Over 40 - Storia di persone, imprese e associazione

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a cura di Luigi Giuliani

OVER 40 Storia di persone imprese e associazione

Luigi Giuliani, nato a Fiorano Modenese il 15/08/1946, risiede in via Statale, 36. Sposato, due figlie e due nipotini. Ha svolto il servizio militare volontario nei paracadutisti. Segretario Lapam-Licom dal 1968 al 1990; capo ufficio stampa della stessa organizzazione fino al 2004. Consigliere comunale di Fiorano nel 1970-1975-1980. Fra i fondatori, nel 1969, della Società Sportiva Spezzano. Dal 1977 al 1982 conduttore di trasmissioni e notiziari televisivi; fra i fondatori e direttore della emittente radiofonica “Antenna Uno”. Dal 1979 al 1983 direttore sportivo della “Edilcuoghi Pallavolo” nel campionato Italiano di seria A1 vincitrice della Coppa Italia (1981). Responsabile pagina di Sassuolo de “Il Resto del Carlino” dal 1981 al 2010, quotidiano col quale ha collaborato fino alle fine del 2013. Nominato Commendatore della Repubblica Italiana. Promotore degli Incontri con l’autore, autore dalla collana “Mi ritorna in mente”, regista e presentatore dello spettacolo teatrale “Andam a Vegg”.

Storia di persone imprese e associazione a cura di Luigi Giuliani


Indice Saluto Francesco Tosi

4

F.lli Mesini

74

Saluti Carlo Alberto Rossi e Gilberto Luppi

5

Ferramenta Pellati Ezio

76

Saluto Ercole Leonardi

6

Lady

80

Lapam Confartigianato Imprese Fiorano

8

Leonardi Ercole

84

Carpenterie Metalliche Poggioli

22

Manfredini Ennio

88

Officina Meccanica F.lli Vandelli

28

Max Frutta di Natalizio Massimo

92

Officine Metalgiotto

34

Nuova Fotografia di Pini Paride

96

Autoriparazioni F.lli Andreotti

40

Nuova Leonardi

100

Bordini Marco

44

Officina Soli e Plessi

102

Cuoghi Due

48

Orsi Giancarlo

106

D2 - F.lli Di Giorno

52

Orsi Roberto

110

Di Nota Anna

56

Sam di Bordini Fiorenzo, Sergio e C.

114

Doretto Massimo

60

Ser-Al

118

E.a. Edilizia Artigianale

64

Sicel

122

Elettrobase - Elettrobase VSA

68

Trattoria da Guido

124

Elettronica Leonardi

70

Venturelli Sergio e C.

128


Over 40

Storia di persone imprese e associazione Coordinamento editoriale: Luigi Giuliani Fotografie: Luigi Giuliani, Sergio Romagnoli, Kevin Lupo, Corrado Corradi, Paride Pini, privati e archivio fotografico comune Fiorano Grafica e impaginazione: Silvia Pini - Fattore P Stampa: Artestampa Fioranese Fiorano Modenese, Giugno 2019

In collaborazione con:


Promotori


4

Questo non è un libro celebrativo. Questo è un libro che racconta la realtà e che aiuta ad evitare che essa si dilegui nel vuoto della memoria. È un aiuto a far conoscere coloro che in qualche modo hanno contribuito alla sviluppo e alla trasformazione del nostro territorio, hanno concepito il lavoro come dovere e impegno non solo per se stessi ma per l’intera comunità. Il nostro è oggi un distretto di rilevanza internazionale e non solo per la presenza di medie industrie, ma per un pullulare di piccole imprese, anche artigianali, essenziali al tessuto economico e produttivo del paese. Alcune delle imprese nate nel tempo hanno saputo resistere e superare le periodiche crisi, ricevendo anzi nuovo impulso e immaginando nuove strade con inventiva e intelligenza. Ricordare la storia di imprese che hanno raggiunto e superato i quarant’anni di età (e il tutto raccontato con la maestria di Luigi Giuliani, capace di calarsi

nella realtà del passato) significa fornire alla nostra comunità un documento storico relativo ad una realtà economico-produttiva che va studiata e che dovrebbe interessare molto ai giovani. Per questo rivolgo un ringraziamento alla Lapam e all’autore Giuliani, sempre interessato alla storia del recente passato e pronto a farla emergere e a trasmetterla nel tempo. Quanto poi al compleanno di Lapam Confartigianato Imprese, parliamo di una realtà di servizio e rappresentanza che ha svolto e continua a svolgere una funzione insostituibile; una realtà che rappresenta per l’Amministrazione comunale un interlocutore necessario, col quale porsi in rapporto dialettico e collaborativo. Per quanto mi riguarda, assicuro tutto l’impegno per rendere questo rapporto sempre più fruttuoso.

Il Sindaco Francesco Tosi


5 Eccoci giunti a questo importante appuntamento per la nostra Associazione e per Fiorano. Quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario di Lapam, la nostra associazione, nata nel 1959 dall’esigenza di avere una rappresentanza sindacale forte e ben organizzata dei piccoli imprenditori e artigiani modenesi. Se infatti già da diversi decenni esistevano sia i sindacati dei lavoratori, sia organi a tutela delle aziende più grandi, soprattutto nelle grandi città, mancava un ente che raggruppasse tutti quei piccoli e medi imprenditori che, di fatto, hanno permesso e intessuto lo sviluppo economico del nostro territorio. Oggi, nell’era digitale in cui tutto corre veloce, tutto è proiettato verso il futuro, è importante conservare e mantenere viva la storia e la memoria di tutto ciò che ci ha portato a quello che siamo oggi e che permette di costruire e di progettare il futuro nostro e delle nostre imprese, in un’ottica di continua evoluzione e innovazione. Proprio per questo ci troviamo a introdurre questo libro che comprende 40 anni di storia dell’imprenditoria fioranese. Questa raccolta infatti non racconta solo di imprese, di aziende e dei loro avvicendamenti, parla di persone, di idee e di un saper fare che viene tramandato e che si conserva da decenni. Questo modo di fare impresa infatti non è circoscritto al mero lavoro ma è qualcosa che ci caratterizza profondamente sotto il profilo umano e culturale e che porta a una continua

innovazione e arricchimento del contesto in cui si opera. La rete di piccoli e medi imprenditori accomunata da questo know how, grazie al collante del sistema associativo, non solo costituisce un’eccellenza ma conferisce al territorio valore dal punto di vista sociale ed economico. Alla base di tutte queste storie però c’è senza dubbio la passione, ingrediente e motore fondamentale di qualsiasi progetto umano. Lapam lavora in stretta sinergia con gli imprenditori per supportare la gestione quotidiana delle loro attività ma è solo la passione che permette di andare avanti e di superare con tenacia i momenti difficili e gli ostacoli inevitabili in un percorso così esteso. Il nostro augurio è che queste aziende e questi imprenditori riescano a tenere sempre viva la passione che li ha portati fino a qui e che riescano a trasmetterla alle generazioni future per continuare ad arricchire e alimentare la diversità e la vivacità, punto di forza dell’economia del territorio. Carlo Alberto Rossi Segretario Generale Lapam Confartigianato Imprese Modena Reggio Emilia Gilberto Luppi Presidente Generale Lapam Confartigianato Imprese Modena Reggio Emilia


6 Scrivo volentieri alcune righe anche se questo privilegio spetterebbe a coloro che mi hanno preceduto, ai quali va tutta la mia riconoscenza, ed in particolare all’amico Luigi Giuliani. Questo libro non vuole essere un ”amarcord” ma un doveroso omaggio agli imprenditori che hanno scelto di condividere con la nostra Associazione un percorso di fiducia in questi sei decenni. Come Lapam Fiorano intendiamo dare risalto a questa ricorrenza anche per evidenziare il ruolo passato e futuro della Associazione quale punto di riferimento fra le istituzioni e gli imprenditori, che vogliono vedere crescere le proprie aziende. Riteniamo che l’artigianato e la piccola Impresa abbiano un futuro. La concretezza e la cultura del lavoro, fa si che l’artigiano sia in grado di sapere fare, e fa… accettando le sfide della tecnologia come strumento di lavoro. Ricordo volentieri questi imprenditori che ben conosco. La loro vita è stata contraddistinta non solo dalla capacità di fare impresa, con ricaduta positiva sul territorio, ma anche da grande spirito di sacrificio. Hanno superato tante difficoltà, hanno avuto la capacità di costruire qualcosa per sé ma anche per gli altri con l’avviamento al lavoro di tanti giovani. Grazie alle loro storie possiamo capire che non siamo i primi a vivere momenti difficili di trasformazione economica e sociale, ma se ce l’hanno fatta loro, possiamo e dobbiamo farcela anche noi. Mi è rimasta impressa l’omelia di Mons. Erio Castellucci a Nonantola in

occasione della festa di San Giuseppe patrono degli artigiani. “San Giuseppe era un povero falegname, uomo pratico che ha seguito un sogno, quello di proteggere Gesù e Maria. In fondo tutti gli artigiani hanno un sogno che portano avanti con il loro lavoro”. L’altro giorno ero in campagna e mentre tagliavo l’erba ho notato l’operosità di alcuni calabroni e pensando a cosa scrivere ho fatto alcuni paragoni tra loro e il mondo dell’artigianato. Se facciamo dei calcoli scientifici delle proporzioni fra il corpo e le ali, l’insetto non potrebbe volare. Per fortuna il calabrone non conosce la scienza e allora prova a volare e vola. Sessant’anni fa gli economisti insegnavano all’università che per la piccola impresa non c’era futuro in quanto avrebbe prevalso la grande impresa, invece sono nati i villaggi artigiani ed i distretti e gli economisti hanno cominciato a studiare questo nuovo fenomeno. Oggi le cose sono nuovamente cambiate, ci siamo globalizzati. Sei qui, ma puoi parlare o interagire con persone o macchine che si trovano a diecimila km di distanza. Quando produci una idea lo fai con il corpo e con la mente, mentre le macchine non producono idee, le replicano e basta. Queste sfide non ci fanno paura, gli artigiani sono pronti ed hanno le spalle larghe, perché il Made in Italy si basa da sempre sulla imprenditorialità personale. Dedichiamo questo sessantesimo anche ai giovani. Ad essi va dedicato il massimo sforzo per trasmettere quei valori di vita che possano trattenerli in Italia, senza la lusinga di un lavoro all’estero, perché questa è la vera emigrazione che ci fa impoverire. Il Presidente Lapam Confartigianato Imprese Fiorano Ercole Geom.Leonardi


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1974-75: Realizzazione villaggio artigiano di Spezzano


LAPAM CONFARTIGIANATO IMPRESE FIORANO I cambiamenti che hanno investito il territorio comunale di zione di 1.500 dipendenti, negli anni Fiorano, in quest’arco di circa sessant’anni, sono stati scon‘60 si pasvolgenti e molto profondi. sava già a 55 Inizialmente, si trattava di una zona rurale, non urbanizzata; aziende produttrici in 130 una popolazione che derivava il suo sostentamento dall’astabilimenti, gricoltura, largamente sottoccupata, che non riusciva ad con un’occuimpiegare la propria capacità lavorativa se non nei campi agricoli. pazione vicina All’inizio degli anni ’60, le ruspe cominciavano ad enalle 20.000 unitrare in azione, cancellando le prime cascine e le struttà e, alla fine del ture di supporto alle attività sui campi. decennio una proFurono costruite le prima aziende ceramiche, ed iniduzione vicina ai 150mila mq. ziò il processo di industrializzazione di tutta l’area La popolazione nel pedemontana. Le case dei contadini, i piccoli borghi abitati da una comunità di poche decine di persone unite da una storia lunga centinaia di anni, lasciarono il posto a scheletri di acciaio, cemento e amianto dove, al loro interno, si fabbricavano piastrelle in ceramica. Cambiò l’intero tessuto economico: assieme alla grande industria, infatti, nascevano tantissime piccole e medie imprese, al prevalente servizio dell’industria dominante nel territorio. Se negli anni ‘50 operavano, solo nel distretto, 10 aziende ceramiche, con una produzione di 22mila mq. e un’occupaGiovanni Biagini, primo presidente Lapam Fiorano


9 UFFICIO

ANNO

INDIRIZZO

Apertura sede Fiorano

1962

Via Vittorio Veneto, n.74

Trasferimento sede Fiorano

1976

Via Vittorio Veneto, n.50

Apertura sede Spezzano

1980

Via Statale, n.36

Trasferimento sede Spezzano

1985

Via Pio Donati, n.26

Apertura ufficio unico Fiorano e Spezzano

1991

Via Vittorio Veneto,n.70

Trasferimento sede Fiorano

1996

Piazza V.Bachelet, n.6

Trasferimento sede Fiorano

2010

Via Cappucchiera, n.7

PRESIDENTI

ANNO

ATTIVITA’

Biagini Giovanni

1962/1964

Sarto

Zilibotti Domenico

1964/1971

Lavorazione carni

Ferrari Alfonso

1971/1986

Edilizia

Campioni Armandino

1986/2001

Elettronica

Pini Paride

2001/2009

Grafica

Genedani Amedeo

2009/2017

Autotrasporto

Leonardi Ercole (Presidente attuale)

2017

Geometra

SEGRETARI

PERIODO

Giuliani Maria Teresa

1962/1968

Giuliani Luigi

1968/1990

Dallari Giuseppe (Deceduto il 23/08/1991)

1990/1991

Randighieri Luca (soltanto 3 mesi)

1991

Corni Gianfranco

1991/1996

Tollari Giuliano

1996/2001

Romagnoli Sergio (Segretario attuale)

2001

ni dove prevalevano le case singole, mentre tutta la zona pianeggiante fu occupata da stabilimenti ceramici di rilevanti dimensioni, con scarsa attenzione al loro inserimento paesaggistico e con consistenti

Comune di Fiorano passò da 3.370 abitanti nel 1961 a 10.261 dieci anni dopo. L’enorme crescita del traffico pesante di scorrimento e di quello connesso agli spostamenti residenza-lavoro comportò il consolidarsi di una realtà urbana in cui furono sprecate aree del territorio per lottizzazio1978 Presa di posizione della Lapam di Fiorano sulla viabilità


10 problemi ambientali, di traffico e di inquinamento atmosferico. Un mutamento del territorio, della sua economia e dei rapporti fra le persone che il politologo Edmondo Berselli, descrisse così: “È semplicemente la sintesi di un clima, di un ambiente, di un’atmosfera particolare, di quegli anni Sessanta in cui bastavano pochi milioni per ‘fare un rogito’ e mettere su una società, ed era difficile tirarsi indietro se Domenico Zilibotti qualcuno vuotava il bicchierino di nocino e ti diceva: mettiamoci insieme.” Guidati dalla voglia o necessità di fare, e da quella straordinaria forza di credere al lavoro autonomo, furono in tanti che colsero l’opportunità di mettersi alla prova iniziando un’attività artigianale e commerciale

che solo il tempo e le circostanze della vita avrebbero fatta maturare e quindi emergere. La Lapam provinciale, visto il considerevole aumento di chi, nel Comune di Fiorano, si avviava al lavoro autonomo, decise di aprire una propria sede associativa: questo al fine di garantire servizi operativi indispensabili per fronteggiare le necessità di un settore in crescita. All’opera di proselitismo e di convincimento fece seguito l’esigenza sempre più avvertita da artigiani e commercianti di poter contare su un’associazione in grado di assicurare una costante e competente assistenza in tutte le innumerevoli disposizioni che li riguardavano. La sede fu aperta, nei primi anni ‘60, nella centralissima Piazza Ciro Menotti, in Via Vittorio Veneto, n.74. Due stanze in tutto in uno stabile di proprietà della famiglia Vandelli. Maria Teresa Giuliani fu la prima segretaria e Giovan-

Via Vittorio Veneto doppio senso di marcia

1987 Premio alo studio


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Alfonso Ferrari ed Armandino Campioni

Piazza Ciro Menotti con indicazioni delle prime sedi Lapam

Inauguazione sede Piazza V. Bachelet Cardinale Ersilio Tonini e Maria Marazzi


12 ni Biagini, di professione sarto, il primo presidente. Incarico che lasciò in seguito a Domenico Zilibotti, contitolare di un macello in Via Malmusi. Anni d’inizio di una forte tendenza alla concentrazione geografica della popolazione, con spopolamento dei campi, della montagna e crescita nei comuni pedemontani. Un aumento demografico dovuto soprattutto alla prima ondata d’immigrazione dal Sud d’Italia. La terziarizzazione era, allora, quel settore economico che produceva e forniva servizi e che comprendeva tutte quelle attività complementari di ausilio alle attività industriali, che vanno sotto il nome di ‘servizi alle imprese’. Nascono tante piccole imprese edili perché il territorio necessitava di abitazioni; officine meccaniche specializzate nei macchinari per l’industria ceramica; laboratori di carpenteria meccanica generica; falegnamerie, elettricisti e officine per la riparazione

delle auto. In parallelo, aumentavano il numero degli esercizi commerciali, ristoranti, negozi e anche tante banche. A settembre del 1968, e fino al 1990, assume l’incarico di segretario Luigi Giuliani. Presidente diventa Alfonso Ferrari, socio di un’impresa artigiana edile che poi lascia il posto ad Armandino Campioni, socio di un’azienda di elettronica. Dal 1971 al 1981, guardando agli andamenti economici e occupazionali, si registrarono a Fiorano questi dati: 59,1% di lavoratori maschi e 58% di donne erano occupati nell’industria; un dato che saliva al 70,4% aggiungendo gli addetti maschi all’artigianato produttivo. Anni di grandi trasformazioni. Cambia la viabilità lungo la Via Vittorio Veneto nel centro di Fiorano. Da doppio senso di marcia diventa senso unico creando non poche difficoltà a chi aveva un’attività lungo questa arteria.

1989 Riunione sindacale

1998 Inaugurazione sede Lapam Fiorano Piazza V. Bachelet


13 Viene realizzato il Villaggio Artigiano a Spezzano, dove la Lapam è sempre stata una delle parti propositive, vista la necessità di accorpare in un unico spazio tantissime attività. Occorre ricordare come la figura dell’artigiano trasmetteva, allora, tradizioni, idee, valori e tecniche professionali coniugate all’operosità con l’ingegno, la fantasia con il rigore, la tradizione con l’innovazione. La Lapam diede vita al ‘Premio allo studio’, riservato ai figli di artigiani e commercianti che operano sul territorio comunale proprio per far capire ai più giovani l’importanza del lavoro autonomo. Attraverso la Licom si aprirono servizi e assistenza anche al settore del commercio trovando un riscontro difficilmente prevedibile. La Lapam, assieme ad altre associazioni di categoria, fu promotrice della realizzazione, da parte dell’Amministrazione Comunale di Fiorano, del villaggio artigiano di Spezzano. Inaugurato ufficialmente nel 1983, su una superficie di circa 350mila metri quadrati, vi trovarono posto un centinaio di imprese per lo più artigiane. Il Comune aveva acquistato il terreno agricolo, lo aveva urbanizzato e poi venduto agli artigiani al prezzo di acquisto aumentato degli oneri di urbanizzazione. L’area era essenzialmente un luogo di lavoro seppure fosse relativamente abitata secondo il modello di casa-impresa. Un ruolo fondamentale nello sviluppo di questo villaggio artigiano fu svolto dalla piccola e media impresa, che così diede origine a particolari sistemi produttivi, che gli economisti chiamavano distretti industriali.

Sono stati vent’anni di cambiamento di mestieri, funzioni, commesse di lavoro; ma il mondo dell’artigianato e del commercio fioranese dimostrò un’invidiabile capacità di adattamento e di risposta ai mutamenti in atto, oltre che a quelli strettamente economici, e tutto ciò costituì la conferma del suo irrinunciabile ruolo nella crescita e nella qualificazione del sistema economico di Fiorano. Un dato è significativo del boom economico di quegli anni. Alla fine del ‘80, le imprese ceramiche del distretto producevano 432 milioni di mq. di piastrelle; metà lo collocavano all’estero e, complessivamente, davano lavoro a più di 30.000 dipendenti. La popolazione residente nel comune di Fiorano toccò quota 15.644 persone (1991). La crescita di aziende associate portò la Lapam ad aprire una succursale a Spezzano, prima in Via Statale 36 (Fredda Vecchia), poi in spazi grandi e confacenti alla richiesta degli associati, dal 1985 al 1991,

Incontri con l’autore: Alberto, Piero Angela con Segretario Generale Lapam Pietro Odorici


14 in Via Pio Donati,n.26. Nel 1990 assume l’incarico di segretario Giuseppe Dallari. Dopo solo sei mesi, causa l’improvviso decesso, lascia il posto a Luca Randighieri, a Gianfranco Corni e, in seguito a Giuliano Tollari. Anni di crescita, ma anche di crisi settoriali della ceramica, che inevitabilmente si sono riversate sul mondo artigianale, commerciale e della piccola industria. Negli anni ‘90 si assiste ad una razionalizzazione degli stabilimenti dell’industria ceramica che, però tocca una produzione di 638 milioni di mq. di piastrelle;

2014 Mob Day “La campana dell’ultimo giro”

l’export è di 440 milioni di mq: e i dipendenti crescono poco rispetto a dieci anni prima assestandosi sul 31.999 unità. Anche la popolazione residente a Fiorano aumenta di poco ed arriva a quota 16.137 unità. I processi di ristrutturazione del settore hanno fatto emergere, ogni volta, molte ombre nel sistema economico del nostro territorio, ma anche parecchie luci: tra queste piccole e medie imprese che si sono rilevate spesso dinamiche, innovative e pronte a cogliere le opportunità che derivavano dai mercati nazionali e internazionali.  Insomma, il quadro che ne emerse a fine secolo fu


15 assolutamente nuovo: quasi scomparsa la vecchia bottega artigiana del calzolaio, del sarto, del piccolo negozio commerciale. Spesso ci si trovava di fronte, invece, ad ingegneri o imprenditori altamente scolarizzati che avevano scelto la via dell’artigianato e del commercio per lavorare. Infine, diventa segretario Sergio Romagnoli, da anni facenti le funzioni di vice-segretario. Presidente diventa prima Paride Pini, poi Amedeo Genedani e oggi, Ercole Leonardi. Nel nuovo millennio, Lapam ha intensificato i rapporti di collaborazione con l’amministrazione comunale,

2014 Impiegati Lapam Fiorano

ideando fra l’altro insieme all’azienda Poligraph di Spezzano la serie “Eravamo...ricordi fotografici fioranesi”. Un percorso fotografico della memoria che attraverso la pubblicazione di un volume, ogni anno sin dal 2003, viene utilizzato come strenna natalizia per tutti i cittadini. Lapam, inoltre è diventata parte attiva, insieme al Comitato Fiorano in Festa, nell’organizzazione di eventi culturali per il territorio che hanno visto la presenza, grazie anche all’aiuto del Dott. Roberto Armenia, di personaggi di spicco del mondo politico, scientifico, culturale, sportivo e non solo; ma mantenendo sempre comunque il proprio


16 ruolo di rappresentanza e tutela delle piccole medie imprese, presentando diverse proposte e iniziative al Comune di Fiorano. Ad esempio, il questionario nel 2001 “Io commerciante di Fiorano”, sviluppato per capire realmente quali erano le effettive necessità degli esercizi commerciali fioranesi. Ancora, nel 2004, la proposta “Un centro per fiorano e i fioranesi”, progetto costruito con l’aiuto del giovane studente di architettura Alessandro Borghi, che prevedeva una nuova viabilità per il centro e la riconfigurazione di Piazza Ciro Menotti. Proposta che, se a suo tempo fosse stata accolta,

Delegazione Lapam Assemblea Nazionale Confartigianato

facilmente avrebbe comportato significativi miglioramenti per il centro storico di Fiorano. Poi nel 2012, 2014 e 2016 sono stati organizzati dei “Mob day” per dare risalto al valore delle PMI sul territorio, denominati rispettivamente “È l’ora dell’impresa”, “La campana dell’ultimo giro” e “No PMI no Parti”, dove una delegazione di imprenditori e funzionari Lapam si sono recati in Municipio per presentare diverse proposte a favore del mantenimento e sviluppo delle PMI sul nostro territorio. Ultima ma solo in ordine di tempo, nel 2018, l’iniziativa “I miei primi 40 anni”, un’indagine conoscitiva tra le imprese presenti nel villaggio artigiano di Spez-


17 zano per capirne le varie problematiche e necessità, per poi presentare proposte e idee utili ad agevolare e migliorare la vita produttive di queste imprese. L’attuale contesto economico, sempre più segnato da dinamiche globalizzanti, sembrerebbe lasciare ben poco spazio alla peculiarità dell’impresa artigiana e commerciale, tanto radicata nel territorio fioranese. Ma è proprio qui che questo tipo di impresa ha dimostrato e sta dimostrando di sapersi adattare: orientandosi alla ricerca, alla qualità e all’innovazione, essa ha potuto rispondere alle nuove esigenze richieste dalla competizione globale. A conclusione va detto che artigiani, commercianti

2018, delegazione Lapam Fiorano Parlamento Europeo Bruxelles

e titolari delle piccole industrie possono ritenersi, a pieno titolo, fra i principali artefici, con la loro tenacia, genialità ed intraprendenza, della trasformazione della terra del territorio fioranese in luogo di lavoro, speranza e futuro per i tanti che qui hanno trovato un lavoro e una casa. Il perché lo ha detto molto bene lo scrittore e giornalista modenese Guglielmo Zucconi: “Il vero segreto è l’uomo che qui ha sempre fatto della ricerca e dell’innovazione un sistema di vita.”


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Lapam Fiorano a favore della cultura


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Hanno scritto di noi


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CARPENTERIE METALLICHE POGGIOLI Ci sono belle storie di uomini e donne che sono partiti da zero; con umiltà, tenacia ed intelligenza hanno poi raggiunto traguardi importanti. Storie di difficoltà trasformate in stimoli. Una di queste riguarda i fratelli Abramo e Franco Poggioli che, assieme alla loro famiglia, scesero da Montagnana di Serramazzoni per stabilirsi a Spezzano, nella prima casa colonica di Via CaAbramo e Franco Poggioli naletto. Papà Savino e mamma Maria coltivavano un podere, prima che fosse occupato dai tanti capannoni industriali, simbolo dello sviluppo industriale delle piastrelle in ceramica su un territorio da sempre prevalentemente agricolo. Le nuove industrie sottraevano braccia all’agricoltura, ma non fu così per Abramo e Franco che hanno strade diverse, così come gli altri due fratelli Daniele e Valeriano.

“Ho frequentato le scuole ‘Corni’ a Modena, trovando poi un’occupazione al reparto corse della Ferrari a Maranello”, ricorda Abramo. “Io, invece, ho iniziato a lavorare alla Comau, azienda di automazioni a Modena. Con mio fratello - dice Franco - iniziammo a fare qualche lavoretto nel ricovero degli attrezzi agricoli della nostra casa. Ringhiera, cancelli, pali di recinzione prevalentemente

Abramo e Franco Poggioli


23 per l’edilizia che in quegli anni, siamo a metà degli anni ‘70, registrava una forte espansione in tutti i comuni pedemontani.” Una crescita demografica che richiedeva nuove case per tante persone che arrivavano nel distretto ceramico, bisognoso di manodopera. Di conseguenza, crescevano anche le commesse di lavori per Abramo e Franco. Nel 1968 si presentò loro un dilemma: rimanere lavoratori dipendenti o iniziare un’attività in proprio? Nella vita ognuno è libero di cambiare la propria strada, ed il mutamento nel lavoro era davanti ai due fratelli, entrambi dotati di una giusta dose di coraggio, intraprendenza e la forza di saper rischiare. “Costituimmo una società di diverse tipologie di cancelli d’ingresso, recinzioni, molti tipi di infissi in ferro. Inoltre si realizzano ringhiere, corrimano, scale a rampa, scale a chiocciola, rialzi per balconi o parapetti ed altre strutture metalliche. Il lavoro era tanto e che, nel ‘70, assumemmo Gerardo Pepe, Enzo Bianchini e Giovanni Damiani. I nostri primi tre dipendenti.” Sono anni di fortissima espansione industriale del territorio, e Abramo con Franco hanno la capacità di tenere salda la rotta, sull’onda di questo trend che porta lavoro a tutti. L’anno che segna una svolta è il 1974, quando l’impresa inizia a strutturarsi e ad assumere una dimensione industriale, che la conduce alla crescita non solo dimensionale ma anche sistematica ed organizzativa. Da impresa artigiana a piccola azienda industriale, e questo porterà ad apprendere nuove competenze ed a poterle mettere in pratica.

Una dimensione diversa, che segue un mercato che porta più commesse e la necessità di maggiori spazi; così Abramo e Franco presentano domanda di un lotto nel costruendo Villaggio Artigiano di Spezzano, e nel ‘78 lasciano l’ex-ricovero attrezzi di Via Garibaldi e si trasferiscono nella nuova e spaziosa sede di oltre 2.000 metri quadrati coperti in Via della Fisica. Gestire un’azienda od una qualsiasi organizzazione d’impresa si basa su due componenti principali: il mantenimento di ciò che si è raggiunto nel tempo e la ricerca di nuove opportunità. Una di queste segna un mutamento di rotta nella produzione: dal capannone del Villaggio Artigiano si iniziano a costruire, con una decina di dipendenti, carri ponti per impianti di sollevamento per tutte le industrie, così come si creano le strutture dei magaz-

Momenti di progettazione


24 zini verticali prodotti dalla System di Franco Stefani. “Non solo”, aggiunge Abramo. “Iniziammo una collaborazione con l’azienda Mario Neri di Modena per la realizzazione di strutture in ferro destinate alle aziende automobilistiche Ferrari,

Maserati, Lamborghini e alla Tetra Pak di Modena. Sempre negli anni ‘70 costruimmo le strutture in ferro dei piani di servizio per i grandi impianti di atomizzazione della Sacmi di Imola”. Nel 1993, la mutata dimensione aziendale comporta

Maestranze della F.lli Poggioli davanti alla sede del Villaggio Artigiano di Spezzano


25 anche una presa interna di determinati lavori d’ufficio, e porta alle dipendenze, come impiegata, Milena Ferrari. È tempo anche di certificazioni che non sono solo semplici attestati: la F.lli Poggioli (che nel frattempo si è trasformata in s.r.l. prendendo la denominazione di “Carpenterie Metalliche Poggioli s.r.l.”) rappresenta la riprova di un processo di continuo aggiornamento per crescere sempre in tutti i processi dell’azienda, ad ogni livello organizzativo, con l’obiettivo di soddisfare in maniera efficace le richieste e le attese del cliente e delle altre parti interessate. Tutto in modo puntuale ed esatto, come lo testimonia la collezione di antichi strumenti di precisione che fa bella mostra di sé all’interno della sede di Via della Fisica. Una conoscenza appassionata degli strumenti di misurazione, controllo delle dimensioni e delle forme

dei pezzi. Calibri, micrometri che sono serviti per la realizzazione di pezzi conformi alle specifiche richieste del committente, individuando difetti ed errori di lavorazione che permettevano di innalzare il livello qualitativo della produzione diminuendo possibili scarti o resi da parte del cliente. Sono anni di intensa attività per l’azienda, che ha attraversato un energico processo di sviluppo: ci si ritrova a rappresentare una fra le principali realtà operanti nel settore. Il personale arriva a quindici unità e crescono anche i collaboratori dell’azienda. Da qui la realizzazione di grandi opere per gli Enti Pubblici come, ricorda Franco, “gli attraversamenti pedonali sulla Pedemontana, proprio al confine fra i Comuni, di Fiorano e Sassuolo; quello di 42 metri a Crespellano di Bologna. Poi le ciclabili all’incrocio della Via Emilia con la Nuova Estense, a Modena; quella di

Angelo Baldaccini, presidente provinciale Lapam, premia la F.lli Poggioli

Pedonale sulla Pedemontana fra Sassuolo e Fiorano


26 172 metri a Correggio di Reggio Emilia; la realizzazione di un ponte in ferro sul Fossa in località Torre delle Oche di Maranello, e i lavori nel centro sportivo Ciro Menotti di Spezzano”. Non mancano, nella strategia aziendale, all’inizio del nuovo secolo esperienze all’estero. “Con il Comau di Modena siamo intervenuti - spiega Abramo - nella zona di Oradea, capoluogo del distretto di Bihor e della regione storica del Partium in Romania. Qui abbiamo realizzato piani in ferro, e relative scale, all’interno di capannoni industriali. A più riprese sono stati forniti cancelli, portoni e quant’altro possibile per case di nuova costruzione ed abbiamo sistemato un capannone che è servito ad un’azienda modenese di autotrasporti come officina e deposito in Romania. Non solo la Romania - evidenzia Abramo - ha rappresentato il nostro export, ma anche la Germania dove abbiamo costru-

ito manufatti per macchinari al servizio di imprese tedesche.” Abramo e Franco, quasi a testimoniare il lungo lavoro portato avanti, hanno messo in bella mostra una vetrinetta dove sono esposti i vecchi strumenti di misurazione usati, negli anni, all’interno dell’officina. Il percorso di questo mezzo secolo fatto da Abramo e Franco Poggioli dimostra come anche nelle piccole e medie imprese sia possibile fare innovazione, restare al passo coi tempi, ed essere riconosciuti per

Ciclabile incrocio Via Emilia con Nuova Estense a Modena

Vetrinetta dove sono esposti vecchi strumenti di misurazione


27 il proprio lavoro anche a livello internazionale. Non solo. Significa anche continuità. Nel nostro Paese sono a proprietà familiare circa l’80-90% del totale delle imprese. Secondo un rapporto basato sugli studi della Commissione Europea, le imprese del vecchio continente che riescono a mantenere la continuità operativa e proprietaria in seguito al primo passaggio generazionale non superano il 33%, e solo il 10/15% è in grado di assicurare la continuità nel passaggio dalla seconda alla terza generazione. La “Carpenterie Metalliche Poggioli s.r.l.” è una di queste rare realtà. Nell’azienda lavorano da tempo Paolo, figlio di Abramo e Daniele, marito di Monica, figlia di Franco. La terza generazione è presente con Matteo, figlio di Paolo e Elena, figlia di Daniele. Anche questo è una delle ragioni del successo. D’altro canto la succes-

sione imprenditoriale, se gestita in modo corretto, può essere un’occasione di sviluppo. In particolare, oggi, nel caso della “Carpenterie Metalliche Poggioli s.r.l.”, più che di passaggio generazionale si parla di affiancamento generazionale, evidenziando che il passaggio di gestione è graduale e basato sulla convivenza delle discendenze.

Paolo, Abramo, Franco Poggioli e Daniele Tosi

Matteo e Elena, rappresentanti della terza generazione, premiati dal Sindaco di Fiorano Francesco Tosi


OFFICINA MECCANICA F.LLI VANDELLI sona di fronte ai mutamenti del mercato. Per fare il salto serviva passione, spirito d’iniziativa e aggiornamento continuo. Questa sfida fu raccolta da tre fratelli fioranesi: Emilio, Luciano e Mauro Vandelli. Giovani, allora, con storie ed esperienza diverse. Emilio, dopo un primo periodo di lavoro dipendente, divenne socio della ‘Salil’, una delle prime officine meccaniche che aveva la sua sede prima sotto casa, in Via Cavour, per poi trasferirsi in Via Valle, sempre a Fiorano. Il lavoro cresceva, e quindi la società si trasferì a Spezzano, in Via Statale, dentro un capannone precedentemente adibito alla lavorazione delle vinacce. Mauro e Luciano erano dipendenti della Cibec, C’è un’altra vita, dopo il lavoro dipendente. Nel territorio fioranese, quando il lavoro cambiò radicalmente durante gli anni ‘60, successe che mutarono anche i percorsi professionali, e furono in molti ad attraversare il guado: partire da operai per spingersi fino al nuovo orizzonte dell’imprenditoria, mettendo le proprie forze al servizio delle proprie idee, ma rischiando in prima perEmilio e Mara Vandelli ed Ermes Frigieri


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Sede F.lli Vandelli di Via Crociale Spezzano


30 importante officina meccanica a Sassuolo. Qui acquisirono conoscenze della lavorazione della lamiera e meccanica in generale. Intanto la “Salil” rimase con due soli soci, con qualche perplessità riguardo al futuro. Emilio Vandelli decise di rilevare l’azienda chiamando a gestirla, come soci, i fratelli Mauro e Luciano. Nasce così nel 1969 l’Officina Meccanica F.lli Vandelli, per rispondere alle crescenti esigenze del territorio nel settore della lavorazione della lamiera. Aumentano le aziende della produzione di piastrelle in ceramica e di pari passo la richiesta di impianti di aspirazione e strutture per i mulini. “Partendo dal garage di casa - racconta Emilio - raggiunsi un primo obiettivo: ossia una società assieme

Massimiliano Frigieri, Emilio, Gian Luca e Mauro Vandelli

ai miei due fratelli, con la prospettiva di poter decidere la meta verso la quale far marciare la nostra azienda. C’eravamo messi alla prova. Queste sono state le motivazioni che ci spinsero a buttarci nell’impresa di fare impresa.” “Il passaggio, per Mauro e Luciano, da lavoratori dipendenti a piccoli imprenditori, il mio nuovo ruolo in un’azienda prettamente famigliare e nuova, ci mise davanti a sfide che, nel nostro status precedente, venivano gestite in modo societario (nel mio caso) o da chi ne aveva le competenze (per i miei due fratelli)”, spiega Emilio. “Si correva il pericolo - continua - di riprodurre lo stesso modus operandi nel quale si aveva già lavorato, ma la realtà di quegli anni ci indirizzò verso approcci alternativi e altamente creativi.” I risultati furono sicuramente positivi, tanto che i tre fratelli acquistarono da Carlo Leonardi, in via Crociale, sempre a Spezzano, 5.000 mq. di terreno per far nascere la nuova sede aziendale. Ad aiutarli economicamente, una fideiussione del padre Amelio; un impegno verso i tre figli nella consapevolezza di credere al loro progetto e di evitare se possibile che eventuali difficoltà nello sviluppo dell’azienda si potessero ripercuotere sulle loro condizioni. “Nel nuovo sito abbiamo continuato, con il supporto di personale dipendente, la produzione degli impianti d’aspirazione per grossi gruppi ceramici come l’Iris, le Fiandre, Gardenia & Orchidea. Occorre ricordare - rileva Emilio - che le ceramiche, in ottemperanza alle prescrizioni delle normative vigenti, erano obbligate ad adottare impianti di aspirazione, tenendo conto delle dimensioni degli spazi


31 a disposizione e del tipo di inquinanti generati nelle fasi produttive. Non solo aspirazioni uscivano dalla nostra officina, ma anche tutte le tubazioni in lamiera per i forni ‘Poppi’. Nella nostra azienda hanno trovato occupazione tantissimi apprendisti. Qui hanno imparato un lavoro, ma poi, nella maggioranza dei casi, i genitori li mandavano a lavorare, come qualificati, nelle officine delle ceramiche dove, a loro dire, le remunerazioni erano migliori e il posto sicuro.” Mettere in piedi e gestire un’azienda è, per molti versi, una battaglia solitaria che poteva non essere compresa da chi viveva intorno; ma allo stesso tempo non era possibile immaginare di affrontarla senza l’aiuto di validi collaboratori.

Prese vita, in questo modo, un nuovo progetto imprenditoriale per Emilio, Mauro e Luciano. Loretta Pellesi, sorella di Anna moglie di Luciano, capì le potenzialità in essere di chi decorava e cuoceva le piastrelle, lavoro meglio sintetizzato come ‘terzo fuoco’. Creò, nel 1977, lo Studio Lady che ben presto diventò una tra le più classiche ed illuminanti storie della piccola imprenditoria locale. La sede era un piccolo capannone di 180 mq. preso in affitto a Crociale di Spezzano, dove trovavano posto una muffola e due, tre dipendenti; la gestione era a conduzione famigliare, con Anna e Loretta Pellesi e Luciano Vandelli, il quale (lasciando l’officina ai fratelli) si occupava un po’ di tutto.

Maestranze della F.lli Vandelli

Massimiliano Frigieri, Emilio e Gian Luca Vandelli


32 Successivamente anche Emilio e Mauro, chi più chi meno, entrarono a far parte dello studio Lady. Nel 1986 Loretta Pellesi lasciò la società, si ritirò. All’inizio degli anni ‘90 si registrò un riposizionamento gestionale che interessava tutti i componenti famigliari impegnati nello Studio Lady e una ripresa dell’Officina Meccanica F.lli Vandelli, che trovò nuova linfa dal passaggio generazionale. È il momento nel quale i tre fratelli fondatori iniziarono a cedere il passo, e forze nuove subentrarono nella gestione dell’attività. Gian Luca, figlio di Emilio, fresco del diploma di perito metalmeccanico ottenuto alle Corni di Modena, entrò nell’azienda assieme al cugino Massimiliano, figlio di Ermes e Mara, sorella di Emilio, Mauro e Luciano.‘Chiunque può diventare imprenditore’, si sentiva spesso dire, all’epoca. Gian Luca e Massimiliano erano dotati di una straordinaria potenzialità da conferire all’azienda, ma anche della consapevolezza sulle loro capacità, necessarie per affrontare un percorso che si presentava in salita e con una discreta possibilità di raggiungere la vetta. Una prima tappa di avvicinamento alla cima, nel 1998, fu rappresentato dal trasferimento dell’officina dalla sede (venduta alla Smaltochimica) di Via Crociale, a Spezzano, nell’insediamento in Via Paolo Monelli, nella zona industriale a Nord di Fiorano. I nuovi entrati portarono innovazione anche nella produzione aziendale. “Si è continuato nella lavorazione della lamiera con piegature di differenti profili e complessità alla qua-

le - spiega Gian Luca - si sono aggiunti macchinari per il taglio con laser, saldatura, fresatura, tornitura e asportazione del truciolo. È stato attivato un reparto di progettazione tecnica operante nel settore meccanico. Utilizziamo - evidenzia sempre Gian Luca - programmi CAD/CAM per disegni 3D, tavole dimensionali, esplosi meccanici, sviluppo automatico di lamiere, programmazione ISO, simulazione di produzione e di montaggi e smontaggi. Attualmente diamo lavoro ad una ventina di persone esperti e altamente qualificati.” Nel 2005, Mauro Vandelli si ritira dalla società, e dell’iniziale formazione societaria dei tre fratelli rimane solo Emilio. “Siamo spinti - conclude Gian Luca - da una ferrea determinazione, assieme ad una continua analisi

Gian Luca ed Emilio Vandelli e Massimiliano Frigieri


33 oggettiva e realistica della situazione economica e delle opportunità future. In questi anni, abbiamo subito contrazioni e sviluppo dettati dal mercato, ma sempre c’è stata la capacità di reagire e resistere che

Maestranze della F.lli Vandelli

sono poi le fondamenta di una cultura aziendale che ci è stata trasmessa da chi ha creato questa azienda.”


OFFICINE METALGIOTTO

Famiglia Schianchi

“Sono nato - ci tiene a dire - nel borgo antico di Sassuolo, in Vicolo Paltrinieri 16, nella casa dei ‘Buraun’ costruita alla fine del 1200, e la mia famiglia è la più antica della Rocca”. Luciano è uno dei cinque figli di Faustina Zanni e Giuseppe Schianchi. Quest’ultimo gestiva, assieme a suo fratello Francesco, una piccola officina subito dopo il ponte a Veggia. “Papà faceva di tutto. Inferriate, utensili, sistemi di chiusura; ma, più che altro, il maniscalco, ossia del pareggio e ferratura del cavallo e degli altri equini domestici. Assieme allo zio - ricorda Luciano - lavoravano anche a domi-

Luciano Schianchi: “Rocheggiant” sulla carta d’identità, fabbro nel cuore e nella sua professione, in cinquant’anni di attività è riuscito a plasmare un’oliata e perfetta macchina aziendale. L’impresa porta il nome della strada di Fiorano dove si è trasformata nel 1969 e ha sempre avuto come mission una continua espansione sul territorio nazionale attraverso la qualità del servizio nel rispetto per l’ambiente. Luciano ha iniziato a praticare i lavori di carpenteria fin da ragazzino, dopo aver frequentato la scuola di Avviamento a Sassuolo. Panoramica Sededi Fiorano Via Giotto 22


35 cilio e nella giornata del lunedì diventavano mediatori di cavalli al mercato di Modena.” Il piccolo laboratorio finì distrutto, nel 1944, da una bomba degli alleati. “L’incudine - rammenta Luciano - fu trovata sul greto del fiume Secchia. Un altro ordigno, una settimana prima dell’Armistizio, colpì l’Osteria ed Nadalèin (conosciuta anche come Osteria del sottomarino) in Piazza Grande, a Sassuolo. Fra i tanti morti anche mio zio Francesco. Mio babbo iniziò a lavorare, come fabbro, alla ceramica Marazzi. Ci rimase fino alla pensione e ci trasmise sicuramente la passione per la meccanica.” Il mondo del lavoro spalanca immediatamente le porte a Luciano. Inizia alle ore 14 dello stesso ultimo giorno di scuola. Apprendista nell’officina di Ennio Tori e Ing. Gualtieri, in località “Fossa”, dove realizzano capriate per i capannoni industriali. Passa l’estate, ma il luogo di

lavoro è lontano da casa e Luciano cambia datore di lavoro, passando alle dipendenze dell’officina di Bruno Rossi, in Via Menotti. Fabbro generico, ma con la specializzazione di realizzare ‘carioloni’ per la ceramica Marazzi. “Servivano - spiega Luciano - per i forni a tunnel, così come anche i carrelli transfert. Siamo stati i primi a realizzarli prima che iniziasse da parte di tutti una produzione in larga scala.” Siamo nel ‘61 e per Luciano si apre una nuova esperienza lavorativa di nove mesi alla Cibec di Benassi, una delle maggiori officine di Sassuolo, con sede in Via Verrazzano. Qui si costruiscono impianti per l’industria ceramica, ed a questa officina si deve l’introduzione di tecnologie, come gli atomizzatori, che hanno rivoluzionato il modo stesso di fare ceramica. Ma non c’è solo il lavoro, per Luciano. Durante il tempo libero, impara a suonare la chitarra. Entra, nel giu-

Caterina Caselli, Ivo Callegari. Renzo Giovini, Lucio Prampolini, Luciano Schianchi Luglio 1962 Giardino d’estate Viale XX Settembre Sassuolo

Carpenteria strutturale


36 gno del ‘62, nell’orchestra di Ivo Callegari: suona con Caterina Caselli, che canta, e la sua attività come orchestrale viene interrotta, nel novembre dello stesso anno, dalla cartolina di leva. Viene destinato a Bolzano nel corpo degli Alpini, dove diventa specialista al tiro (obici 105). “Finita la naia - spiega Luciano - sono stato assunto, nella primavera del ‘64, nell’azienda di mio fratello, la ‘Manfredini & Schianchi’, che allora aveva la sede in Via Solferino a Sassuolo. Si faceva, da parte mia, carpenteria per le smaltatrici e su questo era concentrato il mio lavoro. Mio fratello realizzava stampi per le presse. Giravo nelle varie aziende - spiega Luciano - e il tempo ben presto ha fatto maturare in me la scelta di avviare un’attività tutta mia. Ero consapevole di dover affrontare decisioni difficili che solo io potevo prendere.

Una sfida che dovevo sostenere per far partire un mio progetto. Cresceva dentro di me il bisogno di un cambiamento verso un senso più pieno della mia vita, pur nella consapevolezza dei tanti rischi ai quali andavo incontro.” Siamo nel 1966, e Luciano Schianchi prende in affitto l’officina di Bruno Rossi, in Via Menotti, a Sassuolo; inizia la sua avventura come artigiano metallurgico, dando il suo nome e cognome all’azienda. Un anno dopo sposa Emma Vacondio. “Mia moglie si licenziò - rammenta Luciano - dalla Ceramica San Francesco dove era impiegata, incarico che assunse nelle mie aziende. Suo fratello Giovanni è stato il mio primo apprendista ed ha lavorato assieme a me fino al raggiungimento dell’età pensionabile.” Dopo la nascita di Monica nel 1967, successivamente arriva anche Maurizio, il secondo figlio. Il lie-

Canala in acciaio inox

Tralicci


37 to evento è sottolineato da una bella coincidenza: il 3 gennaio del 1969, infatti, Luciano Schianchi inizia a lavorare nel laboratorio sotto casa e nella stessa mattinata nasce Maurizio, che oggi ha dato continuità all’attività del padre. Il lavoro non manca e si fa avanti l’esigenza di maggiori spazi. L’azienda cresce: dà lavoro a sei-sette apprendisti. Con due leggi (la n. 635 del 1957 e n. 623 del 1959) a firma del Ministro sassolese Giuseppe Medici, il territorio del Comune di Fiorano Modenese fu considerato ‘località economicamente depressa’, e questo per dare agevolazioni, anche fiscali, alle aziende che aprissero una loro attività nell’ambito comunale. L’opportunità non sfugge a Luciano Schianchi che trasferisce la propria attività in Via Giotto, a Fiorano, proprio a ridosso delle diverse ceramiche ubicate

lungo la Via Ghiarola Nuova. “Ho chiamato la nuova azienda con il nome della strada, ossia Metal Giotto” precisa l’imprenditore che, però, nel logo della ditta ha voluto racchiudere profondi significati. “C’è un ferro da cavallo, e questo - sottolinea Luciano - per testimoniare l’attività svolta a Veggia da mio padre. Poi ho messo il grappolo d’uva che è l’emblema della famiglia Schianchi.” Il marchio è anche il risultato della grande passione di Luciano per la storia locale, l’etimologia dei nomi di nobili casate, o che hanno dominato la vita di Sassuolo e dintorni, aneddoti, curiosità legate alle vicende municipali, avvenimenti che sono rimasti nella memoria collettiva. Memorie storiche abbondantemente sconosciute che Luciano Schianchi trasferisce anche su libri e

Tramogge

Silos


38 pubblicazioni. Il logo creato per la sua attività accompagna la crescita aziendale tanto che nel 1994 apre una nuova sede in Via dell’Elettronica, a Spezzano, nel villaggio artigiano. La conduzione è affidata a Maurizio, che nel frattempo si era fatto grande dopo aver ottenuto il diploma di perito tecnico alle Corni di Modena e terminato il servizio militare. Uno sviluppo dell’azienda di natura famigliare che non è solo un passaggio da padre in figlio, ma soprattutto un trasferimento di principi e di valori che l’hanno resa più solida nel tempo. Papà Luciano a Fiorano, il figlio Maurizio a Spezzano. “Per realizzare - evidenzia Maurizio - silos, quadri, tramogge, puntoni, colonne, pensiline, travi, capannoni industriali non solo per il settore, ma anche per altri comparti industriali. Abbiamo un lungo rapporto con i produttori di piastrelle vista anche la vicinanza operativa. Le nostre maestranze - aggiunge Maurizio Schianchi - seguono la carpenteria in tutti i passaggi necessari, dalla foratura al taglio, dalla saldatura alla verniciatura. Grazie alla certificazione CE del controllo della produzione di fabbrica (FPC) conforme alla norma EN 1090-1 conseguita nel 2014, confermiamo ed assicuriamo alla nostra clientela i massimi standard qualitativi.” Tramite commesse da parte della Sacmi di Imola, la Metal Giotto da tempo ha trovato uno sbocco economico anche all’estero. Quasi sempre le opere meccaniche realizzate hanno come destinazione l’industria ceramica che si sta espandendo in diversi

Paesi del mondo. “L’azienda - conclude Maurizio - ha vissuto in tutti questi anni un’evoluzione intensa, permettendoci di essere fra quelle all’avanguardia nel settore. La nostra storia inizia con la figura del nonno fabbro e maniscalco che, nel giro di una settantina d’anni, ha lasciato il posto a macchinari sofisticati, ad uffici

Schianchi Maurizio con moglie Luisa e i tre figli Fabiano, Matilde e Niccolo’.


39 tecnici in azienda in grado di elaborare i progetti su commessa dei clienti, un sistema di controllo qualità che segue tutte le fasi del processo produttivo, una struttura organizzativa avanzata ed una professionalità sempre più specializzata.” Intanto si guarda con fiducia al futuro: Maurizio intento a produrre, ed il nipote Fabiano, che ha solo 15 anni, pronto a dare il proprio futuro contributo all’azienda. Intanto papà Luciano, nonostante i dati di nascita riportati sull’autentica carta d’identità, tiene ben stretta la barra del timone, ancora decisamente lontano dall’idea di abbandonare.

Maestranze Officine Metalgiotto

Panoramica sede di Via dell Elettronica n 12, Spezzano


AUTORIPARAZIONI F.LLI ANDREOTTI La tecnologia digitale ha completamente stravolto il mondo china. L’1,6% ne possedeva addiritdell’autoriparazione nelle sue abitudini, macchine e strutura: la macchina rappresentava uno menti da lavoro. status symbol di benessere sociale. Una rivoluzione che nel giro di una generazione ha mutato Più macchine e più lavoro per l’officina meccanica dei Fratelli Andreotti che, l’intero settore, e messo definitivamente in cantina le obdopo il servizio militare, acquistarono, solete attrezzature della vecchia officina: la pistola stroboscopica, le mole per rettificare i cilindri, la vasca per lavare i carburatori e gli attrezzi fatti in casa per tanti utilizzi diversi. Moreno Andreotti ha vissuto direttamente questa metamorfosi, passando da sistemi di lavoro che non ci sono più fino ad immergersi in una realtà viva ed in continua mutazione. Moreno è figlio di Silvano, il quale, assieme ai fratelli Verardo e Tarcisio, decisero di aprire un’officina meccanica in un piccolo capannone in Via Tagliamento, di proprietà dell’imprenditore edile Emidio Venturelli, conosciuto come ‘Veleno’. Era l’anno 1963 e Silvano veniva da un’esperienza lavorativa presso l’officina Bursi Mario di Sassuolo, mentre Verardo dall’Officina Cimone a Maranello, anni di forte incremento Silvano e Verardo Andreotti demografico per il territorio fioranese e di conseguenza anche di una consistente prepoco distante, un’area di terreno posta all’intersezione senza di mezzi di trasporto di proprietà. Da un’indagine del Comune di Fiorano della Via Tagliamento con Via Tamigi, sempre a Spezzarisultò che solo il 2,5% degli intervistati no. Qui costruirono i locali per l’officina, il magazzino e, al dichiararono di non possedere una macprimo piano, le abitazioni.


41 “Furono fra i primi, mio padre e i miei zii, a montare impianti a gpl e metano sulle auto, spinti dalla continua richiesta degli automobilisti, salassati dal costante aumento del prezzo dei carburanti al distri-

Silvano Andreotti

butore. Come tutte le auto, anche l’impianto a gas aveva un bisogno di un controllo periodico perché mantenesse l’economicità delle sue prestazioni e dei suoi consumi e le buone affidabilità del motore nonché l’emissione di scarico regolare”. Oltre a questo, nell’officina si svolgevano i normali lavori di diagnostica, manutenzione e riparazione di veicoli a motore per privati e aziende della zona. Nel 1990, come apprendista, dopo aver frequentato un paio d’anni delle superiori, Moreno entrò in azienda. “Qui la parentela - spiega - venne subito cancellata e giustamente venivo considerato alla pari degli altri dipendenti. Ho iniziato con la pulizia dei cassetti, mettere in ordine la bulloneria, scopare il pavimento e risistemare le attrezzature senza però mai perdere di vista quello che mio padre e i miei zii stavano facendo sui motori delle macchine.” Inizialmente Moreno si occupò dei componenti meccanici dei veicoli: tagliandi, freni, trasmissioni, cinghie, pistoni e cilindri, “ma col passare del tempo - chiarisce - maturai altre competenze ai sistemi elettrici ed elettronici, che controllavano il funzionamento di iniezioni elettroniche, airbag, common rail, diesel. Il tutto partecipando a corsi di aggiornamento, i primi alla Citroen di Milano, casa automobilista della quale eravamo autorizzati.” Dopo cinque anni di tirocinio, Moreno entrò in società al posto di papà Silvano che rimase con una piccola quota. Silvano dopo un anno lasciò definitivamente per andare in pensione, seguito nel 2002 anche da Verardo, e la società, in parità di partecipazione, ri-


42 mase a Tarcisio ed al nipote Moreno. Nel 2014 Tarcisio decise di smettere e Moreno, così, divenne titolare unico della “Autoriparazione F.lli Andreotti” di Spezzano, affiancando al nome ufficiale della ditta l’espressione “respect for work”, perché crede molto nel rispetto per chi lavora. Quanto alla

Moreno Andreotti

vision dell’impresa, una volta completata questa successione negli anni, Moreno era sicuro “che l’azienda per rimanere competitiva doveva continuamente aprirsi all’innovazione; essere attenta a tematiche ambientali e di risparmio energetico; aggiornare le competenze delle proprie risorse umane e indivi-


43 duare nuovi sistemi d’intervento. Le automobili moderne sono un concentrato di tecnologia, che prima o poi - aggiunge Moreno - saranno in grado di guidarsi da sole e di portare il passeggero, che un tempo era il guidatore, in una qualsiasi destinazione. Io cerco di stare in sintonia con quello che succederà: oggi siamo dotati di strumenti computerizzati per la diagnostica dell’auto e altre strumentazione all’avanguardia.” Nell’officina di Moreno oltre ad un paio di eccellenti collaboratori e ad un’impiegata storica, c’è la figura del meccatronico che ha fuso i lavori del meccanico motorista e dell’elettrauto, per creare un operatore in grado di dialogare con le tecnologie automobilistiche

di oggi e di domani. Una sfida continua, per Moreno, che guarda con fiducia al futuro dell’autoriparazione, al rispetto dell’ambiente e alla sicurezza delle automobili. A conclusione, il giovane artigiano ripete quello che è un suo motto: “Rimane comunque utile partire da quello che c’è, per meglio capire quello che potrà esserci.”

Moreno Andreotti

Moreno Andreotti


BORDINI MARCO La sveglia di Marco suona alle cinque del mattino. Sei giorni Le leggi ambientali posero fine a quesu sette ogni settimana. sta esperienza artigianale. Dopo una veloce colazione, Marco finisce di caricare il furGraziano lavorò prima alla Ceramica gone e si mette sulle strade verso l’Appennino. Gardenia Orchidea, poi alla Ferrari di Arriva alla piazzola assegnata; fa presto a montare il Maranello. banco, con i moderni sistemi tecnologici, così come ad La svolta arrivò quando le zie Alberta e esporre la sua mercanzia d’intimo per uomo e donna. Maria smisero l’attività e Graziano colse Un rituale che si ripete da tanti anni con neve, pioggia, sole e strade dissestate. Le stesse strade che, fin dall’immediato dopoguerra, percorrevano Alberta e Maria, zie di suo babbo Graziano, pioniere dell’ambulantato, quando fare questa attività era veramente dura. Ad un certo punto, esclusivamente per ragioni anagrafiche, le due sorelle lasciarono la licenza a Graziano, figlio del loro fratello Fernando. Quest’ultimo, con un camioncino, iniziò a vendere piatti casa per casa ed a frequentare sagre e mercati assieme alle sorelle (che proponevano, già allora, biancheria intima) ed al cognato Graziano Bordini Alessandro Cassan, che vendeva giocattoli. al volo quest’opportunità, vendendo la stessa merce Commercianti si nasce, ma l’essere un amdelle zie e frequentando gli stessi mercati di montabulante è stata una vocazione per tutto questo nucleo famigliare che abitava al “Muligna: Montese, Zocca, Serramazzoni, Pavullo, Fanano, no” di Spezzano. Lama Mocogno, Casteldaiano, Sestola. Li conosceva Fernando aprì un laboratorio da falegnaperché c’era già stato, da bambino, con il babbo e con le me e poi una fabbrica di vasi in terracotta zie e, probabilmente, si era innamorato di questa attività che lasciò in gestione al figlio Graziano. all’aperto.


45 “All’inizio, nel 1983, assieme alla mamma Malizia, si spostavano su un furgone Fiat 238, poi presero un Fiat 242 e ricordo benissimo, d’inverno, la fatica nel montare le gomme chiodate per arrivare sempre nelle località di montagna dove era in programma non solo il mercato settimanale, ma sagre e fiere”, evi-

Graziano Bordini

denzia Marco. “Si montavano - continua il figlio di Graziano e Malizia - i cavalletti in ferro; come banco si usavano asce che poi venivano ricoperte con un drappo. Quegli anni frequentavo le elementari e d’estate seguivo i miei genitori nelle piazze. Mi piaceva, fin d’allora, il contatto diretto con la gente e vivere all’aperto.” Marco frequentò il ‘Baggi’ di Sassuolo ed uscì con il diploma di ragioniere. “Assieme ad un amico - rammenta - ricevemmo, da parte di un Istituto di Credito, quasi subito una proposta di lavoro. Lui accettò e poco dopo finì dietro una scrivania a fare dei conti. Io scelsi il banco di biancheria intima. Nel 1997 il babbo si ritirò per andare in pensione e così la responsabilità dell’attività ricadde su di me. Con gli anni sono cambiate tante cose. Oggi possiamo contare su mezzi di trasporto efficienti, su banchi di vendita che si montano e

Maria ed Alberta Bordini


46 smontano in modo automatico, una clientela diversa; questo nonostante abbia mantenuto la nostra presenza nelle stesse piazze frequentate mezzo secolo fa dalle zie di mio padre.” “Le personalità del babbo e della mamma - aggiunge Marco - hanno avuto un ruolo determinante per me, anche nel modo con il quale ho imparato a progettare il futuro. Mi hanno soprattutto donato serenità, voglia di vivere e di guardare sempre avanti.” Ogni giorno, verso le tredici, Marco inizia a smontare il banco. Ma la giornata è ancora lunga: “Si va dai fornitori, poi si carica per il mercato del giorno dopo, poi all’associazione per un controllo dei conti e problematiche della categoria”. Marco, fra l’altro, è presidente provinciale degli ambulanti della Licom, associazione aderente alla Lapam Confartigianato Imprese di Modena e Reggio Emilia.

“Il banco ambulante - sottolinea Marco - da sempre simbolo della spesa vocata al risparmio, fa i conti con la crisi dei consumi e con i clienti che, anche di fronte a prezzi bassi, decidono di acquistare meno. Mi sono fatto l’idea che persino la convenienza, coniugata alla qualità, oramai non basti più per con-

Marco Bordini

Marco Bordini


47 vincere il cliente. Questi non spende, evidentemente, perché di soldi in tasca ne ha sempre meno. In questa situazione ci troviamo con i prezzi di approvvigionamento delle merci che hanno subito un rialzo, un aumento che tanti hanno deciso di non applicare sui prezzi di vendita proprio per evitare di peggiorare la situazione. Oltre a questo va sottolineato che quello degli ambulanti è un mercato ad altissima incidenza di stranieri. Nelle strade e nelle piazze dei nostri paesi ci sono

Banco vendita di Marco Bordini

sempre meno bancarelle di italiani e sempre più di imprenditori esteri”. A casa, ogni giorno, Marco ci arriva tardi. Lo aspettano la moglie e tre figlioletti. Non sarebbe stato meglio, forse, fare il ragioniere in banca? “Non mi sono mai posto questo interrogativo perché - conclude Marco - quando vedo la gente contenta davanti al banco tutto il resto passa”.


CUOGHI DUE Bisogna andare indietro di molti anni, precisamente nel 1968, quando fu costituita l’azienda Braglia & Cuoghi, a Fiorano Modenese. Una società composta da giovani che non si sentivano appagati dal lavoro dipendente e così iniziarono una loro “scommessa” mettendosi in proprio a realizzare impianti elettrici. Crescevano le richieste di abitazioni e, di pari passo, le industrie ceramiche e l’indotto. Il mercato offriva buone possibilità e questo portò a diversificare il campo dell’offerta. Così, nel 1978, nacque “Cuoghi Due”, in Via della Chimica nel Villaggio Artigiano di Spezzano, con un moderno e funzionale complesso di circa 1100 Mq. coperti. Un’attività commerciale creata da Giovanni, Luigi e Ennio Cuoghi, già soci della “Braglia & Cuoghi”, che si qualificò, da subito, nella distribuzione di materiale elettrico civile ed industriale, dei componenti dell’automazione, apparecchiature di misura e controllo dell’energia e altre grandezze elettriche. Nell’azienda i compiti erano ben definiti: Luigi responsabile alle vendite, Ennio agli acquisti e il papà Giovanni al ricevimento delle merci. Una famiglia che abitava in una casa colonica all’inizio di Via Ghiarola Nuova: babbo e mamma erano agricoltori e i figli andavano a scuola. Poi l’inizio della tra-

sformazione del territorio da rurale a industriale. I contadini iniziarono pian piano ad abbandonare l’attività agricola per scegliere di lavorare invece nelle ceramiche o nelle piccole e medie aziende che stavano nascendo a ritmi vertiginosi. “Dopo periodi di apprendimento, con l’ap-

Magazzino Cuoghi Due


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poggio alla nostra famiglia, decidemmo di metterci in proprio. Riuscimmo in breve tempo - dicono Luigi e Ennio Cuoghi - a farci conoscere da una clientela a livello del distretto delle ceramiche. La passione per la luce e la tecnologia, che ci accompagnava nel nostro lavoro, ci permise di diventare un punto di riferimento per soluzioni elettriche ed illuminotecniche

sostenibili e complete.” La fase di crescita continuò anche per tutti gli anni ‘80-‘90 “quando - affermano Luigi e Ennio - riuscimmo a creare una struttura in grado di primeggiare anche a livello regionale. I nostri prodotti in vendita inizialmente erano per la Luigi Cuoghi realizzazione e la manutenzione di impianti elettrici civili (per appartamenti, villette e condomini), ma ben presto ci indirizzarono nel fiorente settore industriale della zona. Un grosso impulso nelle vendite - spiegano Luigi e Ennio - lo ebbero le canaline e le catene portacavi, ideali quando il cavo e il cablaggio devono essere tutelati e organizzati sul luogo di lavoro.”

Sede Cuoghi Due, Via della Chimica Spezzano

Sede Cuoghi Due, Via della Chimica Spezzano

Giovanni Cuoghi

Ennio Cuoghi


50 Le risorse aziendali permisero, nel 2000, di svolgere l’attività in un moderno e funzionale complesso di circa 4000 mq. coperti, in Via Ghiarola Nuova 115, strada parallela alla Pedemontana a Fiorano Modenese. “Una nuova logistica efficiente e affidabile, capace - sostengono Luigi e Ennio - di servire i diversi clienti a seconda delle specifiche esigenze individuali.” Lo spazio venne sfruttato nel migliore dei modi. “Avevamo sistemato le scaffalature su tre piani di

Interni uffici Cuoghi Due, anno 1988

camminamento. Le vendite di materiale elettrico erano caratterizzate da un numero elevato di referenze e dalla necessità di gestire materiale estremamente disomogeneo. Si pensi che avevamo 26.000 articoli codificati dei quali 12.000 a magazzino. Questi - continuano Luigi e Ennio - necessitavano di un’estrema flessibilità operativa, tempestività nella gestione degli ordini e la garanzia di una perfetta tracciabilità dei flussi logistici, dovendo gestire dettagliatamente matricole in ingresso e uscita, kit, ordini voluminosi e urgenti, packing list complesse, ricambi, oltre che lareverse logistics”. Un’organizzazione che poteva contare su “personale qualificato nei diversi settori e - puntualizzano Luigi e Ennio - un valido servizio di assistenza e consulenza tecnico commerciale che non si esauriva con la semplice vendita, ma continuava anche dopo.” Nel prosieguo degli anni, l’arrivo della domotica, ossia l’applicazione dell’informatica e dell’elettronica alla gestione delle aziende e delle abitazioni, causa un vero e proprio mutamento del commercio di materiale elettrico. L’evoluzione tecnologica porta ad un aumento dei prodotti, nuove forme di concorrenza derivanti dalla digitalizzazione creano nuove situazioni relative alla gamma e all’assortimento di prodotti. “Inevitabilmente - puntualizza Ennio - abbiamo guardato con particolare attenzione alle automazioni che si stavano realizzando nelle industrie. E questo avvenne commercializzando componentistica e materiali come stava richiedendo in quel momento il mercato. In crescita - asseriscono Luigi e Ennio - la fornitura di blindosbarre, ossia un sistema per l’ali-


51 mentazione elettrica di impianti industriali consistente in un insieme di barre di rame o di alluminio isolate tra loro e chiuse in un involucro metallico, applicato al soffitto o alla parete. Poi gli azionamenti con convertitori di frequenza che erano una componente chiave dei sistemi; fotocellule ad infrarosso e raggio visibile, sensori induttivi e tanti altri prodotti rivolti all’impiantistica e agi strumenti di misura.” “Si può dire - concludono Luigi e Ennio - che siamo stati un’azienda rivolta sempre al cliente; un im-

Cuoghi Due per lo sport

pegno inteso come sforzo costante nel seguire le richieste del mercato ed orientarle soprattutto nella ricerca di nuove soluzioni che il progresso della tecnologia costantemente ci ha offerto durante questi cinquant’anni di attività.” Nell’anno 2018 l’azienda, a seguito di cessione, è rimasta attiva solo come attività immobiliare.


D2 - F.LLI DI GIORNO La predisposizione per carrozzerie e motori delle macchine Giuseppe e Giovanni Di Giorno l’avevano fin da ragazzini, quando hanno frequentato la scuola dell’obbligo a San Donato Ninea, dove abitavano assieme alla loro famiglia. La loro storia può entrare sicuramente in quella grande transumanza di braccia dal Sud dell’Italia verso il distretto ceramico, ma i due fratelli erano motivati dalla voglia di conoscere nuove opportunità, più di quella di emigrare con la tradizionale “valigia di cartone”. Il papà Orlando svolgeva l’attività di tassista e la mamma Tommasina gestiva un negozio di abbigliamento, sempre a San Donato Ninea, in provincia di Cosenza. Spetta Giuseppe sperimentare la prima trasferta. Finite le scuole medie, trascorse un periodo di lavoro in Germania (dove negli anni precedenti era stato anche il padre Orlando). Trovò occupazione in un’azienda metalmeccanica per poi fare ritorno nel borgo calabro, molto bello e caratterizzato da una folta vegetazione e dalla presenza di diverse chiese. Pochi mesi al paese natio e ripartenza per una destinazione che gli segnerà la vita: Fiorano Modenese, un territorio che da agricolo si stava trasformando in industriale. “Nell’agosto del ‘67 inizio a lavorare, come pressista, alla ceramica Principe. A Natale tornai qualche giorno a San Donato. Parlai con mio fratello Giovanni che era as-

sunto come apprendista nell’officina meccanica Maruzzi, di San Sosti. Lo stipendio era inesistente e ogni giorno, Giovanni, doveva percorrere dieci chilometri a piedi all’andata e altrettanti al ritorno, per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa. Troppi!”. Così Giovanni salì in treno con Giuseppe e la destinazione fu sempre quella di Fiorano Modenese.

Famiglia Giovanni Di Giorno con le maestranze D2


53 Giovanni trovò subito lavoro alla “Sedi Plast” che produceva sedie in plastica a Ubersetto. Un materiale che aveva poco a che fare con le aspirazioni dei due fratelli che, ad un certo punto, scelsero indirizzi occupazionali diversi: Giovanni andò a lavorare nella Carrozzeria di Franco Ferrari, per imparare a fare il carrozzaio e battilamiera; Giuseppe iniziò a fare il meccanico prima alla Ceramica Saicis, poi alla Nilpa. Trovò il tempo di frequentare la specializzazione

alla Città dei Ragazzi di Modena e anche di passare qualche pomeriggio, a Ubersetto, nell’officina del maestro Gianni Tagliati. Anche durante il servizio militare non abbandonò il campo: meccanico e autista. Al ritorno, nuovamente alla Saicis prima di approdare alla Darin & Bellentani, concessionaria Fiat, alla Mezzavia di Sassuolo. Ultima tappa del percorso di apprendimento per Giuseppe, fu l’officina meccanica “Soli & Plessi” di Fiorano. Giovanni diventò artigiano carrozzaio nel 1972 e inizio a prestare la sua attività in varie carrozzerie della zona. Successivamente Giovanni, nell’abitazione di Via Cadorna, alla ‘Motta’ di Spezzano, iniziò un lavoro in proprio nel 1976. “Ho deciso di cambiare per sentirmi maggiormente realizzato”, spiega Giovanni. “Ho lasciato un posto

Giuseppe Di Giorno

Giovanni Di Giorno


54 sicuro, una scuola per me, intraprendendo un percorso tutto da scoprire nella consapevolezza che fosse la strada giusta per esprimere le mie convinzioni, la mia forza e creatività.” Giovanni successivamente, visto l’attività in espansione, invitò il fratello Giuseppe con la sua esperienza nella motoristica, ad unirsi nell’attività. La “Officina carrozzeria F.lli Di Giorno” divenne così una delle protagoniste dell’economia territoriale, un insieme di conoscenze ed esperienze lavorative maturate dai due lavoratori direttamente sul campo. La situazione ambientale dovuta alla sede iniziale dell’attività risultò critica, tanto che Giuseppe e Giovanni decisero di acquistare dal Comune di Fiorano un lotto nel Villaggio Artigiano di Spezzano. “A fronte di una prima spesa complessiva di una ventina di milioni avevamo - spiega Giuseppe - una disponibilità di risparmi di soli cinque milioni di lire.

Bussammo, per avere un mutuo, al maggior istituto di credito allora presente a Fiorano, e il direttore ci prese per matti. I tassi si avvicinavano al 18%, ma non ci scoraggiammo. Il direttore dello sportello locale della Cassa di Risparmio di Modena, invece, credette nel nostro progetto e ci permise la realizzazione di una prima parte dei 400 mq. dell’officina. Con il contributo dell’Artigiancassa, un piccolo mutuo Europeo, il grande sogno si avverò ed iniziammo, molto presto, a lavorare nello stabile posto all’intersezione di via dell’Artigianato con Via dell’Elettronica.” Nel corso degli anni, inizialmente, oltre a carrozzerie da risistemare e motori da far ripartire, si producevano in vetroresina anche ‘gusci’ per camper. L’azienda crebbe, assunse dipendenti, diventò prima service dell’Alfa Romeo e poi della Volkswagen; nell’ 82 e fino al 2017, soccorso Aci e punto di riferimento per una clientela molto vasta nel territorio ceramico. Nel 2010 avvenne il grande mutamento, dettato sicuramente da un mercato in continua evoluzione, ma anche dalla volontà di Giuseppe e Giovani di consen-

Giuseppe, Katia e Orlando Di Giorno

Sede azienda Via dell’Artigianato 45, Spezzano


55 tire, alle due nascenti aziende con attività specifiche e divise, di essere governate dai figli e quindi di camminare anche senza la loro diretta guida. In una parte dello stabile, Orlando e Katia, figli di Giuseppe, si misero al timone della nascente “F.lli Di Giorno S.r.l. officina”, mantenendo il service della Volkswagen e la riparazione dei motori. Tommaso e Andrea iniziarono a pilotare la seconda entità imprenditoriale, la “Carrozzeria di Giorno D2 S.r.l.”, in Via dell’Elettronica, specializzata nel restituire l’iniziale splendore alle auto ammaccate e nel restaurare quelle con una certa età.

Sede azienda Via Dell’Artigianato, 45 Spezzano

In una realtà economica come questa, Giuseppe e Giovanni sono riusciti a trasmettere ai propri figli quel sapere artigianale sotto forma di abilità e professionalità non codificate, trasferibili solo attraverso l’insegnamento diretto e la pratica quotidiana. Orlando, Katia, Tommaso e Andrea hanno tutto davanti a loro; non dimenticandosi, davanti alle prime difficoltà, della valigia di cartone di papà Giuseppe, e dei venti chilometri quotidiani che a piedi papà Giovanni doveva fare per imparare un lavoro e prendere una prima e misera busta paga.


DI NOTA ANNA ‘O barbiere, nei quartieri spagnoli che operavano nel territorio modenedi Napoli, è sempre stato consise e, quando poteva, andava anche a derato un lavoro di tutto rispetto. Montegibbio di Sassuolo, dove si trovava un nutrito gruppo di partigiani. In una piccola bottega, gestita Contatti giornalieri con diverse realtà, dal babbo Giuseppe, vicino a via singole personalità ed un raffronto del Toledo ed alla Chiesa cinquerapporto tra una comunità ed il drammaticentesca di Santa Maria della co turbine della guerra. Mercede, Armando Laiso ha La vita di Armando venne in seguito segnainiziato ad imparare questa attività, a capire cos’era un ta dall’incontro con Dimma Montorsi, una rasoio e come si faceva la ragazza di Fiorano; origini e culture diverse barba. li separavano all’inizio, ma ben presto furono Armando Laiso, barbiere durante Ragazzo di bottega senuniti dall’amore. la seconda guerra mondiale za salario, visto che la Dimma aveva una sorella di nome Edmea, ensua famiglia era composta dai genitori e dagli undici figli. Ad Armando piaceva questo lavoro, e nel 1942 le vicissitudini della vita lo portano ad abitare a Fiorano, presso una famiglia che gli dà anche la possibilità di guadagnare qualche cosa. Per Armando, il richiamo di un paio di forbici, un rasoio, un pettine fu fortissimo. Tornò a fare il barbiere con Italo Callegari, in un negozietto posto all’angolo di Via Veneto con Via Santuario. Anni difficili, dove l’Italia era in guerra alleata con i tedeschi. Armando diventò il barbiere dei militari Armando Laiso


57 trambe figlie di Zita Gozzoli, con la quale svolgevano il lavoro di sarte e materassaie; frequentavano le medesime compagnie di amici, andando anche a raccogliere frutta di stagione nei campi dei contadini. All’epoca faceva specie che la Dimma si unisse in matrimonio con “al barbèr napolètan”, uno dei primi immigrati dal meridione giunti da queste parti. Ma non più di tanto: la gente aveva altre cose a cui pensare. Il matrimonio fu celebrato una settimana prima del giorno della Liberazione, da Don Papazzoni, e gli sposi andarono ad abitare in Via Marconi numero 16, affittuari di Gino Dallarosti.

Giuseppe Laiso, apprendista barbiere

Edmea Montorsi

Nascono prima Sofia e poi Giuseppe. Armando apre un salone da barbiere tutto suo, all’angolo di Via Veneto con la Parrocchiale, di proprietà della famiglia Amici. Qui gli subentra Mario Leoni, anche lui barbiere. Armando invece, nel 1952, acquista un locale sotto un piccolo porticato, subito dopo il bar Acli di proprietà di France-

Campionati italiani parrucchieri. Laiso 15° classificato con modello Vincenzo Teggi


58 sco Prampolini, marito di Lucia Partesotti, l’ostetrica che ha fatto nascere, in quegli anni la stragrande maggioranza dei fioranesi. Anni dove l’attività di barbiere si è decisamente trasformata. Sono in molti a ricordare come Armando sapesse maneggiare un rasoio con la leggerezza di una libellula, rendendo i clienti più freschi e belli senza più la loro barba. Una volta fece, bendato, la barba ad un cliente. Esperienza e serietà che il babbo trasferisce al figlio Giuseppe mettendolo, giovanissimo, a condurre un altro salone alla “Fredda Nuova” di Spezzano. “Dovevo contare - ricorda Giuseppe - sulla collaborazione di un mio cugino, che però non se la sentì e così, fino al ‘63, fui protagonista di quella che era una scuola di vita. Il ‘salone’ era diventato un vero e proprio luogo di contatto sociale, in cui si stringevano rapporti e affari, si scambiavano chiacchiere e confidenze oltre al taglio e alla rasatura della barba. Ho partecipato anche ai Campionati Italiani ottenendo, su una novantina di partecipanti, un lusinghiero quindicesimo posto. Come modello avevo portato con me il mio amico Vincenzo Teggi”. Successivamente il salone viene ceduto a Walter Francia. Giuseppe parte per il servizio militare: prima, negli

Alpini, al Car dell’Aquila e poi a Udine, nel reparto trasmissioni. L’attività principale, però, fu quella di barbiere in entrambe le caserme, e questo permise a Giuseppe di acquisire maggior esperienza e rapporto con la clientela. Dopo la naia, al suo ritorno a Fiorano, la precarietà di salute del babbo Armando, fecero sì che Giuseppe si assumesse la responsabilità dell’attività. “Lavoro e tempi cambiavano rapidamente. Un tempo lavoravano anche la domenica mattina, mentre il lunedì, per tradizione, era la giornata di chiusura della bottega e noi ci dedicavano alle pulizie del locale, delle poltrone, dei ferri del mestiere. Ricordo volentieri quando arrivava la fine dell’anno. Regalavano piccoli e profumati calendari a forma di libretto da conservare nel portafoglio. Essendo destinati a un pubblico maschile, una presenza costante era quella delle ‘donnine’, dapprima come fatto esclusivamente decorativo e successivamente anche erotico. Anda-

Giuseppe Laiso, militare

Davide Laiso, davanti al negozio


59 vano a ruba”. Momenti belli e momenti brutti. “Fra questi, non riesco a cancellarlo dalla memoria, per un certo periodo, proprio nel giorno di chiusura, un nostro collaboratore è andato a fare gratuitamente barba e capelli agli anziani della Casa di Riposo. Il suo lavoro gratuito fu richiesto perché chi lo faceva precedentemente non aveva un buon rapporto con queste persone anziane. Alla fine dell’anno, i responsabili della struttura, gli regalarono 150.000 Lire. Era minorenne e in banca non gli scambiarono l’assegno. Questo bastò a far dire ad un altro barbiere di Fiorano che i soldi li avevamo intascati noi. Una meschinità che il tempo non ha attenuato”. Con l’abbattimento dell’intero rione davanti alla Parrocchiale di Fiorano, nel ’90 Giuseppe Laiso spostò il suo salone, poco distante, all’intersezione di Via Bonincontro con Via Veneto. Accanto a lui, nel lavoro quotidiano, la moglie Anna Di Nota, già titolare di un negozio da parrucchiera a

Sassuolo, che successivamente (nell’anno 1992) subentra nella gestione dell’attività. Nel 2018, stanco di fare l’animatore nei villaggi turistici sparsi nel mondo, Davide, figlio di Anna e Giuseppe, decise di prendere, rasoi, pettini, macchinette e lozioni varie al posto del microfono. Inizia a gestire insieme alla mamma il salone dimostrando, da subito, talento, formazione e l’entusiasmo adatti a mandare avanti, come quarta generazione, la bottega da sempre conosciuta come quella dal “fiòl dal napuletàn”. “E pensare - conclude babbo Giuseppe - che per me è stato sempre un complimento, mai nessuno me lo ha detto in tono offensivo, e un ottimo biglietto di presentazione vista e riconosciuta la maestria dei barbieri di Napoli”.

Davide Laiso, Anna Di Nota e Giuseppe Laiso

Davide Laiso, barbiere


DORETTO MASSIMO Allora voi siete stati emigranti? “No, siamo nati cittadini italiani a Udine e a Pavullo nel Frignano. Emigranti lo siamo diventati arrivando in Venezuela, dove abbiamo abitato; ci siamo sposati a Caracas e nel ’61 siamo ritornati in Patria, italiani a tutti gli effetti.” È sicuramente la parte più importante della vita di due giovani, Giovanni e Maria Luisa, che non si conoscevano e che, all’inizio degli anni ‘50, avevano cercato fortuna e benessere in Venezuela. Va ricordato che il numero degli stranieri giunti in questo Paese Sudamericano raggiunse, nel 1957, la cifra di 150.361. La percentuale corrispondente agli italiani fu del 34,3% nel 1955, del 16,2% nel 1958 e del 18,3% nel 1961. Giovanni Doretto, a 19 anni, partì da Udine con la sola valigia di cartone alla volta di Genova. In tasca un indispensabile contratto di lavoro con un carrozzaio di Caracas, necessario per l’entrata in territorio venezuelano. Mestiere imparato dal padre Riccardo che già negli anni ‘20 riparava carrozze e le prime auto. Dopo un viaggio in nave durato un mese, Giovanni trovò occupazione anche alla “General Motors”, poi tornò ad aggiustare carrozzerie di auto per lo più “made in Usa”, in quella terra tanto lontana da Udine. Si trovava a Caracas anche Maria Luisa Perini, insieme ai suoi genitori, tutti arriGiovanni Doretto in Venezuela


61 vati da Pavullo nel Frignano. Chacao, oltre a Catia e Sabana Grande, erano i quartieri della capitale in cui si concentrano gli emigrati italiani. Siamo nel 1954, quando Giovanni e Maria si conoscono probabilmente davanti al Cafetin italiano, si fidanzano, e nel 1956 si sposano nella capitale venezuelana. Cinque anni dopo decidono di tornare in Italia e si stabiliscono a Modena. Qui nasce Laura, la prima figlia; Giovanni fa sempre il carrozzaio e nel ‘65 trasferisce a Correggio attività e famiglia, quest’ultima nel frattempo cresciuta con l’arrivo di Massimo. Di macchine da riparare ce ne sono molte e questo permette, nel ‘70, alla famiglia di Giovanni e Maria Luisa di acquistare del terreno a Ubersetto di Fiorano Modenese. In Via Viazza Secondo Tronco, costruiscono un laboratorio per l’attività artigianale di carrozziere e l’abitazione propria. Nasce, nel ‘74, anche Alessandro, terzo figlio della coppia. Possono considerarsi gli anni del boom dell’automobile e proprio in quel periodo il carrozziere cominciò a sviluppare maggiormente la sua attività. “Si lavorava duro”, ricorda Giovanni. “La benzina costava cara e l’auto era un bene che ci si poteva permettere senza i comfort di oggi: alzacristalli elettrici, poggiatesta, aria condizionata erano un lusso e questo comportava anche continui aggiornamenti per noi carrozzai. Ho passato anni - sottolinea Giovanni - a rivitalizzare auto danneggiate passando ore e ore accanto a loro e, a lavoro finito, provavo una grande gioia, per il risultato ottenuto e come da amante delle quattro

ruote.” I figli studiano e poi prendono strade diverse: Laura si interessò di sistemi di sicurezza e Alessandro di

Massimo Doretto ingresso carozzeria Via Viazza II° Tronco, Ubersetto


62 caldaie. Massimo, invece, dopo la prima superiore, iniziò a collaborare con il padre Giovanni fino a quando, nel ‘95, rilevò l’azienda dove, per un lungo periodo, aveva operato anche il nonno Riccardo. “Un passaggio di testimone dove, come figlio, sono stato considerato una risorsa. Da parte mia - sottolinea Massimo - ho sempre nutrito una grande stima e gratitudine per quello che mio padre e mia madre hanno realizzato nella propria vita, ed i valori che hanno voluto trasmettermi.” Nel frattempo Massimo, nel tempo libero, coltivò una sua grande passione legata al motorally, una specialità di orientamento e navigazione, a regolarità di marcia. Le prove si svolgono su percorsi di varia tipologia, dalle normali strade asfaltate fino a sterrati e sentieri. Per Massimo arrivarono sei titoli italiani di categoria, oltre alla partecipazione a diverse gare internazionali in Tunisia, Dubai, Grecia e Tailandia. E anche nella sua carrozzeria, di Via Viazza, si restauravano, fra l’altro, moto e macchine da rally. “Ho dato una sistemata alle carrozzerie - spiega Massimo - delle Opel da rally: prima a quella dell’ex-tennista Adriana Panatta e poi all’auto del calciatore del Milan Daniele Massaro. In generale la clientela era privata, ma anche qualche azienda industriale della zona ci faceva lavorare. La mia idea di sviluppo è stata molto semplice: mantenere una dimensione tale da assicurare un reddito e una sicurezza adeguati alla mia famiglia, senza correre eccessivi momenti di criticità”. Il settore, a partire dagli anni ’80, subì una rivoluzione.

La tecnologia assunse un ruolo quasi predominante, con la sostituzione delle ossiacetileniche con equipaggiamenti per la saldatura con punti di resistenza e con arco continuo, che aumentarono il controllo e il risultato finale, e la tecnica di riparazione dei pannelli con attrezzatura spot, basata fondamentalmente su saldatura di chiodi o viti, che permettevano il ripristino del danno dall’esterno quando non fosse stato possibile intervenire con tasso e martello. “Ma un bravo carrozziere - conclude Massimo, deve sapere fare di tutto ed avere, come mi hanno sempre insegnato mio nonno Riccardo e mio padre Giovanni, la capacità di analizzare i problemi, anche imprevisti, di individuare e prospettare le possibili soluzioni ai clienti. Ho cercato di portare avanti questi principi e credo che alla fine siano risultati vincenti.”

Massimo Doretto, campione Italiano


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Massimo Doretto


E.A. EDILIZIA ARTIGIANALE Aprire un’impresa edile rappresentava, a metà degli anni ‘70, una scommessa dall’esito incerto. Sicuramente, il lavoro non mancava su un territorio che da agricolo si stava trasformando in un grande distretto industriale (quello ceramico), dove migliaia di operai, per lo più immigrati dal Sud dell’Italia, avevano bisogno di una casa dove abitare. L’idea di ‘mettersi in proprio’ fece operare insieme Emilio Pinelli e Roberto Galli che, per esperienze professionali, venivano da mondi diversi ma complementari, per la creazione di un business plan necessario a dare vita alla ‘Edilizia Artigianale di Emilio Pinelli e Roberto Galli’, con sede a Sassuolo, in Via Circonvallazione Nord Est 229. Emilio, per diversi anni, era stato responsabile della produzione in alcune aziende ceramiche; Roberto lavorava all’ufficio acquisti di uno dei maggiori gruppi ceramici ed aveva conseguito, al momento dell’impegno scolastico, il diploma di geometra. La sua cognizione sulle progettazioni strutturali abbinate alla professionalità lavorativa di Emilio hanno caratterizzato, da subito, l’azienda con un target specifico: non solo ristrutturazioni, ma anche la costruzione e vendita di abitazioni. “Il nostro primo lavoro - dice Emilio - fu la realizzazione di tre ville per clienti, in

via Mercadante, a Sassuolo. Non fu difficile venderle, visto che in quegli anni la fase espansiva dell’edilizia era prevalentemente nelle nuove abitazioni residenziali. Era concentrata principalmente nei comuni strategici dal punto di vista economico, quelli in grado di offrire maggiori opportunità occupazionali. Avevamo alle nostre dipendenze un certo numero di ope-

Emilio Pinelli e Mara Bonvicini. Opere di fondazione


65 rai e riuscivamo a far fronte anche alle richieste che ci pervenivano dall’industria che si stava espandendo a macchia d’olio su tutto il territorio.” Fra le tante opere realizzate, Emilio ricorda “i capannoni dell’officina Lala, in Via per Sassuolo, a Formigine.” Periodo di benessere per il settore edile dovuto senz’altro all’incremento demografico ed ai fenomeni migratori, alla riduzione dei tassi di sconto e anche alla crescita della spesa per le opere pubbliche. All’inizio degli anni ‘80 il comparto subì una prima crisi di crescita, in concomitanza con il momento negativo dal punto di vista economico per l’Italia e diversi paesi europei.

“Visto il calo di domanda d’abitazione che si registrava a Sassuolo e dintorni decidemmo - sottolinea Emilio - di trasferirci con l’attività operativa nel Comune di Castelnuovo Rangone. Qui le costruzioni di nuove case, pur con un trend rallentato, proseguivano, per le richieste di persone che intendevano prendere casa in vicinanza di Modena; così come per la presenza di grosse entità alimentari che traevano beneficio soprattutto dall’export garantendo occupazione e, quindi, salari. Poi era in atto, e ancora viva rispetto ad altre zone, una dinamica di realizzare rendite grazie all’espansione edilizia.” Roberto Galli e Emilio Pinelli caratterizzarono sempre

Luca e Emilio Pinelli, realizzazione tetto quattro ville a schiera

Natale Nava, Renzo Notari, Emilio Pinelli, Mara Bonvicini. Muro in elevazione in calcestruzzo


66 di più la loro impresa dalla presenza di pochi lavoratori qualificati, effettuando costruzioni per un mercato in continua evoluzione che garantirono una buona fonte di guadagno. La crisi finanziaria che aveva coinvolto fortemente il settore progressivamente stava passando; il mercato immobiliare si stava normalizzando e aumentavano nuovamente gli investitori disposti fortemente a scommettere nell’edilizia. A volte determinati lavori furono appaltati a ditte esterne specializzate, ad esempio, nell’intonacatura, nella pavimentazione, nell’escavazione delle fondamenta, nell’idraulica e elettricità. Si effettuarono opere di ristrutturazione in edifici industriali come quello di “Montorsi”, a Magreta. E si realizzarono diverse celle frigorifere, sempre per l’industria alimentare. Tante le modifiche a macelli e spazi per la lavorazione delle carni. Purtroppo, nel 2008, la crisi economica mondiale non risparmiò il settore delle costruzioni edili. “La recessione in edilizia - afferma Emilio - erose in cinque anni, dal 2007 al 2012, il 25,8% degli investimenti in costruzioni. Una crisi che arrivò dopo nove anni di crescita ininterrotta, dal 1999 al 2007, ma che riportò indietro il settore, sempre in valori reali, al livello più basso dal 1970. Le nostre piccole imprese - continua Emilio - sentirono pesantemente gli effetti di questa congiuntura. Noi realizzavamo case per poi rivenderle: nel quinquennio 2007-2012 il nostro settore ha perso il 44,4% del suo valore reale.” Dal 2000 al 2008 i prezzi delle abitazioni registrarono

un incremento dell’83,5%, seguito da un decremento del 22,6% dal 2008 al 2015. Nonostante tutto, Roberto Galli ed Emilio Pinelli non si sono arresi. “Posso dare una spiegazione a tutto questo considerando alcuni aspetti - sostiene Emilio - che sono stati le nostre linee guida in tutti questi anni: competenza e preparazione, impegno e passione; idoneità relazionali con clienti e collaboratori; capacità di rispettare le scadenze e sapere organizzare il lavoro. Ecco perché abbiamo sempre guardato il futuro con fiducia.”

Getto solaio


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Carpentieri e ferraioli nella realizzazione di un solaio


ELETTROBASE - ELETTROBASE VSA Gli anni ‘60 segnarono, anche per il territorio di Sassuolo e tistica, la società “Sicel”, controllata Fiorano, il progressivo abbandono dei lavori nei campi e l’ida Sergio Braglia e Luigi Cuoghi. In seguito, con una quota minima, entranizio di un grande sviluppo di attività imprenditoriali, che si rono nel capitale alcuni dipendenti. Nel tradusse inevitabilmente in un aumento dell’uso di energia 1983, Luigi e il fratello Ennio Cuoghi, già elettrica. Da qui la necessità di figure professionali esperte soci inizialmente della Sicel, lasciarono la di impianti elettrici, forza motrice, cabine di trasformasocietà per dare vita ad una nuova entità zione, così come di punti di vendita dove poter reperire il imprenditoriale chiamata “Cuoghi Due” in materiale necessario per i ricambi e le nuove installazioVia Pedemontana 116. ni. Le scuole professionali non fornivano tecnici suffiNel 2006, a causa di alcune divergenze intercientemente preparati, a parte gli studenti che uscivano dalla “Don Dorino” di Sassuolo o dalle “Corni” di ne, Sergio Braglia se ne andò dalla Sicel ed Modena. iniziò una collaborazione, come responsabile Viste le grandi opportunità offerte dal mercato, Sertecnico, nell’attività artigianale del figlio Marco. Quest’ultimo, diplomato elettrotecnico all’ITI di gio Braglia e Luigi Cuoghi costituirono una società Sassuolo, dopo essere stato dipendente della di fatto, sotto il nome di “Braglia & Cuoghi” specializzata in impiantistica elettrica. La prima sede fu in un piccolo locale in Via Ghiarola Nuova, a Fiorano. Dopo un po’ di tempo l’azienda si trasferì di qualche decina di metri, trovando spazi maggiori dove iniziò anche la vendita di materiale elettrico con l’ausilio di personale dipendente sia per i lavori di impiantistica che per l’attività commerciale. Quest’ultima, successivamente, si trasferì in un capannone in Via della Chimica, al Villaggio Artigiano, di Spezzano. Nel 1977 venne creata, solo per l’impianMaestranze Elettrobase


69 Sicel, assieme alla moglie, nel 1996, aveva creato la “Elettrobase Snc” in Via San Gregorio a Sassuolo. Società divenuta nel 2000 ditta individuale di Marco Braglia, per poi cessare nel 2008 e dare vita alla nuova società Elettrobase Srl, con sede in Via San Pietro n.52. Successivamente, nel 2017, la società si ampliò ulteriormente con la costituzione della società “Elettrobase VSA Srl”, specializzata nel montaggio dei magazzini verticali. Le due attività davano lavoro ad una trentina di dipendenti ed annoveravano come socio, assieme a Marco, il fratello Francesco. Enrico, terzo figlio di Sergio, invece scelse l’attività di parrucchiere. L’ingresso di papà Sergio nell’azienda rappresentò il trasferimento da una generazione all’altra di un vero e proprio patrimonio di knowhow e competenze di gestione, acquisite in anni di esperienza. Le due aziende, grazie anche all’ingresso del padre, si consolidarono ulteriormente arrivando ad una gestione consapevole; Francesco Braglia

pianificazione e preparazione delle risorse imprenditoriali diventarono concetti chiave, nonché azioni per assicurare un processo di sviluppo dell’azienda che le ha permesso di restare sul mercato in modo competitivo. “Siamo diventati nel corso degli anni evidenzia Marco - il benchmark di clienti e fornitori di un ampio mercato impiantistico che ricercava prodotti, soluzioni e competenza per quadri elettrici, automazione, domotica, sicurezza, illuminazione, climatizzazione, antenne, cavi, fotovoltaico ed energie alternative.” “Siamo stati impegnati costantemente nello sviluppo delle competenze dei nostri dipendenti, formando e aggiornando periodicamente il personale, e garantendo il presidio delle funzioni strategiche”, spiega Marco. “Occorre continuare - prosegue l’imprenditore - ad aggiornarsi, studiare, partecipare a corsi. Basti pensare che all’inizio le componenti elettroniche erano talmente voluminose da occupare grandi spazi nei quadri elettrici. In seguito, l’elettronica e il software hanno innovato radicalmente l’automazione.” Nonostante l’attuale clima economico, Marco Braglia è moderatamente soddisfatto della propria attività e fiducioso circa il futuro. “Sono consapevole - conclude Marco Braglia - che dovrò affrontare ancora tante sfide difficili, ma rimango concentrato sugli aspetti positivi che il mio lavoro continuerà a presentarmi. Per ultimo un ringraziamento per le testimonianze dei nostri clienti, una conferma che il nostro lavoro è svolto in un clima di fiducia e professionalità.”


ELETTRONICA LEONARDI Elettricità, mon amour. na presenti in quello che era il magNon si ferma un attimo: pensionato, è impossibile trovarlo gior gruppo ceramico di allora. È stato fermo nel suo ufficio al primo piano della “Sada Cavi”, in il mio apprendistato prima di passare Via dell’Industria, a Spezzano. Mario Leonardi è in contiagli impianti elettrici aziendali”. nuo movimento da un ufficio all’altro, e lo trovi a scambiaTrascorrono una decina di anni e Mario re opinioni con tecnici, fornitori, clienti, maestranze ed i Leonardi sente che il lavoro da dipendenfigli Daniele e Sara, che hanno raccolto il testimone nella te gli va sempre più stretto, e che il mercato è in grado di offrirgli molto di più. conduzione dell’azienda. Lascia il limbo del dubbio, abbandona la Succedeva, all’inizio della sua attività d’artigiano, che Marca Corona e fa il grande salto che camnon si fermasse nemmeno di notte e nei giorni festivi, quando il telefono sul comodino della camera da bia radicalmente la sua vita. letto poteva suonare in qualsiasi ora; dall’altro capo È convinto di partire con il piede giusto: costidel filo, si richiedeva il suo intervento per improvvisi tuisce l’Elettronica Leonardi. guasti elettrici agli impianti ceramici. “Prima commessa - rammenta Mario - fu l’imOggi Mario Leonardi, affiancato costantemente piantistica elettrica alla ceramica Settecento di dalla moglie Orianna, è riuscito a plasmare un’oliata e perfetta macchina aziendale, ma il percorso di questi cinquant’anni di attività non è stato facile. “Dopo la terza media - racconta Mario - sono andato a lavorare alla ‘Marca Corona’. Era il 1957 ed avevo 14 anni. Dietro casa, perché fu costruita (dalla Marazzi) dove mio padre conduceva il podere che non era di sua proprietà fra Spezzano e Fiorano. Mi misero con la squadra elettricisti e il mio debutto lavorativo fu quello di mettere una luce davanti a tutte le immagini della MadonOrianna Filanci


71 Spezzano. Internamente, ho iniziato a produrre gli impianti elettrici per le smaltatrici dell’officina Omis, per i forni Coel, avvalendomi della collaborazione di tecnici e apprendisti. Abbiamo realizzato - elenca Mario - tutti assieme, salvamotori sempre per le smaltatrici, mini compenser automatici verticali che programmavano il passaggio delle piastrelle, circuiti stampati per schede elettroniche. Poi quadri di comando per gli impianti di pesatura, cabine di distribuzione di forza motrice. Lavoravamo, con una quindicina di dipendenti, esclusivamente per l’industria ceramica”. Si arriva così all’inizio degli anni ‘80. Mario Leonardi intravede una nuova opportunità imprenditoriale. Di cavi elettrici ne ha usati tantissimi nella sua esperienza lavorativa, nell’elettronica finalizzata alle automazioni di produzione. Intuisce Leonadi Mario con il primio camioncino del’azienda

Mario Leonardi

Mario e Daniele Leonardi


72 le potenzialità di mercato di questo prodotto; il suo obiettivo è di avere un piazzale pieno di bobine e di commercializzare questi conduttori di corrente che rappresentano una grande opportunità per il futuro. Nasce, nel 1980, la “Sada Cavi Spa” (Sada sono le iniziali di Sara e Davide, figli di Mario e Orianna). Mario Leonardi raddoppia il capannone di Via Ferrari Carazzoli e a fianco dell’Elettronica Leonardi trova spazio questo nuova attività imprenditoriale. “Commercializzavamo e realizzavamo cavi e cablaggi elettrici industriali sia in bobine che in matasse”, fa notare Mario. Il trend economico è positivo, tanto che nel 1986 la Sada si trasferisce in Via Bucciardi,

sempre a Fiorano. Sostanzialmente, Mario Leonardi aveva individuato un bisogno e lo aveva fatto incontrare con il suo talento e creatività. Prosegue il progetto di crescita aziendale in modo semplice e diretto, perché non c’era tempo per errori o per inseguire miti e false speranze; nel 1998, la Sada Cavi si trasferisce nel Villaggio Artigiano di Spezzano, in Via dell’Industria, su una superficie di 8.000 mq. coperti e un’area deposito molto più vasta. “Fin dall’inizio - chiarisce Mario - ci siamo dotati di alta tecnologia. In modo particolare di un magazzino completamente automatizzato, con la capienza di oltre 1.600 bobine di cavi elettrici in stoccaggio. Una linea di taglio ed avvolgimento cavi completamente automatica e con la misurazione dei cavi a seconda delle commesse ricevute.” La logistica è dotata di un impianto particolarmente

Maestranze Sada Cavi

Sara e Mario Leonardi


73 tecnologico. Nell’ampio piazzale girano carrelli elevatori elettronici muniti di computer a bordo e penne ottiche. “Sono forniti - pone in evidenza l’imprenditore - di un sistema ‘Trake-Rale’ e‘Trasponder’ per la identificazione del prodotto a terra. Tutto è stato realizzato e progettato con la collaborazione della Elettronica Leonardi”. E anche per queste due identità imprenditoriali è arrivato il momento del ricambio generazionale. Daniele e Sara, figli di Mario e Orianna, sono entrati a far parte delle due aziende. Non si è trattato solo di un passaggio di impegni, ma il trasferimento del know-how aziendale, delle conoscenze e delle competenze manageriali, con l’obiet-

Sede Sada Cavi in Via Dell’Elettronica, Spezzano

tivo di garantire la continuità dell’azienda e l’innovazione della stessa. Daniele si occupa della gestione aziendale, della conoscenza e dell’espansione di nuovi mercati e della ricerca e dello sviluppo. Al suo fianco è arrivata la figlia Angela. Quindi siamo alla terza generazione. Nell’era della globalizzazione, le nuove tecnologie richiedono competenze che i giovani come Angela hanno maggiore facilità nell’acquisire. Mutano le forme imprenditoriali e la “Sada Cavi” sta già inserendo le innovazioni e le tecnologie che favoriranno la rinascita e l’espansione dell’azienda. Chi non mancherà, fra bobine di cavi e carrelli, sarà sicuramente Mario Leonardi, che dispenserà sempre consigli a tutti. Il primo amore non si scorda mai.


F.LLI MESINI Sabbia del Po, cemento, rigoni, setaccio, betoniera e cazminiano invitò Franco a costituire una società assieme al fratello Luciano. zuola. Poi il frattazzo: uno strumento d’appoggio per la malEvidentemente, attraverso la saggezza ta che doveva essere applicata sulla parete da lisciare. contadina, aveva intuito il grande merErano questi gli strumenti di lavoro che per una ventina cato edilizio che stava interessando tutti d’anni sono stati indispensabili ai fratelli Luciano e Franco i territori comunali pedemontani. Si pensi Mesini, nel portare avanti la loro attività di intonacatori. che, nel periodo dal 1971 al 1981, furono Poi sono arrivati macchinari a soppiantare parte del lavoro manuale; ma nel ‘79, interni ed esterni di abitazioni realizzati 2.002 nuovi alloggi nella sola Fiocivili e industriali, erano ancora ricoperti da un sottile rano con una variazione del 74% rispetto strato malta realizzata con questi attrezzi. al decennio precedente, che già aveva regiLuciano, terminate le scuole d’obbligo, iniziò subito a strato un + 76%. lavorare in questa attività nell’azienda edile F.lli Rivi “Il nostro primo lavoro - ricorda Franco - fu di Sassuolo. Unica pausa, i quindici mesi di servizio l’intonacatura delle cucine e dei bagni in una militare, passati prima a Pisa e poi alla “Vannucci” serie di villette realizzate nel Parco Ducale di di Livorno nel corpo dei paracadutisti. Sassuolo. Poi proseguimmo intonacando resiFranco, invece, si diplomò elettrotecnico alla Citdenze private ricevendo le commissioni di lavoro tà dei Ragazzi di Modena; passò le vacanze afdirettamente dai proprietari o dalle aziende edili finando il mestiere alla ceramica Gresital e da costruttrici degli stabili.” Giovanni Vivi. La sede iniziale dell’azienda era in Via Mameli, a Venne poi assunto, come elettricista, da BraFiorano; Luciano e Franco effettuavano anche pitglia & Cuoghi, sempre un’azienda di Fiorature per l’edilizia, che in quegli anni si stava evolvenno. Obblighi di leva prima a Cassino e poi do notevolmente. “La tecnologia e l’avvento di nuovi a Otranto, alla base radar dell’Aeronautimateriali - dice Franco - avevano imposto a noi intonaca Militare. Papà Geminiano, assieme alla catori un aggiornamento continuo sulle innovazioni e le mamma Pasquina, coltivavano un podere nuove applicazioni. Nel settore delle pitture per esterni in Via Ghiarola Vecchia a Fiorano. Con loro erano quattro i tipi di prodotti largamente utilizzati: riveanche altri due figli: Enzo e Domenico. stimenti plastici, quarzi, silicati e silossanici. Noi abbiamo Si arrivò così nel 1979, quando papà Gefatto molti rivestimenti plastici che erano pitture di natu-


75 ra organica basati su emulsioni acquose, che furono introdotti sul mercato e poi usati intensivamente in quegli anni ‘80. Effettuavamo la pittura graffiata che era un tipo di effetto di tinteggiatura molto utilizzato, soprattutto per le pareti esterne di un’abitazione. Sostanzialmente - spiega Franco - con una particolare tecnica si otteneva alla fine una fantastica parete colorata e rigata che, a volte, serviva anche per mitigare eventuali imperfezioni delle mura.” All’inizio del 1990, Luciano e Franco acquistarono un’intonacatrice. “Questo - precisa Franco - ha cambiato completamente il nostro modo di lavorare. Si trattava di una macchina edile per l’applicazione dell’intonaco su muri, pareti o soffitti. Versavamo il materiale nella tra-

Franco e Luciano Mesini

moggia che, tramite un sistema di pompaggio, veniva spinto nella tubazione. Con una lancia spruzzatrice il materiale veniva polverizzato sul parete tramite l’ utilizzo di aria compressa posta sulla lancia stessa. I costi del lavoro, inevitabilmente, erano aumentati, ma i tempi di intonacatura, ad esempio di una camera, si erano dimezzati.” Franco e Luciano non disdegnarono le applicazioni con il cartongesso perché “si adattava velocemente e facilmente poteva essere rimosso; costava poco e ai progettisti piaceva molto perché era estremamente versatile e poteva essere modellato, assecondando così l’aspetto creativo del loro linguaggio.” Intanto l’azienda poteva contare, durante il periodo estivo, sulla collaborazione di Alberto, Matteo, Daniele e Mirco, figli dei titolari. Per un certo periodo mutò anche la ragione sociale. Entrò Mirella, moglie di Luciano, e la sede fu collocata in Piazza Cappelli. Quando per Luciano arrivò il periodo della pensione, la società si trasformò in “F.lli Mesini di Mesini Franco & C.”, con sede in Via Circondariale San Francesco, società formata da Franco e dalla moglie Luciana. “Il percorso fatto è stato lungo, ma il lavoro non ci è mai mancato. L’intonacatore è un mestiere duro, pericoloso perché si lavora su impalcature, ma va anche detto - termina Franco - che è un artigiano che valuta, studia, misura, analizza e solo alla fine applica l’intonaco sulle superfici. Noi abbiamo sempre messo la nostra esperienza, ma anche la voglia di porsi in gioco e di poter progredire in un mercato sempre più difficile per la categoria.”


FERRAMENTA PELLATI EZIO Quando si entra in un negozio di ferramenta, ti guardi intorno e comprendi subito la storia che si porta dietro. Zeppo di oggetti, alcuni riconoscibili anche a chi non è appassionato di bricolage, altri misteriosi, altri ancora che richiamano l’attenzione degli addetti di particolari attività. Un’atmosfera che si respira da tempo, nell’esercizio di Ezio Pellati, che è sempre stato un preciso punto di riferimento a Spezzano. Si tratta di un’attività che da quel posto, in Via Tagliamento 9, non si è spostata da quarant’anni. Oggi, all’interno, Ezio continua a muoversi a completo agio fra cassetti e scaffali, assieme al fratello Roberto, assunto nel ‘92 dopo un’esperienza lavorativa alla Ferrari di Maranello. Assieme a loro, Davide e Christian, figli di Ezio, inclusi nel negozio il primo nel 2000 ed il secondo tre anni dopo. Nel 2006, per il papà arrivò l’età della pensione. Assieme ai due figli, che già facevano ‘gavetta’ nel negozio, costituì una società. Davide, grazie ai suoi studi universitari d’economia e commercio, si interessò, assieme ad una impiegata, alla contabilità; Christian, dopo aver frequentato l’Istituto Tecnico Industriale di Sassuolo, si mise al banco a servire la clientela. Un modello operativo e di impresa famigliare che incarnava i caratteri tipici della

cultura imprenditoriale delle piccole aziende di questo territorio; vale a dire capacità creativa, forza di volontà, determinazione e voglia di emergere. Tutto questo si mise alla prova, nel 2010, con la successione nella titolarità della ferramenta, tra padre e figli, che “ha significato - spiega Ezio - la continuità dell’attività attraverso l’obiettivo di adattarsi e ridefinirsi alla luce degli avvenimenti che via via

Interno negozio


77 si manifestano nel tempo.” Il papà, ad ogni modo, era ed è ancora presente. “Non riesco a rimanere in pantofole in casa o parlare al bar. Aiuto i miei figli - ammette Ezio - interessandomi degli acquisti, delle consegne e nella preparazione degli ordini. Con Davide e Christian c’è sempre stato un rapporto molto diretto. Ho cercato di non comandare, ma di insegnare facendo sempre presente gli errori spiegando loro spesso di non aver mai avuto timori nel delegare e ascoltare per il bene dell’intera famiglia e dell’azienda.” Un amore indissolubile verso questa attività commerciale, ed i metri quadri di mostra degli oggetti. Viene comunemente chiamata nell’ambiente “Wunderkammer”, ossia la “stanza delle meraviglie”, che Ezio riuscì a realizzare nel lontano 1978, mettendo in bella visione sulle scaffalature parti di rubinetti, caschi da lavoro, pinze di ogni tipo, forbici per il giardinaggio,

flessibili, chiodi, rivetti, colori, bulloni. Un elenco di oggetti, che per Ezio erano veramente meraviglie, e lo ripagavano per anni di duro lavoro nel corso dei quali aveva fatto diversi mestieri, acquisendo esperienza fondamentali per poi arrivare ad aprire il negozio di ferramenta. Ezio nasce a Montagnana di Serramazzoni. I suoi genitori sono agricoltori e lui, dopo le scuole elementari, frequentò l’Istituto professionale a Monfestino. Nel ‘70 la sua famiglia si trasferì a Spezzano. Ezio si mise a vendere enciclopedie, poi passò, quasi subito, alla ceramica Sassuolgres a caricare manualmente le piastrelle sui camion. Dopo pochi mesi venne assunto al maglificio Pellati di Maranello, dove rimase cinque anni; rapporto di lavoro interrotto dalla chiamata di leva. Ezio indossò la divisa e passò quindici mesi a Venzone, piccolo paese del Friuli, nella confluenza di due importanti

1977 richiesta licenza Comune Fiorano

Esterno negozio


78 valli: quella del Tagliamento, che porta in Carnia, e il Canal del Ferro, nel corpo degli Alpini. Dopo il congedo venne assunto al maglificio “Ritan” di Via Radici in Piano e nel ‘72, momento importantissimo, sposò Annamaria Mediani. Intanto il suo papà acquistò un lotto di terreno in Via Tevere, a Spezzano, dove fece costruire l’abitazione di famiglia. Ezio aveva difficoltà di adattamento con l’orario nel maglificio, soprattutto con il turno di notte. In seguito, per un certo periodo, lavorò con il corriere Guaitoli di Sassuolo e, fra una consegna e l’altra, scoprì l’attività di ferramenta condotta da Mauro Roncaglia, in via San Giorgio, sempre a Sassuolo. Nel frattempo, venne al mondo Davide, il primo figlio: siamo nel 1973. Al babbo si offrì la possibilità di essere assunto pro-

Furgone per consegne

prio da Roncaglia: Ezio accettò volentieri ed iniziò un vero e proprio apprendistato in questa ferramenta nel centro di Sassuolo. Un’attività che gli piaceva tanto e lo portò, nel 1977, a presentare domanda per ottenere una licenza commerciale di ferramenta nel Comune di Fiorano. Gli venne concessa un anno dopo e così Ezio fu in grado di coronare quello che era diventato il suo grande sogno: un negozio di ferramenta tutto suo, che aprì nel dicembre del 1978. “Zero gli aiuti finanziari per dare concretezza a quel mio obiettivo; le banche - spiega Ezio - chiedevano tassi altissimi, i fornitori ti davano la merce solo se facevi ordini superiori a somme che non possedevo. Disponevo di una certa esperienza nel settore, ero libero di scegliere l’assortimento di prodotti da offrire alla clientela dell’area di incidenza del mio negozio e avevo idee precise sulle potenzialità del mercato. Inizialmente, attraverso una clientela privata, mi sono fatto conoscere - chiarisce Ezio - iniziando così a guadagnare e guardare il futuro con fiducia. Niente ferie, pochissimi divertimenti e tempi di lavoro che non avevano mai l’orologio come punto di riferimento, Dopo due anni, visto l’aumento della clientela, mia moglie lasciò il posto alla Sas e venne ad aiutarmi nell’amministrazione dell’azienda.” Nel 1982 nacque anche Christian, il secondo figlio di Annamaria e Ezio. Cambiava anche l’utenza della ferramenta: in Via Tagliamento, calavano nettamente i clienti privati (che rappresentavano il 20% del fatturato) e la maggior


79 parte del giro di affari era costituito da acquirenti specialisti della casa e dell’arredo, lavoratori edili e aziende della zona. “Per un certo periodo - prosegue Ezio - ci siamo affidati anche a Internet per vendere on-line i prodotti del nostro negozio. È stata un’esperienza ritenuta positiva nonostante per gli alti costi nel mantenere attiva la piattaforma. Abbiamo abbandonato questo progetto analizzato i numeri, sempre fedele alla no-

Ezio, Christian e Roberto Pellati

stra etica e ai nostri principi.”Di anni ne sono passati tanti, nel negozio di Via Tagliamento. Davide e Christian sono diventati uomini, guardando sicuramente al padre come un esempio da seguire. “L’auspicio è che possano continuare in questa attività - termina Ezio - con la libertà di esprimere le proprie idee commerciali come avevo io quarant’anni fa, e che rappresentano sempre la chiave positiva dell’evoluzione del business futuro.”


LADY Idee, creatività e sviluppo di un percorso di ricerca grafica “Lady” che ebbe la sua prima sede in e applicativa in un comparto che stava nascendo, sul finire una parte dello stabile occupato dalla degli anni ‘70, nel distretto ceramico sassolese. Fratelli Vandelli. Prerogative di un’attività battezzata come ‘terzo fuoco’: Luciano dalle lamiere si trasferì alle piaapplicata ad una piastrella che aveva già subito due fasi di cottura per aggiungere, nelle molteplici tecniche, le decorazioni. Nell’arco di qualche anno, ‘terzo fuoco’ assunse nell’accezione comune un nuovo significato, che richiamava non solo una tecnica, ma descriveva un comparto specifico nella filiera industriale della ceramica moderna, registrando la presenza di 120 imprese, 3000 addetti e 450 miliardi di Lire di fatturato. Una delle protagoniste di questo valore aggiunto conferito manualmente alle piastrelle fu senz’altro Loretta Pellesi, decoratrice alla ceramica “Donatello” di Solignano. Il lavoro le piaceva e ad un certo punto decise di trasferire questa sua passione in qualcosa di concreto, per dare una svolta alla sua vita. Nel 1977, Loretta intuì le potenzialità di queLuciano Vandelli sta nuova professione e decise che era giunto il momento di aprire uno studio di decoro, o ‘terzo fuoco’ che dir si voglia. strelle, e da lì a poco lo seguì la moglie Anna, che fino a quel momento lavorava nel negozio di abbigliamento Contattò il cognato Luciano e i suoi fratelli Emilio e Mauro, già titolari di un’avviata ofdella moglie di Emilio Vandelli, in Piazza Martiri Partigiani ficina meccanica in Via Crociale, a Speza Sassuolo. zano. Diedero vita, assieme, allo studio “Eravamo creativi”, ricorda Anna. “Le aziende cerami-


81 che - spiega - ci mandavano foto di un oggetto, o ci indicavano qualche particolare di costruzioni, monumenti che noi dovevamo traferire sulle piastrelle, dipingendo manualmente. All’inizio si trattava, per lo più, di fiori, piccole case e oggetti di casa, adatti sia ai rivestimenti delle cucine sia dei bagni. Successivamente, sempre con la cottura di un forno a muffola, siamo passati anche ad applicazioni lineari dorate per i pavimenti. Occorreva - continua Anna - una grande abilità e una mano ben ferma con il pennello. I colori a terzo fuoco erano gli unici che non si diluivano con acqua, ma con olio o essenze similari, perché dovevano aderire ad una superficie che ormai non era più assorbente.” Per evitare imprecisioni nel disegno, anche alla Lady si ricorreva all’antica tecnica dello spolvero. “Si trattava - spiega Anna - di un foglio di carta traslucido forato ad ago lungo i contorni del disegno

Decoratrici a mano all’opera

Anna Pellesi

Addetti alla serigrafia di pannelli


82

Controllo tozzetti all’entrata del forno

Applicazioni con aerografo

da riprodurre che, appoggiato alla superficie della piastrella, veniva battuto con un tampone di stoffa contenente polvere di carbone. Questa, attraverso i fori della carta, si depositava sulla superficie della piastrella, tracciando i contorni del disegno su cui venivano poi applicati i colori.” Per il comparto, la creatività e la ricerca andavano di pari passo, e le aziende ceramiche chiedevano sempre novità da presentare ai mercati. Si arrivò così all’uso dei retini serigrafici; inizialmente, si interveniva con disegni solo sulla superficie bianca delle piastrelle, poi con tecniche che permettevano diverse applicazioni di colori e immagini. Nel 1988, dalla società uscì Loretta Pellesi e il timone di comando passò a Anna e al marito Luciano. L’azienda, alla fine degli anni ‘90, lasciò la sede di Via Crociale e si trasferì in una nuova struttura in Via Viazza, a Cameazzo di Fiorano. I

Controllo campioni con progetto grafico


83 vecchi forni a muffola lasciarono il posto a moderni forni a rullo; cresceva il numero dei dipendenti, il fatturato e anche il lavoro si evolveva in continuazione. Le piastrelle che uscivano dalla “Lady” si tingevano di nuovi colori e decori, ripristinando a rilievo la bellezza dei disegni tradizionali, oppure guardando al futuro, così da essere indicate per tutte le tipologie di ambiente, dall’intramontabile classico, al moderno e al contemporaneo. “Come l’effetto conglomerato delle piastrelle in graniglia decorata - conclude Anna - che attraverso l’enfatizzazione del concetto di frammento, diventa non più elemento del decoro, ma decoro stesso.” Nell’azienda , all’inizio degli anni ‘90, entrano anche i figli di Anna e Luciano, prima Claudio, poi Stefano

e infine Stefania che, prima di dedicarsi alla scuola a tempo pieno, si divise fra l’insegnamento delle lingue e la “Lady”. Per diverse ragioni, nel 2014 i soci della “Lady” decidono di cedere l’attività. La nuova proprietà non ha voluto cambiare nome all’azienda, proprio per dare continuità ad un marchio che è stato, se non il primo, uno dei primi del ‘terzo fuoco’. La Lady è una delle poche aziende rimaste di un settore ormai in crisi da diversi anni e continua tuttora ad essere una bella realtà, con idee e creatività sempre a supporto delle aziende ceramiche, nonostante l’avvento di nuove tecnologie digitali che hanno contribuito alla crisi di tutto il settore.

Grafiche al lavoro

Gerardo Nasi e Marco Montecchi, nuova proprietà Lady


LEONARDI ERCOLE Di tempo ne è passato tanto, ma il ‘Geometra’, nel Paese della modernizzazione incompiuta, rimane una sorta di intermediario. Filtra le politiche che vengono dall’alto e le cuce addosso alle famiglie; soffre la burocrazia, ma ha clienti proprio perché il processo amministrativo è complicato. La polivalenza tecnica è il presente, ma quarant’anni addietro com’era la figura del geometra? “Mi sono diplomato nel ‘71 all’Istituto Guarini di Modena. Per qualche anno - assicura Ercole Leonardi ho frequentato la facoltà di Architettura all’Università. Poi sono stato attratto da una realtà territoriale nostra che confermava il bisogno di geometri: in quegli anni era come una spugna che assorbiva tutto. In pochissimo tempo, come tecnico, trovai lavoro alla Ceramica Rex.” Esperienza stoppata dal servizio militare che il geometra Ercole Leonardi passò al Corpo d’Armata degli Alpini, a Bolzano. Congedato, al ritorno a Fiorano iniziò la libera professione, nel 1973, aprendo uno studio con il collega Bruno Ballerini. Quest’ultimo passò alle dipendenze del padre costruttore edile, ed Ercole proseguì da solo affrontando le esigenze abitative e di spazi produttivi su un territorio in continua trasformazione. “La maturità da geometra, allora, valeva davvero qualcosa; molto più di una lauErcole Leonardi e dipendente azienda edile


85 rea triennale di adesso”, precisa Ercole, che ricorda ancora il suo primo lavoro. “Progettai i capannoni dell’azienda elettrica di mio fratello Mario, in Via F. Carazzoli, a Fiorano. Nel frattempo continuavo la collaborazione tecnica con la ceramica Rex.” La domanda di insediamento proveniente dalle famiglie, in quegli anni, era altissima. Basti pensare che dal 1961 al 1981 furono costruite a Fiorano 3.063 muove abitazioni e 16.379 vani, a fronte di un incremento di 3.111 nuove famiglie e 8.906 abitanti. “Le imprese costruttrici - spiega Ercole - commissionavano i progetti e vendevano gli appartamenti. Dovevo interessarmi di tutto: capitolati, compromessi, disegni, contabilità.” Allo stesso modo crescevano, o si modificavano, gli insediamenti delle aziende. “Sul finire degli anni ‘70 ci furono parecchie trasformazioni dei capannoni industriali con tipologia a volta”, ricorda Ercole. “Li sostituivamo con capannoni prefabbricati a dop-

pia pendenza in cemento armato pre-compresso. Anche i forni subirono grosse modifiche, così come i reparti che si adattavano alle nuove tecnologie di produzione della monocottura ceramica.” Sempre in quegli anni, fu realizzato il Villaggio Artigiano di Spezzano, che fu inaugurato nel 1983, su una superficie iniziale di circa 350mila metri quadrati che divenne presto un polo produttivo importantissimo per tutta la “piastrella valley”. “Una scelta amministrativa delle migliori, perché diede la possibilità a tante aziende locali di poter acquistare, a prezzi calmierati, il terreno e poter trasferire o insediare la propria attività. Giustamente furono privilegiate quelle imprese che operavano in zone non idonee, come i centri abitati. Come studio ho progettato diversi capannoni dove hanno iniziato a lavorare ditte che tutt’ora sono all’avanguardia nei loro specifici settori.” Più imprese significava anche maggiore richiesta di mano d’opera, e quindi di abitazioni.

Ercole Leonardi giovane al tecnigrafo

Ercole Leonardi


86 Inizialmente venivano costruiti condomini, generalmente standardizzati e di bassa qualità, o case singole plurifamiliari. Spesso le dimensioni degli alloggi erano molto grandi, anche se le richieste non erano per dotazioni di servizi particolari. “La maggior parte dei richiedenti - fa notare Ercole abitavano precedentemente nelle case coloniche di campagna, e poter disporre di alcune stanze (come il bagno) in casa, o del riscaldamento, rappresentava già un lusso. Chi invece aveva qualche soldo da parte preferiva l’abitazione monofamiliare o la villetta a schiera, realizzate prevalentemente nella lottizzazione chiamata ‘Ghiarella B-C’. Qui i prezzi del terreno erano regolamentati e ciò ne facilitava l’acquisto.” Trovar casa a Fiorano non era difficile, anche se le metodologie di acquisto subirono progressivamente importanti modifiche. Infatti, comparve la figura del finanziatore, ossia di colui che comperava dal costruttore gli appartamenti sulla carta e li rivendeva

ancora prima della loro ultimazione, e si davano da fare diversi mediatori della zona. L’economia e il territorio mutavano totalmente, e anche per Ercole Leonardi si presentò la necessità di capire come andare avanti, come adeguarsi ai cambiamenti del mercato, del lavoro e della società più in generale. “Ho dovuto occuparmi - afferma Ercole - anche di un settore a me nuovo, quello del Termalismo. Mi sono

Ercole Leonardi

Ercole Leonardi


87 occupato di concessioni minerarie e della costruzione del centro benessere Balnea delle Terme della Salvarola.” “Sono riuscito a far fronte ai diversi momenti di crisi che ciclicamente interessavano il settore edile. Ho iniziato a lavorare nel campo estimativo per conto degli istituti bancari e del Tribunale. Sono andato incontro ad un lavoro in continua evoluzione che richiede competenze aggiornate, fra le quali la conoscenza di software e nuove tecnologie come droni, laser scanner, ecc… Ritengo di aver affrontato i momenti di criticità modificando la tipologia dei servizi

Premiazione 40° Ordine dei Geometri

offerti attraverso la capacità di adattamento - prosegue Ercole - alle esigenze di una clientela composta non solo dalla Pubblica Amministrazione, ma anche dai condomini, dalle imprese e dai privati.” Sulla scorta dei suoi quarant’anni di professione, Ercole Leonardi è sicuro che, per quanto riguarda il suo lavoro, “per rimanere nel ruolo di protagonista nella nuova filiera dell’edilizia sia necessario compiere un salto di qualità, puntando su materie professionalizzanti e sull’alta specializzazione, senza tuttavia dimenticare che la cultura e la conoscenza del territorio restano basi sulle quali svolgere qualsiasi incarico.”


MANFREDINI ENNIO Occorreva intervenire in qualsiasi ora del giorno, per liberare le sedi stradali ostruite da movimenti franosi e, nel periodo invernale, dalla neve che cadeva copiosa, lungo gli undici chilometri di competenza della Via Provinciale Frassinoro-Montefiorino. Nei tre mesi estivi, sempre per rimanere in tema di movimentazione del terreno, Ennio Manfredini trasportava tonnellate di argilla dalle cave alle aziende ceramiche del distretto. “La terra è nel mio Dna”, ammette Ennio. “I miei genitori facevano i contadini e farlo in montagna (io abito a Casola di Montefiorino) è molto dura. Da giovane ho lavorato per un’azienda specializzata nella movimentazione della terra. Con appositi macchinari - evidenzia Ennio - si modellavano i terreni, generalmente a scopi costruttivi o di gestione del territorio, in modo particolare le tante frane che caratterizzavano parte del nostro Appennino di Frassinoro e dintorni. Ricordo i numerosi interventi per i continui dissesti idrogeologici sulla strada del Passo del Cerreto, un territorio in continuo movimento.” Svolto il servizio militare negli Alpini, a Santo Stefano di Cadore, Ennio Manfredini, nel ‘73, decide di avviare un’attività in proprio, sempre nella movimentazione della terra; un lavoro di cui conosceva perfettamente i punti di forza ed i punti deboli, vendibile

ad una clientela in espansione. Acquista alcuni macchinari e per circa undici anni inizia a spalare neve d’inverno e trasportare argilla d’estate. “Attività di sacrificio, di dedizione, ma anche di rinunce”, commenta Ennio. “Penso alla spalatura della neve dalle strade. Eri chiamato, in qualsiasi momento, dai cantonieri. Uno di loro saliva con me in cabina per controllare le reali ore di lavoro che avrei fatto.

Ennio Manfredini


89 Ognuno di noi appaltatori aveva un ‘lotto’ specifico d’intervento. Il mio riguardava undici chilometri della strada da Frassinoro verso Montefiorino. Ho passato - sottolinea Ennio - anche due giorni di seguito sul camion per cercare di rendere questo tratto di strada praticabile agli altri mezzi. A volte, i cantonieri chiudevano il passaggio, per causa non solo di nevicate che superavano il metro

Primo automezzo di Ennio Manfredini

di altezza, ma anche per le ‘congedre’, ossia montagne di neve che il vento accumulava. Si trovavamo, anche macchine abbandonate dagli automobilisti e noi dovevamo spostarle per permettere che la viabilità potesse riprendere.” Esperienza durissima, che si ripeteva durante il periodo estivo. Questa volta non era la neve da spostare, e il freddo


90 che congelava le membra alla guida, ma l’argilla da trasportare nei vari stabilimenti ceramici del distretto. Caldo e polvere erano un disagio unico. “Questo andirivieni dalle cave alla fabbrica non è mai stato facile”, ammette Ennio. “Effettuavo anche venti viaggi al giorno dalla cava di Monte Modino alla Ceramica di Frassinoro, che l’aveva in concessione. Posta ad un’altezza di 1250-1300 metri, la cava aveva una base di circa 500 metri e un’altezza di circa 100 metri.

Per raggiungerla con il camion si doveva percorrere l’ultimo tratto sterrato, stretto e pericoloso. Una caratteristica - continua Ennio - anche delle cave di Cerredolo dove l’argilla caricata era destinata prevalentemente alle ceramiche di Fiorano e Sassuolo.” Il passaggio dei camion era continuo. “Alcuni di noi, per guadagnare uno o due trasporti in più, si mettevano in fila fino dalle ore 18 del giorno prima, quando la cava chiudeva. Dormivano in cabina fino alle quattro del mattino, quando iniziavano i lavori delle ruspe per riempire i cassoni dei camion che, in fila, attendevano il proprio turno.” Ennio Manfredini si sposa e diventa padre di due figli, Emanuele e Sara. In seguito, con la sua azienda, aderì al Consorzio San Francesco, ma poi tornò ad essere un “padroncino” e a percorrere centinaia di chilometri per effettuare

Ennio Manfredini

Ennio Manfredini


91 consegne e ritiri, contrassegnati da interminabili soste nei parcheggi delle imprese in attesa dello scarico e carico merci. Si riscontrava, anche allora, il problema dei ‘piccoli’ trasportatori alle prese con una crisi generalizzata che investiva il trasporto merci su gomma: sempre più duro per la concorrenza, e avversato dalle recessioni economiche che si sono susseguite in tutti quegli anni. “I momenti di criticità li ho sempre superati con la volontà di arrivare fino in fondo all’obiettivo che, fin dall’inizio, mi ero posto: lavorare per me, senza orari di lavoro o vincoli vari. Mio figlio Emanuele sta portando avanti l’attività convinto che il settore del trasporto merci su strada continui ad avere un importante ruolo nell’economia del distretto ceramico, in particolare per le problematiche del trasporto di corto raggio.” Intanto Ennio, pur collaborando con il figlio, non ha dimenticato il grande amore per la terra. “Ho un terreno agricolo - conclude - dove proseguo l’attività

dei miei genitori. In modo particolare, coltivando alberi da frutta: questo mi dà veramente una grande soddisfazione”. Tra benessere e natura, Ennio ha ritrovato una propria dimensione di vita di campagna “che rappresenta sicuramente - conclude Ennio - una nuova strada da intraprendere per le nuove generazioni”.

Autocarro di Emanuele Manfredini

Emanuele Manfredini


MAX FRUTTA DI NATALIZIO MASSIMO Il centro di Nardò rappresenta un vero tripudio d’arte barocca, grazie alla raffinatissima Piazza Salandra ed alle numerose chiese. Su una casa pericolante si può vedere una suggestiva rappresentazione di murales che indica il passaggio di molti ebrei verso la Palestina, negli anni del dopoguerra. Un dipinto al quale tanti giovani neretini posero lo sguardo, negli anni Sessanta e Settanta, quando, a causa della difficile situazione economica e occupazionale del territorio salentino, dovettero trasferirsi verso il polo fioranese dell’industria della ceramica. Per molti di loro si trattava di un momentaneo passaggio, come quello del murales, pur nella consapevolezza di trovare sì un lavoro, ma anche un mondo diverso, caratterizzato da abitudini, mentalità diverse e spesso ostili. Salvatore Natalizio e sua moglie Michela Marzano, agli inizi degli anni ‘70, furono due di questi giovani che partirono verso Fiorano, richiamati da tanti compaesani (si calcola un’emigrazione verso il distretto ceramico di 4.000 persone) che qui lavoravano, avevano trovato casa e guardavano il futuro nella speranza di tornare, prima o poi sulle rive del Mar Ionio. Salvatore e Michela (questa a Nardò faceva la domestica) trovarono subito un’occupazione alla ceramica Cerdisa di Fiorano. La voglia di fare di Salvatore, ben presto,

lo portò ad avviare un’attività di ambulante, dove alla vendita delle bombole del gas abbinava frutta e verdura che acquistava a Bologna. Anche Michela lasciò la ceramica ed aprì un negozio di frutta e verdura a Fiorano, in Via Vittorio Veneto, ovvero la strada dove abitavano. In famiglia, col trascorrere degli anni, arrivarono tre figli: Alessandra, Maria Rosa e Massimo.

Michela Marzano e commessa


93 Mercati al mattino e il lavoro nel negozio al pomeriggio. “Il babbo - ricorda Massimo - con il suo camioncino partiva alle quattro per andare a rifornirsi di merce a Bologna. Da lì si spostava nei vari mercati paesani, apriva il banco vendita e dopo mezzogiorno ritornava a casa. Io e le mie sorelle aiutavamo i nostri genitori quando la scuola e gli studi ce lo permettevano. Conoscevamo poco il divertimento e questo, debbo dire, mi ha pesato molto. Al venerdì sera - prosegue Massimo - i miei amici andavano a divertirsi ed io, invece, finivo molto presto a letto visto che alle prime ore dell’alba del sabato dovevo già essere al Centro Agroalimentare di Bologna per caricare frutta e verdura.” Siamo nel ‘73 e l’attività commerciale, abbandonate alcune autorizzazioni merceologiche re-

Banco Max Frutta di Massimo Natalizio

lative all’ambulantato, assume il nome della titolare “Marzano Michela” e si sposta in Via Poliziano, una laterale della Statale in località Case Nuove. Intanto, Massimo entra in pianta stabile a far parte della conduzione dell’attività. “Ho fatto un tentativo anche di andare a lavorare come operaio alla ‘Mosaico’ di Spezzano. È durata una giornata. Mi mancava la luce, il sole e il rapporto con la gente. Tornando dietro al banco di frutta e verdura, fin dall’inizio - spiega Massimo - ho cercato di fare in modo che la convenienza fosse combinata con un prodotto buono, e questo per convincere il potenziale cliente ad avvicinarsi al banco. Tutto questo attraverso il contatto diretto fra venditore ed acquirente, accompagnato sempre da un consiglio e un sorriso molto famigliare.”


94 Sostanzialmente Massimo proseguì il lavoro, o meglio ‘il banco’ dei genitori con la mamma, che continuò ad assisterlo e a collaborare con lui. Il lavoro aumentò è così nel 1982 venne chiuso il negozio di Via Poliziano. Nel ‘98 la famiglia fu colpita da un grave lutto. Muore Salvatore e l’attività, per poco più di un anno, prese il nome di “Eredi Natalizio Salvatore”, per poi assumere la connotazione definitiva di “Max frutta di Natalizio Salvatore”. “Sentendomi la responsabilità sulle spalle, dopo le titubanze iniziali su questa attività dovute alla giovane età, mi sentivo spinto - sottolinea Massimo - da una grande voglia di fare, di creare e di produrre. Una voglia che era come un Dna sicuramente ricevuto da chi mi aveva dato le prime cognizioni dell’arte del

Massimo Natalizio e commessa

vendere, e che io avevo messa da parte”. Cambiano le abitudini, gli stili di vita, anche per quanto riguarda l’alimentazione. Il banco ambulante, da sempre simbolo della spesa vocata al risparmio, dovette fare i conti con la crisi dei consumi e con i clienti che, anche di fronte a prezzi bassi, decidevano di acquistare meno. “La parola consumismo, all’inizio, era quasi sconosciuta. La gente faceva economia e, fra i banchi degli ambulanti, giravano pochi soldi. Chi spendeva, però, la faceva bene. Oggi il cliente acquista per quello che ha nel portafoglio privilegiando, a volte, la scarsa qualità. Non ha più potere d’acquisto per poter scegliere il meglio. Noi abbiamo sempre offerto sul banco prodotti di qualità, e non vendite per quantità.” Mutamenti che hanno portato Massimo anche a diversificare la propria attività. “Di fronte alla criticità del momento economico, già da tempo - afferma - ho intrapreso una diversa strategia di rilancio dell’attività: un paio di mercati settimanali e un rapporto diretto per rifornire la grande ristorazione e i negozi al dettaglio.” Un mutamento sicuramente dettato da esigenze commerciali, ma finalizzato a far progredire un’attività, creando circostanze e sbocchi favorevoli che già Salvatore e Michela, mezzo secolo fa, rincorrevano passando davanti al murales di Nardò prima di partire per Fiorano.


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Salvatore, Massimo Natalizio e commessa


NUOVA FOTOGRAFIA DI PINI PARIDE È stata sufficiente una buona dose di intraprendenza, di codel Prof. Manfredini, a Montegibbio. Sostanzialmente su disegni a mano noscenza fotografica e di passione perché Paride Pini, agli noi realizzavamo queste pellicole che inizi degli anni ‘70, desse vita ad un’azienda che, in quasi avevano un enorme mercato.” mezzo secolo d’attività, ha avuto una posizione di riferiAnche per Paride arrivò la cartolina di mento non solo a livello del distretto ceramico italiano, ma precetto e così trascorse 18 mesi alla anche in diversi Paesi esteri. Scuole di Artiglieria a Bracciano. CongeLa sua storia, una delle tante di questo territorio, è quella dato, accettò la proposta di Antonio Cuodi un imprenditore partito dal gradino più basso, per poi raggiungere quello più alto. ghi di trasferirsi dall’Edilgres all’Edilcuoghi, Figlio di Vittorio, vigile urbano di Fiorano, e di Almerina in Via Radici in Piano a Sassuolo. Venturelli, bidella delle scuole elementari a Cameaz“Cuoghi mi propose di fare del gres decorazo, Paride abitò proprio in questo plesso frazionale to”, rammenta Paride. “Quale socio del grupassieme alla propria famiglia di origine. po ceramico, egli era veramente interessato a Dopo le scuole dell’obbligo, frequentò l’Istituto questa innovazione. Così iniziammo delle proProfessionale a Maranello specializzandosi nel dive con pellicole meccaniche fotografiche per la serigrafia e per i produttori di stampi ceramici. segno meccanico. Una brevissima esperienza lavorativa in un’officina e poi l’assunzione in Edilgres, ceramica che fra i soci aveva Antonio Cuoghi, una figura che sarà fondamentale nel percorso imprenditoriale di Paride. Quest’ultimo, frequentò il laboratorio del fotografo Ivano Cinesi, un’istituzione di quei tempi lungo la Via Veneto di Fiorano. Qui iniziò a realizzare pellicole meccaniche per i retini necessari al decoro sulle piastrelle in ceramica. “Le commesse ricorda Paride - arrivavano dall’azienda Telai serigrafici


97 Dopo due anni - continua Paride - fu lo stesso Antonio Cuoghi a darmi la forza e a convincermi ad aprire un laboratorio tutto mio, garantendomi il lavoro per le sue diverse aziende.” Il grande passo porta la data del 11 novembre 1972. “Ho aperto, in Via Statale, alle Case Nuove di Fiorano, un laboratorio di fotografie e serigrafia. Stavo intraprendendo una professione che, però, non poteva ridursi ad essere solo un mestiere. Era una passione che mi faceva brillare gli occhi, che mi faceva commuovere e che mi avrebbe regalato grandi soddisfazioni.” Doppia attività per Paride: ma fotografia e serigrafia, per lui, sono sempre state legate da un filo comune. “Era il tempo, come fotografo, dei ritratti dove il soggetto o i soggetti venivano ripresi di solito frontalmente con le mie prima macchine fotografiche Rollei biottica e Hasselblad. Poi ci furono le scolaresche, le

Poligraph, sede di Via Ascari a Maranello

manifestazioni celebrative dei partiti politici, le processioni e tutti i riti religiosi. Le foto dei matrimoni - aggiunge Paride - erano diventate il mio cavallo di battaglia, proprio perché riuscivo a trasmettere una tecnica del tutto personale, ma sempre di estrema professionalità per la scelta dei filtri da usare, così come delle inquadrature e delle luci.” Il mercato andava molto bene e l’azienda di Paride Pini iniziò una collaborazione con i produttori ceramici anche in occasione degli eventi fieristici, mostre e presentazione di nuovi prodotti. “I clienti - spiega Paride - acquistavano le piastrelle guardando nostre fotografie commissionate dalle ceramiche. Realizzavamo un bozzetto, lo fotografavamo e poi seguiva il lavoro attento della scomposizione a quattro, cinque colori per la stampa delle pellicole per l’incisione dei retini serigrafici”. Il bagaglio di conoscenze acquisite come fotografo,


98 l’attitudine personale, l’estro ed i trucchi del mestiere, Paride li trasferì nella creazione grafica che l’innovazione tecnologica continuava a introdurre nel settore ceramico. La serigrafia applicata alla ceramica è una vera e propria arte se fatta con passione, accompagnata da una buona dose di esperienza, fantasia e dalle giuste attrezzature per realizzare quanto il mercato richiede. Per far fronte a tutto questo Paride Pini, nel 1978 in Via Ascari, a Maranello, inaugura l’azienda Poligraph, nella quale convogliarono materiali, investimenti in termini di tecnologia e di macchinari all’avanguardia per rispondere alle crescenti necessità di un settore in continua e frenetica evoluzione quale era, ed è, quello ceramico. Nel frattempo, nel 1972 il laboratorio fotografico “Nuova Fotografia di Pini Paride” venne spostato a Spezzano, in Via Panaro, ed in esso si concentrarono le realizzazioni di fotografie, album fotografici, immagini promozionali e cataloghi. Il mercato mondiale cresceva e Poligraph aprì una sede negli Stati Uniti ed una in Spagna; il personale, di conseguenza, aumentò così come i riconoscimenti. Da ricordare che nel 1999 Paride Pini ricevette per la fotografia un diploma dall’Università di Boston. Mutavano le strategie produttive del settore cerami-

co: si individuavano nuove prospettive in termini di possibilità estetiche, nuovi utilizzi, flessibilità dei lotti produttivi. Paride Pini mise in atto un ulteriore passo realizzando una nuova sede in Via San Giovanni Evangelista, nel villaggio artigiano di Spezzano. Una location che rispettava il suo estro e voglia di innovazione. All’esterno furono installate pareti ventilate decorate, realizzate in quadricromia, con l’interpretazione delle differenti fasi delle stagioni. “Ho proseguito anche nel mio lavoro da fotografo, continuando a portare in azienda quello che di caratteristico e di estetico riuscivo a intravedere in un ruscello d’acqua, in una corteccia o tronco d’albero tagliato, in un campo di fiori, in una nevicata d’inverno: elementi che ritenevo importantissimi per l’attività dei disegnatori del settore grafico. In quegli anni, la tecnologia ceramica sviluppo un nuovo sistema di decorazione delle piastrelle tramite rulli in silicone, che andò a consolidarsi per molteplici anni, offrendo una produttività elevata, salvaguardando la decorazione per l’alta definizione di immagine e per la riproducibilità fedele delle pietre

Nuova Fotografia Via Panaro Spezzano

Laurea Boston


99 naturali, così come delle grafiche astratte o minimaliste.”Questo sistema è stato poi affiancato, ed in taluni casi anche sostituito, dalla nuova decorazione digitale, che presenta oggi anche rilevanti aspetti positivi in termini di preservazione dell’ambiente ad ampio raggio. Inevitabile, ad un certo punto, che Paride assieme alla moglie Luisa, indispensabile compagna di vita professionale e personale, abbiano pensato al possibile passaggio generazionale con la figlia Silvia, mentre la secondogenita Irene svolge attività di avvocato. Quindi, in Via San Giovanni Evangelista, nel 2014 furono create due nuove società: Signitaly Poligraph e ‘Fattore P’, il cui amministratore unico è Silvia Pini. Il primo brand ha continuato nel solco della grafica industriale, estendendo il suo campo d’azione al di fuori del mondo della ceramica, mentre il secondo ha come core business i servizi di comunicazione e il marketing aziendale, sviluppando un progetto di manifattura digitale con stampanti 3D”.

Guardando al passato, Paride Pini commenta, con orgoglio “di aver contribuito a dare un valore in più al nostro territorio. Assieme alla mia famiglia abbiamo creato un’azienda da zero dotati di una buona dose di quella voglia di fare e crescere. Tanti giovani hanno avuto la possibilità di sporcarsi le mani e faticare per la prima volta attraverso un lavoro dipendente, di imparare un mestiere proiettato, ancora oggi, al futuro.”.Ed aggiunge che “benché la panoramica futura per il settore ceramico non si prospetti serena ed il freno generale che sta caratterizzando l’economia mondiale non abbia rallentato, credo che il nostro Made in Italy possa comunque, come già in passato, continuare il suo sviluppo; perché è innata l’inventiva e la creatività che ci caratterizza. Bisogna credere in queste capacità ed avere voglia di andare avanti: se mi guardo indietro. vedo quanto è stato fatto e quanto ancora si può fare per crescere, con semplicità e curiosità.”

Poligraph, sede di Via San giovanni Evangelista, Spezzano

Paride Pini e Maria Luisa Sighinolfi


NUOVA LEONARDI La scelta del proprio lavoro non solo è stata importante, ma fondamentale per Celsino Leonardi che dopo il normale periodo di apprendimento, terminato il servizio militare, ritenne giusto avviare un’attività in proprio allineata alla sua vita, in maniera che riflettesse le proprie priorità e quello che sentiva profondamente di essere. Quindi disse no al percorso tradizionale, alle dipendenze altrui e costretto a presentarsi ogni giorno nello stesso posto per un certo numero di ore, vestito in un certo modo, per aspettare la busta paga a fine mese. Questo lo aveva fatto dalla conclusione delle scuole medie fino all’arrivo alla chiamata del servizio militare svolto nel corpo degli alpini, a Trento. Lasciata la scuola, qualche mese di lavoro per Celsino nell’azienda di Rino Ruini che fabbricava scarichi per le auto in via Arno e poi, per cinque anni, dai Fratelli Ravazzini, in Via Solferino, sempre a Spezzano, a lavorare su un tornio parallelo. In questa officina, Celsino non si limita ad utilizzare solo il tornio, ma prende conoscenza di una vasta serie di strumenti e di macchinari, come, per esempio, le macchine fresatrici, le rettifiche e le macchine trapanatrici. “Ho acquisito - dice Celsino - dimestichezza con il disegno progettuale. Si tratta di un elemento indispensabile per chi sta su un macchinario come il tornio e che lavora un pezzo posto in rotazione. Attraverso

un utensile, il pezzo viene modellato in misure dettate solo dal disegno.” Lasciato il cappello degli Alpini, Celsino tornò a Spezzano e comprese che era il momento di cambiare. Da dipendente si calò nei panni di chi masticava ore e ore di lavoro dalla mattina alla notte, di stare sveglio perché era sempre sicuro di aver dimenticato qualcosa, e

Celsino Leonardi


101 non era libero di ammalarsi in nessun caso. “Se non lo avessi fatto con determinazione e testardaggine, nessuno mi avrebbe mai spiegato l’importanza di avere avviato un lavoro in grado di rendermi felice, di farlo sotto casa vicino a miei affetti”, ricorda Celsino. Nel febbraio del 1977 si iscrive, come ditta individuale, nell’albo degli artigiani. Apre la sua officina meccanica nella barchessa del padre ‘Pippi’ che “ormai - spiega Celsino - non serviva più per il fieno, visto che le industrie e le case avevano occupato tutto il terreno agricolo che prima coltivava la mia famiglia.” Pochi macchinari, un tornio acquistato dai suoi precedenti datori di lavoro (che gli fornirono anche le prime commesse), e un nuovo socio, occupato anche lui alla Fratelli Ravazzini. Il lavoro non mancava e l’azienda, nel ‘79, diventò, con l’ingresso del fratello Paolo, una società. Non più solo perni e boccole; la clientela si allargò e si eseguivano, fra l’altro, pulegge e pignoni, riduttori a vite senza fine per altre officine.

Maestranze Nuova Leonardi

Anche Luciana, moglie di Celsino, entrò nell’azienda. Si erano sposati nel ‘79 e il lavoro sui macchinari non gli è mai dispiaciuto. Nel 2002, la barchessa era ormai insufficiente a contenere macchinari e magazzino. La Fratelli Leonardi acquistò una porzione del capannone ex ”Duerre”, in Via della Fisica al Villaggio Artigiano di Spezzano e qui trasferì la propria attività. Dopo due anni Paolo decise di dire basta al tornio, cambiò mestiere e iniziò a fare il muratore. Celsino continuò assieme alla moglie, con il suo tradizionale stile di lavoro: “Piccole serie, pezzi a campione per le automazioni ceramiche. L’avvento della tecnologia - conclude Celsino - non mi ha turbato. Ho continuato con i miei macchinari e non ho mai pensato di sostituirli con torni a controllo numerico che richiedono particolari accortezze.” Quindi nessun tornitore programmatore rivolto alle grandi produzioni in serie, ma Celsino puntò a mantenere ciò che aveva caratterizzato quarant’anni d’attività. Le conoscenze e questo saper lavorare non andarono perdute e nel maggio 2014 l’attività venne rilevata da Rita Bernardini, che la trasformò in Nuova Leonardi Srl. “Sono orgogliosa di dire che in questi anni abbiamo implementato il parco macchine, cercando di andare incontro alle richieste sempre più esigenti del mercato, abbinando le nuove tecnologie e il bagaglio di esperienza di Celsino, che mi ha supportata inizialmente, ma mantenendo inalterato lo spirito e la tipologia di lavoro.”


OFFICINA SOLI E PLESSI Chi ama veramente i motori sa che il rombo di quel grande oggi restano vive nell’immaginario di “aggeggio”, presente sotto ogni cofano di un’auto, rappretutti come simboli di un’età trascorsa i cui segni si distinguono tutt’ora. Che senta sempre una forte emozione: è quel suono che solo dire - evidenzia Romano - dell’emblema un vero appassionato può conoscere. E se suona male, o della riscossa per la classe media italiaaddirittura tace, occorre ripristinarlo. Romano Soli e Franco Plessi sono due giovani meccanici na, l’auto che probabilmente è passata dipendenti dell’officina Gualtieri & Poppi, concessionaria nella storia di tutti noi: la Fiat 850. Ne furono prodotte tra il 1964 ed il 1971 più di 2 Lancia, in Via del Murazzo, a Modena. milioni e 200.000 esemplari. Proprio davanti all’ex-autodromo: la passione sfrenata Fra i primi interventi esterni che abbiamo fatper le automobili e l’odore dei motori lo sentivano dentro e fuori il posto di lavoro. to ci fu quello, indimenticabile, su una ‘600 Ad un certo punto, i due, che poi diverranno cognati, in panne. Alla guida si trovava un autista, e parlano del loro futuro: l’aspettativa diventa un’idea, come passeggera c’era Laura Garello, moglie quindi un’opportunità. Uniti da una ferrea determidi Enzo Ferrari.” In officina entrò anche Onorato Annovi, il primo nazione e ad un’analisi oggettiva e realista della apprendista, e nel 1964 Romano e Franco, vista situazione che poteva offrire il mercato delle aul’inadeguatezza strutturale della ex-chiesa, cotoriparazioni, decidono di non marcare più il cartellino a Modena e di aprire un’attività in proprio, struirono una nuova sede in Via San Francesco, a dove gli orari di lavoro e le ferie non esistono. Fiorano. All’ingresso di Maranello, in una chiesa scon“Di giorno - rievoca Romano - lavoravamo sui motosacrata, lungo la Via Statale. ri delle macchine, e nel tempo libero facevamo i muratori. Prima finimmo gli spazi dell’officina e poi, nel Nasce così nel 1962 la società di fatto Soli & corso degli anni, sul fronte della strada realizzammo le Plessi, una delle prime ad aderire alla Lapam nostre due abitazioni. di Fiorano. Debbo dire che il lavoro non mancava. Non solo per la “Aggiustavamo motori di auto - dice Romano Soli - che hanno davvero fatto la storia: gente comune, ma anche per le aziende ceramiche dove automobili come le Fiat 1.100, la ‘500 e aggiustavamo i muletti, camion e auto aziendali.” ‘600, la Topolino: macchine che ancora Sul finire degli anni ‘60, per l’Officina Soli & Plessi si aprì


103 una nuova grande opportunità frutto dell’amicizia mai cessata con uno dei titolari dove inizialmente Romano e Franco lavoravano a Modena. L’azienda fioranese presentò le domande necessarie, risolse l’iter burocratico di legge ed iniziò un rap-

porto di lavoro con le Forze Armate, ossia riparazioni di terzo grado. Dalla ‘6 ore di Bologna’ per l’Esercito, dalla Prima Regione Aerea per l’Aeronautica, e dai Carabinieri, arrivavano prima gli inviti alle gare; poi, in caso di

Romano Soli e Plessi Franco, assieme a meccanici e ingegneri, davanti al prototipo di “Formula Tre”


104 aggiudicazione, motori da riparare. Il lavoro crebbe così come il numero dei dipendenti che superò la decina. L’officina, fra l’altro, era “Autorizzata Lancia” per le riparazioni e assistenza in garanzia. “Un’esperienza professionale - assicura Romano maturata in 22 anni di appoggio motoristico, dedicata alla soluzione dei problemi, dai più comuni ai più delicati, che si potevano presentare nella vita di un’automobile. Lancia è sempre stato uno dei marchi automobilistici più prestigiosi al mondo, ed il fatto di esserne stati degni specialisti manutentori e garanti dell’efficienza, rappresentò un’indubbia identificazione testimoniata da tanti riconoscimenti che abbiamo ricevuto negli anni”. In questa officina fioranese, come passatempo serale, fu realizzata anche una “Formula Tre”, un prototipo commissionato da De Nora di Milano. Il pilota Giancarlo Baghetti la provò, con alterna fortuna, sul circuito di Monza, ma il progetto si arenò. All’inizio degli anni ‘80, l’azienda acquisisce un paio di lotti nel villaggio artigiano di Spezzano, che avrebbero dovuto ospitare due abitazioni e grandi spazi per l’officina. Mutano, però, i rapporti con le Forze Armate, dove aumenta la burocratizzazione e l’impegno gestionale fatto di un’infinità di documentazioni, e nel 1988 una tragedia della vita porta via Franco. Anche il mondo delle autoriparazioni muta i propri scenari e le dinamiche dominanti dell’attività, in virtù del progresso tecnologico del comparto. Si stava passando da un tipo di lavoro artigianale ad

un lavoro ingegnerizzato, dove occorrono altre competenze e continua innovazione. Per Romano Soli arrivò anche il tempo della pensione e così l’Officina Soli & Plessi passò di mano, in affitto a due giovani imprenditori. Siamo nel 1993. L’auto, però, è stata musa, metafora, scintilla e deus ex machina per Romano dotato anche di una passione sfrenata per le automobili d’epoca. Ricava due spazi in Via San Francesco, sotto casa, ed inizia a restaurare, acquistare e sfilare con pezzi da collezione ben curati, auto il cui aspetto si differenzia notevolmente dalle auto del quotidiano. Da qui passano Little Tony, Renato Zero, attori, ingegneri e costruttori, collezionisti da ogni parte d’Italia. Sotto le mani esperte di Romano le carrozzerie e i motori vengono modellate e riparate.

Romano Soli con auto Lancia Aurelia B22


105 Intervengono tappezzieri, elettrauti, e tanti altri; così le creature di Romano tornano ai fasti di un tempo. Lui, oggi, ne ha 18 di questi gioielli. Coccola le auto come se avessero un’anima, e assi-

Ingresso azienda “Soli & Plessi”, in Via Santa Caterina, a Fiorano

cura che l’anima c’è: rapito sicuramente dal fascino di queste ‘vecchiette’ che solo il vero appassionato può comprendere.


ORSI GIANCARLO “È cominciato tutto da un perché”, racconta Onelia Giovanardi, residente a Fiorano, già dipendente negli anni ‘70 di un paio di aziende ceramiche come il marito Mario Orsi. “Mi ponevo l’interrogativo sui motivi del mio lavoro, in un ambiente chiuso e con i rapporti umani del tutto inesistenti”, afferma la donna che, ad un certo punto, lascia il posto fisso alla ‘Cernova’ e decide di aprire un negozio di ferramenta sotto casa, nella Via San Francesco. Non si può negare che Onelia avesse come dotazione naturale quella marcia in più per svolgere questo particolare tipo di attività commerciale. Onelia univa la capacità di ragionare con la propria testa, di saper gestire i risultati dei propri sforzi, ma anche l’elasticità mentale, la facilità di stabilire buone relazioni umane e un’equilibrata propensione al rischio. Tutto questo costituì la base della sua decisione. Era il 1977. Mario e Onelia avevano due figli che studiavano. Giancarlo, dopo un’esperienza alle superiori, andò a lavorare in un magazzino di ferramenta a Sassuolo. Cinzia si laureò programmatrice informatica. “All’inizio fu abbastanza difficile”, ammette Onelia. “Occupavo gli spazi vuoti dove esponevo la merce anche con alcuni scatoloni, per mostrare un’offerta di prodotti molto vasta. Tutto questo anche per conquistare la fidelizzazione del potenziale

cliente, farlo tornare ogni volta che aveva bisogno di uno strumento per l’azienda o materiale per fare i lavori in casa. Inoltre mi dovevo occupare della logistica, degli ordini e del magazzino. Naturalmente, una grande attenzione la riservavo nell’amministrazione del negozio.” Sono anni caratterizzati da un forte sviluppo imprenditoriale e abitativo di Fiorano. “Cre-

Negozio in Via San Francesco, Fiorano


107 scevano - aggiunge Onelia - le ceramiche, le aziende commerciali e artigianali e la popolazione.� Nel ‘71 i residenti erano circa 10.000. Dopo dieci anni erano arrivati a 15.000. L’utensileria e la ferramenta erano particolarmente

Onelia Giovanardi

richieste. Viti, chiodi, rondelle, tutti gli oggetti necessari per la casa, e non solo: dai lacci per le scarpe alle valvole della moka, alla latta di pittura e ogni tipo di aggeggio. Anche le aziende ceramiche. “Solo per un certo pe-


108 riodo”, puntualizza Onelia. “Quando iniziarono ad allungare i pagamenti anche a 180 giorni ho interrotto i rapporti. Non c’erano più margini di guadagno.” Nel 1982, fatta la necessaria esperienza nel magazzino sassolese, il figlio Giancarlo iniziò a lavorare nell’emporio della mamma. Non si trattò proprio di un passaggio generazionale, “Si è trattato di un arricchimento - evidenzia Onelia - per l’attività, visto che Giancarlo riuscì a ricalibrare la sua esperienza sassolese in funzione alla mia azienda, in un settore merceologico che conosceva e con diverse metodologie che esistono da un punto vendita ad un altro.” L’aspetto del negozio non è mai cambiato, vista anche la sua posizione sulla frequentatissima Via San Francesco; la gamma dei prodotti aumentò e la clientela, prevalentemente privata, si diversificò. “Non è mai successo nulla di strano all’interno di questa ferramenta”, ammette Onelia. “Anzi, se la memoria non mi tradisce, una volta un cliente mi pagò con un assegno falso. Da quel momento le vendite si fecero solo per contanti.” Nel 2004, Giancarlo si intestò la licenza commerciale, mettendosi a capo dell’attività. “Ho lasciato il giusto spazio a mio figlio, cercando - asserisce Onelia - di non invadere il suo campo d’azione con obiezioni e dubbi. Solo consigli e una fattiva collaborazione nel negozio.” Sarà vero che gli strumenti per il fai-da-te e per le piccole e medie riparazioni in casa non passano mai di moda, ma anche per il tradizionale emporio di Via San Francesco è arrivato, nel 2019, il momento di

abbassare definitivamente la saracinesca. “Mio figlio è in età pensionabile. Personalmente - termina Onelia - sono stata contentissima della scelta fatta nell’aprire questo esercizio commerciale nel 1977. Purtroppo, anche a Fiorano, per un insieme di motivi, i piccoli negozi non riescono oggi a sopravvivere. Una concausa è legata al deciso calo del potere d’acquisto e dei consumi. Poi la liberalizzazione gli orari di apertura anche domenicale in maniera indiscriminata, che ha favorito la grande distribuzione e, per ultimo, in ordine di tempo, il commercio online che fa soffrire le imprese più piccole.”

Interno negozio


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Giancarlo Orsi e Onelia Giovanardi


ORSI ROBERTO Comunemente, oggi, lo chiamano “cavalletto”. Ma quando Giuseppe Orsi iniziò a fare il lavoro d’idraulico, era conosciuto come ‘treppiedi’: ossia, un banco di lavoro a forma triangolare comprendente una morsa per fissare, tagliare e filettare i tubi zincati, che poi raccordava con idonei giunti. Uno strumento indispensabile che ha accompagnato, per più di sessant’anni, la vita lavorativa di questo artigiano di Fiorano. “È stato mio padre a farmi avvicinare a questa attività. Lui - ricorda Giuseppe - era dipendente dell’impresa edile F.lli Montecchi e mi disse che un’azienda di Sassuolo cercava un apprendista.” Si trattava della F.lli Fantoni, che svolgeva attività di idraulica, lattoneria e anche cofani in zinco per bare mortuarie. Giuseppe, conosciuto anche come ‘Peppino’, venne assunto e qui si formò professionalmente maturando un’esperienza diretta in cantiere. “Andavo a lavorare in bicicletta, con addosso, quando faceva freddo, un ‘tabarèin’. Fu un mio cugino carabiniere - afferma Giuseppe - a scambiarla con il birocciaio Franchini di Fiorano per una nidiata di conigli.” Siamo nel marzo del 1959 e Giuseppe Orsi ritenne necessario passare dall’altra parte della barricata. Da dipendente a lavoratore autonomo.

“E questo - spiega - perché intravedevo il mutamento economico e produttivo in atto su tutto il territorio, ma anche per sentirmi maggiormente responsabilizzato e avere un maggiore controllo sul futuro della mia vita.” Nella cantina di casa, in Vicolo Ferri n. 2, sempre a Fiorano, aprì la prima sede della sua azienda. “I lavori iniziali li ho portati a termine nel quartiere Pista, a Sassuolo. S realizzavano case ad uso abitazione civile su un’area frazionata dal Comune. A me era stato commissionato di

Primo furgone di Giuseppe Orsi


111 eportare l’acqua fredda al bagno e al lavabo.” Nel 1965 ‘Peppino’ sposò Franca Tagliati, che da quel momento divenne non solo moglie, ma anche la sua segretaria, predisponendo preventivi e tenendo la contabilità. “In quegli anni acquistai una filiera elettrica. Bastava premere un pulsante - dice Giuseppe - e la matrice continuava a girare automaticamente; una volta terminato il filetto, bisogna girare dal lato opposto il pulsante in modo da far roteare la filiera al contrario, e quindi sganciarla dal tubo. Tanto il tempo risparmiato e anche la fatica. Mi spostavo da un posto di lavoro ad un altro - asserisce Giuseppe - su una moto Gi-

Filiera elettrica

Giuseppe Orsi

Lavori sulla cupola del Santuario di Fiorano


112 lera 150, quattro marce. Se dovevo trasportare tubi o altro materiale abbastanza lungo lo caricavo su un carretto che trainavo con la moto. A volte mio padre montava sul sedile posteriore cercando di tenere in equilibrio il carico.” Intanto l’azienda si specializzò anche in tutti i lavori di lattoneria ad uso civile e industriale. Quindi: grondaie e pluviali, tetti e tutti i tipi di installazioni e riparazioni di elementi in lamiera metallica. Non solo abitazioni, ma Giuseppe Orsi, con l’ausilio di personale dipen-

dente, iniziò a operare anche per le industrie della zona. “Come prime realizzazioni in questo comparto, abbiamo portato l’acqua calda e fredda negli spogliatoi e servizi alla ceramica Campanella di Sassuolo. Ricordo - continua ‘Peppino’ - la messa in opera delle grondaie alla Fornace Sila, il sistema delle tubazioni nel tunnel di cottura del materiale e quello di chiusura dell’essiccatoio detto celle.” I sistemi di riscaldamento e di lattoneria si evolvevano nel corso degli anni, di pari passo con la tecnologia delle costruzioni. I generatori di calore non erano più le caldaie a combustione alimentata con nafta pesante, o stufe a gas pericolosissime per l’ambiente di chi ci abitava; gli impianti idraulici non venivano più realizzati con tubi in ferro, ed il vecchio laboratorio in Vicolo Ferri, stracolmo di arnesi e ricambi, aveva lasciato il posto ad una nuova sede dell’azienda di Giuseppe Orsi, in Via Statale Est (Casa Ingrami), poi successivamente in Via Statale Ovest (Casa Frigie-

Preventivo

Vecchio carretto


113 ri), fino all’attuale sede in Viale Verdi n.15, sempre a Fiorano. Dal matrimonio fra Giuseppe e Franca sono nati due figli: Roberto e Massimo. Massimo dopo gli studi ha scelto un’altra strada lavorativa, diventando chimico ceramico; mentre Roberto, dopo aver frequentato le superiori alle “Ferrari” di Maranello, iniziò a lavorare per un’azienda di pompe idrauliche a Ubersetto e, dopo un anno, partì per il servizio militare svolto nelle truppe corazzate a Ozzano Emilia. Al suo rientro a casa, nel 2006, rinunciò al posto di lavoro e diventò collaboratore del padre, prima di assumere in pieno la responsabilità dell’attività nell’anno 2007. Un processo di affiancamento generazionale valorizzato maggiormente dalla ‘voglia di fare’ di Roberto. Ed è lui, assieme a ‘Peppino’ a gestire i grandi mutamenti del settore. “Gli Impianti idraulici - spiega Roberto - si dotarono di caldaie ultra moderne, sistemi di riscaldamento e

di raffrescamento a pavimento, meccanismi di recupero delle acque piovane o di riciclo delle acque bianche così come i cambiamenti introdotti anche dalla legge 46/90 dove i lavori devono essere certificati con ‘dichiarazioni di conformità’ e accompagnati da una relazione sui materiali. Si utilizzava tantissimo il ferro e oggi - fa sapere Roberto - c’è il cosiddetto ‘multistrato’ che ha costi e tempi di installazione davvero senza precedenti, e dunque bassissimi. Come lattonieri si sono installati condotti per impianti di riscaldamento, ventilazione e climatizzazione, tetti e rivestimenti in metallo, e, come sempre, grondaie. Si lavora su tetti e strutture esterne esposti, molto spesso, alle condizioni atmosferiche anche sfavorevoli.” “Una cosa però - conclude Giuseppe - non è cambiata in questi sessant’anni di lavoro: il mio orario di lavoro. Ho sempre cercato di garantire la reperibilità per il pronto intervento e questo non ha mai coinciso con l’orologio, ferie e festività.”

Lavori in cantiere

Roberto Orsi


SAM DI BORDINI FIORENZO, SERGIO E C. In Francia è ricordato come il “Trente glorieuses”, ossia l’afflusso trentennale, a conclusione del secondo conflitto mondiale, di tanti italiani del Nord verso zone dell’area parigina e nella Lorena. Il motivo? Essenzialmente uno: quello di trovare un lavoro nelle industrie meccaniche, automobilistiche, dell’edilizia o dei servizi. Sull’esperienza occupazionale già maturata negli anni precedenti, prima in Germania e poi in Francia, Marcello Bordini, questa volta assieme alla moglie Bruna Zanni e ai quattro figli Fiorenzo, Vigilio, Franco e Sergio, nel 1955 riparte dalla casa al Mulino di Spezzano con destinazione Sarcelles, centro situato nel dipartimento della Val-d’Oise, una quindicina di chilometri fuori Parigi. Stipendio per i genitori, studio per i figli che, terVigilio, Franco, Marcello, Fiorenzo , Sergio Bordini e Bruna Zanni minata la scuola d’obbligo, vanno a lavorare in Bordini rientrò a Spezzano. officina. Nel garage delle zie Maria e Alberta, Franco e Vigilio Sergio fa il fabbro, Fiorenzo il tornitore, Vigilio e avviarono un’attività artigianale; I due fratelli minori Franco si specializzano nelle lavorazioni mecpresero altre strade. Fiorenzo venne assunto come caniche alla “M.F.T.” di Sarcelles. tornitore alla Ferrari e Sergio trovò lavoro nell’officina Intanto lo sviluppo economico italiano andaForghieri, sempre a Maranello. va migliorando e iniziava quella trasformaI figli partirono per il servizio di leva: Fiorenzo fece il zione che avrebbe portato il Bel Paese tra carrista a Battipaglia e Sergio l’artigliere a Merano. Conle grandi potenze industriali del mondo, clusi i 15 mesi sotto le armi, dopo un breve periodo di trasformandosi, da terra di emigranti, in lavoro, i quattro fratelli si unirono in una società di tornedestinazione migratoria. ria e carpenteria metallica, la F.lli Bordini con la sede in Via Nel 1963 anche la famiglia di Marcello


115 Tito Speri, sotto la casa costruita a Spezzano. “Il lavoro non mancava. Fabbricavamo carretti per ceramiche, pezzi per macchinari e ricambi per la Fiat. Assieme a noi - afferma Fiorenzo - hanno iniziato a lavorare, come apprendisti, diversi ragazzi che,

Carlo Gibellini e Fiorenzo Bordini

Franco, Vigilio, Fiorenzo e Sergio Bordini

Fiorenzo Bordini


116 in seguito, sicuramente hanno trovato tanta soddisfazione personale e realizzazione. Non so di quanti lavori si possa dire la stessa cosa. In tutti questi anni - prosegue Fiorenzo - mi sono fatta la convinzione che si può apprendere un lavoro solo nelle botteghe,

laboratori e officine di coloro che con quello si guadagnano la vita.” Si arriva nel 1971 e dalla società esce il fratello Franco. La nuova denominazione fu “Sam”, che allargò maggiormente le prospettive di lavoro tanto da acquisire, nel 1980, un lotto in Via della Fisica, nel costruendo Villaggio Artigiano di Spezzano. La nuova struttura era di 1.067 mq. coperti e da subito offrì condizioni ottimali per svolgere l’attività. Un anno prima, nell’assetto societario e come operatrice, era entrata Bruna Scaglioni, moglie di Fiorenzo. La denominazione definitiva divenne “Società Artigiana Metallica del F.lli Bordini” e continuò a produrre per l’industria ceramica rulli da forno in acciaio, mac-

Vigilio Bordini

Vigilio e Franco Bordini


117 chinari e, per una clientela sempre più vasta, carpenteria metallica.Dopo lunga malattia, nel 1986 morì Vigilio. Sergio, Fiorenzo e la moglie Bruna trovarono dalla disgrazia ancora più volontà nel portare avanti un’entità creata dal nulla e che aveva permesso a tutti una vita decorosa. “Non abbiamo mai valuto creare un centro di lavoro, ma - spiega Fiorenzo - rispettare, a volte, anche la manualità nel realizzare determinati lavori. Nel corso degli anni abbiamo acquisita sul campo una nostra professionalità messa a disposizione delle potenzia-

Fiorenzo e Sergio Bordini

lità del mercato che mai ci è venuta a mancare.” Sicuramente, nel corso degli anni, Franco, Vigilio, Sergio, Fiorenzo e la moglie Bruna sono riusciti non solo a raggiungere determinati obiettivi professionali, ma anche a trasmettere alle loro giovani maestranze l’emozione che il lavoro artigiano sa sprigionare, attraverso strumentazioni e sistemi di lavoro che non hanno lasciato completamente posto alla tecnologia. Dal 1995, la società, dopo aver cessato l’attività produttiva, svolge attività immobiliare, affittando il capannone di proprietà.


SER-AL Dietro ogni impresa c’è qualcuno che ha preso, per realizzarla, una decisione coraggiosa. Lo ha fatto sicuramente nel 1962 Giovanni Bursi, operaio diciottenne delle Officine Tori & Gualtieri di Sassuolo, quando capì che la sua giornata lavorativa non poteva più essere scandita dal cartellino segna-ore, ma occorreva mettersi alla prova: decise di aprire un’attività di fabbro, sfruttando una vecchia stalla per il ricovero maiali adiacente alla casa del padre, in Via Ghiarola Vecchia, a Fiorano. Al suo fianco il sedicenne fratello Franco; i due iniziano a farsi conoscere per la precisione dei loro lavori artigianali, per lo più recinzioni. Prende vita l’Officina Bursi, ed ai due fratelli si affianca Ivaldo Farioli, amico e collega operaio ai tempi dell’impiego alla Gualtieri. Sarà Ivaldo a fare incontrare Gianni con sua soGiovanni Bursi con il figlio Stefano rella Sara; i due si sposano e nel 1968 nasce il In Via Ghiarola Vecchia, il lavoro non manca e l’ofprimogenito Daniele. ficina si amplia. Di lì a due anni arriva anche il fratello Stefano. Vengono assunti alcuni dipendenti, e le lavorazioni Un nucleo famigliare che, col passare degli artigianali di precisione cominciano ad essere di rianni, contrassegnati da un’alternanza di situachiamo per una clientela sempre più numerosa. zioni spesso critiche, rappresenta un modelSi fabbricano cancellate, ma non mancano in grandi lo dove il padre, maestro di bottega e di vita, quantità le ‘baraccane’, particolarmente richieste dagli assieme ad una madre coraggiosa e forte, agricoltori del territorio. trasmettono ai figli la cultura del lavoro, del Giovanni era solito andare a Milano a recuperare vecchie sacrificio, dell’amore per i valori della vita, ruote di aerei, per offrire alla sua clientela un barroccio che risulteranno determinanti nel cambio completo. generazionale alla guida dell’azienda.


119 Ivaldo, il cognato, dà il proprio contributo occupandosi delle lavorazioni in alluminio. Sono gli albori di una nuova competenza che Giovanni e i suoi avrebbero presto integrato alla già ben conosciuta lavorazione del ferro in cui erano ormai maestri. Nel 1975, causa alcune situazioni conflittuali sulla conduzione aziendale, Giovanni decise di lasciare l’attività da lui fondata per aprire con la moglie Sara un bar a Spezzano, dandogli il nome “Milan”. L’azienda in Via Ghiarola Vecchia viene portata avanti da Franco al quale si affiancò l’altro fratello Pietro. Giovanni e Sara, nella loro nuova attività di baristi, lavorano e faticano molte ore al giorno; i risultati economici non mancano. L’attività va a gonfie vele, ma ancora una volta il destino assesta un brutto colpo a questa famiglia. Corre l’anno 1978: Sara si ammala, la gestione del bar diventa troppo impegnativa e nel contempo una disgrazia colpisce duramente i Bursi. Il fratello Franco, a soli 32 anni, muore in un incidente sul lavoro a causa dello scoppio di una cisterna di diluente. Giovanni, allora, ceduto il bar, si rimette alla guida dell’azienda di famiglia ribattezzandola “C.F.A dei F.lli Bursi”, costruzione ferro e alluminio. Dopo soli 4 anni, il destino torna a bussare alla porta della famiglia Bursi. È il 1982 e Giovanni, il capofamiglia, la mente e il braccio di ogni risultato ottenuto in vent’anni di duro lavoro, si ammala. Nello stesso anno il fratello Pietro decide di separarsi da Gianni, ed aprire una nuova attività. L’attività intestata viene così ribattezzata ‘Officina

Bursi Giovanni’. Un anno dopo, all’età di 39 anni, Giovanni Bursi muore, lasciando un vuoto incolmabile affrontato però con dignità e coraggio dalla giovane moglie Sara, lasciata sola a gestire l’officina e due figli piccoli. Ma Giovanni era un imprenditore e fino alla fine ha pensato a dare un futuro alla sua attività e alla famiglia. Una settimana prima di morire firma un contratto d’affitto per un nuovo capannone e acquista un’auto ed un nuovo camion per l’azienda. Il lascito, in apparenza pesante, sarà l’eredità lasciata dal padre ai figli Daniele e Stefano, sulla base della quale i due ragazzi ripartiranno nuovamente da capo. All’inizio la responsabilità gestionale ricade su Sara che, con grande coraggio, decide di non voltare le spalle alle fatiche del marito e di portare avanti l’attività, con una manciata di operai affezionati.

Daniele e Stefano Bursi con mamma Sara Farioli


120 La nuova officina prende il nome di “Officina Bursi Giovanni di Farioli Sara”. Alcune nuove figure di lunga esperienza entrano a far parte dello staff aziendale; fin dal primo momento il lavoro cresce e vengono assunti 6 operai. Nel 1986 Daniele raggiunge la maggiore età, e si mette alla guida della ditta di famiglia. Nel 1988 viene fondata la “Ser-al di Daniele Bursi” e, nel 1995, viene coinvolto il fratello Stefano in qualità di socio. L’intestazione viene corretta in “Ser-al di Bursi Daniele & C. Snc”.

Nuova sede Via Solferino

L’attività viene svolta nel capannone preso in affitto dal padre molti anni prima, e lì rimane fino al 2017. Per far fronte all’esigenza di un mercato in continua evoluzione e per avere un contatto diretto con la clientela, l’azienda si crea una propria sala mostra su un’area di 100 mq, inaugurando nel 1999 lo showroom di Fiorano Modenese, in Via Flumendosa, n°1, e successivamente nel 2008 viene costituita la nuova società Ser-al Serramenti Srl. Dopo circa 4 anni di ricerche arriva l’occasione giusta.


121 Il momento non è florido: l’economia è in crisi e il mercato è in stallo, ma con la stessa intraprendenza ereditata dal padre, con l’appoggio della madre e del fratello, Daniele decide di buttarsi in una nuova avventura imprenditoriale.

In un crescendo di impulsi positivi sulla via dello sviluppo e del potenziamento l’azienda, lascia lo storico capannone di Via Ferrari Carazzoli e la sala mostra di Via Flumendosa, per aprire una nuova sede produttiva e un nuovo grande showroom in via Solferino. Oggi Ser-al è fiorente e in espansione. Un esempio di grande caparbietà e passione per le radici e per il lavoro.

Interno officina

Interno uffici

Sala mostra Via Solferino

Sala mostra Via Solferino


SICEL È fondamentale credere in quello che si fa ed appassionarsi al proprio lavoro; concentrarsi su ciò che è davvero importante, dimenticandosi della fatica e degli orari. Principi che hanno accompagnato la nascita nel 1976 di Sicel s.r.l. L’azienda ha iniziato ad operare, nel campo dell’impiantistica civile ed industriale, in due stabili di proprietà, dove hanno sede gli uffici e i due magazzini di cui uno verticale ‘Modula’, tra i primi realizzati e installati nella nostra zona, per una superficie totale di circa 800 mq. Il tutto dislocato a Spezzano di Fiorano, su un’area industriale ottimamente fornita di servizi e di infrastrutture. Fin dall’inizio dell’attività, Pasquale Santoro, uno dei soci titolari, aveva le idee ben chiare su cosa dovesse conoscere un elettricista: “Si tratta della figura professionale che opera sugli impianti elettrici civili e industriali, occupandosi della progettazione, installazione e manutenzione di sistemi e componenti elettrici in abitazioni, industrie, uffici, Quadro elettrico strutture commerciali, edifici pubblici. Provvetazione firmata e datata.” de - continua Santoro - all’allacciamento degli “Negli ultimi anni - spiega Roberto Panari, socio tiimpianti alla rete di distribuzione dell’energia tolare dell’azienda - abbiamo registrato un notevole elettrica svolgendo quindi un ruolo fondaincremento produttivo, dovuto principalmente all’elementale nell’assicurare il funzionamento di vato grado di affidabilità dimostrato nei confronti della tutti gli apparecchi elettrici che ci circondanostra clientela, rappresentata dai maggiori gruppi ceno. Non da ultimo, quanto realizzato deve ramici, che ha permesso di iniziare l’espansione all’esteessere controllato e collaudato secondo ro. L’ammodernamento costante delle attrezzature, della norme tecniche specifiche in base alle strumentazione, il rinnovamento organizzativo e l’aggiorquali viene emessa apposita documen-


123 namento professionale del personale - dice Panari - consentono di far fronte alle elevate richieste di mercato, presenti e future, nel rispetto di un livello qualitativo molto elevato.” La forza di Sicel s.r.l è stata da sempre rappresentata da alcuni elementi essenziali: “La professionalità, la cura e la passione - aggiunge Santoro - con le quali viene realizzato ogni singolo intervento, nonché la volontà di soddisfare nel migliore dei modi le singole richieste di ciascun cliente, nel rigoroso rispetto delle attuali normative.” Per rimanere al passo con le nuove tecnologie, il personale frequenta corsi finalizzati ad aumentare le conoscenze tecniche, mentre dal punto di vista organizzativo e qualitativo l’azienda è certificata UNI EN ISO 9001; dal 2015 possiede inoltre l’attestazione SOA, necessaria per partecipare a gare d’appalto e per l’esecuzione di lavori pubblici. Sicel s.r.l. da anni collabora con gli istituti tecnici e professionali presenti sul territorio (IPSIA Don Magnani, ITIS A. Volta, CDR CFP Città dei Ragazzi), offrendo agli studenti l’opportunità di svolgere stages

Sede Via della Chimica, Spezzano

professionalizzanti e la possibilità, al termine del percorso di studi, di essere inseriti concretamente nel mondo del lavoro. Promuove attività sportive, sponsorizzandole, tra le quali: Modena F.C 2018, PGS Smile campo sportivo, A.S.D Polisportiva Solierese, G.S. Spezzano- Castelvetro, A.S.D. Trap Ghirlandina S. Cesario sul Panaro. Attenta alle problematiche sociali è attiva in iniziative di beneficenza a livello territoriale, in particolare attraverso l’Associazione ‘Angela Serra’, centro oncologico modenese. Guardando al futuro, alle opportunità che web e digitale possono offrire, Roberto Panari afferma: “La nostra azienda risolve quotidianamente differenti problematiche avvalendosi dal punto di vista tecnico dell’uso dell’informatica, che offre soluzioni fino a qualche anno fa impensabili, e dal punto di vista comunicativo, delle nuove tecnologie, che permettono di intervenire quasi sempre in tempo reale come ormai richiedono le aziende. Ci siamo attrezzati allo scopo, per il futuro.”


TRATTORIA DA GUIDO Curiosa, la storia della passione di Almea per la cucina e il suo approdo al settore della ristorazione. Il figlio Domenico, assieme ai suoi compagni di classe, era in visita alle Salse di Nirano, proprio di fronte all’abitazione dei suoi genitori Guido Rampionesi ed Almea Bioli, del fratello Ruggero e della sorella Giuseppina. Era una giornata molto calda, e la maestra Rina Rita Battani portò gli scolari a dissetarsi proprio nella casa di Domenico, conosciuta da tempo come ‘Casa Giulia’. Parlando con Guido e Almea, l’insegnante lamentò l’assenza di un punto di ristoro in un luogo frequentato dalle scolaresche e turisti, curiosi di vedere da vicino questi vulcanetti che, ad intermittenza, sprigionano piccole quantità di fango e gas. Marito e moglie capirono che la richiesta della maestra era sensata, e poteva aprire la possibilità di un nuovo lavoro. La famiglia, in quegli anni dell’immediato dopoguerra, lavorava un podere di 45 biolche, diviso in due dalla strada Rio Salse, coltivando piante da frutto, foraggio e successivamente anche impiantato con ulivi. Almea chiese l’autorizzazione al Comune di Fiorano per aprire una trattoria: la ottenne ed iniziò a preparare gnocco fritto, crescentine ed affettati di salume per una clientela che veniva servita da una finestra prospiciente il piccolo spazio dove erano stati

sistemati alcuni tavoli e sedie. “Si mangiava, ma - ricorda Domenico Rampionesi - la mamma non poteva somministrare bevande alcooliche. Anche il vino che, a richiesta del cliente veniva servito in bottiglie di birra. La genuinità e la semplicità di cibi e locale, a cui venne dato il nome ‘Trattoria da Guido’, furono apprezzati perché - spiega Domenico - la mamma riusciva a far assaporare il vero mangiare di questi posti con la valorizzazione della cucina popolare.”

Almea Bioli


125 Il piccolo locale, per molti, rappresentava un ritorno alle origini che la gente tanto anelava quando si sedeva a tavola. Così Guido dovette abbandonare le mucche nella stalla: questo ampio locale, dopo un accurato intervento di restauro, si trasformò nella prima sala del ristorante. Cambiò anche il tradizionale menù. “La mamma - continua Domenico - iniziò a fare tagliatelle, poi quadrettini che si servivano con il brodo, tortelli, tortellini e altri tipi di pasta fatta in casa. Venne anche Enzo Ferrari a mangiare le tagliatelle e la cacciatora: due proposte che erano fisse nel menù assieme all’immancabile gnocco fritto, crescentine e salumi.” L’idea di poter gustare piatti tradizionali ad un prezGuido Rampionesi e la nipote Ombretta

Casa Giulia

Almea Bioli e la nipote Ombretta


126 zo giusto era quello che volevano turisti e gente del posto in cerca di sensazioni, di emozioni senza impegno. All’inizio degli anni ‘70, non va dimenticato, le donne iniziarono a lavorare sempre più fuori casa, le preparazioni cucinare della famiglia erano diventate più rapide e semplici ed era facile incontrare nuclei famigliari che, nei fine settimana, andavano in trattoria a mangiare come una volta. “Iniziammo, ad un certo punto, anche a proporre cacciagione”, rammenta Domenico che, terminato il servizio militare nei primi anni ‘70, entrò in pianta stabile nell’attività. Il fratello Ruggero e la sorella Giuseppina, dopo essersi sposati, presero altre strade occupazionali. “Selvaggina significava - sottolinea Domenico - quello che il babbo, io e mio fratello riuscivano a cacciare a seconda delle stagioni e dei vari periodi venatori. Lepri, fagiani e cinghiali. La mamma riusciva a cuci-

narli molto bene e le richieste della clientela crescevano soprattutto nei week-end, quando a visitare le Salse arrivavano parecchie persone. Anche da lontano.” Negli anni ‘90 si registrò una riscoperta dei cibi pove-

Targa riconoscimento trattoria

In piedi, da sx: Enzo, Guido e Antonio Rampionesi. In ginocchio Renzo Iaccheri, Ruggero e Domenico Rampionesi

Estivo trattoria


127 ri e aumentò la tendenza al consumo dei pasti fuori casa; gli atteggiamenti degli avventori, anche negli anni seguenti, rafforzarono le abitudini alimentari iniziate da Almea negli anno sessanta. Ossia risparmio, servizio sbrigativo e pasti proporzionati alla trattoria, che potevano cambiare spesso per la stagionalità dei prodotti proposti sempre ad un prezzo accettabile. “Iniziammo anche a fare carne ai ferri e questa - evi-

denzia Domenico - fu una scelta felice. Si presentavano intere comitive e il lavoro alla griglia era tanto. C’è chi la preferiva al sangue e chi, invece, ben cotta. C’erano gli amanti del taglio tenerissimo e quelli della fetta alta e croccante. Che fosse arrostita o saltata, lessa o stufata, la carne, nelle sue infinite varianti, ha sempre unito i suoi consumatori in allegre tavolate.” La ‘Trattoria da Guido’ è sempre stata un punto di riferimento per festeggiare eventi personali o famigliari. Molti sono i cambiamenti avvenuti nel corso di attività di questo storico locale delle Salse di Nirano. Nel 2015, Domenico Rampionesi lasciò l’attività a Riccardo Pippoli, alla sorella Silvia Pippoli e a Mara Cecchella, nati poco distante dalla Riserva Naturale e cresciuti a gnocco e crescentine della trattoria. Lo Staff giovane e pieno di voglia di fare ha permesso un’evoluzione ed un arricchimento del menù; mantenendo, però, la tradizione, che Domenico e i suoi genitori avevano dato a questo storico ristorante.

Estivo trattoria

Maestranze trattoria


VENTURELLI SERGIO E C. Esistono luoghi dove il tempo sembra essersi fermato. Anche se, nel caso della storica oreficeria di Sergio Venturelli, grazie a pazienza e affetto, le lancette continuano a camminare. La sua storia inizia, fin da piccolo, gironzolando dietro il banco dell’oreficeria del babbo, aperta a Veggia di Reggio Emilia. Terminate le scuole superiori, agli inizi degli anni ‘70, Sergio sente la voglia di rinnovare la propria vita o più semplicemente il desiderio di creare qualcosa di personale e lavorare in proprio. Acquista une negozio di oreficeria in Piazza Menotti, a Fiorano. Lo gestivano con cura Filiberto Guerzoni con la moglie Maria Bandieri ed era l’unico, del genere, lungo la Via Vittorio Veneto. “La bellezza di fare il commerciante - racconta Sergio - è che, quando vedevo la porta del negozio aprirsi, entrava un potenziale cliente che aveva una sua storia. Fin dall’inizio ho sempre creduto che vendere un oggetto prezioso fosse una scoperta; per questo facevo, e continuo a farlo oggi, quante più domande possibili. Per conoscere chi ho davanti. Come potevo pensare, altrimenti, di vendergli qualcosa?” La fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 hanno coinciso con una crescita economica in tutto il territorio del comprensorio ceramico, e questo portò ad un rinnovato interesse per i gioielli da acquistare.

“Una bella piazza, commercialmente parlando, quella di Fiorano”, commenta Sergio. “Una clientela assidua, interessata agli orologi, agli articoli da regalo, gemme e cornici. Non va dimenticato - continua Sergio - che ci sono gioielli che non passano mai di moda e che

Sede Via Vittorio Veneto a Fiorano


129 ogni donna dovrebbe avere nel proprio portagioie. E il fascino femminile era particolarmente sentito a Fiorano e dintorni.” Sergio allargò anche la sua proposta commerciale realizzando qualche pezzo unico, esplorando i confini della tradizione, domandandosi cosa potesse essere accettabile dai clienti. Il suo amore per l’arte e per il meraviglioso mondo dei gioielli non poteva che sfociare in queste limitate creazioni. La gioielleria di Sergio non risentì in modo particolare dei ciclici momenti di criticità che colpirono il settore ceramico, perno centrale di tutta l’economia del territorio. “Un bell’anello, il solitario molto spesso per la moglie o l’amante, la collana d’oro, la cara vecchia catenina, il braccialetto erano oggetti - conferma Sergio - che si vendevano sempre bene non solo a gente di Fiorano, ma anche che arrivava da fuori e che poteva parcheggiare in Piazza Menotti, vicinissimo al negozio. Un periodo dove la clientela seguiva i brand del momento come gli orologi Bulo-

va, Omega, Tissot o le linee dei gioielli DonnaOro o Miluna”. Non solo clienti, però, entrarono per fare acquisti. “Ho subito anche due rapine a mano armata”, rivela Sergio. “La prima, era di sabato: ho rincorso a piedi il bandito per il centro cittadino, impugnando la pistola. Quando l’ho minacciato di sparare, lui ha lasciato in terra il sacchetto con dentro i gioielli rubati ed è fuggito. La seconda, invece, ho perso tutto. Di mattino si sono presentati in due - continua Sergio per vedere un paio d’orecchini. Al pomeriggio sono ritornati: ero convinto che volessero acquistarli. Invece, mi sono trovato una pistola davanti alla faccia. Mi hanno legato e imbavagliato su una sedia. Poi hanno preso tutto quello che potevano e sono fuggiti. Mai più trovati.” Non solo rapine, ma anche scelte amministrative determinarono un trend negativo per tutti i negozi del centro storico di Fiorano. Via Vittorio Veneto, nel 1978, fu ridotta a senso unico “e questo - fa presen-

Sergio Venturelli

Sede Reggio Nell’Emilia esterno negozio


130 te Sergio - determinò l’inizio della fine per le attività commerciali che gravitavano nella zona. Personalmente, registrai una stagnazione, se non un calo del fatturato. Nonostante tutto, non abbassai la serranda e questo per una clientela che continuava a frequentare il negozio.” All’inizio degli anni ’90, il settore dell’oreficeria iniziò un mutamento dovuto al mercato ed a diverse circostanze. “Si passò alla vendita di gioielli non solo in oro giallo, ma anche in oro bianco. Le tendenze - spiega Sergio - dicevano che una signora con la pelle più scura stava meglio con anelli d’oro giallo o braccialetti. Con la pelle chiara d’obbligo l’oro bianco. Stesso discorso per le pietre preziose, che dovevano essere racchiusi in metallo giallo o bianco. Col rubino brillante o l’ametista, l’oro giallo spicca. L’oro e argento bianco era ideale per i diamanti.” Al di fuori del negozio, però, crescevano le difficoltà. “Aprirono, come funghi, negozi di compro-oro dove - evidenzia Sergio - si svendevano le ricchezze fami-

Sede Reggio Nell’Emilia interno negozio

liari per poter pagare, spesso, il caro vita in perenne rialzo. Aggiungo anche la contraffazione, che non interessava e interessa tanto la sicurezza del prodotto, quanto una serie di indicazioni che ne sottolineano la qualità e l’autenticità nonché la correttezza di chi lo ha fabbricato. C’era un crescente pericolo sociale dovuto alla presenza, anche a Fiorano, di malavitosi.” “Posso dire di aver passato una vita nel negozio di Via Vittorio Veneto. Ad un certo punto, avendo i miei figli fatto scelte lavorative diverse, ho pensato bene di trasferirmi a Reggio Emilia, in un centro commerciale, dove ho trovato una maggiore sicurezza per il tipo di commercio che ho sempre fatto.” Un posto diverso, una clientela cambiata; ma per Sergio Venturelli non è terminato lo spirito di iniziativa, e la capacità di pianificare strategicamente la sua attività per il raggiungimento degli obiettivi.

Sergio Venturelli con cliente

r 1941 obre 22 ott l’Istituto P ese il o Moden frequentat con diplo rano a Fio N° 26. Ha Modena re D nato artiglie 4 gari, G. Bosco Corni di e lle m e figli rmo no Ca Don are co to Fe izio milit 1964 - 4 n & C Lucia ese in via giana l rv Moden ia e l’Arti olto il se Sposato ne ditta Stroli o all’ str sv na. o la Livorn to l’Indu ista. Ha o Savo va press en rto di nt impia iale a Legintà lavorati e nel po r stabilim ni. A or attivi ntieri com mezia pe birra Pero territ qu ente Po ca r pe ri alm A e e se alto inizi in va lle navi. ripres e le d del m ndo de varie rto ione opera al atizzare l’aeropo atizzato produz unto autom zzare la a per autom notturno ass to ati sta gim autom ntina Rom r rendere l 1966 è raggiun zi pe al Ne Po li o i. cia pr sulla sso li fin Napo ia e Ca ttrico, e sce l’A Poi a m ele Noè. A. na ume il no d’Isch isole nel settore .PA.TE.C ne ass e dal 201 delle BE to zio e ar m cia rep n il no 1989 l’asso segretario Giurate capo 80 co di ie l Dal 19 listici, ne la carica rpo Guard anni me n ra rte co rte del Co V e da 25 Fioran e natu pa GE pa rte di parte del corpo l comune far pa i, fl 88 fa fossil re de b Dal 19 a. Fondato di zona ato di V ssion merose pu Moden nsabile GE no. Appa fo E.fi. nu ra per la e respo lse di Ni me G. passione ne d to co Sa delle Ha realizza locali. La a collezio te im ca e . iss po ale esi e nt d’ en loc rta uale e e mod impo mism collin zare una ggistica att elica Nu lat liz l Clu di rea ese e paesa zione Fi è socio de cia moden dell’Asso . Dal 2004 11 rte fa pa nte nel 20 preside


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Collane e raccolte fotografiche del Comune di Fiorano sostenute da Lapam

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Finito di stampare Giugno 2019


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a cura di Luigi Giuliani

OVER 40 Storia di persone imprese e associazione

Luigi Giuliani, nato a Fiorano Modenese il 15/08/1946, risiede in via Statale, 36. Sposato, due figlie e due nipotini. Ha svolto il servizio militare volontario nei paracadutisti. Segretario Lapam-Licom dal 1968 al 1990; capo ufficio stampa della stessa organizzazione fino al 2004. Consigliere comunale di Fiorano nel 1970-1975-1980. Fra i fondatori, nel 1969, della Società Sportiva Spezzano. Dal 1977 al 1982 conduttore di trasmissioni e notiziari televisivi; fra i fondatori e direttore della emittente radiofonica “Antenna Uno”. Dal 1979 al 1983 direttore sportivo della “Edilcuoghi Pallavolo” nel campionato Italiano di seria A1 vincitrice della Coppa Italia (1981). Responsabile pagina di Sassuolo de “Il Resto del Carlino” dal 1981 al 2010, quotidiano col quale ha collaborato fino alle fine del 2013. Nominato Commendatore della Repubblica Italiana. Promotore degli Incontri con l’autore, autore dalla collana “Mi ritorna in mente”, regista e presentatore dello spettacolo teatrale “Andam a Vegg”.

Storia di persone imprese e associazione a cura di Luigi Giuliani


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