Ottobre 2021

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distribuzione gratuita presso gli esercizi commerciali a: Campalto - Favaro Veneto - Tessera - Dese

http://issuu.com/lapaginadicampalto lapaginadicampalto@gmail.com OTTOBRE 2021 Anno XVIII N°204

MENSILE A SFONDO SOCIALE DI PUBBLICA UTILITÀ

AUTUNNO A COLORI “foliage” è diventato un termine alla moda; fa riferimento ai colori delle foglie che mutano dal verde al giallo, fino al rosso più intenso. È l’ultimo meraviglioso spettacolo che la natura ci offre prima del riposo invernale. È uno spettacolo di intensa poesia che può esser goduto ovunque: dai giardini condominiali, ai viali alberati ai parchi e ai boschi che non mancano nella nostra città. Un invito a uscire di casa per riscoprire l’ambiente che ci circonda

In questo numero: GLI EROI DEL MOMENTO_VENEZIA E GLI ARMENI_L’ANGOLO DELLA POESIA_PILLOLE DI MODA_LA CASTAGNATA_CAMPALTO SÌ_PER NONDIMENTICARE_HALLOWEEN. Nell’immagine di copertina una faggeta appenninica prima del riposo invernale


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GLI EROI DEL MOMENTO

Si parla tanto della valorizzazione del territorio, di ripresa socio-culturale e di slancio economico dopo quasi due anni di stallo a causa del dilagare della pandemia da covid-19. Ma chi sono i veri eroi degni di nota? Chi dovrebbe essere ricordato nei giornali e nei telegiornali per aver fatto girare l’economia e salvato centinaia di famiglie dalla povertà assoluta? A chi si deve la reale ripresa economica nelle nostre città e nei piccoli centri? La risposta sembra retorica. Agli artigiani e ai commercianti che attivamente si sono rimboccati le maniche e non hanno mai ceduto allo sconforto nonostante le evidenti difficoltà economiche da fronteggiare. Per caso, durante una passeggiata in centro a Campalto, mi sono imbattuta nelle piccole, ma resilienti e coraggiosissime attività del luogo. Avevo voglia di comprare frutta e verdura e sono ancora dell’idea che il negoziante al dettaglio e 2

i piccoli minimarket possano fare al coso mio se, oltre a voler comprare qualcosa, voglio scambiare quattro chiacchiere. Il covid ci ha insegnato quanto importante sia mangiare bene e scegliere cibi naturali ricchi di vitamine e sali minerali, un vero tocca sana per il nostro sistema immunitario. Volevo passarmi uno sfizio, prendere prodotti tipici di stagione e sì, li ho trovati proprio da Paradise Fruit di Stella Gobbo e Paitowschi Adriano in via Orlanda 129/A. Mentre facevo la spesa e approfittavo della cordialità di chi mi aiutava nella scelta degli articoli migliori, sono venuta a sapere che in questo negozio sono possibili le consegne a domicilio, gli ordini di spesa gratuiti per telefono per gli anziani e per tutti coloro che ne che avessero bisogno. Queste possibilità non erano state previste solo in tempi di covid, ma i commercianti offrivano ben prima questi servizi che trovo molto utili per gli abitanti del territorio. Altro esempio di lavoratore tenace e resiliente è Jary Calzavara, un cordialissimo elettricista che è specializzato in impianti elettromeccanici, elettrici civili e industriali, TV satellitare, Automazione, Antifurti, Video citofonia e sorveglianza. L’attività di Jary si trova in via Bagaron 29/d. Le chiavi per superare questo difficile momento che accomuna tutti i lavoratori da nord a sud del nostro bel paese, sono la solidarietà

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e la cooperazione all’interno del tessuto sociale. Siamo tutti esasperati dal procrastinarsi di misure emergenziali, dall’aumento delle tasse, da rincari sulla spesa e sulle bollette, ma dobbiamo supportare tutti assieme i titolari di imprese piccole e medie. L’Italia è fatta di realtà

locali uniche per tradizione, qualità e cultura anche nel rapporto vis-àvis con i clienti. Insomma gli eroi del momento, ci insegna Dumas, professavano il motto “tutti per uno, e uno per tutti!”. Cristina Pappalardo

VENEZIA E GLI ARMENI

Viaggiando in vaporetto tra il centro storico di Venezia e il Lido non può non notare ad ovest, poco distante, in prossimità dell’approdo di Santa Maria Elisabetta, il profilo dell’isola di san Lazzaro degli Armeni. E chiunque passeggi nel sestiere di Dorsoduro, in fondamenta Briati tra la chiesa dei Carmini e quella dell’angelo Raffaele, incontra la bianca ed elegante facciata di palazzo Zenobio degli Armeni, sede del collegio Moorat Raphael. Sono questi due tratti monumentali e urbani della nostra città, che ne

dimostrano il legame con la comunità armena, il suo straordinario patrimonio culturale e storico. Di origine indoeuropea, insediatosi già nel VII secolo a.c. in Anatolia, alle pendici del biblico monte Ararat, il popolo armeno si converte già nel 301 d.c. al Cristianesimo grazie a san Gregorio “l’illuminatore”, divenendone nei primi secoli uno dei principali nuclei. Il Cristianesimo diviene uno dei tratti fondanti la cultura degli armeni che, come ricorda B.L. Zekiyan, “sono stati per tutto il percorso della loro storia profondamente imbevuti del senso del sacro”. Senso del sacro che si lega ad una ricchissima produzione culturale, che ha come elemento distintivo la lingua e l’alfabeto armeno, codificato nel 405, che permise la rapida diffusione delle sacre scritture presso gli strati popolari della popolazione, e la creazione di una originale letteratura religiosa in lingua armena. L’Armenia proseguì la propria vicenda di entità politica autonoma per almeno un millennio, fino alla

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caduta del regno di Cilicia nel 1375, quando essa fu divisa tra la Persia e l’impero ottomano. Solo nel 1918 si formò nuovamente un’autorità politica nazionale, con la creazione della repubblica armena indipendente, con capitale Erevan, che nel 1920 venne annessa all’URSS. Infine, nel 1991, in seguito al disfacimento del sistema politico sovietico, venne proclamata l’attuale repubblica armena. Il popolo armeno conobbe anche, nella sua bimillenaria storia, alcune dolorose diaspore. La più tragica è senza dubbio quelle che seguì al genocidio del 1915-1916, causato dal regime ultranazionalista dei “giovani turchi” dell’impero ottomano, che causò la morte di circa un milione e mezzo di persone nella regione dell’Anatolia. Il genocidio, il metz yeghern (grande male) viene ricordato ogni anno dagli armeni in patria e della diaspora nella giornata del 24 aprile. Come detto all’inizio, la nostra città, grazie alla sua vocazione cosmopolita, costruita attraverso le rotte del commercio mediterraneo, è stata ed è tuttora uno dei luoghi elettivi della presenza e della cultura armena in Europa e nel mondo. Fu infatti a Venezia che venne pubblicato, nel 1512, il primo libro a stampa in armeno, il libro del venerdì. La presenza armena a Venezia origina già dall’XI secolo, principalmente nel sestiere di san Marco: nel 1235 in parrocchia san Zulian viene ufficialmente 4

consegnata la casa armena, in calle delle lanterne, oggi calle degli armeni. Il 2 aprile 1715 giunge a Venezia l’abate Mechitar. Grazie a questa figura carismatica due anni dopo, il 2 agosto 1717, il Senato veneziano concede alla congregazione mechitarista da lui fondata l’isola di san Lazzaro, che diviene un centro culturale di prima grandezza (oggi la sua biblioteca ospita circa 50.000 volumi in lingua armena e altrettanti in altre lingue) e sede di attività educative ed editoriali. Tanta è l’importanza di san Lazzaro per la storia e la cultura armena che il poeta Hovannes Shiraz, in occasione del 250° anniversario dell’insediamento di Mechitar, la cantò come “isola armena in acque straniere, con te si rinnova la luce dell’Armenia”.

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Gabriele Scaramuzza


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L’ANGOLO DELLA POESIA Proponiamo questo mese due delle poesie lette da giovani interpreti in occasione di “Poetando a Venezia” svoltasi sabato 9 ottobre presso il centro Fratelli Cervi al Villaggio Laguna MADRIGALE

LA TESTA VUOTA

per la venuta in Venezia di S. M. Cesarea e delle aa. ll. gli Arciduchi Fratelli

Voler componer con la testa voda Xe voler travasar col fiasco sbuso, Voler parlar col musariol al muso, Senza drapo voler tagio a la moda, Senza carne voler grassa la broda, Senza scala voler andar dessuso, Voler impirar l’ago senza buso, Voler picare el chiodo in te la croda. Me ne rido de queli che me dise: Basta voler per poder far de tuto; Co no gh’è fasci no se fa cenise, Co no gh’è l’anemal no gh’è persuto, Albero no se dà senza raise, Co no gh’è intrada se se trova al suto.

O Venezia, garetolo d’Italia, A razon ti è superba Perché in sen ti ti ga Tre altezze, ma reali, E un Imperial Maestà! Xe vero che sti quatro Del Loronese Austriaco ilustre sangue I xe incogniti, e sconti Col titolo de Conti, Ma sta Contea xe tanto trasparente Che ognun vede ‘l real, no l’aparente. I viasa come ‘l Sol Da drio a una nuvoleta, Ma come quelo sempre Se rileva al splendor, Cussì questi se mostra al mondo e a nu Co la gran dignità, co le virtù. Li vedo a ochio neto, E i capisso assae più co l’inteleto; E se beato son A vederli soltanto, Se podesse sentirli…oh Dio che incanto! Alora, amigo mio, te lo protesto Beatissimo saria più de Pio Sesto.

Giambattista Merati

Angelo Maria Barbaro

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PILLOLE DI MODA: COMPLETO SU MISURA DA UOMO di Monica Zennaro

Forse nessun capo di abbigliamento può rappresentare il culmine dell'eleganza maschile tanto quanto l'abito su misura, completamente fatto a mano e tagliato sulla persona, disegnato con l'attenzione di un sarto capace di nascondere le imperfezioni ed esaltare le qualità dalla virilità alla quintessenza della sobrietà. A differenza di altre icone della moda, la sua origine non è legata a un marchio; il completo su misura, protagonista del guardaroba maschile, è un capo in continua 6

evoluzione. Re Carlo II d'Inghilterra iniziò a indossare una lunga giacca con gilet e brache - la “base” dell'abito moderno - alla fine del Seicento, in un momento di crisi economica che aveva imposto un certo rigore nelle spese. Gli indumenti erano di tessuto scuro e i personaggi di corte che erano abituati a tessuti pregiati e fronzoli dovettero adattarsi. Questo cambiamento fu più radicale di quanto si possa pensare perché l'aristocrazia non solo definiva i canoni della moda, ma il guardaroba era espressione di status e di ricchezza. Vestire di scuro equivaleva a vestirsi come la massa e fu probabilmente il primo passo verso la democratizzazione dell'abito. Nel corso del XVIII secolo ci fu un'ulteriore novità per andare a cavallo con maggior agio: si accorciò la giacca tagliandola sul davanti, il completo fu più attillato e venne usato un caldo tessuto di lana, con un'abbottonatura più aperta, anticipando così i futuri revers. L'abito su misura da uomo, così come lo conosciamo oggi, è una creazione del Novecento e probabilmente ha origine nella Francia Medievale – sarto, in inglese tailor, deriva dal francese tailler, ”tagliare” - la sua patria spirituale è senza

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alcun dubbio la zona di Savile Row, a Londra. Savile Row riunisce le sartorie più antiche, come Anderson&Sheppard, Gieves & Hawkes, Henry Poole e Hutsman & Sons, e i nomi che hanno fatto tendenza, tra cui Tommy Nutter, Hardy Amies e Douglas Hayward. Gli anni che precedono e seguono la Seconda guerra mondiale vedono l'avvento dei primi abiti pret-àporter di qualità, confezionati in serie, mentre l'alta sartoria è sempre più riservata all'Elite. A cavallo del XXI secolo, Savile Row ha assunto un carattere più commerciale e orientato alle esigenze del cliente; molte nuove aziende esperte di marketing, oltre che di taglio e cucito, hanno aperto i loro showroom e portato una ventata di novità e di tendenze nella sartoria maschile, sempre più orientata verso un gusto “informale”.

Il Gabbiano Circolo Ricreativo Culturale Campalto - Villagio Laguna I NOSTRI SERVIZI Consulenza legale gratuita per i soci AUSER - si riceve solo su appuntamento Spesa a domicilio: il ns. Circolo ha il servizio per la consegna gratuita della spesa a domicilio per persone anziane, non autosufficenti, portatori di handicap o con problemi motori temporanei che non possono recarsi personalmnte presso i negozi. I NOSTRI CORSI Corso di nformatica Attività di lavori a maglia, uncinetto, taglio e cucito Ripetizioni scolastiche per alunni di scuola media e superiore LA BIBLIOTECA “LINO SOFFIATO” La possibilità di avere in prestito libri E inoltre: Scuola di Canto Sportello Ludopatia aperto mercoledì h. 15.00/18.00 Per informazioni e appuntamenti: dal lunedì al giovedì dalle 10,00 alle 12,30 il venerdì dalle 16,00 alle 18,00 tel. 041.903525 bibliotecalinosoffiato@gmail.com Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini - Villaggio Laguna Venezia - Campalto

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LA “CASTAGNATA”

Nell’immagine: castagneto secolare sui Monti Cimini nel Lazio settentrionale

Si sa, le castagne sono buone e, soprattutto nei bambini, evocano tanti ricordi. La “castagnata” era un appuntamento fisso di una domenica di ottobre. Si partiva all’alba, io sulla Balilla del nonno, gli altri parenti sulla “millecento verde” dello zio; destinazione i castagneti delle prime pendici alpine. Non era difficile riempire un sacco di juta con i preziosi frutti ai quali si aggiungevano le “patate” dei ciclamini da trapiantare in giardino e, se le cose giravano bene, qualche bel porcino. La sera si tornava stanchi, un po’ insudiciati e con le dita doloranti a causa delle punture dei ricci. Di una cosa si 8

era però certi: le braci del camino avrebbero trasformato la fatica di una giornata in roventi caldarroste accompagnate, per i più grandi, da qualche bicchiere di vino nuovo. La fascia del castagno Un tempo i castagneti da frutto erano comuni in tutte le colline d’Italia. Laddove ancora presenti, curati e non, i castagneti occupano la fascia altitudinale compresa tra 300 e 600 m circa su terreni tendenzialmente acidi. Circa 2000 anni fa, prima che l’uomo impiantasse il castagno (Castanea sativa), proveniente dall’Asia Minore, il medesimo habitat era

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appannaggio di boschi con rovere (Quercus petraea) e cerro (Quercus cerris), querce che, in mancanza di governo del castagno, riprendono il sopravvento. Un albero maestoso Il castagno appartiene alla famiglia delle Fagacee (come le querce e il faggio). È un albero che raggiunge i 15 m d’altezza e, in via eccezionale, anche i 30-35 m. Per accrescersi impiega all’incirca 60 anni, dopodiché si espande in larghezza. Il possente tronco, liscio e lucido in gioventù, viene poi solcato da lunghe nervature a spirale, e talora, in vecchiaia, si svuota all’interno, senza che la carie pregiudichi la sopravvivenza della pianta. Viceversa, i peggiori nemici del castagno ne attaccano il cuore, cioè il tronco; numerosi parassiti possono condurre a morte vaste aree di castagneti. Dal fiore al frutto In maggio, dopo l’emissione delle foglie, compaiono i fiori, riuniti in amenti, cioè pendule infiorescenze a spiga. Dopo qualche giorno, il polline si asciuga per venire disperso dal vento. I frutti hanno un involucro esterno, il riccio, verde e spinoso, che ne contiene da uno a tre. Le castagne non sono tutte uguali: solo in Italia si contano più di 300 varietà diverse, tra cui anche i marroni. In questo caso la castagna è ovale anziché schiacciata di lato, perché è sempre unica nel riccio.

Castagne tutto l’anno In settembre le castagne si avviano alla maturazione e vengono raccolte. Alla raccolta manuale, che richiede molta mano d’opera ed è molto dispendiosa da un punto di vista economico, nei terreni ove sia possibile, si sta sostituendo quella meccanica. Fin dal Medioevo, quando il castagno era “l’albero del pane”, le castagne hanno nutrito numerose generazioni, grazie agli zuccheri (43%), fonte di energia di pronto utilizzo, ai minerali (soprattutto potassio, ferro e magnesio) e alle vitamine del gruppo B. Essendo molto deperibili e facilmente attaccate dai parassiti, una volta raccolte, venivano disposte su ampi soppalchi costruiti con assi di legno in apposite strutture. Sotto veniva acceso un fuoco che, bruciando molto lentamente, garantiva una corretta essicazione dei frutti. Il procedimento durava molti giorni e richiedeva un controllo assiduo. Una volta sgusciate, le castagne secche si conservavano a lungo o venivano trasformate in farina adatta a molteplici usi, dal pane alla pasta o ai dolci. Dopo decenni di abbandono ed epidemie, oggi i castagneti stanno tornando a nuova vita e, soprattutto nelle zone del nostro paese per tardizione più vocate alla coltivazione, la castagna, da cibo per i poveri sta diventando un ingrediente per piatti “gourmet”.

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Gianfranco Albertini 9


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CAMPALTO SÌ Nel fine settimana del 9 e 10 ottobre il Villaggio Laguna si è animato con una serie di iniziative culturali inserite nelle manifestazioni per il “compleanno” di Venezia e promosse da alcune associazioni del nostro territorio. Sabato 9 ha visto l’inaugurazione avvenuta in una luminosa e limpida mattinata, buon auspicio per il successo dell’iniziativa. Si sono aperte le rassegne fotografiche “Laguna e Barene”, organizzata dalla Salsola e “Obiettivo Venezia” a cura del circolo Fotografico di Blog Territori e Paradossi. Purtroppo, causa le restrizioni dovute alla pandemia, non è sto possibile accedere al laboratorio dediacato agli antichi mestieri “G. Ferracina” ospitato nella scuola Don MIlani. Nel pomeriggio, presso il centro “Fratelli Cervi”, è toccato al coro Serenissima il compito di intrattenere il pubblico con musiche e canti legati alla tradizione veneziana. La sera invece, sempre la stessa sede, ha ospitato “Poetando a Venezia”. Realizzato in collaborazione con insegnanti e studenti, si è snodato tra poesie interpretate da giovani lettrici, commenti collegati alla storia letteraria della città e brani musicali eseguiti con grande maestria alla fisarmonica. la mattinata seguente si è articolata, sempre alla Fratelli Cervi, tra l’inaugurazione della biblioteca “Lino 10

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Soffiato” gestita dall’Auser il Gabbiano e la presentazione da parte dell’autrice Cristina Pappalardo (nostra preziosa collaboratrice) del suo romanzo “Tra Katana e Fossa Clodia”. A conclusione del ricco programma, presso la chiesa dell’Annunziata, il quartetto d’archi “Les Fleurs” ha eseguito musiche tratte dal repertorio di Vivaldi e altri musicisti legati a Venezia. Le immagini si riferiscono ad alcuni dei numerosi eventi svoltisi in questa due giorni che che ha scelto il Villaggio Laguna come sede di quella rinascita culturale e di riscoperta del bello di cui la nostra società sente tanto il bisogno. È d’obbligo quindi rigraziare tutte le persone che, fin dalla scorsa primavera, hanno creduto in questo progetto e l’hanno portato a conclusione nonostante le oggettive difficoltà dovute alla pandemia ancora in corso.

I loghi delle associazioni che hanno dato vita al progetto LA PAGINA DI CAMPALTO

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PER NON DIMENTICARE

Tina Merlin rappresenta una delle figure più importanti della storia politica italiana. Giornalista, scrittrice, partigiana, si è occupata dal caso Vajont nella sua pubblicazione intitolata "Sulla pelle viva". Ha collaborato attivamente con varie riviste culturali e di politica, spendendosi anima e corpo per la ricerca della verità come nel caso della costruzione della diga del Vajont, la cui messa in funzione provocò l'incidente del 9 ottobre 1963 che cancellò Longarone e interi 12

paesi limitrofi quali Erto e Casso, ad esempio. Il libro che scrisse venne talmente ostacolato e osteggiato dai poteri forti che trovò pubblicazione solo nel 1983. Tina venne denunciata e processata solo per aver denunciato la ricerca del profitto a tutti i costi di politici e imprenditori locali a quel tempo. Da reporter tenace e resiliente dell'Unita' descrisse la connivenza dello Stato e della carta stampata che tacevano su quanto stava accadendo. La catastrofe del Vajont era la sconfitta più grande che la Repubblica italiana, già provata da crisi economico-sociali, potesse affrontare. A causa di quel omissis storico i giovani oggi conoscono poco o nulla degli accadimenti del 63. Gli anziani abitanti sopravvissuti li ricordano con dolore e rassegnazione quasi a voler cancellare la loro memoria storica. Ma lei, Tina, perseverò nella sua ricerca e fu premiata dopo la sua morte. Le fu dedicato il nuovo centro culturale di Quarto d'Altino nel 2015 e a lei si deve la rendicontazione puntuale del disastro del Vajont; a lei, sulla sua pelle viva, sulla pelle di una giornalista comunista, una donna speciale da ricordare e da indicare a esempio alle nuove generazioni.

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Cristina Pappalardo


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ALLOWEEN: QUALCHE NOTIZIA

Quando pensiamo alla festa di Halloween non possiamo fare a meno di immaginarci streghe, zombie, mostri e zucche. Tuttavia non tutti conoscono la storia e le origini di una festa che è diventata molto popolare anche in Italia Alcuni studiosi hanno individuato le origini nella festa celtica di Semhain, che coincide col il loro capodanno. Come altri popoli antichi, misuravano il tempo in base alle stagioni e ai cicli del raccolto, così che Semhain era la festa che segnava la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno e allo stesso tempo l’ultimo raccolto prima dell’inizio della stagione fredda, l’occasione in cui si mettevano da parte le provviste per superare il freddo inverno nordico. Per questo motivo Semhain era la festa più importante e rappresentava un momento di passaggio, fuori dal tempo. Da questo deriva il carattere mortuario della festa di Semhain,

che ritroveremo nel moderno Halloween: in questo momento di mezzo infatti i Celti credevano che la parete che divide il regno dei morti da quello dei vivi si assottigliasse e che i due mondi potessero entrare in comunicazione: i morti potevano tornare nel mondo dei vivi ed entrare in contatto con essi. Per questo motivo la festa di Semhain era anche un momento per onorare i morti. I Romani fecero coincidere la festa di Semhain con la loro festa dei morti, che aveva luogo in maggio, mentre più avanti i cristiani istituiranno la festa dei morti il 2 novembre, il giorno dopo di Ognissanti. Lo stesso nome moderno di Halloween è legato alla festa di Ognissanti, in quanto deriva da “All Hallow’s Eve”, che in inglese antico significava proprio la vigilia di Ognissanti. Semhain si lega dunque, oltre che ad Halloween, a una serie di feste in onore dei morti, sia religiose che non religiose. L’antenato del nostro Halloween è dunque una festa che viene dall’Irlanda, dove la cultura celtica ebbe più lunga fortuna. Ma come la festa di Halloween è giunta negli Stati Uniti? Alla base di tutto ci sono le migrazioni. Negli Stati Uniti la festa ha poi preso il carattere che oggi conosciamo, scadendo negli ultimi anni anche nel consumismo dilagante e perdendo i suoi significati originari. Uno dei simboli di Halloween è la zucca intagliata. Ma

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anche questa tradizione apparentemente molto semplice e moderna legata alla festa di Halloween, affonda in realtà le sue radici in un’antica leggenda irlandese: quella di Jack-o’-lantern. Jack era un fabbro irlandese ubriacone, che riuscì a più riprese a ingannare il diavolo. “Dolcetto o scherzetto?”. Anche questa tradizione di Halloween deriva dalla leggenda di Jack e in parte anche da quella di Semhain. Tra gli spiriti dei morti che durante la notte di Halloween vagano per il mondo dei vivi c’è quello del malvagio Jack, che va per le case recitando la terribile formula “trick or treat”, che letteralmente vuol dire “sacrificio o maledizione”, decisamente più minaccioso della traduzione

moderna di “dolcetto o scherzetto”. Per questa ragione, la leggenda tramanda che fosse preferibile pagare il proprio sacrificio a Jack ed evitare di farlo arrabbiare, al fine di evitare che la casa e i suoi abitanti fossero maledetti e sottoposti di conseguenza a sfortuna e malattie. leggendeUn’altra tradizione lega invece il “dolcetto o scherzetto” all’usanza medievale dei mendicanti di chiedere l’elemosina il giorno di Ognissanti in cambio della promessa di pregare per i defunti del donatore. Questo ci dimostra che la festa di Halloween e le sue usanze si sono costruiti nel corso dei secolo attraverso la sovrapposizione di leggende e tradizioni legate a varie epoche e tradizioni di origine diversa. via Gobbi 259 - Campalto da martedì a sabato orario 8.15 - 17.30 per appuntamento: 3927242100

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La Pagina di Campalto è curata dal Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini 22 Campalto (VE) Tel/fax : 041.903525 - bibliotecalinosoffiato@gmail.com Editore: Circolo Auser “Il Gabbiano” - Direttore responsabile: Giorgio Marcoleoni. Redazione a cura di: Blog Territori e Paradossi - Associazione Culturale. E-mail: info.blogterritorieparadossi@gmail.com Stampato in proprio - Registrazione presso il Tribunale di Venezia n° 1461 del 24 settembre 2003 “La pagina di Campalto” è consultabile online all’indirizzo: http://issuu.com/lapaginadicampalto È possibile rilasciare commenti e domande, segnalare iniziative, suggerire approfondimenti a questo indirizzo e-mail: lapaginadicampalto@gmail.com o visitando la nostra pagina facebook.


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