Luglio agosto 2022

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distribuzione gratuita presso gli esercizi commerciali a: Campalto - Favaro Veneto - Tessera - Dese

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lapaginadicampalto@gmail.com luglio agosto 2022 Anno XIX N°212

MENSILE A SFONDO SOCIALE DI PUBBLICA UTILITÀ

ferie d’agosto Per gli antichi romani, la parola “feria” indicava un giorno dedicato alla preghiera con l’esclusione di qualsiasi attività lavorativa, sia privata che pubbòlica. Da qui le nostre ferie, un periodo durante il quale ci si dovrebbe dedicare al riposo del corpo e dell’anima. Contrariamente a quanto avviene nella maggior parte d’Europa, le ferie degli italiani si concentrano nel mese di agosto. Buone vacanze quindi e un arrivederci a settembre.

In questo numero: buone vacanze_il ferragosto: dall’antica roma al cristianesimo_i padri certosini al villaggio laguna_viva la quinta b_marmolada: due o tre cose che so di lei_da murano al giappone_la pagina dell’archeologia

Nella foto: isola d’Elba, panorama verso 1 LA PAGINA DI CAMPALTO Capoliveri.


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Buone vacanze

È difficile, in questo particolare momento, augurare buone vacanze. Alla pandemia che non lascia il suo morso e alla guerra, si sono aggiunte condizioni climatiche estreme con decine di incendi e una situazione politica che non lascia certo sperare in un futuro roseo. Forse, grazie a queste condizioni difficili, sarebbe il caso di godere nel miglior modo possibile dei giorni di vacanza. Certo, le scelte individuali sono sempre rispettabili, ma dedicare un po’ di tempo all’arte e alla cultura non può che aiutare a riflettere su questi momenti difficili. Tante sono le località del nostro Paese che uniscono alla spiaggia o alla montagna siti di 2

alto intesse artistico o archeologico. Senza tralasciare poi i luoghi di “spiritualità”: abbazie e monasteri, assieme ai cammini che li congiungono, sono disseminati su tutto il nostro territorio e possono diventare l’occasione per conoscere la storia italiana e europea. Un esempio sono i luoghi legati a san Benedetto, copatrono di Campalto e patrono d’Europa, che nel famoso detto “ora, lege et labora” (prega, studia e lavora) racchiude i principi di una vita completa. Non ci resta quindi che augurare ai nostri lettori un periodo di vacanza rigeneratore nella Speranza che l’autunno ci porti un po’ di benessere e tranquillità.

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Il Ferragosto: dall'antica Roma al Cristianesimo

Entrando nella basilica dei Frari a Venezia, l’occhio corre subito verso l’altare maggiore che ospita uno dei capolavori più insigni di Tiziano, noto come “Assunta”. Celebra l’ascesa al cielo della Madonna cui è dedicata la festività di Ferragosto. Il termine Ferragosto deriva dalla locuzione latina Feriae Augusti (riposo di Augusto) indicante una festività istituita dall'imperatore Augusto nel 18 a.C. che si aggiungeva alle altre festività cadenti nello stesso mese, come i Vinalia rustica, i Nemoralia o i Consualia. Era un periodo di riposo e di festeggiamenti che traeva origine dalla tradizione

dei Consualia, feste che celebravano la fine dei lavori agricoli. L'antico Ferragosto, oltre agli evidenti fini di auto-promozione politica, aveva lo scopo di collegare le principali festività agostane per fornire un adeguato periodo di riposo, anche detto Augustali, necessario dopo le grandi fatiche profuse durante le settimane precedenti. Nel corso dei festeggiamenti in tutto l'impero si organizzavano corse di cavalli; gli animali da tiro venivano dispensati dal lavoro e agghindati con fiori. Queste tradizioni rivivono oggi, pressoché immutate nella forma e nella partecipazione, nel "Palio dell'Assunta" che si svolge a Siena il 16 agosto. La denominazione "palio" deriva dal pallium, il drappo di stoffa pregiata che era il consueto premio per i vincitori delle corse di cavalli nell'Antica Roma. La festa originariamente cadeva il 1 agosto. Lo spostamento si deve alla Chiesa cattolica, che volle far coincidere la ricorrenza laica con la festa religiosa dell'Assunzione di Maria. L'Assunzione di Maria al cielo è un dogma di fede della Chiesa cattolica, secondo il quale Maria, madre di Gesù, al termine della sua vita terrena, andò in paradiso in anima e corpo. Questo culto si è sviluppato a

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partire almeno dal V secolo d.C., diffondendosi e radicandosi nella devozione popolare. È una solennità celebrata il 15 agosto da tutte le Chiese cristiane (cattolici, ortodossi e non solo) che accettano questo articolo di fede. Secondo questa

tradizione, Maria, la madre di Gesù, terminato il corso della vita terrena, fu portata in Paradiso, sia con l'anima sia con il corpo, cioè fu assunta, accolta in cielo Gianfranco Albertini

i padri certosini al villaggio laguna

Arrivarono nel 1435 e se ne andarono nel 1806, con le leggi napoleoniche. Siamo al Villaggio Laguna di Campalto, proprio nel mezzo del campo da calcio del Quartiere di case popolari costruito sulla riva lagunare fra il 1968 e il 1970. Su un’ampia parte di quei terreni e paludi vissero per 370 anni i frati Certosini di Tombello. I Certosini arrivarono a Venezia da Firenze verso la fine del XIV secolo ma si insediarono stabilmente nell’isola di Sant’Andrea del Lido 4

(la Certosa) solo nel 1422. Dopo qualche anno ricevettero per testamento da Nicolò Cornaro e da Lucia, sua moglie, la “Possessione” di Tombello, località sul bordo della Laguna. La “Possessione” di Tombello era molto estesa: comprendeva all’incirca l’attuale Parco di San Giuliano e una porzione di terraferma misurata in 120 campi a “misura trevisana”. Con lo scavo cinquecentesco dell’Osellino le terre collocate in prossimità delle acque lagunari, lentamente ma inesorabilmente,

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diventarono barenicole e, non più produttive, furono abbandonate. Ai Certosini rimasero i 120 campi collocati fra la via Orlanda e lo stesso Osellino, la strada ora denominata “Ponte di Pietra” e l’antica strada-argine chiamata Bagaron. Verso ovest un piccolo bosco e un fosso curvilineo li separavano dalle terre delle monache di S. Lorenzo. Ancora oggi i segni di quel fosso sono visibili. Poco lontana dal boschetto, una strada comune, che possiamo identificare come l’attuale via Barbana, collegava la strada principale - la via Annia detta Stradella - al corpo centrale dei 120 campi. Sul punto di arrivo della strada-argine (Bagaron) si trovava il “Passo” dell’Osellino detto dei Badoer e un’osteria, luogo di ritrovo e frequentazione dei villici che si recavano a Venezia. Con un po’ di fantasia possiamo immaginare le tuniche bianche di quei frati raccolti in preghiera nel loro oratorio dedicato a S. Marco o intenti a coltivare e amministrare l’azienda agricola, “la grangìa”, che avevano fondato. Gli edifici della “grangìa” (termine derivato dal francese grange che significa granaio) erano verosimilmente posti sull’attuale campo da calcio del Villaggio Laguna. Il disegno di quegli edifici, contenuti nelle mappe antiche, mostra un borgo murato con una torre al centro, forse il campanile dell’oratorio di

S. Marco in cui i frati partecipavano alle funzioni religiose. Sul catasto di Tommaso Scalfurotto del 1782 il borgo viene definito “Ospizio del Padri Certosini di Tombello” e su quello austriaco del 1841 sono disegnati due edifici ortogonali, con un’ampia corte nello spazio di mezzo. Una canaletta collegava il borgo all’Osellino e, superato l’argine, un ghebo consentiva il percorso fino alla Laguna viva e poi verso Venezia. Nelle mappe sette-ottocentesche quel ghebo era chiamato “ghebo del Tombel, ghebo dei frati”, a ricordo della centenaria presenza dei monaci bianchi. Prima della costruzione del Villaggio Laguna, sul sedime del borgo antico esisteva un edificio rurale abitato dalla famiglia Baroffio. L’edificio è stato abbattuto ma, per fortuna, di quella casa esiste ancora una foto che ne rammenta la presenza. Il ricordo dei frati Certosini di Tombello è stato purtroppo del tutto rimosso, salvo il toponimo “via Tombelle” che restituisce la memoria della “località” più che dei suoi protagonisti. Il rapporto millenario con la Laguna e la sua Storia sono elementi preziosi per quel territorio. Abbiamo ancora la speranza che si possa colmare questo vuoto di testimonianza per contribuire a renderlo ancora più vivo e fecondo.

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Lionello Pellizzer 5


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viva la quinta “b”

È stato un quinquennio terminato alla grande quello della 5B dell’Istituto A. Gramsci plesso Pascoli. La classe ha partecipato al concorso promosso dalla Coldiretti “Semi’nsegni a pescare” avente lo scopo di far conoscere più da vicino il mondo della pesca e della fauna ittica che popola il nostro mare e la nostra laguna. 500 i bambini in gara che dovevano creare un elaborato legato al tema. E sarà stato l’entusiasmo dimostrato 6

fin dal primo incontro a scuola con gli ideatori del concorso insieme alla spiccata creatività dei ragazzi e al loro fantasioso impegno, fatto sta che sono nati pesci da penne, anemoni da perline e pailettes , reti da pesca ricavate dalle retine dei limoni, gronghi, alghe e granseola ideati con le perline che si stirano, pescherecci costruiti con legnetti e cartoncino … ma sono tornati utili anche gli imballi di polistirolo, i tappi di sughero, gli stuzzicadenti,

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le cannucce, i cucchiai di plastica e la ceramica cruda fatta in casa, plasmata e poi colorata con raffinatezza e buon gusto. Ed ecco il risultato ….. …. che ha permesso alla 5B di vincere il concorso!

Il Gabbiano Circolo Ricreativo Culturale Campalto - Villagio Laguna I NOSTRI SERVIZI Consulenza legale gratuita per i soci AUSER - si riceve solo su appuntamento Spesa a domicilio: il ns. Circolo ha il servizio per la consegna gratuita della spesa a domicilio per persone anziane, non autosufficenti, portatori di handicap o con problemi motori temporanei che non possono recarsi personalmnte presso i negozi.

Come premio i ragazzi hanno vissuto una giornata indimenticabile nella bellissima isola di Pellestrina dove hanno visitato il Piccolo Museo della Laguna Sud, hanno ascoltato la storia dei pescatori, hanno visto come si riparano le reti da pesca e hanno potuto materialmente partecipare alla “semina” delle cozze. Martina Pagnin

I NOSTRI CORSI Corso di nformatica Attività di lavori a maglia, uncinetto, taglio e cucito Ripetizioni scolastiche per alunni di scuola media e superiore La Biblioteca “Lino Soffiato” La possibilità di avere in prestito libri E inoltre: Scuola di Canto Sportello Ludopatia aperto mercoledì h. 15.00/18.00 Per informazioni e appuntamenti: dal lunedì al giovedì dalle 10,00 alle 12,30 il venerdì dalle 16,00 alle 18,00 tel. 041.903525 bibliotecalinosoffiato@gmail.com Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini - Villaggio Laguna Venezia - Campalto

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marmolada: due o tre cose che so di lei Ho “toccato” per la prima volta le nevi della Marmolada nell’estate del 1955. Dalla val di Fassa si raggiungeva il lago Fedaia da Canazei attraverso Pian Trevisan (non c’era ancora la strada realizzata quasi un decennio dopo); da lì una seggiovia portava a Pian di Fiacconi dove, appena fuori dal rifugio, si mettevano i piedi nel ghiacciaio. Per i bambini come me, toccare la neve in piena estate era qualcosa di assai singolare. La la visita al ghiacciaio, magari inoltrandosi per qualche centinaio di metri per tornate con i piedi zuppi viete le attrezzature approssimative dell’epoca, era una classica immancabile nel panorama delle gite estive. La Marmolada è un gruppo montuoso che si estende al confine tra Trentino e Veneto, dalla Val di Fassa fino alle sue ultime propaggini verso l’Agordino. La sua vetta, 3340 m. circa, è la più alta delle Dolomiti ed è stata misurata a Punta Penia (dal ladino fassano “pe nia”, poi più niente; toponimo che si riscontra spesso in quelle valli). Diversamente dagli altri massicci dolomitici, non è composta di dolomia – carbonato di calcio e magnesio – ma di grigio calcare, quasi simile al marmo, da cui sembrerebbe prendere il nome anche se l’attribuzione non è certa. La prima salita alla vetta più alta del gruppo, la Punta Penia, risale al 28 settembre 8

1864. Il primo salitore fu il viennese Paul Grohmann, il pioniere dell'alpinismo dolomitico, con le guide ampezzane Angelo e Fulgenzio Dimai, lungo l'attuale via normale o "del ghiacciaio". Alpinisticamente, il versante più importante è quello meridionale, che precipita con una lunga parete (chiamata "la parete d'argento") di altezza compresa fra i 600 ed i 1.000 m sulle valli di Ombretta e Contrin. Molte delle numerose vie che la percorrono hanno segnato dei punti fermi nell'evoluzione alpinistica e nella progressione delle difficoltà. Durante la prima guerra mondiale fu teatro di violenti conflitti trovandosi sul confine tra i territori italiani e quelli austroungarici. Quest’ultimo esercito aveva scavato, in prossimità della cima, una vera e propria città nel ghiaccio composta da un intreccio di gallerie e ampi locali. Oggi, purtroppo, la testimonianza di quel passato sta lentamente scomparendo Fino a quella drammatica domenica dei primi di luglio, per la stragrande maggioranza delle persone la Marmolada era uno dei tanti monti del nostro territorio; per gli appassionati di montagna, invece, rappresentava una triste agonia. Il suo ghiacciaio, il più vasto delle Dolomiti, le cui nevi perenni lambivano fino a pochi decenni fa una quota vicina ai 2000 m. è ormai ridotto a

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poche lingue di ghiaccio destinate a scomparire definitivamente entro poco tempo. La prima volta sono salito a Punta Penia verso la metà degli anni ’60. Si partiva da “Pian dei Fiacconi”, all’arrivo della seggiovia, e dopo poco ci si trovava immersi nella neve. Da lì si dipartivano diverse tracce, direttamente verso le rocce e la cresta o attraverso il sentiero attrezzato, che ha visto numerose vittime in caso di maltempo per via dei fulmini, fino alla vetta per godere di un giusto ristoro nella capanna e, per i più arditi, tuffarsi con lo sguardo nel baratro di oltre 1000 m. verso il versante sud. Ma le indicazioni precise che davano le guide già da allora era quello di tenersi ben lontani dalle seraccate sotto Punta Rocca, quelle che hanno visto il devastante distacco che ben conosciamo. In questi ultimi anni, a causa del repentino mutamento delle condizioni climatiche, il ghiacciaio si sta ritirando a vista d’occhio rendendo assai periclose quelle che fino a poco tempo prima erano considerate fino a poco tempo prima erano considerate escursioni praticamente alla portata di tutti.

Il ghiacciaio ieri...

... e oggi

Se le condizioni non cambieranno, le prossime generazioni vedranno soltanto ammassi di rocce grige levigate da quello che era stato il più esteso ghiacciaio delle Dolomiti. Gianfranco Albertini

parete sud della Marmolada

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da murano al giappone

Una antica favola giapponese, raccontata su immagini risalenti al X secolo, prende forma sul Vetro di Murano dal genio di Marco Toso Borella, artista muranese, rappresentante di una tecnica artistica secolare che appartiene alla sua famiglia da generazioni e della quale egli è riconosciuto come uno dei massimi esponenti al mondo. L’opera imponente, che si compone di 20 tavole delle dimensioni 75x50 cm è stata esposta al pubblico dal 13 al 22 luglio a Palazzo da Mula, a Murano, prima di essere inviata in Giappone dove sarà esposta permanentemente. La Vetreria Mazzega srl ha commissionato l'opera all'artista su desiderio di un cliente giapponese, il Dr. Yamanishi Hiromichi. Eccezionale nel soggetto, eccezionale nelle dimensioni e nella destinazione, rappresenta anche una straordinaria storia 10

di “resistenza” dell’arte muranese in un momento di estrema difficoltà, in quanto realizzata proprio nel corso della pandemia, in pieno lockdown. Mentre la maggior parte delle attività produttive muranesi infatti sono rimaste chiuse a lungo, ferme le vetrerie e serrati i negozi, nel laboratorio della vetreria l’artista ha continuato instancabilmente la sua opera, concludendola proprio in concomitanza con la ripresa dell’attività turistica della città, dopo oltre un anno di lavoro. Le incisioni riproducono in modo assolutamente fedele - anche se personalizzato per "tradurre" l'opera in una lingua artistica, quella vetraria, del tutto nuova - un antico racconto giapponese del X secolo, ossia "Taketori Monogatari", ispirato alla leggendaria “Storia del tagliatore di bambù”, una antica fiaba giapponese. La storia, nota anche come

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“La storia della Principessa Kaguya” narra di una bambina misteriosa scoperta all’interno di un cespuglio di canna di bambù splendente nella notte. “In quest’opera ho voluto mettere la mia arte a servizio del progetto, e non viceversa” spiega Marco Toso Borella, noto con l’appellativo di “Leonardo di Venezia” per la molteplicità delle espressioni artistiche nelle quali eccelle, dalla pittura alla scrittura alla musica. “È esattamente quello che ritengo debbano fare oggi gli artisti nei confronti di una città come Venezia, a differenza di quanto accade quotidianamente: non intendere questa città come una vetrina vuota riempita dagli altri, priva di anima e identità personali, ma celebrarla e viverla attraverso espressioni artistiche all’altezza della nostra storia, a partire dalla celebrazione delle sue eccellenze artistiche e artigianali, il nostro vero patrimonio culturale”. “La Vetreria Mazzega srl - commentano dalla direzione - è rimasta chiusa a lungo, come molte altre dell’isola, ma il lavoro di Marco Toso Borella, che è nostro artista residente, ha rappresentato sempre un barlume di speranza, un piccolo fuoco di fornace, anche se virtuale, che è rimasto acceso nonostante tutto, simbolo della rinascita dell’isola che può avvenire solo a partire dal riconoscimento dell’arte autentica. Ed è quello che è stato fatto: ripartire proprio da qui, dalla

valorizzazione della storia e dell’arte più pregiata ed esclusiva, nella convinzione che sia questa la chiave per offrire un futuro al vetro di Murano: valorizzando un artista tra i più autorevoli della città e facendo conoscere questa arte in tutto il mondo”. L’opera sarà trasferita in Giappone ed esposta all’interno del Kansai Nursing School, una struttura situata nella regione del Kansai, destinata a diventare una scuola per infermiere. L’intera opera è visibile in dettaglio nel sito:

ht t ps://info411539.w i x s ite. com/mazzega-kansai/travel

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la pagina dell’archeologia Nuove tracce di romanità dalla Laguna di Venezia. I reperti archeologici dell'Isola della Certosa

Da alcuni anni è in corso di attuazione un programma di valorizzazione ambientale e culturale dell’Isola della Certosa. Tale programma prevede anche delle indagini subacquee, condotte con l’assistenza di archeologi accreditati presso la locale Soprintendenza. Queste attività hanno permesso il rinvenimento di un’area con notevole valenza archeologica presso il versante nord-ovest dell’isola, costituita da un sito di età romana, situato a una quota compresa tra 2 e 3 m circa sotto il livello del medio mare. Già identificato dal famoso archeologo Ernesto Canal già nel 1992, successivamente, tra la fine dell’estate del 2010 e la fine del 2011, il sito è stato oggetto di 12

indagini archeologiche subacquee durante lo scavo del canale della Certosa, un progetto questo elaborato dal Magistrato alle Acque ed eseguito dal Consorzio Venezia Nuova. Attività coordinate dall’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto. Le indagini hanno evidenziato la chiara presenza di una struttura arginale di epoca romana riferibile in via preliminare a un periodo compreso tra il II e il I sec. a.C. anche se taluni prolungano la datazione al I sec. d.C.. Tale struttura si compone di palificate lignee e colmate di materiale fittile di recupero, principalmente laterizi e pezzi di anfore. Si tratta di un impianto assai rilevante per la ricostruzione della storia e della morfologia della laguna, orientato lungo l’asse nordnordest e sud-sudovest, con una estensione di oltre 60 metri. In corrispondenza della sua estremità settentrionale, la struttura si esaurisce per erosione nell’alveo del canale delle Vignole Vecchie, mentre presso quella meridionale cambia orientamento, assumendo una direzione est-ovest, per giungere infine a ridosso dell’isola della Certosa, proprio alla sua estremità settentrionale, lungo il versante occidentale. La quantità di materiale

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rinvenuta è notevole. In parte è stato recuperato e in gran parte ancora da recuperare. Si tratta sia di reperti singoli che di campionature quantitative per area. Nel corso delle indagini sono stati infatti prelevati alcuni campioni lignei dei pali destinati alle analisi di laboratorio ed estratti alcuni pali interi, per la loro campionatura tipologica. Oltre alla struttura arginale, che possiamo definire una strada arginale, nel già citato canale delle Vignole Vecchie, Ernesto Canal aveva individuato, già nel corso degli anni Sessanta e poi dei primi anni Novanta, anche una seconda struttura, più antica di una quarantina di anni rispetto all’argine-strada, confermata dalle successive indagini della Soprintendenza, ovvero le fondazioni di una presumibile torre di avvistamento. Quest’ultima struttura si sviluppa per una lunghezza complessiva di circa 40 metri, ma si presenta, purtroppo, con diverse lacune, che ne evidenziano il cattivo stato di conservazione della stessa, riscontrato anche con il saggio di scavo. Il livello dello strato archeologico, relativo al riempimento interno della struttura, si attesta tra i 60 e gli 80 cm., mentre i pali lignei recuperati presentano una lunghezza residua mediamente intorno ai 150 cm.. Si tratta dunque della porzione residuale dell’impianto, ovvero della parte più bassa, che risulta essere composta da materiali di recupero

frammentari, distribuiti in modo casuale nel sedimento fangoso e con una concentrazione relativamente scarsa. pellestrinaInvece, delle evidenze più consistenti sono state rilevate all’estremità settentrionale della struttura, presso i margini del canale delle Vignole Vecchie, dove l’impianto arginale di cui si diceva in precedenza, risulta particolarmente eroso. Qui sono stati rinvenuti materiali significativi, quali colli di anfore completi di orlo, anse e parti varie, così come il corpo intero di un’anfora privo del collo e delle anse. Le attività archeologiche sono ancora in corso: estrazione dai fondali, pulizia e interventi conservativi. Per il momento, le strutture sono state protette, una decina di anni fa, con geo-tessuto, sacchi di sabbia e speciali “materassi”, a causa dei potenti processi erosivi in atto nell’area. Il progetto finale prevede il recupero, l’analisi, il rilievo e la conservazione, nell’ambito di una seconda fase progettuale, in apposite teche presso uno spazio espositivo che sarà allestito e, si spera, reso accessibile quanto prima al pubblico nell’ambito del Parco della Certosa di Venezia. Parco che, lo ricordiamo, è un progetto in partenariato pubblico-privato tra la società “Vento di Venezia” e l’Amministrazione Comunale di Venezia. Esso prevede il completo recupero dell’isola volto alla

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creazione di un parco accessibile al pubblico e privo di barriere architettoniche, nonché la realizzazione di aree e percorsi attrezzati oltre alla conservazione del patrimonio naturalistico dell’isola. Infine, gli antichi resti del chiostro certosino

quattrocentesco vedranno sorgere delle strutture destinate ad attività culturali e di formazione nelle quali è auspicabile potranno trovare posto i reperti in questione. Daniele Rampazzo

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La Pagina di Campalto è curata dal Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini 22 Campalto (VE) Tel/fax : 041.903525 - bibliotecalinosoffiato@gmail.com Editore: Circolo Auser “Il Gabbiano” - Direttore responsabile: Giorgio Marcoleoni. Redazione a cura di: Blog Territori e Paradossi - Associazione Culturale. E-mail: info.blogterritorieparadossi@gmail.com Stampato in proprio - Registrazione presso il Tribunale di Venezia n° 1461 del 24 settembre 2003 “La pagina di Campalto” è consultabile online all’indirizzo: http://issuu.com/lapaginadicampalto è possibile rilasciare commenti e domande, segnalare iniziative, suggerire approfondimenti a questo indirizzo e-mail: lapaginadicampalto@gmail.com o visitando la nostra pagina facebook.


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