Dicembre gennaio 2022-23

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SPUNTA UN RAGGIO DI SOLE

La prima luce del mattino illumina un nuovo giorno. Ci piacerebbe che sui raggi di sole viaggiassero finalmente buone notizie. È l’augurio che facciamo ai nostri lettori e a tutti coloro che ci aiutano in questa impresa, non sempre agevole, di portare avanti la Pagina di Campalto. Ci piacerebbe che più persone collaborassero: più persone significa più idee, più condivisione, magior partecipazione alla crescita del nostro territorio.

MENSILE A SFONDO SOCIALE DI PUBBLICA UTILITÀ distribuzione gratuita presso gli esercizi commerciali a: Campalto - Favaro Veneto - Tessera - Dese DICEMBRE GENNAIO 2022/23 Anno XIX N°216 http://issuu.com/lapaginadicampalto lapaginadicampalto@gmail.com In questo numero: BUON 2023_CREATIVITÀ_UN NUOVO IMPIANTO SPORTIVO_PREMIO OLIVIERO LESSI_GLI SPRECHI ALIMENTARI_VENINI LUCE ALL’ISOLA DI SAN GIORGIO_IL LIBRO DEL MESE_IL GIARDINO DEI GIUSTI_LA PAGINA DELL’ARCHEOLOGIA. Alba di un nuovo giorno Il sole spunta dietro le “Terze” Val Comelico - Belluno

immagina...

Immagina non ci siano paesi, non è difficile da fare Niente per cui uccidere o morire e nessuna religione

Immagina che la gente viva la sua vita in pace. Immagina un mondo senza possessi, mi chiedo se ci riesci Senza necessità di avidità o fame Una fratellanza di uomini

Immagina che la gente possa condividere il mondo intero... Puoi dire che sono un sognatore ma non sono il solo Spero che ti unirai anche tu un giorno e che il mondo viva come una sola persona.

Oltre mezzo secolo fa John Lennon scriveva questi versi, tratti da una delle sue canzoni più note, “Imagine”. Poteva rappresentare un sogno, o forse più concretamente un invito a lavorare per un mondo migliore. Da allora si sono succedute guerre, scontri tra poteri religiosi, attentati e distruzioni e si è innescata una crisi climatica la cui gravità i potenti non vogliono riconoscere per non intaccare i privilegi di pochi.

Come redazione della Pagina di Campalto non possiamo che fare nostre le parole di John Lennon per augurare un risveglio delle coscienze e sperare in un nuovo anno che ci accompagni verso un mondo migliore.

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Buon 2023

CREATIVITÀ

Cosa si prova a essere dei creativi? Come nasce un'idea?

L'idea è dirompente come un'onda. Il flusso creativo è impetuoso e talvolta inarrestabile.

C'è chi dipinge, chi è impegnato nel sociale, chi scrive, chi suona o compone musica. E poi c'è chi ancora non sa dare voce o forma alle proprie idee. Tutte le anime creative si sentono mosse dalla stessa esigenza ovvero quella di plasmare qualcosa dal nulla. Le parole prendono forma dalla carta bianca e assumono significati diversi a seconda di chi legge. Le idee sono segni grafici o tratti pittorici. Sono note musicali alla rinfusa. Fotografia, cinema e teatro sono fucine inesauribili di idee che fanno parte della nostra vita e

si disperdono nel flusso di questa società in continua evoluzione o degenerazione a seconda dei punti di vista. Le idee sono soggette alla fluidità del tempo, ai capricci dei fruitori o consumatori delle stesse. Quando si realizza qualcosa di nuovo, si entra in una dimensione atipica e si diventa altre persone. Si è invasi da afflato divino, ci si carica di magia visiva e visionaria. Sarebbe bello incoraggiare questo flusso creativo attraverso proposte culturali rivolte al nostro territorio. La formazione non deve essere ancella. Non oggetto, ma soggetto di studio, non passiva, ma attiva voce plurale e corale di più arti e discipline. Siamo come spugne che assorbono tutto.

Siamo amanti della cultura, siamo uomini e donne che devono riscoprire la propria sensibilità e i propri orientamenti.

Chi ha idee ed energie da mettere in campo, lo faccia per le future generazioni ormai mutilate da questa inesauribile catastrofica pandemia. Ascoltiamo questo grido d'allarme: bisogna sparigliare le carte in tavola.

Tutti possiamo essere dei creatori. Tutti possiamo contribuire al cambiamento della nostra società con intuito, immaginazione e tanta creatività.

Cristina Pappalardo

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UN NUOVO IMPIANTO SPORTIVO

Recentemente, è stato approvato in Comune il progetto di realizzare sull’area dell’ex villaggio Sinti adiacente a via Vallenari una struttura sportiva in grado di ospitare circa 1000 spettatori.

Se da un lato la notizia può fare piacere in quanto si va a occupare un’area destinata al degrado e si arricchisce la città di un altro impianto, dall’altro in molti si chiedono il perché di una tale scelta.

Questo nuovo palazzetto sarebbe destinato essenzialmente alla pratica del calcio a 5 e del basket come citano le parole del sindaco, discipline per altro legate da vicino ad alcuni esponenti politici di rilievo. Tutto bene, si potrebbe dire, quindi dove sta il problema?

In primis la destinazione è chiaramente verso lo sport agonistico d’élite; viste le tariffe praticate attualmente per l’utilizzo degli impianti sportivi, non certo destinate a diminuire nei prossimi tempi, non è pensabile che le associazioni che si occupano di sport amatoriale (la cui offerta è rivolta alla maggioranza

della popolazione) e vivono essenzialmente sul volontariato possano essere interessate all’utilizzo di questa struttura.

Le palestre scolastiche, alcune delle quali di recente costruzione o da poco ristrutturate, soddisfano le attuali esigenze di spazi destinati a tali attività.

Nelle vicinanze c’è già il palasport Tagliercio che, tolte le attività della Reyer e poche altre iniziative, non sembra molto utilizzato.

Tenuto conto che il finanziamento di tale opera è in gran parte a carico del PNRR, quindi denaro pubblico, non sarebbe stata una cattiva idea chiedere alla popolazione un parere su questa realizzazione.

Forse il timore che ha impedito questo passaggio è che sarebbe stata richiesta a gran voce la realizzazione di una piscina della quale il nostro territorio è stato da troppo tempo privato.

Sarebbe stata una scelta che andava incontro alle richieste di tutta la popolazione, dai più giovani alla terza età, e che avrebbe favorito la

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diffusione reale dell’attività motoria di base attraverso il nuoto. E pensare che la nuova piscina era presente proprio nel programma dell’attuale maggioranza come punto da realizzare assolutamente; quella stessa maggioranza che oggi ha candidamente dichiarato che già nel futuro “Bosco delle Sport” sarebbe prevista la piscina.

Peccato però che attualmente sono finanziati (si fa per dire) solo stadio e palazzetto e che la posizione sia assolutamente decentrata rispetto alla possibile utenza e difficilmente raggiungibile...

Ci troviamo così, nuovamente, di fronte a scelte rivolte a favorire lo sport di chi assiste e non di chi lo vorrebbe praticare.

PREMIO IN ONORE DI OLIVIERO LESSI AL FESTIVAL DELLA STATISTICA

campaltina “Amici di Oliviero Lessi” con l’aiuto della SIS (Società Italiana di Statistica) era presente con il “Premio Lessi” da devolvere alla miglior tesi di laurea magistrale in Statistica Matematica che è stato vinto da Rocco Caprio e un paio di menzioni speciali sono andate a Daniele Zago e Giulia Risca.

La premiazione si è tenuta nella giornata di domenica 4 dicembre in Piazza dei Signori e il premio è stato consegnato dal presidente Paolo Vettorello, che ha anticipato che l’anno prossimo l’associazione sarà presente con due premi dedicati alla statistica

Il primo weekend di dicembre si è tenuto a Treviso “StatisticAll il Festival della Statistica e della Demografia”, giunto ormai alla sua ottava edizione. Quest’anno, come negli ultimi cinque, l’associazione

La volontà degli “Amici di Oliviero Lessi” è quella di portare avanti il ricordo del professor Lessi e il suo forte interesse per le materie scientifiche e la promozione culturale.

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GLI SPRECHI ALIMENTARI

mantenere una chiusura stagna. La mattina si affacciava il venditore di ghiaccio; scaricava dal suo triciclo un grosso blocco che andava a rifornire questo insaziabile dispensatore di freddo. Con l’acqua di condensa si innaffiavano i fiori e le piante dell’orto.

Ma torniamo al tema del nostro libro. Oggi, gli sprechi alimentari, sono uno dei problemi più grandi con i quali ci dobbiamo confrontare.

Verso la fine del IXX secolo Olindo Guerrini componeva un corposo testo (oltre 300 pagine) intitolato “L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa”.

Non esistevano frigoriferi/congelatori/abbattitori e conservare il cibo era un problema non indifferente. Le famigli più agiate possedevano una “ghiacciaia”. Ricordo quella nel negozio della nonna: un grande armadio di legno rossiccio, che occupava quasi una intera parete, foderato di lastre di zinco e corredato da maniglioni che dovevano

Lo spreco alimentare non è solo una questione di cibo. Per arrivare sulle nostre tavole, gli alimenti di cui ogni giorno ci nutriamo, hanno visto l’investimento di numerose risorse naturali con un altrettanto importante impatto ambientale. Con il cibo sprecato vengono, infatti, gettate via risorse come acqua, fertilizzanti, suolo, combustibili fossili e fonti energetiche di ogni tipo; per non parlare dello spreco economico e dello spreco in termini di risorse umane. Dal 1974 a oggi lo spreco alimentare nel mondo è aumentato del 50% ma solo di recente, complice la crisi economica globale, la questione è trattata come un vero problema.II 40% del cibo prodotto negli Stati Uniti finisce in discarica. In Gran Bretagna si buttano tra i rifiuti 6,7 milioni di tonnellate di cibo ancora perfettamente consumabile, per un costo annuale di 10 miliardi di sterline. In Svezia, mediamente ogni famiglia getta via il 25% del

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cibo acquistato. La situazione non è molto diversa in Italia.

Lo spreco alimentare nel mondo è una realtà drammatiche che vede finire nella pattumiera miliardi di tonnellate di cibo e vede tre punti critici.

Food losses: si riferisce alle perdite che si determinano a monte della filiera agroalimentare, durante la coltivazione o l’allevamento, la raccolta e il trattamento della materia prima.

Food waste: Vale a dire gli sprechi che avvengono durante la trasformazione industriale, distribuzione e le produzioni in eccedenza (prodotto invenduto).

Sprechi domestici: ossia gli alimenti acquistati ma che non finiscono sulla tavola dei consumatori perché lasciati scadere nel frigo o nella dispensa.

Lo spreco alimentare in Italia è altrettanto preoccupante. Nel nostro paese, nel giro di un anno, si spreca tanto cibo quanto potrebbe soddisfare il fabbisogno alimentare di un numero di persone corrispondente ai tre quarti della popolazione italiana. Tanto per fare un esempio, uno dei cibi più presenti negli scarti alimentari è il pane.

In questo periodo di festeggiamenti, pranzi e banchetti sono all’ordine del giorno: cerchiamo di renderli più sostenibili e, soprattutto, più sobri evitando al messimo gli sprechi. Buon appetito...

Gianfranco Albertini

Il Gabbiano

Circolo Ricreativo Culturale Campalto - Villagio Laguna

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“Il Gabbiano”

Piazzale Zendrini - Villaggio Laguna Venezia - Campalto

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La mostra “Venini: Luce 1921-1985” ospitata nelle Stanze del vetro all’Isola di San Giorgio e curata da Marino Barovier, intende approfondire l’attività della vetreria Venini nel campo dell’illuminazione, dalla piccola alla grande scala, tracciando un excursus attraverso gli interventi più significativi. Un ambito rilevante della produzione vetraria muranese è infatti rappresentato dall’illuminazione sia per uso domestico che per grandi ambienti pubblici e privati, dai palazzi ministeriali agli uffici postali, dai teatri agli alberghi. In particolare, la vetreria Venini si è distinta con risultati significativi anche in questo settore grazie alla sua capacità di costante aggiornamento e alla sua apertura verso il mondo del progetto, aspetti questi che l’hanno fatta diventare un punto di riferimento per i più importanti architetti sia del panorama nazionale che internazionale. In mostra viene presentata così un’accurata selezione di oggetti progettati dai vari designer che collaborarono con la fornace o dall’ufficio tecnico della stessa vetreria illustrando come il tema della luce sia stato affrontato nei vari decenni, in un arco cronologico che va dal 1921 al 1985. Aperta fino al 8 gennaio. Affrettatevi!

via Gobbi 259 - Campalto da martedì a sabato orario 8.15 - 17.30 per appuntamento: 3927242100

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Il tenente colonnello dell'Arma, Diego Celli, giunge al punto di svolta delle sue indagini: le "Velate" e gli intrighi internazionali che si muovono sulla triangolazione che comprende le zone del delta del Po, l'Albania e la Puglia, hanno i giorni contati.

Teatro dell'azione è l'HUB di Mestre, il quale nasconde attività poco lecite a carico di alcuni sanitari. Celli, affiancato da professionisti qualificati dell'Arma, condurrà un'indagine magistrale, irta di difficoltà e colpi di scena. La sua personalità, così intrigante e passionale, lo condurrà nei meandri di un'antica

organizzazione, di cui conoscerà tutti i movimenti più reconditi. Contestualmente, in segreto, vive un sentimento totalizzante, pregno di eros e tenerezza, con Tristana, anche lei appartenente all'Arma; lei, così selvaggia e scaltra, sarà l'anello cardine di tutta la vicenda. Roberto Moretti, con La resa dei conti, giunge all'epilogo del ciclo delle investigazioni di Diego Celli. L'umorismo, a volte dissacrante, del nostro bravissimo Autore, colpisce per la puntualità in cui viene espresso, le sue battute sono tempestive e prive di attese inutili; vivace e avventurosa è la trama dalle tinte molto morbide e a tratti soffuse, avvolta dalla nebbia perenne di una Venezia aristocratica e decadente.

Roberto Moretti, nato a Venezia e laureato in Medicina e Chirurgia, attualmente vive a Spinea con la moglie e un gattone norvegese, Corrado, che lo segue e lo ispira nella scrittura. Artista a tutto tondo, ha abbracciato per anni il mondo della musica come compositore e suonatore di basso. Dopo il pensionamento si è dedicato alla scrittura, cercando di fissare con la penna le sue esperienze di medico. I racconti del medico-scrittore sono di pura fantasia, anche se buona parte delle scene raccontate sono camei di esperienze vissute e romanzate. I luoghi del racconto invece ricalcano la geografia reale.

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IL GIARDINO DEI GIUSTI

Il Giorno della Memoria, che si celebra il 27 gennaio, anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, è entrato a fare parte del calendario civile del nostro e di moltissimi paesi come tempo della commemorazione dell’olocausto del popolo ebraico, che subì durante la seconda guerra mondiale, la persecuzione, la prigionia e la morte programmata da parte del nazifascismo. Anche il nostro paese, purtroppo, si rese corresponsabile delle politiche di sterminio degli ebrei, con l’adozione delle leggi razziali, a partire dal 1938. Eppure, in quegli anni cruenti e di fronte alla disumanità dei regimi nazisti e fascisti, ci fu chi non si voltò dall’altra parte, e decise di essere parte attiva, a pericolo della propria vita,

per consentire di salvare le vite di donne e uomini di religione ebraica, nascondendoli, falsificandone i documenti, aiutandone la fuga. I non ebrei che hanno agito a rischio della propria esistenza e senza interesse personale per salvare anche solo un ebreo dal genocidio della Shoah vengono definiti “Giusti fra le nazioni”. Il termine “Giusto” rinvia alle scritture ebraiche, in particolare al Talmud, ove il “Gentile Giusto” è il non ebreo che ha rispetto per Dio. Nel 1963 una commissione guidata dalla Corte Suprema di Israele ha ricevuto l’incarico di conferire il titolo onorifico di “Giusto tra le nazioni”, adottando alcuni criteri particolari: l’atto di salvataggio deve essere stato compito da un non ebreo per salvare uno o più ebrei, evitandone la morte oppure la deportazione

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I Giusti tra le Nazioni raffigurati nel Yad Vashem - Gerusalemme

nei campi di concentramento, Inoltre, dal salvataggio non deve essere stato tratto nessun vantaggio, economico o di altro tipo, da parte del salvatore. Il “Giusto tra le nazioni”, una volta insignito del titolo, vede il proprio nome iscritto nel “Giardino dei Giusti” presso lo Yad Vashem, il Memoriale dell’Olocausto che si trova a Gerusalemme; ad ogni Giusto viene inoltre dedicata la messa a dimora di un albero, che nella tradizione ebraica è auspicio di ricordo eterno. Ad oggi sono oltre 28.000 le persone riconosciute Giusti tra le Nazioni. Tra queste, 766 sono italiani: si tratta in alcuni casi di membri della Resistenza, sacerdoti o religiosi cattolici, pastori protestanti, funzionari dello stato, militari, ma anche di gente comune che non si piegò a leggi ingiuste, e compì un gesto di umanità, mettendo a rischio sé stessa. Tra i Giusti italiani possiamo ricordare Giorgio Perlasca, commerciante che nell’inverno del 1944, fingendosi console generale spagnolo, salvò la vita di oltre 5.000 ebrei ungheresi;

oppure Carlo Angela, padre del noto giornalista e divulgatore scientifico Alberto, che in veste di direttore sanitario di una casa di cura falsificò le cartelle cliniche di numerosi ebrei per giustificarne il ricovero. Ancora possiamo ricordare Ernesto Bonaiuti, teologo ridotto allo stato laicale per aver preso le difese del modernismo, che fu uno dei dodici docenti universitari che si rifiutò di prestare giuramento di fedeltà al regime. Infine il grande ciclista Gino Bartali, vincitore di tre Giri d’Italia e due Tour de France, tra il 1943 e il 1944, trasportò documenti falsi per dare nuove identità ai perseguitati ebrei, che nascose nel telaio della propria bicicletta durante i propri allenamenti, facendo la spola tra l’Arcivescovado di Firenze e il convento di san Francesco ad Assisi. Personalità tra loro diverse, in alcuni casi agli antipodi, ma accomunati dallo stesso amore per l’umanità e dalla stessa reazione ai totalitarismi del nazismo e del fascimo.

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LA PAGINA DELL’ARCHEOLOGIA

SANT’ARIANO: L’ISOLA - OSSARIO

Nella parte settentrionale della Laguna Veneta, a nord-est di Torcello, cui è collegata tramite il canale della Dolce, lambita a est dalla palude della Centrega e a ovest da quella della Rosa, nei pressi dell’isola della Cura, si trova un’isoletta, di forma rettangolare, di poco meno di trentamila metri quadrati (28.250 per la precisione). Poca cosa quindi come superficie, ma con una lunga e importante storia che parte fin dai tempi dei profughi fuggiti da Altino nel V secolo. Si tratta infatti di uno dei resti dell’antica Costanziaco, un notevole insediamento lagunare fiorito tra il VI e l’XI secolo. L’ipotesi è che fosse collegata anche ad altre isole, oggi scomparse per l’azione delle maree, tramite

dei ponti. Uno dei quali, in legno, risulta ancora attestato, in una carta del 1546, sulle rive del canale di Sant’Ariano e rilevato nella campagna di scavo del 2008. Un gruppo di isole abitate e con numerosi edifici religiosi. Infatti, la nostra isola, dal 1160, ospitò, alle sue estremità, due monasteri: quello di San Maffio e un monastero di monache benedettine, dedicato a Sant’Adriano martire, da cui il nome (Sant’Ariàn, in veneziano).

Quest’ultimo convento comprendeva anche la chiesa pievana dei Santi Sergio e Bacco (eretta nell’attuale area di barena posta a sud) e quella di San Pietro martire. Era una prestigiosa istituzione religiosa, formata da monache che provenivano dalle

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più illustri famiglie veneziane e quindi ricca di rendite, ma anche al centro di fenomeni di una certa “rilassatezza di costumi” e di scandali nati in seguito a episodi incresciosi con patrizi veneziani che usavano introdursi nel monastero fin dalla metà del Trecento usando anche violenza verso le monache. Il monastero subì, come l’intero abitato di Costanziaco, il degrado ambientale che coinvolse inesorabilmente, con l’andare dei tempi, in un lungo processo erosivo e di progressivo impaludamento, tutta la zona. Alla fine, divenuta l’aria malsana e riempitasi l’isola di serpenti, le suore si ritirarono prima a Murano, in alcune case private e poi, nel 1439, si trasferiranno a Torcello, nel monastero di Sant’Angelo di Zampenigo, con l’obbligo però di continuare ad occuparsi del mantenimento della chiesa. Quest’ultima sopravvisse però solo per poco meno di un secolo, essendo documentata fino al 1510. Infatti, anche le condizioni ambientali di Torcello peggioravano e, nel 1526, le monache chiesero, sempre per l’insalubrità del luogo, di poter essere unite al monastero di Santa Caterina per poi ottenere, nel 1550, il trasferimento definitivo presso il monastero di San Girolamo a Venezia. Abbandonata ormai del tutto, Sant’Ariano, nel 1565, per decreto del Senato Veneto, avallando l’iniziativa in tal senso dei Provveditori alla Sanità, divenne, nel suo settore orientale, un ossario destinato ad accogliere

i resti provenienti dallo sgombero dei numerosi cimiteri veneziani. Venne quindi parzialmente cinta da un muro in mattoni, alto non più di un metro e mezzo, interrotto da una chiesetta nella quale venne creata la porta di ingresso, mentre gli antichi edifici vennero utilizzati come materiale da costruzione. Ad esempio, quello che restava della chiesa delle monache venne utilizzato, nel corso del Seicento, per ultimare la Basilica del Redentore a Venezia. Gli unici autorizzati dai Provveditori alla Sanità a sbarcare sull’isola furono i confratelli delle varie “Compagnie di Sant’Adriano” presenti in alcune parrocchie veneziane. Questi, giunti sull’isola, celebravano messa, recitavano “l’Ufficio dei Morti”, compivano una processione attorno al perimetro del muro di cinta, pronunciando una specifica benedizione ad ogni angolo, per finire poi con la recita del “De profundis”. L’isola, divenuta quindi un centro per la raccolta delle salme, anche di quei resti umani che i contadini delle isole rinvenivano nei solchi dell’aratura, mantenne questo ruolo ben oltre la fine della Repubblica, fino al 1933 per la precisione. Uno strato di ossa alto quasi tre metri, appena coperto da terra e da un ginepraio di rovi e cespugli di more, frequentato da studenti di medicina e da persone da questi pagate, a caccia di reperti da studiare. Qualche anno fa (19971999) lo strato osseo è stato spianato e la porta di accesso murata

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mentre la cappellina, dalla quale nel 1980 era stato asportato un fregio romanico, fu restaurata assieme al muro di cinta e alle lapidi, a cura dell’Arciconfraternita di San Cristoforo e della Misericordia di Venezia. Dal punto di vista archeologico, recenti scavi hanno portato alla luce, grazie anche agli studi di Ernesto Canal, a sud dell’isola, sul lato destro del canale La Dolce, le tracce di un vasto insediamento databile al VII secolo. I resti del monastero sono stati invece identificati, grazie a scavi archeologici iniziati nel 2008, nell’ambito del “Progetto Costanziaco”, frutto di un protocollo d’intesa fra l’Università Ca’ Foscari di Venezia e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, in alcune fondazioni a ovest dell’ossario, lungo il lato sud dell’isola: una serie di tracce lineari con andamento nord-sud ed est-ovest intersecanti e perpendicolari fra loro, inframezzate da tracce poligonali. Nel settore nord-ovest è stata inoltre identificata una vasta traccia ad angolo retto.

Nell’angolo nord-est dell’ossario è stata invece rilevata la traccia del luogo dove, nel 1667, venne eretta una piccola chiesetta. Da non confondersi con la cappellina usata a mo’ di porta d’ingresso, essa si trova rappresentata in diverse mappe storiche dal 1704 al 1841, per poi divenire oggetto di numerose spoliazioni e, infine, dimenticata. Infine, sempre dal punto di vista archeologico, è da rilevare l’abbondante presenza di materiale da costruzione, riutilizzato per consolidare le rive. La parte dell’isola non recintata dalle mura dell’ossario ospita invece i resti di una peschiera mentre una folta vegetazione selvatica ricopre quasi completamente l’isola, nascondendone anche parte delle mura di cinta. L’unico luogo accessibile, partendo da un piccolo pontile in cattivo stato, è il sentiero che corre lungo il lato meridionale, costeggiando il muro di cinta, e che porta al luogo dove sorgeva il monastero.

via Orlanda, 172/A - Campalto (VE) tel. 0415420288 orari: da lunedì a venerdì 8.30/12.30 e 15.30/19.30 sabato 8.30/12.30 - da settembre a maggio anche 16.00/19.00

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La Pagina di Campalto è curata dal Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano”

Piazzale Zendrini 22 Campalto (VE) Tel/fax : 041.903525 - bibliotecalinosoffiato@gmail.com

Editore: Circolo Auser “Il Gabbiano” - Direttore responsabile: Giorgio Marcoleoni.

Redazione a cura di: Blog Territori e Paradossi - Associazione Culturale. E-mail: info.blogterritorieparadossi@gmail.com

Stampato in proprio - Registrazione presso il Tribunale di Venezia n° 1461 del 24 settembre 2003 “La pagina di Campalto” è consultabile online all’indirizzo: http://issuu.com/lapaginadicampalto

È possibile rilasciare commenti e domande, segnalare iniziative, suggerire approfondimenti a questo indirizzo e-mail: lapaginadicampalto@gmail.com o visitando la nostra pagina facebook.

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