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FEBBRAIO 2013 Anno IX N° 115
MENSILE A SFONDO SOCIALE DI PUBBLICA UTILITÀ
xe carneval... Com’eravamo… Il Carnevale a Campalto
In questo numero
Il racconto che segue, di Claudio Pietrobon, è un ricordo dei primissimi carnevali, nati spontaneamente dalle famiglie e dalla comunità contadina e parrocchiale di allora. I carnevali che tutti ricordiamo e che hanno reso famoso questo evento a Campalto, sono stati voluti ed organizzati dal CCPC (Comitato Cittadino Pro Campalto, nato del 1964), sotto la guida di una coppia di veraci campaltini, il cavalier "Bepi" Checchin ed il suo compagno Ivano Franchin. Il primo Carnevale Campaltino si è svolto nel febbraio 1970, e l'ultima - purtroppo - edizione è stata nel 2001. In questi 31 anni, Campalto ed il suo Carnevale hanno raggiunto fama, non solo locale, ma anche regionale e nazionale, ridando stimolo a quello di Venezia, allora quasi dimenticato. 31 anni di folclore, tradizione ed aggregazione popolare... forse conclusi, o dimenticati, troppo presto. (continua a pag. 2) Chiara Foffano
com’eravamo... il carnevale a campalto_viaggio nei ricordi di campalto_ c’era una volta_l’affido è di tutti_il carnevale e il mascheramento_intervista a chi vive l’affido_tradizioni tra il sacro e il profano_il don vecchi quater resta isolato_tra rabbia e speranza..._al voto: perché, per chi?_happy... job_utl, i prossimi incontri_fiumi, fossi e canali_rilassiamoci.
L’ ERBA DI CASA NOSTRA “Quadri per una storia di paese - Viaggio nei ricordi di Campalto” Il Carnevale veniva atteso da giorni se non da mesi, era la Festa delle Feste, coinvolgeva tutti, dai grandi ai piccoli tra coriandoli e stelle filanti, in un caleidoscopio di colori e rumori. I carri allegorici lentamente, circondati dai festanti più o meno travestiti anche di una sola e semplice mascherina sugli occhi, si muovevano lungo via Gobbi in direzione Favaro Veneto; ormai era tradizione acquisita percorrere, con la sfilata, la distanza che separava le due comunità, amiche e nemiche al tempo stesso, per questa giornata di festa. […] A Campalto il Carnevale era una manifestazione maiuscola, acclamata, quei Carri Allegorici che stavano lentamente guadagnando la via, erano il frutto di giorni e giorni di lavoro, all’interno dei barchi, strutture in legno e tavole il cui nome derivava dalle più nobili e complesse “Barchesse” delle Ville Venete, delle case coloniche, le uniche ad essere in possesso della materia prima: i carri ed i trattori per trainarli. All’interno di quei barchi si sviluppava un lavoro febbrile, iniziato alcuni mesi prima e che, in prossimità della manifestazione, accelerava ed impegnava un numero notevole di persone dal mattino a notte fonda. L’importante era
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non sfigurare, visto che i mezzi a disposizione scarseggiavano e tutto si rimetteva alla fantasia ed inventiva di uomini per i lavori pesanti e di composizione delle strutture e di donne per la realizzazione di costumi, maschere e corredi. Il rumore era assordante, al passare delle macchine agricole, i conducenti si divertivano ad accelerare il motore dei loro Landini e Laverda, pur rimanendo fermi, in folle, e quei diesel in accelerazione mettevano paura ed emozionavano, tanto il rumore era intenso, vivo; inoltre il fumo acre del gasolio agricolo, tutt’altro che raffinato, che usciva dagli scappamenti diretti verso l’alto, aumentava la sensazione di festa, di allegria e confusione. I ragazzi gioivano al seguire gli avvenimenti, con un continuo vociare e gridare, all’indirizzo delle persone che animavano i carri; e poi c’erano le stelle filanti ed i coriandoli in quantità, molti dei quali fatti in casa, c’era molto di autarchico in tutto ciò che si faceva, e non solo per gli abiti, generalmente di Colombina per le femminucce, mentre per i maschietti c’era la maggiore varietà, cominciando dalle maschere nazionali, tradizionali, per finire ai personaggi televisivi, primo fra tutti il mitico “Zorro”.
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[…] Il Carnevale Campaltino ebbe un seguito in crescendo che lo portò a diventare un avvenimento di dimensioni regionali, che coinvolgeva tutto il paese, il quale, per l’occasione, veniva isolato dal resto del Comune e diventava un’isola pedonale, invasa da migliaia di festanti più o meno mascherati, da paesi più o meno lontani, in una colorata baraonda che si concludeva solo a sera, dopo aver lanciato coriandoli e stelle filanti in quantità industriale, tanto da coprire e colorare le strade.
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C’era una volta… Il ricordo di Francesca di Francesca Rismondo …Tanto tempo fa, anche a Campalto, la domenica di Carnevale passavano i carri per Via Orlanda. Sembra una fiaba, ma era realtà! Il mio ricordo di bambina non mi consente di datare la fine di tale avvenimento, ma nella mia memoria è impressa molto bene la felicità di questo evento annuale. Era una gioia potersi vestire in maschera e uscire in strada, liberi di correre per la via principale del nostro paese, per un giorno chiusa da macchine e camion, e aspettare con ansia i carri carnevaleschi. Ogni anno ce n’erano di nuovi, colorati, con persone a bordo che tiravano coriandoli ovunque, con spettacoli di danza e musica e le bande che seguivano come colonna sonora l’evento. Sbandieratori, clown e gente comune che si ritrovava in strada.
Ricordo che molti miei amici di Mestre e dintorni venivano apposta da noi a Campalto per fare festa! L’ultimo carro in mia memoria, che potrebbe probabilmente essere ancora attuale, ritraeva il Cavaliere, gigantesco, rappresentato in maniera goliardica (è carnevale! Per fortuna ogni scherzo vale...). Mi sono sempre domandata da dove arrivassero questi carri, e chi fosse così bravo ogni anno da inventarsene uno nuovo, sempre diverso, e immenso… Le mie domande trovano risposta dopo molto tempo, grazie alla Pagina di Campalto, così ho pensato che sarebbe stato bello richiamare alla mente questo evento anche ai nostri numerosi lettori… per cui scopriamo insieme i segreti dei carri!
Il Carnevale e il mascheramento: alcuni cenni storici di Francesca Dalle Vedove Dove e perché nasce il Carnevale? Quando è diventata una festa importante e riconosciuta nella nostra cultura? Partiamo intanto dal significato della parola “carnevale” che deriva dal latino "carnem levare" e che anticamente indicava l’ultimo banchetto a base di carne che poi “si toglieva dalle tavole” prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. Pertanto si capisce che il Carnevale, così come è arrivato a noi dal Medioevo, è strettamente legato alla religione ed in particolare a quella cattolica-cristiana, indicando quel periodo di fasti, libertà culinarie e di comportamento che l’uomo può concedersi prima dell’austerità imposta dalla Pasqua. In realtà, i festeggiamenti carnevaleschi si ritrovano già nei “saturnali romani” e nelle feste in onore di Bacco del mondo greco, ma furono gli antichi egizi a ritrarsi per primi con maschere e travestimenti, a testimonianza che in ogni epoca storica l’essere umano ha avuto bisogno di un tempo “leggero e di festa”, libero dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine e allo scherzo. Ma è nel Medioevo che il Carnevale si impone come festa popolare, molto sentita nella tradizione contadina come saluto del nuovo anno e, nemmeno a dirlo, molto combattuta dal cattolicesimo che mal digeriva la frenesia incontrollata e l'esuberanza festaiola di questo periodo. Nonostante le forti resistenze ecclesiali, durante i secoli, il Carnevale
ha saputo evolversi e radicarsi tra i cittadini, tant’è che ha stimolato la nascita di celebrazioni che evidenziano le lotte fra quartieri e rioni di una stessa città (come ad esempio accade ancor oggi, con la battaglia delle arance di Ivrea), o fra classi sociali diverse. Oggi il Carnevale, con le più diverse maschere orgoglio delle città italiane che ne hanno dato i natali e i dolci creati per l’occasione, è un periodo di festa e di scherzo atteso dai più piccoli e dagli adulti… e come potrebbe essere diversamente, tanto più per noi veneziani? E allora che Carnevale sia!
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L'affido è di tutti: non solo un aiuto alle famiglie ma un'esperienza che cambia la vita di Martina Pellizzer Il Centro per l'Affido e la Solidarietà familiare del Comune di Venezia ha la sua sede a Campalto, in via dal Cortivo e offre un servizio alla comunità davvero importante. Non molti conoscono la possibilità dall'affido come gesto di solidarietà per quei bambini e ragazzi le cui famiglie si trovano in un momento di difficoltà e non possono garantire loro un adeguato ambiente familiare. L'affido può essere stabilito con il consenso delle famiglie di origine e perciò consensuale, oppure giudiziale quando il Tribunale per i Minorenni lo dispone e viene poi realizzato dal Servizio Sociale. Ne esistono diverse tipologie: residenziale, quando il ragazzo vive stabilmente con gli affidatari mantenendo rapporti periodici con la propria famiglia, diurno quando trascorre solo alcuni momenti della giornata con la famiglia affidataria e la sera torna a casa, parziale quando il ragazzo passa solo alcuni momenti della settimana con gli affidatari come il week-end o alcuni pomeriggi dopo la scuola e infine di breve durata quando trascorre un periodo definito con gli affidatari come può essere una vacanza. L'affido è per sua natura temporaneo; la
durata cambia da caso a caso ma per norma non può durare per più di due anni, eventualmente prorogabili per altri due e si interrompe quando la famiglia ha superato le sue difficoltà, il ragazzo è diventato maggiorenne o ha raggiunto i 21 anni o quando non è più nell'interesse del minore continuarlo. Diverso dall'adozione, per diventare famiglie affidatarie non ci sono requisiti particolari: coppie, singoli, genitori con figli oppure nonni, tutti possono offrire questo servizio di volontariato dopo un percorso formativo che prevede: un primo incontro formativo presso il Centro per l'Assistenza Familiare, un percorso di gruppo formativo e informativo sull'affido e infine un percorso di conoscenza individuale o di coppia. Nel 2012 il Centro per l'Affido del Comune di Venezia, che si occupa anche di gestire i centri del Comune di Cavallino Treporti, Marcon e Quarto d'Altino, ha realizzato 205 affidi. Analizzando i dati si devono distinguere gli affidi riguardanti i minori stranieri non accompagnati, che sono stati 116 e quelli dei minori italiani che sono invece 89. I primi sono ragazzi di 16/18 anni che arrivano in Italia senza la propria famiglia e
che dopo un primo periodo in una comunità di accoglienza vengono affidati a parenti, conoscenti connazionali o a famiglie/persone italiane. É doveroso sottolineare come la scarsità delle risorse a disposizione e la poca informazione rende complesso e purtroppo non sempre sufficiente il lavoro svolto dal Centro, per questo vengono organizzati eventi di promozione nel territorio di competenza e incontri di formazione aperti al pubblico. Un forte contributo viene fornito dalle Associazioni locali, quali La Gabbianella e altri animali, L'arcobaleno, AiBi Amici dei Bambini, Fondazione Mamma Maria, Rete Famiglie Affidatarie, Amici di Casa Famiglia Pio X e Polisportiva Terraglio, che si impegnano molto nell'attività di promozione e nel supporto alla famiglie affidatarie. Infatti una volta ottenuto l'affido alle famiglie vengono offerti supporti di vario genere: dagli incontri di gruppo, a un contributo mensile, a supporti telefonici o individuali con assistenti sociali e psicologi. Per raccontare e far conoscere nel modo migliore questa realtà, si è scelto di dare voce a chi questa esperienza la vive quotidianamente.
Prossimi incontri presso il Centro in via dal Cortivo, dalle 17:00 alle 19:00 giovedì 7 Febbraio - Cos'è l'affido familiare: Testimonianza di una famiglia affidataria giovedì 14 Febbraio - Il bambino in affido: storie e narrazioni giovedì 21 Febbraio - Desideri e aspettative. Per saperne di più... : Centro per l'affido e la solidarietà familiare: tel 041.5420384 – centroperlaffido@comune.venezia.it La Gabbianella ed altri animali: tel 041.5281954 -www.lagabbianella.org L'Arcobaleno: tel 3498046197 Aibi Amici dei Bambini tel 0415093474 - www.aibi.it/ita Fondazione Mamma Maria tel 041 5281927 - www.fondazionemammamaria.net Rete Famiglie affidatarie: amiciaffido@gmail.com Amici di Casa Famiglia Pio X: www.casafamiglia-venezia.it Polisportiva Terraglio: comunicazione@terraglio.com
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Questione di sguardi: intervista a chi vive l’affido di Chiara Foffano Mentre l’adozione è cosa abbastanza conosciuta e accettata, l’affido è terra ancora da scoprire, non solo tra i cittadini e le famiglie, ma anche in campo giuridico, dove si pensa che abbia per forza a che fare con violenza e abusi. Con l’occasione di far conoscere a Campalto il Centro per l’Affido del Villaggio Laguna, ho avuto la fortuna di incontrare una mamma, sorella ed amica di un bambino di 4 anni che ha con sé da circa uno. Non scriverò i loro nomi, ben che importanti, per rispetto alla loro richiesta di anonimato e in secondo luogo per non voler dare un volto ed una definizione ad una bella cosa che ognuno di noi potrebbe fare. Di lei non si può evitare lo sguardo, curioso e brillante. E’ una di quelle rare persone che si ferma ad ascoltare quando le parli e, non da meno, ha l’intelligenza di ascoltarsi quando risponde. Si definisce una volontaria, piuttosto che mamma affidataria, di sicuro è una famiglia per il piccolo, anche se è sola con lui. Piuttosto la zia che non ha. Mi fa riflettere veramente sul termine volontariato, soprattutto in questo caso che sembra non essere il protagonista. Quando si pensa all’adozione o all’affido si da per scontato che di fondo ci siano problemi di “figli”. Se una coppia non può averne, tenta almeno la strada dell’adozione e coniugare così un proprio sogno ad un’azione salvifica e onorevole. Di fronte ad una giovane donna, con una professione tutt’altro che ordinaria, con una casa da gestire e dei genitori e degli amici da seguire, l’affido E’ una scelta. E’ mettersi a tavolino per ragionare sul come incastrare tutti gli impegni, fare il conto con il tempo, che spesso non basta mai per tutto e tutti. Intorno al bambino ci sono molte persone e molte realtà; a lei il difficile compito di creare e
mantenere un equilibrio, tra i veri genitori, gli amichetti, ed i vari servizi. Intorno a lei invece, c’è la sua famiglia, i nonni, gli amici ed i colleghi, che l’aiutano nel gestire le normali cose di una famiglia. Motivo in più per avvicinare l’idea di affido a chi le sta intorno, e al bambino persone normali, di cui potersi fidare. La cosa più difficile mi confessa essere la gestione emozionale, più che quella pratica, sebbene i suoi ritmi siano accelerati molto dall’arrivo del piccolo. I bambini già spiazzano per loro natura! Non si hanno sempre tutte le risposte, men che meno a quelli che hanno già vissuto situazioni troppo dure per i loro pochi anni di vita. Come alleviare le sue pene? Come fargli capire che di me si può fidare, che non gli farei mai del male? Potrebbero sembrare questioni semplici, ma nulla è semplice quando ci si deve rapportare con un bambino, con un bambino piccolo e di una cultura diversa, così lontana dalla nostra. “… proprio ieri sera mi chiedeva perché si trova in questa situazione e perché faccio da mamma io che non lo sono. Gli ho detto che aiuto lui e la sua mamma e che spero lui faccia lo stesso per un altro bambino quando sarà grande. Il suo sorriso mi ha ripagato di tutto il casino che questo periodo mi ha creato, soprattutto nel lavoro. Avere questa esperienza è un continuo scambio di affetti. Lui si è molto affezionato a me e alla mia famiglia di origine, ai miei amici, che proprio in questi giorni mi stanno aiutando molto. Vedi? Se fai del bene, ti torna del bene,
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in forme diverse, ma torna, ne sono convinta. Anche con la sua mamma è nato un bel rapporto, d’amicizia, anche se lei si è legata molto di più con la mia di mamma, forse perché la sua la vede così poco. Ormai è più di un anno che ci conosciamo, siamo cresciuti insieme, lui ha imparato a fidarsi di me, che sono un adulto che vede solo al fine settimana, molto spesso sono stata la sua ancora di salvezza emozionale, sono la sua treccani personale, facciamo tante cose insieme e lo coinvolgo in tante attività. Lui dopo avermi tenuta chiusa in casa per i primi due mesi perché aveva paura di perdere tutto, adesso è uno spasso portarlo anche alle cene con gli amici! Mi rendo conto che non è da tutti mettersi in gioco con queste esperienze, ma se ogni volta che faccio un’esperienza nuova, divento più forte e cerco di risolvere in miei problemi, lo devo anche a questo. Se poi uso questa forza anche per gli altri senza scappare, è un merito che sento di prendermi quando me lo riconoscono. ”L’affido non è solo per donne o famiglie. E’ anche per giovani, pensionati o nonni. Anche solo per poche ore la settimana, per andare a prendere a scuola il bambino o per aiutarlo a fare i compiti mentre la sua mamma è al lavoro. Per vivere in una società e farne parte, condividerne gli intenti ed i problemi, ci si deve arrendere al fatto che si ha bisogno di relazioni. Perché quindi non iniziarne una di autentica? Qualcosa si dovrà sacrificare, ma il nostro sorriso poi, non sarà più lo stesso.
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Tradizioni, tra il sacro ed il profano di Fabrizio Trevisan “ xe mejo desfar un paese che perda na tradision..!”. Queste semplici parole, dette con tono perentorio dai nostri vecchi, sintetizzano meglio di mille fraseggi il sentimento popolare che anima da tempo immemore alcuni appuntamenti che fanno ormai parte, appunto, della tradizione. Se per alcuni l’ambito di provenienza è tipicamente locale, per altri il riferimento geografico è più vasto, nazionale ed addirittura sovrannazionale. Se in alcuni casi l’origine è sicuramente pagana, per altri le radici si trovano nella cristianità che appartiene a molti di noi. Per focalizzare meglio l’argomento, volevo parlarvi, nel piccolo del nostro paesello, degli appuntamenti della “Piroea Paroea” e della Mostra dei presepi, che da anni ormai accompagnano le festività natalizie in quel di Campalto. La “Piroea Paroea” , altrimenti detta “Pan e Vin”, “Brusa la vecia”.. e chi più ne ha più ne metta è sicuramente una tradizione pagana, geograficamente appartenente a certe parti del Veneto orientale e del Friuli Venezia Giulia. Consiste, i più lo sanno, in un grande falò fatto di legname e frasche derivanti da potature che vengono praticate preferibilmente in questi periodi freddi. Sopra a questo, variamente abbigliato ed agghindato, c’è immancabilmente un fantoccio di paglia e vestiti laceri, simbolo dell’anno vecchio che il fuoco esorcizza con la sua potenza purificante. A vario titolo, una volta che la piroea brusa ben, vecchi sedicenti saggi (mah..) interpretano, valutando la direzione del fumo e delle faive, l’abbondanza o la carestia dell’anno che verrà (non fidatevi, non ci azzeccano quasi mai!!). Il tutto viene condito con una buona dose di vin brulè e pinza, immancabili catalizzatori dell’allegria e della voglia di stare insieme. Altro appuntamento fisso è la Mostra dei Presepi, da più di vent’anni allestita in Patronato a Campalto dall’inossidabile Gruppo del Venerdì. È evidente in questo caso l’anima più cristiana della tradizione, che pure si perde nella notte dei tempi. Se per i più piccoli l’allestimento del presepe rappresenta un momento di concretizzazione della vivissima fantasia che li contraddistingue ma anche il mezzo, diciamolo, per conquistarsi l’ambita calza in premio, per gli adulti è un riavvicinarsi ai temi del Natale, alla nascita di Gesù e
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quindi alle basi cristiane della nostra civiltà. Non mancano (e sono ben accetti) richiami e sensibilizzazioni ai problemi del mondo civile, alle preoccupazioni che da sempre assillano la nostra società, nodi irrisolti del nostro quotidiano vivere, amplificati dalla crisi che ci sta duramente colpendo. Come portavoce del Gruppo del Venerdì ringrazio di tutto cuore chi ci da una mano e chi, più semplicemente, partecipa alle nostre semplici ma concrete iniziative per il paese e vi rimando ai prossimi appuntamenti che ci vedono impegnati, di cui il più prossimo (piccola pubblicità) è il 9 Febbraio con la Festa di Carnevale.
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SONO PASSATI DUE ANNI, MA IL DON VECCHI QUATER RESTA ISOLATO di Elena Brugnerotto Non so se qualcuno si ricorderà il mio articolo di ottobre 2011 sul Don Vecchi Quater che stava per aprire a Campalto, in quell'occasione incontrai Don Armando Trevisiol per chiedergli come stavano andando le cose e per allacciare dei rapporti tra la nuova struttura e la popolazione di Campalto. Sempre in quella piacevole chiaccherata, parlammo del marciapiede di collegamento tra il Don Vecchi e il centro di Campalto, Don Armando era convinto di riuscire in pochi mesi a farlo realizzare dal Comune ed io, persuasa dalla grinta e dalla determinazione di quest'uomo non ho potuto dissentire... Qualche settimana fa in redazione ricevemmo una lettera, Don Armando si ricordava di me e chiedeva una mano per sollecitare l'intervento del Comune per la realizzazione di marciapiede e pista ciclabile. Mi racconta di come in questi anni ci siano state solamente parole e rimpalli di competenze tra Comune e ANAS, e intanto gli ospiti del Centro Don Vecchi non hanno ancora la possibilità di raggiungere il centro di Campalto in sicurezza. Nell'Italia che funziona succede che, quando vengono dati i permessi per costruire uno stabile in un'area, ci si accerta che, ai futuri abitanti di quella struttura, siano garantiti accessi e percorsi stradali e pedonali sicuri che permettano di arrivare ad un centro abitato o ad una fermata dell'autobus senza rischiare la vita. Nell'Italia in cui viviamo invece, si lascia che gli ospiti di una struttura per anziani non abbiano la possibilità di arrivare con tranquillità ad un negozio per fare due spese o una passeggiata. Cinquecento metri di strada che possono cambiare la quotidianità di molte persone, perché il Comune non fa questo sforzo? Don Armando mi racconta che i costi dei lavori per mettere in sicurezza la fermata dell'autobus di fronte al Centro li ha anticipati interamente la Fondazione Carpinetum (la fondazione che gestisce i complessi) con la promessa che ANAS e Comune avrebbero messo ognuna un terzo della spesa. A momento nulla è arrivato e chissà quanti anni dovranno ancora passare... Se in qualche modo il raggiungimento della fermata è garantito, sembra ancora lontana anni luce la realizzazione di quel tratto di marciapiede e pista ciclabile che permetterebbe agli ospiti di arrivare in Centro Campalto, fare qualche spesa, partecipare ai momenti della Comunità e magari sentirsi parte del paese in cui vivono. Ho provato a chiedere informazioni al nostro Presidente di Municipalità Ezio Ordigoni, il quale mi conferma di aver ben presente la situazione ma lamenta l'impotenza
delle piccole amministrazioni nei confronti dei colossi come ANAS.Promette di prendere in mano la situazione e speriamo veramente che riesca a venirne al capo. In quanto esperti della vicenda del By Pass di Campalto, sappiamo bene quanto l'accavallamento di competenze renda le cose difficili e conosciamo bene i bilanci degli enti pubblici di questi anni, ma a chi ci amministra chiediamo uno sforzo in più, chiediamo di non lasciare queste richieste su qualche scrivania impolverata, ma di farsi portavoce di un problema reale che non può aspettare, deve essere risolto adesso, subito, perché non è ammissibile rischiare la vita su Via Orlanda, abbiamo pianto troppe persone lungo questa strada.
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parliamone...
TRA RABBIA E SPERANZA Tra pochi giorni si vota, e questi giorni di attesa dovrebbero essere per ogni cittadino carichi di speranza e di aspettative. A naso non mi pare sia così! La crisi che ci attanaglia che ha eroso anche quelle riserve accantonate per “ogni evenienza” da chi aveva potuto permetterselo, che lascia nell’angoscia famiglie, lavoratori, giovani che non sanno che cosa faranno domani mattina, tra una settimana o tra un anno; ecco, questa situazione, nata da decenni di follie e di ruberie che si sono perpetuate per tanti anni, sta ammazzando la poca speranza residua.L’agone politico invece che un confronto di idee e di programmi, è diventato uno show gestito dall’audience dove una buona battuta può portare molti più voti di una intelligente proposta (proposta che comunque non sono stato in grado di intercettare!). Per come siamo messi, le proposte “buone” sono bene accette come le medicine amare: l’Italia è malata e serviranno
ancora scatole e scatole di iniezioni, di quelle che bruciano il culo! E questo faticoso risalire, questa cura/penitenza che ci toccherà sopportare ancora per anni, sarebbe anche tollerabile se portasse con sè anche una rivoluzione della vita politica: sarebbe come uscire finalmente da un periodo buio, come uscire da una guerra che ci ha coinvolti, fiaccati e quasi travolti!Ma ci troviamo ancora di fronte ad una scelta, quella di “a chi dare il voto” molto più seria e problematica che nelle elezioni precedenti: tutte le parti in causa stanno facendo a gara nel fare le pulizie al proprio interno; le staranno facendo per davvero? Mi viene in mente la pubblicità di quel ragazzo e di quella ragazza bendati che sentono intorno profumo di pulito, poi si tolgono le bende e si trovano in un cesso pubblico: era solo il deodorante! Quindi che fare? Io vivo della mia pensione, ho sufficienti anni per capire che nessuno mi farà diventare ricco
di Giuliano Brandoli e che non lo farà nemmeno per i miei figli, che lo sfasciare tutto senza avere un’idea di cosa fare dopo non è cosa saggia; penso che chi è povero vada aiutato, che chi è malato vada curato, che istruzione e lavoro siano un diritto per tutti…; che insomma la Costituzione venga realmente ed interamente applicata! Sono anche consapevole che i labirinti ed i bizantinismi della politica, anche di quella “buona”, a volte generano mediazioni indigeste a tutti, anche a chi le propone. Ma, santo cielo, basta con unti dal signore e le vaccate conseguenti! E non ritenendo saggio chiamarmi fuori rinunciando al voto, mi affiderò, incrociando le dita come quando vado a giocare al superenalotto, anche se con un po’ più di speranza, a uomini “umani” , fallaci come me, che potranno anche sbagliare ma che molto probabilmente non mi piglieranno per i fondelli.
Al voto: perché, Per chi? Mancano pochi giorni alla prossima scadenza elettorale di fine febbraio quando saremo chiamati a rinnovare il parlamento. Di fronte a questo importante evento ci si pone spesso una domanda: perché votare? Al di là della consueta retorica tipo “è un dovere del cittadino” oppure “è un diritto conquistato col sacrificio di generazioni di Italiani”, di fronte all'astensionismo dilagante diffuso dai sondaggi e verificatosi in occasione delle ultime tornate amministrative, mi sembra opportuno riflettere brevemente su questo argomento. La mia prima risposta è: “perché mi sento un cittadino responsabile”. Il sistema politico degli ultimi anni, con l'adozione delle liste bloccate decise dalle “sacrestie” dei partiti, ha parzialmente svuotato di significato la partecipazione al voto impedendo agli elettori di scegliere direttamente i propri rappresentanti ma il non presentarsi alle urne, magari come forma di protesta, lo vedo
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di Gianfranco Albertini
come un atto di disimpegno in un momento così grave per la nostra società. I tanti problemi che molte famiglie vivono oggi, da quelli occupazionali a quelli più strettamente legati alla quotidianità, chiedono una risposta urgente da parte della classe politica, partendo dal livello locale e procedendo verso il livello nazionale. Una volta affrontato e risolto il primo dubbio ne resta un altro ancora più pressante: in chi riporre la propria fiducia. Spesso, soprattutto nel periodo dei grandi partiti storici, il cittadino si è fatto trasportare dalle ideologie interpretando la sua posizione di elettore come quella di un tifoso, trasformando una fazione politica nella squadra del cuore. Negli ultimi tempi, invece, un altro fenomeno ha preso piede: quello di scegliere questa o quella compagine perché in grado di garantire determinati privilegi individuali tralasciando l'interesse comune. E nei primi accenni di campagna elettorale
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parliamone... questo concetto continua a essere predominante. Benché alcuni attori del teatrino della politica continuino a dire che la crisi è un'invenzione di una certa stampa, che si tratta di un fenomeno recente, chi la vive sulle proprie spalle sa invece che essa ha radici profonde, che vanno ricercate nell'incapacità o, peggio ancora, nella mancanza di volontà di mettere in piedi riforme strutturali in grado di incidere decisamente sul debito pubblico, vera palla al piede della nostra economia. Una nazione in cui la metà delle ricchezze è in mano al 10% dei suoi abitanti non ha nessuna prospettiva. A chi dare quindi il proprio consenso? Se non si fa parte di quelle categorie cui ho accennato più sopra che amano il voto di scambio (io voto te perché tu mi dia in cambio
qualcosa) l’approccio più corretto potrebbe essere quello di scegliere compagini che propongono interventi concreti per tentare di rimettere in linea di galleggiamento questa nostra barca. Scarterei invece con decisione chi mette sul piatto offerte eticamente discutibili e irrealizzabili o fa del populismo sfrenato la sua bandiera. Il voto resta comunque una scelta strettamente legata alle libertà individuali mentre il non voto, o quello puramente di protesta svuotato di elementi costruttivi, ha come risultato primario quello di confermare lo status attuale e allontanare sempre di più i tempi per uscire dalla grave situazione socio economica che stiamo vivendo. E per sdrammatizzare vi consiglio l’ascolto di “Destra Sinistra” e “il Conformista” di Giorgio Gaber
HAPPY…JOB? SOLO DA MC DONALD’s? di Romena Brugnerotto
Per farsi pubblicità, al giorno d’oggi, non basta più proporre il proprio prodotto, decantarne le qualità, trovare vip che testimonino di fare un uso sconsiderato di quel prodotto qualsiasi esso sia, dallo jogurt, alla pasta, al rasoio. Oggi un’azienda deve proporre anche dei valori e deve far parlare di sé, se vuole far breccia nel cuore del consumatore, duramente provato dall’impressionante numero di pubblicità che ogni giorno passano sotto i suoi occhi. E ci prova Mc Donald’s toccando forse il tema più caldo di questi tempi il lavoro. Già nelle precedenti campagne aveva provato a far breccia nel cuore degli italiani proponendo panini dal sapore italico e assumendo un noto chef per immaginarli. Ecco quindi che negli ultimi mesi ci ha proposto spot televisivi (che potete ritrovare sul sito aziendale )e cartacei (anche per radio? Io non l’ascolto
quasi mai ma non mi stupirei) in cui il concetto è “vieni a lavorare da Mc Donald, qui non solo c’è lavoro ma è a tempo indeterminato”. Accidenti, un bello spot se pensiamo che gli ultimi dati parlano di un livello di disoccupazione intorno al 10%. Gli spot parlano chiaro e hanno chiamato a girarli uno dei più amati tra i registi italiani, Gabriele Salvatores: "da Mc Donald’s paghiamo puntualmente tutti i mesi e i contratti sono a tempo indeterminato, noi nell’Italia ci crediamo assumeremo 3 mila persone nei prossimi 3 anni". In effetti gli assi calati sono molti: in un paese in cui i giovani devono accontentarsi di un lavoro in qualunque forma esso arrivi, un’azienda invece che dice “offriamo contratti a tempo indeterminato” fa sicuramente notizia, un’azienda che dice “assumeremo” non metteremo in cassa integrazione.A vedere la campagna di Mc Donald’s vien quasi da pensare che le parole del ministro Fornero di qualche tempo fa in cui invitava a non essere choosy “schizzinosi”. Complimenti a Mc Donald’s perché la campagna è veramente buona: quanti di noi non andranno magari una volta in più al famoso fast food pensando “almeno quelli che ci lavorano
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vengono trattati bene, hanno lo stipendio pagato e fine mese e un lavoro fisso”? In realtà sappiamo benissimo che lavorare da Mc Donald’s non dev’essere per niente facile, anche solo passare la giornata tra quel tipico odore deve essere faticoso, non parliamo poi se hai aspirazioni vegetariane o giù di li. Anche la GCIL, noto sindacato, ha preso posizione ma contro lo spot “l problema è come si lavora da McDonald's, e questo non è altrettanto pubblicizzato. La retorica, il sensazionalismo e le strumentalizzazioni, quando si discute di diritti fondamentali e di lavoro - conclude la Cgil - non solo sono fuori luogo ma non sono di alcuna utilità". Quindi per intenderci, i richiami alla retorica costituzionale, forse erano un po' fuori luogo. Insomma vale il famoso detto: non è tutto oro quello che luccica: non basta proporre lavoro, bisogna anche vedere che tipo di lavoro offri, se è vero, come ci raccontano i sindacati, che l'azienda non è mail voluta scendere a confronto con questi su molti temi. Inoltre Mc Donald ti offrirà anche un lavoro a tempo indeterminato, ma chi vorrebbe passare tutta la sua vita a lavorare da Mc Donald?
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ASSOCIAZIONI L’UTL, come altre associazioni rivolte agli adulti, offre corsi annuali di lingue (inglese, francese, spagnolo, tedesco) e di informatica, di arte e disegno, di fotografia e fotoritocco, di montaggio di video digitali, di artigianato artistico, di bridge, di burraco e propone viaggi di istruzione e visite culturali a Venezia e dintorni, in Italia e all’estero. Offre inoltre la possibilità di far parte di un coro e di partecipare a un corso di balli
di gruppo. Ma la sua specificità sta nella programmazione di due lezioni-conferenza giornaliere, organizzate in cicli tematici settimanali di durata variabile (da 4 a 10 lezioni), che spaziano in moltissimi campi del sapere, dalle scienze, all’arte, alla filosofia, all’architettura, alla matematica, alla medicina, all’economia, alla letteratura, al cinema. Queste lezioni sono aperte a tutti i soci, senza bisogno di iscriversi.
Istituto Berna, via Bissuola:
Centro civico Manin, via Rio Cimetto
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Storia dell’arte: dal romanico al ‘500 Medicina generale Il colonnello Chabert di Honoré de Balzac, romanzo e film Analisi comparata delle rivoluzioni dal ‘600 al ‘900 I pilastri dell’Islam
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I miti: gli dei dell’Olimpo Benessere del corpo e dello spirito. Terra, acqua, fuoco, aria, legno: di che segno sei? Grande e piccolo in fisica: esplorazione dell’universo e del microcosmo Le banche e le assicurazioni La filosofia da Aristotele a San Tommaso
CORSO BASE DI COMPUTER Iscrizioni presso la sede dell’associazione AUSER “Il Gabbiano” piazzale Zendrini n.22 a Campalto (Villaggio Laguna) . Per informazioni: tel. 041-903525 dalle 10.00 alle 11.30 e dalle 16.00 alle 17.30
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RILASSIAMOCI!
L’ANGOLO DELLE CAZZATE Sono il miglior premier degli ultimi 150 anni di storia! (Silvio Berlusconi) Il mondo gira grazie al vento La legge è uguale per tutti. Se non ti lavi i capelli e ti infili la camicia fin dentro alle mutande hai più chances con le ragazze Ultrà: uomo di età compresa tra i 20 e i 45 anni solito trovarsi durante i giorni feriali al bar e le domeniche tra settembre e maggio nella curva di casa dello stadio cittadino. Generalmente senza lavoro, è mantenuto con introiti di fortuna cumulati fino ad ottenere il necessario per l’abbonamento annuale o il prezzo del biglietto per la partita. Dopo i 45 anni, se ancora in vita, e se non ha raggiunto un cumulo rilevante di diffide da parte della questura, muta in Capo-Ultrà. Zorro: inventore del Carnevale, nonché fonte di ispirazione per molti bambini; sono nate numerose scuole che insegnano a diventare Zorro Ornella Muti: attrice italiana che scelse il proprio nome d’arte in tributo ad Alberto Sordi. Oscenità: niente che in fondo non si possa sopportare, però manda a gambe all’aria le vecchiette.
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I NOSTRI CORSI Corso di musica: sono aperte le iscrizioni per il corso di musica dedicato a bambini ed adulti. Con i nostri soci musicisti sarà possibile imparare a suonare la chitarra in maniera semplice. Ed inoltre… Scuola di Canto Corsi di informatica per i “meno giovani” Compilazione gratuita mod.730 (previo appuntamento) Per informazioni ed appuntamenti telefonare al numero 041.903525 dal lunedì al giovedì dalle 10.00 alle 12.30; il venerdì dalle 16.00 alle 18.00
A cura del Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” ONLUS (auser.ilgabbiano@alice.it) Editore: Circolo Auser “Il Gabbiano” - Direttore responsabile: Giorgio Marcoleoni. - Redazione a cura di: BLOG - Territori e Paradossi Associazione Culturale. - Redattori: Giuliano Brandoli, Daniele Conte, Chiara Foffano, Elena Brugnerotto, Francesca Delle Vedove, Carlo Albertini, Romena Brugnerotto, Martina, Zorzi, Martina Pellizzer, Francesca Rismondo- Redazione: Piazzale Zendrini 22 Campalto (VE) Tel/fax : 041.903525 - E-mail: lapaginadicampalto@gmail.com Stampato in proprio n° 2000 copie Registrazione presso il Tribunale di Venezia n° 1461 del 24 settembre 2003