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http://issuu.com/lapaginadicampalto lapaginadicampalto@gmail.com LUGLIO AGOSTO 2021 Anno XVIII N°202
MENSILE A SFONDO SOCIALE DI PUBBLICA UTILITÀ
VACANZE
In questo numero:
C’è aria di vacanze. Mare o montagna; lago o collina... Ci dimentichiamo però che l’Italia è fatta soprattutto da tanti, affascinanti, piccoli borghi, spesso inseriti in un contesto ambientale ancora integro, che celano tra le vecchie pietre secoli di storia e di cultura. Ai nostri lettori, assieme all’augurio di una buona estate, rivolgiamo l’invito a scoprire le meraviglie che, da nord a sud, il nostro Paese serba gelosamente.
RITROVIAMOCI A TEATRO_VENEZIA TRA FESTE E PANDEMIE_RACCONTANDO... LA SATIRA_RITORNIAMO A BALLA...RE_IL SALE IN VIAGGIO DA VENEZIA AL CADORE_PILLOLE DI MODA_CAMPALTO NO.
Nell’immagine di copertina: vista del borgo di Trevi (Umbria)
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RITROVIAMOCI A TEATRO
La cultura è un mix di tante pulsioni, alcune del tutto spontanee, altre legate ad un certo vissuto socio-culturale, al tessuto storico da cui ciascuno di noi proviene. È un retaggio ancestrale che si tramanda di generazione in generazione, è una manifestazione delle libertà e della creatività dell’uomo. Forse una volta, la cultura, era filtrata, già selezionata e istituzionalizzata. Ma oggi ogni convenzione è saltata completamente anche per l’enorme disponibilità di informazioni a cui abbiamo accesso ogni giorno tramite internet. La quantità di contenuti è enorme e fluttua in maniera ahimè indiscriminata sui social 2
e talvolta pure sulla carta stampata. Cosa è giusto o sbagliato? Quali sono i reali canoni del bello? Quali valori sono da considerare validi e moralmente accettabili nella nostra società? I contenuti culturali non vengono più calati dall’alto e scardinano tutti i canoni precostituiti. È stato un bene che le forti ideologie di un tempo siano state sgretolate dall’avanzare imperante della modernità e di tutte le manifestazioni storico-sociali connesse. Ma, dopo un anno e mezzo di pandemia, dopo un paio d’anni di supremazia di blogger, opinionisti e veline, forse c’è bisogno di instaurare un nuovo sistema di valori. Viviamo
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in una terra di mezzo, stiamo attraversando tempi bui e come tutti i periodi di passaggio che ci mettono alla prova, è ora che dobbiamo dare il massimo di noi stessi per far riaffiorare un credo culturale. Cultura è soprattutto fiducia nelle generazioni future, solidarietà e comprensione per il prossimo. Se da un lato la pandemia ci ha cambiati nel profondo, ci ha fatto temere per noi stessi e ci ha resi diffidenti, aggressivi, isolati e talvolta irrazionali, la ritrovata voglia di vivere, di viaggiare, di leggere, di ritrovarsi nel consesso sociale, ci ha aperto gli occhi sulla nostra reale natura: siamo uomini e in quanto tali bisognosi di rapporti e di confronti. Senza conoscenza non c’è libertà. Allora cosa stiamo aspettando, abbracciamola con forza. Facciamo nostro il cambiamento proprio perché siamo esseri umani sempre alla ricerca di qualcosa. Noi siamo Ulisse, Enea, Tristan, Dante e tutti gli eroi poeti e intellettuali che hanno viaggiato alla ricerca di risposte. La cultura ne richiede a gran voce. “È qualcosa di concreto” secondo Dacia Maraini. Ma allora da dove dobbiamo ripartire? Ripartire dalla cultura non può essere solo uno slogan, ma un must di vita imprescindibile. Perché sempre secondo la Maraini “c’è qualcosa nel profondo di noi che attraversa le epoche e sopravvive ai cambiamenti”. A tal proposito il teatro con le sue esibizioni ci fa sentire vivi. Finalmente ascoltare e osservare il
comportamento altrui sono diventati di nuovo importanti. Il teatro è una manifestazione culturale che ben si presta ad essere organizzata all’aperto con vari spettacoli organizzati in orari scaglionati così da limitare gli assembramenti e i possibili contagi da coronavirus. Inoltre è l’espressione culturale più antica dell’uomo, prima ancora della musica e della pittura. Manifestare con mimica o parole i propri sentimenti davanti allo spettatore è un’attività che risale all’epoca preistorica. Il corpo si muove o resta fermo, si recitano delle battute o si resta muti dinnanzi all’osservatore che interpreta e assiste alla performance dell’attore in tempo reale. Il palcoscenico è sia luogo della memoria, luogo ove si dipanano storie complesse, specchio della mentalità collettiva, espressione dei cambiamenti socio-culturali odierni. È nel teatro e col teatro che possiamo confrontarci con il nostro recente passato e recuperare esperienze valoriali. Adesso che tutto sembra ripartire con rinnovata vitalità, ritroviamoci nei luoghi che contraddistinguono la nostra essenza. Torniamo a leggere in biblioteca, scriviamo in riva al mare o ammirando il panorama verdeggiante in montagna e stupiamoci ogni giorno di quello che siamo e che potremmo diventare andando a teatro.
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Cristina Pappalardo
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VENEZIA TRA FESTE E PANDEMIE
La festa del Redentore a Venezia è forse la più importante celebrazione della città lagunare ma è legata ad un evento davvero tragico: la pestilenza che colpì la città nel 1575 e si calcola che in due anni provocò 50.000 morti, quasi un veneziano su tre. Così nel settembre del 1576 il Senato chiese l'aiuto divino facendo voto di realizzare una nuova chiesa intitolata al Redentore: nel maggio del 1577 si pose la prima pietra del progetto di Andrea Palladio e il 20 luglio successivo si festeggiò la fine della peste con una processione che raggiungeva la chiesa attraverso un ponte di barche, dando inizio a una tradizione che dura ancor oggi. Ma in passato, i nostri predecessori come affrontarono le varie epidemie di peste a Venezia e quali furono i rimedi adottati? La peste era una malattia altamente contagiosa che veniva trasmesso all’uomo da pulci e topi. Giunse a 4
Venezia per la prima volta nel 1348 dalla Dalmazia via mare, attraverso le imbarcazioni mercantili, dalle quali si riversarono in città marinai contagiati dal morbo. Ll’uomo medievale e il sapere medico dell’epoca non erano in grado di vedere nelle pulci e nei ratti i responsabili della peste, in quanto la loro presenza era ubiqua: come potevano portare malattie degli esseri con i quali l’uomo aveva sempre convissuto? La causa della peste, quindi, era fantasiosamente imputata ad agenti esterni ed incontrollabili come il clima, le acque stagnanti, i miasmi, l’umidità dell’aria, i demoni, le stelle, le punizioni divine o la cattiva mescolanza, secondo la teoria Umoralpatologica, dei quattro umori, ovvero sangue, flemma, bile gialla e bile nera. Come tante e confuse erano le teorie sull’origine e la diffusione di questo terribile flagello, altrettanto strani erano i rimedi, tanto che alcuni di questi risultano oggi ai nostri occhi addirittura peggiori della malattia stessa. Vanno però anche assolutamente ricordati degli importanti primati che Venezia ebbe in questo campo. I veneziani furono infatti i più veloci a reagire e i primi in assoluto a istituire, già nel primo anno di epidemia di peste del 1347, una magistratura che si occupasse di materia sanitaria, nonché a ideare la Quarantena. Il significato deriva dalla parola
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'quaranta’: le persone e le navi dovevano stare in isolamento per quaranta giorni prima di entrare nella laguna della Repubblica Veneziana, al fine di prevenire la diffusione di eventuali malattie provenienti da oltremare, in particolare la peste. Il primo sito scelto per questa funzione fu il Nazaretum, ovvero il luogo in cui fu eretta nel 1249 una chiesetta dedicata a Santa Maria di Nazareth in una piccola isola della laguna sud, oggi conosciuta come Lazzaretto Vecchio di Venezia. Infatti sembra proprio che dalla
storpiatura popolare del termine ‘Nazaretum’ abbia avuto origine l’attuale parola ‘Lazzaretto’. Nel 1468, però, la superficie dell’isola si rivelò essere insufficiente, perciò venne scelto un altro terreno per la contumacia di merci e persone, l’isola ‘Vigna Murada’, poi detta ‘Lazzaretto Nuovo’ di Venezia. Questi provvedimenti, anche se in quel periodo non furono sufficienti a fermare le pandemie di peste, hanno oggi un’efficacia comprovata. Gianfranco Albertini
Anche Campalto vuole ricordare i sedici secoli di vita della nostra città. Alcune associazioni stanno progettando, ognuna all’interno dei suoi ambiti, una serie di eventi che si svolgeranno in diversi spazi del Villaggio Laguna nei primi giorni di ottobre. Ecologia, solidarieta, storia e cultura del territorio, documentazioni fotografiche, poesia e letteratura: questi saranno i cardini intorno ai quali ruoterà la manifestazione. L’unico ostacolo che potrebbe frapporsi è questa pandemia che non accenna ad abbandonarci: speriamo che nei prossimi mesi, grazie anche a un comportamento responsabile dei cittadini, la situazione possa chiarirsi e l’entusiasmo di tanti volontari non venga nuovamente deluso. Nel prossimo numero di settembre potremo dare informazioni più dettagliatee presentare il programma dell’evento. Con l’augurio di trascorrere un buon mese di agosto salutiamo i nostri lettori. La redazione della PDC
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RACCONTANDO... LA SATIRA
Contrariamente a quanto si creda, la satira è una forma di teatro introdotta dai latini, tant’è vero che Marco Fabio Quintiliano, oratore romano e maestro di retorica, pronuncia una frase che ne indica il valore che la satira ha presso i romani: "Satura quidem tota nostra est" certamente tutta nostra è la satira. Solitamente la satira è caratterizzata dall'attenzione alla società della quale mostra le contraddizioni e ne promuove il cambiamento, dalla fortissima impronta politica, occupandosi degli eventi di stretta attualità e sviluppando nell'opinione pubblica una notevole influenza. Per questo motivo è da sempre oggetto di violenti attacchi da parte 6
dei potenti ed è per difendere le caratteristiche di questa forma di spettacolo che la Corte di Cassazione si è sentita in dovere di dare una definizione giuridica di cosa si debba intendere per satira: "È quella manifestazione di pensiero, talora di altissimo livello, che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene." (La satira è un diritto costituzionale, che in Italia è garantito dagli articoli 21 e 33 della Carta). Come si è detto sono stati i latini i primi a esercitare la satira e i primi scritti che ritroviamo sono del grande autore Gaio Lucilio, critico, polemico e aggressivo nei confronti della politica Romana. Erede di Lucilio viene considerato Orazio Flacco Quinto: nei suoi testi è meno aggressivo, mantiene più equilibrio tra la forte inventiva e la voglia di insegnare qualcosa allo spettatore. Nello scorrere del tempo la satira ha avuto notevoli cambiamenti: nei cabaret con illustri attori quali George Carlin con un monologo brillante e divertente sulla religione, Louis C.K. con lo spettacolo "Certo che lo so... ma forse" che metteva in risalto i dilemmi morali degli uomini.
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Non dobbiamo però tralasciare le riviste satiriche come "Il Male", che negli anni ‘70 commentava in modo sarcastico gli avvenimenti in Italia, o le francesi “le canard enchainé”la cui fondazione risale al 1915 e la più recente “Charlie Hebdo”. E qui non possiamo dimenticare la strage di giornalisti avvenuta nella redazione di Parigi (7 Gennaio 2015). Con la televisione è entrato nelle case un format di attualità satirico, come Striscia la Notizia o Fratelli di Crozza, che vuole comunque attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle malefatte della politica, o il "Tapiro" dei personaggi illustri della nostra società. Lorenzo Loris
Il Gabbiano Circolo Ricreativo Culturale Campalto - Villagio Laguna I NOSTRI SERVIZI Consulenza legale gratuita per i soci AUSER - si riceve solo su appuntamento Spesa a domicilio: il ns. Circolo ha il servizio per la consegna gratuita della spesa a domicilio per persone anziane, non autosufficenti, portatori di handicap o con problemi motori temporanei che non possono recarsi personalmnte presso i negozi. I NOSTRI CORSI Corso di nformatica Attività di lavori a maglia, uncinetto, taglio e cucito Ripetizioni scolastiche per alunni di scuola media e superiore LA BIBLIOTECA “LINO SOFFIATO” La possibilità di avere in prestito libri E inoltre: Scuola di Canto Sportello Ludopatia aperto mercoledì h. 15.00/18.00 Per informazioni e appuntamenti: dal lunedì al giovedì dalle 10,00 alle 12,30 il venerdì dalle 16,00 alle 18,00 tel. 041.903525 bibliotecalinosoffiato@gmail.com Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini - Villaggio Laguna Venezia - Campalto
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RITORNIAMO A BALLA-RE
La notizia circola da pochi giorni, ma c’è già fermento: la casa di Balla a Roma è finalmente aperta al pubblico. Per celebrare i 150 anni dalla nascita del pittore e teorico futurista, il MAXXI apre le porte del suo universo privato dove tutto è rimasto sorprendentemente intatto. Protetta dal 2004 da un vincolo di tutela, la casa di Balla è stata sottoposta a lavori di restauro e manutenzione solo dal 2018, ma dal 18 giugno fino al 21 novembre prossimo sarà possibile ammirarla prenotando per tempo. L’abitazione del pittore si trova nel quartiere romano Delle Vittorie, un luogo unico dove il torinese Giacomo Balla (1871-1958), decide di vivere dopo essersi trasferito nella Capitale e aver soggiornato un anno ai Parioli, quartiere lussuoso della capitale con vista su Villa Borghese. Il palazzo che ospita la casa di Balla è abbastanza anonimo così come la 8
via Oslavia in cui esso si ritrova, ma i circa 200 metri quadri con terrazzo che lo caratterizzano sono strepitosi. Il pubblico viene accolto da una targa in metallo attaccata sulla porta con la scritta “FuturBalla”. All’ingresso della sua casa romana c’è un poster che ricorda una mostra parigina a cui partecipò l’artista nel 1921 nella storica Galérie Reinnardt a Place Vendôme. Con lui c’erano Marinetti e altri “Peintres Futuristes Italiens” e anche Depero, il suo allievo più importante, che aveva firmato con lui, cinque anni prima, il manifesto sulla Ricostruzione futurista dell’Universo. Di futurismi ve ne furono due. Uno milanese, legato all’esperienza bellica, un sorta di movimento artistico eroico. Il secondo, quello romano, fu legato al regime, ma nonostante ciò, fu proiettato verso nuove soluzioni travalicando i confini nazionali. Come casa Balla anche casa Depero ci trasporta in un luogo tridimensionale fatto di bottiglie di Campari, insegne colorate, mobili, giocattoli e tanti oggetti ad esaltare il progresso, la pubblicità e il liberismo economico che porta al consumismo e alla globalizzazione. A frequentare la casa di Depero a Rovereto furono grandi artisti e architetti quali G. Pollini, F. Merlotti, L. Baldessarri. Fucina di idee e di arti parallele queste case futuriste volevano testimoniare la quotidianità dell’arte, la sua
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vitalità, la fruibilità e mobilità di ogni manifestazione culturale. Disegni, collage e manifesti arredano di tutto punto queste case-museo. Per i visitatori sono assicurate nuove emozioni e suggestioni già varcandone l’ingresso. Sarebbe bello, ora che tutto è ripartito, ammirare entrambe le abitazioni e lasciarsi trascinare dall’energia dell’allestimento e dalla carica emozionale che questi luoghi suggeriscono. Cristina Pappalardo
IL SALE IN VIAGGIO DA VENEZIA AL CADORE. I magazzini di Portobuffolè e di Serravalle. Pillole di Storia. Due giovani studiosi trevigiani, Massimo Della Giustina e Irene Spada, hanno recentemente pubblicato un bel saggio dal titolo “Il Sale in Viaggio da Venezia al Cadore”, nel quale indagano sulle modalità di approvvigionamento del sale da parte della Magnifica Comunità Cadorina. Una definizione che rende molto bene l’idea, affermava che il sale era “il petrolio di Venezia nel Medio Evo”. L’entrata derivante dalla vendita del sale forniva a Venezia una grande ricchezza e l’importanza data a quel prezioso prodotto, coltivato nelle Lagune fin da tempi antichissimi, era tale che fu istituita, fin dal XIII secolo, la Magistratura dei Provveditori al Sal che lo sopraintendeva.
Il sale era indispensabile per il consumo nell’alimentazione umana e animale, per la conservazione della carni, del pesce e formaggi, nonché ingrediente utilizzato nella concia delle pelli. Il sale costituiva la “moneta di scambio” che permetteva ai Veneziani di comprare grano, vino e altri prodotti nei vicini porti, iniziando quei traffici via fluviale e via terra che saranno enormemente sviluppati nei secoli seguenti. Lo sfruttamento di questo prodotto richiedeva la realizzazione di strutture particolari e gli impianti per la produzione abbisognavano di un solido impiego di capitali e di operai specializzati per la loro funzionale costruzione. Da nord a sud
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del Dogado, ma soprattutto nelle lagune presso Chioggia, furono edificate innumerevoli saline, su grandi estensioni (fondamenti salinari) di melme e paludi dal fondo argilloso, di sola creta, per favorire e accelerare il processo di cristallizzazione del cloruro di sodio. Le fonti archivistiche documentano la presenza di una coppia di saline e di un antico molino ad acqua (che sfruttava il flusso della marea) nella laguna antistante S. Giuliano e San Martino di Campalto. Traccia del molino la si trova sin dall’anno 978 e in altri documenti datati 1079 e 1080 che ne attestano la presenza nella palude vicina a Campalto, appartenente a Iusta figlia di Domenico Mastalico e vedova di Domenico Foscari. Sono molti gli esempi di molini che erano installati sulle dighe (chiamati fondamenti) delle saline, perchè in questo modo era possibile sfruttare la corrente di marea dei canali esterni alle saline. Quindi al reddito ricavato dalla produzione del sale si aggiungeva quello derivato dall’attività molitoria. Alcuni canali lagunari conservano, a distanza di molti secoli, il ricordo dei nomi derivanti dall’uso “a salina” di quelle acque. Dalla produzione di sale i dogi riscuotevano la decima parte del prodotto e tale reddito non poteva essere di poca entità visto il grande numero di saline sparse sulla laguna. La costruzione dei bacini per le saline è sempre stato un lavoro collettivo, affidato a compagnie di 10
25-30 “consortes” diretti da “capitanei”: veniva edificato un vasto “fondamento” circondato da una solida diga (virga madrigale) che proteggeva il sistema dei bacini di evaporazione Il territorio del Cadore fu conquistato dalla Repubblica Serenissima sin dal 1420, ma fondamentale per la storia del sale fu il 1508, anno della battaglia di Rusecco. In una zona attraversata dal torrente Rusecco tra i paesi di Valle, Nebbiù e Tai di Cadore, si fronteggiarono i soldati della Serenissima, comandati da Bartolomeo D’Alviano e l’esercito di Massimiliano I d’Asburgo, imperatore d’Austria. Fu uno scontro sanguinosissimo, i morti furono quasi 2000 in un combattimento che durò appena mezz’ora. La battaglia fu talmente cruenta che lo stesso Tiziano Vecellio volle raffigurarla in un dipinto gigantesco a Palazzo Ducale. Dopo quello scontro la rotta del sale e il suo approvigionamento, cambiò modalità. Se prima di quella battaglia l’acquisto del sale era libero, dal 1508 la Comunità del Cadore fu obbligata a rifornirsi esclusivamente acquistandolo per il tramite della Magistratura centrale dei Provveditori. Il viaggio del sale cominciava dalla Punta della Dogana di Venezia, veniva trasportato con i burchi sul fiume Livenza fino ai magazzini di Portobuffolè, quindi portato con i carri al deposito di Serravalle e finalmente condotto attraverso la valle Lapisina
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(che col passo del Fadalto conduce al lago di S. Croce) nelle valli cadorine per il consumo. Dal 1866 Serravalle fu unita a Ceneda in un unico Comune chiamato Vittorio in onore del re Vittorio Emanuele II. Dopo la prima guerra mondiale, nel 1923, il Comune ha preso definitivamente il nome di Vittorio Veneto. Grazie agli ingenti proventi fiscali sul sale, i Provveditori al Sal diventarono uno dei principali centri finanziari della Repubblica, per lo Stato come per le famiglie proprietarie delle saline, che contribuì a finanziare lo sviluppo di Venezia e le grandi spese per la sua difesa. Venezia si dimostrò generosa con i Cadorini. I documenti ricordano che nel 1511 il doge Leonardo Loredan concesse ai cadorini 130 moggi di sale all’anno (che poi passeranno a 180), a prezzo di favore, in virtù del loro valoroso comportamento nella battaglia di Rusecco di Cadore (il moggio equivaleva a 347 litri). Le fonti documentarie dimostrano
che anche il sale era oggetto di “male azioni dei contrabbandieri e quelle, ancora più criminose, dei sofisticatori. Contro alcuni di costoro, che vendevano per sale “la spuma di vetro che si estrae dalle fornaci di Murano”, nel 1775 intervennero i Provveditori alla Sanità, minacciando gli spacciatori di gravi pene pecuniarie, compresa la pena di morte “di corda, prigione et altre ad arbitrio”. Nel 1844 l'isola in Laguna di Venezia denominata Motta di San Felice, venne scelta come sede di una salina. L’impianto fu completato nel 1857 e durante i lavori riemersero le fondazioni dell'antica pieve. Nel 1913 la salina cessò di funzionare e la zona fu abitata da alcune famiglie contadine che si dedicarono all'orticoltura e alla pesca e nel 1992 l’isola è stata recuperata da privati per svolgervi attività agrituristiche e ittiche.
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Lionello Pellizzer
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PILLOLE DI MODA di Monica Zennaro
LA TESSITURA NEI SECOLI
L'arte del tessere è antichissima e le origini risalgono all'era preistorica dal momento in cui l'uomo ha sentito il bisogno di smettere di vestirsi di sole pelli di animali. In moltissimi miti il tessere e il filare compaiono come un motivo ricorrente: nella mitologia greca le Parche filano il filo della vita e Penelope, aspettando il ritorno di Ulisse, fa di giorno e disfa di notte la tela simbolo di fedeltà. Si ritiene che l'origine della tessitura sia da ricercare nell'arte ancora più antica dell'intrecciare: i primi uomini conficcavano e legavano rami nel suolo e intrecciandoli con giunchi o 12
canne creavano rudimentali capanne. I primi telai che l'uomo costruì erano verticali simili alle pareti delle capanne : formati da due paletti piantati in terra e collegati da una bacchetta in alto di legno alla quale venivano annodati i fili dell'ordito. Alla fine questi fili per rimanere ben tesi venivano legate delle pietre. Questo rudimentale telaio rimase per secoli nella forma originale di telaio verticale sebbene in seguito migliorato e perfezionato. In Egitto si trovano dipinti e sono i primi esempi di telai orizzontali con i quali si tessevano finissime tele di lino che servivano per fasciare le mummie, mentre in Europa, solo molto più tardi, nel Medio Evo, fece la comparsa un telaio orizzontale del tipo “a tensione”. Questo tipo di telaio viene ancora oggi usato da alcune tribù primitive dell'Africa: i telai sono formati semplicemente da due bastoni, tra i quali viene teso l'ordito, che vengono fermati a due punti fissi (alberi, travi, ecc).
I TESSUTI
Per i primi lavori di intreccio, da cui naturalmente è provenuta la tessitura, furono usate strisce di vegetali o materiali simili molto rudimentali, fino a ché si riuscì a preparare dei fili ritorti e uniformi con l'aiuto del fuso. Possiamo solamente supporre
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che la prima vera stoffa fosse fatta con fili di lana. Solo molto più tardi l'uomo imparò a filare le fibre della pianta del cotone e del lino e infine la seta del baco da seta. Già nella 22° dinastia in Egitto si trovano stoffe con disegni in tessuti, soprattutto fiori di papiro e di loto; non solo in Egitto, ma in tutti i paesi del Medio Oriente e in Grecia fiorì l'arte della tessitura. Benché i tessuti originali non siano giunti fino a noi, dalla raffigurazione dei bassorilievi possiamo vedere quanto fossero importanti, presso Babilonesi ed Assiri, tappezzerie e abiti decorati. Per concludere questo pezzo di storia, che fa pur sempre parte delle origini della moda e dei suoi tessuti, vorrei ricordare che Omero, nell'Iliade, parla con grande ammirazione
delle stoffe “babilonesi” per le quali Nerone, sul mercato di Roma, avrebbe qualche secolo dopo pagato prezzi enormi.
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CAMPALTO NO Verso la fine dello scorso mese di giugno, il Comune di Venezia aveva dato la notizia, rilanciata per altro con enfasi sui social da un rappresentante della nostra Municipalità, che erano stati approvati numerosi lavori di manutenzione sulle piste ciclabili. L’elenco prevede interventi a Mestre, Chirignago, Marghera e altre municipalità ma nessuno a Campalto. Le nostre ciclabili, ammesso che si possano definire tali, sono tronconi di poche centinaia di metri che si dissolvono nel nulla costringendo i ciclisti a pedalare in mezzo alle auto o sui marciapiedi. Per non parlare poi di quei percorsi lungo la gronda lagunare, che potrebbero rappresentare un fiore all’occhiello per il nostro territorio, ma che sono abbandonati all’incuria. Un gruppo di volonterosi cittadini ha da tempo inoltrato la giusta richiesta per collegare in maniera sicura per pedoni e ciclisti Campalto con Tessera. Appoggiata da una petizione che ha raccolto quasi 2000
firme, tale richiesta è stata presentata all’amministrazione locale ma le risposte sono state a dir poco elusive: viene sempre paventato l’ostacolo ANAS senza prospettare soluzioni alternative, possibili, a basso impatto e probabilmente non particolarmente costose. Forse il problema non è sentito in ugual misura dai cittadini e dall’amministrazione comunale. Come previsto, sono iniziati i lavori in via Gobbi all’altezza del bypass che dureranno, si presume fino a metà di agosto. Pesanti i disagi per la cittadinanza, costretta a lunghe deviazioni per percorre poche centinaia di metri di strada tra Campalto e Favaro e condizionata dalle modifiche ai percorsi dei mezzi ACTV. Sarebbe stato di notevole aiuto per la mobilità interna al paese poter riaprire, almeno provvisoriamente, via Mandricardo come già più volte era stato suggerito. Ma sembra che il contenzioso in atto da tempo immemore sia irrisolvibile.
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La Pagina di Campalto è curata dal Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini 22 Campalto (VE) Tel/fax : 041.903525 - bibliotecalinosoffiato@gmail.com Editore: Circolo Auser “Il Gabbiano” - Direttore responsabile: Giorgio Marcoleoni. Redazione a cura di: Blog Territori e Paradossi - Associazione Culturale. E-mail: info.blogterritorieparadossi@gmail.com Stampato in proprio - Registrazione presso il Tribunale di Venezia n° 1461 del 24 settembre 2003 “La pagina di Campalto” è consultabile online all’indirizzo: http://issuu.com/lapaginadicampalto È possibile rilasciare commenti e domande, segnalare iniziative, suggerire approfondimenti a questo indirizzo e-mail: lapaginadicampalto@gmail.com o visitando la nostra pagina facebook.