsa)
12 Playmaker della vita (Daniela Regonesi)
magazine Autorizzazione Tribunale di Bergamo n. 6/16 del 19/04/2016 Anno 2° N. 3 - Marzo 2017 Editore Tribuna srl Viale del Partigiano, 14 - Treviglio (BG) www.tribuna.srl info@tribuna.srl Contatti di redazione tel. 0363.1971553 redazione@tribuna.srl Amministratore Unico Marco Daniele Ferri REDAZIONE Direttore Responsabile Daniela Invernizzi Coordinamento Daniela Regonesi Redazione Daria Locatelli, Daniela Regonesi, Ivan Scelsa, Cristina Signorelli Fotografie e contributi Enrico Appiani Hanno collaborato a questo numero Ingrid Alloni, Giuliana Annesi, Luca Aresi, Maria Gabriella Bassi, Juri Brollini, Luca Cesni, Pinuccia D’Agostino, Stefano Dati, Marco Falchetti, Carlo Famularo, Franco Galli, Gabriele Lingiardi, Bruno Manenti, Silvia Martelli, Elio Massimino, Francesca Possenti, Lucia Profumo, Simone Raso, Erika Resmini, Pierluigi Rossoni, Valentina Simone, Silvano Valeri Impaginazione e Grafica Pubblicitaria Antonio Solivari UFFICIO COMMERCIALE Roberta Mozzali tel. 0363.1971553 - cell. 338.1377858 commerciale@tribuna.srl Altre collaborazioni Giulio Ferri Stampa Laboratorio Grafico via dell’Artigianato, 48 - Pagazzano (BG) Tel. 0363 814652 www.tribunatv.tv - facebook: Tribunatv
13 Educare con il basket: Slums Dunk (Daniela Regonesi)
15 BCC Treviglio, si farà la fusione?
40 Storie di donne nel Medioevo (Pinuccia D’Agostino)
41 Matitalibera su Treviglio (Daniela Invernizzi)
16 Novità in CFL
I libri di Zephyro 42 I sogni di Cristian de Pascalis
17 Cassano: il Polo della Cultura
44 Magica Londra
18 Alla riscoperta della bellezza con “FAI Giovani Treviglio”
Lo sconsiglio
(Cristina Signorelli) (Cristina Signorelli)
(Daria Locatelli) (Silvia Martelli)
(Stefano Dati)
(Daria Locatelli)
19 Campo dei fiori (Ivan Scelsa)
20 Casirate soccorso: affidabilità e competenza al servizio dei cittadini 22 Giovanni Ferrari: da sempre a fianco delle PMI (Daria Locatelli)
23 MatitaLibera di Bruno Manenti 24 Cicetti, il dj che balla la vita (Daniela Invernizzi)
25 Tribuna Tv dedica un format alla musica da ballo (Daniela Invernizzi)
26 A Fara Gera d’Adda i sogni prendono forma a tempo di musica (Lucia Profumo)
29 Raul: ho più di un amico in te! (Gabriele Lingiardi)
30 Cultura al gusto di Carciofi Rossi (Maria Gabriella Bassi)
31 Calvenzano: Rassegna teatrale 2017 (Daniela Invernizzi)
32 Periferie
(Valentina Simone)
34 Il Barocco in Gera d’Adda, per illudere e intimorire (Elio Massimino)
37 Il fiume Serio a Ghisalba (Francesca Possenti)
38 Fresco di lana (Giuliana Annesi)
(Luca Aresi)
45 Il consiglio (Luca Aresi)
46 Uniti per combattere il bullismo Un nodo blu contro i bulli (Daniela Invernizzi)
47 Imparare a fare, curando la città (Daniela Regonesi)
49 Bonaldi Motori Filiale di Treviglio 50 Com’era Com’è
(a cura di Marco Falchetti)
51 Il gruppo Amici di Fausto Coppi (Franco Galli)
52 Sulle punte, con determinazione (Ingrid Alloni)
53 Dieci anni di scherma (Ivan Scelsa)
54 Le ricette di Erika Resmini 56 Termoidraulica Martinelli: affidabilità e innovazione al servizio del territorio 58 La rubrica della salute orale Salutile (Gabriele Lingiardi)
59 60
Le domeniche della salute La rubrica della salute La rubrica della finanza Appuntamenti letterari a cura dell’Associazione Malala I corsi dedicati alle donne 61 La rubrica del fisco 62 La vignetta di Juri Brollini Marzo 2017 •
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Politica
“Importante è la gente” di Cristina Signorelli
Davide Beretta, eletto nuovo segretario del Pd trevigliese, si propone di superare i personalismi degli ultimi mesi
D
opo un periodo decisamente agitato (vedi tribuna magazine n. 6/2016 ndr), durante il congresso del 28 gennaio il PD trevigliese ha eletto il nuovo segretario: Davide Beretta. Già candidato nella “Lista Arancio” alle scorse amministrative, Beretta si è presentato al congresso con la lista “Politica è democrazia” vincendo con 110 voti sui 57 ottenuti dalla candidata Barbara Schiavino di “Essere PD”. A lui ora il compito di rasserenare gli animi e dare nuove prospettive al circolo trevigliese, che con i suoi quasi 200 iscritti è il più numeroso della provincia di Bergamo. Segretario, anche il Pd trevigliese come quello nazionale, rispecchia componenti e anime diverse, che presentano istanze non sempre facilmente riconducibili ad un unico progetto. Come pensa di muoversi su questo fronte? «Fare una sintesi delle varie istanze è uno dei nostri obiettivi. Mi riferisco a una sintesi delle idee che vogliamo rappresentare, non certo dei contrasti personali o dei malumori individuali. In democrazia la partecipazione è il miglior strumento che abbiamo per dare voce
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e forza alle nostre proposte, dobbiamo quindi portare le persone ad esprimersi con il voto. Per ottenere ciò penso che la nostra attenzione debba rivolgersi alle cose che contano davvero, partire dal vissuto delle persone per cogliere i problemi e le difficoltà che la gente incontra nel proprio quotidiano, e da lì muoversi per una sintesi che risponda ai veri bisogni. Superare i personalismi è il primo indispensabile passo per poterci confrontare sulle diverse visioni, e arrivare a definire le soluzioni ai problemi reali delle persone. Non sempre esistono soluzioni attuabili, a livello locale le risorse risultano spesso scarse, ma il nostro sforzo deve comunque consistere nel provarci». Mai come oggi è evidente la disaffezione delle persone alla politica. I motivi di questo disinteresse sono molti e purtroppo tutti molto concreti, dalla mediocrità della classe politica alla corruzione dilagante, il vostro circolo ha dimostrato invece una grande partecipazione degli iscritti all’ultimo congresso. Siete in controtendenza? «Al congresso di gennaio abbiamo registrato una fortissima partecipazione al voto, oltre il 90% degli iscritti – 168
votanti su 189 aventi diritto – ha voluto esprimersi su una questione fondamentale per la vita del partito: la scelta del segretario. Leggo questo come una voglia di intervenire e non delegare ad altri le scelte che incidono e determinano la nostra quotidianità, l’attenzione a ciò che è giusto e ciò che è sbagliato è un sentimento forte e diffuso. È anche vero che, per quanto riguarda l’organizzazione territoriale del PD, per una lunga stagione si è pensato non fosse così importante coinvolgere la gente. Si è creduto che un leader a livello nazionale, con una sua forte organizzazione, bastasse e superasse la partecipazione della cosiddetta base. Non è un problema imputabile a Matteo Renzi, bensì si è trattato di un lungo processo sviluppatosi nel tempo, che ha marginalizzato la partecipazione a livello locale, indebolendo ulteriormente il processo di selezione della classe dirigente. La nostra recente esperienza dimostra invece che il coinvolgimento degli iscritti è possibile e doveroso per superare questa fase di crisi della politica». Beretta, avvia il suo mandato di segretario del partito stando all’opposizione in Consiglio Comunale. Quali priorità vorrebbe dare a questa Amministrazione, guidata da Juri Imeri? «Si passa all’opposizione quando non si è stati capaci di intercettare i bisogni e le aspirazioni dei cittadini, che con il loro voto si esprimono. È necessario quindi, in primis, ragionare sulle istanze del territorio che non sono state raccolte, scindendo tra quelle che non siamo stati capaci di interpretare e quelle che, come centro-sinistra, non è possibile raccogliere. Tra queste ultime, per esempio, vi è quella dei rifugiati, che costituisce una realtà italiana che non posso controllare, ma che necessariamente devo affrontare. Ora il caso di Treviglio non è problematico, poiché sono circa 20 rifugiati su una popolazione complessiva di 30.000 abitanti. Eppure la cosiddetta pancia degli elettori lo vede come un problema, credo quindi importante ed emblematico affrontare la questione, per la quale certamente non esistono miracolose ricette, su di un tavolo di confronto con le altre forze politiche per un ragionamento se-
ph Appiani
ph Cesni
reno e costruttivo. Dobbiamo superare il puntiglio ideologico per arrivare a risolvere i problemi». Su cosa le sembra più urgente ragionare? «Penso sia intollerabile vedere ogni giorno oltre 50 persone in coda alla Quercia di Mamre per un pasto. È un segno evidente che anche una ricca cittadina posta in una delle regioni più ricche d’Italia, tocchi con mano la povertà assoluta di alcuni suoi abitanti. L’opera dei volontari della Quercia di Mamre è grandiosa ed encomiabile, ma non possiamo pensare che queste emergenze siano risolte dalle organizzazioni di volontari. Dobbiamo mettere in campo uno sforzo politico per questioni così urgenti. Anche il lavoro oggi, o meglio la mancanza di lavoro, soprattutto giovanile, costituisce un tema da affrontare subito. Penso per esempio ai circa 200 milioni previsti per la costruzione dell’autostrada Bergamo-Treviglio, che se da una parte ha una sua giustificazione per volumi di traffico e tempi di percorrenza, dall’altra sottrae le già scarse risorse locali ad un impiego di questi fondi per rivitalizzare e creare il lavoro». A proposito del vostro impegno durante l’attuale Amministrazione, sono stati da poco nominati i Gruppi di lavoro (vedi a lato). Perché neppure un esponente del Pd vi fa parte? «Il Commissario prefettizio, che ha guidato Treviglio nel periodo tra le dimissioni di Pezzoni e le nuove elezioni amministrative, aveva per ragioni economiche soppresso le Commissioni consiliari, che noi abbiamo sempre ritenuto uno strumento fondamentale, perché consentiva alla minoranza di apprendere, preventivamente, nella loro complessità e articolazione le questioni che poi si sarebbero esaminate, solo per accenni, in consiglio comunale. Poiché riteniamo scorretto che il nuovo sindaco Imeri non abbia reintrodotto le Commissioni, i rappresentanti del Pd – come anche quelli di 5 Stelle – hanno deciso di non partecipare ai Gruppi di lavoro». Dopo i conflitti interni che hanno segnato il Pd trevigliese, oggi molti si aspettano che la serietà e l’impegno di Davide Beretta abbiano la meglio sulle questioni personali e diano un nuovo corso al partito.
I gruppi di lavoro di Ivan Scelsa
Un’Amministrazione partecipata con i cittadini che coadiuveranno l’attività degli assessorati
L’
emanazione della delibera n. 51/2016, ed il conseguente avviso pubblico per l’istituzione di organismi di raccordo e collegamento tra la cittadinanza ed Amministrazione Comunale, è quanto ha portato alla nascita dei Gruppi di lavoro ufficializzati recentemente dalla Giunta trevigliese. Un momento partecipativo ai problemi amministrativi mediante l’apporto dei cittadini all’azione di governo, quindi. Ad essi, infatti, viene attribuito un compito consultivo volto a coadiuvare l’Ente con approfondimenti in ordine a specifici argomenti. Richiamata la deliberazione della Giunta Comunale n. 107 del 26 ottobre dello scorso anno, appunto, sono stati istituiti sei Gruppi che affiancheranno l’attività degli Assessori per Attuazione di programma, Servizi alla persona, Sviluppo e Innovazione, Valorizzazione Urbana e Patrimonio, Programmazione Economica e Qualità della Città. Dopo pochi mesi dall’annuncio, vagliate le 82 candidature pervenute (presentate da 68 persone diverse) è stata scelta la rosa definitiva. “È il secondo passo di questo nuovo percorso – sottolinea il Sindaco Juri Imeri – dopo l’approvazione del regolamento, condivisa in più passaggi, e la nomina dei componenti, i gruppi di lavoro sono attesi adesso dalla prova dei fatti: tutte le eventuali polemiche o critiche potranno essere cancellate solo dalla concretezza che avranno questi strumenti di partecipazione attiva. Anche per questo, convocheremo a breve le riunioni di ogni gruppo per renderli operativi e dare il valore aggiunto nelle scelte amministrative che faremo”. Di seguito i nomi dei componenti dei Gruppi che, ricordiamolo, non percepiranno alcun compenso e avranno l’onere di riunirsi almeno con cadenza bimestrale.
• Attuazione di programma – con il Sindaco ci saranno: Andrea Cologno, Francesco Giussani, Cristina Ronchi, Gianluca Pignatelli, Enzo Camozzi, Grazia Daminelli, Federico Gusmini, Cristiano Santiani, Giovanni Ventura, Pietro Giacomo Villa. • Servizi alla persona – con il Vice Sindaco Pinuccia Prandina ne fanno parte: Giulio Ferri, Marco Ghiggini, Cristina Ronchi, Gianluca Pignatelli, Elisabeth Gatti, Ornella Maccarinelli, Francesca Mangano, F. Alberto Marangoni, Maria Flora Renzo, Chiara Viglietti. • Programmazione economica e qualità della Città – accanto all’assessore al bilancio Sabrina Vailati: Maria Conti, Monica Premoli, Cristina Ronchi, Gianluca Pignatelli, Grazia Biloni, Michele Bornaghi, Elio Colleoni, Valentina Grossi, Nadia Pentagoni, Barbara Schiavino. • Sviluppo e innovazione – con l’assessore Beppe Pezzoni ne faranno parte: Lorena Frigerio, Giancarlo Fumagalli, Cristina Ronchi, Gianluca Pignatelli, Carmela Amodeo, Emidio Di Silvestro, Fiorenzo Erri, Federico Romagnoli, Federica Santiani, Lazzaro Vavassori. • Qualità della Città – per affiancare l’assessore Basilio Mangano: Alessandro Ciocca, Lorena Frigerio, Cristina Ronchi, Gianluca Pignatelli, Mario Camizzi, Maria Lorena Colombo, Ilaria Ferrini, Aldo Galli, Aldo Pozzi, Matteo Preziuso. • Valorizzazione urbana – a coadiuvare l’assessore all’urbanistica Alessandro Nisoli: Giancarlo Fumagalli, Jacopo Riganti, Cristina Ronchi, Gianluca Pignatelli, Anna Giulia Baratti, Giuseppina Barazzetti, Enzo Bottinelli, Nicola Caffi Avogadri, Stefania Cavalli, Raimondo Pilo. Marzo 2017 •
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Quattro ritratti di donne Storie di successo, caparbietà e determinazione
Ilaria Ginevra de Munari di Cristina Signorelli
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onosco Ilaria Ginevra de Munari fin da quando era una bambina, concreta eppure un po’ sognante. Il suo motto già allora sembrava essere: “inutile angustiarsi, meglio affrontare i problemi e risolverli sorridendo”. Oggi ha ventitré anni, lunghi capelli neri che le incorniciano il viso minuto, un grande paio di occhiali neri che la fanno sembrare molto seria, fino a che non si apre in un sorriso: la bimba di allora è diventata una giovane donna padrona del suo futuro. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia in Cattolica e un master in Marketing e Comunicazione in Bocconi, ha completato la sua formazione universitaria con un corso in Fashion Communication presso la Central Saint Martins di Londra. «Come sai – mi dice – la mia grande passione è sempre stata la moda. Riuscire a coniugare le esigenze di una solida preparazione accademica e nel contempo inventarmi un ruolo in questo settore non è stato facile, ma sono soddisfatta delle scelte fatte». La sua prima esperienza di comunicazione digitale è stata quando era liceale: un blog che parlava di moda alle ragazzine sue coetanee. In breve tempo le innate capacità comunicative e tecnologiche di Ilaria hanno portato, quello che era nato un po’ per scherzo, a essere una realtà seguitissima, con inevitabile riconoscimento e accreditamento da parte dei più famosi stilisti. Dopo questa prima avventura ha sempre più focalizzato le sue esperienze professionali, specializzandosi in marketing e digital media nel settore moda e coprendo, già durante il periodo universitario, ruoli innovativi come da PozziLei e G&BNegozio.
Valentina Tugnoli di Daniela Invernizzi
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alentina Tugnoli ha 31 anni, una vita professionale molto intensa come fiscalista d’azienda, ma anche una passione, la politica, che le occupa gran parte del tempo libero: da due anni è la responsabile del movimento Fratelli d’Italia a Treviglio. Single, ma con il sogno di farsi presto una famiglia, Valentina è da poco stata nominata presidente della Commissione Pari Opportunità. In questa veste si appresta a presentare al Consiglio comunale una proposta di revisione dello Statuto affinché recepisca l’articolo della Costituzione sulle pari opportunità (art.51): «Un piccolo passo, ma significativo, per mettere nero su bianco che le pari opportunità sono previste dalla Carta e quindi devono essere realizzate; una norma che lo Statuto di Treviglio già aveva, ma che poi era stata stralciata». Tante le sfide che Valentina ha dovuto affrontare nel mondo della politica, dove le battute sessiste, le allusioni alla mancanza di esperienza, o alla sua giovane età, non sono mancate e non mancano. In azienda è stata un po’ più fortunata, ma anche in questo ambito ha dovuto fare un passo indietro nella carriera per avere un po’ di tempo libero e coltivare la passione per la politica: «Immagino quindi come possa essere avere figli piccoli».
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Ora si occupa di marketing e comunicazione in una start-up italiana, 4Gifters, la prima piattaforma al mondo di e-gifting. «L’idea che sta alla base di questo progetto è semplice – spiega – diamo la possibilità ai nostri clienti di acquistare un regalo e raggiungere, in tempo reale, il destinatario, ovunque si trovi. Tra le varie proposte di lavoro, questa mi ha conquistato subito, sia per l’originalità dell’idea ma anche perché mi permette di sperimentare le mie competenze arricchendole con nuovi stimoli professionali. Mai avrei detto, per esempio, di dovermi cimentare quotidianamente con la matematica, divertendomi pure, invece è questo che faccio quando esamino le analisi di mercato». Chiudiamo con una riflessione sull’essere donna. «Penso – dice – che sia molto diverso da un tempo. Oggi tra noi giovani non ha senso parlare di emancipazione femminile, che dovrebbe essere ormai un valore acquisito, anche se talvolta noto che in Italia, rispetto all’estero, sopravvivono comportamenti retrogradi».
Quello che manca, a suo dire, a questo Paese, è non solo l’assenza di discriminazioni e pregiudizi nell’accesso al lavoro, o la parità retributiva, ma anche la flessibilità sull’orario di lavoro, che darebbe alle madri lavoratrici uno strumento in più per organizzare lavoro e famiglia: «E invece zero comprensione, anche dai capi donna – dice – e questa è una grande sconfitta». Ancora necessarie, quindi, le commissioni Pari opportunità, la ricorrenza dell’8 marzo, perché l’obiettivo non è stato ancora raggiunto. Occorre però una rivoluzione culturale, partendo all’origine, educando le nuove generazioni al rispetto reciproco e all’uguaglianza di genere, e considerando le differenze fra i due sessi come un valore aggiunto e non un limite. Solo a quel punto non sarà più necessario parlarne in una giornata “ad hoc” o imporre per legge ciò che dovrebbe essere naturale. «È un obiettivo, ma io non mollo – chiude Valentina – e questo è il consiglio che mi sento di dare a tutte le donne».
Patrizia Giuliani di Daria Locatelli
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eterminazione, sensibilità ed eleganza sono solo alcuni dei tratti distintivi della trevigliese Patrizia Giuliani. Il nostro incontro avviene prima che la sua frenetica giornata lavorativa inizi e quello che mi colpisce, fin da subito, è la solarità del suo sguardo. Nel momento in cui le chiedo di raccontarsi, i suoi occhi emanano la soddisfazione di chi è fiero della propria esperienza e, parlando di sé, Patrizia descrive la storia di una donna per la quale il traguardo non è il raggiungimento di un obiettivo, bensì la strada che si è percorsa e la riflessione che questa può generare, sia per se stessi che, e soprattutto, per gli altri. «Sono sempre stata incuriosita dalla psicologia e dalle relazioni umane. I miei studi sono stati, infatti, indirizzati assecondando le mie inclinazioni. Mi sono laureata in Psicologia a Padova nell’an-
Lia Bergamini di Daniela Regonesi
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essant’anni vissuti in cava, per Lia Bergamini, dirigente della NCT di Treviglio – sorta su sua iniziativa imprenditoriale, «fortissimamente voluta e desiderata» – che ha sempre lavorato, bene, in un mondo prettamente maschile. Amava dipingere quadri ad olio, ma il desiderio di frequentare il liceo artistico è stato “dirottato” dalla necessità di avere un ragioniere nell’azienda di famiglia: «come si poteva disubbidire ai desideri di un padre? Valeva per maschi e femmine: siamo stati allevati senza distinzioni di genere, non avevamo giochi differenziati, condividevamo svaghi ed esperienze. Sono stata irruente, mai ferma. Andavo in moto, con i go-kart… Quante volte sono finita nel fosso? – ricorda ridendo con i fratelli – Sono tutte esperienze». E proprio l’esperienza, innanzitutto dell’“altro” è per lei un punto imprescindibile.
no accademico 1986/87 e, fin da subito, mi sono dedicata all’ambito della psicologia organizzativa. Dopo esperienze come direttore risorse umane in ambito IT e telecomunicazioni, dal 2001 opero nel settore finanziario, sempre come direttore risorse umane». Un’esperienza lavorativa in cui l’essere donna non ha costituito un ostacolo: «Non ho mai vissuto in prima persona comportamenti scorretti, in quanto ho sempre avuto la fortuna di lavorare in ambienti in cui la meritocrazia non è ancorata al genere. Ci sono state, però, occasioni in cui ho dovuto prendere una posizione contro atteggiamenti discriminatori attuati verso alcune donne; il mondo non è fatto solo di accadimenti eclatanti, ma innanzitutto dei vissuti del quotidiano». La forte determinazione di Patrizia si unisce alla sua sensibilità: «Ciò che è necessario nella valorizzazione delle persone è la trasversalità di competenze, indispensabile per una maggiore comprensione di dinamiche e conflitti e per l’organizzazione della comunicazione interna». Un altro ingrediente imprescindibile per la realizzazione personale è il grande impegno da profondere nella costruzione del proprio background formativo, specie per le giovani alle quali consiglia: «Non abbiate paura di affrontare tematiche o mondi che si ritengano siano solo appannaggio degli uomini. Ricordo le parole della mia professoressa di Fisiologia, che credeva fortemente nella presenza femminile nel mondo del lavoro e che per me è stata un modello». Patrizia sottolinea il significato simbolico e riflessivo della festa dell’8 marzo, scevra da folklore: «Ci sono momenti in cui sottovalutiamo quello che è stato fatto e, soprattutto, quello ancora rimane da compiere. Il tema del rispetto della donna non va mai dato per scontato e, ahimè, non fa ancora parte del nostro DNA».
Lia è convinta che tutto dipenda da come ci si propone: «La donna deve saper gestire sé stessa e il suo comportamento in relazione al mondo in cui vive. È impensabile venire qui con il tacco alto. Fondamentale è il rispetto: bisogna darlo ed esigerlo. Ho sempre rispettato gli altri e non ho mai avuto problemi. A volte, mi dispiace doverlo ammettere, le donne abituate a lavorare tra donne non hanno un atteggiamento positivo: alcune non dimenticano, vogliono prevalere, aspettano il momento giusto per fartela pagare, tanto che in qualche caso è meglio lavorare con gli uomini». Membro della precedente Commissione pari opportunità di Treviglio, ritiene che abbia ancora senso festeggiare l’8 marzo, perché la donna deve prendere maggiore sicurezza di sé stessa: «Fondamentale è accettarsi, per come si è, capire che ognuno di noi ha un valore intrinseco che non deve essere rapportato agli altri. Siamo unici, incommensurabili, stupendi; non dobbiamo essere uguali agli altri. Ognuno è un mondo da scoprire e ti dà sempre qualcosa, se lo sai cogliere. Sono entrata nel Soroptimist proprio per poter fare qualcosa per gli altri, e si è aperto un mondo che mi ha permesso di conoscere altre realtà, altri modi di vedere, altre donne. Abbiamo implementato un service sul grande tema lavoro (che oggi manca soprattutto per le donne) per stimolare e aiutare ad affrontare l’idea di darsi all’imprenditorialità. Sia per gli uomini che per le donne è fondamentale porsi in ascolto di chi hai vicino, senza prevaricare, e cercare di raggiungere il piano dell’altro, perché quando si è sullo stesso livello è tutto più facile. Porsi allo stesso piano permette di capire la grandezza che le persone hanno dentro: come ha espresso in maniera sublime Papa Francesco “ogni creatura riflette qualcosa di Dio e ha un messaggio da trasmetterci”». Marzo 2017 •
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Premi e premiati di Ivan Scelsa
Il San Martino d’Oro ed il premio Madonna delle Lacrime: riconoscimenti importanti per la Città assegnati alle eccellenze del territorio
L’
impegno sociale, le iniziative benefiche, l’attenzione per il territorio ed il contributo alla collettività. Sono questi i principi ispiratori della Civica Benemerenza San Martino d’Oro che, annualmente, l’Amministrazione Comunale assegna a cittadini trevigliesi per nascita, residenza o adozione che si sono particolarmente distinti in questi campi; così pure ad Enti ed Associazioni del territorio promotori di iniziative culturali, scientifiche, letterarie, artistiche, lavorative, commerciali, industriali, scolastiche, sportive, religiose, filantropiche o del tempo libero. Ma anche atti di coraggio, o di abnegazione civica che abbiano donato a Treviglio particolare prestigio, evidenziando doti personali che siano d’esempio per il vivere civile. Uno spettro particolarmente ampio quindi, in cui, anno dopo anno, nomi più o meno conosciuti sono stati destinatari del riconoscimento. E come spesso accade all’annuncio dei premiati di un concorso, nasce una polemica. Quest’anno è emersa (e subito stroncata) sul social network Facebook immediatamente dopo la comunicazione dei nomi cui la benemerenza è stata assegnata (quattro uomini, senza che alcun curriculum femminile fosse stato ritenuto meritevole dell’assegnazione). A bloccarla quasi sul nascere proprio l’intervento del Sindaco Juri Imeri, sempre attento e presente sui social, che – dopo aver ricordato
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che le proposte contenenti le motivazioni e gli elementi essenziali per la valutazione erano state inviate alla Segreteria del Sindaco tra dicembre e gennaio scorsi, e completate nell’iter dalla Segreteria della Commissione esaminatrice – non ha mancato di rimarcare come l’eventuale assegnazione ad una donna, solo perché tale, sarebbe stata avvilente per la premiata stessa, soprattutto a fronte di curriculum di tutto rispetto. Ineccepibile. Criteri e modalità sono riassunti nei primi quattro articoli del nuovo regolamento che, ricordiamolo, sostituisce quello deliberato dal Commissario Straordinario l’8 febbraio 1988 al numero di protocollo 257, per cui a decidere sulle assegnazioni
ph Appiani
ph Cesni
Benemerenze
sarebbero il Sindaco, due Assessori, due consiglieri comunali (uno per la maggioranza e uno per la minoranza) ed il destinatario del riconoscimento per l’anno precedente. Va poi precisato che la Commissione aveva avuto la possibilità di proporre in sede di riunione anche persone o istituzioni per cui non fossero giunte segnalazioni da parte di alcuno, nonché la facoltà di conferire fino a quattro benemerenze all’anno, da esprimersi in diversi settori di attività – di cui una in ambito sportivo – ed escludendo la possibilità che l’assegnazione venisse ripetuta oppure assegnata alla memoria. San Martino ed il povero, quindi: immagine a cui ogni trevigliese è legato e che, oggi più che mai, rappresenta un legame ancora forte con lo spirito di abnegazione e carità cui ogni cittadino che presta il proprio nome all’attività politico amministrativa e sociale dovrebbe sempre essere ispirato. Seguendo questi criteri, la massima benemerenza cittadina è stata assegnata a Gian Enrico Bresciani, storico Presidente della Pro Loco, a Stefano Carminati per il suo impegno sportivo con la Scuola
Rivedere i criteri?
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e recenti polemiche, circa la possibilità di riservare un’assegnazione della benemerenza alle donne, non trovano alcun riscontro oggettivo in una società che dovrebbe sforzarsi di superare il concetto di differenza di genere tra uomo e donna. È chiaro però che rivedere i criteri per l’assegnazione del San Martino d’Oro e del premio Madonna delle Lacrime
potrebbe essere uno spunto di riflessione a cui la redazione tutta di Tribuna Magazine ha a lungo pensato. Ma quale dovrebbe essere allora il giusto criterio? Quali requisiti dovrebbe racchiudere in sé il destinatario? Ferma restando l’imparzialità delle figure della Commissione esaminatrice, come potrebbero evolvere i premi stessi? I.S.
basket Treviglio, all’astrofisico Andrea Possenti ed a Gianfranco Bonacina, Presidente per molti anni della locale BCC. Le motivazioni sono un sunto della lunga attività dei premiati. L’assegnazione a Bonacina racchiude l’impegno nella Cassa Rurale-Bcc di Treviglio, periodo durante il quale l’attenzione per il territorio, il mondo del volontariato, della cooperazione in tutti i suoi aspetti, alle Associazioni ed al mondo della cultura sono state il volano della sua azione e della banca stessa della quale egli stesso affermava: “Una Banca per il bene comune”. Premiata anche la lunga attività di Gian Enrico Bresciani, dapprima nell’Ascom di Bergamo – dal 1965 al 1990, come Consigliere e Vicepresidente – e poi come Presidente dell’Associazione Macellai di Bergamo nonché co-fondatore e Presidente delle Botteghe del Centro di Treviglio (con le numerose iniziative ad essa collegate). E ancora: Presidente della Pro Loco di Treviglio dal 1999 al 2007 e promotore della prima Rievocazione storica del Miracolo. Una vita per l’associazionismo, dunque. Riconosciuta anche l’autorevolezza di Andrea Possenti, 54 anni, astrofisico di fama internazionale, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica con una lunga esperienza lavorativa in Australia. Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari e padre della prima “pulsar doppia”, riceve la benemerenza civica che segue la prestigiosa assegnazione del premio Cartesio (l’equivalente del premio Nobel europeo). A Stefano Carminati, invece – storico dirigente e presidente della Scuola basket Treviglio – il merito di aver coinvolto tantissimi atleti, dirigenti e genitori di Treviglio e della Gera d’Adda con un impegno costante e qualificato per rendere lo sport un mezzo di aggregazione, di educazione e di crescita giovanile rivolto e aperto a tutti. Diverso lo spirito ed il criterio d’assegnazione per il premio “Madonna delle Lacrime”. Nato negli anni Ottanta dal desiderio dei coniugi bergamaschi Tebaldo Nascimbene e Carolina Caldara, assegna un riconoscimento in denaro per giovani studenti particolarmente distintisi nello studio o nell’attenzione a compagni di scuola diversamente abili, anziani bisognosi o, in alternativa, ad associazioni volontaristiche di pari finalità. Il conferimento – che coinvolge nella decisione una Commissione formata dal Sindaco, due Assessori, due Consiglieri Comunali, un rappresentante delle scuole cittadine ed uno di associazioni ed Enti volontaristici locali – rappresenta il secondo, atteso riconoscimento elargito in concomitanza con la festa cittadina raggiungendo le associazioni Abio, Cag, Laboratori culturali della Terza età, le volontarie dell’associazione Dai colore alla tua vita e l’insegnante Erminia Stucchi.
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tribuna magazine • 11
Personaggi
di Daniela Regonesi
Incontriamo Tommaso Marino, numero 11 della Blu Basket Treviglio, impegnato e grintoso tanto in campo quanto fuori
È
alto, bello, tatuato e sorridente, ma non scambiatelo per un cartonato o una figurina da almanacco sportivo: Tommaso Marino è un perfezionista innamorato del basket, un atleta che però non limita la sua vita solo al parquet. Il trentunenne playmaker della Blu Basket Treviglio – con la quale ha prolungato nel maggio scorso il proprio contratto per altre tre stagioni – si sorprende e incuriosisce per l’attenzione nei suoi confronti, ma il suo essere attivo sui social e impegnato socialmente (vedi box), il suo imporsi di vivere pienamente ogni istante, ne fanno un personaggio interessante, anche per chi è poco avvezzo alle regole del pallone a spicchi. Vieni da Siena, una città bellissima, ricca di storia, arte, tradizioni, sei a Treviglio ormai da qualche anno: come ti trovi nella “capitale della Bassa”? «Non c’è un posto come casa, ovunque tu vada. Siena è una città particolarmente bella dove si vive bene, ma, ti dico la verità: per me andar via di casa a 17 anni, per andare a Trapani, non è stato per niente difficile, perché volevo solo fare pallacanestro. In più ero l’unico di Siena, della mia squadra, e invidiavo i miei compagni, desideravo la mia indipendenza: quando l’ho raggiunta ero super-felice. Apprezzo la città sicuramente di più quando torno, anche se lo faccio poco, e ciò mi permette anche di vivere la Contrada (del Montone, ndr) in maniera più umana, rispetto che se fossi lì 365 giorni l’anno.
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L’unica cosa che qui soffro è la nebbia: proprio non mi piace, mette l’angoscia. Ma questa è la mia seconda casa, ho trovato un ambiente che mi ha accolto come un figlioccio, piano piano. Sono andato via da Treviglio due volte per due motivi diversi – non ho mai fatto scelte in base ai soldi – però è evidente che quando torni la terza volta devi riconquistarti la fiducia, e credo di averlo fatto, in questi 4 anni. Penso che con il capitano Emanuele Rossi, il coach Adriano Vertemati e Mauro Zambelli, l’assistente allenatore di Adriano, si sia creato un po’ uno zoccolo duro, che nello sport aiuta. Quindi, presuntuosamente, ti dico che penso di aver ricevuto tanto ma anche di aver fatto tanto, ed essermi guadagnato l’affetto». Parlavamo dell’arte di Siena: consideri anche i tuoi numerosi tatuaggi una forma d’arte, o sono più un modo per esprimere o per ricordare qualcosa? «Non li interpreto come una forma d’arte, li vivo più come un modo per esprimermi, per raccontare chi sono, quel che mi piace fare. In parte sono un modo per ricordare momenti importanti che ho passato, mai per ricordare qualcosa di brutto. Ad esempio ho tatuati gelati e caramelle, perché mi piacciono, ho la lametta da barba perché sono anni che mia madre mi stressa perché me la tagli, ho la mongolfiera perché mi piace viaggiare: sono un racconto di me. Mio papà non li apprezza, ma dice che l’importante è che non me li faccia in viso, mia madre li sof-
ph Raso
Playmaker della vita
fre: è arrivata al punto che si vergogna di venire al mare con me (ride, ndr). Ultimamente si è un po’ rassegnata». So che hai smesso di contarli, ma c’è qualcuno a cui sei particolarmente affezionato o di cui sei pentito? «Sono affezionato a tanti: a una parola che rappresenta me e mia moglie; alla scritta “Niño para siempre” (bambino per sempre) che ho sul petto ed è un po’ la mia filosofia di vita; a quello piccolino insignificante che ho sulla caviglia, ma che ho fatto con mia sorella, ed è l’unico che lei ha… Non mi pento di nessuno, nemmeno del primo, fatto a 17 anni: una roba orrenda, una tamarrata che mi porto sulla schiena, ma che comunque rimane il primo e non vorrei mai coprire!». Se dico Rangers Treì? «È una fortuna che abbiamo a Treviglio, insieme ai Ranger Boys, il gruppo di giovani tifosi che si sta integrando ai più grandicelli: è un tipo di pubblico che supporta sempre, che mai contesta (ad esempio con striscioni polemici). È cresciuto un sacco ed è bello. È un pubblico giusto, di supporto. Certo, il “vaffa..” al giocatore ci sta, ma non ho mai sentito un atteggiamento negativo nei confronti della squadra. È un pubblico eterogeneo: ci sono un sacco di signori, di famiglie, c’è una valanga di bambini che, a fine partita, quando si vince si buttano in campo, c’è un bel movimento. Si crea un bell’ambiente, riescono ad essere il nostro sesto uomo. Lo apprezzo». Capita che tu sia oggetto di insulti da parte del pubblico avversario: c’è bisogno di educare anche la tifoseria? «Sì, c’è tanto bisogno di educare il pubblico. È ovvio che ci sia rivalità, soprattutto in certe partite, è giusto che ci sia, ma trovo un po’ patetico attaccare un giocatore dall’inizio alla fine dell’incontro. Da una parte ti entra e dall’altra ti esce, però siamo anche esseri umani, e certi tipi di insulti danno fastidio. Mi è capitato di
rispondere, in maniera ironica, ma anche di prendere complimenti e belle parole: le cose si equivalgono, non mi lamento». Il basket per te non è un lavoro, è la tua passione più grande, quali sono le altre? «Ho sempre voluto fare il giocatore di basket: prima della quinta elementare mia mamma mi ha imposto di scegliere tra calcio (che praticavo perché convinto da un amico) e pallacanestro. Non ho avuto dubbi, ho sempre voluto fare questo, anche per sfida: papà millantava capacità cestistiche che non aveva (ride, ndr). Mia mamma è stata il vero eroe, in giro per Siena a scarrozzare me e mia sorella ad allenamenti e trasferte. La scelta della scuola superiore l’ho fatta in funzione del poter giocare, allenarmi e frequentare i raduni nazionali giovanili. Ma se chiamassi il basket un lavoro mi insulterei da solo: è una fortuna, perché fai quello che ti piace, la tua passione più grande, e importante è sapersela godere. So però vivere la mia vita extra-basket, cioè faccio di tutto perché ogni giornata abbia un senso. Ho tanti hobby, tra cui quello del surf: ho iniziato 5/6 anni fa con mia moglie, mi piace molto, non sono un campione, ma mi dà una sensazione incredibile. Poi amo fare foto, sistemarle, perderci tempo: mi ci diverto molto. Odio stare in casa a far niente, impazzisco se non ho qualcosa da fare, ho tanti amici e coltivo le amicizie, non voglio darle per scontate». Hai dichiarato che nel tuo futuro non ci sarà il basket: come ti immagini tra una decina d’anni? «Un giovane quarantenne; non ho paura di diventare grande però allo stesso tempo non voglio farlo. Voglio rimanere uno che si gode, nei limiti delle sue possibilità, la vita. Non so quanto sarò lontano dal basket, di sicuro lontano dal campo: non sarò mai allenatore, non amerei farlo qui, soprattutto con gli adulti. Non mi vedo a giocare fino a quarant’anni; amo quel che faccio come il primo giorno, però ho tante idee per il mio futuro. Mi piacerebbe avere testa e mani in tante cose, e sicuramente vorrei stare più tempo in Africa: amo andarci e mi spiace quando vengo via. Tengo i rapporti vivi ed è importante». Posso chiederti come sta andando il campionato e come siete messi o, scaramanticamente, non diciamo nulla? «Non sono scaramantico. Vado in campo per vincerle tutte, quello è l’obiettivo. Siamo in un bel periodo, siamo forti e ben allenati, quindi non vedo perché non possiamo lottare per vincerle tutte e arrivare ai playoff nella migliore posizione possibile. Sono metodico, non sono superstizioso: mi piace fare le stesse cose per arrivare pronto all’inizio delle partite. Conosco il nostro valore, quel che possiamo fare… Poi magari le perdiamo tutte e siamo fuori dai playoff, ma ho tanta fiducia nei miei compagni». In bocca al lupo «Crepi».
Educare con il basket: Slums Dunk
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a «un salto nel buio» proposto dall’amico ed ex compagno di squadra Bruno Cerella (giocatore dell’Olimpia Milano, ndr), alla costituzione di una onlus con progetti in evoluzione: è questo il percorso di Slums Dunk. «Grazie al contatto con Karibu Afrika Onlus, Bruno mi ha convinto a partire con lui: siamo arrivati a Nairobi, carichi di palloni, retine, divise, ecc. Abbiamo girato diverse baraccopoli, se c’era un canestro noi ci andavamo e facevamo una sorta di allenamento. È stato bellissimo: due bianchi di quasi 2 metri accolti da bambini africani che non avevano mai giocato a basket in vita loro. Una volta tornati volevamo fare in modo che il viaggio non rimanesse fine a sé stesso. Si è unito a noi Michele Carrea, capo allenatore del Biella, e abbiamo creato un progetto nel quale l’obiettivo a lungo termine è coinvolgere nelle attività di pallacanestro più bambini possibile, formare degli allenatori (uomini e donne) e costruire piano piano dei campi e delle scuole basket che possano dare a questi ragazzini innanzitutto una formazione di vita, un’educazione e un’attività che possa tenerli impegnati quando non vanno a scuola. Questo era il nostro sogno iniziale. Quasi 6 anni dopo il progetto è realtà, siamo una onlus, abbiamo coinvolto diverse persone e siamo più strutturati». È con un giusto mix di emozione, entusiasmo e consapevolezza che Tommaso mi racconta la storia: due ragazzi innamorati del basket hanno capito che proprio lo sport poteva essere la chiave per trasmettere cultura, valori e competenze. Hanno “storpiato” la schiacciata (slam dunk) e collezionato punti negli slums, senza accontentarsi di un intervento una tantum, ma imponendo continuità al progetto: «A giugno partiremo ancora, Bruno per lo Zambia, per completare
il lavoro e costituire una Slums Dunk Basketball Academy a Ndola, e io per il Kenya, dove le attività vanno alla grande, ma va fatta manutenzione ed è fondamentale dar continuità. In Italia, invece, stiamo realizzando un progetto con il comune di Milano per valorizzare i campetti di periferia: vorremmo appoggiarci alle società sportive con l’obiettivo di dare la possibilità ai ragazzi disagiati di fare attività sportiva in maniera gratuita, in strutture e con persone qualificate». E poi capita che si avverino sogni nei sogni: «Teddy ha iniziato a giocare a Mathare nel campo che abbiamo costruito noi e a febbraio è partito per il Maryland, dove grazie a una borsa di studio sarà ospitato da una famiglia, studierà e giocherà a pallacanestro per un anno. Non è una soddisfazione, è ancora di più. Il basket può dare anche solo la possibilità di avere una borsa di studio per Nairobi, un’opportunità per uscire dalla baraccopoli dopo la primary school. Parliamo di bambini e bambine che magari mangiano una sola volta al giorno… In Africa ho trovato grande passione e dignità, non mi hanno mai fatto sentire al di sopra di loro, ma uno di loro, sono riusciti a farmi sentire a casa in un posto che di accogliente non ha niente. I ragazzini che arrivano di corsa al campo sono la cosa più bella che abbia mai visto. Si buttano sul pallone per giocare con lo stesso spirito che avevo io da piccolo, quando aspettavo l’ora dell’allenamento facendo tiri su tiri fuori dal campo. Ovvio, non posso dire di rivedere me: io avevo milioni di milioni di possibilità in più, arrivavo all’allenamento in macchina, non con le scarpe del numero sbagliato o senza. La passione che ci mettono ci fa dire che stiamo facendo bene, e questa è la soddisfazione più grande». D.R. Marzo 2017 •
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Banche
BCC Treviglio, si farà la fusione? di Cristina Signorelli
Incontriamo il presidente Giovanni Grazioli per avere chiarimenti in merito alle sorti della banca
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a mesi circolano voci allarmistiche circa il futuro di BCC Treviglio, che, come sempre accade in queste circostanze, si alimentano di ipotesi e congetture che solo una risposta chiara e trasparente data dai soggetti interessati possono ridimensionare. Giovanni Grazioli, Presidente di Cassa Rurale, ha risposto con puntualità e rigore alle nostre domande, per chiarire e contestualizzare le voci che si rincorrono. Ne è emersa una visione di banca del futuro, che pur in accordo con i valori e la storia che la caratterizzano non ha paura di confrontarsi con altri soggetti e, soprattutto, mira ad essere protagonista nei futuri sviluppi del sistema. Presidente Grazioli, si parla di un’imminente fusione, è vero che ormai è cosa fatta? «Oggi non siamo in grado di dire se si farà o no. Ciò che posso affermare con chiarezza è che l’ipotesi di una fusione è stata prevista ben 3 anni fa. Allora, infatti, era stato elaborato un piano strategico nel quale si enunciava chiaramente che nel 2017 si sarebbero esaminati dei progetti di fusione. A novembre dello scorso anno, mentre era in corso l’ispezione di Banca di Italia, il Consiglio di Amministrazione di BCC ha indetto una riunione riservata nella quale, come previsto dal piano strategico, mi veniva conferito l’incarico, in qualità di presidente, di valutare, sia numericamente che in termini di fattibilità, un’eventuale fusione». Chiarito che questo progetto era già scritto, per forma e tempi di esecuzione, nella programmazione pluriennale che il CDA ha votato tre anni fa, cosa ha determinato la decisione di dare effettiva esecuzione a quell’impegno? «Abbiamo deciso di procedere con l’esame perché riteniamo che, con la riforma delle BCC ormai prossima, dobbiamo presentarci a questo epocale appuntamento del 2018 con una banca ben strutturata. Vorremmo giocare un ruolo importante all’interno del nuovo Gruppo, con la consapevolezza che la nostra banca ha enormi potenzialità. Possiede punti di forza importanti come il suo management, il territorio che gestisce, la capillarità del suo rapporto con i soci e con i clienti, ma, innegabilmente, vi sono aspetti che necessitano di essere rafforza-
ti. Primo tra questi il patrimonio, che ha dovuto scontare tre anni di perdite». Ci sta anticipando che anche il bilancio del 2016 registrerà una perdita? «Sì, è così. Non ho ancora la cifra precisa, ma prevedo si aggirerà intorno ai 15 milioni. Vi sono situazioni esterne alla banca che ancora non sono state definite, come il probabile nuovo intervento a sostegno del salvataggio delle 4 famose banche fallite (Banca Etruria, Banca Marche, CaRiChieti e CaRiFe, ndr) per il quale Banca Italia aveva chiesto un accantonamento di 1,5 milioni di euro, che ad oggi non sappiamo se verrà effettivamente imputato a conto economico o no». Da novembre ad oggi come ha proceduto relativamente al progetto di fusione? «Come dicevo, siamo consapevoli di avere dei punti deboli, ma sappiamo anche di possedere valori che devono avere un giusto riconoscimento. Oggi stiamo analizzando dei progetti di fusione. Innanzitutto identificare un partner e predisporre un piano industriale adeguato che garantisca una banca più solida. Ma, soprattutto, definire quegli accorgimenti che tutelino i nostri soci, i nostri dipendenti, i nostri clienti e il territorio sul quale operiamo da sempre e che è nostra ispirazione. Se riusciremo a costruire un
progetto che va in questa direzione ne uscirà una banca più forte e sarò favorevole a questo cambiamento, altrimenti, andremo avanti da soli». Non pensa che l’evolversi dei tempi e particolarmente la riforma delle BCC che si compirà l’anno prossimo spingano a coalizzarsi, piuttosto che proseguire il cammino da soli? «Sì il processo di concentrazione delle BCC mi pare inevitabile. Un gruppo composto da oltre 160 istituti, sottoposti a controlli centralizzati, prevedibilmente tenderà a facilitare fusioni e incorporazioni. Anche questa constatazione ci rafforza nell’analizzare con attenzione il progetto di fusione. Aggregarsi ad una banca importante, ed entrambe quelle attualmente all’esame sono due grandi realtà con oltre 600 dipendenti e circa 80 filiali (BCC di Carate Brianza e la BCC CentroPadana di Lodi, ndr), genererebbe la più grande BCC lombarda e una tra le maggiori cinque in Italia. È chiaro che questo ci darebbe l’opportunità di giocare un ruolo da protagonisti nell’evoluzione futura delle BCC». L’ipotetica fusione con una banca, certamente più forte, non comporta il rischio di essere fagocitati? «Innanzitutto parliamo di una aggregazione, ciò significa che, seppur possono esserci concessioni in termini di governance, dovrà essere certa e garantita la tutela della rappresentanza territoriale. Oggi è prematuro parlarne, ma si dovranno studiare norme, da inserire nei patti parasociali o nello statuto, che assicurino l’attività sul territorio, come una sede e l’autonomia territoriale, gestione da Treviglio dell’area di Bergamo, ecc. Queste sono condizioni prioritarie, che se non matureranno mi indurranno a proporre al CDA di non aderire al progetto». Quindi non è stata Banca d’Italia ad imporvi la fusione, pena il commissariamento? «Assolutamente no. Banca d’Italia dopo un’ispezione durata 75 giorni ha dato il suo assenso circa le scelte da noi compiute nel passato biennio, incluso l’esame di un’eventuale fusione. Non ci è stata comminata alcuna sanzione né tantomeno si è parlato di commissariamento. Anzi, le prime righe del verbale ispettivo riconoscono esplicitamente al CDA di aver svolto un serio tentativo di risanamento degli equilibri finanziari e di redditività, e una attività attenta di recupero delle pregresse inefficienze, che la precedente gestione aveva generato». Questi anni trascorsi in BCC non sono di certo stati facili per Grazioli. Misurarsi con una crisi economica globale che ha ulteriormente indebolito la situazione patrimoniale e di redditività della banca, e nel contempo, affrontare, con un ruolo non da comparse, la rivoluzione del sistema Casse Rurali, sono sfide che affronta con la prospettiva di ottenere alla fine una banca degna della sua storia e sempre protagonista sul territorio. Marzo 2017 •
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Aziende
Novità in CFL di Cristina Signorelli
L’apertura anche ai non soci, variazioni societarie e nuovi progetti che riguardano la Cooperativa Famiglia Lavoratori di Treviglio
L
a CFL, Cooperativa Famiglie Lavoratori, da più di quarant’anni è un importante punto di riferimento a Treviglio per i consumatori, fino ad oggi per la maggior parte soci. Una realtà che si rinnova per stare al passo con i tempi. In occasione dell’Assemblea Straordinaria, che ha ratificato sostanziali modifiche allo Statuto, incontriamo il Presidente Angelo Jamoletti. Presidente, da quando è stata formata ad oggi quali sono state le caratteristiche che distinguono la vostra cooperativa? «La CFL è nata come cooperativa di consumo nel 1972, su iniziativa di diverse famiglie che crearono un gruppo d’acquisto per fronteggiare gli aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari, che in quel periodo di inflazione a due cifre volavano. Nel 2012, poi, c’è stata la prima trasformazione in cooperativa sociale e di consumo, dove il termine sociale avrebbe potuto dare diritto a benefici fiscali, dei quali in realtà abbiamo usufruito pochissimo, e diversi altri adempimenti. Poiché oggi la normativa prevede che le cooperative sociali siano onlus, cioè organizzazioni non a scopo di lucro, e differentemente la nostra missione è vendere prodotti, abbiamo deciso di tornare alle origini, come cooperativa di consumo».
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In cosa consistono le novità sostanziali? «Innanzitutto l’apertura ai consumatori anche non soci. Infatti, sebbene anche in passato ci fosse un esiguo numero di clienti che non erano associati, il 93% del nostro fatturato è dato dalle oltre 4380 famiglie socie che vengono a fare la spesa nel nostro supermercato. Poi, come abbiamo detto, non siamo più cooperativa sociale, sebbene questa trasformazione sia più di forma che di sostanza. Infatti lo stile che ci contraddistingue è di totale attenzione alla gente, e lo spirito mutualistico delle nostre origini vive ancora oggi nelle scelte che operiamo quotidianamente. Un’altra importante modifica decisa in assemblea consiste nell’abolizione delle assemblee parziali, che facevamo abitualmente in vista di quella generale. Ciò è stato possibile per le leggi attuali che prevedono che cooperative, con oltre i 3000 soci ma con punti vendita presenti in una sola provincia, non hanno l’obbligo delle assemblee parziali. Diciamo inoltre che ad oggi le assemblee vedono una scarsa presenza dei soci, differentemente da quanto accadeva in passato». Oltre ai dipendenti presenti nel negozio di viale Piave, vi sono molti volontari che danno il loro contributo? «Sì, certo. Sono formati da volontari oltre agli organi sociali, anche le varie
commissioni, che si occupano di gestire, programmare e attuare i molti progetti e servizi che diamo ai nostri clienti, come per esempio la vendita di libri scolastici o i corsi di istruzione alimentare. Per adeguarci alle norme in vigore abbiamo anche costituito la Associazione Volontari CFL». Insomma, l’apertura ai non soci darà l’opportunità a tutti di usufruire della vostra lunga esperienza di vendita. È questo l’obiettivo? «Senza dubbio. Tutti potranno d’ora innanzi venire ad acquistare i nostri prodotti che da sempre garantiamo. Oltre a una selezione importante di biologico, oggi come ieri il nostro fiore all’occhiello, proponiamo carni e ortaggi a chilometro zero, oltre a una vasta scelta di alimenti per vegani e celiaci. Abbiamo sempre pensato che sia importante offrire la qualità rispettando i valori etici, quali il corretto uso del territorio e la giusta remunerazione del lavoro. Nel pieno rispetto dell’ambiente sono anche le scelte fatte in passato come l’impianto fotovoltaico e i nuovi adeguamenti di frigoriferi e illuminazione a led». La grande distribuzione è il vostro vero concorrente? «Direi solo parzialmente, infatti se è vero che i grandi gruppi d’acquisto riescono a ottenere scontistiche maggiori, noi ci focalizziamo su qualità del prodotto e attenzione al cliente. Certo il nostro obiettivo è anche quello di aumentare il fatturato, e in tal senso abbiamo allo studio nuovi progetti, ma prima di tutto abbiamo a cuore che chi viene a fare la spesa da noi riceva le giuste attenzioni. A volte scambiare due parole o un sorriso possono fare la differenza per molte persone. Insomma ci teniamo a dire che, chi entra nel nostro supermercato è il benvenuto come persona prima ancora che come cliente».
Urbanistica
Cassano: il Polo della Cultura di Stefano Dati
Imminente l’inaugurazione del nuovo auditorium
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alle ceneri del progetto per il Polo della Sicurezza nasce quello della Cultura, con al centro un auditorium da 300 posti. Una storia tribolata quella della nuova struttura pubblica in corso Europa, che nel mese di maggio sarà aperta al pubblico: un’opera dal costo di quattro milioni di euro che in qualche modo ha “scippato” il posto a qualcosa che, secondo molti cassanesi, sarebbe stato più utile alla comunità cittadina. In quel luogo, infatti, era stata programmata la realizzazione, voluta dalla giunta di Edoardo Sala, di presìdi per l’emergenza e la sicurezza, con spazi per molti uffici pubblici, fra i quali quelli della polizia locale e delle Poste Italiane. Dopo l’inaugurazione, avvenuta nel gennaio del 2011, di quello che doveva essere il cantiere del Polo della Sicurezza, con il successivo cambio degli Amministratori politici alla guida della città, nel mese di giugno di quello stesso anno, il progetto ha cambiato la sua natura, diventando un cantiere per la realizzazione del Polo della
Cultura e delle associazioni, con al centro l’auditorium. Per reperire i costi della nuova costruzione è stata selezionata l’area e ceduto un lotto, reso residenziale. Il cammino dei lavori per la struttura pubblica ha dovuto superare non pochi ostacoli: cantiere fermo per tre anni, a causa dei guai giudiziari che avevano coinvolto la ditta appaltatrice; il tutto ricominciato nel 2014 e dopo aver più volte annunciato e disatteso il termine dei lavori e l’apertura al pubblico, infine, nel prossimo mese di maggio i cittadini potranno finalmente ammirare quanto è stato realizzato nell’area denominata “Polo della Cultura”. Ultimate le opere, si apre ora la parentesi di come gestire l’Auditorium: mentre è tutto ben chiaro sull’utilizzo degli spazi che possono ospitare molte iniziative, è ancora tutto da decidere su chi dovrà prendersi cura dell’organizzazione degli eventi e dei progetti culturali che saranno troveranno posto all’interno della struttura. Le ipotesi in merito sono più di una. L’Assessore incaricato alla gestione dell’audito-
rium, Aristide Caramelli, sta vagliando le esperienze dei comuni limitrofi in merito a simili realtà pubbliche già avviate: «Facendo tesoro di quanto realizzato negli altri comuni, sto preparando una possibile bozza da sottoporre a sindaco e giunta in questi giorni. Considerando i costi elevati per una gestione di questo tipo da parte del comune, che è sia una grande opportunità che un problema, l’idea iniziale è quella di un bando pubblico alla ricerca di un unico operatore privato. Tuttavia, non è detto che si decida per l’appalto, si potrebbe vagliare anche l’ipotesi di una compartecipazione alla gestione fra ente pubblico e privati». Una struttura ben congegnata per soddisfare le esigenze di ogni tipo di eventi, nel nuovo palazzo pubblico in corso Europa: all’auditorium, di 384 mq e capienza 300 posti, saranno affiancati locali regia, uffici e sala riunioni; una reception al piano terra, un bar, sette aule con sala prove e servizi al primo piano ed uno interrato con spogliatoi artisti, locali per laboratori e mini auditorium (con circa 60 posti). Non sono mancate, nelle ultime ore prima dell’imminente inaugurazione, le polemiche politiche. C’è infatti chi ritiene che la nuova opera pubblica possa essere un doppione: il Polo della Cultura, di fatto considerato nelle dimensioni diverso dal Centro di Protagonismo Giovanile (CPG), già presente al dopolavoro, appare simile come proposta aggregativa. Arianna Moreschi, Assessore alla Politiche Giovanile in difesa del CPG, dichiara: «Si tratta di due progetti diversi: all’auditorium si concentreranno eventi ludico ricreativi culturali, mentre al CPG ci saranno invece quelli più educativi». Cerca di fare chiarezza sulla vicenda anche l’Assessore: «Non si è ancora ragionato sull’eventuale conflittualità delle due strutture – ha infatti spiegato Aristide Caramelli – è un argomento che tratteremo in maggioranza ed in giunta affinché non si facciano doppioni e si cerchi di differenziare le funzioni». Polemiche a parte, dopo il flop per l’apertura della tangenziale più volte annunciata, nel prossimo mese di maggio i cassanesi potranno ammirare finalmente un’opera pubblica portata a termine e messa a disposizione dei cittadini.
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Associazioni
Alla riscoperta della bellezza con “FAI Giovani Treviglio” di Daria Locatelli
Un viaggio tra i tesori artistici e culturali guidati dai ragazzi del Fondo Ambiente Italiano
S
tupore, meraviglia, sorpresa: sono le sensazioni che accompagnano chiunque di noi si trovi a incontrare in modo inaspettato qualcosa la cui bellezza ci conquista al primo sguardo. Tali emozioni diventano ancora più intense quando quello che desta la nostra attenzione fa parte di un panorama a noi familiare in cui, però, la frenesia quotidiana ne offusca l’osservazione. Quante volte sarà capitato di rimanere piacevolmente colpiti da uno scorcio, un edificio, un angolo, una struttura architettonica nel momento in cui gli occhi finalmente hanno avuto la possibilità di intercettarli e dirsi “accidenti, che spettacolo! Non me ne ero mai accorto, eppure ci passo accanto tutti i giorni!”. In effetti, come diceva Marcel Proust, “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel possedere altri occhi”. Ci sono occasioni che consentono di percorrere tragitti in cui lasciarsi sorprendere dalla bellezza che ci circonda senza allontanarsi troppo da Villa Torri Morpurgo, Calvenzano
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Presentazione di FAI Giovani Treviglio il 26 gennaio scorso
casa, magari proprio lungo le strade, i vicoli, i sentieri che riteniamo di conoscere, lasciando che lo sguardo sia nuovo e ci regali la piacevole scoperta, o meglio ri-scoperta, di innumerevoli beni, fino ad allora rimasti silenziosi. È questa la missione del Fondo Ambiente Italiano (FAI), Fondazione nazionale senza scopo di lucro, che dal 1975 ha come obiettivo la promozione di una cultura di rispetto di ciò che costituisce parte integrante delle nostre radici e identità: arte, natura, storia e tradizioni. Il FAI opera su tutto il territorio italiano attraverso una rete capillare di volontari organizzati in 116 Delegazioni, 14 Segreterie Regionali in 20 Regioni italiane. A partire dallo scorso gennaio la città di Treviglio è sede non solo della Delegazione Locale – che dal 2005 diffonde il principio del Fondo Ambiente Italiano “Per il paesaggio, l’arte e la natura. Per sempre, per tutti” nell’area della Pianura bergamasca – ma anche di un gruppo di ragazzi under 35 che ha costituito il gruppo FAI Giovani Treviglio (www. facebook.com /FaiGiovaniTreviglio).
«L’iniziativa – mi illustra la responsabile Paola Bezzi – è nata dal mio desiderio di diventare una volontaria FAI. Per questo motivo, insieme alla mia amica Stefania Cavalli, mi sono confrontata con Antonella Bacchetta, capo della Delegazione di Treviglio. È stato proprio grazie al suo suggerimento che ho deciso di coinvolgere altri giovani che condividessero con noi questo interesse per l’iniziativa. La rete di ragazzi si è via via allargata, fino alla costituzione, a luglio 2016, del gruppo che oggi conta 11 persone impegnate in modo attivo. Il 26 gennaio scorso abbiamo presentato in modo ufficiale “FAI Giovani Treviglio”, ricevendo 15 nuove iscrizioni e una decina di candidature come volontari». Un avvicinamento alla cultura e all’ambiente che si sta, quindi, diffondendo tra i ragazzi, una nota positiva in un’epoca in cui, soprattutto per le nuove generazioni, tutto è sempre veloce e digitale, dove i momenti in cui ci si ferma a riflettere o ad osservare sono rari e fugaci: «Non nascondo – prosegue Paola – di essere rimasta piacevolmente sorpresa dal
Ambiente coinvolgimento dei miei coetanei, non mi aspettavo questo successo. Sono convinta che si possa fare molto di più e superare tutte le difficoltà che si riscontrano nel trasmettere, specie ai giovani, i valori del patrimonio artistico e ambientale che abbiamo la fortuna di avere in eredità». Ed è proprio il dono della scoperta di ciò che ci circonda che i volontari del FAI veicolano con sorrisi e determinazione a coloro che accompagnano in occasione delle visite, uno sguardo nuovo verso i beni che costituiscono il nostro tesoro “a occhi aperti”: «Tutti coloro che partecipano alle visite portano con sé un senso di meraviglia nell’entrare a contatto con la bellezza racchiusa in monumenti e panorami del nostro territorio. Il compito della guida è quello di accompagnare gli altri in un percorso all’insegna dello stupore, ed è esattamente questo coinvolgimento che ricordo nelle visite che da bambina facevo in compagnia dei miei genitori e che, oggi, vorrei regalare agli altri. Per me il FAI non è soltanto un’iniziativa di volontariato o una causa da far vivere a un solo gruppo, ma è qualcosa di più grande e di tutti. In fondo cosa saremmo noi senza la storia ed i nostri valori?». Il gruppo FAI Giovani Treviglio è alacremente al lavoro nell’ideazione di una serie di iniziative atte a regalarci lo stupore della ri-scoperta del bagaglio culturale e naturalistico che ci circonda. Lo vedremo, a breve, coinvolto nell’organizzazione delle Giornate FAI di Primavera, in programma il 25 e 26 marzo prossimi, un evento – quest’anno ne ricorre il 25° anniversario – in occasione del quale si avrà la possibilità di partecipare a visite guidate, conferenze e manifestazioni collaterali dedicate a monumenti e opere d’arte del territorio, solitamente non aperti al pubblico. «La prima presenza attiva del nostro gruppo – conclude Paola – è avvenuta lo scorso ottobre, durante “FAI Marathon”, una manifestazione nazionale grazie alla quale, mediante itinerari tematici, sono state aperte le porte di palazzi, chiese, teatri, cortili delle nostre città, spesso trascurati e poco conosciuti. La nostra “passeggiata culturale” è avvenuta nel comune di Calvenzano, portando alla luce una serie di preziosi scorci del luogo prima inosservati. Io, per esempio, ho avuto modo di conoscere la meravigliosa Villa Torri Morpurgo – dimora del ‘700 ristrutturata nel rispetto dei canoni architettonici e storici originari, che è stata generosamente messa a disposizione dei visitatori dai proprietari – e ho visto nei visi di tutti i partecipanti la stessa mia emozione». È un viaggio che regala meraviglia alla vista e al cuore quello che attende chi si lascia guidare dai volontari del FAI, chi si ferma ad osservare, finalmente, con uno sguardo nuovo e attento la bellezza artistica e ambientale che ci attornia ogni giorno e che con discrezione cerca la nostra attenzione... Si tratta solo di ascoltarne il richiamo.
Campo dei fiori di Ivan Scelsa
Il fontanile di Mozzanica, uno specchio d’acqua immerso nella biodiversità
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rchiviato ormai il freddo inverno, l’arrivo del mese di marzo predispone l’animo (e la natura) ai colori ed i profumi della primavera. I sensi si risvegliano e con essi la voglia di uscire, di passeggiare all’aria aperta. Allora perché non approfittarne per conoscere nuovi scorci del territorio che viviamo? Immerso nel paesaggio tipico della pianura padana, nella campagna mozzanichese, al confine tra il comune di Caravaggio e le cremasche Sergnano e Capralba, scopriamo il fontanile Campo dei Fiori. Il fenomeno delle risorgive che lo caratterizza è dovuto alla struttura geologica ed alla composizione litologica del territorio, caratterizzato dalla presenza di argille e sabbie che, ostacolando il flusso della falda, favoriscono il riemergere delle acque permettendo di convogliarle in canali. Un paziente lavoro di ingegneria idraulica, questo, sviluppato principalmente dopo l’anno mille dai monaci Cistercensi, impegnati a bonificare e drenare le acque paludose rendendo le campagne coltivabili. Ben visibili e ben curate, nell’asta del fontanile, numerose polle costituite da cilindri di cemento o tubi metallici che, negli anni, hanno sostituito quelle in legno di quercia. La loro funzione è quella di captare l’acqua nel sottosuolo, favorendone la risalita in superficie. Dal capofonte, attraverso l’asta, l’acqua viene distribuita alle campagne per irrigarle e, fino a circa trent’anni fa, veniva utilizzata anche per la pratica della marcita, la coltivazione tipica regionale che consen-
tiva di tagliare l’erba anche nella stagione fredda semplicemente irrigando l’agro con un velo d’acqua continuo. Particolarità dell’acqua sorgiva è la temperatura costante tra gli 8 ed i 15°C, condizioni che favoriscono la diversità biologica nell’area. Nelle sue acque, infatti, si trovano pesci tipici come il ghiozzo e lo scazzone e poi, nel canale, altri propri degli ambienti acquatici fluviali, come il luccio ed il vairone. La rigogliosa vegetazione, poi, è formata prevalentemente da pioppo bianco, platano, salice, farnia, acero campestre, nocciolo ed ontano nero, con cui convivono essenze arbustive – come il sambuco nero, il prugnolo, il sanguinello, la lantana, la rosa selvatica ed il biancospino – che favoriscono la presenza di specie di uccelli importanti per la conservazione della biodiversità: nel loro sicuro abbraccio trovano riparo il merlo, il pettirosso ed il picchio rosso maggiore. A caccia di pesci, invece, troveremo lo stupendo martin pescatore. Ancor facile risulterà avvistare qualche gallinella d’acqua e, nel periodo invernale, nascosta tra i rami (anche di giorno), la civetta. Chi volesse raggiungere l’area del fontanile può percorrere una strada campestre che parte a sud dell’abitato di Mozzanica, a circa due chilometri. Oppure da Cascina Colomberone dove, superata la Roggia Alchina e la chiesa dedicata alla Madonna della Neve, sarà possibile arrivarvi seguendo il tracciato in direzione sud-ovest.
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I.P.
Casirate soccorso: affidabilità e competenza al servizio dei cittadini
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il 2012 quando un gruppo di quattro amici – James Pandini, Manola Tarenghi, Gianfranco Castagna e Tarcisio Morelli – decidono di dar vita a Casirate Soccorso, una realtà associativa senza precedenti sul territorio, che si occupa di servizi di trasporto privato su ambulanze ed altri mezzi attrezzati, ad esempio per il trasporto disabili; ma anche di trasporto sangue, trasporto dialisi, assistenza a manifestazioni sportive, rianimazione mobile e attività di informazione ed educazione sanitaria. Un’attività a tutto tondo che coinvolge ad oggi undici dipendenti e cinquantasei volontari, impegnati 24 ore su 24 in numerose attività di soccorso e trasporto, di cui si avvalgono anche molte strutture ospedaliere e centri medici convenzionati. Un progetto nella cui bontà i quattro hanno creduto fin dall’inizio, sebbene non fossero gli unici, come racconta il presidente James Pandini: «Andammo fino in Liguria per acquistare la prima ambulanza e quando esponemmo il nostro progetto all’azienda che allestiva le ambulanze, questa ci diede totale fiducia: ce ne consegnò tre, con la promessa di pagarle con i primi guadagni. Il lavoro arrivò subito e dopo qualche tempo ne acquistammo altre tre». Attualmente Casirate Soccorso dispone di cinque ambulanze, di cui due nuovissime; una di queste è stata inaugurata l’ottobre scorso insieme alla donazione del defibrillatore alla città, da poco installato nella piazza cittadina. Un momento che Pandini ricorda con
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commozione, poiché il mezzo è stato dedicato alla memoria di Giancarlo Colleoni, uno dei più assidui volontari dell’associazione, scomparso proprio in quel periodo, improvvisamente, all’età di 60 anni. Giancarlo è stato solo uno dei tanti pensionati – ma ci sono anche molti giovani e molti lavoratori – che si spendono senza risparmio per prestare attività di soccorso sui mezzi dell’associazione, la quale dispone anche di tre automediche e di due vetture civili, più il pulmino per il trasporto disabili. Con essi nel 2016 l’associazione ha effettuato 13.800 servizi, di cui molti in convenzione con strutture come il Policlinico San Marco, il Policlinico San Pietro,
l’Habilita Zingonia, l’Istituto Iperbarico, la Clinica Castelli (per vedere tutte le strutture convenzionate, le tariffe e i servizi offerti, vedi il sito www.casiratesoccorso.it). Duecentocinquanta circa sono le chiamate al mese per il trasporto di sangue, su un territorio di 586 chilometri quadrati, mentre il punto forte è costituito dal Servizio Dialisi, in convenzione con l’ATS Treviglio e Martesana. Sono infatti ben 95 i dializzati che a giorni alterni vengono accompagnati in ospedale, un servizio di cui i soci vanno particolarmente fieri, anche per il ritorno in termini di amicizia e vicinanza: «Ci sono persone che sono in dialisi da quindici anni – racconta James – con loro ormai c’è un rapporto speciale che va oltre il semplice servizio». Casirate Soccorso è molto attiva anche sul fronte dell’informazione e dei corsi di preparazione per volontari. Proprio a Casirate se n’è appena concluso uno con notevole successo, con la “promozione” di 18 nuovi volontari. A costoro viene chiesto un impegno di almeno tre turni al mese, una disponibilità sostenibile solamente con una forte
ASSOCIAZIONE VOLONTARI
CASIRATE SOCCORSO Alcuni momenti della cerimonia di inaugurazione della nuova ambulanza e della donazione del defibrillatore alla città di Casirate
attitudine e motivazione. Ma persone di buona volontà non mancano, come dimostra il nuovo team da poco formatosi, che sta lavorando con grande entusiasmo ed affiatamento. L’attività di formazione di Casirate Soccorso non si ferma mai, visto che è partito da pochissimo un nuovo corso a Calvenzano, anche questo con una notevole adesione di aspiranti volontari, seguiti da personale esperto del 118. L’iter prevede un primo modulo, della durata di 42 ore, che si conclude con l’abilitazione ad alcuni servizi, come trasporto, dimissioni, visite, dialisi. Un secondo modulo, invece, di 78 ore, abilita ad alcuni servizi di maggior impegno di pronto soccorso: tenuto da istruttori regionali del 118, partirà a settembre con i più motivati dei due corsi di primo livello. Casirate Soccorso propone anche lezioni per imparare ad utilizzare il defibrillatore automatico, pratica abbastanza semplice (che nei paesi del nord Europa viene insegnato nelle scuole) ma che necessita comunque di una fase di apprendimento. L’associazione ne tiene con assiduità presso società sportive e case di cura. Ma a breve partirà quello rivolto a un numero più vasto possibile di abitanti di Casirate D’Adda, in collaborazione con l’amministrazione comunale, per far sì che l’attrezzo da poco installato in piazza non rimanga un oggetto sconosciuto e soprattutto inutilizzato. Bastano cinque ore di corso, sotto l’esperta guida di Manola Tarenghi, per imparare a maneggiare questo strumento in grado di salvare una vita. Casirate soccorso è iscritta all’albo regionale Onlus e aderisce a FVSFederazione volontari del Soccorso, che ne garantisce l’affidabilità e la competenza.
SERVIZIO AMBULANZE 24 ORE
Trasferimenti Visite Dimissioni Centri Mobili di Rianimazione Dialisi in Convenzione con ATS/ASST Emergenza Sanitaria Assistenza Eventi Sportivi Manifestazione e Feste Trasporto Sangue/Emoderivati
Tel. 0363 1902464
CASIRATE D’ADDA (Bg) - Via Verdi, 12 www.casiratesoccorso.it info@casiratesoccorso.it Marzo 2017 •
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I.P.
Giovanni Ferrari: da sempre a fianco delle PMI di Daria Locatelli
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l Ragioniere Giovanni Ferrari (Tributarista I.N.T. dal 2013, con Studio Professionale in Viale Montegrappa 28 a Treviglio) da anni si occupa in prima linea di affiancare le imprese in materia di tributi e contabilità, nonché in consulenza paghe e contributi, attivazione d’impresa, finanziamenti ed agevolazioni, anche grazie alla sinergia con altri professionisti, offrendo, così, alle PMI del territorio un servizio ed un accompagnamento a 360°. Affrontiamo con chi, da oltre vent’anni, vive insieme alle aziende criticità e problematiche che caratterizzano il panorama economico e imprenditoriale, alcuni degli aspetti congiunturali e burocratici che esse possono incontrare lungo il proprio percorso di crescita e suggerimenti per poterli superare, contribuendo, così, alla ripresa di produzione, consumo e servizi. Quali sono i principali antagonisti di chi oggi vuole e si impegna a fare impresa? «Da tempo si sta vivendo, soprattutto per le Piccole Medie Imprese, compresi artigiani, commercianti e professionisti, una crisi lunga e duratura, per la quale non si vede, almeno per il momento, una via d’uscita. Sono numerosi i fattori che rendono difficoltoso il percorso delle persone rispettose del Diritto di fare impresa: la mancanza di liquidità; l’assenza di regole semplici, precise, efficaci e che non richiedano troppe interpretazioni; il venir meno di professionalità o di “imprenditorialità” (troppi si avventurano in attività aziendali senza avere delle idee precise, affrontando sfide che alla fine portano
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a chiusure anticipate, con conseguenti debiti pendenti verso istituti, enti, fornitori e, nel peggiore dei casi, anche verso i dipendenti); il non rispetto delle normative da parte di società o imprenditori che con prezzi improponibili distruggono il mercato, alimentando il mondo dell’evasione e portando via il lavoro e la clientela a chi, invece, è ossequioso della burocrazia e delle leggi che regolano il tessuto economico in cui operano». A proposito di burocrazia... «Oggi per un’impresa è difficile rimanere a galla sotto il peso della burocrazia. Sono troppi gli adempimenti fiscali, e non, che devono essere assolti. Mi ricordo che un tempo si era detto: “con l’avvento del tecno-
logico e del digitale si snelliranno le procedure e si semplificheranno gli adempimenti”. Purtroppo così non è stato. Ad esempio per aprire un’attività commerciale (oggi senza Smart Card e PEC non si può fare nulla) tra Agenzia delle Entrate, Registro Imprese, INPS, INAIL e, soprattutto, il complicatissimo e difficoltoso percorso della SUAP o SCIA comunale, è necessaria almeno una settimana e che tutti gli enti diano il benestare con la visura d’evasione, oltre al costo delle pratiche e dei diritti. A partire dal 2017 gli adempimenti fiscali, con la cosiddetta “lotta all’evasione”, non fanno altro che aumentare le scadenze dei professionisti e mettere in crisi le aziende, in quanto queste operazioni (spesometro trimestrale, comunicazioni dati IVA trimestrale, dichiarazioni dei redditi, IRAP, etc.) sono tutte a pagamento, pertanto noi professionisti aiutiamo il fisco ad effettuare controlli efficaci e veloci, tuttavia non siamo stipendiati dallo Stato, bensì dagli imprenditori: se un cliente non ci paga, di sicuro lo Stato non ci rimborsa (da qui l’eventuale adesione al prossimo sciopero dei professionisti)». Quali possono essere degli strumenti efficaci per le PMI per superare i punti critici? «Una mia idea, che da tempo cerco di proporre, ahimè, senza successo, è quella di evitare in modo assoluto l’aumento dell’IVA con una riduzione delle aliquote ed una loro omogeneizzazione: ne manterrei una ridotta del 4% (soprattutto in campo immobiliare), toglierei quella intermedia del 10% e proporrei un unico scaglione per tutto il resto (pari al 12%, massimo 15%). Un altro mio suggerimento è un controllo serrato e diretto al momento dell’apertura di una qualsiasi attività: oggi è troppo semplice creare una partita IVA in ogni campo e si dovrebbe imporre una fidejussione bancaria od assicurativa, di importi diversi in base al tipo di settore, evitando tantissime aperture destinate, poi, a distruggere il mercato. Un ulteriore punto per me importante è il federalismo fiscale: ritengo che sia fondamentale che tutto quello che viene versato come tasse debba contribuire allo sviluppo della regione e del comune dove si risiede (in termini di sanità, servizi pubblici, scuole e in ambito sociale). Un’altra battaglia a me cara riguarda il fisco amico, ovvero permettere al nucleo familiare di poter scaricare dalla propria dichiarazione dei redditi una percentuale più elevata del 19% per talune spese (soprattutto sanitarie): sono dell’idea che tutto quello che viene rimborsato a dipendenti e pensionati sia poi speso a favore delle nostre aziende, facendo girare l’economia e non il sommerso».
MatitaLibera di Bruno Manenti
Il premio Madonna della Lacrime conferito a Erminia Stucchi testimonia l’impegno straordinario di chi fa il bene senza far rumore; insegnante , catechista , colonna portante della parrocchia di San Zeno in Treviglio: una vita spesa al sevizio degli altri , sempre col sorriso sulle labbra Marzo 2017 •
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Personaggi
Cicetti, il dj che balla la vita di Daniela Invernizzi
Conosciamo meglio uno degli storici conduttori di Radio Zeta, tra ballo, canzoni e nuovi progetti
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i conosciamo da quasi vent’anni, durante i quali abbiamo fatto insieme, giorno dopo giorno, il lavoro più divertente del mondo: quello di speaker alla radio. Alessandro Benericetti, in arte Cicetti, è stato ed è una delle voci più amate di Radio Zeta, storica emittente di Caravaggio, ora in forze al gruppo RTL 102.5 con il nome di Radio Zeta l’Italiana. Con lui ho condiviso alcuni dei momenti più belli della storia di questa emittente, ed oggi, sempre colleghi radiofonici ma separati da fasce orarie diverse, lo ritrovo a Tribuna in procinto di realizzare una nuova avventura. Ma come è arrivato a Caravaggio questo romagnolo doc, che oggi vive a Misano Gera d’Adda in una corte, single con tre gatti a fargli compagnia? «Ho conosciuto Angelo (Zibetti, patron di Radio Zeta all’epoca, ndr) nel 1998 durante una cena. Lui mi chiese di venire a lavorare qui, dicendo: “Sei l’uomo che fa per me”». All’epoca infatti Radio Zeta aveva già intrapreso la strada della musica da ballo, specializzandosi in un settore fino a quel momento poco considerato dalle emittenti radiofoniche più grandi. E Alessandro era l’uomo giusto per un programma ad hoc, dato che il suo background stava proprio lì, nella culla della musica da ballo, la Romagna. Fu così che a poco a poco nacque il perAlessandro ospite a Antenna Tre
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sonaggio di Cicetti (il nomignolo deriva dalle frequenti storpiature del suo cognome da parte degli ascoltatori): non solo uno speaker della radio, ma un animatore in grado di trascinare gruppi consistenti di ascoltatori in vacanza, di riempire le piazze e fare dischi. «Non sono un vero cantante – si schermisce lui – tutto è nato per scherzo, ma ad oggi sono già al quinto cd!». Lo “scherzo” fu in realtà una gag ben costruita in cui Cicetti convinse gli ascoltatori di avere un asino, che chiamava
“jeep col pelo”. Un autore sentì il tormentone e decise di scrivere una canzone: «Fu un successo nell’ambiente, tanto che ancora oggi – sono passati quindici anni – durante le serate vengo avvicinato da giovanotti che mi confessano di essere cresciuti canticchiando la “ jeep col pelo”». Le sue canzoni sono scherzose, orecchiabili, a volte irriverenti, ma mai volgari. Da serata in compagnia. E funzionano. Come ti è venuta questa passione per il “liscio”? «Innanzitutto sono nato in Romagna, quindi è quasi d’obbligo crescere a pane e liscio, specie se settimanalmente ti vedi arrivare l’orchestra di Raul Casadei praticamente fuori casa, che riempie la balera (lo storico locale Le Cupole di Castel Bolognese) e fa divertire la gente. Ovvio che l’imprinting non poteva essere che quello. In seguito ho conosciuto un personaggio mitico di quegli anni, Renzo il rosso, con il quale ho cominciato a fare radio più seriamente (avevo già iniziato nel 1976, fondando la radio del paese). Avevamo l’esclusiva di riuscire a portare Casadei alla radio, in un’epoca in cui l’orchestra non aveva
neanche il tempo di respirare. Poi ho cominciato a fare l’animatore sulla Nave del Sole, sempre con Casadei: minicrociere in cui si portavano in giro i turisti, si ballava e si mangiava il pesce appena pescato». A questo punto scatta la lacrimuccia amarcord… Credo che chiunque abbia fatto le vacanze in Romagna negli anni ‘70-80 sa di cosa stiamo parlando. «Era l’epoca d’oro del liscio e quindi ho continuato su quella strada. Per le edizioni musicali Galletti Boston ho realizzato un format, “Ballo è bello”, che andava su ben 120 radio locali in tutta Italia. Poi ho lavorato con radio Capodistria, ospite del programma condotto da Luciano Minghetti. Fino a che non sono venuto in terra lombarda per lavorare a Zeta». Cosa ti è rimasto dell’esperienza della “vecchia” radio Zeta? «Da Zeta ho avuto tutto, mi sono creato un personaggio, ho fatto dischi, tantissime serate… Ma soprattutto mi è rimasto un rapporto molto speciale con gli ascoltatori. Chi mi conosce lo sa: essendo single, vado a cene, feste, persino in vacanza con loro. C’è un rapporto di amicizia che va ben oltre il lavoro». Cosa fai a Radio Zeta l’Italiana? «Attualmente sono in onda con Sara Calogiuri nel programma “Pane, amore e Zeta” dalle 12 alle 14. È un’esperienza diversa da prima e molto importante, poiché siamo praticamente in tutta Italia. La considero una grande opportunità, anche se non faccio più musica da ballo». Qual è la cosa più difficile in questo mestiere che tanti ci invidiano? «Il dover essere sempre in forma, pronto a tenere allegria; sarà scontato, ma è davvero così. Fare questo lavoro non ti esonera certo dall’avere problemi personali, dolori, tristezze; ma ciò non deve mai trasparire. Quando si apre il microfono bisogna essere pronti a dare gioia e positività a chi ti sta ascoltando».
Tribuna TV dedica un format alla musica da ballo
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resto l’amico Cicetti entrerà a far parte della squadra di Tribuna Tv. Partirà infatti a breve un nuovo format che non mancherà di attirare la curiosità dei suoi numerosi fans e che sarà visibile sul nostro portale www. tribunatv.tv. Alessandro sta studiando la realizzazione di una fascia quotidiana di intrattenimento, della durata di circa 20 minuti, nella quale ospiterà un artista (o magari anche un’intera orchestra!) con cui converserà di musica, canzoni, curiosità e gossip, intervallato da www.tribunatv.tv videoclip musicali. NIF PA
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Alessandro in una serata al Teatro Ariston di Sanremo
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La striscia andrà in onda due volte al giorno, presumibilmente nella fascia mattutina e nella fascia serale in replica. Con questo format e grazie al personaggio di Cicetti, Tribuna Tv va incontro alle richieste di un pubblico numeroso che ama la musica da ballo e che vede in Alessandro un sicuro punto di riferimento, non solo per la sua pluriennale esperienza radiofonica e di intrattenimento nelle piazze, ma proprio per la sua amicizia – vera – con quasi tutti gli artisti di questo allegro mondo musicale. Lo spettatore si sentirà coinvolto in gag divertenti e piccoli gossip sull’artista, che Cicetti non mancherà di portare allo scoperto, sempre con tono scanzonato e mai volgare, tipico del suo stile. D.I.
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Sostenibilità
A Fara Gera d’Adda i sogni prendono forma a tempo di musica di Lucia Profumo
In paese operano in perfetta armonia una scuola di musica, un’associazione per il tempo libero, e un orto partecipato molto molto speciale; perché “se l’unità di misura fosse l’unicità, tutti avremmo le stesse possibilità”
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ontinua la nostra ricognizione su esperienze in linea con gli obiettivi di sostenibilità di Agenda 2030. Dopo l’esperienza virtuosa di un Comune, Curno, questo mese abbiamo fatto visita ad una realtà unica nel panorama del Privato sociale. Entro in una realtà davvero fuori dal comune, e dapprincipio non è facile raccapezzarsi; per questo mi faccio guidare da Virna Grazioli, che di questo vulcano di iniziative è cofondatrice, anima e propulsione perenne. È sabato sera di un weekend per sua definizione “da incubo” e riesce a ritagliarmi solo un’ora. Ma gli occhi brillano e il sorriso è radioso, e penso che come incubo non deve essere poi tanto male. Cerchiamo dunque di fare ordine. Come nascono queste iniziative? «Siamo partiti dai corsi musicali; nel 1991 io e altri tre compagni di conservatorio volevamo diffondere la musica in una zona in cui non c’era nessuna iniziativa di questo tipo. Dopo una fase di sperimentazione iniziale abbiamo dato vita a “1000 note per educare”, che oggi è una cooperativa sociale, e che si è sviluppata su percorsi non solo musicali ma anche di pittura, danza, teatro, espressione corporea, coinvolgendo oggi oltre 100 allievi e una ventina di docenti». E perché anche un’associazione di volontariato? «Con l’inizio dell’insegnamento (Virna Grazioli è insegnante di musica alle scuole medie ndr) ho incontrato la disabilità. Non ero soddisfatta dei percorsi proposti ai bambini con difficoltà, che
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troppo spesso li escludevano dal cammino con il resto della classe, e privavano quest’ultima di risorse preziose. Così abbiamo iniziato a organizzare nella nostra scuola dei laboratori informali al sabato pomeriggio, aperti a tutti. Da questi primi esperimenti è nata l’associazione “Al di là del mio naso c’è”, che dal 2004 è anche ONLUS. È uno spazio per allenarsi a guardare oltre il sé, in cui “ fare la differenza”, cogliendo tutte le diversità come unicità e irripetibilità. Uno spazio in cui non ha senso parlare di disabile e normodotato, perché ciascuno è semplicemente libero di essere se stesso». Quali sono i numeri e i confini della partecipazione a questa avventura? «Ad “Al di là del mio naso c’è” partecipano oltre 50 bambini e ragazzi impegnati in un percorso di crescita che li porta gradualmente a mettersi al servizio degli altri. I nostri ragazzi vengono da Fara ma anche dai paesi limitrofi e, in alcuni casi, anche da lontano. Tra le opportunità offerte laboratori ludici, esperienziali, creativi, manipolativi, poi eventi, tempo libero e vacanze da trascorrere insieme, percorsi di crescita per adolescenti e giovani, occasioni di coinvolgimento e formazione per genitori e adulti in generale». Di quali spazi usufruite? «Gli spazi sono purtroppo una nota dolente; dopo i primi anni in cui siamo stati ospitati dal Comune di Fara, la scuola di musica e l’associazione oggi hanno sede
in un edificio privato in via Cattaneo; avremmo però bisogno di spazi più ampi, tipo cortili e palestre, per poter svolgere le nostre attività in sicurezza e al meglio. Per questo contiamo sull’aiuto dei Comuni da cui provengono i nostri ragazzi e sulla disponibilità degli enti che hanno in gestione spazi anche solo parzialmente inutilizzati. Da parte nostra ci offriamo come risorsa alle nostre comunità». E poi si arriva all’orto… «L’orto nasce grazie alla donazione di un terreno con il vincolo di utilizzarlo a fini sociali. Ed il contatto profondo con la Terra è proprio il tassello che mancava. Perché è da lì che veniamo, è lì che risiede il nostro futuro, è lì che tutto ha origine nell’alternarsi delle stagioni. E perché lavorando gomito a gomito si cementano le relazioni e si acquisiscono competenze. L’orto è adesso fermo in un periodo di progettazione che porterà, ci auguriamo, alla nascita di una cooperativa sociale per il reinserimento lavorativo di persone in condizioni di fragilità, di una scuola per l’infanzia “nel bosco”, e fornirà materia prima al Gruppo di Acquisto solidale che, già operativo, per il momento si approvvigiona altrove». Come riuscite a gestire la complessità senza perdervi e come vi dotate delle competenze necessarie a sviluppare tutte queste attività? «Sulla competenza siamo inflessibili: così come per la parte musicale, nella quale ci distinguiamo per la preparazione degli insegnanti, anche negli altri campi i nostri educatori, animatori, insegnanti e volontari si formano costantemente per poter dare un con-
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tributo qualificato. Spesso poi incontriamo persone che si uniscono a noi e mettono a disposizione competenze importanti». Sta per scadere l’ora a mia disposizione e non abbiamo ancora parlato di Poliedro. «Il Centro artistico Poliedro è lo spazio in cui tutte le attività, le idee, i servizi e i sogni delle tre diverse realtà (scuola di musica, associazione culturale e orto) si mischiano, si contaminano, si armonizzano e trovano coerenza globale. È qui che, confluendo nel Direttivo, i responsabili delle tre organizzazioni delineano congiuntamente le linee strategiche, è qui che vede la luce il progetto educativo che guida l’agire di tutti, è Poliedro che sintetizza in un’unica Carta dei servizi l’offerta globale di risorse e opportunità. Il nostro pensiero è custodito nella missione che recita “il poliedro, a differenza della sfera nella quale ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro, valorizza le differenze, mantiene l’originalità di ciascuno, unisce la molteplicità dell’essere in armonia”. Per questo i progetti esposti nella carta dei servizi di Poliedro non sono un mero catalogo, ma il frutto di cooperazione e compartecipazione delle tre realtà che compongono il centro. In questo modo ci proponiamo al territorio (istituzioni, Enti Locali, famiglie, privato sociale) in modo univoco, ma articolato in tre distinti filoni di attività, percorsi di arte, progetto tempo libero e progetti poliedrici, che sono il nostro modo di mettere a disposizione risorse per costruire insieme benessere sociale. Una realtà sfaccettata e multiforme che è ricca, complessa, unica, meravigliosa e mutevole, come la Persona che noi mettiamo al centro di ogni nostro sforzo». Il mio spazio è ahimè finito; lascio Virna alla sua serata con gli adolescenti e torno a casa rimuginando i molti stimoli ricevuti. Mi torna alla memoria lo slogan su una maglietta che diceva “da vicino nessuno è normale”. Virna ha ragione. Da vicino è molto, molto meglio che normale. Anche questa è sostenibilità.
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Da fare 28 • tribuna magazine • Marzo 2017
Ricordo
Raul: ho più di un amico in te! di Gabriele Lingiardi
La presenza preziosa di un ragazzo speciale vive nel ricordo di quanti continuano a volergli bene
“H
ai un amico in me”. È questo il titolo di una delle canzoni preferite da Raul Censi. Il brano fa parte della colonna sonora del film Toy Story, e racconta dei legami che la vita forma tra le persone. Quelli inscindibili e veri, che resistono oltre il dolore e la fatica. Raul ci ha lasciato lo scorso 6 febbraio all’età di 18 anni. La sua scomparsa, nel dolore dell’assenza, ha dato modo a molti amici di incontrarsi per l’ultimo saluto. Raul ha raggiunto in cielo sua sorella gemella Serena, scomparsa prematuramente all’età di 15 anni. “Se la strada non è dritta ci sono duemila pericoli” continua il testo della canzone interpretata dal personaggio Woody (di cui Raul custodiva gelosamente il pupazzo). La strada di Raul e Serena non è stata sicuramente semplice ma, allo stesso tempo, il loro viaggio è stato importante e ammirevole per chi li ha incrociati nelle diverse circostanze della vita. I due fratelli vivevano su una sedia a rotelle, hanno subito diversi ricoveri negli ospedali, spesso il dolore fisico ha accompagnato i giorni e le notti, ma nulla di questo ha impedito alla loro sprizzante vitalità di emergere. Quanti interessi, quante relazioni, quante risate, quanti film, libri, musica e quante uscite. Fra le molte molte costanti che hanno caratterizzato la vita di Raul e Serena ne evidenzio due. La prima è stata sicuramente l’amore incondizionato e totale del papà e della mamma.
La fatica dello scorrere delle giornate così impegnative, per le tante attenzioni che i due ragazzi richiedevano, non ha prevalso sull’amore forte e vero dei genitori declinato in tanti gesti e parole di attenzione, cura e affetto. Sono stati amati tanto Raul e Serena: lo capivi guardandoli vivere e accogliere ogni esperienza (anche i ricoveri ospedalieri) fidandosi sempre della presenza della mamma e del papà accanto a loro. Premurosi e sereni, Oscar e Gianna sono un esempio di incredibile umanità. “Raul ci ha insegnato a prenderci cura delle persone a noi care perché, in fondo, sono l’unica cosa che conta”, ha detto Gianna durante la celebrazione del funerale del figlio. La seconda costante è stato uno sguardo furbo, spesso ironico sul mondo. Lo sguardo dolce da principessa di Serena e lo sguardo fiero da eroe di Raul. Come hanno ripetuto spesso i compagni di Raul “non era possibile incrociare il suo sguardo e passare oltre, gli dovevi restituire qualcosa, anche solo un sorriso, una battuta spiritosa”. Gli amici ricordano anche il suo modo di comunicare intenzionalmente attraverso il “sì” e il “no” e la risata forte e decisa che contagiava tutti. Attraverso un bacio o una linguaccia Raul riusciva a raccontare anche la sua passione per i supereroi (Captain America prima di tutti), la forza degli Jedi di Star Wars, e i cavalieri medievali. Chissà se, qualche volta, si sarà accorto che per noi, suoi amici, era lui il vero eroe!
“Ti basti solo ricordare che...” continua a cantare Riccardo Cocciante nella canzone sopracitata. E i ricordi non sono mancati in questi giorni. Gli amici di Raul della scuola elementare hanno voluto condividere due “perle” che saranno custodite nel loro cuore: “la prima è il sorriso con cui ogni giorno Raul ci accoglieva e che ti rimane impresso perché sincero e vero. Un sorriso che, chiudendo gli occhi, ti appare immediatamente e il cui pensiero ti fa sorridere a tua volta. Un sorriso che ci ha accompagnato e che ci accompagnerà per il resto della vita. Il secondo ricordo è la forza di Raul, che nessuno di noi mai avrà, ma che ci accompagnerà in tutte le nostre scelte, nelle nostre gioie e nei momenti difficili, perché una parte di lui ci appartiene e farà sempre parte di noi. Siamo tristi in questo momento di dolore, ma vogliamo mostrarci felici perché è così che lui ci vorrebbe!”. “...che c’è un vero amico in me!”. Così finisce il ritornello della canzone che gli era così cara. E forse ora abbiamo capito il perché Raul la ascoltasse sempre volentieri: non solo perché la musica e il testo gli piacessero veramente, ma anche perché le parole e il loro significato, forse, erano il messaggio che Raul voleva dedicare ad ognuno di noi. Ecco quale era il segreto di quello sguardo così profondo, che ti arrivava dritto al cuore: c’è un “vero amico in te anzi più di un amico in te”!
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Teatro
Cultura al gusto di Carciofi Rossi di Maria Gabriella Bassi
T
utto si può dire di Treviglio, ma non che non ami il teatro. C’è sempre stata questa passione: dal teatro dialettale al teatro impegnato, dal mimo al teatro danza. Tutti amano questa nobile arte, lo testimoniano tutti gli spazi che la città offre, dal bellissimo Filodrammatici in stile liberty, al nuovo e capiente TNT. Ma ci sono anche spazi meno ampi, piccole nicchie dove gli attori prima e gli spettatori poi si ritrovano per godersi l’evento in originali prove aperte rivolte ai soci dell’associazione. Uno di questi è in via Zenale, in un vecchio palazzo d’epoca. Qui un gruppo di giovani, guidati da Claudio Cerra, membro fondatore dell’Associazione Culturale
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Carciofi Rossi, mette in scena un repertorio originale e interessante. Per lo più sono rivisitazioni classiche, Shakespeare, Beckett, Pirandello, Euripide, Pasolini, per fare alcuni esempi, ma altresì nuovi testi dove si propongono riflessioni e suggestioni su personaggi anche minori dei testi classici.
Interessante è la recente proposta di una rivisitazione dell’Otello shakespeariano, presentato dal punto di vista di Iago, e Artemisia, messinscena nella forma del teatro-danza delle vicissitudini della famosa pittrice del 1600, e della sua relazio-
ph Rossoni
Le forme artistiche legate al teatro e alla danza sono al centro della ricerca e dell’offerta dell’Associazione culturale trevigliese ne di odio e amore verso il padre Orazio Gentileschi. Del resto, lo stesso Cerra dichiara: «La mia poetica ha le fondamenta nell’uomo e nel suo tentativo-bisogno di conoscenza, una necessità che si acquieta solo attraverso lo svelamento, in un movimento che oserei definire “ fuori di sé”». E che altro è il teatro se non un “dentro e fuori dal sé”? Con gli attori al di qua e gli spettatori al di là di una linea convenzionale, che oggi è il palcoscenico ma che può anche non esserci fisicamente, tanto è forte la finzione scenica. L’Associazione Carciofi Rossi si forma a Milano nel 2008, poi si sposta verso la periferia fino a fermarsi fra Calvenzano e Treviglio. Frequentata da giovani talentuosi, cerca di coinvolgere altri ragazzi in modo intelligente e stimolante. I componenti dell’associazione (totalmente autofinanziata), in bilico fra laboratorio di ricerca e compagnia teatrale vera e propria, si occupano e danno spazio a tutte le forme artistiche legate al teatro, movimento, danza, gesti. Il direttore artistico Claudio Cerra ha una formazione da autodidatta; oltre ad essere regista, macchinista e scenografo è anche pittore. E di notevole talento. «La pittura è fatta soprattutto per se stessi e, nella misura in cui è veramente coraggiosamente onesta, lo è anche per l’altro. Quindi dipingo per esprimere le cose, per dare forma a ciò che ancora in me non ne ha. Nel momento in cui si riesce è “com-presa”». Inutile, però, cercare di comprendere l’origine dello strano nome che, sembra, sia legato a ricordi personali di un fondatore della compagnia e che è ormai assunto come segno distintivo di una provocazione e stimolo, senza peraltro dover necessariamente trovare una risposta. È l’arte. E l’arte non si spiega.
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T I N T E G G I AT U R E PITTURE DECORATIVE
Calvenzano: Rassegna teatrale 2017 di Daniela Invernizzi
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orna anche quest’anno la prestigiosa rassegna teatrale “Il teatro racconta…” organizzata a Calvenzano da Umani Teatri e Arhat Teatro, con il contributo dell’amministrazione comunale. Cominciata il 28 gennaio scorso con lo spettacolo “Origami su Hiroshima”, in omaggio alla giornata della memoria, la rassegna, giunta quest’anno alla sua seconda edizione, ha come filo conduttore di tutti gli spettacoli, che hanno cadenza mensile sino a giugno, il tema dell’Incontro: un approfondimento sui rapporti e le relazioni fra i generi. «È anche un incontro fra
amici – sottolinea l’organizzatore Luciano Moriggi – poiché ospitiamo compagnie teatrali di alto livello, ma che riusciamo ad avere grazie all’amicizia che ci lega». Spaziando in diversi generi, dal teatro classico a quello di ricerca, dal teatro danza fino alla danza vera e propria, la rassegna propone per la prima volta anche momenti di riflessione legati al tema trattato, come ad esempio il dibattito con il pubblico dopo la rappresentazione del 29 aprile (“Le ombre del buio” – origini (quasi) nascoste della violenza di genere – cui segue il dibattito con Cristiana Ottaviano, sociologa dell’Università di Bergamo). In un’ottica di coinvolgimento sempre maggiore del pubblico sono previsti anche momenti pratici, come ad esempio quello legato al prossimo spettacolo, in programma sabato 25 marzo, con la compagnia di danza contemporanea Fattoria Vittadini/Sosta Palmizi, che presenta “Viale dei Castagni, 16”, la quale terrà la sera prima e la mattina dopo lo spettacolo un laboratorio di danza contemporanea (per iscrizioni 3271019631). Tutti gli eventi godono del patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del Claps (Circuito Lombardia Arti Pluridisciplinari), a sottolineare il livello elevato delle rappresentazioni, come evidenziato più volte dal regista Pierluigi Castelli, di Arhat Teatro, che ha voluto ringraziare il sindaco di Calvenzano Fabio Ferla per il coraggio e la lungimiranza dimostrata in questi due anni di grande teatro. I numeri sembrano dare ragione a questo fortunato sodalizio, con un riscontro di pubblico di tutto rispetto. Questi gli altri spettacoli, oltre a quelli già citati: - Sabato 20 maggio “Riconoscersi isola” compagnia teatrale delle Ali Teatro - Venerdì 23 giugno “Amor sacro, amor profano” - Teatro Tascabile di Bergamo. Tutte le rappresentazioni si tengono alle 20.45 presso l’Auditorium comunale Largo XXV Aprile.
di Lazzarini Luigi & C. s.a.s. Via Milano 69/D 24047 TREVIGLIO (BG) Tel. e fax 0363 419406 Cell. 3356259152 e
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Mostre
Periferie di Valentina Simone
La prigionia come emarginazione: la riflessione artistica di Gianluca Leva sui molteplici significati del concetto di “periferia”
G
ph Appiani
ianluca Leva, trevigliese stabilitosi a Bergamo oramai da diversi anni, concepisce la propria produzione artistica come un processo lavorativo attorno all’essere umano, uno studio sulla sua complessità e sui rapporti che intrattiene con l’ambiente e la società che lo circonda. Indagine di questo tipo è quella che ha portato alla realizzazione della mostra Prisons Capitolo primo – Periferie – Percorsi per periferie, tenutasi dal 21 gennaio al 5 febbraio presso la Sala Crociera di Treviglio, nella quale sono state esposte opere realizzate tra il 2015 e il 2016. Ponendo un’attenzione tutta particolare alle innumerevoli sfaccettature dell’uomo
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contemporaneo, Leva ne ha voluto indagare, in questa occasione, la condizione di prigionia come emarginazione, strettamente legata al concetto di periferia, da intendersi nella molteplicità delle sue accezioni. Periferia come luogo fisico, ai margini della città, sede di incontri casuali e di un’umanità diversificata, zona confusa, di transizione ed in continua evoluzione, in contrapposizione al centro quale sede della società sviluppata, ordinata. Ma periferia intesa soprattutto come stato d’animo e concezione di sé stessi che porta all’autoesclusione, comportando necessariamente una situazione di prigionia quale assenza di libertà e mancanza di desiderio, strutture imprescindibili del vivere.
La mostra temporanea comincia con i Percorsi, quadri lignei di piccolo formato, sui quali l’artista ha lasciato interagire tra di loro diverse sostanze pittoriche, intervenendo con segni voluti e definiti che sono riproposti simili in diversi riquadri, come continui richiami che costringono il visitatore a tornare sui suoi passi, impedendogli un percorso lineare. Essi nascono come “appunti” dell’artista, da lui scelti ed analizzati all’interno di riflessioni più vaste sul tema prescelto ed annotate su fogli di carta, questi ultimi relegati però alla sfera del privato, non da esporre. Attraverso questi riquadri ai quali è invitato ad avvicinarsi, per meglio fruire di una visione microscopica, lo spettatore è condotto alle opere centrali, di grandi dimensioni, le Prigioni, realizzate con materiali di recupero; l’idea di impiegare rifiuti, prodotti destinati allo scarto quali scatole da imballaggio, cellophane, confezioni di generi alimentari, è strettamente legato alle periferie, ai prodotti che abbondano in luoghi qui collocati, quali le discariche, site per eccellenza ai limiti degli agglomerati urbani. Davanti ad esse il visitatore è obbligato a modificare la sua visuale prospettica, costretto a retrocedere per passare ad una dimensione
CENTRO GOMME
ANTONIO
macroscopica e fruire delle installazioni nella loro completezza. La casualità che sembra dominare queste composizioni è però solamente apparente, poiché per la loro realizzazione l’artista ha operato un lavoro di progettazione a priori, concepito solamente in seguito ad uno studio attento dei materiali da impiegare e dalle possibili interazioni tra loro: il risultato finale è raggiunto consapevolmente, attraverso la sovrapposizione di più strati di diversi materiali e colori, per ottenere precisi effetti plastici e cromatici, partendo dagli elementi primi per arrivare, attraverso una sapiente costruzione ed al filtro del vissuto e della quotidianità dell’artista, ad una struttura conclusiva. Tra queste ne emerge una in particolare che è indicata da Leva come sperimentazione anticipatrice delle sue prossime opere (d’altronde già il titolo lascia presupporre che questa esposizione sia solamente la prima di una serie), come continua sovrapposizione di lavori posteriori a quelli già realizzati, frutto di riflessioni multiple, chiudendo idealmente la mostra temporanea ed allo stesso tempo aprendo le prossime considerazioni dell’artista sull’uomo, nel contesto del suo presente ma con uno sguardo al possibile futuro.
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Il Barocco in Gera d’Adda, per illudere e intimorire
ph Appiani
Architettura
di Elio Massimino
Uno stile fastoso che segna la Controriforma e il declino dell’Italia
I
sue Signorie erano accolti con ogni riguardo nelle corti europee. E il Papa, ora barricato in Castel Sant’Angelo, aveva visto contemporaneamente alla sua corte Michelangelo, Raffaello e Leonardo Da Vinci. Raffaello era morto da poco a Roma (1520), così come Leonardo (1519), ma in Francia dove era Baldacchino, Santuario di Caravaggio “emigrato”. Michelangelo invece, rimasto legato ai papi che si sarebbero langelo però non uscì mai allo scoperto e nosucceduti nel corso della sua nostante a Roma si mormorasse che avesse lunga vita, morirà a Roma nel simpatie luterane, la Santa Inquisizione non 1564, dopo aver vissuto ap- trovò mai la prova decisiva per incriminarpieno il travaglio della Rifor- lo. Il Buonarroti però, consapevole della sua ma. La più moderna ricerca pavidità, si identificava con Nicodemo, che filologica e storico-artistica solo di notte visita Gesù (Giov. 3,1-21) meninfatti non ha dubbi sulla sua tre di giorno non ha il coraggio di seguirlo critica ai vizi della Curia e e vuole apparire come un ligio fariseo. Per sulla sua tormentata attenzio- questa ragione nella Pietà Bandini il volto ne verso le tesi luterane. Lo di Nicodemo, che regge il corpo di Cristo, testimoniano molti suoi scrit- in realtà è un suo autoritratto e nella Pietà ti e la stretta amicizia con la Rondanini oggi si ritiene plausibile che sia marchesa Vittoria Colonna, un Michelangelo/Nicodemo a reggere il oltre alla vicinanza a perso- Cristo, non la Madonna come da tradizione naggi come i cardinali Ga- (Claudio Strinati, Philippe Daverio). L’insparo Contarini e Reginald compiutezza dell’opera, sempre secondo i Pole, inutilmente sostenito- due storici dell’arte, non è stata dovuta all’eri del dialogo con il mondo tà del maestro, ma piuttosto a una sua scelta protestante. Il Cristo adirato drammatica. L’arte è influenzata dallo spirito dei del suo Giudizio universale, posto nella sala in cui si eleg- tempi, anzi lo rappresenta e dunque gli gevano i pontefici, si rivolge sconvolgimenti di quella prima metà del in realtà ai cardinali (Claudio ‘500 non potevano non toccare il granStrinati) i quali, giustamente dioso stile pittorico ed architettonico ri(dal loro punto di vista), sen- nascimentale, che aveva accompagnato tendosi presi di mira voleva- circa un secolo prima la fioritura dell’uno far distruggere l’opera col manesimo. Lo stile rinascimentale nelle pretesto delle nudità. Miche- sue ultime battute tende a perdere l’equilibrio tra forma e contenuto e, in un contesto politico in cui è rischioso esporsi, Madonna, Santuario della si direbbe che molti artisti preferiscano Madonna dei Campi ripiegare nel virtuosismo tecnico, trascua Brignano Gera d’Adda ph Appiani
Consoli di Treviglio che scalzi e tremebondi in quel 28 febbraio del 1522 scongiurarono il generale Lautrec di risparmiare la Città, simboleggiano il declino politico dell’Italia intera, che dopo di allora e per trecento anni (cioè fino al Risorgimento), avrebbe accolto in ginocchio o applaudendo lo straniero di turno. Cinque anni prima del miracolo di Treviglio Lutero aveva iniziato la Riforma e cinque anni dopo ci sarebbe stato ad opera dei lanzichenecchi il cosiddetto sacco di Roma. In quel primo ‘500 l’Italia è dunque attraversata da eserciti stranieri, mentre fino a pochi anni prima gli ambasciatori e i banchieri delle
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rando il messaggio narrativo, che diviene convenzionale. Si apre così una stagione che produce forme sempre più vuote. Nascono madonne dalla posa affettata o con espressioni leziose, come quella conservata nella chiesina della Madonna dei campi di Brignano, realizzata nel ‘700, quindi in epoca tardo-barocca. Il Concilio di Trento, durato quasi vent’anni e concluso nel 1563, rafforzò il legame tra arte e religione nei paesi rimasti cattolici. La Chiesa romana creò liturgie capaci di affascinare e incutere soggezione e nelle arti visive incoraggiò uno stile persuasivo e trionfante, con ornamenti ricchissimi, il Barocco. Venne anche stabilita una gerarchia di generi, ponendo al primo posto la pittura sacra, mentre più bassa dignità venne riconosciuta alle opere e agli autori di paesaggi, ritratti e nature morte. Inutilmente Caravaggio protesterà che tanta manifattura gli era fare un quadro di fiori come di figura. La Gera D’Adda dalla seconda metà del ‘500 si uniformerà allo spirito della Controriforma e i preesistenti templi romanici e gotici verranno inondati di ornamenti dorati, statue di santi, madonne e immagini di storia sacra. Nuove facciate affollate di santi e prelati ricopriranno quelle romaniche e gotiche, come nel caso del Santuario della Madonna delle Lacrime e di San Martino a Treviglio, mentre per fortuna si salverà la quattro-
Michelangelo Buonarroti, Pietà Bandini, Firenze
centesca chiesa dei Santi Fermo e Rustico a Caravaggio. A Roma Gianlorenzo Bernini è il geniale interprete del nuovo corso, il suo straordinario baldacchino in San Pietro ispirerà Filippo Juvarra quando disegnerà quello che oggi possiamo ammirare nel Santuario di Caravaggio. I Fratelli Galliari, non a caso attivi anche in campo teatrale (è il tempo delle illusioni), lasceranno a Treviglio e non solo, opere interessanti. Nei Paesi della Riforma la committenza religiosa è assente, i fedeli si raccolgono davanti al crocefisso e per la storia sacra non hanno bisogno di immagini perché leggono i vangeli, mentre in area cattolica bisognerà attendere tre secoli, cioè la Verbum Dei del Concilio Vaticano II, per aprire ai laici i testi sacri. In epoca barocca nei Paesi nordici gli artisti rappresentano soprattutto la laboriosa quotidianità della borghesia, come Vermeer in Olanda (“La Ragazza con l’orecchio di perla” è la sua opera più conosciuta). In Italia i committenti laici sono soprattutto nobili ormai decaduti che fanno riprodurre scene di un passato splendore, come negli affreschi
della Sala del Trono nel Palazzo Visconti a Brignano. Tutto questo finirà con Napoleone che riporterà la Chiesa e l’aristocrazia alla realtà. Sarà la stagione del neoclassico.
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Da fare Vivere e lavorare in un ambiente
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Arte
Il fiume Serio a Ghisalba di Francesca Possenti
L’
opera intitolata Il fiume Serio a Ghisalba è un paesaggio avente come soggetto principale il corso d’acqua. Esso è dipinto in primo piano, sullo sfondo sono rappresentate le sponde, alcune costruzioni, le montagne parzialmente nascoste dalle nuvole e il cielo. Nella parte alta del quadro possiamo vedere due uccelli in volo, disposti secondo una ipotetica linea che taglia in diagonale il dipinto. La composizione è costruita a partire da una serie di fasce di colore che suddividono lo spazio in orizzontale; grande importanza è attribuita alla raffigurazione del cielo, che occupa i due terzi dell’opera. L’orizzonte molto basso genera un effetto di vastità e di dilatazione spaziale: lo spettatore percepisce dunque la sensazione di uno spazio che non si conclude entro gli stretti limiti del quadro, ma che si allarga all’infinito. Il colore dominante è l’azzurro, contrastato da un tenue rosa che contorna le montagne sullo sfondo e dal verde della terra. Vi è poi il colore bianco steso con pennellate
dense e corpose, adatte a rendere l’effetto vaporoso della schiuma del fiume e l’impalpabile consistenza delle nuvole. Le pennellate, stese in modo rapido e veloce, in alcune zone dell’opera creano addensamenti e grumi di colore che generano un’immagine materica e corposa. I contorni non sono nitidi e ben definiti ma solo abbozzati, così da suggerire l’effetto ottico della profondità. L’utilizzo delle stesure bianche concorre inoltre, in maniera decisiva, ad illuminare e schiarire l’intero dipinto. Il paesaggio sembra avvolto in un silenzio diffuso, rotto soltanto dallo scrosciare dell’acqua del fiume, fragore che si produce là dove si formano piccole gorghi e cascatelle. Si tratta di un dipinto di ampio respiro: lo spettatore infatti ha quasi la sensazione di essere immerso nell’ambiente e di respirarne l’aria pulita e fresca, resa ancor più viva dagli spruzzi dell’acqua. L’insieme ricorda i paesaggi dipinti dai maestri del Romanticismo e del Realismo, in particolare nell’attenzione dedicata alla resa del cielo e delle
Attilio Mozzi (1938) Olio su tavola, cm 30 x 40 Museo Civico della Torre Treviglio
nuvole e al naturale scorrere dell’acqua. Il pittore dipinge i luoghi che conosceva e che frequentava, in altre sue opere troviamo infatti soggetti simili, in particolare le colline del Biellese, il paesaggio bergamasco e le vedute fluviali dell’Adda, del Brembo e del Serio. I suoi paesaggi sono spesso dipinti su tavole di piccole dimensioni, adatte ad un uso perlopiù privato. L’opera Il fiume Serio a Ghisalba è entrata a far parte della collezione del Museo di Treviglio a partire dal 1991, grazie alla donazione effettuata dalla figlia del pittore, la signora Virginia Mozzi. L’autore, Attilio Mozzi, nacque a Bergamo nel 1889, ma si stabilì a Treviglio nel 1919, dove visse fino al 1977. Nel 1946 fu eletto sindaco di Treviglio, carica che ricoprì per altri quattro mandati. Da giovane si era dedicato agli studi musicali, ma la sua vera passione fu la pittura: frequentò infatti i corsi dell’Accademia Carrara di Bergamo ottenendo premi e riconoscimenti. A lui si deve l’istituzione nel 1953 della “Premio Mostra d’Arte Città di Treviglio” dedicata ad artisti operanti nell’ambito della provincia di Bergamo, segnalati dal Sindacato Pittori e Scultori di Bergamo. Marzo 2017 •
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Racconto sto iniziò a parlare, dicendo che eravamo persone eccezionali, anche se ancora non lo sapevamo. Eravamo lì per fare della nostra vita un successo e per evangelizzare le masse. Le parole SUCCESSO e EVANGELIZZARE a caratteri cubitali iniziarono a scorrere sugli schermi laterali, cambiando continuamente colore.
Fresco di lana di Giuliana Annesi
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iscio i risvolti della giacca, perfettamente stirata, per il piacere di accarezzarne la stoffa. La camicia nuova mi dà un po’ fastidio, ma il completo mi sta così bene che sembra ci sia nato dentro. Anche il sarto che me l’ha fatto su misura si è complimentato per la mia eleganza. Fino a oggi, ho messo solo jeans con maglioni, magliette e una giacca di velluto beige, comprata all’Upim per il matrimonio di mio cugino. Neanche lo sapevo che esistesse questo tessuto, il fresco di lana. Quando ho detto al sarto che volevo un completo elegante di cotone, ha fatto una faccia… Però è stato gentile, mi ha detto “No, signore, non confeziono abiti in cotone. Se vuole essere elegante, deve prendere questo, il fresco di lana”. Sentendo lana, pensavo che scherzasse e gli ho detto che mi serviva per la primavera, mica per l’inverno, ormai alla fine, ma lui ha risposto che mi avrebbe tenuto bello fresco e che avrei fatto un figurone. È davvero leggero e, se non fosse per la camicia che mi sta segando il collo, sarebbe tutto perfetto. Quando Mario mi portò alla mia prima convention Additrick, ero vestito come un poveraccio. Fu subito evidente che c’eravamo noi, i nuovi, quasi tutti vestiti sportivi, per non dire trasandati, e loro, i dirigenti, eleganti, sicuri, in qualche modo belli. Ero molto intimidito, anche se ora mi rendo conto che non ne avevo motivo. La musica elettronica era forte e mi causava un leggero senso di stordimento. Io, che il
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liceo non l’ho neanche finito, mi sentivo come lo sfigato liceale che si imbuca in una festa cool all’università. Tutti erano più grandi e più giusti di me. I manager erano estremamente cordiali, scesero in mezzo a noi a presentarsi. Ognuno di loro mi strinse la mano con vigore, dandomi un’energica pacca sulla spalla, come se fossimo amici o lo saremmo diventati presto. Il locale era grande ma stipato di gente e avevo caldo, troppo caldo. Avrei voluto togliermi il maglione e annodarmelo in vita, ma mi sembrava fuori luogo. Mi guardavo intorno, cercando un po’ d’acqua. Sul lato opposto della sala, c’era un lungo tavolo ricoperto da una tovaglia candida, pieno di calici capovolti e tovaglioli impilati, però non c’era nulla da bere né da mangiare. Improvvisamente, ci ritrovammo al buio per qualche istante. Il brusio fu subito coperto da una marcia trionfale, sparata a un volume persino maggiore della techno e si accese un cono di luce sul palco: fu così che mi apparve per la prima volta Augusto e giuro che sembrava Dio. Si stagliava nella sua perfetta essenzialità. Pantaloni e dolcevita neri, facevano risaltare il suo corpo magro e muscoloso. Il cranio rasato e la barba bianca attiravano lo sguardo sul suo viso. Scoppiò un grande applauso, con entusiasmo mi unii anch’io. La luce si riaccese e, sul fondo del palco, comparvero tre grandi schermi, quello alle spalle di Augusto ne ingigantiva il volto. I suoi occhi azzurrissimi e ipnotici mi fissavano, scavandomi dentro. Augu-
Disse che stavamo per diventare degli imprenditori, gli imprenditori della nostra vita e nel fare il nostro business avremmo fatto del bene anche agli altri. Perché? Ma perché avremmo venduto un prodotto in grado di migliorare la vita dei nostri clienti e perché avremmo coinvolto altre persone in questo business, liberandole da una vita insoddisfacente e facendole diventare a loro volta imprenditori. Additrick, inoltre, era una società attenta al sociale e faceva beneficenza nel campo della ricerca medica. Mi colpì molto una sua frase: “Fare del bene è un affare e fare del bene a sé stessi fa del bene agli altri.” Piacque a tutti perché partì un altro fragoroso applauso spontaneo. Poi Augusto iniziò a illustrarci il prodotto. Si trattava del Truheart, un braccialetto magnetico in grado di migliorare la circolazione del sangue e regolarizzare il battito cardiaco, prevenendo ictus e infarti. Sugli schermi venivano proiettati certificati rilasciati dai più prestigiosi laboratori di tutto il mondo, l’approvazione del Dipartimento Food & Drugs americano, specifiche tecniche di misurazione del campo magnetico generato dal braccialetto, i risultati dei test effettuati su 1500 volontari all’interno del campus di Cambridge, con i valori di riferimento dei relativi cardiogrammi e risonanze magnetiche eseguite prima e dopo l’utilizzo del Truheart.
Ero impressionato. Interviste di esperti, soprattutto in inglese, s’intervallavano a slogan; testimonianze di persone che avevano ottenuto benefici dal Truheart si fondevano con filmati che mostravano i differenti modelli del braccialetto, indossati da stupende ragazze in abiti succinti. Come dicevano tutti, era un prodotto maledettamente buono e le esperienze dei manager che raccontavano l’accoglienza calorosa ricevuta dai loro clienti mi persuasero che anch’io non avrei avuto difficoltà a venderne a migliaia. La cosa bella, però, è che non avrei nemmeno avuto bisogno di occuparmene personalmente, avrei fatto entrare nel network amici e parenti e avrei preso delle commissioni sulle loro vendite. Mario, ogni tanto, mi dava una gomitata e sussurrava: “Visto? Te l’avevo detto!” Mario sì che è un amico! Avevo sempre più caldo e sete. Speravo che avrebbero fatto una pausa, offrendoci qualcosa. Invece Augusto chiamò sul palco una persona del pubblico che presentò come Sandro, un ragazzo alto e belloccio. Lo lodò molto per i suoi risultati: aveva creato un network di 52 persone sotto di sé. Entrò Miss Truheart, una stupenda bionda con le braccia ricoperte fino ai gomiti di braccialetti magnetici di tutti i colori e baciò Sandro sulle labbra, tra fischi e applausi. Gli consegnò un assegno da 5.000 euro. Naturalmente, era un ingrandimento di cartone per farlo vedere a noi in sala. Sandro era stato promosso manager di zona e aveva ottenuto uno sconto sui prezzi di acquisto. A quel punto, entrarono delle signorine con delle bottiglie magnum di champagne e Augusto ci invitò a metterci in fila davanti al grande tavolo per le adesioni. C’era un po’ di confusione e un paio di manager, belli robusti, dovettero accom-
pagnare fuori dei tipi che avevano iniziato a fare domande stupide e a disturbare. Purtroppo in ogni manifestazione c’è sempre qualche cretino che vuole rovinare la festa agli altri. Dalla fila, guardavo versare lo champagne a quelli prima di me che firmavano il contratto, la condensa colava giù dal vetro ghiacciato. E le ragazze, beh, le ragazze erano tutte bellissime. Sorridevano e baciavano i nuovi soci. Non vedevo l’ora che arrivasse il mio turno. Allento di poco il nodo della cravatta e prendo il portafogli. Dentro ci sono gli ultimi 80 euro, ma non importa. In questi ultimi quattro mesi, ho investito tutto nella mia impresa e ne sono fiero. 10.000 euro sono andati per la quota d’ingresso, il minimo per non sembrare un barbone. L’acquisto iniziale di duemilacinquecento braccialetti Truheart in confezione delux è tutta merce a stock. Una scatola è quasi finita, soprattutto in omaggi a gente che volevo “arruolare”, le altre sono accatastate in un angolo del box. Mi sa che sono più bravo a coinvolgere gente nell’affare che come venditore diretto. Da questo punto di vista, i tre Seminari per il Rafforzamento Motivazionale che mi hanno invitato a frequentare, non sono stati di grande aiuto. Forse, come ha detto Mario, devo far sedimentare quello che mi è stato insegnato. Mi hanno chiesto di farne un quarto, il Master per la Focalizzazione degli Obiettivi, ma quando gli ho detto che ero a corto di soldi, sono stati comprensivi, e mi hanno dato un po’ di tempo, esortandomi a intensificare gli sforzi. Lo so che i seminari sono fondamentali se si vuole fare carriera, ma ho preferito investire gli ultimi fondi facendo un prestito a mio cugino Enrico, quello sposato, per far entrare anche lui nell’Additrick. Con la parlantina che si ritrova, spero che
venda in fretta il suo starting kit di braccialetti, così poi si rivende pure i miei. Oggi, per la prima volta, mi presento alla convention vestito come un manager e accompagnato dal mio network. Beh, sì, a parte mio cugino, per ora, ho convinto solo Antonio, un vecchio compagno delle medie un po’ ritardato, ma questo può essere un vantaggio, perché la gente si fa impietosire da chi ha problemi e compra. Poi lui ne conosce di gente nella cooperativa in cui lavora! Tutti disabili o un po’ via di testa, se si prendono un Truheart gli fa solo bene, almeno del cuore non si devono preoccupare! Sono amareggiato per mio padre, quel vecchio zuccone non ha voluto entrare nella società, né aiutarmi in nessun modo. Dice che non si fida. Ho tentato di spiegargli il concetto di impresa, ma è solo un povero ignorante. Appena vedrà girare i primi soldi, dovrà ricredersi! Con il suo posto fisso nella stessa fabbrica fino alla pensione, cosa può capire di com’è cambiato il mondo? Adesso bisogna darsi molto più da fare, bisogna inventarselo il lavoro e investirci i risparmi per farlo decollare. Fortuna che Mario mi ha fatto entrare nell’Additrick, altrimenti sarei ancora a buttar via le giornate al bar! Ne sono certo: oggi, dopo che Enrico e Antonio avranno versato la loro quota, potrò incassare le prime provvigioni. Quanto sarà? Più di mille di sicuro! Con quelli tiro avanti qualche tempo, poi recupererò in fretta l’investimento iniziale. Dovrò stargli addosso a quei due lì, che non battano la fiacca, e poi allargare il giro, mi iscrivo a Facebook e cerco i vecchi amici, quelli della compagnia dell’Hollywood Pub e anche i compagni delle elementari. Adesso gli affari si fanno sui social. Un’ultima occhiata allo specchio e sono pronto per uscire. Aveva ragione il sarto: con questo completo farò un figurone e starò bello fresco. Marzo 2017 •
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Libri
Storie di donne nel Medioevo di Pinuccia D’Agostino
I vissuti di donne famose e comuni sono narrati da Maria Teresa Brolis partendo da lasciti e testamenti
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i sono donne che hanno fatto la storia un po’ equiparandosi agli uomini, un po’ distinguendosi dagli stessi, ma sempre contribuendo allo svolgimento dei fatti e alla soluzione dei problemi. E poi ci sono donne che, compiendo il loro quotidiano lavoro in famiglia o nei monasteri, hanno saputo impegnarsi anche in società, dando un notevole contributo alle attività imprenditoriali, caritatevoli e culturali. Il libro di Maria Teresa Brolis, “Storie di donne nel Medioevo”, edito da Il Mulino, che sarà presentato a Treviglio il prossimo 4 marzo all’Auditorium della Biblioteca alle ore 17, indaga su queste donne, quelle famose e citate sui libri di storia e quelle comuni, ricostruendone la storia partendo da lasciti e testamenti. Ne nasce un doppio corteo, quello delle donne famose che occupano la prima parte del libro, e quello delle donne semplici cui è dedicata la seconda sezione. I due tipi di donne hanno in comune la determinazione nell’agire, l’indipendenza e la voglia di collaborare con gli uomini nel loro percorso di vita, sia in famiglie che nella società. Lo afferma anche la stessa autrice, quando dice che esiste un macro ed un microcosmo dove le donne si muovono guidate dalla volontà di essere parte attiva del sociale. “Indagando su queste vite – chiarisce la Brolis – non solo si scoprono destini comuni ma si rimette in discussione una teoria, che non è vera per tutti né per tutti i secoli, che vuole la donna elemento passivo della società e vittima di pregiudizi maschilisti o dogmatici”. L’autrice, storica medievalista e docente universitaria, sa che qualsiasi definizione storica o sociale va presa con le pinze, e che non necessariamente deve essere universalizzata o adattata a tutti i secoli o a tutte le società. E, infatti, mentre siamo soliti pensare ad un medioevo di castellane, badesse, monache o fanciulle sacrificate quasi bambine all’altare del matrimonio o a quello di Dio, scopriamo un quadro ben più complesso dove si muovono capitane di ventura come Giovanna D’Arco o donne di cultura, come Chiara di Assisi, che si avventurano nel campo della diplomazia e sono ascoltate dai più autorevoli
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personaggi, ma anche donne imprenditrici, badesse, guaritrici e laiche. Ed ecco il corteo di donne che occupa la seconda parte del libro: Grazia D’Arzago, badessa per oltre quarant’anni al Monastero di Santa Grata a Bergamo, che si fece promotrice di attività culturali e si iscrisse con le sue consorelle alla Confraternita della Misericordia Maggiore per dare assistenza ai malati; o la simpatica Bettina, guaritrice che subì anche un processo per stregoneria uscendone indenne, o Giovanna, usuraia pentita, e ancora Ottebona, meglio di un guelfo che divenne a sua volta, imprenditrice. Sono donne che l’autrice ama moltissimo perché, come ella stessa afferma, “l’hanno aiutata a meglio rappresentare il contesto della Bergamo medievale, dove esistevano donne che erano capaci di agire e vivere accanto agli uomini, sfa-
tando molti luoghi comuni. Nel medioevo ci sono state donne coltissime come Eleonora d’Aquitania, Eloisa e altre ancora che hanno scritto libri esercitando una grande libertà di giudizio”. I secoli esaminati nel lavoro della Brolis, sono il XIII e il XIV secolo, in cui si va sempre più affermando una classe sociale imprenditrice che si impone sull’antica nobiltà non solo attraverso il denaro, l’arte o la letteratura ma anche con i costumi e con un, seppur tenue, allargamento del benessere. E qui che si scoprono le biografie di donne comuni menzionate nei documenti cittadini (in questo caso Bergamo) o nei lasciti testamentali o negli atti delle confraternite. La scrittrice, del resto, da tempo si muove nelle sue ricerche interessanti e caparbie, assai apprezzate anche a livello universitario nazionale ed europeo, tra monasteri e biblioteche per ricostruire una storia che dimostri il contributo femminile allo sviluppo di qualsiasi società. Nello scegliere il Medio Evo, ed in particolare quello bergamasco nei secoli XII e XIV, quelli che meglio rappresentano il campo fecondo per la nascita del rinascimento, Maria Teresa Brolis ha restituito alla donna il ruolo che le spetta nella società, dimostrando ancora una volta come il percorso dell’emancipazione femminile sia stato lungo ma costellato da esempi davvero significativi.
I libri di Zephyro
I.P.
Matitalibera su Treviglio di Daniela Invernizzi
B
runo Manenti, il poliedrico artista (poliedrico è l’aggettivo che tutti utilizzano quando si parla di Bruno) che da anni a Treviglio opera in diversi ambiti artistici, dal teatro nella Compagnia Zanovello, alla scultura e alla pittura, ha regalato alla città il suo primo libro di caricature, nate per gioco qualche tempo fa nella piazza di Facebook. In realtà è da molti anni che Bruno si diletta in caricature, ma queste sono diventate famose solo nel momento in cui hanno cominciato a girare sui social e infine restituite agli onori della carta grazie alla nostra rivista, che ogni mese vi regala il meglio nella rubrica “MatitaLibera”. Duecento le caricature di personaggi illustri e meno illustri che Bruno ha immortalato nei suoi irriverenti disegni, cogliendo il lato ironico delle varie personalità. Il perché di questo libro è presto detto: il ricavato della vendita va alla onlus Eudios-I colori del tempo, associazione che si occupa degli anziani soli e malati di Alzheimer, con iniziative e spettacoli di vario genere. «Il mio desiderio è stato, da sempre, quello di poter fare qualcosa di importante per chi sta soffrendo e di farlo, in particolare, attraverso la mia arte – racconta Bruno –forse con questa pubblicazione e la relativa mostra ci sono riuscito». Il progetto infatti continua con una mostra delle opere originali, allestita fino all’11 marzo nella sala Crociera del Centro civico di Treviglio. «Ma il merito non è solo mio – ribadisce Bruno – va a voi trevigliesi che vi siete prestati a questo mio progetto, volontariamente o un po’ meno… Aiutando concretamente chi sta soffrendo». Il volume è stato presentato sabato 18 febbraio in una mattinata allegra e piena di amici, che hanno rivisto la loro caricatura sulle pagine del libro, presentato da un emozionato Manenti e dal sindaco di Treviglio Juri Imeri, l’assessore alla cultura Giuseppe Pezzoni, che ha scritto la prefazione, nonché dalla presidente di Eudios, Marcella Nicola, la psicologa Laura Riva e alcuni volontari, come Nadia Bornaghi che ha condotto la mattinata. «Non è finita qui – assicura Manenti – molti trevigliesi ormai mi chiedono di essere immortalati; e visto che siamo quasi trentamila abitanti, credo di avere lavoro ancora per un bel po’».
Sara Parravicini Illustrazioni di Camilla Cazzaniga
Dionigio lo scarabigio e Fiorella allegra pp. 18 – € 8,50
N
uova edizione illustrata del libro per ragazzi, Dionigio lo scarabigio e altre storie, che sarà suddiviso in
tre singole storie. La prima di queste, Dionigio lo scarabigio e Fiorella allegra, ci racconta la giornata-tipo di una bambina che frequenta la scuola elementare. Lei è normalmente una bambina allegra, ma quando al mattino si sveglia e le si presenta Scarabigio Umoregrigio, tutta la sua allegria scompare… E nessuno, nemmeno la mamma che ha sempre fretta, riesce a farle dire cos’ha! In questo testo, con immagini a colori vivaci e brillanti, viene presentata una storia di ordinaria difficoltà di una bambina che deve combattere contro il malumore, con la sensazione che i “grandi” non capiscano.
Maria Re
Storie dell’Universo pp. 38 – € 15,00
È
possibile avvicinarsi ai grandi temi dell’origine dell’universo, della fisica delle particelle, dell’astrofisica, ecc. attraverso i racconti fantastici delle particelle stesse, che per l’occasione, si trasformano in piccoli ometti scherzosi? Nella storia, Foty, Elis e Quark ci coinvolgeranno nel loro mondo! Questo è l’intento del libro e della sua autrice, ricercatrice del CNR, che vuole trasmettere la conoscenza di grandi temi ai ragazzi in età scolare in modo comprensibile e divertente, affinché si interessino sempre più alla fisica, biologia, astronomia e alle scienze in generale.
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Musica
I sogni di Cristian de Pascalis di Daria Locatelli
Con “Il sogno del barbiere” il musicista trevigliese racconta il suo viaggio sulle ali della musica e della libertà
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i sono persone che relegano i sogni alla notte o alla dimensione delle ipotesi – “se potessi...”, “se rinascessi...” – e chi invece li tramuta in realtà, abbandonando il campo dell’immaginario e arricchendo il proprio quotidiano, perché “Siamo fatti anche noi della materia di cui sono fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita” (William Shakespeare). Cristian de Pascalis (www.cristiandepascalis.com) è un esempio di come la potenza della propria natura per taluni sfondi le porte del percorso che sembra già tracciato e scritto, per intraprendere strade inaspettate, a volte ripide, ma che regalano le emozioni più autentiche. Il suo sentiero lo vedeva ogni giorno alle prese con forbici e tagli, nell’attività trevigliese di barbiere che gli è stata tramandata dal nonno e dal padre, quando la passione per la musica, presente in lui dall’adolescenza, ha bussato prepotentemente, disegnando vie parallele a quelle abituali. «Nella vita – spiega Cristian – non tutto avviene per caso; è stata proprio la vita a decidere il momento in cui ero pronto a dare voce alla mia consapevolezza. La
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musica è il mio sogno di libertà, svincolato dai doveri di una quotidianità impostata e che ci si aspetta debba essere rispettata, soprattutto dagli altri. Ho capito che non è scritto da nessuna parte che si debba fare solo una cosa e ho iniziato a ritagliarmi del tempo per coltivare ciò che fino ad allora non consideravo poter far parte di me». È così che le mani di Cristian iniziano ad alternare forbici e chitarra, sulla sua agenda di appuntamenti non ci sono più solo i clienti del negozio, ma incomincia ad essere annotata anche la musica e, via via, quello che era un desiderio chiuso in un cassetto si fa strada e diventa una consapevolezza. «Ero un autodidatta di chitarra acustica ed ho deciso di rivolgermi ad un maestro, Alfredo Grassi, che è divenuto il mio mentore. Ha creduto in me e mi ha spronato a dare un adeguato spazio alla mia inclinazione e al mio sogno. Mi diceva “non è mai troppo tardi, ma per quello che ho in mente per te siamo in ritardo”». Parlando con Cristian si percepisce che non era troppo tardi, che il sogno doveva realizzarsi esattamente allora, né prima, né dopo: «Il mio cambiamento è avvenuto durante un periodo
difficile della mia vita, un lasso di tempo in cui sofferenza e dolore sembravano essere i padroni delle mie giornate. Ma è stato proprio allora che ho riconosciuto il richiamo delle mie passioni, perché ho saputo accettare i punti bui e, solo affrontandoli, si raggiunge quella consapevolezza di sé e degli altri che ti consente di aprirti. Se questo fosse accaduto anni prima non credo che avrei saputo riconoscerla». Il nuovo itinerario di Cristian è raccontato con la sua voce e le sei corde in 9 brani raccolti nell’album “Il sogno del barbiere”, pubblicato nel 2014 e che ha visto la collaborazione di numerosi musicisti che lo hanno accompagnato al sax, al basso e alla fisarmonica, il tutto sotto la guida di Alfredo Grassi. Il titolo già di per sé racchiude in poche parole il lungo tragitto del sogno del trevigliese, che lo presenta così: “Io non sono né un musicista né un cantante, e forse nemmeno un barbiere. Io non so chi sono, ma ho una certezza: so che sto cercando la mia verità. E così è nato tutto quello che ascolterete, un album fatto di persone vere, senza fronzoli, sincere, che lottano, soffrono, vivono e, chissà, un giorno ce la faranno. O forse, come qualcuno mi dice, ce l’hanno già fatta. Questo sono io, un io che ha vissuto un percorso nel quale ha incontrato persone che a loro volta non sanno chi sono, ma una cosa è certa: cercano le mie stesse cose, e chi cerca la verità sa perfettamente dove sta andando”. Sulla copertina, la cui grafica è a cura della fumettista Celeste Negri, in uno scenario western sono raffigurati un asino con in testa una formica, simbolo «del fatto che non necessariamente tutto ciò che non percepiamo non esiste», spiega Cristian. Il barbiere è diventato un cantautore e la sua quotidianità ha acquistato un nuovo sapore: «il fatto di dare spazio alla musica ha arricchito quello che fino ad allora facevo
Pensa al futuro, scegli
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Cristian de Pascalis con i suoi musicisti al Teatro Filodrammatici; accanto la copertina dell’album
ogni giorno. Quando la tua anima viene finalmente trattata con delicatezza e viene massaggiata, la tua gratitudine si espande, si instaura una catena di sana, autentica e genuina energia». E in cosa il cantautore ritrova del “barbiere” nel suo nuovo percorso? «Innanzitutto ci sono i racconti, gli ascolti. Il filo conduttore che esiste tra le mie due sfaccettature, che poi sono facce della stessa medaglia, è l’espressione artistica che può essere veicolata tramite le forbici o trovare come canali la voce e la chitarra». Cristian lo scorso anno ha reso in immagini la sua arte con il videoclip del singolo “Chissà”, girato da Massimiliano Scabeni e con la collaborazione di Alfredo Grassi, ma il suo viaggio è in continuo divenire, essendo al lavoro per il secondo album, che verrà registrato nello studio “Timetrack” di Azzano San Paolo. Con la consapevolezza di oggi, quale potrebbe essere la raccomandazione per coloro che non hanno ancora aperto il cassetto dei sogni? «Nel momento in cui devi compiere una scelta e percepisci che di fronte a te c’è una strada difficile – mi risponde sorridendo – allora sai che è quella giusta, perché la salita diventa facilmente percorribile, se affrontata. Bisogna fare quello che piace e ritagliarsi del tempo per renderlo realtà». A questo punto della chiacchierata, riguardando la copertina dell’album, chiedo a Cristian cosa aggiungerebbe oggi, da cantautore, all’asino con in testa una formica: «credo che metterei un mondo, perché è quello che vorrei esplorare, staccandomi dai miei obblighi e viaggiando con la libertà dei miei sogni». Il sogno del “barbiere” ha passato il testimone a quello del “cantautore” e chissà quale altre strade inaspettate potrà percorrere Cristian de Pascalis sulle ali della consapevolezza e delle sue note.
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UK-in
Magica Londra di Silvia Martelli
Una giornata adrenalinica trascorsa all’ombra del Big Ben
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eduta su un autobus di ritorno da Londra, al termine di una breve gitarella “fuori porta”, ripenso alla giornata frenetica, ma meravigliosa, che ho appena trascorso nella grande città: l’accento va posto proprio sull’aggettivo “grande”, che meglio di ogni altro la descrive sotto vari punti di vista. Stamattina, quando finalmente sono arrivata, dopo una levataccia fatta alle cinque del mattino, quattro ore di strada e tre cambi di autobus, sono stata pervasa da una scarica di adrenalina. Appena scesa dal bus, infatti, mi sono ritrovata catapultata in una realtà ben diversa da quella di Cardiff: le macchine sfrecciavano a tutta velocità, i semafori diventavano rossi prima che avessi il tempo di mettere a fuoco il verde (il giallo nemmeno esiste), i negozi si susseguivano tra una miriade di colori, stravaganze e prezzi interstellari, ed i cittadini si districavano scocciati tra i turisti sorridenti (me compresa).
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Cinema Ormai abituata, come sono, alla calma relativa della capitale gallese, con i suoi immensi parchi ad ogni angolo di strada e i deliziosi minuscoli coffee shop, Londra, e la sua folle frenesia, sono stati una piccola scossa. Nel corso della giornata, ho sfruttato appieno la fortuna di avere come guida turistica una mia cara amica italiana, ormai residente a Londra da anni. Insieme abbiamo girovagato a lungo e ho, così, potuto scoprire luoghi meno noti, come la zona dal carattere vintage di Bricklane, un quartiere a nord della città in cui i negozi, per l’appunto vintage, sono intervallati dalla presenza di una moltitudine di ristoranti indiani e bengalesi. Anche il più noto e sofisticato South Kensington, dove si susseguono eleganti palazzi residenziali affiancati da alcuni dei musei più famosi della città, visitato insieme alla mia guida d’eccezione è stato una piacevole scoperta. Soprattutto, però, mi ha affascinato, come sempre mi accade, l’incredibile viavai di persone dalle mille lingue, culture e nazionalità, riunite a Londra da un vincolo unico che solo la città dagli autobus rossi può generare. Samuel Johnson, uno scrittore inglese del XVIII secolo, affermò saggiamente che “se sei stanco di Londra, sei stanco della vita”, sottolineando come la città stessa ne sia una interpretazione peculiare. È infatti questo che Londra, grande non tanto per dimensioni ma per carattere e personalità, trasmette con i suoi famosi panorami da cartolina, rimanendo non solo il cuore del Regno Unito ma anche e soprattutto l’ambita meta di tanti sognatori. E chissà se proprio qui, in futuro, tra una scarica di adrenalina e l’altra si realizzerà, anche, il mio sogno.
Lo sconsiglio xXx - Il ritorno di Xander Cage, di D.J. Caruso (2017)
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he Vin Diesel sia un franchise è ormai chiaro a tutti, come l’altalenante qualità dei prodotti che raggiungono il grande schermo con la sua effigie apposta. La saga della spia più tamarra di sempre nasce nel 2001 dalla crisi cinematografica del leggendario James Bond (prima dell’era Craig) e in concomitanza con la nascita della spia triste e smemorata Jason Bourne, portando uno scossone fracassone, iperbolico e testosteronico nel panorama spionistico. Il secondo capitolo vede come protagonista assoluto Ice Cube, dimenticabile che qui fa un breve cameo. Questo terzo capitolo non è da meno del primo, portando in scena la più classica delle storie di spionaggio con una banda di cattivi che vuole destabilizzare gli equilibri mondiali, ottenendo il controllo di tutti i satelliti mediante un dispositivo elettronico. In una situazione del genere al capo dei servizi segreti, interpretato da Samuel L. Jackson, non resta che richiamare dalla pensione l’ex stunt-man Xander Cage per una missione ai limiti dell’impossibile. Cage riunirà una squadra di outsider più o meno caratterizzati, che lo accompagnerà in mete esotiche in giro per il pianeta, per sgominare la banda di terroristi ed evitare la catastrofe. Il film è la fiera dell’esagerazione, e va anche bene, conoscendo il meta-personaggio sempre più simile al Dominc Toretto della saga di Fast & Furious (decisamente superiore), celebrazione del personaggio tutto muscoli, ironia e famiglia, che Diesel si è cucito addosso (insieme alla canottiera) in anni di azione e cazzotti. E azione e cazzotti, stunt e acrobazie sono di primissimo livello. Quello che non funziona è la prevedibilità del tutto, la struttura a livelli al pari di un videogioco anni ’90, che rende qualcosa che sarebbe potuto risultare godibile e caciarone a un mero “ora succede questo” e “me l’aspettavo”. Niente di nuovo sotto il sole, che risulterà digeribile agli amanti di ogni sottogenere dell’action (specie di quello muscolare anni ’80-’90) ma che, allo spettatore appena più smaliziato, potrebbe causare noia dopo mezz’ora di visione.
Il consiglio La La Land, di Damien Chazelle (2016)
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n questi anni di sequel, reboot e riesumazione di saghe storiche non poteva mancare il revival del musical in grande stile, quello della Hollywood dorata e positivista degli anni ’50. Tornano le atmosfere del musical classico con una spinta e una voglia di modernismo, reinterpretazione e rivoluzione insieme. La trama è delle più classiche, storia d’amore e di rincorsa dei sogni di Mia e Sebastian, interpretati rispettivamente da una Emma Stone e un Ryan Gosling in stato di grazia. Lei giovane aspirante attrice che non manca un provino per sfondare nell’industria del cinema, lui pianista che sogna di aprire un locale nel solco della tradizione del jazz. Due giovani sognatori che si incontrano, si detestano ma che finiscono per vivere un’idilliaca storia, senza banalità e cliché, raccontata benissimo e coadiuvata da una sceneggiatura e un’evoluzione dei personaggi calibrata al millimetro, che coinvolge e trascina nell’amore e nei tormenti, nei sogni, nelle delusioni e nelle soddisfa-
zioni. Storia di personaggi umani fragili e stoici, con i quali l’identificazione risulta facile e immediata. Le scene musicali irrompono con naturalezza e vigore, cosa che non fa storcere il naso nemmeno ai denigratori del genere e le musiche sono un trionfo, il trionfo dei folli e dei sognatori. Chazelle racconta la storia tratteggiando in maniera realistica e decisa la direzione e, saldo al timone, conduce personaggi e spettatori in un sogno ad occhi aperti, sia per i meno avvezzi che per i più accaniti consumatori della settima arte. La meraviglia e lo stupore irrompono prepotenti durante la visione di La La Land, e non si può non restare contagiati dai motivetti uscendo dalla sala canticchiando la splendida colonna sonora.
Il regista 32enne, dopo lo stupefacente Whiplash abbandona il tema del sacrificio fisico e psicologico per immergere lo spettatore in un sogno ad occhi aperti, scenografato e coreografato con una perizia tecnica e autoriale di rara fattura; già solo il gigantesco ed elaboratissimo piano sequenza iniziale, al ritmo di “Another day of Sun”, vale il prezzo del biglietto, lasciando a bocca aperta. Mentre andiamo in stampa si prevedono scintille agli Oscar Academy Awards di quest’anno per questo sfavillante spettacolo di modernismo e classicismo candidato a ben 14 statuette tra le quali miglior film, miglior regia e migliori canzoni (ne sono state candidate 2, “City of stars” e “Audition”). Il 2017 cinematografico non poteva iniziare in modo migliore. Luca Aresi
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Giovani
Uniti per combattere il bullismo di Daniela Invernizzi
Alta l’adesione delle scuole del territorio alla prima giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo
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l 7 febbraio 2017 si è svolta la prima giornata nazionale contro il bullismo a scuola e il cyberbullismo, promossa dal Ministero dell’Istruzione. A Treviglio, su iniziativa del Comitato Genitori Liceo Weil, si è tenuto un importante convegno che ha chiamato a raccolta, presso il TNT di Treviglio, circa 300 ragazzi degli istituti superiori Simone Weil e Oberdan. Presenti al convegno in qualità di relatori la psicologa Sabina Albonetti, il capitano Davide Onofrio Papasodaro, comandante della Compagnia Carabinieri di Treviglio, la dirigente scolastica dei due istituti, Gloria Bertolini, il Commissario di Polizia di Treviglio, Angelo Lino Murtas, e Laura Rossoni, avvocato. Ciascun relatore ha dato, per la rispettiva competenza, una serie di informazioni utili ai ragazzi per capire il fenomeno bullismo, anche alla luce delle nuove realtà virtuali che hanno portato a coniare il termine “cyberbullismo” e alla necessità di una legge che possa combattere il fenomeno con strumenti certi e applicabili. I dati sono allarmanti: secondo i risultati Invalsi del 2014/15 (nei test erano presenti alcune
domande relative ad atti di bullismo) il 48 per cento degli studenti ha dichiarato di aver subìto “ogni tanto” atti di bullismo e circa il 12 per cento di esserne vittima settimanalmente o giornalmente. E il fenomeno è in costante aumento, spinto anche da quella “zona grigia” che ancora è la Rete e che lascia per lo più impuniti gli autori dei soprusi. Ma c’è di più. La percezione del danno, ovvero di star facendo qualcosa di sbagliato, spesso anche penalmente rilevante, in pratica non esiste. Ben sette studenti su dieci hanno candidamente dichiarato di non considerare un problema l’atto di cyberbullismo. Ecco che allora l’educazione e l’informazione devono essere gli strumenti più adatti per reprimere il fenomeno, e la scuola l’ambito naturale entro il quale portare a compimento tutte quelle azioni utili a formare e informare; non solo per la vittima, che deve sapere di non essere sola e di poter trovare aiuto, ma anche per l’aggressore, spesso a sua volta vittima di qualcosa o qualcun altro; e per quella “maggioranza silente” che crede di essere spettatrice incolpevole e che invece non
lo è. Saper leggere il fenomeno è la prima cosa da fare per uscirne, ha sottolineato la dottoressa Albonetti, che ha evidenziato gli aspetti psicologici delle figure coinvolte, spesso entrambe vittime; mentre l’avvocato Rossoni ha ricordato che è all’esame della Camera una legge che assegna alla scuola un ruolo importante nella lotta al bullismo e al cyberbullismo, fenomeno quest’ultimo che ha portato all’amplificazione delle conseguenze negative del bullismo stesso. È vero infatti che l’atto di prepotenza sui compagni più deboli c’è sempre stato, ma esso era limitato nel tempo e nello spazio; oggi l’avvento della Rete ha travalicato ogni confine, gettando la vittima in una dimensione universale
Un nodo blu contro i bulli
A
nche l’Istituto professionale Zenale e Butinone di Treviglio ha partecipato attivamente alla giornata contro il bullismo, realizzando una piccola storia attraverso l’App Adobe Spark (un’applicazione che permette di creare un piccolo racconto fatto di immagini e parole, facilmente condivisibile tramite smartphone) per un efficace passaparola nell’era digitale. Le classi del Grafico hanno lavorato sul tema, producendo questo breve video nel quale spiccano frasi ad effetto, opportunamente evidenziate, per dare coraggio a chi è vittima e una scossa al bullo di turno. Ma il lavoro dello Zenale non si esaurisce qui. La dirigente scolastica, Paola Pellegrini, ha coinvolto l’intero Istituto in un discorso più ampio, che parte da lontano. Lo scorso anno, infatti,
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la scuola ha partecipato a uno studio (rientrante nella campagna nazionale di studio contro il gioco d’azzardo, Az-
zardo Bastardo) rispondendo ad alcuni questionari relativi al loro stile di vita. Il 16 marzo di quest’anno verranno restituiti i risultati di tale indagine, comprendente anche tematiche legate al bullismo, ma per andare anche oltre: capire come sono oggi i ragazzi, quali le loro richieste, quali i bisogni, le paure, le frustrazioni. Moltissime sono state le adesioni e le iniziative per la giornata contro il bullismo. A Calvenzano le scuole sono state addobbate dalle mamme con il fiocco blu, simbolo della lotta al bullismo e lo stesso sindaco, insieme agli assessori, lo hanno indossato quella sera in consiglio comunale. Anche Casirate d’Adda è stata riempita di fiocchi blu, che hanno richiamato l’attenzione dei passanti, anche per i pensieri che li accompagnavano, scritti dagli studenti.
Imparare a fare, curando la città di Daniela Regonesi
Scuola per Lavorare nell’Agroalimentare e comune di Caravaggio trasformano gli spazi pubblici in laboratori didattici
«F dove l’atto di prevaricazione non ha un inizio e non ha una fine, non è limitato al contingente, ma diventa continuato e imperituro, con conseguenze devastanti per il perseguitato. Ecco che allora la prevenzione, più che la repressione, diventa fondamentale. Rompere la logica del “capo” e dei suoi sodali, per esempio: spesso la classe sa, ma non fa nulla, credendo così di chiamarsi fuori. E invece esiste il concorso nel reato, esiste una corresponsabilità che la maggioranza silenziosa deve sapere di avere. Il fenomeno va combattuto a livello multidisciplinare, facendo rete fra le varie istituzioni coinvolte, ha detto il capitano Papasodaro, chiedendo ancora una volta la collaborazione delle scuole, dei dirigenti e degli insegnanti per l’attività di lotta alle illegalità all’interno degli istituti scolastici. «Nelle nostre scuole non sembrano esserci fenomeni preoccupanti, questo non vuol dire che il problema non esista» ha detto poi la dirigente scolastica Gloria Bertolini, chiedendo agli studenti di non avere paura, di parlare, e agli insegnanti di essere professionisti attenti, insieme alle famiglie. Il commissario Murtas, con le sue spiccate doti teatrali, ha catturato l’attenzione dei presenti raccontando la triste vicenda di una ragazza vittima dei bulli, poi finita nella spirale della droga e ritrovata morta a Bergamo sul ciglio della strada. Sotto il giubbotto nascondeva il pancione. La storia di questa sfortunata ragazza ha zittito la platea, peraltro comunque sempre molto attenta, ed è stata raccontata, ha sottolineato Murtas, per ricordare ancora una volta che non esiste altra via di uscita: bisogna trovare il coraggio di parlare, superare l’isolamento della paura; e bisogna avere rispetto per gli altri, per le diversità, per le debolezze. Bisogna sapere che si può e si deve essere aiutati, così come bisogna sapere che chi sa, e tace, è complice quanto il carnefice.
ar sentire di ciascuno ciò che è di tutti è un valore importante», questo è il fondamento – nelle parole di Donatella Brigatti, consigliere con delega all’istruzione – della bella iniziativa che in febbraio ha preso il via a Caravaggio. A seguito di una convenzione per lavori di manutenzione di piante ed aiuole comunali, stipulata tra l’amministrazione cittadina e la Fondazione Maddalena di Canossa, ente gestore della Scuola per Lavorare nell’Agroalimentare, è stato mosso un primo passo verso l’obiettivo di «legare scuola, imprenditori e cittadini. Non si può tenere insieme un territorio, un comune – prosegue Brigatti – solo con il lavoro di alcuni: è un concetto che deve passare e presuppone un ribaltamento di prospettiva. Non è facile, ma ci proviamo». Le fa eco l’Assessore al Territorio e Ambiente, Demanio e Patrimonio, Viabilità, Federica Banfi: «Il progetto ha tra i molteplici obiettivi la professionalizzazione dei ragazzi, trasformando gli spazi pubblici in veri e propri laboratori didattici, ma anche sensibilizzare i giovani a prendersi cura del verde comune, come elemento vivo e di tutti. Un primo esperimento di incontro tra verde e scuola». Nel concreto gli studenti della classe terza, dopo una prima lezione teorica in aula, si sono cimentati con attenzione e impegno nell’attività di manutenzione del
verde. Nel totale rispetto delle norme di sicurezza, hanno osservato e partecipato ai lavori di potatura delle piante di paulonia presenti in Largo Cavenaghi – spazio verde pubblico affidato alla scuola per la manutenzione ordinaria – coordinati dal docente agronomo professor Stefano Ferri e seguiti dal giardiniere Riccardo Giussani, che gratuitamente ha dato la sua disponibilità per illustrare con esempi pratici le modalità di esecuzione dei lavori. «I ragazzi hanno risposto alla proposta con entusiasmo, partecipazione e attenzione – spiega l’insegnante Isabella Pala – spettatori per alcune attività, protagonisti per altre, aiuto agli addetti al comune per ripulire e sistemare. La nostra è una scuola pratica, portata al fare, nella quale gli studenti sono abituati a fare stage. Avere professionisti che mettono le loro competenze al servizio della scuola è una carta vincente». L’istituto di via Prata, con i prossimi interventi, provvederà alla cura del decoro dell’area antistante il cimitero e, nel corso dell’anno scolastico, continuerà ad occuparsi, a seconda delle esigenze stagionali, di questi due luoghi cittadini significativi. Un’opportunità importante per i ragazzi, futuri operatori agricoli, che possono apprendere sul campo competenze tecniche spendibili con l’acquisizione di una qualifica professionale. «È un’iniziativa – conclude l’assessore – che speriamo possa avere ulteriori possibilità di sviluppo».
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ph Appiani
I.P.
Bonaldi Motori Filiale di Treviglio
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a storia di un Gruppo forte di sessant’anni di attività nel mondo dell’automotive e sedi nelle province di Bergamo, Milano, Lecco, Sondrio e Cremona, con oltre duecentocinquantamila clienti soddisfatti ed un fatturato consolidato che supera ormai i 300 milioni di euro. Ma Bonaldi è anche Treviglio: nata 12 anni fa, la sede cittadina è oggi un punto di riferimento per tutta la Bassa Bergamasca e per coloro che ricercano qualcosa in più di un semplice venditore di auto. Un’avventura nata con sei dipendenti che oggi conta ben ventiquattro addetti
(di cui sedici dedicati al Service) e i cui numeri di vendita racchiudono la forza del Gruppo Bonaldi, con circa mille vetture vendute all’anno solo nella sede di via Caravaggio. La pressochè totalità di servizi, offerti e dedicati non solo ai privati, spaziano dalla possibilità di personalizzare i pagamenti rateali, al noleggio a breve e lungo termine e al leasing. La concessionaria Bonaldi di Treviglio, forte di due showroom, offre alla sua clientela la possibilità di visionare e provare l’intera gamma del Gruppo in loco, con le migliori proposte dei marchi Volkswagen (anche veicoli commerciali), Audi, Skoda, e Seat. Tutto
questo qui, a due passi da casa e senza la necessità di doversi spostare neanche per l’assistenza post vendita. L’ampia sede, moderna e funzionale, è davvero facile da raggiungere. Ubicata tra Treviglio e Caravaggio, a poche centinaia di metri dall’uscita autostradale di “Caravaggio” sull’A35, offre oltre 2500 mq espositivi in cui il cliente troverà cordialità, competenza e la migliore offerta sul mercato, anche per l’usato di qualità selezionato da Supernova Car Outlet. Il Service, dedicato a tutte le vetture del gruppo, seguirà con la stessa attenzione anche l’assistenza e la vendita di ricambi originali, siano esse di privati, di reti aziendali o qualsivoglia società di noleggio. Vuoi acquistare una Golf? Passa da Bonaldi, in via Caravaggio 53 a Treviglio: il preventivo che cercavi, quello più conveniente, ti sta aspettando!
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Com’era - Com’è
a cura di Marco Falchetti
Casirate D’Adda ha cambiato pochissimo la fisionomia dell’ingresso da sud: gli edifici che si affacciano sulla via Tommaso Grossi, la provinciale “Bergamina” che porta a Lodi, hanno mantenuto fortunatamente la loro bella architettura originaria.
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Amarcord
Il gruppo Amici di Fausto Coppi di Franco Galli
C’
è chi si giudica sportivo solamente perché il suo nuovo sport watch gli dice che anche questa settimana ha fatto diecimila passi, ma ci sono altri sportivi che, oltre a combattere la sedentarietà, si appassionano anche alla storia dello sport e dei suoi protagonisti. Angelo Assanelli – già Vice Presidente del sodalizio ciclistico Trevigliese, un tempo corridore e instancabile amante delle due ruote pedalate – insieme ad altri “folli” ha dato vita al gruppo “Amici di Fausto Coppi”. Un angolo, una nicchia sportiva unica a Treviglio. Amici di Fausto Coppi: come è nato il sodalizio? «Il tutto è nato nel 1997, dopo aver dato il premio “Calice d’oro” a Faustino Coppi in memoria di suo padre. Io, Zanenga, Comelli e altri amici di “ fede Coppiana” ci siamo detti: “perché non ricordare il Campionissimo, nel giorno dell’anniversario della morte (2 gennaio 1960) andandolo a ricordare a Castellania, nel suo paese natale?”. E così si è fatto ogni anno da allora. E ti dico che ogni anno ci sono sempre più persone che si ritrovano per la commemorazione». Avete mai pensato di ampliare le vostre iniziative? «Sinceramente no. Siamo un gruppo di appassionati, non abbiamo ambizioni organizzative, ci piace rendere omaggio ad un personaggio sportivo che ha caratterizzato la nostra gioventù e segnato la storia italiana del dopoguerra. Ai quei tempi con le sue im-
prese ha regalato gioie e riscatti sociali. Ci piace ricordarlo così». Nel periodo del dopoguerra cosa ha rappresentato Fostò (come lo chiamavano i francesi)? «Per noi era un mito, ricordo un aneddoto: era il 5 settembre 1953, alla sera Coppi gareggiava al velodromo Vigorelli a Milano in una gara di inseguimento su pista, ed io, allora 13enne, partii da Treviglio in bicicletta per andare a vederlo, per poi rincasare alle due del mattino. Per tantissimi era un idolo sportivo, rappresentava la parte dell’Italia più progressista, più trasgressiva, resa ancora più evidente con la sua storia d’amore con la Dama Bianca, che allora fece molto scalpore. Questa storia a noi tifosi generava imbarazzo, ci metteva alla berlina dei rivali Bartaliani, perché era fuori dall’ordinario; ma forse era proprio questa sua irriverenza a farlo piacere di più». Per voi appassionati di ciclismo, cosa significava Fausto Coppi? «È stato l’antesignano del ciclismo moderno, nel bene e nel male, con nuove metodologie di allenamento, di alimentazione, di materiali e di innovazioni tecnologiche. All’epoca era un ciclista moderno, progressista, e poi c’è stato un connubio con la Bianchi, quindi, da Trevigliesi, come non essere di parte?». Del dualismo con Bartali, che mi dici? «Erano due corridori differenti. Bartali sicuramente più forte in salita, Coppi più completo, elegante nella pedalata e temibile in tutte le situazioni, nelle volate, nelle gare a cronometro o su pista. Ha vinto i grandi giri, le classiche di un giorno, i campionati del mondo, ecco perché è chiamato “Il campionissimo”». È vero che Coppi e Bartali rappresentavano due facce dell’Italia? «I due campioni erano attivi prima della Guerra del ‘45, nel dopoguerra le difficoltà erano tante e lo smarrimento sociale era enorme, c’era voglia di cambiamento, ma allo stesso tempo timore di finire peggio di prima, e i due campioni, sfidandosi sui pedali, rappresentano il duello tra queste due facce dell’Italia: Bartali rappresentava il mondo cattolico, più timoroso per i nuovi cambiamenti, mentre Coppi era l’Innovatore, allora rappresentato dal comunismo liberatore».
Ci sono stati altri atleti che hanno scaldato l’immaginario? «Beh a bruciapelo posso ricordare Fiorenzo Magni, il terzo uomo da battere, poi mi viene in mente Gastone Nencini, allora giovane corridore che se la doveva giocare coi i più esperti corridori già citati. Ricordo come perse il suo Giro d’Italia del ‘55 ad opera di Magni e Coppi… Ma questa è un’altra storia». Di campioni più recenti, come Pantani (a me molto caro) che mi dite? Chi vi ha entusiasmato come Coppi? «Pantani è stato molto forte soprattutto in salita, anch’egli legato alla Bianchi come Coppi e anche lui morto in maniera tragica (Coppi è deceduto per malaria dopo un safari in Africa, poi sottovalutato dai medici. Sarebbe bastata una dose di chinino per salvarlo, ndr). Altri corridori completi come Coppi sono stati a mio parere Hinault, Indurain, Bugno e Ivan Basso. Tutti bravi, ma il Campionissimo è… Unico». Il vostro sodalizio non è numeroso, avete mai pensato di allargare il gruppo? «Non essendo un’associazione non abbiamo ambizioni né di allargamento, né di attività divulgative; siamo un gruppo di una ventina di appassionati e amici, e vogliamo mantenere questa caratteristica. Tuttavia, se qualcuno sposa questa nostra filosofia è sicuramente benvenuto, anzi ci farebbe anche piacere». Lo sportivo non è solo quello che cerca la vittoria, il record, ma anche quello che capisce lo sport inserito nel contesto sociale, dove gli atleti sono campioni perché muovono e rappresentano il loro Paese. Non nego che sarebbe bello vedere a Treviglio una mostra su Coppi, sul ciclismo pionieristico e sulla “nostra” Bianchi. Ai loro tempi, con le strade non asfaltate e con le bici di allora, compirono imprese eroiche. Marzo 2017 •
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Sport ph Famularo
Sulle punte, con determinazione di Ingrid Alloni
La trevigliese Eliana Barazzetti ci racconta vita, sacrifici e sogni nel mondo della danza
A
ppena ho visto Eliana Barazzetti, mi ha subito dato l’impressione di una ragazza della sua età: sedici anni, quasi diciassette, portati in un paio di scarpe grosse nere, insieme ad una tuta grigia abbastanza larga e i capelli raccolti in una coda di cavallo. Non avrei mai immaginato che la sua vita fosse invece molto particolare, sicuramente non simile a quella dei suoi coetanei. Eliana balla da undici anni e la danza rappresenta tutta la sua vita. Quando hai scoperto questa passione? «Una mattina mi sono svegliata e ho detto alla mamma di voler fare la ballerina. Ho cominciato a sei anni, a Treviglio, poi mi sono spostata a Bergamo e ora sono a Milano». Da quanto tempo sei a Milano? Come descriveresti questa scuola? «Da poco, da circa cinque/sei mesi. In questa scuola – la Solostage Academy di Isabel Seabra – siamo solamente in cinque perché la nostra insegnante vuole poche persone per insegnare loro al meglio possibile la danza. Le mie compagne sono per me come sorelle e l’insegnante è per noi sia una mamma sia una confidente». Come sono strutturati gli allenamenti? «Vado sempre dal lunedì al venerdì e, se abbiamo spettacoli o stage, mi alleno anche il sabato e la domenica Normalmente un allenamento dura dalle 10 alle 14, ma se c’è un evento particolare anche fino alle 16».
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È una vita stancante! Quindi non frequenti nessuna scuola? «No, al momento studio da privatista: internet è per me un grande supporto e alle fine di ogni anno faccio un esame. Ormai mi sono abituata e riesco a conciliare questi due aspetti: vivo con questi ritmi dalla prima superiore. All’inizio è stato abbastanza difficile perché ho sentito la mancanza dei miei compagni e anche dei professori, però questo è quello che voglio fare e quindi affronto con coraggio anche le difficoltà». Qual è la difficoltà quotidiana maggiore? «Il fatto che i risultati di ogni giorno che passa debbano essere sempre migliori del giorno precedente. L’obiettivo è alto, ci vuole molta motivazione per raggiungerlo». Se ti dico la parola “danza”, qual è la prima cosa che ti viene in mente? Cosa provi quando balli? «Tranquillità, danzare mi dà un forte senso di tranquillità, mi sento libera di esprimere tutto ciò che non riesco a comunicare a parole. Il ballo è diventato la mia voce». Per quale motivo hai scelto la danza classica e non un altro tipo, ad esempio l’hip hop? «Paradossalmente, io mi sento molto un maschiaccio. Infatti, quando ero piccola, mia mamma voleva iscrivermi ad un corso di basket. Ora in sala mi sento una principessa, ma quando esco esprimo in un modo molto diverso quella che sono io. Uno dei modi attraverso cui riesco a manifestare la mia femminilità è la danza classica, per questo la preferisco alle altre, che non mi piacciono molto; conoscere la danza classica è comunque molto utile perché è la base per il ballo moderno e contemporaneo». Come si svolgerà il tuo percorso nei prossimi anni? «Fino a 18 anni resterò nell’Accademia in cui sto studiando ora e poi vorrei andare all’estero a fare la ballerina. Dopo aver ballato per alcuni anni mi pia-
cerebbe intraprendere l’ambito didattico». Qual è il tuo balletto preferito? «Don Chisciotte. Questo personaggio mi rappresenta molto: da una parte è forte, ma dall’altra è estremamente sensibile». Qual è stata l’esperienza più emozionante che hai fatto? «Ballare alla Scala. Avevo 11 anni, ho vissuto a Milano lontano dalla mia famiglia per un anno. È stato difficile, ma anche formante perché mi ha permesso di superare la mia iniziale timidezza. La mattina andavo a scuola e il pomeriggio mi allenavo. Tra i posti più belli in cui mi sono esibita metto sicuramente San Pietroburgo e Saint Moritz». Come mangiano le ballerine e cosa fanno nel tempo libero? «Mangio in modo sano: la pizza ogni tanto nel weekend e tutti i giorni insalata, riso o pasta. Nel tempo libero cerco di stare quanto più tempo possibile con la mia famiglia, visto che sono sempre fuori casa». Qual è il tuo prossimo obiettivo? «A maggio parteciperò ad un concorso, se lo vinco ho diritto ad una borsa di studio». Da grande cosa vorresti fare? «L’insegnante di danza per i bambini piccoli, dai tre ai sette anni. Vorrei aiutarli ad esprimere quello che sto provando io in questi anni». Come ti senti rispetto ai tuoi coetanei? Che messaggio che vorresti dare loro? «Ho fatto più esperienze rispetto a molti di loro… A volte mi sento più matura, ma molte cose le imparo io stessa da loro. Consiglierei di continuare e combattere per il proprio sogno e non arrendersi davanti ad una prima difficoltà. Tutto ciò abbinato ad un pizzico di umiltà».
Dieci anni di scherma di Ivan Scelsa
Festa per il primo decennio di attività della Compagnia della Scherma Lombarda ASD
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a Compagnia della Scherma Lombarda ASD celebra i primi dieci anni di attività sportiva con una festa. L’appuntamento di martedì 7 marzo è alle 18 presso la palestra trevigliese della scuola “Cesare Battisti” di viale Piave. L’occasione è propizia per ripercorrere i momenti salienti della prima decade associativa ma, soprattutto, per presentare i progetti sportivi di “In Compagnia 2027”. Con il Presidente del Comitato Regionale Lombardo della Scherma, Fabrizio Orsini, ed i maestri tutti che hanno contribuito a far nascere e sviluppare questa realtà, divenuta tra le più significative della bassa bergamasca, ci saranno anche gli atleti, i genitori e gli ex del gruppo. Da quest’anno, l’attività proposta nell’ambito della scherma sportiva verrà implementata dalla disciplina riservata agli atleti in carrozzina, con iniziative ambiziose, riservate e mirate ad avvicinare a questo sport anche i non vedenti e le persone con disturbo dell’attenzione ed iperattività. Un piccolo, grande progetto sportivo dalla valenza sociale, a cui la tutta cittadinanza è invitata a partecipare e che, ne siamo certi, farà del bene anche all’animo.
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Le ricette di Erika Resmini
Cous Cous con curcuma e verdure piccanti Ingredienti (per 2 persone) • 200 gr cous cous • 1 broccolo • 3 peperoni (rosso, giallo, verde) • 3 cipollotti • piselli • 2 carote • 2 zucchine • peperoncino
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nnanzitutto preparare la vaporiera (in questo caso è stata utilizzata una in bambù) portandola a temperatura. Nel frattempo, ammollare il cous cous sgranandolo bene. Tagliare le verdure a dadini e disporle nella vaporiera, aggiungendo peperoncino in abbondanza. Mettere della curcuma in una ciotola e, non appena raggiunta la cottura delle verdure, unire il cous cous e mescolare bene. Ultimare con un filo d’olio ed ecco un piatto unico, sano e nutriente!
Torta di grano saraceno con mandorle e nocciole Ingredienti (per 2 persone) • 100 gr di farina di grano saraceno • 50 gr di maizena • 50 gr di zucchero • 1 baccello di vaniglia • 80 gr di nocciole tritate • 80 gr di mandorle tritate • lievito • 1 bicchiere d’acqua • 1 uovo • zucchero a velo
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caldare il forno a 180° e foderare uno stampo da plum-cake con carta da forno. In una ciotola versare la farina ed aggiungere nocciole e mandorle. Tagliare il baccello di vaniglia per la sua lunghezza e raschiarne i semi, aggiungerli nella ciotola unendo tutti gli ingredienti. Amalgamare il composto con l’aiuto dell’acqua, in modo tale da rendere morbido l’impasto. Versare il tutto nella tortiera ed infornare per circa 40 minuti. A cottura terminata, sfornare il dolce e spolverare di zucchero a velo. Un buon dolce, senza peccato di gola, che piace a grandi e piccini... Alla prossima!
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2017-01
Ricette buone e sane L
bozza 1
e ricette e i menù, che vi abbiamo proposto a partire dal numero di settembre, oltre all’obbiettivo di solleticare e soddisfare il palato, hanno un denominatore comune: l’attenzione alla salute. Erika Resmini, infatti, rende partecipi voi lettori della sua cucina casalinga, che si rifà ai principi della piramide della dieta mediterranea, e sposa esigenze salutistiche di natura medica: «è una cucina che predilige carni bianche, pesce e verdure, nella quale, una volta al mese, è concesso “trasgredire” gustando un fritto, la pizza o la carne rossa. Un modo di cucinare necessario per la salute di chi amo, e che ho cercato di fare mio senza rinunciare alla bontà». La dieta mediterranea, regime alimentare in grado di garantire un equilibrio nutrizionale e uno stato di salute ottimale, nel 2010 è stata inserita dal Comitato intergovernativo dell’Unesco nella Lista dei patrimoni culturali immateriali dell’Umanità. Tra le caratteristiche poste in evidenza c’è il “mangiare insieme”, che sottolinea la rilevanza della famiglia, del gruppo e della comunità, a cui si associano i valori dell’ospitalità, del rapporto di vicinato, del dialogo interculturale e del rispetto della diversità. Viene inoltre sottolineato il ruolo della donna, nel salvaguardarne le tecniche e la trasmissione alle generazioni future, il rispetto dei ritmi delle stagioni e delle tradizioni delle festività. Ecco allora che, nonostante la riduzione di zuccheri, uova, grassi saturi, dado e sale (quest’ultimi sostituiti da vino ed erbe aromatiche) Erika inventa ricette apprezzate da adulti e bambini.
Latteria Sociale di Calvenzano Formaggi - Salumi Carni bovine e suine - Prodotti locali
Fondata nel 1922, la Latteria Sociale di Calvenzano è tuttora testimone importante di una tradizione cooperativistica che nella comunità di Calvenzano si è consolidata sin dagli ultimi decenni del XIX secolo. Dal 1966 la Latteria si è dotata di uno spaccio agricolo, realizzando fin d’allora una filiera corta “a chilometro zero”. Qui i consumatori possono acquistare con un ottimo rapporto qualità/prezzo formaggi, carni e salumi di nostra produzione DOP, o conformi alla tradizione locale. Latte e Bestiame ci vengono conferiti dai nostri soci agricoltori. In occasione di una recente ristrutturazione sono in vendita prodotti di altre aziende agricole: vini, olio, confetture e altri prodotti, tutto selezionato scrupolosamente nell’ambito del progetto “Qui da noi” di Confcooperative che mette in rete gli spacci agricoli cooperativi a livello nazionale favorendo l’interscambio fra i produttori.
Orari di apertura: 08,30 - 12,30 e 15,30 - 19,00 chiuso lunedi pomeriggio e festivi
Calvenzano (BG) - Largo XXV Aprile, 6 - Tel. 0363.86110 info@latteriacalvenzano.it - www.latteriacalvenzano.it Marzo 2017 •
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I.P.
Termoidraulica Martinelli: affidabilità e innovazione al servizio del territorio
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ermoidraulica Martinelli, un’azienda specializzata in impianti termici e idraulici ad uso commerciali, civili e industriali, partner inoltre per la vendita e assistenza di prodotti Vissmann caldaie e climatizzatori Daikin.. L’impresa, che opera a Treviglio dal 1974, ha raggiunto traguardi professionali importanti che le sono valsi la Certificazione Iso, Fgas e terzo responsabile, certificazioni che attestano la qualità del servizio e la tempestività negli interventi che da sempre l’azienda offre ai suoi clienti tenendo conto soprattutto del territorio in cui viviamo, grazie alle tecnologie di basso impatto ambientale adottate. Una società fondata negli anni ’70 dai fratelli Giuseppe e Rinaldo Martinelli, che avevano messo a frutto l’esperienza accumulata dalla collaborazione con uno storico idraulico di Casirate d’Adda, dando vita alla Termoidraulica
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Martinelli srl. Successivamente fa il suo ingresso Alessandro Martinelli, figlio di Giuseppe, che nel 2013 ha rilevato le quote aziendali dello zio Rinaldo, giunto alla meritata pensione. «È un lavoro che da sempre ho sentito mio – racconta Alessandro, attuale responsabile tecnico dell’azienda trevigliese – sin dai tempi della scuola nel periodo estivo seguivo mio padre e mio zio in questa attività, fino ad apprendere l’esperienza necessaria che mi ha portato alla gestione dell’azienda a fianco di mio padre, che è tutt’ora l’Amministratore della Termoidraulica Martinelli». Progettazione e realizzazione, una stretta collaborazione di elementi essenziali che ha fatto della Termoidraulica Martinelli una delle prime aziende del settore ad adottare su larga scala l’utilizzo di sistemi di riscaldamento e raffrescamento a pannello radiante a bassa temperatura, con un progetto innovativo – grazie alla colla-
borazione con l’ingegner Delbini dello studio Site di Treviglio – che negli ultimi anni è stato poi diffusamente utilizzato. La serietà professionale e l’immediata assistenza ai clienti hanno portato l’azienda trevigliese, specializzata in impianti termici e idraulici, a fare la scelta di una rete commerciale legata soprattutto al territorio del comune di Treviglio e zone limitrofe. Molta attenzione anche per il personale dipendente: 10 validi professionisti, per i quali l’azienda investe in sicurezza e parco mezzi, oltre che nella loro formazione come esperti del settore. Cambiano i tempi e con essi anche il modo di lavorare, ma non si parla di crisi: la Termoidraulica Martinelli resta al passo con i tempi che impongono una specializzazione estrema legata all’evoluzione dell’impiantistica stessa. Oggi infatti i sistemi di climatizzazione estiva ed invernale devono essere valutati sia in funzione della migliore soluzione tecnologica, che in funzione delle restrizioni legislative in tema di impatto ambientale. Nel corso degli anni la continua ricerca di valutazione e utilizzo di nuove tecnologie da parte di Termoidraulica Martinelli, le hanno permesso di realizzare molti progetti all’avanguardia, sia nel settore industriale che in quello abitativo. Fra le opere realizzate, fiore
TERMOIDRAULICA
MARTINELLI
Vendita e Assistenza Impianti di Climatizzazione all’occhiello dell’azienda è un impianto per una banca del ghiaccio, che nel 1996 è risultata essere tra le prime realizzate in Italia. Proprio quest’anno, dopo vent’anni di manutenzione ordinaria, questo stesso impianto sarà oggetto di un’importante manutenzione straordinaria, che ne garantirà il buon funzionamento per i prossimi due decenni, a testimonianza della validità del progetto e della realizzazione iniziale. Le qualità professionali fanno, inoltre, della Termoidraulica Martinelli un partner per la vendita e l’assistenza dei prodotti di importanti aziende, rinomate nel settore termico e idraulico, come Viessmann, azienda leader nel mondo nella produzione di caldaie a condensazione, sistemi di riscaldamento e climatizzazione per la casa, e Daikin, produttore di climatizzatori e pompe di calore dal 1924. Due le Certificazioni professionali: Iso Uni En 9001, Fgas oltre all’abilitazione aziendale all’incarico di terzo responsabile per centrali termiche. La prima testimonia l’attenzione dell’azienda all’intero processo qualitativo nell’erogazione del servizio, mentre la seconda autorizza l’azienda e il proprio personale alla fornitura, posa e manutenzione ordinaria/straordinaria di impianti di climatizzazione e riscaldamento, con pompe di calore ad elevata efficienza (contenenti liquidi refrigeranti comunemente chiamato freon). Termoidraulica Martinelli ha sede in via Ado Moro a Treviglio (BG), dove è possibile incontrare professionisti disponibili a qualsiasi spiegazione su sistemi di climatizzazione estiva ed invernale, oltre a informazioni per impianti idraulici di ogni genere, dalla piccola riparazione alla valutazione di interventi mirati ad abitazioni residenziali, attività commerciali o capannoni industriali. Per informazioni tel. 0363/43795, info@termomartinelli.it, www.termomartinelli.it.
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tribuna magazine • 57
La rubrica della salute orale
I.P.
La bufala delle otturazioni tossiche
Q
ualche settimana fa il programma televisivo “Le Iene” ha trasmesso un allarmante servizio in cui si paventavano gravi rischi per la salute di chi ha otturazioni in amalgama d’argento. Tale servizio ha avuto grande risonanza, tanto che nei giorni successivi il sottoscritto, così come molti colleghi in tutta Italia, ha ricevuto numerose richieste di informazioni da parte di pazienti spaventati dal dubbio di avere nelle loro bocche materiali “tossici”; mi sembra pertanto doveroso fare un po’ di chiarezza. L’amalgama utilizzato in odontoiatria è costituito per il 45% da mercurio e per la restante parte da altri metalli come l’Argento, è un materiale utilizzato dai dentisti da circa 150 anni e il suo successo è dovuto alla praticità d’uso e agli ottimi risultati clinici che tali si mantengono anche a distanza di molti anni; solo a partire dagli anni ’80 esso è stato sostituito dalle resine composite, materiali più estetici e che aderiscono chimicamente al dente. Le obiezioni all’uso dell’amalgama sono legate alla presenza del mercurio, tossico in forma pura, ma che, quando viene miscelato con gli altri metalli del composto, si lega ad essi in forma molto stabile. La questione oggi, per coloro che devono curare un dente cariato, quasi non si pone; infatti in Italia oltre il 95% delle otturazioni vengono eseguite in resina composita, mentre l’amalgama è sparito ormai dalla maggior parte degli studi odontoiatrici e il suo utilizzo non viene più nemmeno insegnato nelle università. Il dubbio, però, potrebbe rimanere a coloro i quali, e sono la maggior parte dei soggetti adulti, hanno in bocca otturazioni in amalgama d’argento realizzate tempo fa. In realtà anche loro possono dormire sonni tranquilli: diverse ricerche dimostrano, ad esempio, che in un soggetto con 10 otturazioni in questo materiale si libera giornal-
Azzola
studio d e n t i s t i c o 58 • tribuna magazine • Marzo 2017
mente una quantità di mercurio 50 volte inferiore ai limiti di sicurezza fissati dall’OMS. Non c’è nessuna evidenza scientifica che metta in relazione patologie di qualsiasi tipo (addirittura nella trasmissione in questione si è parlato di autismo e sclerosi multipla) e presenza di amalgama d’argento nel cavo orale. L’unico problema può essere determinato da eventuali allergie ad uno dei componenti del composto, ma ciò può valere anche per i cosiddetti materiali alternativi, in questi soli casi è indicata la rimozione del restauro.
La FDA, massimo organo sulla sicurezza dei farmaci negli Stati Uniti, ha dichiarato che le otturazioni di questo tipo sono sicure e negli USA vengono eseguite 200 milioni di otturazioni in amalgama ogni anno. In Europa nel 2008 il comitato scientifico sui rischi sanitari emergenti, il SCENIHR, riconosce l’amalgama dentale come materiale da restauro efficace e che non vi sia nessuna giustificazione per la sua rimozione se ancora clinicamente sufficiente. In Italia l’ultimo decreto che ne regolamenta rigorosamente l’utilizzo è del 2001 e indica come unico limite, dettato da un principio di cautela, l’uso sotto i sei anni d’età, in gravidanza, allattamento e in soggetti con gravi nefropatie. La rimozione delle otturazioni in amalgama rimane indicata quando queste sono danneggiate o infiltrate, oppure quando il paziente per ragioni estetiche chiede che queste vengano sostituite con materiali “bianchi” come composito o ceramica, ma non certo perché siano da considerarsi dannose per la salute. Francesco Azzola
Via Giacomo Matteotti, 11 Treviglio (BG) - 0363/49846 info@studioazzola.it www.studioazzola.it
L’App del mese
Salutile di Gabriele Lingiardi
L’approfondimento tecnologico di questo mese riguarda un aspetto poco considerato, ma di sicura importanza: la salute
L
a Regione Lombardia ha di recente promosso una nuova serie di applicazioni disponibili per App Store e Google Play. Stiamo parlando di Salutile: una suite di applicazioni volte a migliorare il rapporto tra pazienti e il servizio sanitario. In Salutile pronto soccorso, in particolare, l’utente può conoscere le situazioni delle code e le posizioni del pronto soccorso sul territorio lombardo. Accedendo alla mappa presente nell’interfaccia grafica, l’utente può visualizzare la posizione di tutti i Pronto Soccorso. Per alcune strutture sarà inoltre possibile visualizzare un indicatore che mostra lo stato di affollamento. Un servizio sicuramente molto utile e semplice da utilizzare che, nello spazio di uno smartphone, permette di tenere con sé informazioni che potrebbero essere essenziali. Ad affiancare Salutile ci sono altre due declinazioni dello stesso programma: Salutile prenotazioni e Salutile Referti, utili per cercare le visite e prenotare gli esami, oltre che per ritirare i risultati e averli subito a disposizione. L’utilità del
Le domeniche della salute
A
nche quest’anno il Rotary Club Treviglio e Pianura Bergamasca organizzano, con il patrocinio del Comune di Treviglio e della ASST Bergamo Ovest, le “Domeniche della salute”, una serie di incontri finalizzati sia a promuovere l’informazione sanitaria sul territorio, che a consigliare l’adozione di stili di vita e comportamenti in grado di Errata Corrige – Numero di febbraio Nell’articolo di Lucia Profumo a pagina 14, “Vuoi costruire un mondo migliore? In Miniera!”, Luisa Gaba è stata erroneamente indicata come Assessore all’ambiente, invece di capo dell’assessorato ai Servizi sociali e all’attuazione del programma.
I.P.
pacchetto Salutile si fa ancora maggiore se utilizzata assieme a “112 Where Are U”, il servizio dell’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (AREU). Anche questa app è disponibile in tutti i principali store (compreso Windows Phone). Si tratta di un prodotto strutturato per le situazioni di pericolo. In pochi semplici passi è possibile effettuate una chiamata di emergenza a cui segue in automatico l’invio della posizione del chiamante. Il programma dialoga con il sistema informativo della Centrale Unica di Risposta NUE 112, permettendo una localizzazione puntuale anche in caso il chiamante non sappia fornire dati precisi. Con lo sviluppo di nuove tecnologie stanno progredendo anche i servizi dedicati alla salute e al benessere del cittadino. Sarà interessante osservare come, in un futuro prossimo, le istituzioni avranno la possibilità di entrare discretamente, ma con efficacia, in contatto con la quotidianità degli abitanti. Un aiuto concreto e pratico che può, se utilizzato al meglio, migliorare la qualità dei servizi offerti. evitare l’insorgenza e lo sviluppo delle malattie. Gli appuntamenti avranno luogo a Treviglio in piazza Manara, dove verranno installate postazioni dedicate agli esami diagnostici preventivi offerti alla cittadinanza. La prima domenica della salute, dedicata alla ginecologia e urologia si è tenuta il 12 febbraio. I prossimi appuntamenti sono fissati per il 12 marzo, quando sarà possibile sottoporsi ad accertamenti diagnostici sul rischio cardiovascolare, e domenica 9 aprile, in cui saranno presenti medici e operatori per lo screening visivo.
Nella rubrica l’App del mese, il link al video sul funzionamento di Satispay riportato è www.tribuna.tv/satispay: l’indirizzo corretto è www.tribunatv. tv/satispay. Ci scusiamo con i lettori e con gli interessati.
La rubrica della salute
Intolleranza al lattosio
L’
intolleranza al lattosio si verifica quando viene a mancare parzialmente o totalmente l’enzima in grado di scindere il primario zucchero dei principali tipi di latte, presente anche in prodotti caseari o derivati del latte. Quando ingerito, il lattosio viene diviso nei suoi componenti, galattosio e glucosio: il primo è essenziale per la formazione delle strutture nervose nel bambino, il secondo rappresenta il substrato energetico primario dell’organismo. Questo succede solo se nell’intestino è presente una quantità sufficiente dell’enzima lattasi. In caso di carenza o mancanza totale di questo enzima, il lattosio non viene digerito e rimane nell’intestino, dove viene fermentato dalla flora batterica con conseguente diarrea, dolori addominali, nausea. La lattasi compare già alla 23ma settimana di gestazione e aumenta fino a raggiungere il suo massimo alla nascita, restando tale per tutto il periodo in cui l’allattamento costituisce il nutrimento principe del neonato. Dopo lo svezzamento inizia a decrescere con una riduzione progressiva ma molto variabile da individuo a individuo, in età adulta.
Trattamenti e farmaci
Attualmente non esistono trattamenti per aumentare nell’organismo la produzione di lattasi, tuttavia si possono evitare i sintomi seguendo alcune suggerimenti: - non assumere grandi quantità di latte e altri prodotti caseari; - inserire nei pasti regolari piccole quantità di latticini; - bere o mangiare alimenti con un
ridotto contenuto di lattosio; - prima di bere, aggiungere al latte un prodotto che abbatta la quantità di lattosio. Sono poche le persone costrette ad evitare completamente l’assunzione dei prodotti lattiero-caseari o di alimenti che contengono il lattosio.
Sintomatologia
I sintomi più comuni sono: dolori addominali, stitichezza, nausea, mal di testa, gonfiore addominale, diarrea, stanchezza, eruzioni cutanee, meteorismo, flatulenza; in genere insorgono da 1-2 ore dopo l’ingestione di alimenti che contengono lattosio. La sintomatologia è differente da paziente a paziente, con manifestazioni di diversa entità ed importanza, a seconda del grado di carenza di produzione dell’enzima lattasi.
Distribuzione
L’intolleranza al lattosio è presente in più della metà della popolazione mondiale e varia molto in base all’etnia. Circa il 50% della popolazione italiana ne è affetta. Generalmente l’intolleranza è ereditaria, anche se non tutti i pazienti manifestano sintomi.
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tribuna magazine • 59
La rubrica della finanza
I.P.
Eventi
EconoPolitik, rischi e opportunità
Appuntamenti letterari a cura dell’Associazione Malala
L
I
Inflazione, materie prime, tassi e mercati. Cosa fare nel 2017, anno delle elezioni in circa il 70% dell’Europa?
e materie prime sono state un punto di forza nel 2016 e dovrebbero continuare a esserlo anche nel 2017, in uno scenario nel quale gli asset reali potranno beneficiare del programma infrastrutturale proposto da Trump. Nonostante i driver siano numerosi, la domanda dai mercati emergenti, soprattutto la Cina, dovrebbe continuare a sostenere il consumo di commodities. Oltre al rialzo della domanda globale, a determinare una contrazione delle scorte saranno anche i consistenti tagli ai budget per la spesa in conto capitale. Il calo nelle condizioni di fondo che seguirà continuerà a rappresentare un efficace elemento di sostegno all’insieme delle commodities nei prossimi anni. Per quanto riguarda il tema dell’inflazione, c’è una correlazione dell’84% tra l’indice dei prezzi al consumo (Cpi) negli Stati Uniti e i prezzi del petrolio. I recenti movimenti nel prezzo della mate-
ria prima suggeriscono che l’inflazione potrebbe raggiungere il 3% nel primo trimestre. I dati sui salari indicano una crescita degli stipendi, saliti al 2,9%, e i costi dell’healthcare dovrebbero continuare ad aumentare. I mercati al momento non stanno prezzando i rischi di un rialzo dell’inflazione, e questo è un aspetto che potrà rivelarsi positivo per gli asset reali, con gli investitori che iniziano a comprendere che l’inflazione si sta allontanando dai livelli minimi in cui si trova da molti anni. team.advisor.3v@gmail.com
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l prossimo sabato 4 marzo alle ore 16.30 presso la libreria “Lo stato dell’arte” di via Verga 14 a Treviglio, Francesca Ghirardelli presenterà il suo libro “Solo la luna ci ha visti passare”. L’autrice, giornalista pubblicista, ha raccolto con grande sensibilità i ricordi di viaggio di Maxima, una profuga siriana di quattordici anni, incontrandola prima a Belgrado, quando era ancora in cammino, e poi in Olanda dove adesso vive. Maxima ha viaggiato sigillata al buio dentro un camion, in gommone ha attraversato l’Egeo, ha camminato tanto anche a piedi, ma il libro non è solo questo. Racconta anche come Maxima lungo il drammatico viaggio sia cresciuta ed abbia modificato il suo modo di guardare alla realtà. Venerdì 10 marzo alle ore 18.15, ancora presso la libreria “Lo stato dell’arte”, l’appuntamento è con Anna Raffaella Belpiede e la sua poesia. Sociologa, formatrice, ha molto lavorato nel settore pubblico ed è
I corsi dedicati alle donne
S
ono dedicati tutti alle donne e al loro contributo nello sviluppo della storia, della letteratura e delle arti, i corsi realizzati dalla Biblioteca di Treviglio, dalla Terza Università e dall’Università del Tempo Libero di Caravaggio. Oltre al corso già avviato e tenuto da Fabio Celsi sul ruolo della donna nello sviluppo della storia, a partire dal prossimo 2 marzo, per cinque giovedì di fila si terrà all’Auditorium del Centro Cultuale il corso di Letteratura “Saffo e le altre”. Pinuccia d’Agostino, che tiene questi cinque incontri per la Terza Università di Bergamo, parlerà della donna come ispiratrice di grandi scrittori e come autrice. Oltre all’antica ma sempre amatissima Saffo, verranno trattate figure interessantissime di donne autrici, come Eloisa, Isabella Gonzaga, Gaspara Stampa, M.me di Stael, Jane Austen, George Sand, Sibilla Aleramo e tantissime altre che hanno contribuito in modi diversi allo sviluppo del romanzo, in particolare al romanzo di formazione e a quello psicologico.
I.P. autrice nel campo dell’intercultura. “Silenzio assordante” è il titolo della raccolta di versi che verrà presentata, di ispirazione autobiografica, ma non solo. Scrive infatti Sandro-Gros Pietro nella prefazione che “essa è tuttavia anche la vicenda di Eva e di Maria Maddalena, ma è anche la vicenda della propria madre, delle proprie figlie, e via di seguito fino a consustanziarsi in una poliedricità di personaggi vivi e reali o anche icone della mitologia o della religione”. I versi della Belpiede saranno impreziositi dalle letture dell’attrice Pina De Filippo. Sabato 11 marzo ore 16.30 presso l’Auditorium della Biblioteca, ingresso largo Marinai d’Italia, Treviglio, Flavio Caroli presenterà il suo ultimo libro “Cento capolavori da rubare”. Caroli torna sempre volentieri a Treviglio perché è stato conquistato dalla calorosa accoglienza che da noi ha sempre ricevuto. L’occasione per invitarlo ancora ce l’ha data il suo ultimo libro che ha per sottotitolo “200 quadri da rubare”. Si tratta quindi di una raccolta di altrettanti capolavori che l’autore espone in un “suo” museo ideale. Le immagini sono accompagnate dalla sua prosa chiara e amabile che abbiamo imparato a conoscere. È l’occasione di fare un bel viaggio nella storia dell’arte, seguendo Caroli nel suo percorso attraverso “sale tematiche” che vanno dall’erotismo ai misteri dell’arte, dal cibo all’amore, dalle stagioni allo scorrere del tempo.
Il corso terrà conto anche di autrici non europee, come quelle dell’America latina o di giovani autrici del mondo islamico, e dedicherà l’ultimo incontro alle grandi poetesse del ‘900. Alle letterate seguiranno le pittrici cui sono dedicati tre incontri, organizzati dalla Biblioteca civica di Treviglio e tenuti ancora d’Agostino che, nell’esporre il non facile cammino delle donne artiste, illustrerà l’arte di Artemisia Gentileschi, Tamara Lempicka, Frida Kalo e altre grandi pittrici europee. Questa primavera letteraria dedicata alle donne si concluderà con cinque incontri, che si terranno a maggio per l’Università del Tempo Libero di Caravaggio su alcune delle registe più interessanti del cinema. Verranno presentati film di Liliana Cavani, Margaretha von Trotta, Donatella Maiorca, Sarah Polley e Nadine Labaki.
La rubrica del fisco
Voluntary Disclosure Bis
O
ggi trattiamo un argomento particolare, fuori dai confini canonici. Proprio in questi giorni il governo ha definito il nuovo modello per aderire alla Voluntary Disclosure Bis. L’avvio della seconda tranche del progetto di “collaborazione tra fisco e contribuenti” è contenuto nel DL nr. 193/2016: in sostanza è possibile dichiarare il capitale “sommerso” esistente al 30 settembre 2016 senza dovervi pagare le sanzioni piene, gli interessi di mora ridotti e soprattutto evitando di incorrere nella responsabilità penale connessa agli illeciti fiscali. Assistiti da professionisti del settore, si potranno inviare le domande fino al 31 luglio 2017, e i pagamenti delle somme dovute dovranno perfezionarsi entro il 30 settembre 2017, qualora si si saldi in un’unica soluzione, altrimenti, se si dilazionano le somme in tre rate, la prima avrà come scadenza il 30 settembre 2017. Senza addentrarsi nei dettagli, in cosa consiste la Voluntary Disclosure Bis? I cambiamenti del contesto internazionale, un rinnovato scenario in tema di contrasto all’evasione fiscale, la crisi economico-finanziaria degli ultimi anni, hanno fatto sì che l’OCSE abbia messo in atto un piano per “mettere all’angolo” tutti quegli stati da sempre rifugio degli evasori di tutto il mondo. Ma chi può effettuare la Disclosure? Tutti quei soggetti obbligati alla compilazione del Quadro dichiarativo RW: persone fisiche, enti non commerciali, società semplici ed equiparate ex art.5 Tuir, residenti in Italia che detengono investimenti all’estero e attività al di fuori dei confini nazionali di natura finanziaria a titolo di proprietà o altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione. In che cosa consiste e come si sviluppa la procedura? Il primo passo, nell’incertezza di capitali all’estero, in determinati Paesi, è rivolgersi al proprio professionista competente in materia: lo stesso analizzerà la posizione degli asset detenuti all’estero dal contribuente, verificando l’anno in cui queste attività si sono formate e/o trasferite, nonché l’eventuale presenza di cause ostative e di aspetti penali; successivamente si provvederà a valutare la documentazione dei fondi esteri sotto un profilo finanziario-fiscale, in modo tale da poter ricostruire la storia dei proventi generati all’estero e, sulla base delle molte variabili, definire il costo delle imposte da pagare. Completato il complesso calcolo, si presen-
terà, tramite il sito dell’Agenzia delle Entrate, un’istanza all’UCIFI che, valutate le informazioni e i documenti forniti dal contribuente, provvederà ad emettere un invito a comparire e al calcolo delle imposte, delle sanzioni ridotte e degli interessi. E i benefici? Esclusione di punibilità per tutti i reati tributari dichiarativi (compresi quelli fraudolenti) e l’omesso versamento di ritenute certificate o di IVA. Sul versante del penale è altresì esclusa la punibilità per il reato di riciclaggio, di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché per quello di auto-riciclaggio. Anche sotto l’aspetto amministrativo vi sono evidenti vantaggi: le sanzioni per le violazioni sul quadro RW vengono ridotte alla metà del minimo, e anche quelle in caso di omessa o infedele dichiarazione dell’imposta sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, IRAP, o IVA, sono ridotte di ¼ del minimo. È obbligatorio il rimpatrio fisico del patrimonio detenuto all’estero? La disciplina della Voluntary Disclosure non prevede che il patrimonio detenuto all’estero e regolarizzato debba essere necessariamente rimpatriato fisicamente in Italia. La decisione spetta pertanto al contribuente, certo che se rimane all’estero sarà pur tenuto a dichiararlo regolarmente nel quadro RW. Queste alcune delle domande frequenti. Il fatto che esistano molteplici casistiche sulla detenzione di asset esteri presuppone che vadano studiate a fondo con l’aiuto del proprio professionista, per non incorrere, in caso di verifiche incrociate di dati bancari internazionali, in ammende sicuramente più pesanti. Giovanni Ferrari Tributarista Marzo 2017 •
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La Vignetta di Juri Brollini
62 • tribuna magazine • Marzo 2017
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