distribuzione gratuita presso gli esercizi commerciali a: Campalto - Favaro Veneto - Tessera - Dese
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MARZO 2023
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MARZO 2023
L’immagine di copertina esprime gioia, serenità e bellazza. L’abbiamo scelta per celebrare la primavera, che, per tradizione, simboleggia la natura che si rinnova. Visto ciò che stiamo vivendo in questi anni tra pandemia, guerre e, non ultime, catastrofi di origine ambientale e climatica, sono proprio le sensazioni positive che mancano. Il nostro invito è quello di riscoprire il territorio in cui viviamo: non mancheranno certo le sorprese.
In questo numero:
BENVENUTA PRIMAVERA_CARPACCIO A PALAZZO DUCALE_
UN AMORE SURREALISTA_SONO SOLO VOCI?_ARTE DONNA_SERATA POESIE _UNA DOMENICA
DI SANA PROTESTA_IL LIBRO DEL MESE_CAMPALTO SÌ_LA PAGINA
DELL’ARCHEOLOGIA
Proprio quando sembra che l’inverno durerà per sempre arriva un momento magico di risveglio collettivo che porta con sé la tanto attesa primavera.
Nell'emisfero settentrionale si celebra il primo giorno di primavera nell'equinozio di primavera e le culture di tutto il mondo sono ricche di tradizioni curiose per accogliere la nuova stagione.
La parola "equinozio" deriva dal latino aequus, che significa "uguale" e nox , "notte". Con questo termine si intende quindi il momento in cui giorno e notte hanno approssimativamente la stessa lunghezza.
Nell'emisfero settentrionale, l'equinozio di primavera (noto anche come equinozio di marzo) si verifica quando il Sole attraversa la linea dell'equatore, dirigendosi verso nord. Questo evento segna l'inizio della stagione primaverile nella metà settentrionale del pianeta. Dopo questa data, l'emisfero settentrionale inizia a essere più inclinato verso il Sole, con conseguente aumento delle ore di luce del giorno e riscaldamento delle temperature. Al contrario nell'emisfero australe l'equinozio di marzo segna l'inizio dell'autunno poiché l'emisfero australe inizia ad essere inclinato lontano dal Sole.
Data la particolare inclinazione del pianeta Terra i suoi emisferi nord e sud si scambiano di posto durante
tutto l'anno per ricevere la luce e il calore del sole in modo più diretto. Durante l'equinozio, il Sole passa attraverso la linea immaginaria dell’ "equatore celeste". Quando passa da sud a nord segna l'equinozio di primavera mentre da nord a sud segna l'equinozio d'autunno.
In molte culture in tutto il mondo, l'equinozio di primavera è un evento significativo e motivo di grandi celebrazioni con rituali speciali per accogliere la nuova stagione e la nuova energia che ne deriva, come la semina e la nuova stagione dei raccolti.
Questo passaggio simboleggia temi di rinascita, rinnovamento e fertilità: molte culture celebravano i loro nuovi anni durante o a ridosso dell'equinozio di primavera. I simboli di una nuova vita sono quelli più rappresentativi di questo periodo e spesso richiamano simboli associati alla festa cristiana della Pasqua che cade sempre la prima domenica dopo la prima luna piena dopo l'equinozio di marzo.
In questo periodo dell’anno fin dai tempi antichi si svolgono numerosi festival in tutto il mondo, con ritualità che coinvolgono anche il tema del bene che trionfa sul male, poiché la luce del sole riacquista il dominio sull'oscurità, sul freddo e sulla notte.
Gianfranco AlbertiniLa pittura di Vittore Carpaccio celebra fantasticamente Venezia al volgere del XV secolo, quando la Serenissima dominava un vasto impero marittimo-commerciale e fioriva come grande centro di cultura. Infatti trasporta le storie sacre dei cicli narrativi nella vita vera, all’interno di fantastici scenari arricchiti di infiniti dettagli e riferimenti contemporanei all’ambiente e alla società della sua straordinaria città. Così le sue opere, forse più di quelle di altri artisti veneziani del Rinascimento, ci restituiscono l’essenza stessa della “venezianità”, al suo apogeo economico e culturale. Oggi, specie in seguito a recenti scoperte e nuove attribuzioni, è nato il progetto della mostra nelle due sedi di Washington e Venezia, fondata su una selezione mirata delle migliori opere dell’artista. L’intento è tracciare il rigoroso
sviluppo della pittura carpaccesca da una prospettiva aggiornata. In questo la mostra propone un consistente nucleo di disegni autografi del pittore che rivelano la singolare immaginazione di Carpaccio, il rigore della sua tecnica nonché i suoi interessi per la prospettiva, la natura, la luce. Dipinti e disegni formano in ciascuna delle due sedi selezioni leggermente differenziate e ordinate in percorsi tematici particolari. L’edizione veneziana si concentra sulla ricostruzione del percorso artistico e creativo del pittore dalle prime opere della giovinezza, giungendo a quelle altissime della maturità. Infine, tenta di meglio valutare anche l’ultimo capitolo della sua attività, finora severamente giudicato, contemporaneo all’affermarsi dell’innovativa pittura tonale di Giorgione e Tiziano e della loro nuova poetica.
Ci sono degli amori che non finiscono mai, che valicano confini, che superano tutte le categorie spazio-temporali conosciute per concretizzarsi in opere d’arte. Un esempio di tali storie d’amore può essere quella tra la pittrice Leonora Carrington e Marx Ernst, considerati entrambi tra i maggiori esponenti della pittura surrealista. Leonora venne totalmente catturata dal fascino e dalle abilità del pittore tedesco. La donna s’innamora dunque prima del pittore che dell’uomo. Per entrambi l’età e la bellezza fisica non contano dinnanzi a tale afflato creativo e a una sinergia d’intenti che si traduce in corrispondenza d’amorosi sensi a tutti gli effetti. Non si tratta certo solo di sintonia artistica, ma di affinità elettive. Due artisti che decidono di scegliersi volontariamente, senza se e senza ma. Basti pensare
al fatto che la loro relazione fece scalpore dato che il pittore la rese pubblica mentre era ancora sposato. La storia d’amore fra i due potrebbe essere tradotta in un romanzo o una serie tv netflix per i colpi di scena e le peripezie che hanno dovuto affrontare. Leonora era la tipica figlia ribelle appartenente ad una famiglia ricca, una ragazza piena di passioni e con il desiderio di girare il mondo. Fu proprio in occasione di una mostra d’arte surrealista che lei si trovò innanzi le opere di Ernst. Infatti conobbe l’artista tedesco poco tempo dopo aver visitato la mostra, durante una festa. Età, nazionalità e situazioni sentimentali completamente diverse avrebbero potuto essere limitanti per loro, ma quando si ama, e il cuore comincia a battere forte, è praticamente nullo qualsiasi tentativo di reprimere le proprie
emozioni. Vissero felici in Francia e frequentarono i circoli letterari e gli artisti dell’epoca. Soltanto lo scoppio della seconda guerra mondiale riuscì a dividerli. Il pittore tedesco venne imprigionato diverse volte perché considerato uno traditore straniero. Leonora, a causa della sua depressione e dei suoi crescenti stati d’ansia, venne internata. Dopo varie vicissitudini i due decisero di frequentare altre persone e di sposarsi, ma a dir la verità, solo uno fu il vero amore di Ernst, Leonora Carrington. Il dipinto Leonora nella luce della mattina, realizzato poco dopo
che Max riuscì a uscire dal campo di reclusione lo dimostra. In una verdeggiante giungla dall’aspetto onirico, con piante sinuose che tutto avvolgono, l’amata Leonora appare, con la sua folta chioma nera, facendosi largo tra la vegetazione, vestita con lo stesso fogliame della foresta. È un’apparizione quasi mitologica. E’ una ninfa dei boschi, una madre natura e una dea in terra. Una creatura, insomma, più divina che umana. Così, probabilmente, Max considerava la sua Leonora.
Cristina PappalardoIn fondo a via Orlanda dove c’era il concessionario auto, poco prima della rotatoria con via Martiri della Libertà, sta sorgendo un grande capannone. Crediamo che in molti si siano chiesti quale potesse essere la funzione di questa struttura dalle dimensioni importanti. Sembrerebbe, stando ad alcune notizie apparse di recente nella stampa locale, che a lavori ultimati diventi la nuova sede del supermercato “Lidl”. Se venisse confermata la notizia, significherebbe che l’unica attività commerciale di questo genere presente a Campalto si allontanerebbe ulteriormente dal centro accrescendo i non pochi disagi delle persone che non possono, o semplicemente non lo desiderano, muoversi in auto per fare la spesa.
Sarebbe inoltre un disagio di non poco conto per gli ospiti del campeggio. Contemporaneamente era apparsa la notizia che la catena “Alì” sarebbe interessata ad aprire un punto vendita in via Passo nell’area occupata dai fatiscenti capannoni in disuso ormai da decenni.
Per il momento sono solo voci che circolano ma crediamo che, trattandosi di attività di basilare importanza per un territorio come il nostro che ha visto negli anni un graduale impoverimento delle proposte commerciali, sia un diritto sacrosanto del cittadino avere una informazione tempestiva e corretta da parte degli organi preposti.
Vedere una donna dirigere l’orchestra della Scala di Milano o presentare una personale di pittura è oggi considerata cosa normale. Così non sarebbe se tornassimo indietro nel tempo di qualche secolo, diciamo cinque. Tutti sanno chi fossero Michelangelo, Tiziano, Caravaggio e via discorrendo, ma quanti conoscono il nome di pittrici o “architettrici” dell’epoca? Probabilmente in molte hanno preso in mano pennelli e colori, ma solo il nome di poche tra loro è giunto a noi. Ma due, in Italia, hanno disegnato la strada, sia con la loro arte, sia con le loro vicende personali.
Artemisia Gentileschi, figlia di Orazio, considerato uno dei più
importanti pittori a cavallo tra i secoli XVI e XVII, nonostante un’esistenza non facile segnata da atti di violenza subiti in giovane età, ci ha lasciato lavori meravigliosi. Alcune tra le sue prime opere ricordano Caravaggio, ma con il passare degli anni il suo stile si fa più morbido per avvicinarsi a quello dei grandi artisti veneti. Si spegne a Napoli intorno alla metà del 1600.
Altra figura straordinaria è quella di Giovanna Garzoni. Amica della Gentileschi, già in tenera età manifestava una grande perizia grafica. Dopo una breve esperienza matrimoniale, optava per una vita da “single”, cosa quasi inconcepibile a quei tempi, che le avrebbe
permesso di muoversi liberamente per l’Italia e l’Europa. L’artista si specializzò nella miniatura su pergamena, eccellendo in particolare nella rappresentazione di nature morte con soggetti esotici e soggetti tratti dal mondo vegetale ed animale. Si racconta che usasse pennelli formati da pochi peli per rendere nei minimi dettagli i soggetti da lei dipinti. Nello stesso periodo, nella Roma di Bernini e Borromini, una figura insolita si muoveva nel campo dell’architettura: Plautilla Bricci, la cui biografia romanzata è narrata nel libro di Melania Mazzucco, è considerata la prima “architettrice” nota nel nostro paese.
Con lo scorrere del tempo, trovare grandi artiste al femminile diventa più facile: ricordiamo la nostra concittadina Rosalba Carriera che, dopo essersi affermata come miniaturista, affinò la sua arte attraverso l’uso dei pastelli diventando una delle più richieste ritrattiste dell’epoca. Il periodo impressionista avrebbe poi visto emergere, non senza difficoltà, Berthe Morisot. I tempi erano ormai pronti per vedere artiste dallo stile “rivoluzionario” come Frida Kahlo o Tamara De Lempicka.
Le donne, che per secoli erano state soprattutto modelle di capolavori dipinti da mani maschili, vedevano finalmente, combattendo contro una cultura maschilista ed emarginante, riconosciuto il loro valore.
Gianfranco AlbertiniCircolo Ricreativo Culturale
Campalto - Villagio Laguna
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Era la sera del 2 febbraio 2019 quando si svolse l’ultima edizione della serata di poesie organizzata dalle associazioni “Blog Territori e Paradossi” e “Amici di Oliviero Lessi”. Eravamo pronti per l’edizione 2020 che si sarebbe dovuta tenere nel mese di marzo ma il Covid ci mise lo zampino e fu silenzio. Dopo 3 anni ripartiamo, con nuovo vigore e un grande desiderio di scordare quei momenti tristi.
“Amo te che mi ascolti” è il titolo della serata, tratto dalla poesia “Amai” che Umberto Saba pubblicò nel 1946, pochi mesi dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
Vi apettiamo nella sede “storica” di questa manifestazione, l’aula magna della scuola A. Gramsci di Campalto che coolabora nell’organizzazione dell’iniziativa, la sera di sabato 15 aprile alle 20.30. Tra breve sarà pronta la locandina con i dettagli della serata che sarà nostra cura pubblicare al più presto.
Invitiamo inoltre i nostri lettori che amano scrivere poesie a inviare, se
lo desiderano, le loro composizioni entro il 30 marzo al nostro indirizzo mail:
lapaginadicampalto@gmail.com
Saremo lieti di inserirle nel programma della serata.
Come consuetudine, la lettura delle poesie si alternerà alla musica in un contesto che, speriamo, sarà accogliente e ricco di emozioni.
Era una fredda domenica d’inverno il 26 febbraio, tirava vento e il cielo era tutto cupo, sembrava quasi che il tempo volesse sfidare i cittadini in questa domenica ecologica. Ma il freddo, il vento gelido e il cielo grigio non sono stati sufficienti a fermarli.
Alle 11 ora di Tessera un nutrito numero di persone hanno partecipato al flash mob organizzato in tutta Italia da FIAB in occasione della giornata nazionale di mobilitazione per le “zone 30” a cui si è unito in sinergia Leonardo promotore di “NO
BIKE NO CITY”.
La richiesta è semplice: andare più piano in auto creando zone a bassa velocità e promuovere la realizzazione di piste ciclabili, in primis quella che collega Tessera a Campalto già approvata ma non ancora in fase di realizzazione, il tutto con lo scopo di creare una città più vivibile e sicura
per tutti.
È stato importante vedere la partecipazione di tante persone di età diverse: nonni che rallentavano le auto mostrando orgogliosi i disegni a tema dei nipoti, madre e figlio uniti nel tendere uno striscione proprio sulla rotatoria e in particolare l’entusiasmo coinvolgente di tre bambine super motivate che ne reggevano un altro camminando avanti e indietro sulle strisce pedonali, quelle adiacenti alla rotatoria di Tessera, punto cruciale perché convoglia le auto provenienti da /per Campalto, Favaro e aeroporto.
L’iniziativa che ha riscosso un interessante successo si è conclusa con serenità al grido appassionato di
NO BIKE NO CITY!
Martina PagninAi più potrebbe sembrare strano che Edmondo De Amicis, proprio lui, quello del libro “Cuore”, si sia cimentato oltre 130 anni fa in un racconto che dà della donna una visione moderna, ben lontana dagli stereotipi dell’epoca, quasi un’antesignana del femminismo. Pubblicato quasi clandestinamente nel 1892, Amore e ginnastica è un racconto ricco di humour, malizia e acutezza psicologica: un libro sorprendente, che giunge a ribaltare completamente l'immagine dello scrittore zuccheroso, didascalico, moraleggiante, che è stata cristallizzata da Cuore. Quello stesso mondo scolastico, appare qui come un campo di forze contrastanti, diviso tra gli slanci ideali delle missioni civili
e i piccoli segreti degli individui. De Amicis racconta infatti i retroscena di una passione collettiva per una maestra di ginnastica, la Pedani, bellezza femminile atletica e dominatrice. L’autore narra la passione che la maestra suscita nel segretario Celzani, protagonista maschile del racconto. “Trentanni e più, aspetto di un uomo di cinquanta, figura di precettore di casa patrizia clericale…”, questa la sua descrizione. Abitando, come la Pedani, in uno stabile costituito da appartamenti affittati per lo più a insegnanti, il segretario aveva occasione di ammirare la bellezza della maestra di ginnastica, di scambiare qualche parola di saluto con lei e con la sua coinquilina, la Zibelli, matura insegnante elementare, invidiosa dei successi della collega. I rari e fugaci incontri erano stati sufficienti perché il timido segretario restasse incantato e affascinato soprattutto dal corpo vigoroso della giovane donna alla quale, dapprima in una lettera, ma poi anche durante qualche rara ma ricercata occasione di incontro apparentemente casuale, confessa il suo amore e l’intenzione di sposarla.
Non sveliamo il sorprendente finale e lasciamo al lettore il piacere di muoversi attraverso i sentimenti e le sensazioni che si snodano tra le pagine di questo piacevolissimo romanzo. Ricordiamo anche il divertente film, ottimamente interpretato, dei primi anni ‘70.
Come avevamo già annunciato nel precedente numero della PDC, i lavori per il ripristino del percorso tra Passo Campalto e San Giuliano stanno per concludersi.
Il “manufatto alle Rotte” porte progettate negli anni ‘30 per essere aperte solo in caso di piena del Marzenego, di fatto sono state sempre aperte fin dagli anni ‘60, contribuendo all’interrimento di Seno della Sepa e Canale S. Secondo. le nuove porte dovrebbero garantire il passaggio in Laguna delle 2000 barche ormeggiate lungo l’Osellino, ma senza tradire la primaria funzione contro l’interrimento.
Sono già pronti i mezzi che dovranno intervenire sugli argini e, soprattutto, nell’alveo dell’Osellino diventato nel tempo una vera e propria discarica. Possiamo dire “finalmente” visto che il progetto, con i relativi finanziamenti pubblici, risale ormai a una buona decina di anni. Speriamo che anche l’area di Passo Campalto venga finalmente risistemata.
Breve resoconto delle campagne d’indagine del 2012
progetti, iniziati e terminati entro tale periodo, hanno interessato Ca’ Corner della Regina e Campo Santa Marina.
Come sappiamo, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il comune di Venezia e Laguna (già Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto) svolge, come del resto tutte le altre soprintendenze sparse nel nostro territorio nazionale, fra i suoi compiti istituzionali, attività di tutela e collaborazione con altri enti per la ricerca e la valorizzazione dei beni archeologici. Molto spesso grazie anche al supporto finanziario di privati, proprietari degli edifici o dei luoghi interessati dagli scavi oppure semplicemente per finalità di marketing. Limitatamente alla città di Venezia e al solo anno indicato nel titolo, i due
Nel primo caso, nella tarda primavera del 2012, la Soprintendenza ha eseguito, tramite finanziamenti della Fondazione Prada, proprietaria dell’immobile dal 2011, un controllo archeologico nel corso dei lavori di restauro del palazzo veneziano noto come Ca' Corner della Regina e situato lungo il Canal Grande nel sestiere di Santa Croce. Il palazzo prende nome dalla famiglia Corner (italianizzata in Cornaro) che nel 1458 aveva acquistato una "casa fondaco", ovvero un’abitazione e magazzino. In pratica, al piano terra vi era l’area di deposito per le merci, mentre il piano superiore era impostato su un vasto portico dal quale si diramavano le zone di abitazione e di rappresentanza. L'edificio venne stabilmente utilizzato dalla famosa regina di Cipro, Caterina Cornaro, quale sua residenza cittadina, utilizzandolo specialmente per grandi feste e ricevimenti. Alla sua morte, nel 1510, la proprietà andò al fratello Giorgio (Zorzi) e poi ai suoi eredi. All'inizio del XVIII secolo, mutati i gusti e gli stili architettonici e artistici, il palazzo fu oggetto di un
completo rifacimento. Le indagini archeologiche in questione, gestite dalla responsabile di cantiere dott. ssa Rossella Cester della ditta Archeoassociati e dal responsabile scientifico dott. Alessandro Asta, sia pure limitate ai soli vani interessati dalla realizzazione di sotto-servizi, hanno permesso di individuare una serie di sei fasi costruttive del palazzo comprese tra il XIV e il XX secolo. A queste fasi appartengono i resti di strutture murarie di fondazione e interessanti resti pavimentali in “pastellone” (antica tecnica di pavimentazione veneziana, tradizionalmente utilizzata per rivestire, con una calce simile al marmo, in una superficie liscia e continua, fondendoli in un corpo unico, i pavimenti delle case lagunari) giallastro (risalenti alla fase trecentesca) e rosato (relativi alla successiva fase quattrocentesca) e infine in mattoni (fase cinquecentesca.
A epoche più recenti appartengono invece le fondazioni dei nuovi muri perimetrali, una rampa di carico e scarico delle merci e un grande invaso con sabbia e argilla, appartenente a una macchina da pozzo, tutti ascrivibili agli inizi del Settecento. Ancora più vicini a noi, cronologicamente parlando, sono i resti pavimentali appartenenti agli inizi del Novecento che sigillano il deposito delle merci. Il secondo progetto invece, ha permesso, nel corso degli scavi effettuati per l'allestimento di un supermercato
presso Campo Santa Marina e la limitrofa Calle Marcello, nel sestiere di Castello, di condurre indagini archeologiche particolareggiate, supportate da studi storico-archivistici e da analisi specialistiche. Le indagini, che hanno visto sempre come responsabile scientifico il dott. Asta della Soprintendenza, e quali responsabili di cantiere i dott.i Alberto Lezziero e Alessandra Canazza, hanno permesso di individuare reperti cronologicamente simili a quelli di Ca’ Corner. L'area in questione presentava, già a partire dal XIV secolo, una edificazione stabile e un sistema viario circostante ben consolidato. A partire dal XVI e fino agli inizi del XIX secolo, il caseggiato era destinato a “casa d’affitto” ai piani superiori, mentre, al piano terra, vi erano le botteghe di uno speziale e di un manganer (l’artigiano che rifiniva i tessuti di lana e di seta per renderne liscia la superficie) con i relativi magazzini. Sono inoltre state attestate anche delle attività di strazzarol e di sarto, la bottega di un marangon (falegname), di un barbiere, di un indorador, di un botter e perfino un forno.
Particolarmente rilevante è la stabile presenza in loco di una tintoria e della bottega del manganer, documentate già a partire dal Cinquecento, che sembrerebbe quindi confermare la gestione, da parte di quest’ultimo, di una sorta di piccola impresa per la produzione di tessuti. Lo scavo ha infatti riportato alla
luce tre fornelli da tintura, parzialmente sovrapposti, riferibili quindi a fasi diverse di attività della bottega. Del fornello più antico era rimasto solo parte del fondo, realizzato in laterizi, in pessimo stato di conservazione. Immediatamente sopra era stato costruito un altro fornello mentre il terzo era in condizioni di conservazione migliori ed è stato lasciato sul posto e interrato nuovamente dopo aver provveduto a una sua adeguata protezione. Per renderci conto delle dimensioni del manufatto ritrovato, la vasca, in laterizi discretamente conservati, dell’ultimo fornello ha un diametro interno di circa 1,40 m e una profondità di 35 cm, mentre l'ingombro totale riportato alla luce è di 2,30 x 2,50 m.. In un'altra stanza dell'immobile è stata esaminata una struttura di grandi dimensioni, costituita da una sorta di piattaforma rettangolare, della quale è stata evidenziata una porzione di 3,75 x 4,40 m
circa. Questa era realizzata in laterizi disposti attorno ad un'apertura circolare irregolare, con un diametro massimo pari a circa 3 m. Una volta asportati i materiali di riempimento della cavità centrale, si è potuta notare l'assenza di un fondo e riportare alla luce anche i pali e i tavolati di fondazione della struttura. I risultati delle analisi hanno fornito una datazione più antica (XIII-XV secolo) almeno per la parte inferiore della struttura mentre i fornelli da tintura ritrovati si collocano in un arco temporale più recente, che va dal XVI al XIX secolo.
Come attestato sia dalle fonti archeologiche che da quelle storiche, all'interno delle botteghe dei tintori erano infatti presenti pozzi e cisterne che potevano raggiungere anche dimensioni maggiori. Non evidentemente a Venezia, dove gli spazi di manovra sono ristretti.
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