MunicipalitĂ di Favaro Veneto
sabato 21 novembre - ore 20.45 aula magna I.C. gramsCI - Campalto poesie interpretate da: FranCesCa tommasI intermezzi musicali in compagnia di: ChIara FoFFano - voce solista mIChael FIorIn e alessandro balsImInI - chitarra FranCesCa rIsmondo - violoncello
Per il terzo anno CampArte propone una serata dedicata alla lettura di versi e rime intervallati da suggestioni musicali. Il titolo che abbiamo dato all’evento si ispira a una poesia di Alda Merini, grande poetessa italiana: “I poeti lavorano di notte”, in una voluta contrapposizione all'analoga, intensa serata del 2014 intitolata “Le poesie nascono al sole”. Nel corso della serata verranno letti versi proposti dai nostri poeti locali; versi ritrovati in qualche cassetto, o chissà dove; versi a volte anonimi oppure scritti molti anni fa da un nostro caro. L’interpretazione è affidata a Francesca Tommasi e ad accompagnarla saranno le atmosfere create dalla voce di Chiara Foffano, dalle chitarre di Michael Fiorin e Alessandro Balsimini e dal violoncello di Francesca Rismondo. E’ difficile estraniarsi da questo mondo urlante che ci seduce con mille stimoli, pressioni, frette per ascoltare il fluire delle emozioni, lo scorrere dei pensieri, il loro ingarbugliarsi, accendersi, farsi e disfarsi. Stasera lasciatevi trasportare dalla dolce corrente delle parole e delle note musicali…
Nell’ambito del progetto CampArte
Con il patrocinio della Municipalità di Favaro Veneto
Una realizzazione Blog Territori e Paradossi
in collaborazione con l’Istituto Comprensivo A. Gramsci Venezia - Campalto
I POETI LAVORANO DI NOTTE Versi vecchi e nuovi interpretati da Francesca Tommasi Sabato 21 novembre - ore 20.45 Auditorio I.C. “A. Gramsci� - Campalto
Intermezzi musicali con: Chiara Foffano - voce solista Michael Fiorin - chitarra Alessandro balsimini - chitarra Francesca Rismondo - violoncello
Ingresso libero
Un omaggio a questi cantori silenziosi, a occhi che sanno vedere oltre l’apparenza, che sanno svelare agli uomini ciò che è in loro, ma che ignorano. E da chi poteva venire se non da chi ha saputo sempre accettarsi grazie alla poesia, nonostante le avversità e i dolori del mondo: dalla grande Alda Merini!
I poeti lavorano di notte I poeti lavorano di notte quando il tempo non urge su di loro, quando tace il rumore della folla e termina il linciaggio delle ore. I poeti lavorano nel buio come falchi notturni od usignoli dal dolcissimo canto e temono di offendere Iddio. Ma i poeti, nel loro silenzio fanno ben più rumore di una dorata cupola di stelle. Alda Merini
Intermezzo musicale Pau de Chuva (Paulo Bellinati) Michael Fiorin chitarra solista
SERGIO SCANCELLI Sergio Scancelli è nato a Venezia il 15-02-1952 ed ha lavorato al porto di Venezia, al petrolchimico di Marghera dal 1975 al 2010. Svolge attività come professionista e docente in materia di sicurezza sul lavoro. Ha pubblicato su “Spartivento”, “pietra serena”, “abiti lavoro” rivista di poesia operaia di cui è stato redattore sino alla fine attività negli anni ‘90. DOMANI
FUORI
Domani la prima nota di luce mi troverà ritto, sveglio. Laverò impronte corporali di una vita che lascia sempre un alone grigio su panni stesi al sole sogni intimi inesigibili tracce esistenziali polluzioni notturne senza vergogna.
Cade la neve fuori. Bianca notte senza visite.
Porterò negli occhi il segno delle mie imprese e lacrime affogate dentro. Sposerò un’alba sarò sveglio, ma vorrei morire anche stasera se sapessi che non è servito a niente.
La morte apparente ha rapito ogni presenza. Una zanzara appiattita sulla parete rappresa sul mio sangue è l’unico ricordo delle battaglie estive. Consapevolezza scomoda. L’impronta delle ali sul fiore vermiglio è nitida! Fuori il gelo spacca il cielo come una sassata. Il sonno non sempre è garanzia di sopravvivenza.
GIULIANO BRANDOLI Ha dedicato questi versi a due piccoli animali che hanno fatto compagnia per molti anni ai loro amici umani: Maggie, una cagnetta bianca di amici scomparsa da qualche mese, e Giuditta una gatta persiana che ha vissuto per 20 anni con la sua famiglia.
Maggie mi fa le feste
Strana gatta…
Coda dritta, orecchie tese, mi ha visto. “Ciao bella” e già galoppa.
Va bene, non ti tocco, non ti tocco! Strana gatta!
Tre bau di saluto e le zampe scalano i jeans. Si contorce, si piega, mugola, assapora una carezza non ancora avuta. Scodinzola, ansima, si gira, finchè la mano non l’arruffa.
Calda sul mio fianco, il muso sulla gamba, mi abbracci con la soffice zampa e con morbide unghie decise.
Allora lecca le dita, le prende in bocca e ringhia, per gioco. Con la lingua penzoloni panciallaria si fa scrollare. Stroppolo perditempo! E vorrebbe ricominciare. Me ne vado. Mi segue per un po’, e ancora con tre bau mi saluta.
Va bene, non mi muovo, non mi muovo! Posso almeno guardare? Non so dire quanto sei dolce strana gatta scontrosa! Mi sbaglio, o dalle sottili schegge luce smeraldo stai dicendo che mi ami? Posso, ora, una carezza?
PAOLO PIETROBON Paolo Pietrobon nasce a Mirano nel 1945. Nel corso della sua vita ha intrecciato la sua attività di docente con l’impegno politico, sociale ed amministrativo. Da una decina d’anni canta ed opera nella “Associazione Coro Marmolada” di Venezia di cui è Vicepresidente. Ha scritto due libri: “La casa dei nonni” e “Lotteria Popolare, S.Polo 414, Rialto, Do passi zo dal ponte” e poi racconti, alcuni saggi, e la raccolta “Mi guardo dentro, mi guardo intorno” di cui fa parte la poesia che Paolo ha proposto. Cercherò di te Cercherò di te piccolo cerbiatto ove brune abetaie e mughi contorti premono radici d’azzurro, lembi di neve tersi e tenaci germogli di roccia, o nella savana di branchi ombrosa leoni erranti e tigri di soffice peluche, perché tu, ancora fermi nei miei i tuoi occhi come spalancati quando su aride ghiaie arrossa il sole che muore. Porti con te sapore d’eterno velluti negli occhi di bimba e damaschi d’abissi marini e intatte porpore di magmi, sanguigne, ancestrali, e nitori di ghiacci indenni: ti mostri, per gioco e cauta il braccio trattieni quasi cervo eccitato fisso il visino a cogliere presagi nel vento, e scienza, o mi chiami al volo su forre e balze che incidi nell’aria con fare misterioso;
ed io, nel sogno con te divido riposti giacigli e tutta, intorno, la radura alitante vapori e il monte scabro. Ed ecco, prezioso cucciolo il tuo sorriso ritrovo le movenze impreviste il sapore raro della vita, che pure fugge dalle mani se ombra improvvisa dal cielo se fremito opaco dal piano sospinga oltre il cespuglio amico oltre le voci rapite e i silenzi ed esploda fuoco irriverente malvagio, sui figli della terra.
ANTONIA POZZI Matteo Barbieri ha proposto questi versi in onore della poetessa Antonia Pozzi vissuta all’ inizio del ‘900. Morta di poesia e in seguito ammazzata per disonore: ecco una delle sue più belle poesie. Confidare Ho tanta fede in te. Mi sembra che saprei aspettare la tua voce in silenzio, per secoli di oscurità. Tu sai tutti i segreti, come il sole: potresti far fiorire i gerani e la zàgara selvaggia sul tondo delle cave di pietra, delle prigioni leggendarie. Ho tanta fede in te. Son quieta come l’arabo avvolto nel barracano bianco, che ascolta Dio maturargli l’orzo intorno alla casa.
Intermezzo musicale Impressions (Mark Houghton) Michael Fiorin & Alessandro Balsimini duo di chitarre
Pietro Silvestri Ho quindici anni, vivo a Venezia. Ho cominciato a scrivere per puro caso dopo la morte di mio nonno, e non sono piú riuscito a smettere. Scrivo solo sul telefono: le idee più belle nascono sempre per strada. I POETI SONO VORACI
LE NUVOLE STANNO STESE
I poeti sono voraci hanno sempre bisogno di cibo e il loro preferito sono gli umani sono morbidi, sono stupidi.
Le nuvole stanno stese Come schiuma in un mare sporco Come cadaveri galleggianti, a pancia in giú Loro osservano Ed io da sopra non le biasimo Siamo noi i pesci
I poeti non fanno distinzioni sbranano quello che trovano donne, bambini, vecchi alcuni di loro preferiscono gli animali ma i poeti sono onnivori mangiano alberi interi. Ingoiano sassi. Sono bestie senza occhi è sempre meglio essergli distanti quando hanno intenzione di scrivere.
Giancarlo Bergamasco Dopo la partecipazione all’iniziativa dello scorso anno “Le poesie nascono al sole”, presenta quest’anno due sue poesie. Non si ritiene un poeta: cerca solo di alternare, nella sua passione dello scrivere in prosa, alcuni momenti di riflessione in versi. Nato a Venezia nel 1936 ha pubblicato “Via Bagaron”, “Viaggio a premio”, “Burgher il figlio del lupo”; e recentemente “Ombre fra le langhe” e “Ogni sentimento umano”. NATALE 2015
I PENSIERI
L’evento si annuncia sempre in sordina. Un nastro dorato, una luce in vetrina un abete infioccato, un portone impalmato. Poi nonostante il freddo pungente qualcosa si muove, si muove la gente.
I pensieri vagano per la mente e, con essi, affiorano immagini ora fosche e lontane, ora terse e presenti. Pennellate a volte sbiadite ed incerte seguite da tocchi precisi dai colori forti e decisi, Momenti di un unico quadro intaccati dal tempo che somma, passando, immagini nuove e reltà più recenti.
Si affollano le piazze, si adornano le vie con luci sfarzose e stelle lucenti. Si fanno gli auguri agli amici, si invitan i parenti. Si adornano i pacchi con piccole rose e vischio dorato, si avvicina il gran giorno: nasce il re del creato! Mille canti nell’aria, mille suoni beati, tanti bimbi incantati. Ovunque si porgono mani ossequiose e bene auguranti, si amplia il frastuono in mezzo a quei canti. Un turbine enorme, una gran confusione; c’è chi guarda il cappone, chi compre il tacchino, non si pensa a una cosa: non si pensa al Bambino. Al bimbo che nasce ignudo e piangente tra tante tragedie proprio là, nell’oriente. Un pianto compunto che sembra annunciare ciò che i festanti non voglion vedere. Per fare una festa non servono doni, non basta mangiare! Servon cose più semplici, che arrivino al cuore. Porgete le mani alla povera gente, ce n’è molta vicino che vien dall’oriente. Guardatevi dentro, guardiamoci attorno non costa un gran che; e vedremo il Nascente per quello che è!
Un sol spettatore, un solo acquirente per tante figure danzanti nel nulla. Talvolta qualcuna di queste su un lembo di tela, consunto, sbiadisce. Ma la fantasia ridipinge quello scorcio più vivo di prima, così che il ritratto diventa leggenda. Peccato far tutto assopire senza che altri li possan vedere; perché sono pezzi di storia, di vita vissuta; son parti celate dentro di noi. Basta fermarsi un istante, sfogliare a ritroso un calendario ingiallito, ed ecco fatto! Fa bene ricordare i pensieri, fermarne alcuni con un po’ di modestia e tanta passione, sarebbe un’idea, e una grande occasione. Ma questo non si può fare! E poi, chi li potrebbe apprezzare? Qualcuno, forse, si potrebbe pure annoiare!
TERESA “ RESI” RIGHETTO Anche quest’anno la signora Paola ci ha affidato dei versi scritti dalla madre “Resi” molti anni fa. Cresciuta in una famiglia con altri 11 fratelli Teresa, ancora una volta, ci comunica la sua serenità, la sua ironia e la sua fede. RINGRAZIANDO SEMPRE DIO (sperando di arrivare agli ottant’anni) Ringraziando sempre Dio, spero di arrivarci anch’io, anca se i me ciama Gegia penso de esser ancora svegia
Ma mi fin da la partenza cerco de organizarme e co tanta fantasia ciapo tuto in allegria.
Me sento ancora sufficiente dai altri no me aspetto proprio gnente, né aiuti né piaseri, e tanto meno dispiaseri.
Alla fine del viaggio i dise che se pol volare a co’ sto mezo de fortuna fasso un balzo su la luna.
Mi co’ tanta fantasia go sempre ciapà ea vita mia e adesso, sempre adagio, me preparo a un lungo viaggio.
Dopo miro anca su Martedì ma se questo no xe ospitale, giro al largo e tiro drito e vado verso l’infinito.
Ma scrutando sempre il cielo qua mi sola me orizonto m’incammino lentamente nel viale del tramonto.
Se da là siamo partiti forse là ritorneremo e co’ tutti i nostri cari cò xe ora se trovemo.
Ma, nel viale del tramonto, l’ho saputo l’altro giorno, c’è l’andata e non il ritorno.
No pensemo a mari e monti stemo in bona compagnia. E Così Sia!
Sempre tanto lentamente perché come prevedevo el xe un viaggio solitario me procuro un bel rosario.
GIORGIA POLLASTRI Giorgia Pollastri nata a Formignana, in provincia di Ferrara; risiede a Mestre da anni. E’ presidente del Gruppo Poesia Comunità di Mestre. Da anni lavora per diffondere l’amore per la poesia. Ha pubblicato libri di poesia tradotti in greco, russo, spagnolo, rumeno, ucraino. Ha pubblicato inoltre libri sulla storia di Formignana, suo paese natale. E SE… E se il sole bacerà le tue mani di cera, tutte le lacrime dei tuoi occhi diventeranno stelle e mi guideranno nella notte sino a te.
Intermezzo musicale Romance pour deux guitares/Méditation (David Gaudreau/Erik Marchelie) Michael Fiorin e Alessandro Balsimini duo di chitarre
MATTEO BARBIERI Sono nato nel millenovecentottantacinque da madre romagnola e padre idraulico. Sono ateo, umanista, fobico e anti istituzionale. La poesia mi ha reso pazzo. ECOMOSTRO
Il lamento dell’insonne
Spesso diamo per scontate cose che in realtà non lo sono. Come il fatto di stare simpatici a tutti, per dire. Poi basta alzarsi col piede sbagliato ed ecco che ti ritrovi a pensare che a te stesso non passeresti nemmeno il sale a tavola.
La notte per l’insonne è come un guanto. Avvolge e protegge, ma rischia pure di costringere. Non c’è occasione migliore per provare un po’ d’amor proprio o per mantenere la calma.
Grida vendetta ogni pignola fibra di questa mia beffarda tensione ed io, che ho tradito la mia specie cerco nuova forma, prego a volte senza credibili ragioni, senza fertili legami d’ingegno, pregherei volentieri le amicizie care, gli scotti pasti di memoria io, che ho pensato alla mia specie come ad un rifugio inespugnabile, ed era pigrizia costosa, primo tra i pigri ed ora lieto nel mio karma d’ecomostro non riesco a definire questa carne se non ubriaca di pece, tenebra.
Certe volte io sono un cavo d’acciaio teso tra le pareti del soggiorno vibrante impercettibile di conforto ai cambi di scena della televisione muta mi ubriaco d’artificiosa luminosità nella sobria tenebra. Io sono un ragno pigro e folle affamato di timide allerte e temo queste per ciò che recano e amo la loro infondatezza e il mio tenero ruolo di guardiano nella sobria tenebra. Io sono l’ombra aggraziata d’una scalcinata esistenza sono il poco che conosco dell’impalpabile notte: tutto il resto, mi domina.
ANONIMO Versi scovati per caso in riva al mare di Santa Maria di Leuca; scritti da chissà chi e chissà quando in dialetto pugliese e tradotti alla buona. Grazie ad Anita Menegozzo per averceli donati! BLU Blu che non si può dire Senza cielo Blu. Da rabbrividire Blu come solo nuvole san dire Blu che si può volare Blu senza mai finire Blu come quando forse sei felice Però non lo sai dire.
MARIA TERESA MORINI Maria Teresa Morini nasce al Lido di Venezia nel 1954. Trascorre l’infanzia a Venezia in un ambiente famigliare molto legato alla città, da questo le deriverà un vissuto tradizionale sia con Venezia stessa che con il suo dialetto. Dopo gli studi classici ,si laurea a Padova in Giurisprudenza. Ha iniziato a scrivere per diletto sin da ragazza, e nel 1982 ha pubblicato in proprio una piccola raccolta di poesie intitolata “ Rosso Cacao Olandese”. Orientata verso lo scrivere in versi , Maria Teresa ha pubblicato in alcune riviste on line, come “ Rosso Venexiano”..Maria Teresa non si avvale della poesia come mero mezzo descrittivo di sentimenti,ma come forma di indagine circa la concezione esistenziale di se stessa rispetto al mondo e alla esperienza del vivere. NON CI VENIRE AL FIUME
ACERO ROSSO
Se non vuoi venire, non ci venire al fiume là dove presso l'argine noi passeggiavamo.
Sono foglie di acero rosso conosco il succo del muschio strappato al cuore del bosco. Sono foglie di acero rosso e brucerò malgrado gli anni del tronco. Sarai la mia fiamma nascosta quando risalirò al passo dei monti con le mani strette di lampi, e scenderò in volute di scaglie e di croste. Così si saprà che l’acero rosso muore.
Mi raccontavi con una spiga in bocca i giochi, le speranze e le bugie. Poi ti fermavi e con gran forza un sasso nei ciuffi del canneto ributtavi. Camminavamo e si faceva sera L'umido saliva su dai sassi, pesci saettavano nell'ombra e lembi d'onda colpivano la riva, Non ci venire no ora che sei lontano per salire quassù dove io mi trovo a gettar sassi piatti contro il gorgo cieco.
LUCIA SENO Lucia Seno è nata nell'isola dei merletti, a Burano, ed è cresciuta nell'isola di Ortigia in provincia di Siracusa: “due bellissime isole, che io amo a dismisura, mi hanno indotto a scrivere dei miei ricordi di bambina in versi in dialetto veneto e siciliano”. ‘Na gondoea in pension
SISCILIA TERRA AMURUSA
Tacada su ‘na bricoea a Venessia ghe xe ‘na gondoea in pension: ea xe tuta bea preparada co i so bei remi tuti colorai, do forcoe che par fate de oro, i cusini ricamai a man, e tuto torno el merleto de Buran.
Siscilia, Siscilia bedda i china ri suli ti pighiassi tuttu i mia ti pighiassi l’anima e mente ie tutti li sentimenti ma chiddu cai è peggiu ti pighiasti puri u cori, stu cori ca rintra stu pettu batti aleggiu aleggiu, iautri voti tantu fotte ccà pari ncavaddu nscinnuta. Siscilia terra arusci mi rasti amuri ma iù ncangiu ti lassai u cori!
Però ea xe triste parchè co tuti sti motoscafi, batei, barche a motor poareta, na ghe ne pol proprio più. In tanti i colombi ghe se pusa sora par che ea vogia consoear. Passa una coppia de sposi stanchi de caminar e sora sta gondoea i se senta par farse ninoear. Se ti ea vedessi desso sta contenta che contenta che ea xe Parchè, dopo tuto, queo gera el so mestier!
Intermezzo musicale I due fiumi - (Ludovico Einaudi) Michael Fiorin piano solista
ANITA MENEGOZZO Qui sotto corteccia mi scorrono rivoli dolci di linfa E non cicatrice che impressa non resta Conservo nei cerchi ogni traccia che valse una vita Tuffata nel cielo con tutte le mani e le braccia radici un po’ dentro un po’ fuori dall’ erba. Ma più viene avanti l ‘autunno più sento il domani che spinge ogni gemma L’ altezza non conta Sfarfalla con l’ultima foglia la poca distanza tra il sole e la terra. Tempo
La fionda
c’è stato un lungo tempo in cui ogni cielo aveva sopra un cielo e un altro e un altro ancora sopra quello un cielo così alto e così largo che a respirarlo non ci stava in petto se non qualche momento ma trattenendo il fiato o stretto tra le pagine di un libro come si fa di un verso o un fiore secco Effetto dell’eccesso dell’azzurro da far vibrar le stelle anche di giorno e crepitar le foglie rami al vento Un tempo cuor contento anche di niente assiso su di un masso come un trono accarezzato ai fianchi del tocco della rapida corrente un tempo quasi eterno un tempo lo confesso ancora dentro fino alle male brume del mio inverno
Nell’attimo dal quale venni al mondo negli anni del mistero e del respiro nei giorni di guerriero solo al buio vivevo il mito inquieto di un Davide bambino e del suo sasso in volo Un tempo in cui anche un albero da solo fogliava quanto un bosco e un unico macigno pesava un mondo intero Io camminavo lieve sul sentiero e un qualche sogno mi ruggiva accanto e in caso di un ostacolo improvviso si rannicchiava al balzo Onnipotente osavo non morivo per vivere bastavo a me da solo Ma quando il cielo mi si fece corto aprii da un braccio all’altro questo petto da allora vivo in tutto ciò che sfioro Inseguo qualche sguardo m’incuriosisco a caso m’innamoro come un antico gioco o un canto nuovo Ma solo se mi specchio nel mio lago io trovo un senso al cielo e soffio tutto il fiato su quel sasso da quell’antica fionda ancora in volo perché giunga anche un nulla più lontano
GINO ZANELLA Nasce nel 1910 a Trevigano, allora un insieme di borghi disseminati nella campagna, poco distanti da Montebelluna. Ed è proprio la “sua” gente di campagna, con la sua serenità, ma anche con le miserie e le povertà, che ha ispirato, unite a una profonda fede cristiana, gran parte delle sue numerose opere. Poesie, racconti, trame teatrali che non ha mai voluto pubblicare ma che sono raccolte in preziosi volumi. Ci ha lasciati nel 1995. Il figlio e la madre
Giardini veneziani
Io sono la vita tua vita, nel tempo presente e venturo, come il frutto al fiore legato per sempre al tuo stesso destino. Io sono la fiaccola viva d’amore che accese il tuo cuore già prima ch’io fossi fin quando tu sia. Io son come un sogno che dura: il pargolo nato e non nato che palpita vivo in fondo al tuo cuore, unito per sempre con te seppur lontano e oblioso di te. Io son la vita che sgorga da fonti profonde come la polla che vivida affiora da arcana ferita nel cuor della terra. Io sono la vita che ognora si effonde nel dono perenne di sé, il figlio e la madre confusi. Io son con te.
Giardini silenziosi dall’aiuole sfiorite come vetuste trine consunte dall’età, dove il passato dorme un sonno di splendori e l’eco della vita passa senz’orme come labil piede d’ombre vaganti. Il tempo è fermo. Sulle vostre soglie come sul limitare d’obliati cimiteri che, immemori del mondo, dormono assorti sonni d’eternità. Tornan le primavere sopra le altane in fiore, ma i dolci appuntamenti d’un lontano aprile, i baci ed i sospiri, le cortesie e gli amori d’inobliati giorni non ritornan più. Uno stormir di foglie, presaghe dell’autunno geme alle vostre soglie, dove la ninfa mutila e i satiri deformi mescolano il pianto loro al pianto della fonte. Dal rio che fiotta sulle vostre rive, vestite di gramaglie, giunge sommesso il ruscellar dell’acque sulle liquide scie di barche erranti. Giungono bagliori di soli evanescenti dentro l’acque smosse, ma voi dormite giardini sonnolenti solo desiosi della vostra pace.
Chiara Foffano Sono Chiara, ho 33 anni e ho Campalto nel cuore. Scrivo per diletto e per sfogo. Tutto quello che non mi sta dentro lo voglio fermare nella carta (o nelle note) quando non sfugge altrove. Le mie poesie non sono in rima, sono pensieri di tutti e per tutti... in metrica di pancia! L’autunno vola
Felicità è per te
L’autunno è un sorriso tra capelli nel vento, vento nuovo. E’ un maglioncino a maniche lunghe che tiri fino alle dita. E’ un collo da scoprire, annusare e baciare, come fosse il solo posto da chiamare casa. E’ un intreccio di mani a passeggio, è una borsa di carta al ritorno dalla spesa, è un tappeto davanti al camino dove ritrovarsi; per fare l’amore. L’autunno sa del dopobarba del mio papà. Ha la stessa pelle tesa appena rasata, carica dell’estate e dei melograni maturi pronti a scoppiare rossi. L’autunno non ha paura di cadere né di bruciarsi. Ritorna a terra dopo ogni volo. Non pensa all’inevitabile caduta, ma al viaggio, cullato dalle novità che porta, dalla corrente che lo attraversa, da una nuova destinazione. L’autunno non ha paura di cadere, vola. L’autunno vola.
Questa è la Felicità. Arriva incolore, da lontano, ma ti fa brillare di qualcosa che non sapevi di avere, la Passione. Soffia in viso come il vento di marzo spostandoti i capelli; ed il grigio che avevi nello sguardo abituato alle cose di sempre. Questa è la Felicità. È il tuo turno, anche se per un giorno soltanto, anche se virtuale. Ti spoglia del tuo cappotto di pregiudizi e te lo posa su un divano, che è lì per te. Perché ti possa fermare e te la possa godere. È il tuo momento ed è lì per te. È solo per Te.
Intermezzo musicale Time after time - (Cyndi Lauper) Michael Fiorin, Francesca Rismondo e Chiara Foffano chitarra, violoncello e voce solista
Trilussa Carlo Alberto Sallustri, anagrammato in “Trilussa”, con un linguaggio arguto, appena increspato dal dialetto borghese, ha commentato circa cinquant’anni di cronaca romana e italiana, dall’età giolittiana agli anni del fascismo e a quelli del dopoguerra. La corruzione dei politici, il fanatismo dei gerarchi, gli intrallazzi dei potenti sono alcuni dei suoi bersagli preferiti. Ma la satira politica e sociale non è l’unico motivo ispiratore della poesia trilussiana: requenti sono i momenti di crepuscolare malinconia, la riflessione sconsolata, qua e là corretta dai guizzi dell’ironia, sugli amori che appassiscono, sulla solitudine che rende amara e vuota la vecchiaia. Di seguito, come saluto e per non dimenticare quanto siano inutili le guerre, proponiamo un suo componimento. LA NINNA NANNA DE LA GUERRA (1914) Ninna nanna, nanna ninna, er pupetto vò la zinna: dormi, dormi, cocco bello, sennò chiamo Farfarello Farfarello e Gujermone che se mette a pecorone, Gujermone e Ceccopeppe che se regge co le zeppe, co le zeppe d'un impero mezzo giallo e mezzo nero. Ninna nanna, pija sonno ché se dormi nun vedrai tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno fra le spade e li fucili de li popoli civili Ninna nanna, tu nun senti li sospiri e li lamenti de la gente che se scanna per un matto che commanna; che se scanna e che s'ammazza a vantaggio de la razza o a vantaggio d'una fede per un Dio che nun se vede, ma che serve da riparo ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d'assassini che c'insanguina la terra sa benone che la guerra è un gran giro de quatrini che prepara le risorse pe li ladri de le Borse. Fa la ninna, cocco bello, finchè dura sto macello: fa la ninna, chè domani rivedremo li sovrani che se scambieno la stima boni amichi come prima. So cuggini e fra parenti nun se fanno comprimenti: torneranno più cordiali li rapporti personali. E riuniti fra de loro senza l'ombra d'un rimorso, ce faranno un ber discorso su la Pace e sul Lavoro pe quer popolo cojone risparmiato dar cannone!
BLOG TERRITORI E PARADOSSI Nata ufficialmente nel 2006 grazie ad un gruppo di giovani donne e amanti della cultura, anche dopo la sua costituzione ufficiale l’associazione ha mantenuto l'impostazione e il principio che ne aveva incoraggiato la nascita: condividere il proprio amore per la cultura e l'arte. Agendo sempre in regime di vero volontariato e adattandosi con tenacia anche agli oramai pressoché inesistenti fondi pubblici per la cultura, organizza eventi e propone attività e iniziative nel territorio. Organizza corsi di computer e di fotografia; gestisce il centro internet P3@ di Campalto per conto della Municipalità di Favaro; si fa promotrice di mostre ed eventi legati soprattutto alla fotografia e all'arte nelle sue varie espressioni; informa i cittadini tramite la pubblicazione del mensile La Pagina di Campalto.
PROGETTO CAMPARTE Nasce con l'intento di proporre occasioni artistiche e culturali durante tutto l'anno nel territorio della Municipalità di Favaro. Vuole essere propulsore di iniziative e di manifestazioni legate all'arte in tutte le sue declinazioni e alla cultura nel senso più ampio del termine. Debutta nell’autunno del 2013 ospitando la poetessa Beatrice Niccolai e successivamente i “Venice Cello Ensemble” e i “Vocal Skyline” che si esibiscono in applauditisimi concerti. Seguiranno altri eventi artistici di vario genere. Il legame con il territorio è forte e l'iniziativa ha, tra i suoi obiettivi, quello di creare un dialogo tra la manifestazione e la sua localizzazione affinché si valorizzino reciprocamente.