Febbraio 2021

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distribuzione gratuita presso gli esercizi commerciali a: Campalto - Favaro Veneto - Tessera - Dese

http://issuu.com/lapaginadicampalto lapaginadicampalto@gmail.com FEBBRAIO 2021 Anno XVIII N° 197

MENSILE A SFONDO SOCIALE DI PUBBLICA UTILITÀ

Vincent Van Gogh - Mandorlo in fiore

È PASSATO UN ANNO Nel febbraio 2020 si percepivano le prime avvisaglie in Italia del Covid-19. Mancando un piano nazionale contro le pandemie, arenatosi molti anni prima nei meandri di una politica forse poco attenta, i nostri giorni sono stati scanditi dal susseguirsi dei DPCM. Oggi, dopo un anno, la pandemia sembra ben lontana dall’essere debellata: non possiamo che augurarci pronte risposte da chi ci governa e senso di responsabilità da parte dei cittadini.

In questo numero: 10 FEBBRAIO: GIORNO DEL RICORDO_CONNETTITI CON TE STESSO_FUSINA E I SUOI REPERTI_ PILLOLE DI MODA_CAMPALTO IN MUSICA_VOLONTARIO VALORE AGGIUNTO_IDENTITÀ VELATE_ RACCONTANDO... IL CABARET.


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10 FEBBRAIO: IL GIORNO DEL RICORDO Con una legge del 2004 è stato istituito “Il Giorno del Ricordo” per commemorare i caduti delle foibe e fare memoria dell’esodo delle popolazioni di origine italiana dai territori annessi con un trattato del 1947 alla Jugoslavia dove si erano stabiliti da molte generazioni. Negli anni scorsi abbiamo dedicato spazio all’interno del nostro giornalino a questa ricorrenza che cade il 10 febbraio; oggi invece lasciamo parlare le immagini. Immagini di sofferenza e rimpianto per essere costretti, senza alcuna colpa, ad abbandonare quella che era diventata la loro terra d’adozione lasciando i propri beni, perdendo il lavoro e gli affetti più cari. Nel “Magazzino 18” nel porto vecchio di Trieste sono accatastate masserizie di ogni genere, beni comuni che gli esuli, prossimi ad affrontare lunghi periodi in campo profughi o viaggi verso lontane mete nel mondo, avevano abbandonato con la speranza di rientrarne in possesso in futuro. A questo ambiente, rimasto praticamente immutato nei decenni, l’attore e cantante Simone Cristicchi, in collaborazione con Jan Bernas, ha dedicato nel 2014 uno spettacolo teatrale intitolato appunto “Magazzino 18” (oggi diventato anche un libro). Gianfranco Albertini 2

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CONNETTITI CON TE STESSO Secondo le stime del Global Statshot Report l’uso dei social media da parte di utenti sparsi nel mondo è cresciuto del 12% dall’inizio della pandemia. Ci sono circa 14 utilizzatori al secondo che si iscrivono a nuovi siti o a nuove piattaforme e il tempo che impieghiamo a spulciare le pagine internet, le foto su Instagram o a leggere altri gossip nel web è in costante crescita. La didattica a distanza, le attività integrate e le app per la formazione continua di docenti e studenti sono puntualmente aggiornate. Meet e Gsuite sono l’ultima frontiera degli incontri e/o riunioni a distanza, sessioni di palestra o corsi di cucina e/o cucito per ingannare il tempo e sopportare le restrizioni imposte dai DPCM alle regioni. Il cambiamento che abbiamo vissuto e stiamo tuttora sperimentando è a dir poco epocale. Siamo traghettati dalla realtà, che un tempo ci sembrava alienante, alla sfera virtuale nell’arco di un anno e mezzo. Le relazioni interpersonali, la socializzazione e lo sviluppo del linguaggio ne risentiranno sicuramente. Essere sempre connessi, fare scuola o dedicarsi al lavoro da casa, sempre davanti ad uno schermo accesso, sempre sul pezzo, sempre sintonizzati, alquanto robotizzati, contribuirà al mutamento delle nostre facoltà sensoriali e percettive.

Conduciamo due vite, una online e una offline. Facciamo fatica a staccarci da qualsiasi schermo oramai sia esso quello del cellulare o del tablet. La vita pubblica e quella privata sono difficilmente scindibili. Non c’è più equilibrio nel rapporto tra tempo e uso delle tecnologie. Quali reali conseguenze nasconde l’iper-connessione? Saturazione mentale, mancanza di stimoli, inappetenza emotiva, isolamento sociale o addirittura alienazione identitaria? Di certo senza l’uso dei social media non saremmo riusciti a fare scuola, a mandare avanti le pratiche burocratiche, a far girare almeno un po’ l’economia. Eppure, pur riconoscendo degli aspetti positivi all’uso dei social media, quali l’acquisizione di nuove abilità e competenze in ambito digitale, bisogna ammettere che ci sentiamo e ci sentiremo sempre più isolati. Mantenere una corretta routine, essere sempre sintonizzati col mondo reale piuttosto che tuffarsi nell’artificiale, seguire ritmi fisiologici ed esercitare il diritto alla disconnessione sembrano le alternative alla deriva sociale. Non perdiamoci. Non isoliamoci. Stiamo connessi con noi stessi.

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Cristina Pappalardo

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FUSINA E I SUOI REPERTI. UN PATRIMONIO DA SALVARE

Partendo da Malcontenta lungo la stretta e sinuosa via Pallada, costeggiando la caserma dei Lagunari, si può arrivare alla conca di Ca’ Moranzani. Da qui, prendendo a destra e proseguendo quindi sulla sinistra, avendo rigorosamente lasciato l’auto al margine della stradina, dopo poco più di un paio di chilometri di sterrato si può raggiungere la laguna. Con una bella vista su Venezia, ci troviamo a Fusina. Sull’altra sponda del Naviglio del Brenta, di fronte alla fermata degli aliscafi per Venezia e al meno idilliaco profilo della centrale termoelettrica. Un lembo di terra protesa verso la laguna e delimitata a nord dal Naviglio del Brenta e a sud dal Canale Bondante di Sotto. Questi terreni sono frutto delle bonifiche che, a partire dal XVI secolo, hanno interessato i margini lagunari, allo scopo di eliminare i fanghi derivanti dall’escavo dei rii e dei canali veneziani e delle isole lagunari. 4

Un’attività di pulizia e di defangatura fondamentale per evitare l’interramento della città e delle sue vie di comunicazione. Prima del Cinquecento questi fanghi, derivanti appunto dai drenaggi, veniva usati per ampliare sia Venezia che le altre isole ma, ritenendole ormai sviluppate totalmente, vennero poi indirizzati nella zona oltre la linea di conterminazione lagunare. Il Senato Veneto aveva infatti decretato, nel 1676, di trasportare “di là del Soprabondante oltre le Porte del Moranzan” tutti i materiali estratti a seguito dell’escavazione straordinaria dei canali lagunari effettuata in quell’anno. Ordine reiterato nel 1719 quando lo si estese verso il Dogaletto. In realtà già prima del Cinquecento, precisamente nel 1324, era stata iniziata un’opera fondamentale per evitare l’interramento della laguna: un lungo argine che da Campalto portava a sud di Fusina. Chiamato “Argine

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di San Marco” o di “Resta de Aio”, sbarrava e deviava le acque dei fiumi verso la laguna meridionale. Nel corso dei secoli i suoi fianchi vennero progressivamente rinforzati dalle fanghiglie e dai materiali di rifiuto provenienti dall’escavo dei rii. Ancora oggi è possibile rinvenire, a vista, numerosissimi frammenti ceramici e vitrei, testimonianza delle case, palazzi, chiese e attività economiche veneziane. Materiale, sedimentatosi nel corso dei secoli, che ci può fornire informazioni assai utili sulla vita e la società della Serenissima nell’età medievale e moderna. Il problema è che questo patrimonio, non sufficientemente analizzato e studiato, si sta progressivamente perdendo, stante l’attività di coltivazione svolta su questi fondi. L’aratura e le altre operazioni agricole riducono progressivamente il materiale archeologico in frammenti disperdendolo. Le testimonianze sul rinvenimento di questi materiali sono antiche: nel 1756, l’architetto Tommaso Temanza ricordava che “su i margini della Laguna si dissotterrarono varie anticaglie” fra cui lucerne e vasi di epoca romana. Nel 1873 il marchese Lorenzo Saibante fece effettuare delle ricerche per riportare alla luce i resti del monastero di Sant’Ilario, presente più a sud del canale Bondante. Nel 1927 invece fu lo studioso Luigi Conton il primo a scandagliare prima le secche prossime alla foce di Fusina, proprio sull’antico tracciato dell’argine di Resta de Aio, per poi

passare alle Motte, ovvero ai terreni di cui si parlava all’inizio. Riportando alla luce moltissimi frammenti di stoviglie di varie epoche, collocati poi alla Galleria Franchetti alla Ca’ d’Oro. Dopo di lui, negli anni ’80, dei ritrovamenti vennero effettuati, a livello superficiale, e catalogati da A. Marchiori oltre alla “collezione Tassello” menzionata da Luigi Gallo. Collezioni dei quali si sono però poi perse le tracce. Purtroppo, dopo di loro, a parte i Gruppi Archeologici del Veneto nei primi anni Duemila, molti furono i cosiddetti “archeologi della domenica” che andarono, operando senza criterio, a prelevare e a disperdere quanto si poteva a livello superficiale. Dispersione acuita poi, come si diceva in precedenza, dalle attività agricole. Per chi ne vuole sapere di più, soprattutto sui materiali rinvenuti e la storia delle ricerche archeologiche, si consiglia la lettura delle seguenti fonti, utilizzate per scrivere questo articolo: https://docplayer.it/28778745-Lafebbre-d-anticaglie-a-cura-dellaredazione-e-di-renzo-saccon.html https://webcache.googleusercontent. com/search?q=cache:oUyinF9TG4UJ https://va.minambiente.it/File/ Documento/315489+&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it

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Daniele Rampazzo 5


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PILLOLE DI MODA: LA GIACCA DA UOMO IN TWEED di Monica Zennaro

La giacca di tweed monopetto a due bottoni è il massimo della qualità dello stile inglese e delle sue tipiche contraddizioni: è ruvida al tatto e, malgrado sia un prodotto di sartoria, spesso è trasandata; fa pensare alle dimore di campagna dell'aristocrazia, ma fu adottata dai radicali degli anni Cinquanta; è elegante quanto basta per essere indossata ovunque, ma allo stesso tempo è anche robusta per frequentare campi e stalle...La giacca 6

di tweed si identifica con il principe Carlo e il suo fucile di caccia, ed è anche l'anticonformista Woody Allen che la indossa sui pantaloni di velluto sgualciti. La storia della giacca coincide con quella del tweed. Tweed è il nome generico di un tessuto di lana, inizialmente prodotto in Scozia, screziato cardato e filato a mano, che dopo la tessitura viene allungato ed essiccato prima di essere tagliato e cucito. È antistrappo e idrorepellente i colori inizialmente erano più chiari che si confondevano con il colore della terra. In origine era un twill (armatura e saia), in Scozia chiamato tweel. Si dice che il nome attuale gli sia stato assegnato intorno al 1830 da un mercante di tessuti di Londra, il quale in una lettera ricevuta da una manifattura scozzese confuse il termine tweel con tweed, pensando che questo tessuto prendesse nome dal fiume Tweed che attraversa il cuore della zona di produzione nella regione degli Scottish Borders. Questa produzione raggiunse il massimo sviluppo a metà degli anni Sessanta del Novecento dove tutti indossavano giacche di tweed. Il re del tweed l'Harris Tweed era una sorta di marchio in sé, che comprendeva oltre ottomila versioni (

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grazie a telai più moderni, avvenuta nel corso degli anni Venti).Il termine generico sta a indicare un tweed di lana locale, oggi filato e tinto a macchina, ma tuttora tessuto a mano dagli abitanti delle isole Harris, Uist, Lewis e Barra nell'arcipelago delle Ebridi, in Scozia. Grazie a Lady Catherine Herbert, vedova di Alexander, sesto conte di Dunmore e proprietari della tenuta di North Harris, la quale incaricò gli artigiani dell'isola di Harris di copiare un motivo tartan per le giacche dei suoi guardiacaccia il modello ebbe un grandissimo successo tra i suoi amici ed ospiti da raggiungere persino la cerchia di corte della regina Vittoria, a Londra. Questo abito di tweed divenne l'abito del gentiluomo di campagna, ma assunse un ruolo fondamentale anche nel guardaroba maschile di tutti i giorni. Nel 1909 il vero Harris Tweed ottenne un marchio di certificazione dato che negli anni Trenta si tentò di farne una imitazione speculando sulla popolarità del tessuto e questo episodio diede origine a una causa civile che naturalmente Harris Tweed vinse...la provenienza fu salvaguardata, ma successive deroghe hanno previsto la concessione di produrre il tessuto con lane provenienti da tutto il mondo. In ogni caso il fascino antico della giacca di tweed si conserva inalterato nel tempo. Alla prossima pillola. Vostra Monica

Il Gabbiano Circolo Ricreativo Culturale Campalto - Villagio Laguna I NOSTRI SERVIZI Consulenza legale gratuita per i soci AUSER - si riceve solo su appuntamento Spesa a domicilio: il ns. Circolo ha il servizio per la consegna gratuita della spesa a domicilio per persone anziane, non autosufficenti, portatori di handicap o con problemi motori temporanei che non possono recarsi personalmnte presso i negozi. I NOSTRI CORSI Corso di nformatica Attività di lavori a maglia, uncinetto, taglio e cucito Ripetizioni scolastiche per alunni di scuola media e superiore LA BIBLIOTECA “LINO SOFFIATO” La possibilità di avere in prestito libri E inoltre: Scuola di Canto Sportello Ludopatia aperto mercoledì h. 15.00/18.00 Per informazioni e appuntamenti: dal lunedì al giovedì dalle 10,00 alle 12,30 il venerdì dalle 16,00 alle 18,00 tel. 041.903525 bibliotecalinosoffiato@gmail.com Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini - Villaggio Laguna Venezia - Campalto

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CAMPALTO IN MUSICA

Coro Serenissima L’anno appena concluso è stato difficile per tutte le associazioni, soprattutto quelle musicali o corali come il Coro Serenissima. Il 21 settembre 2019 il coro ha festeggiato il quarantennale presso l’Auditorium “Sbrogiò” con un concerto che ha visto uniti coristi vecchi e nuovi. Nello stesso concerto abbiamo potuto consegnare ai presenti una copia fresca di stampa del libro scritto dal nostro strumentista Massimo Gazzetta “Le cronache del Coro Serenissima di Venezia”. Sono stati giorni che hanno esaltato la nostra voglia di continuare a cantare le canzoni ispirate alle tradizioni veneziane. Nel 2020 erano stati già preventivate iniziative altrettanto coinvolgenti 8

ma abbiamo dovuto, come tutti, bloccare l’attività senza sapere quando ci sarà permesso ricominciarla. Poche sono state le prove che abbiamo potuto fare e i concerti previsti in calendario sono saltati a causa delle disposizioni sanitarie. Nonostante questi fattori avversi, il nostro entusiasmo non è mai venuto a mancare. Infatti nel mese di settembre 2020 abbiamo ripreso le prove e tutti i coristi sono tornati. Poi la seconda ondata della pandemia ci ha sommersi e bloccati. In questi mesi il coro è comunque riuscito a portare avanti la sua vita sociale/amministrativa, che ha visto anche l’avvicendamento del presidente: Giovanni Maneo è ora il nuovo presidente, subentrato a Flavio

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Campagnaro. Molti sono i progetti per il futuro: dai concerti, anche in collaborazione con associazioni di Venezia e Mestre e di comuni vicini, alla registrazione di concerti a tema e molto altro ancora. Con la speranza che il 2021 porti al superamento delle problematiche legate al COVID19 e di poter tornare a prove senza tema di contagi

ci auspichiamo che la pandemia finisca al più presto per poterci ritrovare a cantare durante le prove, ma soprattutto nel corso dei concerti col pubblico presente, quello stesso pubblico che nel passato ci ha sempre calorosamente sostenuti. Sarà un vero momento di festa a aggregazione per tutti. Lucia Santi

Una storia che dura da sedici anni nonostante il covid L’associazione AMICI IN CORO nata nel 1999 con lo scopo di diffondere il canto corale e passione per il canto, fra gli adulti, si è progressivamente perfezionata negli anni nei vari tipi di canto, la partecipazione e l’entusiasmo non sono mai venuti a mancare sotto la guida del primo direttore maestro Aldo De Lazzari. Nel 2003 egli ebbe l’idea di coinvolgere anche i ragazzi nell’

insegnamento della musica attraverso il pianoforte. Nel 2004 il sottoscritto con i proff. De Lazzari e Pasini (che di tanto in tanto accompagnava il coro all’organo), proponemmo all’Istituto comprensivo Gramsci e alla Municipalità un corso pomeridiano di pianoforte. Si trovò il luogo presso il Centro polifunzionale Pascoli di Campalto, la stanza, il pianoforte.

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L’adesione delle famiglie e le risposte dei ragazzi furono immediate e subito trasmesse ad altri. Con Caterina Albano referente delle istituzioni all’interno del centro e insegnante volontaria in corsi di recupero pomeridiani per ragazzi, si programmarono i giorni e le ore compatibili con altre iniziative. Alla fine dell’anno gli allievi fecero il loro primo saggio e l’entusiasmo influenzò anche i genitori. Si pensò così nell’anno successivo di estenderlo anche agli adulti. Oggi i corsi sono molto seguiti, ogni anno variano fra i 20 e i 24 iscritti con una media di circa 500 600 ore annuali di insegnamento. Con nostra grande soddisfazione, alcuni ragazzi, terminato il ciclo scolastico, sono stati accettati al conservatorio. Anche gli adulti, già da qualche anno si cimentano con il saggio di fine anno riscuotendo dal pubblico presente consensi e numerosi applausi e soddisfazione personale. Nonostante le limitazioni derivanti dal questo infausto VIRUS, la nostra

associazione ha ritenuto importante non privare ragazzi e adulti di una grande esperienza positiva continuando il corso con i proff. De Lazzari e Pasini, ovviamente con le dovute cautele, ed una novità: un’allieva del maestro De Lazzari, Lorena Carrer da quest’anno insegna anche lei pianoforte ai bambini più giovani con impegno e gioia da parte degli stessi. Il COVID ha precluso molte altre attività culturali dell’associazione che ci eravamo prefissati di intraprendere presso il Centro Culturale Pascoli. Non si sono potuti effettuare quei pomeriggi di ascolto alla musica, tanto sentiti e cominciati nel 2009, ne, far partire altre attività di aggregazione sociale che ci eravamo prefissati ma che rimangono comunque nel cassetto. E’ nostra speranza di poterle proporre nel prossimo futuro, libero da questi vincoli necessari, ai concittadini di Campalto che hanno sempre aderito numerosi. Roberto Lazzari

SUPERMERCATO LA QUALITÀ AL GIUSTO PREZZO

piazzale Zendrini - Campalto Villaggio Laguna

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VOLONTARIO VALORE AGGIUNTO Chi si avvicina al volontariato, qualunque sia il suo indirizzo, diventa un valore aggiunto alla società. Se ne può avere la riprova osservando, per esempio, i bambini quando vanno a scuola. Il “Nonno Vigile” è divenuto una figura importante e di riferimento non solo per far attraversare la strada, ma una persona con cui dialogare con loro spontaneità e franchezza, tanto importante da riportarli nei loro lavori di scuola. Non solo i bambini ritrovano nel volontario Nonno Vigile un amico, ma anche le persone sole fanno riferimento a queste persone con fiducia. È sempre più frequente avere delle riconoscenze di questo valore:

Cari volontari voglio cogliere l’occasione per ringraziarvi del vostro prezioso lavoro che state facendo anche in questo periodo difficile. Sicuramente non è stato facile per voi, ma mi creda, è stato molto apprezzato. Grazie. Sono convita che le parole di questo antico proverbio biblico si adattino a voi: “Il pigro desidera tanto ma non avrà nulla ma il laborioso sarà pienamente sodisfatto.” Chi si avvicina al volontariato, qualunque sia il suo indirizzo, diventa un valore aggiunto alla società. Se ne può avere la riprova osservando, per esempio, i bambini quando vanno a scuola. Il “Nonno Vigile” è divenuto una figura importante e di riferimento non solo per far attraversare la strada, ma una persona con cui dialogare con loro spontaneità e franchezza, tanto importante da riportarli nei loro lavori di scuola. LA PAGINA DI CAMPALTO

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Quando ci si annoia davanti all’ovvio e si ricercano possibili svolte nella vita, sognando di oltrepassare sempre il limite, sempre in viaggio, tra l’avventuroso e il misterioso, quando l’immaginazione sembra la realtà di tutti i giorni, allora, bisogna accostarsi alla lettura di un nuovo romanzo giallo avvincente intitolato “Identità velate” di Franco Fabris. Lo scrittore di origine chioggiotta ha intrapreso la sfida della scrittura in prosa essendosi precedentemente e con successo cimentato in ambito poetico. Franco è un insegnante di lingua italiana, storia e geografia che sceglie volutamente di 12

ambientare il suo romanzo tra Ragusa e Chieti. L’opera, edita in self-publishing dalla YouCanPrint, dal costo irrisorio di 10 euro, è un giallo entusiasmante che ruota attorno a dei personaggi secondari che giurano di volere il bene della protagonista, ma che in realtà, mentono e nascondono un segreto pericoloso. Verità, viaggio in cerca d’identità e amore ci fanno compagnia pagina dopo pagina. Ciò che colpisce di più chi legge è la capacità dello scrittore di delineare in maniera minuziosa i personaggi, sia la protagonista Cloe sia coloro che le stanno accanto, senza mai risultare ridondante o prolisso. Franco ci fa riflettere sull’importanza della famiglia, dell’identità e del nome che acquisiamo alla nascita. Dal mare blu e dal clima mite ragusano si passa al paesaggio montano dell’appennino abruzzese quando Cloe, durante il suo viaggio alla ricerca della verità incontra il suo “Angelo custode” di nome e di fatto. Già dalla copertina e dalla citazione che precede il prologo del romanzo si intuisce quanto sia importante la figura del personaggio maschile per lo scrittore all’interno del romanzo. Angelo rappresenta l’ideale di uomo, il confessore, la spalla su cui piangere e con cui Cloe gioisce giorno dopo giorno. Insomma Angelo è una delle persone più importanti che le gravitano attorno. Dal prologo descrittivo alla Oscar Wilde con descrizione del salotto e del divano in cui si ritrova stesa la

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figura femminile, mentre fuma indolente una sigaretta, il lettore viene catapultato in una dimensione della memoria proustiana delle giornate ragusane, ai colori tenui del tramonto, entrando a poco a poco nella

vita di una famiglia siciliana. I colpi di scena e la suspense non mancano. Basta leggere il romanzo per scoprire tutti i retroscena. Cristina Pappalardo

RACCONTANDO... IL CABARET

Con la definizione “cabaret” (o il meno usato cabarè), di origine francese, nel XV secolo si identificava un locale dove si serviva oltre alle bevande anche del cibo; i tavoli erano ricoperti da una tovaglia e il prezzo pagato era solo per il cibo e non per le bevande. Questi locali erano utilizzati, abitualmente, come luoghi di ritrovo per artisti. Dal 1773

poeti, pittori, musicisti e scrittori si ritrovarono presso il cabaret “Le Caveau”; a questo locale si attribuiscono le origini del cabaret come spettacolo teatrale, dove gli artisti componevano e cantavano le loro canzoni. Rimase aperto sino al 1816 quando fu costretto a chiudere a causa del contenuto satirico delle canzoni scritte dai clienti che deridevano il governo monarchico. Tra il XVIII e il XIX secolo apparvero i “café-concert” o “café-chantant”, locali dove oltre al cibo e bevande si offrivano spettacoli musicali o di magia. Il primo cabaret, nel senso moderno della parola, fu “le Chat Noir” (Il Gatto Nero) creato nel 1881 dall'agente teatrale Rodolphe Salis. Egli seppe riunire personaggi parigini ricchi e famosi con i Bohémien (definizione per identificare artisti in povertà con uno stile di vita non convenzionale), giornalisti con studenti, gran-dames con le cortigiane. Ben presto questo tipo di locali si aprirono in tutta Europa con alterne fortune e visione di locale. Al cabaret olandese si attribuisce come data di nascita il 1895: la

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forma d'arte è un misto di commedia, teatro e musica che include temi sociali e di satira politica. Il cabaret tedesco (1901) viene spesso avvolto da un'aura di ambiguità e decadenza dovuta alla propaganda negativa svolta dai nazisti. Il cabaret polacco e russo è una forma d'intrattenimento con sketch umoristici, canzoni e satira politica spesso nascosta da doppi sensi per aggirare la censura. Il cabaret statunitense (1911) si differenzia da quello europeo per l'influenza della musica jazz. Il cabaret, in Italia, compare solamente negli anni cinquanta (dove peraltro non esiste una vera e propria tradizione carabettistica) a

Roma con “I Gobbi” composto dal trio Vittorio Caprioli, Alberto Bonucci e Franca Valeri volto al divertimento. A Milano, al Teatro Piccolo, il trio Fo, Durano e Parenti, propone un cabaret più altolocato e intellettuale e Genova si caratterizza con le musiche ironiche di Franco Nebbia. Ad oggi il cabaret ha come protagonisti quasi esclusivamente comici con lo scopo di divertire il pubblico e sconfinano in format televisivi come Colorado, Zelig, Made in Sud ecc. Non mi resta che augurarvi buon divertimento con il cabaret. Lorenzo Loris

via Gobbi 259 - Campalto da martedì a sabato orario 8.15 - 17.30 per appuntamento: 3927242100

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La Pagina di Campalto è curata dal Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini 22 Campalto (VE) Tel/fax : 041.903525 - bibliotecalinosoffiato@gmail.com Editore: Circolo Auser “Il Gabbiano” - Direttore responsabile: Giorgio Marcoleoni. Redazione a cura di: Blog Territori e Paradossi - Associazione Culturale. E-mail: info.blogterritorieparadossi@gmail.com Stampato in proprio - Registrazione presso il Tribunale di Venezia n° 1461 del 24 settembre 2003 “La pagina di Campalto” è consultabile online all’indirizzo: http://issuu.com/lapaginadicampalto È possibile rilasciare commenti e domande, segnalare iniziative, suggerire approfondimenti a questo indirizzo e-mail: lapaginadicampalto@gmail.com o visitando la nostra pagina facebook.


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